Le false comunicazioni sociali

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1 Premessa Il secondo capo del disegno di legge n. 19 del 2013 approvato dal Senato il primo aprile 2015, intitolato Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio, ha modificato gli artt e 2622 del codice civile ed ha introdotto gli artt bis e 2621-ter, intervenendo così sulla disciplina sulle false comunicazioni sociali e sul falso in bilancio 1. 1 In particolare, gli artt. 9, 10 e 11 del DDL n. 19 del 2013, dispongono la modifica dei citati articoli nel modo seguente: «Art (False comunicazioni sociali). - Fuori dai casi previsti dall'articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sè o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni. La stessa pena si applica anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi». «Art bis. (Fatti di lieve entità). - Salvo che costituiscano più grave reato, si applica la pena da sei mesi a tre anni di reclusione se i fatti di cui all'articolo 2621 sono di lieve entità, tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta. Salvo che costituiscano più grave reato, si applica la stessa pena di cui al comma precedente quando i fatti di cui all'articolo 2621 riguardano società che non superano i limiti indicati dal secondo comma dell'articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n In tale caso, il delitto è procedibile a querela della società, dei soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale». Art ter. (Non punibilità per particolare tenuità) - Ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all'articolo 131-bis del codice penale, il giudice valuta, in modo prevalente, l'entità dell'eventuale danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori conseguente ai fatti di cui agli articoli 2621 e 2621-bis». «Art (False comunicazioni sociali delle società quotate) - Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'unione europea, i quali, al fine di conseguire per sè o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico consapevolmente espongono fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da tre a otto anni. 1

2 Il disegno di legge prevede sanzioni più gravi per la corruzione e per il falso in bilancio, non solo per una serie di reati contro la Pubblica Amministrazione, ma anche per altri tra cui l associazione a delinquere di stampo mafioso. Dopo un lungo e articolato dibattito la normativa è stata, dunque, modificata. All istanza di larga parte della società civile e di autorevoli studiosi di inasprire la disciplina sul falso in bilancio, sia per la valenza diretta della stessa, sia per la consapevolezza che spesso la redazione di un bilancio falso è volta a consentire o ad agevolare reati contro l economia (quali, per esempio, la corruzione, il voto di scambio e l evasione fiscale), si contrapponeva l istanza degli operatori di considerare la particolare complessità delle norme sulla redazione dei bilanci di esercizio, con la conseguente necessità di tener conto dei possibili errori e delle fisiologiche discrasie che si presentano in bilanci redatti da soggetti diversi. L attuale intervento normativo comporta una significativa variazione rispetto alla disciplina previgente, poiché sono state abolite quelle soglie di punibilità del reato che, pur non incidendo sulla fattispecie della falsità, non consentivano di perseguire chi avesse redatto un bilancio che, ancorchè falso, non superasse la verifica delle soglie patrimoniali e reddituali di punibilità volte a qualificare la condotta come penalmente rilevante. Anche il profilo processuale è stato investito in modo diretto dalla riforma poichè si è fissata una pena superiore ai cinque anni di reclusione solo per il reato di cui all art c.c. e, dunque, si è consentito il ricorso alle Alle società indicate nel comma precedente sono equiparate: 1) le società emittenti strumenti finanziari per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'unione europea; 2) le società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un sistema multilaterale di negoziazione italiano; 3) le società che controllano società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'unione europea; 4) le società che fanno appello al pubblico risparmio o che comunque lo gestiscono. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi». 2

3 intercettazioni nelle sole ipotesi che il reato riguardi una società quotata nei mercati regolamentati. Si è, infine, voluto precludere il patteggiamento, e dunque l abbattimento della pena, in assenza di risarcimento, al pari di quanto previsto per i reati tributari in relazione ai quali il patteggiamento non può essere chiesto da chi non abbia provveduto al pagamento del debito tributario, comprensivo delle sanzioni amministrative, ex art. 13, comma 2 bis, del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74. Le false comunicazioni sociali L art c.c. consente di qualificare le false comunicazioni sociali pur senza fornire una puntuale definizione della fattispecie. La norma dispone, infatti, che, fuori dai casi previsti dall'articolo 2622 c.c., e ricorrendo taluni presupposti, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori che nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, o sui beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni. L art c.c. completa la definizione disponendo che qualora gli stessi soggetti, componenti gli organi di società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'unione europea espongano fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene o sui beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi, sono puniti con la pena della reclusione da tre a otto anni. 3

4 Nonostante la riforma, il legislatore conferma la condivisibile scelta di non fornire una definizione espressa di falso in bilancio, riferendosi, implicitamente, alla qualificazione della fattispecie che si è formata grazie alla pratica applicazione della disciplina. Vi sono, comunque, degli utili elementi qualificatori che possono rilevarsi dal testo della norma: si tratta dell esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero e dell omissione di fatti materiali la cui comunicazione è imposta dalla legge aventi ad oggetto la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, o del gruppo al quale la stessa appartiene, o i beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. La norma, non differisce in modo significativo da quella sinora in vigore e non distingue tra società quotate e non quotate, essa tuttavia introduce il riferimento alla rilevanza dei fatti e punisce così sia l esposizione di fatti falsi o parzialmente falsi, sia l omissione di fatti che avrebbero dovuto essere esposti, ossia di tutti quei dati che, diversamente comunicati, avrebbero consentito una più approfondita e completa conoscenza dell informazione. La previsione normativa vale, infatti, a completare le norme sulla redazione del bilancio e sull informazione societaria che sono volte ad assicurare la chiarezza e la completezza dei dati comunicati ai soci e al mercato, sì da ridurre le asimmetrie informative e consentire una più consapevole assunzione delle decisioni. Occorre, dunque, tracciare i confini al di là dei quali la fisiologica variabilità dei risultati dei processi valutativi diviene falsità. Se non vi è dubbio che non vi è falsità quando il redattore del bilancio scelga di applicare un criterio di valutazione in luogo di un altro, come ad esempio nella valutazione delle partecipazioni considerate diversamente a seconda della finalità per cui sono detenute e della natura dei titoli o delle rimanenze, che, come noto, possono essere valutate al costo medio ponderato o con il metodo del L.I.F.O. o del F.I.F.O. - salvo quello che si dirà nel prosieguo - è altrettanto indubbio che l artificiosa manovra volta ad occultare la situazione 4

5 economica, patrimoniale e finanziaria della società, o comunque a mostrarne una diversa da quella reale, non può non qualificarsi come falso in bilancio. La complessità della concreta applicazione della disposizione necessita, tuttavia, un approfondimento. Quanto al primo aspetto, la previsione di diversi criteri di valutazione sebbene consenta al redattore di individuare nel miglior modo un fatto economico, anche assai complesso, tuttavia, la necessità di fornire un quadro reale della situazione e il principio di continuità non consente di variare sistematicamente, in base alle esigenze di volta in volta individuate i criteri di valutazione applicati, e ciò anche quando lo stesso principio di valutazione indichi metodi e procedure differenti, come nel caso delle rimanenze. L art c.c., per un verso, puntualizza che se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo, per un altro, stabilisce che se, in casi eccezionali, l'applicazione di una disposizione è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata e la nota integrativa deve motivare la deroga e deve indicarne l'influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico. Ciò syta a significare chela scelta di un criterio in luogo di un altro non è il frutto dell arbitrio del redattore, ma di un processo logico che, partendo dal dato economico, miri a consentire un attendibile quantificazione dello stesso e degli effetti che esso produce sulla situazione della società. Sarà poi il principio generale della prudenza a ridurre ulteriormente il margine di errore naturalmente insito nei processi valutativi. Quanto al secondo profilo, il confine tra un bilancio falso ed un bilancio vero non può che essere il rispetto del principio generale di rappresentazione chiara, veritiera e corretta, espressamente sancita dal secondo comma dell art c.c. secondo il quale il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e 5

6 finanziaria della società e il risultato economico dell'esercizio. Ciò comporta, per un verso, che tutti i principi di valutazione devono rispettare i principi di carattere generale, come un obiettivo al quale tendere e come un limite ad ogni elemento di discrezionalità, per un altro, che devono essere disapplicati i criteri di valutazione, sia di fonte nazionale (codicistica o proveniente da autorevoli organismi tecnici), che internazionale (come gli IAS-IFRS), ogniqualvolta gli stessi non siano tali da assicurare la rappresentazione chiara, veritiera e corretta della realtà. Tale principio di carattere generale naturalmente comporta una serie di corollari. Si pensi al riguardo, al principio di prevalenza della sostanza sulla forma, anch esso di origine comunitaria, secondo il quale la valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta tenendo conto della funzione economica dell elemento dell attivo o del passivo considerato. Da ciò consegue che la scelta dei criteri debba essere coerente con la finalità di rilevare l utilità che i beni possono fornire all esercizio dell attività di impresa, avendo riguardo alla funzionalità del bene e alla sua utilizzabilità. E dunque l insieme delle previsioni codicistiche e dei principi contabili riconosciuti a segnare il confine tra legittima valutazione dei fatti secondo criteri variabili e consapevole predisposizione di documenti di sintesi non rispondenti al vero. I presupposti del nuovo falso in bilancio E nell ambito del quadro brevemente delineato che si inserisce la novellata disciplina sulle false comunicazioni sociali ed è ad esso che ci si deve inevitabilmente riferire per valutare della correttezza dei dati esposti in bilancio. La falsità o l omissione non sono tuttavia di per sé sufficienti ad integrare gli estremi del reato. Innanzitutto, deve trattarsi di informazioni contenute nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali che siano dirette ai soci o al pubblico e che siano previste dalla legge; in secondo luogo, è necessario che tali falsità ed omissioni siano tali da indurre altri in errore. 6

7 Non è, dunque, una qualsiasi comunicazione rivolta al mercato a poter ingenerare responsabilità nei soggetti individuati né quella specifica informazione non rivolta ai soggetti indicati, ma solo quelle comunicazioni che, contestualmente, siano previste dalla legge e siano dirette ai soci o al pubblico, ossia abbiano i soci o il pubblico quali destinatari finali. Rientrano, pertanto, in tale categoria, a titolo esemplificativo, i bilanci di esercizio e quelli consolidati, ma anche i documenti che dagli stessi traggono origine, le relazioni finanziarie e i pareri che gli organi amministrativi e di controllo devono esprimere prima del compimento di operazioni straordinarie. Il secondo presupposto al quale si è accennato è la concreta idoneità della falsità o dell omissione a indurre in errore i destinatari. Giova a tal fine rilevare che la genericità dei destinatari, ossia i soci ed il pubblico, impone un interpretazione piuttosto estensiva dell idoneità a trarre in errore. Non trattandosi di destinatari istituzionali o professionali, è evidente, infatti, che una parziale falsità o una parziale omissione possano essere tali da ingannare soggetti che per loro natura non sono propensi ad assumere decisioni in difetto di informazione. A ciò si aggiunga che il fatto che gli stessi siano destinatari delle informazioni sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società in forza di una disposizione legislativa lascia presupporre che il legislatore abbia già valutato che tali soggetti siano in condizioni tali - perché soci o creditori, o comunque direttamente interessati - da necessitare di un informazione chiara e completa e meritevoli di tutela in caso di assenza di tali requisiti. L eliminazione delle soglie di punibilità Prima della modifica degli artt c.c.e seguenti, le previste soglie del falso in bilancio avevano di fatto depenalizzano questo reato. Nessuna sanzione, penale o amministrativa era infatti prevista se la posta falsificata era inferiore al 5 % del risultato di esercizio, o all 1 % del patrimonio netto. Il bilancio era sì falso, ma un falso lecito. 7

8 Secondo l opinione più condivisibile, la soglia andava verificata rispetto alla singola posta di bilancio falsificata o omessa, per evitare che la dolosa manipolazione di due voci contrapposte, volta a neutralizzarne l effetto, escludesse la falsità del documento, come ad esempio se a fronte dell iscrizione in bilancio di un credito inesistente fosse stato appostato un fondo rischi generici a controbilanciare la posta dell attivo. Nell esempio citato, infatti, sia l una che l altra registrazione incidono sul valore del patrimonio netto, sia pure, la prima, aumentandone il valore, e la seconda, riducendolo ed entrambe, se idonee a provocare una variazione superiore all un per cento del patrimonio netto, costituivano irregolarità tali da qualificare il bilancio che le evidenziava quale falso e consentiva l applicazione delle sanzioni penali in capo ai soggetti ritenuti responsabili. Dunque, la falsità o l omissione era non era soggetta a sanzione nel caso in cui portava ad una variazione del risultato di esercizio o del patrimonio netto al di sotto delle medesime soglie, oppure nel caso in cui le scritture contabili della società avessero delle omissioni che non alteravano sensibilmente la situazione economica, finanziaria o patrimoniale della società o del gruppo societario di cui faceva parte la società, ovvero nel caso in cui il fatto era conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differivano in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta 2. Il meccanismo delle soglie di punibilità ha in sé un problema di equità sostanziale. La previsione di soglie percentuali comporta inevitabilmente che quanto più il soggetto è ricco, ossia ha un attivo patrimoniale e ricavi elevati, tanto più può permettersi di redigere un bilancio falso, la cui falsità resta al di 2 Non era del tutto corretto il confronto con le soglie di punibilità introdotte nel 1982, per i reati tributari. Mentre per tali reati, nell impossibilità di celebrare tutti i processi per i reati che si scoprono, il legislatore ha deciso di alleggerire lo strumento penale, utilizzandolo solo per le evasioni più rilevanti, ossia quelle al di sopra di una certa soglia fissa, per le altre ipotesi, quelle minori, ossia sotto soglia, la competenza resta alla sola Agenzia delle Entrate che, oltre a recuperare le imposte dovute, irroga le sanzioni amministrative. Il sistema dunque sanziona tutta l evasione fiscale scoperta: parte con la Giustizia penale e parte con quella amministrativa, mentre le soglie previste per la sanzione per le false comunicazioni sociali creava di fatto una zona di non punibilità in senso proprio. 8

9 sotto delle soglie di punibilità e possa dunque non essere sanzionato. Di contro, la stessa irregolarità compiuta da un soggetto meno ricco comporta il superamento delle soglie di punibilità e, dunque, l applicazione della sanzione penale. La previsione di soglie fisse, invece, comporterebbe una situazione diametralmente opposta: il falsificatore più ricco sarebbe assoggettato alle sanzioni penali molto più facilmente di un falsificatore meno ricco, semplicemente perché un minimo errore del primo comporterebbe degli effetti decisamente più rilevanti proprio come conseguenza diretta della sua dimensione. E la previsione di soglie in sé che comporta una distorsione dell applicazione della norma poiché sposta il parametro di valutazione dalla condotta all effetto che la condotta produce sul risultato del bilancio falso. La riforma appena approvata, accogliendo le numerose istanze di predisposizione di una riforma che abrogasse la depenalizzazione di fatto del reato di falso in bilancio, ha eliminato le soglie di punibilità, prevedendo, tuttavia, una riduzione di pena per i fatti di lieve entità. La specifica scelta di eliminare le soglie mostra indubbiamente l apprezzabile volontà del legislatore di assegnare maggiore certezza all applicazione della disciplina penale in materia di falso in bilancio e più in generale di false comunicazioni sociali, ma il CNDCEC ha giustamente già chiesto una più equilibrata applicazione del sistema sanzionatorio per assicurare una più equa e rigorosa delineazione dei livelli di gravità della condotta. Una riduzione delle sanzioni è, invece, ora prevista in riferimento a due ipotesi significativamente diverse. L art bis c.c., infatti, prevede che, salvo che costituiscano più grave reato, si applica la pena da sei mesi a tre anni di reclusione se i fatti di cui all'articolo 2621 c.c. sono di lieve entità, tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta. La norma prevede cioè una riduzione della pena per quei casi, rimessi all apprezzamento del giudice, che per la natura e la dimensione della società o 9

10 per gli effetti prodotti sul mercato o la modalità di condotta di chi li ha commessi possano essere qualificati di minore entità. La medesima riduzione di pena è, inoltre, prevista per le società di minori dimensioni, ossia quelle che non superano le soglie di fallibilità di cui all art. 1 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, ed a prescindere dagli effetti prodotti e dalla gravità della condotta tenuta. In tale caso, inoltre, il delitto è procedibile a querela della società, dei soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale. La riduzione della pena è, dunque, prevista in due ipotesi e solo per le società non quotate: quando la società non superi i requisisti soggettivi della fallibilità, a prescindere dalla gravità della irregolarità, e quando la falsità o l incompletezza sia di lieve entità, ossia avuto riguardo alla condotta e agli effetti prodotti, prescindendo dalla questione dimensionale dell ente cui il reo si riferisce. Il falso in bilancio quale reato di pericolo Il falso in bilancio perde, inoltre, la natura di reato di danno. Nel sistema previgente, infatti, occorreva che il falso, perché fosse reato, avesse cagionato un danno ai soci o ai creditori. La previsione rendeva la norma di improbabile concreta applicazione poiché era difficile che la falsità arrecasse un danno ai soci di maggioranza e alla società. Il falso serve solitamente per procurarsi un vantaggio: ottenere finanziamenti, distribuire dividendi, pagare meno imposte. Restavano i creditori e i soci, solitamente di minoranza, che non avevano partecipato al vantaggio procurato dalla falsità del bilancio e che da esso avessero subito un danno, sia pure indiretto. La circostanza che il bilancio di esercizio per la sua stessa struttura e per la necessità di rappresentare elementi economici mutevoli nel tempo sia caratterizzato dalla continuità tra i diversi esercizi, consentiva tuttavia, forse con una certa forzatura, di interpretare il presupposto del danno sia in termini di danno potenziale, sia in termini di arco temporale più ampio di quello al quale 10

11 si riferiva il bilancio falso. E evidente, infatti, che un bilancio falso potrebbe non produrre alcun danno nell esercizio al quale si riferisce o in quello successivo e spesso produce addirittura un vantaggio, alla società e talvolta ai soci, salvo poi successivamente produrre un danno al patrimonio sociale o direttamente in capo ai soci che la partecipano. L omessa indicazione di una passività, o l omessa costituzione di un fondo per un rischio connesso ad un accertamento fiscale o ad un contenzioso giudiziale, ad esempio, potrebbe consentire alla società un più agevole accesso al credito o la partecipazione a bandi e gare pubbliche che richiedono un certo valore minimo di attivo patrimoniale o di patrimonio netto, mentre la successiva realizzazione della passività, che assume a quel punto la natura della sopravvenienza passiva, potrebbe generare una perdita tale da incidere sensibilmente sul patrimonio netto della società. E, dunque, evidente che per valutare del danno deve considerarsi un orizzonte temprale più ampio del solo esercizio sociale al quale il bilancio falso si riferisce. L attuale normativa ha escluso il riferimento al danno, con la conseguenza che la mera concreta idoneità a trarre in inganno è sufficiente a configurare la fattispecie di falso. Permangono, invece, due elementi ancora idonei a limitare l applicazione della norma: il riferimento alla consapevolezza della condotta e la finalità di trarre per sé o per altri un ingiusto profitto. Quanto al primo aspetto, quello della consapevolezza della condotta, considerati i soggetti ai quali la disciplina si applica - amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e liquidatori deve immaginarsi che la previsione valga ad escludere la punibilità per le falsità imputabili a meri errori materiali o ad ipotesi in cui anche la diligenza richiesta per l incarico assunto non consente l individuazione delle irregolarità. Anche sul punto il CNDCEC ha già chiesto maggiore chiarezza nell utilizzo dell avverbio consapevolmente. 11

12 Quanto al secondo elemento, ossia la finalità di trarre per sé o per altri un ingiusto profitto, si tratta, invece, di un presupposto in senso proprio, che inerisce al movente dei soggetti che rispondono del reato. La previsione, pur non paragonabile al presupposto del danno della previgente disciplina, ostacola l applicazione della sanzione rendendo necessaria un indagine sulle finalità per cui la falsità o l omissione è stata posta in essere. L ampiezza della previsione ne rende, tuttavia, più agile l applicazione, ove solo si consideri che la prassi ha negli anni dimostrato che la falsità viene solitamente posta in essere per conseguire per sé o per altri inclusi la stessa società e i soci un ingiusto profitto, tanto da ricondurre le diverse finalità a fattispecie sufficientemente uniformi quali, ad esempio, la ripartizione di utili fittizi, la sopravvalutazione dell attivo o la sottovalutazione del passivo per l acquisizione di finanziamenti che diversamente non sarebbero stati concessi, l appostazione di passività inesistenti per procurare la provvista necessaria all istituzione di fondi neri. 12

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