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1 Cass. civ. Sez. V, Sent., , n Svolgimento del processo La controversia concerne l'impugnazione, proposta con ricorso cumulativo, del silenzio rifiuto opposto dall'amministrazione alle richiesta di rimborso presentate per gli anni dal 1994 al 2003 dalla società contribuente ai sensi dell'art. 10 della Convenzione italo- francese sulle doppie imposizioni ratificata con L. n. 20 del L'Ufficio, nel costituirsi in giudizio, eccepiva la decadenza D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, con riferimento alle annualità 1995, 1996 e 1998, la carenza di idonea documentazione probatoria per le annualità 1999, 2000, 2001 e 2002 e il difetto dei presupposti oggettivi per il rimborso per l'anno La Commissione dichiarava inammissibile il ricorso con riferimento alle annualità 1995, 1996 e 1998 e lo accoglieva con riferimento alle restanti annualità. L'Ufficio proponeva appello eccependo l'inesistenza di un silenzio rifiuto impugnabile, la inidoneità della documentazione probatoria e il difetto dei presupposti oggettivi per il rimborso relativamente all'anno 2003: in subordine contestava l'esattezza del conteggio effettuato dalla società contribuente. La società contribuente proponeva appello incidentale con riferimento alle annualità 1995, 1996 e 1998 escluse dal rimborso. Con la sentenza in epigrafe, era respinto il ricorso principale dell'ufficio e accolto il ricorso incidentale della società. Avverso tale sentenza l'amministrazione propone ricorso per cassazione con cinque motivi. Resiste la società contribuente con controricorso, illustrato anche con memoria. Motivi della decisione Preliminarmente deve essere rigettata l'eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione dell'art. 366 cod. proc. civ., sollevata dalla parte resistente, per il fatto che la sentenza impugnata sia stata riprodotta nel ricorso, in luogo di una sommaria esposizione dei fatti di causa. Il Collegio condivide in proposito il principio già affermato da questa Corte secondo cui "il requisito

2 dell'esposizione sommaria dei fatti di causa, richiesto dall'art. 366 c.p.c., n. 3, a pena d'inammissibilità del ricorso per cassazione, può ritenersi osservato quando una copia della sentenza impugnata sia incorporata nel ricorso in modo da costituirne parte integrante, dovendo in tal caso ritenersi realizzato lo scopo della norma di permettere la conoscenza della vicenda processuale mediante la lettura del ricorso, senza necessità di avvalersi di ulteriori elementi" (Cass. n del 2011). Tanto più allorchè, come è nel caso di specie, dalla sentenza impugnata "trascritta" si "possa ricavare la cognizione dell'origine e dell'oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalle parti, senza necessità di ricorrere ad altre fonti" (Cass. n del 2012). Tanto più ancora, come è nel caso di specie, quando la "incorporazione" della sentenza impugnata nel ricorso non esaurisca in assoluto le modalità di esposizione sommaria dei fatti di causa, ma ne costituisca una integrazione ai fini di una migliore cognizione degli stessi. Quanto infine alla trascrizione nel ricorso (alle pag. 36 e 37) di alcuni passi delle difese argomentate dall'amministrazione deve osservarsi che si tratta di comportamento in linea con il principio di autosufficienza al quale più volte questa Corte ha affermato debba adeguarsi il ricorso per cassazione. Con il primo motivo di ricorso l'amministrazione contesta il mancato riconoscimento in appello della propria eccezione di decadenza dal rimborso ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 riferita alle annualità più risalenti. La censura non è fondata sulla base del principio espresso dal questa Corte secondo cui: "In tema d'imposta sui dividendi, il pagamento previsto dall'art. 10 della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l'italia e la Francia il 5 ottobre 1989, ratificata e resa esecutiva dalla L. 7 gennaio 1992, n. 20, secondo il quale la società residente in Francia (o soggetta alla legislazione francese), che riceva da una società residente in Italia dividendi, la cui corresponsione a un residente in Italia comporterebbe un credito d'imposta, ha diritto al pagamento da parte del Tesoro italiano di una somma pari alla metà di detto credito d'imposta, diminuito della ritenuta alla fonte prevista al paragrafo 2, esula dal sistema dei rimborsi d'imposta, sicchè la relativa istanza non soggiace al termine decadenziale di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 ma deve essere avanzata nel termine generale di prescrizione di cui all'art cod. civ." (Cass. n. 691 del 2015; in precedenza nello stesso senso Cass. n del 2004). Nel caso di specie il termine decennale di prescrizione non era spirato al momento della domanda di rimborso. Il secondo e il terzo motivo di ricorso devono essere esaminati congiuntamente in quanto costituiscono una censura sostanzialmente unitaria della sentenza impugnata. L'amministrazione: da un lato, lamenta che il giudice del merito abbia erroneamente qualificato come "nuova", e quindi inammissibile, l'eccezione sollevata in appello dall'amministrazione medesima circa la contestata ammissibilità del ricorso originario per difetto dell'atto impugnabile (mancata formazione del silenzio rifiuto); dall'altro, deduce, ancora una volta, l'inesistenza del silenzio rifiuto per mancata documentazione dell'istanza di rimborso presentata dalla società contribuente.

3 La censura è infondata. Se può essere vero che l'ammissibilità del ricorso originario è questione che può (e, persino, deve) essere accertata ex officio, resta il fatto che la critica argomentata dall'amministrazione appare frutto di un equivoco che scambia la supposta inaccoglibilità (o infondatezza) dell'istanza di rimborso (per insufficienza o mancanza della documentazione a supporto) con la impossibilità a formarsi del silenzio rifiuto come "provvedimento impugnabile". In verità l'amministrazione ricorrente non deduce situazioni che possono dar luogo alla mancata formazione del silenzio rifiuto: quali, ad es., impugnazione proposta prima del decorso del termine di novanta giorni (Cass. n del 2008); istanza di rimborso presentata ad ufficio incompetente (Cass. n del 2005) o priva delle indicazioni inerenti gli estremi di versamento indebito e importi chiesti in restituzione (Cass. n del 2012). Piuttosto la ricorrente contesta in concreto la fondatezza delle istanze di rimborso in ragione del supposto difetto di prova delle condizioni legittimanti (affermando, peraltro, di aver richiesto, senza esito, la necessaria documentazione), pur tuttavia senza argomentare alcuna adeguata censura in ordine alla affermata fondatezza delle istanze in questione da parte del giudice di merito, che le ha ritenute sufficientemente comprovate da documentazione sulla quale nulla nel merito pare eccepire l'amministrazione se non il fatto che si tratti di documentazione tardivamente prodotta nella face processuale dopo averla omessa nella fase procedimentale. In proposito l'amministrazione erroneamente sostiene che per questo fatto tale documentazione (per di più non specificamente identificata) non sarebbe delibabile e lo sostiene sulla base di una pretesa estensione ad altri tributi di una previsione dettata per gli accertamenti IVA, da ritenersi invece una eccezione a regole generali e da interpretare in coerenza con la necessità di non comprimere il diritto di difesa del contribuente, presupponendo, cioè, che sia data la prova (inesistente nel caso che ci occupa) della imputabilità della mancata produzione documentale ad un censurabile comportamento posto in atto volontariamente dal contribuente per sottrarsi ai propri obblighi (Cass. n del 2010). Il quarto e il quinto motivo di ricorso, anch'essi valutabili congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono diretti a censurare il punto relativo alle decisioni adottate dal giudice del merito in ordine all'eccepita erroneità del conteggio delle somme pretese a rimborso operato dalla società contribuente, non tenendo conto che nel caso di specie dovesse essere conteggiata sia una ritenuta sui dividendi, sia un'ulteriore ritenuta sul credito d'imposta. Sotto un primo profilo la parte ricorrente contesta l'affermata inammissibilità dell'eccezione per il fatto che la stessa sia stata sollevata per la prima volta con un motivo subordinato d'appello.

4 Sotto un secondo profilo contesta l'affermata infondatezza nel merito dell'eccezione stessa. La censura nel suo complesso è fondata. Sotto il primo profilo in quanto la discussa eccezione attiene ad una questione di diritto relativa alla precisa determinazione della esatta pretesa del contribuente alla luce della disciplina applicabile alla fattispecie. Peraltro questa Corte ha stabilito che: "In tema di contenzioso tributario, il contribuente che impugni il rigetto dell'istanza di rimborso di un tributo riveste la qualità di attore in senso sostanziale, con la duplice conseguenza che grava su di lui l'onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda e che le argomentazioni con cui l'ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita dal contribuente, costituiscono mere difese, come tali non soggette ad alcuna preclusione processuale, salva la formazione del giudicato interno. (Nella specie, la S.C. ha affermato che la necessità della notificazione della cessione del credito anche al concessionario della riscossione, ai fini della sua efficacia, integra una mera difesa, traducendosi nella contestazione della sussistenza, in tutti i suoi elementi, del fatto costitutivo del diritto al rimborso del credito ceduto, deducibile dall'amministrazione per la prima volta in appello)" (Cass. n del 2014). Sotto il secondo profilo - violazione e falsa applicazione dell'art. 10, paragrafo 2, lett. a) e paragrafo 4, lett. b), della Convezione tra Italia e Francia per evitare le doppie imposizioni, approvata e resa esecutiva con la L. n. 20 del la censura è fondata sulla base del principio già affermato da questa Corte, secondo cui: "In tema di imposte sui dividendi azionari, qualora una società madre residente in Francia, cui siano stati corrisposti i dividendi da parte di una società figlia operante in Italia, abbia optato per il regime del credito di imposta, tale credito di imposta viene ridotto del 5%, a titolo di tassazione, perchè viene parificato a fini fiscali, dall'art. 10 della Convenzione tra Italia e Francia sulle doppie imposizioni, recepita con L. 7 gennaio 1992, n. 20, ad un vero e proprio dividendo" (Cass. n del 2011). Pertanto devono essere accolti il quarto e quinto motivo di ricorso, rigettati i restanti, e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale dell'abruzzo per la determinazione dell'esatto conteggio delle somme dovute a rimborso alla società contribuente.

5 Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio. P.Q.M. LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il quarto e il quinto motivo di ricorso, rigettati i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale dell'abruzzo.

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