POLITICA AGRARIA NAZIONALE

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1 Capitolo POLITICA AGRARIA NAZIONALE 6.1 La Politica Agraria Nazionale dal secondo dopoguerra La fase precedente la sottoscrizione del Trattato di Roma e l avvio dell esperienza della PAC si caratterizzò per il succedersi di eventi di particolare importanza, i cui effetti hanno influenzato sia i successivi sviluppi della politica agraria nazionale, sia i futuri assetti dell agricoltura italiana. Il periodo immediatamente successivo alla conclusione della seconda guerra mondiale fu caratterizzato, oltre che dalla forte disoccupazione e dall arretratezza dell intero sistema economico nazionale, dal problema delle lotte contadine ( ) tra i proprietari terrieri, che miravano alla restaurazione dei rapporti di produzione e delle forme di proprietà che avevano caratterizzato il periodo fascista, ed i contadini e braccianti agricoli, che chiedevano terra, lavoro e, più in generale, un miglioramento delle loro condizioni di vita. In questo clima di tensioni e contrasti, un fatto di particolare rilievo fu la nascita della Coldiretti (1944), organizzazione di agricoltori (sia proprietari, che affittuari, che mezzadri) che ha dato un ambito associativo alle problematiche dei contadini, costituendo una via attraverso la quale la protesta sociale potesse essere canalizzata. Altro ruolo importante fu quello della Federconsorzi (Federazione dei consorzi agrari provinciali), sia nella gestione degli interventi a sostegno del mercato interno, sia per la grande influenza nella politica agricola italiana. Tale ruolo fu mantenuto fino al 1991, anno in cui la Federconsorzi fu commissariata. I primi significativi interventi di politica agraria nel secondo dopoguerra riguardarono l attuazione di misure volte a favorire e diffondere la proprietà

2 coltivatrice. Questa scelta trovava le sue principali ragioni nella necessità di stemperare le tensioni sociali, nell eccessiva diffusione di grandi proprietà terriere che, specie al Sud, assumevano una connotazione latifondista, e nell obbligo di rispettare la Costituzione che, all articolo 44, sancisce l esistenza di un interesse generale in riferimento al bene terra, disciplinando la proprietà fondiaria in funzione dell impresa e, quindi, dello svolgimento dell attività agricola. Per rispondere a queste esigenze furono attuati numerosi interventi, tra i quali l istituzione della Cassa per la formazione della proprietà contadina nel 1948 e la riforma agraria nel Il compito principale della Cassa per la formazione della proprietà contadina era quello di operare in funzione del riordino e della ricomposizione fondiaria, provvedendo all acquisto dei terreni, alla loro eventuale lottizzazione ed alla rivendita a coltivatori diretti singoli o associati in cooperative, al fine sia di favorire la creazione di nuove imprese coltivatrici, sia di ampliare la superficie di quelle esistenti. La riforma agraria fu realizzata attraverso due disposizioni, entrambe emanate nel 1950: la legge Sila e la legge stralcio. La legge stralcio ha rappresentato il principale intervento di riforma agraria a livello nazionale e ha operato attraverso tre fasi successive: - esproprio parziale delle grandi proprietà terriere; - miglioramento delle terre espropriate e loro assegnazione; - assistenza tecnica ai proprietari coltivatori assegnatari delle terre. La riforma agraria interessò prevalentemente il Mezzogiorno, dove tuttavia non furono realizzati passi decisivi ai fini né del superamento del problema latifondo, né di un significativo miglioramento delle strutture agrarie. Va sottolineato, inoltre, che l agricoltura meridionale beneficiò, in quegli anni, anche di un intervento straordinario, attuato dalla Cassa per il Mezzogiorno; il suo compito era quello di gestire le risorse finanziarie destinate

3 alla concessione di crediti agevolati per la creazione di insediamenti industriali ed alla realizzazione di infrastrutture pubbliche. Oltre all intervento straordinario per il Mezzogiorno, sempre nei primi anni 50, furono previsti anche provvedimenti in favore dei terreni montani, che concedevano contributi per la realizzazione di opere volte al miglioramento e alla conservazione del territorio, e al rimboschimento. Per favorire la diffusione della proprietà contadina, oltre all istituzione della Cassa per la formazione della proprietà contadina, furono introdotte anche agevolazioni fiscali e creditizie per l acquisto delle terre. Parallelamente a tali incentivi, furono attuati anche altri interventi volti a potenziare le norme in materia di credito agrario e, in particolare, per finanziare l acquisto di macchine agricole, la realizzazione di impianti di irrigazione, la costruzione e la sistemazione dei fabbricati rurali. Tali interventi furono realizzati nell ambito del piano Fanfani, il quale prevedeva la concessione di prestiti a tasso fisso agevolato da estinguere in tempi variabili, a seconda dell investimento da realizzare. Se da un lato il piano Fanfani favorì l acquisto di mezzi tecnici (in particolare di macchine) da parte delle aziende agricole, dall altro lato gli interventi in esso previsti furono attuati nella totale assenza di un progetto politico che fosse finalizzato a risolvere i problemi di arretratezza strutturale che caratterizzavano larga parte dell agricoltura italiana. 6.2 La Politica Agraria Nazionale nell epoca dei piani e dei programmi Dopo la sottoscrizione, nel 1957, del Trattato di Roma e la conseguente accettazione di rinunciare ad una parte importante della sovranità nazionale in materia di politica agraria, l Italia si trovò nella necessità di riorganizzare il

4 complesso degli interventi sostenuti in favore dell agricoltura, al fine di renderli coerenti e compatibili con la politica agricola comune. Nel corso degli anni 60 furono emanate due successive leggi di interventi pluriennali in agricoltura: - primo Piano verde (1961); - secondo Piano verde (1966). Entrambi i piani concentrarono le loro azioni su tre tipologie di interventi: sul territorio, sul capitale fondiario e sul capitale di esercizio. Nel 1970 furono istituite le regioni a statuto ordinario ed ebbe inizio il processo di trasferimento dallo Stato alle stesse regioni di funzioni amministrative. Con decreto del Presidente della Repubblica n. 616/77 la competenza in materia di agricoltura fu affidata alle regioni. La comparsa nel panorama politico di nuovi soggetti, cui erano riconosciute specifiche funzioni in materia di agricoltura, impose l adozione di procedure di programmazione rispettose delle competenze che, nel nuovo quadro istituzionale, erano assegnate allo Stato ed alle amministrazioni regionali. Il primo tentativo di assicurare il finanziamento dell intervento pubblico in agricoltura e, nel contempo, di indirizzare e coordinare l azione dei diversi soggetti istituzionali coinvolti, fu rappresentato dalla legge quadrifoglio (1977). Essa si proponeva un obiettivo preciso rappresentato dal miglioramento della bilancia commerciale, da perseguire agendo su settore zootecnico, forestale, ortofrutticolo, sul potenziamento dell irrigazione, sulla valorizzazione di terreni collinari e montani, ecc. Nel 1983 si concluse il periodo di operatività della legge quadrifoglio e nel 1985 fu presentato un nuovo piano agricolo nazionale, il quale fu reso operativo con la legge n. 752/86 (legge pluriennale di spesa). Tale legge autorizzava, per il quinquennio , una spesa complessiva di miliardi di lire, ripartiti tra Stato e regioni. La legge 752/86 è stata l ultima vera legge pluriennale di spesa in favore del settore agricolo e anche l ultima

5 occasione per riuscire ad attuare degli interventi di politica agraria che fossero rispondenti alle esigenze rilevabili a livello territoriale e coerenti con le linee programmatiche definite a livello nazionale e comunitario. 6.3 Il riordino delle competenze in agricoltura All inizio degli anni 90 i motivi di contrasto tra Stato e regioni si accrebbero sensibilmente, al punto che nell aprile del 1993 si svolse un referendum abrogativo del Ministero dell agricoltura e delle foreste (MAF): dalla consultazione popolare emerse netta la volontà di abrogare il MAF. Nell agosto 1993 con un decreto viene creato un ministero più snello (Ministero per il coordinamento delle politiche agricole, alimentari e forestali), che ebbe vita breve; infatti il decreto non venne convertito in legge e fu presentato un altro decreto che istituiva il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali. Tale decreto, convertito poi in legge (legge n. 491/93), riconosceva alle regioni tutte le funzioni in materia di agricoltura, foreste, acquicoltura, agriturismo, conservazione e sviluppo del territorio rurale, mentre al nuovo Ministero erano attribuite funzioni di indirizzo e di coordinamento, di definizione delle politiche nazionali, di attuazione delle normative comunitarie e di cura delle relazioni internazionali. Nel 1997 venne emanato un decreto che prevedeva un riordino delle competenze in agricoltura e l istituzione del Ministero delle politiche agricole; tale ministero fu subito sottoposto a referendum abrogativo nel giugno 97, in cui però non fu raggiunto il quorum. Nel 1999, nell ambito dell applicazione della legge Bassanini, che riordinava tutte le competenze dello Stato, fu istituito il Ministero per le politiche agricole e forestali (MIPAF), le cui competenze sono state riunite in

6 Fig. 6.1 Principali tappe della riforma del Ministero dell agricoltura due distinte aree funzionali: l agricoltura e la pesca, e la qualità dei prodotti agricoli e dei servizi. Il MIPAF, che ancora oggi mantiene la struttura impostata nel 1999, è organizzato in uffici politici e uffici amministrativi (fig. 6.2). Gli uffici politici sono composti da ministro (con relativi uffici di gabinetto), 3 sottosegretari di Stato (di cui uno vice-ministro) e da un organo di alta consulenza denominato Consiglio tecnico scientifico per la politica agricola ed agro-alimentare, composto da 20 membri e presieduto dal ministro o da un dirigente generale a ciò delegato. Gli uffici amministrativi sono articolati in tre dipartimenti:

7 Dipartimento delle politiche di mercato, Dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi e Dipartimento del Corpo Forestale dello Stato (in assetto transitorio, fino alla decisione se trasferirlo al Ministero dell ambiente o meno). Fig. 6.2 Organizzazione del Ministero delle politiche agricole e forestali

8 6.4 La Politica Agraria Nazionale negli anni di riforma del Ministero Nel 1994 cessò l operatività della legge pluriennale di spesa (legge 752/86) e fu interrotta la politica degli interventi programmati su base pluriennale e, con essa, la messa a punto di strumenti, quali i piani agricoli nazionali. Da questo periodo in poi la politica agraria nazionale fu molto ridimensionata, a causa di diversi motivi: - nuove norme sugli aiuti di Stato: fu stabilito dall Unione Europea il divieto da parte degli Stati membri di concedere aiuti alle imprese, a meno di una autorizzazione da parte della Commissione; - lungo e travagliato periodo di riforma del Ministero dell agricoltura; - necessità di cofinanziamento dei programmi comunitari; - finanziarie nazionali più rigorose dopo il Trattato di Maastricht, con ripercussioni negative sui finanziamenti per l agricoltura. Dal 1995 al 1998 il finanziamento della politica agraria nazionale fu assicurato attraverso le leggi finanziarie dello Stato, senza nessuna legge pluriennale di programmazione. Nel tentativo di giungere alla definizione di una nuova strategia di intervento in favore dell agricoltura, nel 1997 fu istituito il tavolo agricolo, cioè un tavolo di concertazione tra governo e parti sociali. Il principale risultato di quest opera di concertazione fu raggiunto nel 1998 con la sottoscrizione di una piattaforma programmatica per la definizione degli interventi di politica agraria. In coerenza con le linee di intervento in essa definite, fu approvato il decreto legislativo 173/98, in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese, noto come decreto tagliacosti. Tale decreto prevedeva la possibilità di sostenere numerosi interventi: - contenimento dei costi energetici sostenuti dalle imprese agricole; - valorizzazione del patrimonio gastronomico nazionale;

9 - misure per agevolare lo smaltimento dei rifiuti agricoli; - interventi in favore della meccanizzazione agricola e dei metodi di trasporto a basso impatto ambientale; - sgravi di alcuni oneri previdenziali; - interventi di rafforzamento strutturale delle imprese agricole e di quelle di trasformazione e commercializzazione. Il decreto tagliacosti ha stabilito inoltre l estensione della programmazione negoziata al settore agricolo. L emanazione di provvedimenti come il decreto sopraccitato e la messa in atto di interventi destinati a determinate aree territoriali, come quelli sostenuti attraverso i nuovi strumenti di programmazione, sono stati efficaci ai fini della messa a punto di una nuova e più articolata strategia di politica agraria, ma non hanno fornito una risposta alla richiesta, pressoché unanime, di poter contare su di una legge in grado di assicurare continuità pluriennale all intervento pubblico nel settore agricolo. È per questi motivi che fu emanata la legge 499/99, che costituiva il riferimento programmatico per l attuazione dell intervento pubblico in agricoltura nel triennio Le finalità di tale legge sono riassumibili in tre obiettivi principali: a) assicurare coerenza programmatica e continuità pluriennale agli interventi pubblici nei settori agricolo, agro-alimentare, agroindustriale e forestale, favorendone l evoluzione strutturale; b) accrescere le capacità concorrenziali del sistema agro-alimentare italiano nel mercato europeo ed internazionale; c) promuovere le politiche di sviluppo e di salvaguardia del mondo rurale, attraverso il sostegno dell economia multifunzionale. Il grande elemento di novità della legge 499/99 è di riuscire a far sì che l utilizzo delle risorse finanziarie avvenga sotto l indirizzo ed il coordinamento ministeriale e nel rispetto delle linee programmatiche fissate dal Ministero di

10 concerto con le regioni e le province autonome e con il concorso delle diverse associazioni ed organizzazioni di categoria; tale concertazione deve avvenire in sede di Conferenza Stato Regioni, il cui parere è obbligatorio per la definizione delle linee programmatiche. 6.5 La programmazione negoziata Per programmazione negoziata si intende la definizione di modalità di intervento in favore delle aree depresse, coinvolgendo le parti interessate, gli enti locali e altri soggetti pubblici e privati. Gli strumenti di programmazione negoziata furono introdotti con la legge 662/96 e furono estesi ai settori dell agricoltura e della pesca attraverso le disposizioni contenute nel decreto tagliacosti, che attribuivano al CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) il compito di determinare limiti, criteri e modalità per consentire l applicazione a tali settori. Gli strumenti più importanti della programmazione negoziata sono: 1) Patto territoriale: accordo promosso da enti locali, parti sociali o da altri soggetti pubblici o privati, relativo all attuazione di un programma di interventi espressamente finalizzati alla promozione dello sviluppo locale; rientrano in questa categoria i patti territoriali verdi, che finanziano interventi per agricoltura e pesca; 2) Contratto di programma: accordo stipulato tra l amministrazione statale competente e grandi imprese, consorzi di medie e piccole imprese e rappresentanze di distretti industriali, per interventi di sviluppo locale; 3) Contratto di area: accordo stipulato tra amministrazioni (anche locali) e rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché di altri soggetti interessati, per l attuazione di interventi rivolti alle

11 creazione di nuova occupazione in aree territoriali circoscritte e gravate da particolari difficoltà. 6.6 La legge di orientamento Nonostante il riordino delle competenze in materia agricola e l avvio di una nuova fase di programmazione, si sentiva forte la necessità di adeguare una politica agraria nazionale condizionata da una legislazione agricola che appariva inadeguata alle evoluzioni del quadro comunitario ed internazionale; queste ultime hanno posto l esigenza di prevedere nuovi modelli di sviluppo agricolo, fondati, da un lato, sulla crescente apertura dei mercati e sull aumento della competitività delle imprese agricole e, dall altro lato, sul riconoscimento all agricoltura di funzioni non più solo produttive, ma anche di presidio e di valorizzazione delle risorse naturali ed ambientali. È in questo quadro che furono emanate due leggi delega, dette leggi di orientamento. La prima è la legge 5 marzo 2001 n.57, che ha dato origine a tre decreti legislativi: su agricoltura, su pesca e su settore forestale. La seconda è la legge 7 marzo 2003 n.38, che ha dato origine al decreto legislativo 29 marzo 2004 n.99. Queste leggi riguardano: - la definizione della natura dell attività agricola e dei soggetti imprenditori agricoli, delle attività coltivazione e di allevamento e delle attività connesse a quelle agricole; - il riconoscimento e lo sviluppo della pluriattività agricola; - la revisione delle norme relative agli accordi interprofessionali; - la razionalizzazione della normativa in materia di ricerca, formazione e divulgazione; - la modifica della legge quadro sull agriturismo.

12 Le leggi di orientamento non individuano linee strategiche e non sono leggi di spesa, ma danno nuove opportunità alle imprese e rendono praticabile la multifunzionalità. 6.7 Le regioni e la politica agricola regionale Il termine regioni è usato spesso indistintamente per indicare un insieme di soggetti istituzionali che, nella realtà dei fatti, non è omogeneo come il comune utilizzo di un unico termine potrebbe far supporre. In Italia vi sono 15 regioni a statuto ordinario, 4 a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Valle d Aosta, Friuli Venezia Giulia) e 2 province autonome (Trento, Bolzano). La Costituzione della Repubblica all articolo 5 prevede espressamente che, nei servizi attuati dallo Stato, debba essere realizzato il più ampio decentramento amministrativo. Nonostante quanto indicato dalla Costituzione, l attuazione del decentramento amministrativo fu ritardata e cominciò soltanto nel 1970 (anche se già in precedenza furono riconosciute le regioni a statuto speciale), arrivando fino ai decreti del 1977 (DPR n.616, 617, 618), che completarono il trasferimento delle funzioni amministrative assegnate alle regioni. A partire dalla prima metà degli anni 90 iniziarono a diffondersi correnti di pensiero favorevoli alla concessione di una crescente autonomia finanziaria ed amministrativa alle regioni e agli enti locali. In questa direzione, la legge 549/95 dispose la soppressione di alcuni trasferimenti statali alle regioni e la loro sostituzione con l attribuzione di una quota sull accisa delle benzine; tale legge ha costituito il principio di base in riferimento al quale, negli anni successivi al 1995, è stato portato avanti il cosiddetto federalismo fiscale.

13 Il grado di partecipazione delle regioni all attuazione della politica agricola è andato aumentando nel tempo ed è destinato ad accrescersi nel prossimo futuro. Ciò sostanzialmente per tre motivi: 1) a partire dalla metà degli anni 80 gli interventi di politica strutturale, nella cui attuazione le regioni sono direttamente coinvolte, sono cresciuti per numero e per importanza, arricchendosi di nuove e più articolate forme di intervento che, come nel caso delle politiche socio-strutturali, hanno richiesto, da parte delle stesse regioni, impegno e partecipazione crescenti; 2) in base a quanto previsto dal Trattato di Maastricht, è stata resa ufficiale la rappresentanza degli enti locali e regionali all interno dell Unione Europea, nel cui ambito è stato istituito il Comitato delle regioni, che è regolarmente consultato dalle istituzioni comunitarie, in relazione sia alle principali questioni di interesse generale, sia agli aspetti riguardanti l attuazione delle politiche di competenza degli stessi enti locali e regionali; 3) la soppressione dell AIMA e la sua sostituzione con l Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) consente a ciascuna regione di avere un proprio organismo pagatore degli aiuti comunitari e, di conseguenza, di divenire parte attiva nell attuazione della politica comunitaria di sostegno alle produzioni; inoltre con l istituzione dell AGEA vengono istituiti i Centri autorizzati di assistenza agricola (CAAA), a cui sono assegnati compiti di particolare rilevanza, quali: l assistenza ai produttori nella stesura delle domande d aiuto, la tenuta e la conservazione delle relative scritture contabili, l accesso alle banche dati nazionali al fine del controllo delle pratiche. Per quanto riguarda il rapporto tra regioni e politica agraria nazionale, l impegno delle amministrazioni regionali, nel quadro del processo di riordino delle competenze agricole, non si è limitato all azione condotta in sede di

14 Conferenza Stato Regioni, ma si è esteso anche all emanazione di leggi regionali, con le quali procedere al decentramento agli enti locali delle funzioni in materia agricola, così come previsto dal decreto legislativo 143/97. Attraverso le leggi di recepimento di tale decreto legislativo, le diverse regioni hanno cercato di garantire un ampio decentramento delle funzioni amministrative, che sono state variamente distribuite tra Province (ad esempio, il caso di Lombardia e Marche), Comuni e Comunità Montane (es. Umbria).

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