Lecce, capitale della cultura vista da noi

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1 Numero Unico, giugno 2014 MOCCIA'S OICE Lecce, capitale della cultura vista da noi L editoriale: dar voce ai ragazzi Di Adele Filograna e Carmelina Filippis A conclusione del percorso relativo al PON C1 Giornalisti si diventa, ci troviamo a fare un bilancio di quest esperienza, sicuramente faticosa, ma molto interessante. Continua a pag.6 Il cuore nel Barocco e lo sguardo sull Europa Le interviste impossibili: San Giuseppe da Copertino Mentre Lecce è in fermento per preparare la sua candidatura a capitale europea della cultura i ragazzi del Pon Giornalisti si...diventa hanno deciso di condurre una piccola inchiesta per le strade della città barocca, nei negozi, tra la gente. Un viaggio tra bellezze artistiche e gap culturali per capire quanto Lecce merita questo riconoscimento e cosa può fare per rappresentare davvero la cultura europea e rafforzarne il senso di appartenenza. Continua a pag. 2 All interno: Protettore degli studenti in difficoltà e degli aviatori, grande amante della natura, degli animali e della risata. Cultore del dialetto, vicino alla gente umile, eppure capace di interloquire con i dotti religiosi del suo tempo. Di lui, l immaginario comune, conserva soprattutto il ricordo, particolare e suggestivo, dell estasi in forma di volo ma San Giuseppe, al secolo Giuseppe Maria Desa era molto di più e la redazione per scoprirlo, lo ha intervistato! Continua a pag. 4 L inchiesta: La scuola e i trasporti pubblici pag. 7 Incredibile: Fabrizio Miccoli a scuola pag. 15 Esperienze On air pag. 8 Impegno e Memoria pagg Pagine di Integrazione pagg I luoghi della politica pag. 12 Con l Europa investiamo nel vostro futuro!

2 Leccesi per un giorno, sognando l Europa Un inchiesta per le strade di Lecce a caccia di idee per il 2019 Dal 1985 una città dell'unione europea diventa capitale della cultura per un anno ed in Italia si lavora ormai alle candidature per il 2019 che sarà l anno della nostra nazione. Lecce ha voluto raccogliere questa avvincente sfida ed è tra le città candidate a rappresentare la cultura in Europa. C è fermento allora nella bella cittadina barocca e c è soprattutto la consapevolezza dei notevoli vantaggi socio-culturali ed economici che un simile riconoscimento porterebbe non solo alle candidate ma a tutto il territorio circostante. Anche per questo le città possono decidere di associare alla loro candidatura altre cittadine del loro circondario, proprio come fecero Lussemburgo ed Essen rispettivamente nel 2007 e nel Un cammino, quello che Lecce si appresta a compiere, stimolante ma non semplice, dal momento che dovrà vedersela con altre cittadine italiane ricche di bellezza e cultura: Cagliari, Matera, Perugia- Assisi, Ravenna e Siena. Ma la ricetta leccese non è da meno. La città prescelta infatti non viene investita di tale ruolo unicamente per ciò che ha fatto, ma soprattutto per il programma di eventi culturali particolari che si proporrà di organizzare nel corso dell'anno di candidatura. Non solo il passato storicoarchitettonico e culturale delle città dunque è in gara, ma, soprattutto, il presente ed il futuro. Le realtà territoriali sono infatti chiamate a sfruttare le loro peculiarità e a dar dimostrazione di una grande creatività che dovrà fornire al programma il carattere di eccezionalità. È fondamentale preparare con cura il progetto a monte rispetto agli obiettivi e ai criteri delle manifestazioni. Inoltre la candidatura deve presentar e dei tratti chiari e coerenti con l'anno in questione con la filosofia del titolo che si vuol dare al progetto. Lecce, per il momento, sembra muoversi con grande originalità e determinazione. Del resto a questa terra, povera di tante altre cose, l estro artistico non è mai mancato e neppure una visione onirica, quasi visionaria, come quella che si perde nelle leggende di donne pizzicate e nell ossessione materica del barocco. Sarà per questo che Lecce ha deciso di trasformarsi, in questo In questa pagina e accanto, quattro immagini relative alla nostra visita a Lecce cammino verso il 2019, in Eutopia, la città del bello e della follia. Noi del pon Giornalisti si...diventa ci siamo sforzati allora di guardare con occhio critico la nostra Lecce, abbiamo osservato ed intervistato, per capire se quella di Eutopia è una visione possibile. Il nostro primo incontro è fortunato e singolare, nei pressi della storica caffetteria Alvino infatti, in cui ci rechiamo per intervistare qualcuno del personale, siamo avvicinati da una donna che ci dice: «Sono una docente e sono molto incuriosita dalla vostra attività». Le spieghiamo cosa stiamo realizzando e lei si sottopone volentieri alle nostre domande: Lecce è candidata a capitale della cultura nel Cosa ne pensa? Che era ora che il nostro sud avesse il giusto riconoscimento dal punto di vista culturale. Di cultura ne abbiamo tanta ma purtroppo non ci Pagina 2 Moccia s Voice

3 sappiamo vendere e per questo viviamo al di sotto delle nostre possibilità. Quali sono, a suo avviso, i punti di forza e i punti di debolezza di Lecce? Lecce è una città multiculturale e aperta al nuovo, bella come poche e unica al mondo. La nostra cultura però a volte è sonnolenta, spesso non è capace di valorizzare le persone né le cose. Cosa cambierebbe di Lecce? Beh, appunto bisognerebbe scrollarsi di dosso un po di torpore tipicamente meridionale e fare più manifestazioni, aprirsi di più ai cittadini in termini di servizi, però mi sembra che, da questo punto di vista, Lecce si stia muovendo abbastanza bene. Ringraziamo e proseguiamo col nostro tour rivolgendo al barman della caffetteria la stessa domanda: Quali i punti di forza e di debolezza di Lecce? Vedo milioni di persone da quando faccio questo lavoro e i leccesi si distinguono per la loro solarità, disponibilità e predisposizione all accoglienza. Certo, se devo pensare al negativo, Lecce potrebbe offrire molto di più strutturalmente parlando. Cosa cambierebbe di Lecce? Lecce non deve cambiare, deve solo migliorare. Il nostro percorso prosegue e, nei pressi della libreria Feltrinelli incontriamo un uomo assorto nella lettura di un giornale. Il suo punto di vista è critico ma lucido: «Speriamo che non ci superino - dice in riferimento alla candidatura se i nostri politici si impegnassero ce la potremmo pure fare, del resto la nostra debolezza è proprio questa, la classe politica». È un altra professoressa, ex docente della nostra scuola, a chiudere questo ciclo di riflessioni. «Lecce capitale della cultura può essere un idea molto interessante e soprattutto può avere delle ricadute sul territorio. Speriamo vivamente che questo possa succedere perché non potremo che averne dei vantaggi». Quali i punti di forza e i punti di debolezza di Lecce? Lecce è una bellissima città. Ci sono tante attività culturali e tanti giovani menti creative nel mondo artistico e professionale. Si tratta allora semplicemente di decidere se si vuol fare il grande passo e diventare, da cittadina di provincia a città degna di considerarsi tale. Molto può fare la classe dirigente, penso ai trasporti, ai servizi, ma molto possiamo fare noi tutti. Perché il cambiamento è sempre un cambio di mentalità. Un salto verso il cambiamento! «Questa è la nostra sfida odierna: creare simboli per il cambiamento, saltare per creare energia. Perché se salti l energia non ristagna: si rigenera, si muove e si propaga. Per fare questo dobbiamo creare un senso di identità e individuare gli obiettivi che vogliamo raggiungere insieme. E questa è la fase su cui stiamo lavorando, perché il 2019 è ancora lontano». Con queste parole il Sindaco di Lecce Paolo Perrone presentava, era settembre 2013, il Bid Book, ovvero il dossier di candidatura della città di Lecce a Capitale Europea della Cultura Settantotto pagine, nelle quali si esplicitano le ragioni e gli obiettivi della candidatura e si evidenziano i punti di forza del capoluogo salentino a partire proprio dalla storia, dalla cultura e dalle tradizioni del territorio. Un idea che ha nel salto il suo simbolo e nel salto di Sant Oronzo la sua trovata. E se salta lui bisogna essere pronti a saltare tutti! Numero unico, Giugno 2014 Pagina 3

4 San Giuseppe, santo dei voli e della gioia! Un intervista per interposta persona (ma la persona è molto vicina) Appena saputo che era il santo protettore degli studenti avremmo voluto dedicargli ogni nostra preghiera. Ma di lui ci hanno detto che era un uomo semplice, che a- mava le cose pratiche e l ironia. Allora abbiamo deciso di dedicargli quest intervista ideale e, padre Giuseppe Piemontese, guardiano e rettore del convento di San Giuseppe a Copertino, da poco nominato da Papa Bergoglio nuovo vescovo della diocesi umbra di Terni-Narni-Amelia, si è prestato simpaticamente al gioco e ha risposto, per lui, alle nostre domande. Che effetto fa essere nato in una stalla come Gesù? Io credo che sia stato un privilegio, perché tutti noi abbiamo come obiettivo quello di assomigliare a Gesù e diventare simili a lui. La mia somiglianza con Gesù ha avuto inizio quando mia madre Franceschina, per sfuggire alla forza pubblica, ha dovuto rifugiarsi in una stalla che si trovava nei pressi di casa, a ridosso delle mura della città. Non posso che sentirmi onorato di essere nato in una stalla come Gesù e come San Francesco. Avevi una grande vocazione che mal si conciliava con i tuoi problemi di apprendimento. Come hai fatto a seguire la tua strada? Fin dall infanzia nella preghiera ho avuto la consapevolezza di essere chiamato alla vita religiosa, grazie anche a mia mamma, Franceschina, che con i suoi metodi educativi rigorosi e severi mi ha aiutato a capire come nella vita bisogna essere aperti al disegno di Dio per poter realizzare qualcosa e, nella preghiera, avevo capito che il Signore mi stava chiamando alla vita francescana. Purtroppo questo mio desiderio si è realizzato a fatica perché i miei primi anni di fanciullezza e adolescenza li ho trascorsi a letto a causa di una piaga che mi ha costretto in questa situazione fino a 15 anni. La sofferenza che ho dovuto patire, i tentativi che i sedicenti medici hanno fatto per liberarmi da questa piaga e l impossibilità di frequentare una scuola come gli altri bambini, mi ha impedito di educarmi all apprendimento perché per imparare bisogna essere educ a t i, p r e n d e r e i l r i t m o dell apprendimento. Anche quando, per intercessione di Maria Santissima, sono stato accolto dai frati mi è costata molta fatica apprendere le nozioni per accedere agli ordini sacri e al sacerdozio. Lo facevo di notte, a lume di candela ma, con la grazia di Dio, ci sono riuscito. Fosti guarito dalla Madonna delle Grazie di Galatone da quella brutta piaga. È da allora che rimanesti così affezionato alla figura della Madonna tanto da rivolgerti a lei con l appellativo di mamma mia? A sinistra noi del Pon. Sotto Padre Piemontese risponde alle nostre domande Il mio amore per Maria Santissima è anteriore a quell evento, tant è che io mi rivolsi a lei assieme a mia madre con grande fiducia di essere sanato. Dopo i tentativi fatti per guarirmi, l ultima spiaggia fu quella di rivolgermi alla Madonna della Grazia di Galatone. Ci andai con l asino, mi accompagnò mia madre. Pregai e, come si faceva a quel tempo, fu preso un po d olio della lampada e spalmato sulla ferita. La preghiera mi guarì a tal punto che tornai a Copertino a piedi. Questo episodio sicuramente aumentò l intensità del mio amore per la madonna, la Mamma mia. Da qui l abbandono totale ad essa che mi accompagnò per tutta la vita, fino alla morte. In paese, si dice, ti chiamassero Bocca aperta per la tua distrazione e per la tua non proprio Pagina 4 Moccia s Voice

5 proverbiale intelligenza. A chi ti affidavi quando i problemi nello studio sembravano essere più forti della volontà? Mi chiamavano così non per i problemi della mia intelligenza ma perché da piccolo sono stato visto più volte in chiesa, raccolto in preghiera, distratto, con la bocca aperta, da qui nacque il nomignolo. Furono queste mie distrazioni avute fin dall infanzia a darmi quest atteggiamento. Per i tuoi confratelli sei stato sempre problematico. Le tue estasi, per esempio, misero in imbarazzo il convento e finisti persino davanti al tribunale del Sant Uffizio. Ma com è che volavi? Non furono i miei confratelli che mi trascinarono al Tribunale del Sant Uffizio ma un sacerdote che era responsabile della diocesi e, vedendomi sempre così assorto, mi accusò di abbindolare i creduloni e di mostrarmi come un nuovo Messia, di credermi un santone. Fu questo l inizio delle mie peripezie. Fui trascinato in tribunale che mi assolse non restituendomi però alla mia mamma della Grottella, allontanandomi, cioè, definitivamente dai fedeli di Copertino. I tuoi esami per accedere agli ordini sacri, sono andati bene solo per intervento divino o incredibile colpo di fortuna? Quando ho sostenuto gli esami avevo molta difficoltà ad apprendere le nozioni necessarie per essere ordinato, mi sentivo ed ero impreparato. Nonostante studiassi anche di notte alcune cose le conoscevo e altre no e agli esami, in verità, conoscendo bene un solo argomento, chiedevo alla Madonna che mi riempisse dello spirito di Dio con il quale superare tutta la mia ignoranza. Fui interrogato su quell argomento La chiesa di San Giuseppe, a Copertino. mentre non sostenni affatto l esame per l ordinazione sacerdotale. Infatti tutti i miei confratelli erano bravissimi e il vescovo, sentiti alcuni di loro, decise di promuoverci tutti. Ricordatevi che i Santi, con la scienza di Dio, riescono a capire e a predicare in maniera più forte di chi ha studiato anni e anni. Io avevo poi ricevuto, negli ultimi anni, la scienza infusa ovvero la possibilità di conoscere non per studio personale ma per dono del Signore. E molti, tra vescovi e cardinali, erano meravigliati di come riuscissi a spiegare i misteri di Dio. Come mai le tue estasi si manifestavano proprio come voli? Non potevi trovare un modo di passare meno inosservato? Non siamo noi che decidiamo quali doni ricevere ed io non ho chiesto di elevarmi in volo, di sollevarmi in estasi. Le estasi le hanno vissute diversi santi ma sollevarmi da terra era una caratteristica mia. Per me era motivo di vergogna e umiliazione. È il Signore che ha voluto darmi questo dono per significare che io, semplice e ignorante, ero stato scelto per elevarmi a Dio invitando tutti a sollevarsi dalla realtà del mondo per innalzarsi verso Dio. Fu difficile diventare frate e sacerdote. Fu altrettanto difficile diventare Santo? È stato più facile diventare santo piuttosto che sacerdote ma io ce l ho messa tutta e con grande fatica, un cammino di fede graduale, lottando contro il demonio e contro le cattive abitudini, ce l ho fatta. Perché ti definiscono il Santo della gioia? Io non ero un uomo musone, ero un uomo allegro e semplice, amavo le piccole cose della natura, la pace della Grottella, la familiarità con gli animali con cui a- mavo parlare e scherzare, le persone umili, come mio padre san Francesco che è stato santo della gioia ed io ho seguito lui. Proteggi gli studenti e gli aviatori. Noi siamo solo studenti. Quale il tuo messaggio per noi che ogni giorno dobbiamo fare i conti con la scuola, i compiti e le interrogazioni? Siate contenti di vivere in questo tempo e prendete la vita seriamente, ognuno con il dono che ha. Ricordate che nessuno di voi è tanto povero da dire non ce la faccio e nessuno tanto ricco da dire non ho bisogno degli altri. Dovete realizzare voi stessi con sacrificio e con costanza. Qualcuno diceva che si studia col sedere, non vi sembri una parolaccia, è così, leggere, rileggere aiuta a capire e a ricordare e a crescere nella cultura e nella vita. Numero unico, Giugno 2014 Pagina 5

6 Il Moccia ai microfoni di Radio Orizzonti Il racconto dell esperienza radiofonica tra paure ed entusiasmi Di Federico Loria e Simone Quarta Una foto scattata durante uno degli ultimi appuntamenti radiofonici N ell amb i to d el P ON Giornalisti si diventa noi ragazzi del Moccia abbiamo avuto modo di fare un altra interessante esperienza di comunicazione. Grazie alla collaborazione dell esperta Sandra Stefanizzi infatti abbiamo curato un nostro piccolo intervento radiofonico in tre puntate sulle frequenze FM di Radio Orizzonti Activity. Dopo i primi incontri finalizzati a capire come funziona il mondo radiofonico e come la scrittura per un pezzo giornalistico sia molto diversa rispetto alla scrittura per un servizio radiofonico, ci siamo sperimentati subito ai microfoni di Radio Orizzonti presso i suoi studi di Galatina. Siamo così riusciti a fare la nostra prima registrazione che ha riguardato una serie di piccoli minispot sulla nostra scuola, raccontando i motivi che ci hanno convinti a scegliere il Moccia. Tra i ragazzi impegnati nell attività c era molta ansia e paura di non riuscire ad esprimersi e non poche sono state le difficoltà tecniche: il tono di voce doveva essere alto, non bisognava fare pause prolungate, le parole dovevano essere pronunciate in modo lento e scandite bene. Ma col tempo e con le prove di registrazione successive siamo riusciti ad acquisire una buona padronanza del mezzo fino a condurre addirittura le restanti due trasmissioni in diretta. Tema della seconda puntata è stato la nostra inchiesta su Lecce capitale della cultura mentre abbiamo dedicato l ultimo appuntamento radiofonico alla descrizione del nostro docente ideale. Raccontarsi in pubblico, addirittura in diretta, non è stato facile, e, anche se col tempo abbiamo preso dimestichezza, siamo sempre stati molto emozionati. Ma le ansie, in fondo, sono sparite sempre quando si sono aperti i microfoni e noi abbiamo provato il brivido e l ebbrezza di essere nell etere. Continua dalla prima. I nostri corsisti, inizialmente piuttosto scettici e un po disorientati dal ruolo di giornalista che non sentivano appartener loro, pian piano hanno scoperto l entusiasmo e la passione nel cercare la notizia, nell esserne testimoni, nel documentarla e nel metterla per iscritto. Sentirsi i reporter ufficiali del Moccia, essere chiamati a partecipare in tale veste ai vari eventi, effettuare interviste, sondaggi, resoconti, li ha resi speciali protagonisti della vita della nostra scuola e ha sviluppato in loro autostima e senso di appartenenza. Il laboratorio si è presto trasformato in una piccola redazione con l entusiasmo di voler dar voce alle proprie emozioni, alle esperienze fatte sul campo, alle notizie cercate con la curiosità di veri cronisti, potenziando, con naturalezza, le proprie abilità di lettura e scrittura di un testo. Anche l esperienza radiofonica, parte integrante di questo PON, è stata molto forte ed appassionante, perché ha permesso ai nostri ragazzi di vincere la timidezza, di mettersi in gioco ed imparare le tecniche della comunicazione non solo della carta stampata, ma anche delle emittenti radiofoniche. Cogliamo l occasione per ringraziare quanti hanno reso possibile la pubblicazione del Moccia s Voice, la D.S. prof.ssa Maria Rosaria Però, tutti i docenti che ci hanno sostenuto, il personale di segreteria, il prof. Leo, esperto nella storia di San Giuseppe da Copertino, Mons. Giuseppe Piemontese e, le nostre esperte, la giornalista Ilaria Falconieri e la speaker di Radio Orizzonti Activity Sandra Stefanizzi. Ci scusiamo, infine, per gli articoli che, per mancanza di spazio non sono stati inseriti in questa piccola pubblicazione con cui abbiamo dato voce solo ad alcune delle tante esperienze vissute in quest anno scolastico. Pagina 6 Moccia s Voice

7 Un odissea in pullman Viaggio attraverso la scommessa quotidiana di arrivare a scuola Di Mattia Cuppone, Simone Quarta e Federico Loria Vista la massiccia presenza di studenti pendolari nel nostro istituto, abbiamo ritenuto opportuno elaborare e sottoporre un questionario ai compagni. Quello delle difficoltà di trasporto è uno degli argomenti da tempo ricorrenti tra i corridoi di scuola e sono numerosi gli alunni, soprattutto quelli provenienti dai paesi limitrofi. a lamentare trasporti inefficienti e mal gestiti. Il questionario è stato somministrato tra tutte le classi dell istituto prendendo come campione un numero di cinquanta ragazzi, suddivisi in due classi per ogni indirizzo. Dall indagine e- merge, come dato evidente, la grossa percentuale di ragazzi che riconfermano la gravità di questo problema. La quasi totalità degli studenti viaggia in pullman, e la maggior parte trova grosse difficoltà. I maggiori problemi sono dovuti all uso di mezzi vecchi e poco confortevoli (32% degli intervistati) e al sovraffollamento dei mezzi (31% ). Si tratta di dati molto importanti che la scuola dovrebbe rendere oggetto di valutazione nella conferenza dei trasporti, dal momento che la presenza di mezzi efficienti, confortevoli e adeguati all utenza è condizione indispensabile, per un diritto allo studio realmente garantito. Ma c è di più. Dall indagine emerge un altro problema rilevato da un alta percentuale di ragazzi: il ritardo dei mezzi di trasporto (26%), che comporta molti disagi per gli studenti, soprattutto quando le condizioni meteorologiche sono avverse e si è costretti ad a t t e n - d e r e sotto la pioggia, arrivando a s c u o l a in ritardo e bagnati. V a s o t t o l i n e a t o c o m e l atteggiamento della scuola nei confronti dei pendolari raramente è caratterizzato da intransigenza ( 24%), mentre spesso si rivela comprensivo (36%). Nulla però può sopperire al fatto che molti studenti risultino assenti durante la prima ora di lezione (40%). La causa di tanto disagio è determinata, a parere dei pendolari, da una mancanza di organizzazione/coordinamento e da uno scarso interesse da parte della gestione trasporti nei confronti delle problematiche degli studenti. Numero unico, Giugno 2014 Pagina 7

8 Il nostro impegno per non dimenticare Le iniziative della scuola per La giornata della Memoria Auschwitz non ha colore, così il professore Giovanni Manca ha voluto presentare una mostra fotografica, una raccolta di immagini dei campi di concentramento, volutamente in bianco e nero, curata con un gruppo di allievi e preparata per accogliere un importante ospite venuto nel nostro istituto in occasione della Giornata della Memoria, l avvocato Maurizio Fumarola Mauro, sopravvissuto alla deportazione. «Nella vita c è sempre un giorno fatale e per me è stato l 8 settembre del 1943». Fu allora che Maurizio Fumarola venne deportato nel campo di concentramento. Era Il sollievo di andare via da Auschwitz Il nostro viaggio della memoria comincia attraverso il viaggio di Viviana, una delle nostre compagne, che ha raggiunto quel luogo terribile nell ambito delle iniziative curate, in occasione della giornata della memoria, dai docenti G. Manca e A. Greco. Che effetto ti ha fatto varcare quel cancello tristemente noto? Sicuramente un effetto molto forte che credo si possa vivere soltanto visitando quel posto. Senti che quella realtà così lontana sui libri di storia adesso è vicina, senti l importanza di quel ripetere in continuazione che non bisogna dimenticare e poi ti chiedi perché. Perché? Fin dove può spingersi il genere umano? Cosa ti ha colpito di più? Gli effetti personali dei deportati: quella montagna di capelli di tutti i colori, le scarpette dei bambini, gli solo un ragazzo ma si trovò catapultato al centro dell inferno: fame, freddo, privazioni di ogni genere e quel numero al braccio che annienta la dignità. Nel campo i soldati tedeschi chiamavano gli italiani i porci di Badoglio, simbolo del tradimento dell Italia. La morte, in quel caso, non sarebbe stata un problema, sarebbe stata la soluzione, dice Fumarola. Lui scampò la morte ma, da allora, non fu più l uomo di una volta, cercò nel viaggio la consolazione, la risposta e la trovò in una donna, oggi sua moglie, sposata 61 anni fa. Fu lei a fare per lui ciò che nessun medico aveva saputo fare, a salvarlo dagli incubi di un esperienza terribile che tuttavia segna ancora oggi in modo indelebile la sua esistenza. Lo si capisce dalle amare parole con cui conclude il suo intervento, citando Primo Levi: «Noi sopravvissuti siamo una minoranza anomala oltre che esigua, siamo quelli che, per loro prevaricazione o abilità o fortuna, non hanno toccato il fondo. Chi lo ha fatto, chi ha visto la Gorgone non è tornato per raccontare». Da qui comincia il nostro cammino lungo i sentieri della memoria. indumenti, il pigiama che indossavano quando lavoravano nei campi, i pettini, le pentole, i letti che poi non erano letti ma delle tavole. Vedere tutto questo e pensare al freddo che potevano sentire, al camminare con quei pigiami leggeri quando, in inverno la temperatura poteva scendere al di sotto dei quindici gradi. Ti fa capire quanta cattiveria ci fosse in quel progetto folle. Ad Auschwitz non c era solo la morte ma il compiacimento nella sofferenza altrui. Quali emozioni hai provato? Sensazioni orribili. Nel campo, all aperto in particolare, mentre camminavo, avevo la sensazione di schiacciare dei corpi, perché le ceneri venivano gettate per terra nel campo dopo il forno crematorio, per questo cercavo, in qualche modo, stupidamente, forse, ma non ne potevo fare a meno, di camminare sui talloni, per non imprimere altra sofferenza. Cosa hai pensato non appena siete arrivate? Fin da subito ho provato un forte senso di immedesimazione. Mi sentivo una di loro, una sensazione molto strana che Viviana Carafa non riesco ancora oggi a spiegarmi. Mi sentivo, allo stesso tempo vicina e lontana a quegli uomini ma, su tutto, prevaleva una sensazione di malessere, un non voler stare lì, il desiderio di scappare, di fuggire. Non volevo vedere quello che, in quel momento, stavo vedendo. Cosa avete provato quando siete andate via? Io ho provato sollievo, ero stranita, non mi sentivo bene, non ero a mio agio, quel luogo è un luogo di emozioni forti ma tutte negative. Respiri solo quando ne sei fuori. Pagina 8 Moccia s Voice

9 Rinascere a Santa Maria al Bagno L altra faccia della Shoah, l accoglienza a Santa Maria al Bagno Di Marzia Chittani Il Museo della Memoria e dell Accoglienza, a Santa Maria al Bagno, è il segno tangibile della presenza degli ebrei nel nostro Comune. Inaugurato il 14 gennaio 2009, conserva i murales realizzati da Zvi Miller e da altri profughi ebrei durante la permanenza, tra il 1943 ed il 1947, nel Campo di accoglienza per profughi ebrei voluto qui dagli alleati. Fu importante il ruolo della popolazione neretina nell opera di assistenza agli e- brei in parte arrivati qui perché sfuggiti alla violenza nazista e, dopo il 45, perché liberati dai campi di sterminio. Noi del pon Giornalisti si diventa abbiamo visitato il museo, e con molto interesse, abbiamo osservato i murales. Il primo dei tre raffigura una menorah con candele accese, protetta da due soldati. Sotto, la scritta in ebraico: in guardia. Il murales di maggiori dimensioni rappresenta il viaggio degli ebrei dal Sud dell Italia verso Eretz Israel, la terra d Israele. Infine, l ultimo raffigura una madre ebrea che, con i suoi bambini chiede ad un soldato inglese di entrare nella terra promessa. Ma è la mostra fotografica ad attirare la nostra attenzione. Non ci sono volti tristi, Un immagine relativa alla mostra fotografica del Museo della Memoria e dell accoglienza di Santa Maria al Bagno ed un particolare dei murales realizzati da Zvi Miller visi emaciati, ma volti sorridenti, foto in riva al mare, donne e uomini incredibilmente felici. «Molte delle persone che sono passate da qui hanno usato il termine rinascita parlando di questa loro esperienza», spiega la guida. Il campo di Santa Maria fu gestito dalle forze alleate ma la vita dei profughi al suo interno scorreva tranquillamente tanto che molti degli ospiti del campo ne conservano, indelebile, il ricordo e chi non c è più ha trasmesso questa testimonianza di incredibile solidarietà umana ai propri figli e nipoti. Le vite dei profughi, infatti, lentamente, grazie all aiuto della gente del posto, qui a Santa Maria, tornavano ad essere quasi normali dopo l orrore che avevano vissuto. Nel campo lavoravano, passavano molto tempo al mare, ai più g i o v a n i v e n n e d a t a l opportunità di frequentare le scuole, qui trovarono lo spazio per recuperare la serenità e provare a ricostruire il proprio futuro. Per questo esempio di solidarietà, il 27 gennaio 2005, alla città di Nardò, è stata assegnata, dall allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, la medaglia d oro al merito civile. T e s t i m o n i a n za p e r e n n e d i quell amicizia tra popoli che, qui a Santa Maria, in riva ad una mare che ha il colore della libertà, ebrei e neretini seppero ricostruire. Numero unico, Giugno 2014 Pagina 9

10 Cavalcando verso la piena integrazione Il progetto Pof di equitazione, un attenzione speciale del Moccia Di Giorgia Potenza e Francesca Ambrisi Promuovere la diversità con accettazione serena, è lo scopo del progetto di ippoterapia, curato dalle professoresse Muia e Pagliula, promosso per ragazzi disabili, dalla nostra scuola, attenta da sempre, per vocazione, alla speciale normalità. Per saperne di più abbiamo intervistato l esperto Gianluca Calò dell associazione Giacche Verdi della sezione di Copertino al maneggio Ippocampo, in cui si svolge il progetto. «Bisogna capire che questi ragazzi, nonostante i loro problemi riescono ad affrontare la vita in maniera serena, lo potete vedere da voi che sono molto bravi ed io sfiderei chiunque a fare ciò che fanno loro» ci spiega. I n c h e c o s a c o n s i s t e l ippoterapia? Sono diverse le terapie con gli animali, lo si fa con gli asini, con i cani, nella convinzione che, il rapporto con gli animali, favorisca la serenità dopo alcuni traumi o comunque aiuti in situazioni difficli. Io lavoro con i cavalli perché sono animali estremamente sensibili e tra loro ed i ragazzi si crea un legame di attaccamento che infonde fiducia e sicurezza. È questo quello che vogliamo raggiungere. Per esempio la cavalla che abbiamo utilizzato oggi, sentiva di essere a contatto con ragazzi disabili ed era particolarmente mansueta. Le prime lezioni hanno riguardato la str igliatur a, la pulizia dell animale e della stalla, cosa che va valutata a seconda dei casi e Uno scatto durante uno degli incontri di ippoterapia. Accanto l esperto Gianluca Calò che non potrebbe essere fatta, per esempio, da chi ha forti problemi nell uso e nella coordinazione degli arti, poi ci sono le passeggiate, le carezze e, col tempo, spero di riuscire ad insegnare loro anche il trotto. Ma c è anche chi si spinge oltre e partecipa, per esempio, alle olimpiadi per i disabili. Com è nata l idea di mettere su questo progetto? Proprio grazie ad una ragazza del vostro istituto, figlia di un nostro associato che mi ha chiesto, un giorno, di poter far venire un ragazzo con dei problemi. Poco dopo ho ricevuto la telefonata della scuola ed in attimo abbiamo messo su il progetto. Su quali presupposti si basa l idea che l andare a cavallo possa essere curativo? Andar e a cav allo stimola l integrazione degli emisferi celebrali favorendo la regolarità e la focalizzazione, potenzia le capacità di disporre pienamente delle facoltà sensitive intellettuali e favorisce l acquisizione dell equilibrio. Sprona molto i ragazzi disabili che, a volte, anche inconsciamente, usano l handicap come un alibi: rinunciano a delle attività non perché non ne sono capaci ma perché sono abituati fin da piccoli ad avere qualcuno che si sostituisce a loro. Quali sono state le prime reazioni dei ragazzi e come sono cambiati con il passare del tempo? Quando salgono a cavallo si trasformano, acquisiscono un grande senso di responsabilità, sanno di essere solo loro ed il cavallo e devono, per forza di cose, interagire con l animale. Le piacerebbe promuovere questo progetto anche presso altri istituti scolastici? Certo, sarebbe un bel segnale ma, per il momento solo la vostra scuola ha avuto questa sensibilità. Pagina 10 Moccia s Voice

11 Cioccolatando...si impara Un altro dolcissimo progetto della scuola legato all integrazione Di Giorgia Potenza e Francesca Ambrisi Cioccolatando è il titolo di un progetto realizzato nell ambito del Pof della nostra scuola che, tra le sue finalità principali, ha avuto non solo la realizzazione di leccornie al cioccolato ma anche l integrazione tra i giovani partecipanti con un occhio di riguardo alle diverse abilità. Da questo punto di vista allora le referenti del progetto, le docenti Marcella Muia e Ada Spagnolo, con l esperto pasticcere Giuseppe Perrone, non hanno avuto dubbi: quale modo migliore per sentirsi parte di un gruppo se non l irresistibile buon umore che mette il cioccolato? Da preparare, da mangiare, poco importa, la sua magia riesce sempre. «Questo progetto è stato studiato per insegnare ai ragazzi a conoscere il mondo del cioccolato - spiega l esperto - ma cucinare assieme è anche un ottimo modo per interagire e infatti i ragazzi, di anno in anno, fanno gruppo, si affiatano, si appassionano e ce la mettono tutta per creare le più belle uova di cioccolato. Il progetto infatti si conclude, tradizionalmente, nel periodo pasquale con la preparazione di decoratissime uova di cioccolata ed una manifestazione finale durante la quale le stesse vengono e- stratte ed il ricavato devoluto in beneficienza. L ultimo giorno di scuola, prima delle vacanze di Pasqua, ad assaggiare le buonissime Creazioni e momenti di Cioccolatando. Il fascino antico del Carnevale di Putignano uova c erano tutti, dagli alunni alla dirigente Maria Rosaria Però e c era anche il vicesindaco Carlo Falangone che ha espresso il suo sincero apprezzamento «ai giovanissimi pasticceri e all Istituto Moccia, sempre molto aperto alle esigenze del territorio e alla collaborazione con enti, istituzioni e con il mondo dell impresa locale, con l obiettivo di creare valide professionalità». Di Benedetta Lubello C è un altro tipo di arte, oltre quella del cioccolato che ha attirato la nostra attenzione. Si tratta di quella, affascinante, della cartapesta del Carnevale di Putignano. Così, in men che non si dica, alcune classi della nostra scuola si sono recate nella cittadina del barese per acquisire le tecniche della cartapesta, partecipando ad un laboratorio e visitando la città. E stata un esperienza molto interessante sia perché il laboratorio era gestito da personale qualificato che ha affascinato gli allievi, sia perché abbiamo avuto modo di conoscere, con l aiuto di una guida, una città con una tradizione carnevalesca molto antica e con uno splendido centro storico molto ben conservato. La tradizione fa risalire l'origine del Carnevale di Putignano al 1394, rendendolo uno dei carnevali più antichi d'europa oltre che uno dei più lunghi per durata. Il carnevale a Putignano co- mincia infatti il 26 dicembre ed ogni anno ha un suo tema: quest anno è stato scelto Giuseppe Verdi e alcuni carri rappresentavano le sue celebri opere. Visitando il museo La casa di Farinella abbiamo appreso come nasce un carro allegorico, partendo dalla Farinella, simbolo del Carnevale di Putignano stesura di un bozzetto fino alla realizzazione del prodotto finale. Abbiamo quindi ammirato le miniature dei carri che hanno vinto le precedenti edizioni. Numero unico, Giugno 2014 Pagina 11

12 Un cammino difficile verso la rinascita Il racconto dell esperienza presso il centro diurno Ambarabà Di Mattia Cuppone È un esperienza particolare quella vissuta e raccontata dagli alunni delle classi quinte dell indirizzo Servizi Socio Sanitari, che hanno seguito una stage presso il centro diurno Ambarabà. Il centro ha una sede a Carmiano e un'altra sede sulla provinciale Lecce Novoli, dove vengono accolti ragazzi con un passato difficile, o, con una famiglia disagiata e problematica alle spalle. Abbiamo intervistato alcune delle nostre compagne che hanno vissuto questa esperienza, Viviana e Giada. Come si svolge la vita dei ragazzi ospiti nel centro? I ragazzi, di solito, vanno normalmente a scuola, quindi rientrano nel centro e, durante il pomeriggio, hanno un ora a disposizione per poter interagire con la propria famiglia. Chi viene accolto? Soprattutto ragazzi che in passato hanno commesso reati o che, tuttora, continuano a farlo, ragazzi con una situazione familiare difficile, ad esempio con genitori tossicodipendenti, alcolisti o dipendenti dal gioco o, in molti casi, con genitori Le ragazze delle quinte classi dei servizi socio sanitari presso il centro Ambarabà. che, per problemi di lavoro o di tempo, non possono prendersi cura di loro. Avete conosciuto qualcuno di questi ragazzi? Sì, certo, abbiamo interagito con loro, ma gli educatori ci hanno consigliato di non avere con loro un legame confidenziale. Erano quindi bandite le domande sulle storie personali, anche perché la loro reazione poteva essere molto violenta. Cosa ti è rimasto di questa esperienza e cosa ti ha colpito? I ragazzi, perché anche se il loro modo di fare non era corretto, cercavano sempre di rimediare, per esempio, con un gesto d affetto. Sono tutti ragazzi dai 12 ai 17 anni e per loro non è facile vedere persone esterne al loro ambiente. Ma erano particolarmente felici e ci accoglievano nel migliore dei modi. È stata un esperienza molto forte che ci ha lasciato una grande emozione e sarebbe bellissimo tornarci. Intanto abbiamo visto i ragazzi in scena, al teatro di Cavallino, per lo spettacolo di Circo Sociale. In cosa consiste? Durante tutto l'anno i ragazzi vengono allenati nell'eseguire dei numeri circensi e questo è un modo per acquisire sicurezza, entrare in contatto con il proprio intimo ed acquisire un autocontrollo, che, purtroppo, non hanno. Lo spettacolo finale permettere al Centro di raccogliere fondi per autofinanziarsi e continuare ad aiutare, così, i ragazzi in difficoltà....dare UNA SPERANZA Di Ilaria Orlando Il 21 febbraio la nostra scuola ha partecipato ad un convegno molto interessante tenuto da due rappresentanti della Comunità Speranza, un associazione che opera nella casa circondariale di Lecce, a titolo di volontariato e che ha come scopo quello di assistere coloro che devono scontare una pena e sostenere chi, uscito dal carcere, deve reinserirsi nella vita sociale. L obiettivo principale di questa associazione è, quindi, quello di dare conforto e speranza a chi ormai non ne ha più, accompagnando i detenuti in un percorso di recupero sociale. La Comunità Speranza si occupa di attivare laboratori di artigianato, corsi culturali e ricreativi, offrendo anche la possibilità di inserimento lavorativo una volta fuori dal carcere. L impegno della Comunità Speranza comprende anche l attivazione di un laboratorio editoriale che stampa in proprio un giornale bimestrale, Piano di fuga, un titolo che vuole riferirsi a una fuga verso la speranza e la legalità. Dal racconto delle volontarie sono emerse le difficili condizioni in cui i carcerati sono obbligati a vivere: Essi, infatti, scontando la pena in carcere, spesso vedono negati i loro diritti perché costretti in condizioni poco dignitose. I danni maggiori sono di tipo psicologico in quanto l esclusione, l emarginazione, la lontananza dalla propria famiglia e dalla vita sociale contribuiscono a confondere la propria identità. Il carcere può essere un esperienza dolorosa e spesso, tanto perturbante da danneggiare la salute mentale e alterare completamente la percezione del mondo. Per alcune condizioni psicologiche e umane è totalmente intollerabile. Pagina 12 Moccia s Voice

13 Un viaggio nei luoghi della politica Dal Quirinale al Consiglio Regionale per capire il senso delle istituzioni Una caratteristica di noi giovani è, purtroppo, la disaffezione e la sfiducia per la politica. Siamo molto individualisti, siamo presi dal nostro mondo, dai nostri problemi, delegando ad altri le scelte anche determinanti per il nostro futuro. Ci definiscono disimpegnati, superficiali, immaturi, ma voi adulti dovreste farvi un esame di coscienza, perché ci state consegnando una società per nulla bella, in cui avete colorato di nero le nostre prospettive future. Il periodo storico in cui viviamo ha alcuni tratti in comune con il dopoguerra, perché, oggi come allora, siamo in una fase di ricostruzione, non certo perché abbiamo vissuto gli orrori di una guerra, ma perché dobbiamo risollevarci da una pesante crisi economica e morale, in cui ci ha ridotti una classe dirigente avida e disonesta. Siamo portati, quindi, a pensare che classe politica significhi illegalità, interessi personali, scelte clientelari, tanto da diventare cinici e qualunquisti. Proprio per evitare questo rischio che è quello della generazione nata dopo Mani Pulite e cresciuta tra i vari scandali e processi celebri in TV, la nostra scuola si è attivata per farci conoscere gli ambienti della politica, non come luoghi in cui si esercita un potere, ma dove si vive o si dovrebbe vivere la democrazia, dove gli uomini si confrontano governando per il bene pubblico. A tale scopo lo scorso anno scolastico una rappresentanza del Moccia si è recata in visita al Quirinale, sede, a Roma, della Presidenza della Repubblica, e quest anno ci siamo recati al Consiglio Regionale a Bari, sede dell organo legislativo regionale. Quello che ci ha colpito di più non è stato lo sfarzo degli ambienti, il lusso degli edifici, i privilegi ingiustificati dei nostri rappresentanti politici, ma l aria che si respirava. Abbiamo Sopra i ragazzi del Moccia presso la sede del Consiglio Regionale, sotto, al Quirinale. per la libertà. Altrimenti saremo costretti a dar ragione all ateniese Pericle quando, nella prima democrazia della storia, sosteneva che Gli uomini preferiscono il benessere della servitù agli incomodi della libertà. sentito il senso vero della politica, le voci di quanti sono morti per la nostra libertà, ci sembrava di sentire riecheggiare la voce del padre Costituente Calamandrei che ci ripeteva: La Costituzione non è una carta morta, ma un testamento di uomini morti. Le visite a Roma, al Quirinale, e a Bari, al Consiglio Regionale, ci hanno convinti che la politica non è sempre interesse personale, ma è e deve essere anche una visione, un sogno, la possibilità di perseguire il bene comune e costruire per noi un futuro meritevole di essere vissuto. Sentiamo, ora, di non poter tradire quanti hanno dato la loro vita.a proposito di istituzioni In occasione della ricorrenza della Giornata dell Unità Nazionale, della Costituzione, dell Inno e della Bandiera istituita con la legge 222\2012, il nostro Istituto ha accettato l invito a partecipare alla celebrazione solenne organizzata dall Amministrazione Provinciale e dal Comune di Lecce, insieme alle Forze Armate e di Polizia, presso il Monumento dei Caduti, in Piazza Italia, a Lecce. E stato molto emozionante assistere all alzabandiera, mentre il coro dei bambini del Conservatorio intonava l Inno Nazionale e i Militari, in divisa, insieme al Prefetto, al Questore e ad altre cariche pubbliche rendevano omaggio ai caduti per l Unità d Italia. Numero unico, Giugno 2014 Pagina 13

14 Una carrellata di Pon Racconto per immagini dei numerosi progetti pon della scuola I corsisti del PON G1 L installatore tecnologico rivolto agli adulti, con la tutor Maria Grazia Falconieri. I corsisti del PON C1 English for life guidati dalla tutor Sandra Fortezza. Il pon C1 Le français pur la vie diretto dalla tutor Vita Mazzotta. Pon D1 La didattica tecnologica rivolto al personale scolastico organizzato dal tutor Lucio Russo. Pon C1 Apprendimento tecnologico con la tutor Clara Carrozzo Magli. I ragazzi dell indirizzo Servizi Socio Sanitari a Ibiza in uno stage di animazione turistica nell ambito del pon C5 Alla conquista del lavoro diretto dalle tutor S. Rescio e C. Filippis. Infine ci siamo noi del Pon C1 Giornalisti...si diventa per le cui foto rimandiamo all ultima pagina ricordando che i pon di lingua francese e inglese prevedono oltre alla certificazione finale la possibilità di un soggiorno di tre settimane a Parigi e a Londra, aperto non solo ai corsisti, ma a tutti gli allievi più meritevoli! Pagina 14 Moccia s Voice

15 Se il grande calcio fa un salto al Moccia Fabrizio Miccoli a scuola per portare un messaggio ai ragazzi Cosa succede se in una scuola si sparge la voce che stanno arrivando tre noti calciatori dell Unione Sportiva Lecce? Noi ve lo possiamo raccontare perché è successo, grazie alla collaborazione del prof Orlando, lo scorso 17 Aprile. Quando la voce si sparge, nonostante il tentativo di tenerla segreta il più possibile proprio per non generare caos, l entusiasmo tra i ragazzi è alle stelle e una piccola folla di studenti attorno l aula Magna, in cui si terrà l incontro, è inevitabile. Poi le porte si chiudono, si chiede il silenzio ed è la professoressa Simonetta Rescio a fare la prima domanda, rivolta a Fabrizio Miccoli che sarà il principale interlocutore durante l intervista: Sappiamo che spesso lei interviene come testimone in molte scuole, perché? Ritengo sia importante portare la mia testimonianza tra i ragazzi, perché io sono cresciuto, come molti di loro, per strada e poi sono riuscito a realizzare il mio sogno. Vorrei dunque che i ragazzi potessero imparare dai miei errori e non ripeterli. Vogliamo ricordare quali sono stati i club in cui ha trascorso la sua carriera? Sono partito dal Casarano per un percorso in crescendo che mi ha portato alla Ternana, poi al Perugia, alla Juventus, alla Fiorentina, al Benfica, al Palermo e adesso nella squadra più importante, il Lecce. Ho letto in alcune interviste che molti club le hanno fatto offerte importanti, una proposta è giunta a d d i r i t t u r a dall Australia... Sì, era il Melbourne. E per quale motivo ha rinunciato? All inizio ho preso in considerazione l ipotesi di trasferirmi a causa di un gran caos mediatico che si era creato per delle mie esternazioni molto inopportune. Avevo pensato di accettare quell offerta anche per poter tirar fuori la mia famiglia e soprattutto i miei figli da questa situazione. Poi ho voluto assumermi le mie responsabilità, ho chiesto scusa e sono tornato a Lecce per giocare per una squadra che sento mia. A questo punto, in qualità di esperto della disciplina calcistica, interviene il professor Orlando: «Fabrizio non ha fatto mai mistero di voler tornare a Lecce, per ripetere quell esperienza fatta da giovanissimo e rimasta nel suo cuore. Avrebbe forse voluto farlo in una fase conclusiva della sua carriera, ma bisogna considerare che Miccoli ha già alle spalle 573 presenze ufficiali e 250 goal, esclusi quelli fatti in questa stagione. A questo punto la domanda viene Gli allievi del Moccia e la vicepreside Simonetta Rescio con il professor Orlando posano con Fabrizio Miccoli, Bogliacino e Amodio, giocatori dell Unione Sportiva Lecce. dalla platea dei ragazzi: Qual è stato il goal più bello della tua carriera? Ci sono stati diversi goal che mi hanno dato soddisfazione ma penso che il più bello in assoluto sia stato il goal che ho fatto col Chievo- Verona a Palermo da circa 42 metri. Ricordo volentieri anche il primo fatto in nazionale, direttamente da calcio d angolo. Ci sono poi i tanti goal fatti sia alla Juve che all Inter. Ancora dalla platea chiede Mattia: Quale il fattore più importante per creare il gioco di squadra? Quando hai in squadra un gruppo unito, che segue l allenatore, sia dentro che fuori il campo, è già un punto di partenza. Poi è importante applicare gli schemi che l allenatore crea, riproporli in campo. Infine bisogna creare un rapporto di amicizia tra i giocatori, tra questi e la società. Credo siano questi gli ingredienti per una squadra che funzioni perfettamente. Numero unico, Giugno 2014 Pagina 15

16 La redazione Alberta Letizia Giulia Angela Benedetta Arianna Mattia Luana Simone Valentina Federico Giorgia Luna Moccia s Colophon Direzione, impaginazione e grafica: Ilaria Falconieri Martina Tutor: Carmela Filippis e Adele Filograna Aurora Marzia Francesca Redattori: Francesca Ambrisi, Alberta Antonaci, Aurora Bizzarro, Marzia Chittani, Mattia Cuppone, Valentina Fiore, Luana Guagnano, Angela Landolfo, Federico Loria, Giulia Lubello, Benedetta Lubello, Letizia Manca, Martina Pisanello, Giorgia Potenza, Simone Quarta, Arianna Tondo, Luna Trifoglio. Le tutor Adele Filograna e Carmelina Filippis. Al centro l esperta giornalista Ilaria Falconieri. A sinistra la speaker Sandra Stefanizzi. Con l Europa investiamo nel vostro futuro!

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