Mensile di critica e attualità sportiva - Spedizione in A.P. 70% - Art. 2 comma 20/D - L. 662/96 - Filiale di Siena

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1 marzo 2009 n Euro Mensile di critica e attualità sportiva - Spedizione in A.P. 70% - Art. 2 comma 20/D - L. 662/96 - Filiale di Siena COPPA ITALIA La prima volta è sempre la più bella

2 Direttore Mario Ciani Direttore responsabile Paolo Corbini Direzione Redazione Fotolito Bernard & Co. Strada di Busseto 18 Siena Tel Fax Edito e stampato presso Arti Grafiche Ticci Loc. Pian dei Mori Sovicille (Si) Tel Fax Autorizzazione del Tribunale di Siena n. 430 del Hanno collaborato a questo numero: Alessandro Aucone, Corrado Bagella, Duccio Balestracci, Stefano Benzoni, Mauro Bindi, Giancarlo Brocci, Andrea Bruschettini, Mario Ciani, Claudio Coli, Vincenzo Coli, Elena Elia, Stefano Fini, Emilio Giannelli, Daniele Giannini, Furio Giannini, Antonio Gigli, Mario Lisi, Luca Luchini, Giulia Maestrini, Remo Maggi, Augusto Mattioli, Roberto Morrocchi, Marco Naldini, Jacopo Norelli, Francesco Oporti, Paolo Ridolfi, Roberto Rosa, Gigi Rossetti, Andrea Sbardellati, Senio Sensi, Rudi Simonelli, Antonio Tasso, Andrea Tosi, Francesco Vannoni, Giacomo Zanibelli. Fotografie di Paolo Lazzeroni e Augusto Mattioli Collaborazione fotografica: Andrea Bruschettini, Bernard Chazine, Pietro Cinotti. Progetto grafico: Bernard Chazine 248 numero marzo 2009 ANNO XXVII editoriale Questione di dettagli Si dice sempre che al peggio non c è mai fine, ma se è per questo neppure al meglio. La prova provata sono i risultati fin qui conseguiti da Siena e Mens Sana, le nostre due maggiori espressioni sportive, mai come ora così vicine (si fa per dire ) a superare se stesse. Lo spunto ce l offre uno dei tanti personaggi che la fertile matita di Emilio Giannelli ci ha proposto in questo nostro primo quarto di secolo di vita, e segnatamente un commosso sindaco Cenni che in un recente San Silvestro salutava l anno vecchio con un eloquente : Un 2004 così non ritorna più, chiara allusione alla conquista del primo scudetto biancoverde ed alla prima salvezza del Siena in serie A, quando i più ottimisti avevano già prenotato il biglietto di ritorno in B. Roba grossa, insomma. Eppure a distanza di cinque anni da quell autentico miracolo, le prospettive che si aprono oggi davanti alle due squadre non sono assolutamente inferiori a quelle di allora, posto che la discriminante principale non può essere che l arrivo in casa biancoverde, per la prima volta nella sua storia, dell ambita Coppa Italia. Un trofeo che unito alla Supercoppa messa già al sicuro nel settembre scorso, delinea fin da ora un quadro potenzialmente migliore di quello che ispirò il nostro vignettista nel dicembre Allora tutto a posto? No, ci sono ancora due piccoli dettagli da sistemare: la conquista della salvezza da parte del Siena, ed il terzo scudetto consecutivo firmato Pianigiani. Solo in quel caso i conti tornerebbero, ma solo in quello. Facile, difficile? Alla luce della situazione attuale la squadra di Giampaolo mantiene intatte tutte le sue possibilità di salvezza, anche alla luce di una filosofia di gioco forse meno redditizia di qualche mese fa, ma sempre apprezzabile. E poi non è detto che, superata questa fase, non torni a proporsi come una delle squadre sorpresa della stagione. Quella plasmata da Minucci può contare su altre certezze, purché non dia niente per scontato. Il successo nella Final Eight ci ha restituito una squadra più umana, meno extraterrestre, ma non per questo appagata. Né tantomeno imborghesita dai tanti successi degli ultimi tempi, che comunque non sono mai troppi. E questa consapevolezza è paradossalmente proprio la sua forza, oltre al profondo senso di appartenenza che unisce squadra, tecnici e società. Un altro piccolo capolavoro, anche questo, da ascrivere a merito della premiata ditta Minucci&Pianigiani, meritevole a questo punto di ricevere le simboliche chiavi del giochino, proprio come si fa per quelle delle città. Tutto questo potrebbe non bastare per appendere un altro scudetto al tetto del palasport, ma siamo convinti che Stonerook e compagni continueranno a sbucciarsi i gomiti per riuscirci. Fare ancora meglio comunque si può, a patto che bianconeri e biancoverdi comprendano il momento storico che stanno vivendo insieme alle rispettive squadre e società. Perché fare due miracoli in una stagione è bello, tre ancora di più.

3 3 calcio Forse non si può parlare di involuzione vera e propria, ma è un fatto che l undici bianconero sembra aver smarrito lo smalto di prima Ora non basta più accontentarsi Mario Ciani Mettiamola così: se doveva andare male, meglio sia andata così. Rispetto al nostro ultimo appuntamento la squadra di Giampaolo non ha più vinto, è vero, ma su quattro impegni ha perso una volta sola. Tanto? poco? Certo almeno dalle due partite casalinghe era lecito aspettarsi qualcosina di più, ma in un campionato dove non ci sono più certezze per nessuno mantenere un profilo mediobasso, ma costante, alla lunga può pagare più di certe fiammate occasionali. Intanto il vantaggio sulla terz ultima in febbraio è passato da 7 a 5 punti, mentre la proiezione sulla classifica finale ci vede attestati a quota 40,9 punti (contro i 51,5 registrati dopo un terzo di campionato!), e quella della terz ultima sale (per l ottava volta consecutiva) a 33,6. Il tutto per dire che in modo graduale, ma inesorabile, la squadra bianconera vede accorciarsi il suo distacco dalla zona rossa: e questo non può essere sottovalutato. Ma come c è arrivato il Siena a questa situazione? Intanto pareggiando contro la Sampdoria una partita che ha rischiato anche di vincere quando a tempo scaduto Ghezzal, Amoruso e Maccarone hanno confezionato la miglior palla-gol in 92. Una partita dalle risposte contraddittorie, con ben 5 elementi nuovi rispetto alla gara con il Lecce, ma anche con qualche accenno di imborghesimento. Specie in difesa. Poi l analogo pari contro l Udinese in casa, con l esperimento Ghezzal trequartista e la prima volta di Amoruso da titolare. Mosse entrambe rinviate a date migliori, se è vero che il secondo deve lasciare il posto dopo un tempo a Kharja, restituito al suo ruolo naturale. Per il resto un Siena che patisce le ripartenze dei vari Di Napoli, Quagliarella e Pepe, e che in attacco si intestardisce in una manovra troppo lenta ed elaborata. Nel complesso una prova che merita di essere sottolineata più per i meriti degli avversari che per i demeriti nostri. A seguire la gara con Roma, che tante aspettative aveva suscitato fra i tifosi. Non per un improvviso impazzimento generale, ma proprio perché i giallorossi si presentavano all appuntamento davvero malmessi fra squalificati ed infortunati. Invece, oltre ad una prova un po leziosa in difesa, dove si pretende di uscire palla al piede con dieci tocchi, ed un attacco al limite della presunzione in certe conclusioni dalla distanza, si erge a protagonista quel Taddei che Spalletti non sapeva neppure più di avere in organico. Il tutto accompagnato dalle solite belle parole per la compattezza e l organizazione del gioco senese E siamo ai giorni nostri, con il modesto (qualcuno all uscita ha parlato di squallido ed incolore, ma sarebbe eccessivo) secondo 0-0 della stagione. Un risultato che ci riporta fatalmente al capzioso tema se non sia meglio giocar peggio e vincere, come sostiene senza arrossire anche il buon Alex Ferguson, interrogato sull argomento alla vigilia dell incontro di Champions con l Inter. Contro il Genoa i bianconeri non si sono mossi male, hanno svolto in bella copia il loro compitino, ma con pochi sussulti o scatti d orgoglio. Alla fine hanno tirato in porta più dei liguri (nello specchio 6 volte contro 2, fuori 4 contro 5), però hanno rischiato di subire un gol, poi annullato, ed un palo. L impressione è stata dunque che il Siena prima si sia preoccupato di inaridire le fonti del gioco rossoblu, e poi di rendere inoffensivo Milito. Ed in questo senso la missione si può considerare compiuta. Ma quello che emerge da queste ultime prestazioni è un altro aspetto: per un buon primo quarto di stagione la squadra creava gioco, che poi puntualmente non concretizzava. Oggi tutte quelle occasioni da rete non si creano più, in compenso si continua a sbagliare con l inevitabile innalzamento della percentuale di errore. La conclusione qual è? Che i tifosi cominciano a rumoreggiare e che il miglior bianconero è sempre quello che resta fuori. Eppure, al di là delle opinioni, si fa male a sostenere che gli uomini sui quali il tecnico punta maggiormente non siano i migliori. Un po usurati magari, ma di certo i più affidabili. Ciò non toglie che ad uno come Amoruso non debba essere offerta la possibilità di far vedere che tipo di apporto può dare alla soluzione dei problemi offensivi di questa squadra, posto che resta prioritaria l esigenza di non prenderle. Un dato di cui la Robur può andare giustamente fiera, pur costando qualcosa in termini di appannamento: niente a che vedere, intendiamoci, con certi gol mancati anche col Genoa, per quelli non ci sono attenuanti. La verità è che lo stesso Maccarone, in grado di dare profondità alla squadra e di tenere costantemente impegnato il suo avversario, in certe situazioni non gode dell aiuto di cui avrebbe bisogno. Né tanto meglio riesce a fare il macchinoso Ghezzal degli ultimi tempi. È vero, ci sono anche Frick e Calaiò, ma se Giampaolo a loro preferisce i primi due, c è da credere che gli diano più fiducia. Di certo non si può vivere di rendita fino al termine della stagione, speculando cioè sui passi falsi degli altri. Urge, soprattutto in trasferta, tornare a fare qualche punto partendo dall appello che lo stesso Giampaolo ha lanciato dopo Roma: ci vuole più coraggio, più convinzione. Convinzione che per qualcuno si chiama anche più rabbia, più cattiveria. Almeno che non si pensi che ritornare sempre a mani vuote sia solo un caso. Certamente non lo pensa il tecnico bianconero, sempre acuto ed onesto anche quando si tratta di fare autocritica, ma neppure i tifosi. Restiamo comunque dell avviso che questa squadra possa giocarsela con tutte, così come con tutte può anche perdere. Naturalmente in questo caso restiamo in attesa di essere smentiti.

4 atuttocampo senio sensi MENO NARCISISMO E PIÙ CONCRETEZZA LA RIVOLUZIONE DEGLI ARBITRI D AREA E poi dite che il calcio non cambia mai? Altro se cambia! Pensate: hanno provato ad introdurre il cartellino arancione come via di mezzo tra rosso e giallo, ma chi conta a livello mondiale non ha abboccato. Potevamo sperimentare anche il verde da estrarre quando l arbitro dà il via libera per un calcio di punizione, un fuorigioco inesistente eccetera. Poi hanno proposto la rivoluzione dell intervallo: 20 minuti invece di 15! Questi innovatori non finiscono mai di stupirci. Niente, nemmeno questa è passata. Insomma dopo il terzo tempo inventato dai fiorentini (lo posso dire o qualcuno si adombra?) ma fallito miseramente nella realtà della sana competizione e talvolta dello scarso fair play, non si riesce a cambiare il calcio. Che diamine, avranno detto Platini e soci: ora vi si frega noi! E finalmente ci riusciranno. L International Board, formato da otto membri (quattro della Fifa e gli altri delle federazioni inglesi), hanno dato il via alla sperimentazione di ulteriori due arbitri cosiddetti d area. Compito da affidare a direttori ultraquarantacinquenni e quindi da pensione, ma mantenuti in vita per un ruolo un po più statico. Riassumendo: sei direttori di gara in campo e tutti con l auricolare: pensate che casotto per capirsi tra loro e per mettersi d accordo. Ma questo si è deciso perché vuolsi così colà dove si puote anche se si sfiora, o si centra a pieno, il ridicolo. Tutto questo per non inserire un semplice meccanismo elettronico sulle porte allo scopo di dire chiaramente se la palla è entrata o meno e, soprattutto, per cercare di evitare la moviola in campo. Sì, lo so, non sono originale, ma ogni domenica ne succedono di tutti i colori e la moviola è l unico mezzo che potrebbe, se gestita bene, rimediare agli errori della terna (pardon...del quartetto...pardon del sestetto, fra poco). La sperimentazione partirà con la Coppa Italia (e perché non in Inghilterra, paese dove è stata proposta?) del , con la speranza di evitare l occhio elettronico sul campo. Che, guardate il paradosso, viene utilizzato a posteriori e cioè per punire comportamenti scorretti sfuggiti agli arbitri. Quindi: va bene la moviola ritardata che sana solo comportamenti illeciti, ma non va bene per cercare di stabilire più equità in questo campionato che, come negli anni passati, è viziato da una serie infinita di errori. IMMOBILISMO PERICOLOSO A forza di partite giocate bene, di elogi degli avversari, di essere sempre ben messi in campo e ben organizzati, a forza della espressa soddisfazione del Mister sui suoi ragazzi a forza di tutto questo il baratro delle ultime tre che andranno nel purgatorio della B è più vicino. Specie in trasferta al Siena manca la mentalità del team che si deve salvare. A Genova nel girone di andata, come a Torino con la Juve, a Udine, a Roma con la Lazio, a Palermo come a Napoli (solo per dirne alcune) Giampaolo ha schierato sempre la stessa squadra con lo stesso modulo. E, senza nemmeno reagire, si è perso. Lui può asserire che siamo solo il Siena, che il modulo è questo da sei mesi e non si cambia (e perché?) ma quando i risultati sono SEMPRE niente altro che sonore sconfitte, significa che il modulo è fallito e prima si corre ai ripari e meglio è. Anche perché vincere in casa non è facilissimo, anzi siamo stati bravi a farsi battere dal Lecce ridotto in dieci, farsi recuperare dall Udinese con una tattica suicida, non riuscire a trovare il gol col Genoa. E i prossimi avversari al Franchi si chiamano Milan, Lazio, Chievo (riavvicinatosi pericolosamente) Napoli, Palermo e Juve. E dobbiamo fare dodici punti in dodici partite: come dire tre vittorie e almeno tre pareggi. Ma continuando con il punticino in casa e la sconfitta fuori le prospettive non sono rosee. Ecco perché Giampaolo dovrà capire che occorre dare turni di riposo a qualche giocatore meno brillante (da tempo) del solito; dare spazio a forze fresche tra cui Amoruso che se è stato preso per stare in panchina poteva rimanere a Torino (per lui e per le casse della Società) e soprattutto modificare l assetto tattico specie fuori casa, magari recuperando a terzino Rossettini o facendoci vedere la promessa Belmonte e dando la possibilità a Zuniga di essere il quarto di centrocampo in un più coperto. Il Mister è bravissimo a preparare le partite a tavolino, tanto che nei primi tempi molti avversari non si rendono conto del perché non girano come al solito. Ma è scarso nel saper leggere le partite ed effettuare i cambi necessari. Anche contro il Genoa ha insistito con giocatori spenti e chiaramente sfasati operando un tardivo turn over che, ovviamente, non poteva produrre effetti. Allora smettiamo di dire che siamo bravi e che prima o poi i risultati arriveranno anche fuori casa (ma è ormai poi) e diamo più tono alle nostre gare. Nelle reti segnate anche il Chievo ci ha superato: ora siamo fanalino di coda. È allora chiaro che le accoppiate di attaccanti mandate in campo hanno bisogno di essere variate, acquisire concretezza ed essere meglio servite negli ultimi sedici metri. C è di mezzo la salvezza e non l oscar per chi gioca il calcio migliore. Giampaolo si contenta se i suoi ragazzi fanno quello che dice lui; noi vorremmo che magari lo scontentassero ma facessero quei gol indispensabili per non vedere l inferno ancora più da vicino

5 5 calcio Dopo l imprevisto catastrofico scivolone interno con il Lecce, il Siena chiude il ciclo di febbraio con tre pareggi ed una sconfitta, un ruolino di marcia più che accettabile, considerando che i bianconeri hanno affrontato squadre con grandi potenzialità e di ottima qualità, ma deficitario se si analizza l andamento delle singole partite e le prospettive future del campionato. Se dovessimo fare un bilancio al momento attuale, potremmo dire con grande serenità e soddisfazione che il Siena uno scudetto l ha sicuramente vinto: quello dei complimenti. Escludendo la prima giornata a Bergamo e la trasferta di Palermo, gli uomini di Giampaolo hanno raccolto unanimi consensi da parte di critica, stampa ed avversari. Purtroppo elogi ed apprezzamenti non fanno classifica e, anzi, servono spesso ad acuire rammarico e rimpianti, specialmente se si analizza la graduatoria e si realizza che fuori casa abbiamo conquistato la miseria di cinque punti su ventisei a disposizione. Uno scudetto che non serve, dunque, anche se non si deve dimenticare che, nonostante tante occasioni gettate al vento e tante recriminazioni su risultati positivi che avremmo potuto (ed in molti casi anche meritato) conquistare, il Siena continua a mantenere cinque punti sulle terz ultime, vantaggio non indifferente a dodici giornate dal termine. Situazione più che soddisfacente, dunque, frutto dei numerosi risultati positivi ottenuti in casa. A differenza di alcune recenti stagioni, infatti, quest anno il Rastrello è divenuto un campo ostico a tutti (tranne il Lecce!). Situazione abbastanza strana, visto che il fattore campo di solito gioca a favore di ambienti particolarmente caldi, e non è il nostro caso, come quelli del Sud, o grandi stadi che possono mettere in soggezione chi non è abituato a calcare importanti platee. Terminando di fare il bilancio dopo la gara con il Genoa, un altro ingeneroso dato balza all attenzione. Il Siena ha in assoluto il peggior attacco del campionato e questo è il problema che Giampaolo, bravissimo a costruire un sistema di gioco capace di mettere in difficoltà quasi tutte le formazioni affrontate e che ci permette di vantare una difesa fra le migliori del torneo, dovrà assolutamente risolvere. Le ultime gare disputate ci hanno fatto intravedere un sensibile miglioramento delle condizioni fisiche (e della convinzione psicologica) di Maccarone, cosa che potrebbe risultare determinante in questo difficile finale di stagione, ma sarà necessario anche inserire velocemente il neo arrivato Amoruso per sfruttare le sue innegabili capacità realizzative. Resta il problema del trequartista, visto che nel gruppo a disposizione di Giampaolo nessuno sembra possedere le qualità giuste per ricoprire quel determinante ruolo, nella speranza che i centrocampisti non accusino, come qualcuno sembra aver già evidenziato nelle ultime gare, la fatica di un campionato disputato a ritmi elevati e, almeno fino ad oggi, senza grande turn over. A tale proposito occorre evidenziare le buone occasioni da rete create con tiri da fuori area nell ultima partita con il Genoa. Se è vero che il tipo di difesa della squadra di Gasperini può aver agevolato questa soluzione, è altrettanto vero che occorre ricercare con maggior continuità tale approccio alla gara per tentare di scardinare le retroguardie avversarie che nel finale di torneo diverranno ancora più arcigne e chiuse di quanto non lo siano state fino ad oggi. Abbiamo detto che la classifica per ora continua a sorridere e che le avversarie nella lotta per non retrocedere, pur non gettando la spugna (anzi!), sono rimaste a debita distanza, ma è evidente che il Siena ha assoluto bisogno di compiere un impresa, di cogliere cioè una vittoria che ridia tranquillità e morale all ambiente e ci permetta di affrontare le successive gare con quella serenità che spesso è fondamentale per conquistare risultati positivi. Certo i prossimi impegni, sulla carta, sembrerebbero quasi proibitivi (trasferte a Catania e Firenze e scontro casalingo con il Milan), ma dobbiamo imparare a sfruttare le opportunità che si presentano, come stanno cercando di fare le altre formazioni invischiate nella bassa classifica. Non è importante il nome delle avversarie, ma il momento fisico e psicologico in cui le affrontiamo. In occasione dell ultima trasferta nella capitale, ad esempio, abbiamo gettato al vento una grande occasione perché la squadra che ci ha battuto era soltanto una pallida copia della vera Roma e noi avevamo il dovere di approfittarne. Alla resa dei conti, comunque, alla base delle legittime preoccupazioni che turbano un po l ambiente bianconero, anche se mister e giocatori sembrano tranquilli, resta la sconfitta interna con il Lecce, una battuta d arresto davvero pesante. Questo non per continuare a recriminare (perché un passo falso può accadere a tutti), ma perché la cosa ci serva di lezione nei prossimi scontri diretti che, alla fine, potrebbero risultare determinanti per la conquista dell agognata salvezza. Occorre, però, che tutti, stampa e tifosi compresi, mantengano la giusta calma perché chi aveva ipotizzato, o sognato, di vedere la formazione bianconera salva con molte giornate di anticipo sulla fine del torneo, o addirittura impegnata su obiettivi più ambiziosi, non era stato realista. E per raggiungere la salvezza occorrono, prima di tutto, unità di intenti, raziocinio e serenità. Tutte doti che nelle passate stagioni sono risultate determinanti per il raggiungimento e la prosecuzione di quello che, ancora oggi, è e resta un miracolo nel calcio professionistico italiano. Il campionato entra nella sua fase più calda ed i bianconeri non possono più sbagliare C è bisogno di una impresa Luca Luchini Nicola Amoruso chiede spazio

6 6 calcio RISULTATI E CLASSIFICA SERIE A 23ª giornata SAMPDORIA-SIENA 2-2 (Pt 21 Vergassola, 47 Bellucci; st 6 Pazzini, 34 Maccarone 24ª giornata SIENA-UDINESE 1-1 (St 5 Maccarone rig., 26 Di Natale) 25ª giornata ROMA-SIENA 1-0 (St 18 Taddei) 26ª giornata SIENA-GENOA 0-0 Classifica: Inter 60; Juventus 63; milan 48; Fiorentina 46; Genoa 45; Roma 44; Cagliari e Lazio 38; Atalanta e Palermo 36; Napoli 35; Udinese 34; Catania 33; Sampdoria 32; Siena 28; Torino 24; Bologna e Chievo 23; Lecce 22; Reggina 18. Juan Camilo Zuniga

7 7 calcio Che la strada verso la salvezza non sarebbe stata facile lo sapevamo. Chi avesse creduto, dopo il record di punti conquistati lo scorso anno al termine di una rincorsa eccezionale, in una passeggiata di salute farà bene a riporre l auspicio. Ci sarà da lottare, perché questo è il verbo al quale bisogna votarsi quando si deve difendere la sopravvivenza nell Olimpo del pallone. Il Siena di Marco Giampaolo lo sa bene: una classifica relativamente tranquilla, anche se ancora non del tutto rassicurante, è poca cosa per sentirsi immuni e se è vero che la fatidica quota di 40 punti è tutt altro che lontana, al momento obbliga ad uno sforzo ulteriore per arrivare illesi in porto. A questo traguardo dobbiamo guardare, senza affidarsi a ipotetiche tabelle di marcia, calcoli o quant altro di numerico quantifichi il peso specifico dei punti in palio, fondamentali a prescindere e perciò da ricercare ad ogni appello. Il cammino della Robur avrebbe potuto essere più spedito senza alcuni incidenti di percorso che hanno fatto perdere per via punti preziosissimi, guadagnati i quali oggi la classifica della benamata sarebbe di diverso tenore. Sembra lecita l ambizione di una salvezza anticipata (il materiale alle dipendenze di Giampaolo pare obiettivamente migliore rispetto ad altre formazioni appartenenti alla stessa fascia), ma per trascorrere in tranquillità le ultime battute del campionato occorre mantenere alta la guardia e mettere fieno in cascina. Su questa certezza, si sostiene la convinzione che Siena possa anche quest anno festeggiare il suo ennesimo scudetto. Tuttavia, a parte alcuni episodi sfortunati che hanno di fatto condizionato prestazioni spesso convincenti ma meno redditizie, qualcosa finora non ha girato nel sistema Siena. Il mal di trasferta appare difficile da curare (nonostante i buoni segnali di Genova e Roma, dove solo una prodezza balistica dell ex Taddei ha rotto gli equilibri), qualche inciampo non previsto nel fortino del Franchi ha fatto suonare i primi campanelli d allarme. È vero però che dietro non sembrano esserci formazioni in grado di miracolosi exploit, dunque prima consolidiamo la classifica meglio è. Quali potrebbero essere le difficoltà di un Siena che è bene ribadirlo si mantiene lontano dalla retrocessione, ma non riesce a dare il colpo di reni decisivo per uscire dalla zona pericolo? Un interrogativo dalla risposta molto complessa e che potrebbe aprirne altri, ma dal quale bisogna comunque uscire almeno con una mezza verità, che inevitabilmente tocca per un verso la qualità individuale dell organico bianconero e per l altro le credenziali dell allenatore chiamato a guidarne le sorti in questa stagione. Il Siena e Giampaolo, protagonisti fino a questo momento di un cammino complessivamente positivo, sembrano tuttavia palesare dei limiti: tecnici, per la cui correzione la società ha fatto ritocchi importanti nell ultima finestra di mercato e caratteriali prima ancora che tattici, dove forse l ex tecnico del Cagliari potrebbe intervenire con maggior decisione. Intendiamoci, il confine che esiste tra le scuole di pensiero resta molto sottile: tutte e due le sponde riconoscono lo spessore professionale ed umano dei valori in campo. Si tratta di capire quale sia e dove si trovi la marcia in più della Robur versione 2008/2009: se la si vuol collocare in panchina, dove allora il lavoro di Giampaolo può essere considerato quel di più capace di sopperire a qualche carenza nello scacchiere; o se al contrario lo si identifica in campo, forti della convinzione che la squadra abbia delle potenzialità ancora inespresse e ulteriori sostanziali margini di miglioramento. In questo caso toccherebbe al tecnico di Bellinzona lavorare sulle energie nervose dei suoi ragazzi, spronarli più alla spada che al fioretto, meglio alla sostanza che non alla forma. Questo se, a maggior ragione, si ritiene che il cuore e la grinta di quello che può dirsi un buon gruppo ma non certo una generazione di fenomeni, debbano costituire le veci del talento, della classe e della fantasia. Anche perché, di un Siena bello a vedersi ne abbiamo sentito parlare fin troppo: non che i complimenti dispiacciano, ma se alla lunga fanno dimenticare i punti, la sola unità di misura della classifica, quella che conta per restare in Paradiso o scivolare in Purgatorio, meglio diventare... brutti, cinici e concreti. La Robur nel girone di ritorno dovrà imparare ad essere più duttile ed una maggiore elasticità tattica sarebbe, in questo senso, consigliabile. L incrollabile fedeltà al modulo potrebbe lasciare il posto ad un atteggiamento più speculare capace di adeguarsi alle caratteristiche dell avversario, sacrificando, ove la ragion di stato lo richieda, i ferrei canoni della teoria. Non vanno trascurati neanche aspetti motivazionali: la costante attenzione sull obiettivo, la reazione mentale alle situazioni di svantaggio ed un maggior pragmatismo: in una parola quella cattiveria agonistica, naturalmente nel rispetto delle regole, che fa sempre bene quando non c è da badare tanto per il sottile e bisogna preoccuparsi di arrivare prima e meglio degli altri. Musica per le orecchie di Marco Giampaolo la cui esperienza di tecnico in serie A si regge su questi capisaldi. Nella risposta, più o meno efficace, che la squadra riesce a dare in campo, si traduce la completezza di un progetto di lavoro: vuoi per la capacità di comunicarne le disposizioni, vuoi per la percezione che se ne ricava da chi deve metterle in pratica. La preparazione del tecnico bianconero e la piena fiducia della quale gode da squadra e società, risulteranno senz altro i fattori più rilevanti per un risultato sportivo assolutamente alla portata. La tensione positiva avvertita da tutto l ambiente può diventare la spinta risolutiva per piazzare l allungo decisivo: a patto che non diventi strana apprensione per eventuali passi falsi fuori programma. L intesa tra gli attori lascia fondate speranze sul normale corso del copione salvezza : il pubblico deve aver fiducia sulla chimica di scena tra tutto il cast e pazienza per la stecca di qualche interprete tra i più attesi. La compagnia e il suo regista lavorano insieme alla piena riuscita dello spettacolo. Siamo convinti che alla fine l applauso competente e appassionato del popolo bianconero sancirà un altro grande successo firmato Robur. Varie correnti di pensiero aleggiano sui bianconeri in questa delicata fase della stagione A chi giova cercare per forza un colpevole? Francesco Vannoni

8 9 PAESE CHE VAI, BIANCONERO CHE TROVI di Mario Lisi C è da immaginare che, in certe giornate, anche lo spogliatoio dell A.C. Siena, come molti altri delle nostre squadre di serie A, finisca per assomigliare all androne di un affollata stazione ferroviaria nell ora di punta o, meglio, alla sala partenze di un concitato aeroporto. Di certo capita in occasione dell arrivo in società dei fatidici fax con i quali le federazioni dei vari Paesi convocano i calciatori per gli impegni delle rispettive squadre nazionali. È un evento, questo, nel quale alla legittima trepidazione dei diretti interessati si accompagna la comprensibile preoccupazione, se non addirittura il malcelato fastidio, dei club di appartenenza che in tali occasioni devono sempre rivedere il programma degli allenamenti e magari iniziare a preoccuparsi per gli infortuni che possono occorrere ai loro pezzi più pregiati. Fino a qualche tempo fa problemi del genere riguardavano solo i grandi club, imbottiti di campioni titolari nelle nazionali più blasonate come quella italiana o tedesca, del Brasile o dell Argentina. Ma adesso, con il trasformarsi di tutte le formazioni di serie A in autentiche multinazionali del pallone, anche una piccola realtà societaria come quella senese deve periodicamente affrontare l onere di dare il proprio contributo di calciatori a rappresentative sparse in ogni parte del mondo. Segno prendiamola così dell ormai ben consolidata presenza bianconera nell olimpo del cosiddetto calcio che conta. Bisogna dunque rassegnarsi a veder partire Codrea per la Romania ed il buon Frick - faccia da ciclista fiammingo più che da attaccante di calcio - per il suo piccolo Liechtenstein. Abituiamoci all idea che, nelle stesse ore, Ghezzal si involi destinazione Algeria, che Karhja raggiunga i compagni del Marocco e che Zuniga, senz altro messo peggio di tutti, superi addirittura l Oceano meta la lontanissima Colombia. Ed ora, con Brandao che ha iniziato ad essere chiamato dal selezionatore portoghese, il giro del mondo può dirsi quasi completo. Logico quindi che alle variabili costituite da infortuni e squalifiche, che chiaramente mettono in difficoltà i piccoli club che non possono permettersi abbondanti organici di qualità, si vanno a sommare altre complicazioni connesse al maggiore affaticamento fisico dei giocatori ma anche al salto di specifici allenamenti, soprattutto quelli di carattere tattico che sono fondamentali nel football moderno. Per non dire dello stress provocato da lunghi trasferimenti, trasvolate atlantiche e fusi orari da assorbire in pochissimo tempo. Non di rado, al termine del viaggio di ritorno, c è chi dall aeroporto deve raggiungere di gran carriera lo stadio dove quel giorno è in programma la gara di campionato! La conseguenza più immediata è che spesso gli allenatori - e Marco Giampaolo non fa eccezione - devono stravolgere la formazione titolare. Quella meno vistosa è che il campionato ne viene non poco condizionato con risultati che, dopo un mercoledì dedicato alle nazionali, sono a volte ben diversi dai pronostici della vigilia. Insomma ne viene fuori un calcio oltremodo schizofrenico, qualora a farlo essere tale non bastassero gli orari sfalsati delle partite, gli anticipi ed i posticipi che d inverno impongono di giocare in autentiche ghiacciaie, i turni infrasettimanali delle coppe europee che sottraggono a tante squadre energie preziose... Mal comune, però, è notoriamente anche mezzo gaudio. Le tante complicazioni che abbiamo ora passato in rassegna finiscono per andare un po a svantaggio ed a vantaggio di tutte le squadre; sta alla truppa bianconera far sì che, nella complicata alchimia del dare e dell avere, certi fattori diventino un prezioso alleato nel prossimo finale di campionato che, a un certo punto della stagione, come sempre diventerà la solita lotteria in cui si possono pescare quei jolly che ti fanno fare risultato con certe big appagate o distratte. Oddio, una prima occasione del genere i bianconeri della Robur l hanno appena avuta e sprecata all Olimpico contro una Roma abbastanza giù di tono. Motivo in più per applicarsi meglio in futuro e sfruttare con il dovuto cinismo le circostanze in cui l avversario si potrà rivelare meno brutto di come veniva dipinto. E comunque non disperiamo più di tanto perché, giusto in tema di nazionali, a difendere la porta bianconera c è pur sempre il bravissimo Gianluca Curci, entrato quest anno nella storia sportiva della nostra città quale primo giocatore dell A.C. Siena convocato in maglia azzurra.

9 10 calcio Il recente confronto con l Udinese ha riproposto tutti i valori alla base del gemellaggio del club senese con i friulani Dalla Val d Arbia un calcio all esasperazione Momenti dell incontro a tavola fra le due tifoserie bianconere Il Siena Club Val d Arbia nasce con la storica promozione in serie A, nel 2003, a coronamento di un sogno che il presidente De Luca non aveva mai nascosto. L entusiasmo dei tifosi è al massimo, qua e là nuovi club si affiancano a quelli storici. Uno tra questi è quello della Val d Arbia, da un idea di un gruppo di amici che fino ad allora avevano sostenuto la squadra bianconera quasi nell anonimato, o dietro le insegne di altri club. Tifosi che nel settembre, sempre del 2003, si ritrovano a cena, nella zona di Ponte a Tressa-More di Cuna, per festeggiare, alla presenza dell A.C, Siena e di alcuni rappresentanti degli altri club, la promozione nella massima serie. È la scintilla che scocca puntuale di lì a pochi giorni con l elezione di un consiglio formato da nove elementi e che l 11 ottobre si materializza in un club ufficiale: quello della val d Arbia, appunto. Primo presidente Domenico Chiantini, ancora oggi stabilmente al suo posto. Le riunioni si tengono presso il rustico di un membro del Direttivo (Beatrice), dove vengono organizzate, con una grande partecipazione di sostenitori biancioneri, anche le trasferte. Magari intorno ad un tavolo che le donne del club contribuiscono puntualmente ad arricchire. Il coinvolgimento di un numero sempre maggiore di tifosi, suggerisce intanto l idea di trovare una sede più appropriata, ricerca che nel settembre del 2004 approda a Ponte a Tressa, dove alla presenza del presidente Paolo De Luca e dell assessore Massimi Ferrandi del Comune di Monteroni, oltre che di tanti tifosi, viene inaugurata la nuova casa del club con una festa a base di zuppa e porchetta, secondo la più tipica tradizione senese. Da allora le iniziative non si contano più. Fra le più importanti, nel 2006 viene organizzato un servizio di navetta per portare i tifosi della val d Arbia da Monteroni all Artemio Franchi, ancora oggi attivo grazie all impegno dell Azienda Train e soprattutto del Comune di Monteroni d Arbia, che ha contribuito e contribuisce alla relativa spesa. Nel corso di questi anni l entusiasmo e l impegno di tutti non si è mai spento. Come dimostra il fatto che nel settembre del 2007 viene inaugurata una sede ancora più accogliente a Monteroni d Arbia, in Via Collandino 121/b. Un impegno che nella circostanza ha coinvolto molte persone adoperatesi per la sua realizzazione. Un locale attrezzato aperto tutte le sere, dove trascorrere qualche ora in compagnia, dove gustare ottimi piatti sfornati da una moderna cucina ma soprattutto di godere di una sala con televisione al plasma da 52 pollici. Un club, quello della val d Arbia, che costituisce anche una realtà unica nel suo genere, coinvolgendo un bacino di utenza non indifferente nel contesto dell intera provincia senese, oltre che un punto di riferimento per tutti i tifosi della zona. Che non sono pochi (i soci arrivano a 270) riunendo tante famiglie che hanno trasformato le varie trasferte al seguito dei bianconeri in vere e proprie gite, utili a rinsaldare vecchie amicizie e lontani legami. Non poteva mancare ovviamente un sito Internet ( vero e proprio punto di informazione dell attività del club, dove in alto campeggia l emblema de La Grancia di Cuna, azienda sorta intorno ad alcuni nuclei poderali donati all Ospedale Santa Maria della Scala che ne fece dei depositi per il grano. Il presidente Chiantini non perde ovviamente occasione, neppure oggi, per sottolineare il grande lavoro che il Direttivo ed i soci, pur in mezzo a tanti sacrifici, stanno portando avanti da anni allo scopo prima di tutto di garantire alla squadra un sostegno sempre costante, frutto di un immagine e di un identità di tifo familiare allegro ma soprattutto maturo, che fa vivere a tutti momenti e sensazioni indimenticatibili. Non di rado attraverso il confronto con le tifoserie di altre squadre. Non a caso il club val d Arbia condivide ormai da cinque anni un gemellaggio sportivo con la città di Udine che proprio in occasione del recente incontro coi bianconeri friulani si è rinsaldato attraverso la visita del presidente dell Udinese Club Villa Vicentina, Aldo Sgubin, e l A.U.C. di Udine. Contraccambiando l invito di due giorni trascorsi in settembre al seguito della Robur al nord, a febbraio sostenitori delle squadre di Giampaolo e Marino hanno trascorso insieme due giorni all insegna dell amicizia e dell allegria, prima nella terra del Chianti (segnatamente al Castello di Brolio) e, in serata, a cena nella sede del club con circa 80 commensali. Cena rallegrata da canti e cori, oltre che da un simpatico scambio di omaggi fra i due presidenti. Il giorno successivo tutti in Piazza del Campo per il brindisi di rito ed a seguire pranzo in compagnia degli amici deì Fedelissimi. Poi tutti al Rastrello. Insomma una ulteriore occasione di incontro fra due città e due culture che interpretano però il calcio allo stesso modo. E che intendono continuare a farlo per essere sempre più di esempio per tutti. (gc)

10 11 calcio Se la nostra città, con i suoi abitanti - o poco più-, costituisce una sorta di anomalia nel panorama della serie A italiana (dato per scontato che il Chievo pesca comunque su un bacino d utenza che supera le duecentomila unità), a livello europeo le piccole realtà non sono affatto una eccezione, tanto da far apparire quella senese come una delle più grandi fra le più piccole. Il confronto è naturalmente con i quattro campionati maggiori (Germania, Spagna, Inghilterra e Francia), dal quale emergono curiose e neppure tanto occasionali coincidenze con la nostra città. Il caso più clamoroso in assoluto è quello di Hoffenheim, frazione a 3 Km. dalla città tedesca di Sinsheim, nel Baden- Wurttemberg, che con i suoi abitanti si sta prendendo letteralmente gioco dei grandi club della Bundesliga occupando attualmente la seconda posizione in classifica dietro nientemeno che all Amburgo e davanti al Bayern Monaco Nata nel 1945 dalla fusione del club di ginnastica TV Hoffenheim con il club calcistico FV Hoffenheim, questa società (peraltro neo promossa) è considerata da più parti come l autentica rivelazione europea della stagione Per trovare un altra società di dimensioni appena più grandi, bisogna scendere in Ligue 1, la massima divisione del calcio francese, autentica patria dei piccoli centri, anche se non abbastanza piccoli da reggere il confronto con Hoffenheim. Più vicino di tutti ci va comunque il Sochaux, comune situato nel dipartimento del Doubs, nella regione della Franca Contea di soli abitanti, attestato nelle ultime posizioni. Segue a metà classifica (ma con tendenza al ribasso ), il Monaco, la squadra dell omonimo Principato, accreditato di abitanti e nonostante tutto con una buona tradizione calcistica. In Europa la nostra città divide con altre cinque il primato della più bassa densità di popolazione fra le squadre di Serie A Siena, la più grande fra le più piccole Poco più grande, sempre nel campionato francese, c è l Auxerre, città di abitanti situata nel dipartimento della Yonne, nella regione della Borgogna, formazione di centro classifica. A quota abitanti troviamo invece Valenciennes, località della regione del Nord-Passo di Calais, la cui formazione è invischiata nella lotta per non retrocedere in Ligue 2. Ricapitolando, nel vasto universo del calcio europeo che conta, soltanto cinque città (Hoffenheim, Sochaux, Monaco, Auxerre e Valenciennes, una tedesca e tutte le altre francesi), sono più piccole della nostra, mentre sul piano della classifica, a parte l eccezione Hoffenheim, ed in parte dell Auxerre, nessuna delle altre vanta una posizione in classifica migliore di quella dei bianconeri. Piccolo dunque è bello, anche se non è nulla su un totale di 98 squadre, quante sono quelle che partecipano ai quattro campionati presi in considerazione. Però il dato dimostra che almeno in alcuni paesi c è ancora spazio per certe realtà (Liga e Premier League, ad esempio, non concorrono ad esaltare il ruolo dei piccoli centri), a conferma una volta di più dell universalità - intesa come qualità, non quantità - del calcio. Per Siena ed il Siena, questo excursus europeo conferma invece l eccezionalità dell evento che, in simbiosi, da sei anni stanno vivendo. Un dettaglio che non può mai essere dato per scontato, tanto più se trova pochissimi riscontri anche a livello continentale. In Europa insomma ci si può entrare da tante strade e quella scelta dai bianconeri è una di queste. (mc) Il nuovo stadio del Sochaux A sinistra, un immagine del recente incontro dell Hoffenheim contro lo Stoccarda finito 3 a 3...

11 febbre alta antonio gigli CONTENTI MA SCORBUTICI Lo abbiamo detto più volte, ma lo vogliamo ripetere: noi, tifosi del Siena, siamo un po masochisti. Ciccio Cozza, ex bianconero non proprio indimenticabile (a parte quel gol contro il Milan) tempo fa disse in un intervista: a Siena pare che tutto sia dovuto. Alla luce dei fatti forse il non esaltante Cozza aveva ragione. Diciamo questo alla luce delle sempre più evidenti critiche che vengono rivolte alla squadra ed al suo allenatore Giampaolo. Questo fatto non riguarda la maggioranza dei tifosi, per carità, ma la solita minoranza rumorosa, ma è sempre più sotto gli occhi. Dopo uno splendido girone d andata, da record, il Siena è calato notevolmente. Le prestazioni buone ci sono state, ma si sono alternate ad altre dove il calo fisico è stato evidente. In trasferta non si riesce a portare via nulla o quasi, mentre il Rastrello, inviolabile fino a qualche tempo fa, sta perdendo la sua fama. Le due vittorie consecutive contro Atalanta e Reggina, però, sono bastate per tenere a bada le rivali a cinque punti di distanza quando mancano dodici giornate alla fine del campionato. Alzi la mano chi non avrebbe firmato questa situazione di classifica ad agosto. Qualcuno, invece, per puro spirito di polemica, non è contento, essendo rimasto vittima delle illusioni dell andata, come dicevamo. Fermo restando che ognuno la deve pensare a modo suo, ci mancherebbe altro, ad un osservatore neutrale questa situazione parrebbe davvero inverosimile. Siamo la realtà più piccola della serie A, dall inizio di questo torneo non abbiamo nemmeno sfiorato la zona calda che, visto gli obiettivi di inizio stagione (vale a dire, per i deboli di memoria, una salvezza tranquilla), dovrebbe far felici e contenti tutti quanti. Se da una parte è bello sapere che siamo dei tifosi incontentabili, è altrettanto vero che dobbiamo guardare sempre chi abbiamo davanti. Pareggiare in casa, giocando anche bene, contro una delle migliori squadre della serie A come è il Genoa, per esempio, senza perdere terreno in classifica, dovrebbe accontentarci tutti, ma non è così. Ricordare che uno come il genoano Milito abbia segnato solo tre reti meno di tutto il Siena dovrebbe farci riflettere sull accaduto, ma neppure questo basta ai più critici. Volendo essere ancora più precisi, ricordiamo che la squadra titolare di quest anno non è certamente migliore di quella dello scorso anno, visto che giocando con lo stesso schema non abbiamo un fantasista come Locatelli, e abbiamo perso gente come De Ceglie. Andando ancora più a fondo della questione, vediamo che il rimpianto Beretta pare sull orlo dell esonero a Lecce, dove non ha certamente incantato dopo i trionfi dello scorso anno in bianconero. Sul piatto mettiamo anche che il Siena dei record dello scorso anno, alla 26ª giornata aveva gli stessi punti di quella attuale, vale a dire 28. Tirando le somme e tornando all affermazione iniziale, possiamo tranquillamente affermare che tutto va come doveva andare e lo diciamo da tifosi come noi siamo e non certo da esperti. Noi tifosi dobbiamo capire che il ruolo del Siena in serie A è questo, non possiamo ambire alla Champions, ma dobbiamo cercare di salvarsi. E questo dobbiamo farlo lottando fino all ultimo contro realtà molto più grandi di noi perché nulla ci è dovuto, magari togliendoci qualche soddisfazione come è accaduto negli ultimi anni. È altrettanto logico cercare di migliorarsi sempre, ma senza cadere nell esasperazione di questa ricerca. Se ci mettiamo bene in mente che siamo il Siena, possiamo vivere questi momenti nella maniera giusta, cioè felici. Se crediamo in qualcosa di più ci logoriamo il fegato e non ci divertiamo come si dovrebbe. Forse, però, va bene anche così, cioè con critiche più o meno velate dopo ogni partita. Fa parte del nostro carattere e soprattutto dimostra quanto la nostra vecchia Robur sia amata nella nostra città, dove il 15% degli abitanti va allo stadio e si comporta come da nessuna altra parte succede. Vergassola (in alto) e Maccarone (a fianco)

12 13 calcio Emerge, sottovoce ma insistentemente, lo spettro del fallimento per molte società sportive dilettantistiche, soprattutto di quelle che gravitano nel mondo del calcio. Non sarà un fatto nuovo (infatti se ne parla da sempre e in alcuni casi dalle chiacchiere si è arrivati ai fatti) ma vale la pena soffermarsi a tentare di capire quali ne siano le cause e quali sarebbero gli effetti di tale evento, se coinvolgessero molte associazioni, nella nostra realtà. Diciamo subito che sarebbe semplicistico ricercare le cause di questa situazione solo nella crisi economica che affligge anche il nostro paese, appare invece più serio sviluppare una analisi più attenta anche se certamente non esaustiva; certo è che se dovessimo riassumere il problema in poche parole non potremmo che ripetere ciò che la dirigenza del G.S. San Miniato sostiene da tempo: non ci sono più soldi! Non mancano le strutture o perlomeno ce ne sono a sufficienza, magari alcune da adeguare alle nuove necessità o normative; non mancano gli atleti e gli istruttori mentre le Scuole Calcio sembrano rilevare un vero boom di adesioni. Non manca la vicinanza delle istituzioni, bisogna riconoscere che nella nostra provincia la Banca Monte Paschi e la Fondazione fanno molto, così come nella Società nero verde molto fanno Banca Toscana e Banca Cras. Allora? In questi anni il mondo dello sport dilettantistico è cambiato radicalmente; solo pochi anni fa, quando eravamo ragazzini e De Gregori cantava le gesta della Leva Calcistica del 68, le società erano come delle famiglie, soprattutto quelle degli sport popolari; tutti i collaboratori se non potevano portare un vero e proprio bagaglio di competenza portavano tanta passione e soprattutto non percepivano una lira. Le strutture erano quelle che erano, le dotazioni tecniche approssimative, le trasferte o comunque i trasporti spesso avventurosi, le mute dovevano durare anni, i genitori partecipavano raramente alle vicende sportive dei figli e via di seguito. È possibile pensare che oggi un genitore porterebbe il proprio figlio in un ambiente come erano quelle società? Assolutamente no! Oggi, giustamente ed anche a fronte delle quote che pagano per far praticare sport ai propri figli, genitori molto presenti, attenti e qualche volta anche competenti, chiedono alle società precisi standard di qualità. E allora tutti si sforzano di offrire strutture sempre più belle e sicure, attrezzature sempre più all avanguardia come da alcuni anni ormai è nella Società diretta dal Presidente Gigi Toscano. Come ad esempio nell organizzazione del trasporto dei ragazzi con veicoli rinnovati periodicamente ed autisti affidabili, staff tecnico e sanitario qualificato, pronta a soddisfare ogni esigenza. Cose normali direte voi ma tutte cose che costano, anche molto e che appesantiscono i bilanci societari. Parliamo di un volontariato Grido d allarme del San Miniato sugli effetti che la crisi economica (ma non solo) può avere sull intero mondo dilettantistico Una minaccia per il ruolo educativo e sociale di tante realtà Alessandro Aucone che non è più a costo zero; anche a ragione, chi dedica ore e ore del proprio tempo libero utilizzando telefono o auto propria, chiede un rimborso spese che, seppur minimo, si somma al totale dei costi sopra detti generando una voce di spesa importante. Le società sportive sono diventate vere aziende dove chi si trova a dirigerle oltre alle qualità umane deve metterci anche tanta capacità manageriale. Si tratta di gestire delle vere e proprie imprese con la necessaria competenza tecnica, giuridica e finanziaria. Acqua, energia elettrica e benzina non le avevamo considerate, ma sono spese da brividi che ad una crescita esponenziale della qualità del prodotto proposto fa corrispondere un aumento vertiginoso dei costi. Sponsor: altro capitolo triste; si sono letteralmente dileguati. Sono pochissimi i temerari che continuano nella loro cartellonistica e spesso lo fanno a titolo di amicizia o perché hanno un figlio nella scuola calcio; chi va in cerca della pubblicità si sente, oggi più di ieri, rispondere con un semplice ma perentorio no grazie. Ed ecco allora che si evidenzia ancor di più l importanza di Banche e Fondazione, essenziali per il miglioramento della qualità del prodotto offerto. Ovviamente non è tutto da buttare, ci sono società serie e che tra mille difficoltà cercano di portare avanti con trasparenza la propria missione nonostante a volte siano costrette a non rispettare norme federali molto teoriche e che non tutelano nessuno, neppure gli atleti ma che anzi permettono a scaltri e spregiudicati personaggi di muoversi con estrema disinvoltura. Quella del vincolo e dei premi di preparazione è un argomento che dovrebbe far riflettere una Federazione molto presenzialista ma con scarsa capacità propositiva e di rinnovamento. Per concludere è bene ricordare come il fallimento delle società sportive determinerebbe effetti negativi nel tessuto sociale, andando a colpire quel senso di appartenenza ad una comunità, del campanile, come momento di aggregazione e di vita sociale. Nei paesi spesso le società sportive sono il motivo e il motore dello stare insieme. Si organizzano feste e sagre per finanziare proprio la società sportiva che rappresenta, nello sport, l identità di tutti. Ormai è acquisito nel pensiero comune riconoscere che sono un grande patrimonio proprio perché svolgono da sempre un importante ruolo sociale ed educativo; hanno formato generazioni di giovani allo sport, ma soprattutto alla capacità relazionale sviluppando i valori dell amicizia e della solidarietà ed accrescendo anche quel senso di appartenenza alla comunità che dicevamo prima. Un grido d allarme che il San Miniato ha già più volte in passato lanciato e che oggi con maggiore forza rilancia. Diviene così essenziale seguire con estrema attenzione le vicende dell associazionismo sportivo giovanile affinchè si possa percorrere la strada che porta ad un obbligatorio rinnovamento. La formazione Allievi Regionali del San Miniato, prima nel proprio girone

13 IL CUORE A MEZZO di Umberto Trezzi 14 In occasione della partita fra Siena e Milan, riceviamo e volentieri pubblichiamo la testimonianza di un rossonero doc (nonché figlio di un ex noto dirigente milanista) trapiantato da vent anni nella nostra città. Forse in periodi come questi, non fa male parlare di un calcio fatto di sentimenti e di ricordi e non fa male parlarne quando poi il calcio diventa espressione di un legame profondo tra due città: Milano, dove sono nato e Siena che dopo 20 anni ritengo diventata la mia città. Lo so Cor magis tibi Sena pandit, ed è verissimo, ma da qui a riuscire a farsi considerare senese per un milanese non è cosa facile. Forse non sono sufficienti i 20 anni dentro le mura, né il canto della Verbena cantato allo stadio e al palazzetto, né i tre palii vinti saltando e pagando la giusta quota da protettore, né un nipotino che ormai aspira là c e tronca gli infiniti. Non basterà nemmeno essere diventato un appassionato tifoso del Siena nonostante le origini milaniste? E quali origini! Di quelle che stanno nel dna, perché provengono da una lunga tradizione. Siena-Milan del 15 marzo, in qualche modo si collega a quelle origini: approssimativamente in quei giorni, infatti, 7 anni fa ci lasciava mio padre. Alcuni giornali, sportivi e non, titolarono Se ne è andato il più vecchio tifoso del Milan. Germano Trezzi, classe 1910, era stato dirigente del Milan dal 1946 ai primi anni 70, era stato accompagnatore delle squadre giovanili (quanti ricordi legati al Torneo di Viareggio, altro legame con la Toscana) e non, era diventato socio vitalizio, (figura che oggi il business non può più considerare) e come tale era il più anziano dei soci quando se ne andò. colora della fantasia di quel dileggio che non è mai offesa. Battere la contrada rivale così come battere l Inter, era un sottile piacere specie se avveniva nelle condizioni più insolite. Mio padre amava dire la stessa frase che trovai una volta in una intervista ad un quotidiano del grande avvocato interista Beppino Prisco (sinceramente amico di mio padre anche per una comune militanza tra gli Alpini): il miglior risultato di un derby è vincere con un autogol al 90.mo. Ma né mio padre né Prisco si sarebbero mai sognati di pensare che avrebbe dato maggiore soddisfazione aggredire fisicamente il tifoso avversario. Negli ultimi anni mio padre sentiva che qualcosa stava cambiando. Ai suoi tempi tutti i dirigenti lavoravano per la società in maniera del tutto volontaria, quello era un impegno ricompensato dalla passione prima ancora che dai risultati sul campo. Talvolta qualche giocatore veniva a casa mia per un pasto frugale, ma spesso ben gradito, perché i soldi non erano molti e nei locali alla moda andarci per loro era tassativamente vietato! Ricordo lo scalpore che fece il matrimonio tra Buffon e la presentatrice Edy Campagnoli Oggi è quasi la norma che un calciatore sposi o si accompagni con una velina! La violenza negli stadi era inconcepibile per il mio babbo, perché non riusciva a capire come da un gioco che insegna a stare insieme possa nascere qualcosa che fa stare contro. Allora c era la classica invasione di campo, ma aveva il sapore della manifestazione di una insofferenza repressa che si esprimeva, per la maggior parte dei tifosi, in una occupazione di un suolo occupato indegnamente dai propri giocatori o dagli avversari (una invasione particolarmente vivace mio padre la ricordava a Livorno nel 1948 se non erro e lui, ahimè, era in panchina!). L amore per il calcio e per il figlio andato a vivere a Siena, così lontano da lui, faceva sì che anche il Siena fosse diventata una squadra cui guardare con attenzione e ogni domenica sera i commenti telefonici tra me e lui vertevano sui risultati del Meroni nel quale giocava il nipote, del Milan e su quelli del Siena prima in C e poi in B. Purtroppo non potè vedere il Siena in serie A. Come si sarebbe comportato davanti a un Siena- Milan? Non c è dubbio la sua fede rossonera era troppo grande. Da parte mia avrei dovuto nascondergli che in fondo vedere il Milan perdere in questa, e solo in questa, occasione non mi sarebbe affatto dispiaciuto! Germano Trezzi (il settimo da destra in alto) con la squadra che il 5 febbraio 1950 superò la Juventus a Torino per 7 a 1. A destra con un giovanissimo Trapattoni Mio padre mi insegnò, portandomi ogni domenica a San Siro, a guardare le partite con l occhio del divertimento, ma anche dello sfottò per l avversario, con la pretesa di vedere bel gioco, ma con la profonda convinzione che se si vince ci si diverte di più, se si perde bisogna sapere che comunque la vittoria prima o dopo arriverà e che alla squadra vincente bisogna sempre rendere onore, seppur punzecchiando il suo tifoso. La parola nemico in genere mi infastidisce: siamo tutti uomini tra i quali la solidarietà deve sempre in ogni momento prevalere, ma quando si usava per l Inter, così come si usa a Siena per la contrada avversaria, la parola si

14 15 calcio Partito con ambizioni limitate, il Siena Calcio Femminile punta ora dichiaratamente a salire in A2 Bianconere versione fenomeni Giulia Maestrini Quando a settembre, intorno al campo sportivo di Cerchiaia, si parlava del campionato in arrivo soltanto in pochi osavano fantasticare su una eventuale promozione in serie A. Quello scalino che separa la B dalla A2 era un sogno per golosi, un passaggio irrealizzabile. In fin dei conti tra la serie B e la seria A, in campo femminile, non c è una lettera sola, c è tutto un mondo. Il campionato cadetto è, sì, nazionale, ma diviso in molti gironi, meno prestigioso, fatto di tante squadre che si danno battaglia nei peggiori campi d Italia, lontano dai riflettori che, se già scarseggiano nel mondo del calcio femminile, davvero non arrivano sotto la serie A. La seria A, appunto: quel 2 non toglie prestigio né gloria. La serie A è serie A, è nazionale, appartiene all olimpo delle migliori 36 squadre d Italia. Significa andare a giocare su campi storici nell universo femminile, Perugia, Firenze, Roma a casa della Lazio. Un sogno enorme per una piccola realtà di provincia. A Siena in pochi avevano il coraggio di pensare così in grande e il monito per tutti scolpito nella pietra doveva essere uno solo: salvezza. Salvarsi senza rischiare, conquistare di diritto un altro anno di dignitosa e combattiva militanza in serie B. Il tecnico Roberto Volpi, arrivato a Siena dopo qualche settimana di disorientamento, dopo la preparazione fisica gestita da un altro allenatore, aveva ribadito il concetto: salvarsi ad ogni costo, senza frizzi né lazzi. E quindi via a testa bassa a macinare vittorie. Il campionato comincia bene per le bianconere del Siena Calcio Femminile, arrivano i punti, la classifica si muove. Il fato, però, sembra remare contro e la rosa perde subito Biusi e Gurgugli - legamenti a pezzi e stagione finita per entrambe mentre Balestra è fermata da persistenti problemi al ginocchio. Il colpo va incassato pensando in positivo, valorizzando i nuovi arrivi che il mercato ha portato a Siena Migliorini da Grosseto, Crescioli da Vicchio (Mugello), Catastini da Ponsacco, Donzelli da San Miniato di Pisa, Santacroce da Città della Pieve, mentre Marraccini arriverà dall aretino a gennaio e sperando che aiutino a far avvertire meno la mancanza di pedine storiche, Fambrini e Berti ad esempio, momentaneamente in trasferta per motivi di studio. La squadra si assesta e trova il feeling con Volpi; si ritrova in testa alla classifica a lottarsi il primato con il Montaquila, domenica dopo domenica. Adesso, a otto giornate dalla fine del campionato, le bianconere del Siena sono prime, con due punti di vantaggio sulla seconda. Certo, la strada da percorrere è ancora lunga e può riservare insidie, ma la promozione in serie A che sembrava un aspirazione irraggiungibile, adesso diventa un obiettivo lucido e possibile. Un impresa, sì, ma adatta a queste truppe. Anche perché, alla fine dei conti, il primo traguardo è stato già raggiunto: si parlava di salvezza, quindi il campionato sarà comunque un successo, in ogni caso. Confermerà ancora una volta che il Siena Calcio Femminile è una società solida, sana e in grande forma. Trasferitasi questa estate al campo sportivo di Cerchiaia, grazie ad un accordo con la Polisportiva Mazzola arrivato dopo una lunga esperienza a San Miniato, la società continua a crescere: oltre sessanta le tesserate all attivo per la stagione 2008/2009 impegnate, oltre che nella serie B, in una squadra Primavera che non ha sfigurato nel proprio campionato e nel settore giovanile scolastico. Mentre le grandi sognano, infatti, intorno al campo di Cerchiaia si muove tutto un mondo e sono tanti gli appuntamenti in calendario: la Coppa Toscana a 11 delle Giovanissime inizierà a metà aprile, mentre a maggio si terrà un importante iniziativa con le scuole elementari e medie, convegno al Santa Maria della Scala prima, poi a giocare sul manto erboso del Franchi. Il Siena CF organizzerà inoltre il Torneo femminile delle Contrade (dal 1 aprile al 5 giugno) e, dopo la fine della scuola, darà la possibilità alle bambine di avvicinarsi al calcio giocato grazie ad una settimana di stage under 16 al campo di Cerchiaia. Il movimento, anche a livello nazionale, ringrazia del contributo e manda segnali di stima. Ora le ragazze hanno in mano la chiave per il paradiso, ma una bella parte del loro lavoro lo portano a termine ogni giorno, allenandosi con serietà e senza vedere un soldo. E dimostrando che il calcio, sì, può essere anche donna. L intera rosa della formazione bianconera Fiorilli e Migliorini in azione durante Siena-Ascoli

15 speciale final eight Ergin... giustizia è fatta!

16 speciale final eight 18 La vittoria in Coppa Italia chiude definitivamente i conti con il passato e ci consegna un futuro ancora ricco di soddisfazioni Quando volere è potere Mauro Bindi Finalmente ci siamo tolti un peso dallo stomaco. Sfatando il tabù della Coppa Italia, è stata fatta giustizia di una verità storica relativa a questi ultimi anni. Le 99 vittorie di Simone Pianigiani in appena 109 gare (peccato non aver potuto festeggiare in questo numero anche la centesima vittoria del coach senese) fotografano da sole il dominio di Siena in questi ultimi 2 anni e mezzo ed il ruolo recitato dalla Montepaschi in questo periodo e più in generale in questo primo scorcio del terzo millennio, legittimava la presenza in bacheca di un alloro come quello della Coppa tricolore. La fortuità del caso, qualche incredibile errore, avversari stimolati dal giocare partite sulla carta impossibili, avevano creato intorno a questo trofeo una sorta di maledizione che sembrava stregare ogni tentativo di assalto senese. Ora con la coppa che troverà spazio tra le pregiate argenterie di casa mensanina e con uno stendardo in più a calare dall alto delle volte del palasport senese, possiamo dire che le istantanee impresse nella nostra memoria nel post partita di Bologna, definiscono meglio i contorni del fenomeno Siena in ambito italiano. Al di là del valore da conferire a questo titolo, al di là di un successo secondo i più scontato, quello che rende questa vittoria più goduta è proprio il fatto che sia arrivata al termine di 4 giornate intensissime di basket, dove quell equilibrio che solo a Siena ci sforziamo di ricordare, è stato il filo conduttore di tutta la manifestazione. Con uno scarto finale di appena 44 punti spalmato sulle 7 partite disputate (con una media quindi che supera appena i 6 di differenza per alzata di palla) e con una finale conclusa con il minimo scarto possibile (record pure questo tra tutte le edizioni delle Final Eight), si è conclusa una edizione della Coppa Italia da record per numero di spettatori ed emozionantissima, che è stata tutto fuorché la sagra dell ovvio. Siena ha vinto confermandosi la migliore, ma lo ha fatto soffrendo, recuperando anche distacchi pesanti ed inusuali per lei, risorgendo da situazioni che potevano prefigurare il materializzarsi di certi spettri del passato. Sì perché gli uomini di Pianigiani hanno piegato la resistenza di una Cantù alleggerita come al solito dal fardello del pronostico segnato, vincendo nell imbarazzo di un palasport più neutro che non si può, al di là degli sforzi vocali di due tifoserie relegate giustamente a distanza siderale di sicurezza. Si sono ripetuti al cospetto di una Benetton che forte anche del suo blasone ha affrontato la gara a viso aperto, frastornando la squadra senese per quasi un tempo e non crollando nemmeno quando, rimontata con un parziale di 17 a 0, dal vantaggio di 15 punti, tutto poteva far prevedere un finale in discesa per la Montepaschi. Poi in finale davanti alla marea del tifo bianconero, sorretta dal solito esodo in grande stile del pubblico senese, comunque insufficiente per poter dire che si trattasse di una sfida neutra, la Montepaschi ha avuto il merito di condurre sempre nel punteggio, controllando una Virtus Bologna sempre più a somiglianza del suo coach Boniciolli, molto più fisica e tatticamente avveduta con l arrivo di Reyshawn Terry. I fantasmi sono comparsi sulla palla persa di Kaukenas ed il conseguente canestro in contropiede di Langford a siglare il primo vantaggio reale della gara da parte dei bolognesi ad appena 1 09 dalla fine della partita. Ed invece la grandezza di questa squadra è stata quella di non pensare a quanto avvenuto nel passato e di pensare invece solo a quello che era necessario fare per vincere, segno tangibile della forza mentale di questo gruppo e della volontà di portare a casa questa vittoria. Fattore ambientale avverso, sorpasso in dirittura finale, uomini chiave meno decisivi che in altre partite come Mc Intyre o addirittura irriconoscibili come il debilitato Kaukenas della semifinale e finale, i falli dello stesso Mc Intyre, l infortunio a Stonerook che lo ha costretto alla panchina per alcuni minuti nel corso dell ultimo decisivo quarto, non ultime le scelte tattiche di Boniciolli che proponendo la era riuscito ad escludere dalla partita un fattore essenziale della gara quale Benjamin Eze, oltre a rendere l attacco senese molto meno fluido del consueto. Insomma tanti situazioni che potevano segnare ancora una volta il destino senese in una Final Eight e che invece sfatano l idea di una Montepaschi non a suo agio nelle partite secche. Se esiste un vissuto su cui si costruisce la crescita di un singolo, analogamente questa vittoria rafforza, senza averne bisogno, l identità vincente di questo gruppo, che ha saputo coltivare nell arco della quattro giorni bolognese una vendetta in grande stile, a danno proprio di chi nel passato gli aveva fatto masticare amaro in questa particolarissima competizione. Ironia della sorte infatti Siena ha sconfitto Cantù in uno di quei quarti di finale spesso amari per Siena, con Treviso in semifinale si è chiusa la ferita aperta due anni fa in un occasione analoga, mentre il tiro di Rigaudeau dell edizione 2002 riempiva ancora la memoria di tutti noi, tanto da rendere la sfida finale contro la Virtus l emblema della vendetta conclusiva. Manca all appello Pesaro, autrice dello smacco di più recente memoria, ma la vittoria finale chiude veramente i conti con il passato e ci lascia un presente arricchito di nuova gloria e di certezze. Come quella di uno Shaun Stonerook che anche quando alza il premio quale miglior giocatore della finale, si rivolge al resto della squadra per significare che il suo riconoscimento è quello di tutto il gruppo. Una simbiosi che fotografa il clima in seno alla squadra, che ha sì leader riconosciuti, ma anche grande rispetto e considerazione del ruolo ed importanza di tutti gli altri. Stonerook è l emblema di tutto ciò, è tanto indispensabile tatticamente, per quanto lo è ancora di più per la spinta motivazionale ed emotiva che genera negli altri, con la sua capacità di essere ovunque e di creare vantaggi in continuazione per sé e soprattutto per gli altri. Insomma un giocatore che non scopriamo certo oggi, ma che sorprende continuamente per la sua capacità di migliorarsi, non solo a livello individuale, ma soprattutto per quello che sembra generare di positivo in chi gli sta intorno. La sua finale è stata semplicemente fantastica, come quel contropiede in semifinale generato da un tuffo che in molti hanno accostato ad un grandissimo del basket italiano, e non solo, come Bob Mc Adoo nella famosa sfida per lo scudetto tra Livorno e Milano. Se statisticamente fosse possibile lasciare traccia di una interferenza o anche di un semplice tocco della palla, come quello che ha reso vano l ultimo disperato attacco della Virtus Bologna, lo scout di Stonerook non riuscirebbe a contenere tutte le sue performance. Meravigliarsi è una delle cose più genuine che ci appartiene e continuare a farlo di fronte ad un giocatore ormai alla sua ottava stagione italiana e quarta in maglia Montepaschi, pensiamo che sia uno dei riconoscimenti più grandi che si possono fare ad uno sportivo inteso nel suo senso più ampio. Accanto al capitano, un ruolo da protagonista spetta di diritto a Domercant, di cui forse per la prima volta abbiamo potuto ammirare l istinto vincente e la sua affidabilità anche nei momenti più difficili. Visto con crescente diffidenza nel corso di questa stagione, Domercant ha scelto il primo trofeo del 2009 per scrollarsi di dosso il ruolo abbastanza defilato ricoperto fino ad oggi. Va detto che mai Pianigiani ha fatto trasparire

17 speciale final eight È fra le elette nel board dell Euroleague Commercial Assets Siena entra nel salotto bono del basket europeo delusione nei confronti dell ex Dinamo Mosca, anzi ne ha sempre elogiato l impegno e la dedizione nel volersi integrare compiutamente nei meccanismi della squadra, ma la relativa pericolosità dimostrata finora non tanto in termini di percentuali quanto in termini di pericolosità aggiuntiva che il suo ingaggio lasciava presagire, lo poneva finora davanti ai riflettori in maniera diversa e meno brillante di quanto ipotizzato. Le Final Eight ci consegnano invece un giocatore che ha dimostrato di prendersi le responsabilità che il caso rendeva necessarie e per assurdo, il fatto che sia stato lui a mettere la firma sull ultimo canestro della sfida, sembra quasi il compimento del disegno che sta dietro al suo ingaggio, cioè quello di un giocatore dall istinto vincente, che però non snatura l identità della squadra, ma semmai la integra con un profilo non necessariamente invasivo in termini di protagonismo. Certamente verranno nuove sfide dove la sua identità verrà nuovamente messa alla prova, ma sicuramente Bologna, segna una tappa importante dalla quale trarre fiducia e dimensione del proprio ruolo internamente alla squadra. Una Coppa Italia dove l incalzare degli impegni e la necessità di prolungare la resistenza fisica del gruppo ha confermato la qualità anche di chi come Carraretto e Ress sta poco in campo, ma quando è chiamato a farlo, è spesso in grado di essere molto di più di un semplice riempitivo. Non è questa una novità, ma riuscire a confermare questa percezione è un qualcosa che va ascritto alla scrupolosità e alla professionalità del loro impegno. Siena ha vinto in barba ad una stanchezza psicofisica evidentissima, con alcuni giocatori non certo al meglio delle proprie condizioni e questo rende più grande il successo finale. Come, al di là della soddisfazione, è inevitabile guardare con un minimo di rammarico il fatto che la doppia sfida con il CSKA di Ettore Messina si sia collocata proprio a cavallo delle Final Eight. D altra parte nessuno ha mai dubitato che quelli in maglia bianco-verde fossero uomini invece che macchine, anche se il loro ritmo in termini di vittorie sembra quasi innaturale. Era quindi logico che, al di là della speranza, che si sa è sempre ultima a morire, la Montepaschi sul campo dei Campioni d Europa potesse pagare dazio. Così è stato e al di là del passivo, l unico rammarico è quello di un calendario beffardo, che ha pesato di più sulle sorti senesi nel girone H di Euroleague, di quanto possa aver inciso la composizione estremamente competitiva dello stesso. Ormai per la prima piazza la corsa è chiusa, rimane l obiettivo del secondo posto che ci giochiamo dall alto del vantaggio di giocare la partita decisiva in casa contro i sorprendenti croati del Cibona Zagabria, protagonisti dell impresa di aver vinto un match senza ritorno sul campo del Fenerbache e che rilanciando se stessi hanno fornito alla Montepaschi la palla del match. Ritornando però alla partita di Mosca nel grigiore tipico di ogni sconfitta, abbiamo scorto un segno importante del rispetto che la squadra di Pianigiani si sta meritando sul campo partita dopo partita, quel No shut, non tirare urlato da Messina sul +21 per i suoi uomini, significa come la Montepaschi sia considerata possibile di realizzare qualsiasi tipo di impresa, non certo vincere in quella situazione, ma di lottare sempre fino all ultimo con grandi convinzioni e capacità. Questo è il rispetto a cui fa riferimento spesso Pianigiani e che ci fa enormemente piacere vedere materializzarsi sulla bocca di un numero uno del basket europeo come Ettore Messina. Certo ora il problema è recuperare le forze. A Mosca e a Bologna, nella prima sconfitta in campionato, la squadra ha mostrato veramente la corda e aspetto più preoccupante è aver palesato la difficoltà di giocare di squadra, un attitudine mentale e di predisposizione che hanno fatto diventare un buon gruppo, una squadra formidabile. Purtroppo non c è il tempo per rifiatare, al di là dei muscoli che rispondono anche in funzione alle sollecitazioni mentali, c è da resettare mentalmente il post Coppa Italia e l assalto fallito alla prima piazza in Euroleague. Quando dicevamo che mantenere l imbattibilità in campionato era pura follia, non era un modo per esorcizzare il momento della prima sconfitta, ma solo la percezione che per mole di impegni, per esigenza di gestire una miriade di varianti logistiche estremamente diverse e complesse (ricordiamo solo che in questo ultimo periodo, dalla partita in casa con Mosca, la Montepaschi ha giocato 6 partite fuori casa, rimbalzando solo casualmente a Siena) vincere sempre, sarebbe stata un impresa di altri tempi, intesa come il fatto che nel passato non si giocava con questi ritmi e nemmeno lontanamente la quantità di partite odierne. La cronaca spesso impone i suoi tempi, ma sarebbe ingiusto chiudere pensando alle ultime sconfitte come elemento qualificante di un mese che invece oltre alla vittoria in Coppa Italia, registra un ulteriore consacrazione del basket senese. In effetti a Roma, questa volta non sul parquet, ma aspetto non meno importante a livello strategico-politico, Siena è stata eletta tra le otto squadre che faranno parte del Board dell Euroleague Commercial Assets, organismo chiamato a pianificare le strategie per il futuro dell Euroleague, sia a livello promozionale, ma anche sotto il profilo dell ottimizzazione delle risorse economiche (diritti televisivi e politiche commerciali comprese) Scorrere i nomi delle altre realtà coinvolte in questo organismo, Cska, Maccabi, Tau, Real Madrid, Prokom, Olympiacos ed Efes Pilsen, dà il senso dell importanza di questa elezione, che fa coppia con l acquisizione della licenza di tipo A, quella per intendersi permanente, che viene assegnata in base alle squadre top-ranked dalla stagione , secondo parametri che tengono conto dei risultati sportivi (60%), degli introiti tv (30%) e della capienza del palasport (10%). Senza entrare nel merito della riforma della prossima Euroleague, che avrà una fase aggiuntiva di qualificazione alla regular season attuale, gli sviluppi romani fissano l idea di una Montepaschi sempre più centrale all interno del movimento del basket europeo, in una congiunzione dove competitività agonistica e progettualità fanno di Siena un laboratorio unico. 19

18 zona franca roberto morrocchi...e SOFFERTA È ANCORA PIÙ BELLA Eccola, la Coppa Italia. Finalmente. Ci tenevo da matti. Da Presidente mi è sempre sfuggita. Certo i tre scudetti hanno un valore immensamente superiore, ma io la coppina, come la chiama Ferdinando, la volevo in bacheca. Era già nostra nel 2002, quando quelli di Bologna, gli stessi che abbiamo fatto piangere il pomeriggio del 22 febbraio, ce la scipparono dalle mani al termine di una gara dominata tatticamente e tecnicamente dagli uomini di Ataman. Bastarono due fischi piazzati al momento giusto e un tre punti falso di Abbio a lasciarci con l amaro in bocca. Un amaro che si è sciolto solo quando Stonerook è riuscito, non so come, a toccare anche l ultima palla, mandando in confusione Ford. Questa finale con la Virtus la sentivo sulla pelle e nella testa. Mi era entrata dentro, tanto da non sopportare di viverla in diretta e nemmeno di gustarmela tutta intera davanti alle telecamere di Sky. Sì, lo ammetto, ho spento il video a tre minuti dalla fine dell aspra contesa, dopo aver smadonnato per una maledetta palla persa. Ho buttato giù due dita di Chivas e mi sono ricollegato. Mancavano due secondi scarsi. La sofferenza non era finita, ma qualcosa mi diceva che questa volta la sorte ci avrebbe reso quello che sette anni fa ci aveva tolto, per non dire della rocambolesca semifinale persa con la Benetton, quando un po tutti, in panchina e sulle tribune, festeggiavamo una vittoria certa. Ci tenevo da matti, perché quella finale del 2002 ha significato la svolta. Finiva il tempo delle vacche magre, delle stagioni portate avanti fra difficoltà di ogni genere. Il nostro scudetto era la salvezza e ci bastava chiudere i bilanci in un virtuale pareggio per sentirci a posto con la nostra coscienza. Da allora si sono aperti scenari diversissimi. Abbiamo conquistato la Saporta e ci siamo fregiati di tre titoli assoluti. E in Europa siamo stati e siamo ad un passo dalla coppona. Grazie a tutti. Al Minucci e al suo formidabile staff. Grazie a Simone Pianigiani, a Luca Banchi, ai loro collaboratori e ai nostri grandi giocatori. Avevano addosso una pressione spaventosa. Avevano vinto, prima di giocare. Lo dicevano tutti, commentatori e addetti ai lavori. Anche quelli soprattutto quelli che in cuor loro covavano la speranza di vederci uscire sconfitti dal parquet. La Virtus di Boniciolli, un signor allenatore, ha giocato alla grande. Ci ha messo in difficoltà con le sue difese e qualcuno dei nostri ha pagato lo scotto di una stagione tirata allo spasimo. Ma alla fine abbiamo vinto e mi fa piacere che il canestro della staffa l abbia messo a segno Domercant, uno che non tutti i tifosi mensanini hanno capito, compiutamente. Lui è uno rotto a tutte le intemperie. Lo trovi pronto quando c è da sbucciare la patata più bollente. Scrivo il lunedì mattina e sono contento di quasi tutto. Il quasi sta per l assurda decisione di mettere una finale di Coppa a ridosso della gara più importante in Europa. Possibile che i nostri si debbano sobbarcare un viaggio dispendiosissimo verso Mosca, dopo aver giocato tre partite tiratissime nell arco di quattro giorni, per vedersela con i Campioni d Europa? Quando uscirà Mesesport i giochi saranno fatti. Ma qui voglio dire con forza che una Lega e una Federazione debbono dettare politiche diverse, più credibili. A tutela del nostro movimento. Scrissi le stesse cose lo scorso anno. Ovviamente nessuno mi ascoltò. Le riaffermo adesso e spero che qualcuno le faccia sue. Dalle altre parti si tutelano i clubs impegnati in Eurolega, da noi si fanno solo chiacchiere. Sarei contento se Valentino Renzi e Dino Meneghin, per quanto di loro competenza, si facessero sentire.

19 speciale final eight Dopo il successo di Bologna aumenta l appetito in vista dell intenso finale di stagione Il Baby-Scudetto Marco Naldini Shaun, Shaun!!. I flash e le telecamere sono in gran parte per lui. Si è guadagnato la palma di Mvp della Finale, è il testimonial della quattro giorni di Casalecchio, al termine di tre partite di alto livello, condite da giocate spettacolari e redditizie. A partire dai quarti, come ex, contro Cantù, il suo primo amore italiano. A bordo campo c è proprio un suo maestro, un suo ex-compagno di squadra, Dan Gay, che anche lui, a gran voce urla:..shaun, Shaun!!. Vuole complimentarsi, ed intanto dice: Shaun teneva davvero tanto a questa Coppa Italia, era l unico trofeo che ancora gli mancava, a livello italiano. E vincerlo, è un po come portare a casa un piccolo scudetto, è un assaggio di fine anno. In quattro giorni, si sfidano, senza appello, quelle squadre che, salvo rare eccezioni, disputeranno i playoff. Il Montepaschi non è solo Shaun Stonerook, è adrenalina pura che, come altre volte, va oltre l ostacolo. Quella di una squadra, che assieme al suo allenatore e al suo presidente, hanno davvero impiegato tutte le energie per non farsi sfuggire questo sospirato obiettivo. Raggiungerlo è stato più difficile di quanto immaginabile, stando ai precedenti stagionali, e a quelli della manifestazione. Nessuna delle sette partite della Final Eight ha avuto, questa volta, verdetti, in largo anticipo sulla sirena. Si è dovuto quasi sempre attendere l ultimo giro di lancette, per decretare il passaggio del turno, e la vincente dell edizione. Ed in quegli ultimi sessanta secondi della Finale contro le Vnere, si sono raggrovigliati tanti amari ricordi, che appartengono, ormai, ad un passato, cancellato con la conquista della Coppa. Rimarrà, a lungo, nelle orecchie, il boato di gioia della curva biancoverde, dopo il silenzio quasi ovattato del trascorrere di quei due secondi e 58 centesimi interminabili, sull ultimo possesso bolognese, partito dal fondolinea del canestro senese e sporcato, poco più là, dalla mano fatata di Stonerook. Rimarrà a lungo, nella mente, l immagine di Ferdinando Minucci salito sui rulli pubblicitari, con la Coppa tenuta in alto con le mani, come per abbracciare tutta la tifoseria. Siena sprizza di gioia. La Coppa Italia, questa volta, non gliela può soffiare via più nessuno. Gli abbracci sono irrefrenabili, sinceri, gustosi, come quelli dell impresa, della prima volta. Quelli fra i due coach, che hanno assemblato una siner- gia perfetta nella conduzione di una partita spigolosa. Quelli fra i due lituani, Lavrinovic e Kaukenas, quelli privati di Carraretto, che prima di rientrare negli spogliatoi, scala la tribuna. E quelli di tutti gli altri, tra cui anche Mc Donald, che Simone Pianigiani, prontamente, coinvolge nella grande festa, a centro campo. Il Monte è unito, è granitico, non si è sfaldato di fronte alle difficoltà degli avversari. La voglia, la tenacia, la lettura attenta di alcune situazioni di vantaggio, o di recupero altrui, l aver affrontato altre gare simili, l esperienza, hanno permesso di giungere, questa volta, primi, sotto lo striscione di arrivo. Resta più chiaro, adesso, il perché non esserci riusciti nel passato più lontano, quando il Monte si affacciava per la prima volta ad una finalissima, come era capitato in quel pomeriggio beffardo a Forlì, contro la Virtus di Messina, Rigadeau e Ginobili. Il tempo, come sempre, è stato galantuomo, e dopo altri traguardi di spessore, è arrivata anche questa benedetta Coppa. Ed una volta percorsa tutta la strada, fino a destinazione, ritracciarla sarà, forse, un po più agevole. Senza dimenticare, però, che vincere è difficile. Ma ancora di più è riuscirci una seconda volta. Ma questa è già un altra storia. 21

20 zapping vincenzo coli SQUADRA SENZA LIMITI E SENZA TEMPO Lacrime, sudore e sangue. Quel sangue sulla maglietta del capitano. Tiri, rimbalzi, stoppate, tuffi, gesti atletici che resteranno nella memoria. Certe vittorie sul campo le portano a casa solo i campioni. E il dio dei canestri, nella sua ineffabile sapienza, lo sa, fino a che punto sono campioni i nostri ragazzi (noi umani, dove questa squadra possa giungere, lo possiamo soltanto immaginare, immaginare e sperare ). Campioni che in questo si distinguono dagli ottimi giocatori: possono permettersi di dormicchiare finché non conta, ma quando il gioco si fa duro e c è da segnare un canestro all ultimo secondo, loro ci sono, e lo segnano. Suonata la fine della quarta frazione ed esplosa la gioia in campo e sulle tribune, le tastiere dei pc gemono sotto i polpastrelli dei facitori dell epica, si rincorrono gli aggettivi vergati dai compilatori dell apparato mitologico che nei decenni a venire accompagnerà la fama dell incredibile Montepaschi prima decade terzo millennio. Consegnare l impresa alle esigenze fameliche della cronaca tocca agli aedi di pronto intervento, i giornalisti dei quotidiani che in tribuna stampa battono il ferro caldo, otto moduli entro le ventuno, e a quelli ancora più svelti, di testa e di lingua, abituati a commentare in diretta alla tv e alle radio, e qualche volta parlano senza avere né il tempo né la cura di riflettere, vero Pozzecco? Poi ci sono i pigri rapsodi dei settimanali e dei mensili che se la prendono calma, tutto il tempo necessario per pesare i sostantivi e assemblare commenti in forma di elzeviro, come quello che state leggendo. Ma tutti, chi gode fabulando in simultanea e chi in differita, si ritrovano a magnificare le gesta. E pazienza se è in agguato il rischio di cadere nelle trappole della retorica. Per questa Mens Sana, mandare a quel paese lo stile è lecito, anzi liberatorio. Lo richiedono le circostanze, lo vuole il dio dei canestri cui si accennava, che ci dicono essere equanime però incazzoso forte, per cui spetta a noi, toccati dalla grazia biancoverde e illuminati dalla fede, bilanciare l agnosticismo dei barbari miscredenti, zuccherare il fiele di chi ci sforma di brutto, rosica e ancora non si rassegna, lamenta torti arbitrali inesistenti e sospetta sudditanze arbitrali. I media quelli che se ne occupano, Repubblica e Corriere della Sera edizioni nazionali sì, la Rai no: alla gara delle schiacciate Nba un servizio di colore, al campionato nemmeno un frame... - prendono atto e ci danno dentro con le iperboli. Talmente convinti nel definirci fantastici e imbattibili, da far sospettare la gufata subliminale e da nascondere goffamente la speranza nella notizia clamorosa: campioni ko! La milanese Gazzetta dello sport, edizione cartacea, commentò la vittoria in Coppa Italia con un due pagine e un titolo cubitale: Cannibali! E giù lodi a manetta. Ma la Gazzetta on line piazzò la notizia al terzo posto, dopo il solito exploit di Lebron James, i 28 punti di Bargnani e i dolori del giovane Werther Gallinari. Il giorno dopo, sempre sulla rosea, Dan Peterson si dichiarò soddisfatto per aver azzeccato in pieno il pronostico e paragonò i nostri eroi ai campioni del passato: Mc Intyre-Caglieris, Domercant- Premier, Sato-Bonamico, Stonerook-Schoene, Eze-Meneghin, Kaukenas-Riva, Lavrinovic-Jura, Finley-Marzorati. Bella squadretta anche quella, non c è che dire. Tempo fa Dan provò a immaginare su Superbasket la Mens Sana schierata contro un ipotetico resto del campionato, ma era un patchwork indigesto anche per lui. Ora, prima che fiocchino i confronti con le grandi squadre del passato (Milano, Varese, Bologna Virtus e Treviso), giochino lasciato giustamente in stand by in attesa che, come quelle, Siena vinca qualcosa di importante in Europa, ci proviamo noi a schierare T-Mac e company contro il meglio della Mens Sana del passato, diciamo fino al termine del secolo scorso, e con la quota di italiani imposta oggi: Cosmelli play, Bucci guardia, Darren Daye ala piccola, Gerard King ala forte, John Turner centro. In panca Vidili, Middleton, Giustarini, Kupec, Lampley, Ceccherini, Bovone, e Dell Agnello per fare tredici numero fortunato. Coach, sulla falsariga della coppia Pianigiani- Banchi, il vulcanico duo Lombardi-Cardaioli, con Ezio delegato a studiare le trappole difensive. Ma dubito che andrebbero d amore e d accordo come gli strateghi di oggi. Sarebbe un duello tremendo, atletismo e concentrazione contro tecnica sopraffina. Ma guarda un po cosa ci fa sognare, questa Mens Sana senza limiti e senza tempo

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