CITTÀ METROPOLITANA MILANO DOSSIER 03. Sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici

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1 Assessorato all Area metropolitana, Casa, Demanio Direzione Centrale Decentramento e Servizi al Cittadino Direzione di progetto Area Metropolitana e Municipalità MILANO CITTÀ METROPOLITANA DOSSIER 03 SP Sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici

2 Il presente documento Dossier 03 Sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici è stato realizzato nel novembre 2013 dal Centro Studi PIM nell ambito dell Attività istituzionale a favore del Comune di Milano Programma di Collaborazione 2012, avente per oggetto il Progetto Città Metropolitana (IST_14_12). Tale documento è stato revisionato alla luce dell approvazione della L. 7 aprile 2014, n 56 Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, nell ambito dell Attività istituzionale a favore del Comune di Milano Programma di Collaborazione , avente per oggetto il Progetto Milano Città Metropolitana e Municipalità (IST_13_13). Il piano dell opera è composto dai seguenti dossier: 00 [QR] Quadro di riferimento 01 [ES] Promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale 02 [PT] Pianificazione territoriale 03 [SP] Sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici 04 [TP] Programmazione delle reti infrastrutturali e servizi trasporto pubblico 05 [RV] Programmazione delle reti di viabilità 06 [TA] Tutela e valorizzazione ambientale Nell ambito dell attività è stato inoltre realizzato il documento: Allegato - Ricognizione di Enti pubblici, società partecipate ed Enti di diritto privato controllati. I dossier e le relative sintesi sono scaricabili dai siti web: Il gruppo di lavoro incaricato della realizzazione dei dossier e dell allegato è composto da: Franco Sacchi (Direttore Responsabile e capo progetto) Francesca Boeri, Dario Corvi, Piero Nobile, Paola Pozzi, Maria Evelina Saracchi (staff PIM) Cesare Benzi (collaboratore esterno PIM) Comunicazione e gestione piattaforma web ( Francesco Locatelli (collaboratore esterno PIM) Referente per il Comune di Milano (Direzione di Progetto Area metropolitana e Municipalità): Piergiorgio Monaci giugno 2014 IST_13_13_ELA_TE_05_03

3 Dossier 03 Sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici Sommario Introduzione... 3 A) SERVIZI ALLA PERSONA E ALLA COMUNITÀ Le competenze attuali: funzioni, livelli di Governo e riferimenti normativi... 7 a) Istruzione... 7 b) Servizi sociali c) Servizi Sanitari d) Polizia locale e) Sicurezza e Protezione civile L agenda della Città metropolitana di Milano Il sistema dei servizi sovracomunali nella Città metropolitana di Milano: temi e problemi Questioni aperte e indicatori di valutazione Le funzioni della Città metropolitana di Milano nel quadro delle competenze interistituzionali: tracce per la discussione Le nuove competenze e funzioni della Città metropolitana Redistribuzione delle funzioni: quale livello di Governo? a) Istruzione b) Servizi sociali c) Servizi Sanitari d) Polizia locale e) Sicurezza e Protezione civile Riferimenti normativi B) SERVIZI PUBBLICI LOCALI A RETE Le competenze attuali: funzioni, livelli di Governo e riferimenti normativi a) Servizio Idrico Integrato b) Gestione integrata dei rifiuti urbani c) Energia L agenda della Città metropolitana di Milano Lo stato dell arte dei servizi a rete: caratteri del territorio, piani e progetti nella Città metropolitana di Milano a) Servizio Idrico Integrato b) Gestione integrata dei rifiuti urbani c) Energia Temi e problemi

4 3. Le funzioni della Città metropolitana di Milano nel quadro delle competenze interistituzionali: tracce per la discussione Le nuove competenze e funzioni della Città metropolitana Redistribuzione delle funzioni: quale livello di Governo? a) Servizio Idrico Integrato b) Gestione integrata dei rifiuti urbani c) Energia Riferimenti normativi

5 Introduzione Obiettivo del presente lavoro è quello di supportare il processo costitutivo della Città metropolitana attraverso un lavoro finalizzato alla preparazione di dossier tematico/territoriali, che siano in grado di mettere a fuoco e declinare le questioni che si porranno in merito al conferimento e alla gestione delle nuove funzioni attribuite alla Città metropolitana di Milano dalla L. 7 aprile 2014, n 56 Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni. Oltre alla predisposizione dei dossier, è stato messo a punto il documento Allegato - Ricognizione di Enti pubblici, società partecipate ed Enti di diritto privato controllati, che si incarica di dar conto della costellazione di consorzi, associazioni, agenzie e - più in generale - delle strutture pubbliche partecipate dagli Enti locali milanesi. Sempre nell ambito di tale lavoro, si sta svolgendo, attraverso il supporto di una piattaforma web, di social network e di canali di comunicazione innovativi, un attività di informazione e publicizzazione, rivolta non solo ai soggetti coinvolti nel processo, ma anche ai cittadini, al fine di stimolare una discussione consapevole entro un processo aperto e partecipato ( Più in dettaglio, il progetto si compone dei seguenti dossier, relativi alle nuove funzioni attribuite alla Città metropolitana, ricalibrati anche in ragione dei caratteri propri dell area metropolitana milanese. 00 [QR] Quadro di riferimento 01 [ES] Promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale 02 [PT] Pianificazione territoriale 03 [SP] Sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici 04 [TP] Programmazione delle reti infrastrutturali e servizi trasporto pubblico 05 [RV] Programmazione delle reti di viabilità 06 [TA] Tutela e valorizzazione ambientale Ciascun dossier è organizzato in tre sezioni fondamentali. La prima parte definisce, per ciascun tematismo, il quadro delle attuali competenze, con l individuazione del livello di governo a cui vengono esercitate le funzioni oggi. Più in dettaglio, viene effettuato un inquadramento tematico e normativo, declinando le competenze specifiche attribuite e/o concretamente esercitate dalla attuale Provincia e dai Comuni, nel quadro delle funzioni di indirizzo, programmazione e coordinamento svolte dalla Regione ed eventualmente dallo Stato o da altre istituzioni/attori. La seconda parte si propone di definire una possibile agenda per l esercizio delle funzioni della Città metropolitana di Milano: come e da chi vengono concretamente esercitate le funzioni; qual è lo stato dell arte (piani, politiche e progetti esistenti); quali sono i temi e problemi in agenda, il cui efficace trattamento risulta cruciale ai fini di un adeguato governo metropolitano. La terza parte ha carattere propositivo, incaricandosi di fornire tracce per la discussione che dovrà svilupparsi tra i molteplici soggetti interessati. Essa prova a definire il quadro di potenziale redistribuzione delle funzioni tra i differenti livelli di governo, cercando di individuare eventuali elementi di criticità emergenti sia dal quadro della distribuzione di competenze tra i vari livelli di governo sia tra gli snodi dei medesimi livelli, con particolare riferimento al riassetto delle relazioni tra Regione, Città metropolitana, Province e Comuni. Attenzione viene infine posta alle potenziali incompatibilità con le normative vigenti, in particolare quelle regionali, che potrebbero richiedere correzioni e modifiche. 3

6 A conclusione di ciascuna parte, viene fornita una tabella riepilogativa, in grado di restituire in forma immediata il quadro emerso. Costituisce eccezione rispetto a questa struttura il Dossier 00 Quadro di riferimento, in quanto esso si incarica di restituire gli elementi essenziali relativi all iter e ai contenuti dei provvedimenti legislativi finalizzati a riordinare l assetto di governo degli Enti locali nel nostro Paese, mettendo in luce temi e problemi in agenda. Per ciascun dossier è stata realizzata una sintesi, che restituisce i principali contenuti del documento. L articolazione delle competenze tra i diversi livelli di governo Il quadro delle competenze attuali tra Regione, Provincia e Comuni, rispetto al tema dei servizi pubblici, si definisce in particolare a partire dal D.Lgs. 112/1998 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione dalla Legge 59/2007. In particolare al Titolo IV Servizi alla persona e alla comunità, disciplina la ripartizione delle competenze tra Stato, Regioni ed Enti locali. Ulteriore passaggio in termini di valorizzazione del ruolo degli Enti locali proposto dal D.Lgs. 112/1998 vi sono ovviamente le disposizioni del Titolo V della Costituzione e del TUEL (D.Lgs. 267/2000), che definiscono i principi e l ordinamento degli Enti locali. A questo quadro generale, si accostano poi, per ogni tematismo/servizio, leggi quadro di settore nazionali e regionali, che specificano i contenuti oggetto della materia. In particolare, in Lombardia, con la L.R. 1/2000 1, viene data attuazione alle disposizioni contenute nel D.Lgs. 112/1998. La Legge 56/2014, individuando tra le funzioni fondamentali attribuite alla città metropolitana strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano, pur ascrivibili alla medesima famiglia, individua di fatto due distinti campi, che presuppongono: da un lato la predisposizione degli strumenti di coordinamento per la loro gestione da parte dei Comuni e delle loro forme associative; dall altra la possibilità di riconoscimento e gestione diretta di servizi di livello sovracomunale da parte della Città metropolitana. Di fatto, possiamo affermare che vengono individuate due differenti funzioni 2 : - la strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici; - l organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano. La L. 56/2014, in aggiunta a quanto disposto dalla precedente L. 135/2012, alla lettera c), comma 44, dell art.1, aggiunge inoltre la possibilità d intesa con i comuni interessati la città metropolitana può esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive. Una nota essenziale, ai fini della comprensione più generale delle funzioni, deve essere necessariamente fatta in riferimento alle funzioni fondamentali dei Comuni. Definite dall'articolo 21, comma 3, della legge 42/2009, secondo l art. 117, secondo comma, lett. p), della Costituzione, sono dieci: - organizzazione generale dell amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo; - organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale; - catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente; - la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale; - attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi; 1 La Legge Regionale 5 gennaio 2000, n.1 Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia. Attuazione del decreto legislativo n. 112 del 1998 fissa i contenuti e le disposizioni in materia di conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed Enti locali. Attraverso le successive normative di settore sono stati integrati, sostituiti e abrogati molti dei contenuti della L.R. 1/ A. Vigneri, Le funzioni della città metropolitana, in "Astrid Rassegna" n. 6 del 25 marzo

7 - l organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi; - progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall articolo 118, quarto comma, della Costituzione; - edilizia scolastica, per la parte non attribuita alla competenza delle province, organizzazione e gestione dei servizi scolastici; - polizia municipale e polizia amministrativa locale; - tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi elettorali, nell esercizio delle funzioni di competenza statale; - i servizi in materia statistica. Il comma 28 dell art. 14 della L. 78/2010, come modificato dalla L. 135/2012, in particolare, impone l esercizio associato, al 1 gennaio 2014, di tutte le funzioni fondamentali per i Comuni con popolazione inferiore ai abitanti, che rappresentano il 25% dei Comuni della Provincia di Milano. Come vedremo di seguito, molte di queste funzioni sono direttamente legate al tema dei servizi pubblici e della loro gestione. La gestione dei servizi pubblici La disciplina fondamentale per la regolamentazione dei servizi pubblici locali e loro gestione si definisce a partire dal Titolo V del D.Lgs. 267/2000 3, che definisce i servizi pubblici locali quei servizi che hanno per oggetto la produzione di beni e attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali. Il T.U.E.L. distingue tra servizi pubblici locali di rilevanza economica (art. 113) e servizi pubblici locali privi di tale requisito (art. 113bis), disciplinando in particolare differenti modalità di gestione ed affidamento dei servizi. Questa distinzione fondamentale, che ha luogo a partire dalla L. 142/1990, introduce il concetto di rilevanza economica dei servizi pubblici. Da allora si sono susseguite numerose normative e sentenze della Corte costituzionale, spinte in particolare dalle direttive europee in merito alle regole concorrenziali, che hanno di continuo ridefinito i contenuti della materia. Tra i passaggi rilevanti si segnala anche il referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011, sulle modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Gli aspetti centrali che qui si vogliono approfondire e mettere in evidenza, rispetto alla complessità della materia, in quanto ritenuti funzionali alla potenziale definizione di nuovi modelli di gestione dei servizi pubblici, sono due in particolare: le modalità di gestione e di affidamento dei servizi pubblici; i criteri per l individuazione degli ambiti ottimali per l erogazione dei servizi pubblici. Questi due aspetti saranno infatti centrali rispetto all organizzazione delle funzioni fondamentali in tema di servizi, come attribuite dalla L. 56/2014 e in riferimento all esercizio associato delle funzioni fondamentali dei Comuni come definito dalla L. 78/2010. Relativamente alle modalità di gestione e affidamento dei servizi pubblici locali, ad oggi, oltre al T.U.E.L. che delinea il quadro generale, il principale riferimenti è la sentenza della Corte costituzionale n. 199 del Gli effetti di tale Sentenza vanno letti in coordinato con la recente legge 221/2012 (Sviluppo 2), con la legge 148/2011 (oggetto della sentenza n A queste si aggiunge la legge 147/2013, che modifica in particolare l art. 4 della legge 135/2012, abrogandone i commi relativi alle misure restrittive nei confronti delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni. La sentenza della Corte costituzionale n. 199 del 2012, immediatamente successiva alla legge 135/2012, ma riferita all art. 4 del decreto legge 138/2011 (convertito in legge 148/2012), che riproduce i medesimi principi, solleva dubbi di legittimità costituzionale in merito alle misure di liberalizzazione, conferimento e gestione dei 3 Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, che, al Titolo V, definisce i principi e disciplina i servizi e le modalità per gli interventi pubblici locali. 5

8 servizi pubblici. Tale sentenza non ripristina però l art. 113 del D.Lgs. 267/2000, definendo nella sostanza, in un combinato disposto tra normative europee e settoriali, che gli enti locali possono procedere all affidamento e alla gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica secondo tre modalità: gara ad evidenza pubblica; affidamento ad una società mista pubblico-privata cd. a doppio oggetto, con selezione a mezzo gara del soggetto privato; affidamento in house a società a capitale interamente pubblico 4. In questo quadro di incertezza assumono un ruolo essenziale le discipline settoriali, in particolare quelle relative ai servizi a rete, che tornano di fatto ad essere il principale riferimento. Tra queste le principali riguardano il Servizio Idrico Integrato, la distribuzione del gas naturale, la distribuzione dell energia elettrica e la gestione dei rifiuti solidi urbani. Il secondo elemento fondamentale, rispetto all ipotesi di individuazione di sistemi coordinati per la gestione dei servizi pubblici, è legato ai criteri per l individuazione degli ambiti ottimali. Attualmente la disciplina degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) è affidata alla L. 148/2011, che all art. 3bis (introdotto dall art. 25, comma 1, L. 27/2012) definisce i criteri per l individuazione di ambiti territoriali ottimali e i criteri di organizzazione dello svolgimento dei servizi pubblici locali. La disciplina specifica degli ATO è poi contenuta nel D.Lgs. 152/2006. Attualmente si rileva che nel territorio della Città metropolitana di Milano sono individuati, per la gestione del Servizio Idrico Integrato, due ATO: quello di Milano città e quello della Provincia di Milano (capoluogo escluso). Diverso il discorso relativo al funzionamento e all organizzazione territoriale del trasporto pubblico locale. Dall aprile 2012 è entrata in vigore la nuova legge lombarda di riforma del trasporto pubblico regionale e locale 5, che prevede l'istituzione di 5 Agenzie per il Trasporto Pubblico Locale per i 5 bacini territoriali ottimali ed omogenei (sostituitivi dei 22 bacini d utenza esistenti in precedenza), corrispondenti ai confini amministrativi delle attuali Province di Bergamo, Brescia, Cremona-Mantova, Varese-Como-Lecco-Sondrio e Milano-Monza Brianza-Lodi-Pavia 6. La struttura del dossier L individuazione della natura dei servizi pubblici (servizi aventi o meno rilevanza economica) e l identificazione dei destinatari dei servizi stessi ci permette di organizzare con maggiore semplicità il campo da analizzare. Per semplicità di trattamento verranno individuate nel dossier due categorie principali. A) I servizi alla persona e alla comunità, perlopiù privi di rilevanza economica 7, sono erogati principalmente dai Comuni e dalla Provincia, in taluni casi dalla Regione, e rivolti direttamente ai cittadini. Di questi servizi è spesso possibile riconoscere la rilevanza territoriale, ovvero il livello di erogazione del servizio. Pertanto possono avere carattere locale o sovralocale. In molti casi, anche indipendentemente dal livello di governo al quale viene attribuita la competenza, molti di questi servizi possono assumere una rilevanza sovralocale. B) I servizi pubblici locali a rete, che riguardano tutti quei servizi pubblici, perlopiù a carattere settoriale, di rilevanza economica 8, (es. acqua, rifiuti, energia, ecc.) distribuiti/erogati attraverso reti e infrastrutture di servizio sovracomunali e intercomunali. 4 Giuseppe Farneti, Le problematiche gestionali più attuali delle società partecipate dagli enti locali, Azienditalia, 11/ Legge Regionale 4 aprile 2012, n.6 Disciplina del settore dei trasporti. 6 Si veda in proposito il Dossier 04 - Programmazione delle reti infrastrutturali e servizi trasporto pubblico. 7 A questa fattispecie sono principalmente riconducibili i servizi pubblici locali di cui all art. 113bis D.Lgs. 267/2000 TUEL Gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica. 8 A questa fattispecie sono principalmente riconducibili i servizi pubblici locali di cui all art. 113 D.Lgs. 267/2000 TUEL Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. 6

9 A) SERVIZI ALLA PERSONA E ALLA COMUNITÀ Al campo dei servizi alla persona e alla comunità, afferiscono tutti quei servizi, perlopiù privi di rilevanza economica, rivolti direttamente ai cittadini e alla comunità in senso più ampio. Relativamente alla distribuzione di compiti e funzioni ai diversi livelli istituzionali, il D.Lgs. 112/1998 rappresenta il riferimento essenziale, accanto al TUEL (D.Lgs. 267/2000). Valutando la relazione con le possibilità di redistribuzione di funzioni con la Città metropolitana, provando ad attivare una riflessione anche rispetto alle funzioni fondamentali dei Comuni, riportate nella sezione precedente e definite dalla L. 42/2009, nell ottica di una possibile (o necessaria) gestione in forma associata, verranno approfonditi i seguenti servizi: a) istruzione; b) servizi sociali; c) servizi sanitari; d) polizia locale; e) sicurezza e protezione civile. Accanto a questi, si articola ovviamente una serie di altri servizi pubblici, che rappresentano, per vari motivi, un corpo secondario rispetto alle possibili funzioni da ridistribuire, in particolare in rapporto alle potenziali competenze della futura Città metropolitana. Tra questi ci sono le funzioni amministrative, la formazione di livello universitario, la cultura, lo sport e la giustizia, che, proprio in ragione dell esiguità delle possibili competenze attribuite, non verranno trattate nel presente dossier. Si rimanda invece al Dossier 01 Promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale per i servizi alle imprese, al lavoro e alla formazione professionale. 1. Le competenze attuali: funzioni, livelli di Governo e riferimenti normativi a) Istruzione Le competenze in tema di istruzione, in particolare rispetto ai compiti della Regione e alle deleghe a Province e Comuni, sono definite dall art. 139 del D.Lgs. 112/1998, attuativo della L. 59/1997. In realtà è con la riforma del Titolo V della Costituzione del , che sancisce le competenze già attribuite, che prende corpo e si amplia il campo delle funzioni trasferite alle regioni e agli enti locali, lasciando competenza esclusiva dello Stato le sole norme generali sull istruzione, individuando tra le materie a competenza concorrente istruzione, salva l autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell istruzione e della formazione professionale. Rispetto a tutte le altre materie non ricomprese nei commi 2 e 3 dell art. 117, si riconosce competenza legislativa residuale alle Regioni 10. Entro questo quadro di carattere generale sono stati dunque ridefiniti e fissati i diversi livelli di competenza, in particolare attraverso il trasferimento di alcune funzioni legislative alle Regioni, che hanno proceduto poi a legiferare in materia 11, trasferendo in tal modo funzioni e risorse agli enti locali. L art. 139 del D.Lgs. 112/1998, delega alle Regioni le seguenti funzioni amministrative: a. la programmazione dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale; 9 Art. 117, comma 2, lettere m) ed n), Cost. 10 L istruzione: il ruolo delle Amministrazioni locali. Funzioni, criticità e prospettive, CIttalia - Fondazione ANCI ricerche, Roma, In Lombardia la normativa regionale di riferimento è la L.R. 6 agosto 2007, n. 19 Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia. 7

10 b. la programmazione, sul piano regionale, nei limiti delle disponibilità di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica, sulla base dei piani provinciali, assicurando il coordinamento con la programmazione di cui alla lettera a); c. la suddivisione, sulla base anche delle proposte degli enti locali interessati, del territorio regionale in ambiti funzionali al miglioramento dell'offerta formativa; d. la determinazione del calendario scolastico; e. i contributi alle scuole non statali; f. le iniziative e le attività di promozione relative all'ambito delle funzioni conferite L art. 139 del D.Lgs. 112/1998, attribuisce alle Province, per quanto riguarda l istruzione secondaria superiore, ed ai Comuni, per quanto concerne gli altri gradi inferiori di scuola, i seguenti compiti e funzioni: a. l istituzione, l aggregazione, la fusione e la soppressione di scuole in attuazione degli strumenti di programmazione; b. la redazione dei piani di organizzazione della rete delle istituzioni scolastiche; c. i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio; d. il piano di utilizzazione degli edifici e di uso delle attrezzature, d intesa con le istituzioni scolastiche; e. la sospensione delle lezioni in casi gravi e urgenti; f. le iniziative e le attività di promozione relative all ambito delle funzioni conferite; g. la costituzione, i controlli e la vigilanza, ivi compreso lo scioglimento, sugli organi collegiali scolastici a livello territoriale. In aggiunta alle funzioni attribuite dal D.Lgs. 112/1998, per i relativi livelli, sono state ampliate le competenze amministrative conferite a Province e Comuni, con l attribuzione, in particolare, di due altre competenze essenziali: - programmazione territoriale dell offerta e organizzazione e gestione della rete scolastica; - realizzazione, manutenzione e gestione dell edilizia scolastica (funzioni attribuite dalla L. 23/1996); Rispetto a quest ultimo punto, la L. 23/1996 attribuisce, per quanto riguarda la realizzazione e manutenzione dell edilizia scolastica e il diritto allo studio, alle Province competenza per gli istituti di istruzione secondaria di II grado e ai Comuni competenza per le scuole dell infanzia, primaria e secondaria di I grado. Infine, la normativa regionale di riferimento, L.R. 6 agosto 2007, n. 19, va a definire ulteriormente il ruolo di Regione, Province e Comuni (artt. 5 e 6), confermando di fatto le funzioni previste dal D.Lgs. 112/1998. In aggiunta a quanto disciplinato a livello nazionale, la Regione prevede per sé un ruolo nella programmazione degli interventi in materia di edilizia scolastica e assegnazione dei relativi contributi, ulteriori rispetto a quelli statali, con l istituzione del Fondo per l edilizia scolastica, al quale possono fare richiesta di contributo Province e Comuni. Rispetto alle risorse economiche e finanziarie, il sistema dell istruzione vede la compartecipazione di una pluralità di soggetti ai diversi livelli istituzionali: Stato, Regioni, Enti locali, istituzioni scolastiche. A questi si aggiungono anche soggetti privati e terzo settore, che, come in Lombardia, hanno assunto un ruolo non trascurabile. La principale fonte di finanziamento rimane in ogni caso quella statale, integrata dalle politiche regionali. Province e comuni, per i livelli di competenza, compartecipano con risorse proprie al mantenimento e sviluppo dell edilizia scolastica, dalla costruzione degli edifici alla loro manutenzione, nonché al regolare funzionamento delle scuole. L altro settore d intervento e di spesa degli Enti locali è riferibile alla garanzia del diritto allo studio, attraverso agevolazioni economiche alle famiglie in difficoltà. 8

11 D.Lgs. 112/ Funzioni (art. 139) L. 23/ Edilizia scolastica L.R. 19/ Attuazione regionale Tabella 1a Le competenze attuali (funzioni, livelli di governo e riferimenti normativi): istruzione Macrofunzione Funzione Livello di esercizio della funzione Livello di Governo e normativa Regione Provincia Comuni Programmazione Programmazione dei servizi educativi di istruzione e formazione L.R. 19/2007 (Art.5) Scuola primaria e Scuola secondaria di primo grado D.Lgs. 112/1998 (Art. 139) Gestione Istituzione, aggregazione, fusione e soppressione di scuole, in attuazione degli strumenti di programmazione L.R. 19/2007 (Art.6) Realizzazione, gestione e manutenzione edilizia scolastica L 23/1996 Istruzione Risorse Trasferimento delle risorse strumentali, umane e finanziarie necessarie per l'esercizio delle funzioni L.R. 19/2007 (Artt. 7bis, 7ter, 8, 31) Programmazione Programmazione dei servizi educativi di istruzione e formazione L.R. 19/2007 (Art.5) Scuola secondaria di secondo grado D.Lgs. 112/1998 (Art. 139) Gestione Istituzione, aggregazione, fusione e soppressione di scuole, in attuazione degli strumenti di programmazione L.R. 19/2007 (Art.6) Realizzazione, gestione e manutenzione edilizia scolastica L 23/1996 9

12 Macrofunzione Funzione Livello di esercizio della funzione Livello di Governo e normativa Regione Provincia Comuni Risorse Trasferimento delle risorse strumentali, umane e finanziarie necessarie per l'esercizio delle funzioni L.R. 19/2007 (Artt. 7bis, 7ter, 8, 31) b) Servizi sociali L attribuzione delle competenze alle Regioni e agli enti locali, relativamente al campo dei servizi sociali, è disciplinata dall art. 132 del D.Lgs. 112/1998. Successivamente, ai sensi e in attuazione di tale decreto, viene promulgata la Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, n. 328 dell 8 novembre Di fatto con questa legge si conferma e si da attuazione al principio di sussidiarietà, che, in tema di servizi sociali, porta ad attribuire direttamente ai Comuni la prevalenza dei compiti in materia 12. Il Capo II della normativa definisce l assetto istituzionale e l organizzazione del sistema integrato di interventi, delineando le funzioni attribuite ai differenti livelli di governo. Alla Regione spettano compiti di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi sociali. Tra questi assume particolare importanza la determinazione degli ambiti territoriali, utili all esercizio associato delle funzioni sociali, a partire dai quali vengono poi sviluppati i Piani di Zona. Il quadro legislativo è definito dalla L.R. 3/2008 Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario. Confermando l attribuzione delle funzioni, la legge regionale in particolare individua e regola ulteriori fonti di finanziamento delle unità di offerta sociali e sociosanitarie. Rispetto ai servizi sociali sono limitate le competenze in capo alle Province. Secondo l art. 7 della L. 328/2000, spettano le seguenti funzioni: a. raccolta delle conoscenze e dei dati sui bisogni e sulle risorse e concorso all'attuazione del sistema informativo dei servizi sociali; b. analisi dell'offerta assistenziale per promuovere approfondimenti mirati sui fenomeni sociali più rilevanti in ambito provinciale e supporto per il coordinamento degli interventi territoriali; c. promozione, d'intesa con i comuni, di iniziative di formazione; d. partecipazione alla definizione e all'attuazione dei piani di zona. Le funzioni delle Province sono perlopiù circoscritte ad attività informative e conoscitive. In particolare concorrono alla programmazione e alla realizzazione della rete dell offerta sociale, con specifico riferimento al sistema dell'istruzione, della formazione professionale e delle politiche del lavoro. 12 L art. 3, comma 1 della Legge 328/2000 recita che La programmazione e l'organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle regioni ed allo Stato ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e della presente legge, secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell'amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali. 10

13 Ai Comuni, secondo l art. 6 della L. 328/2000, spettano: a. programmazione, progettazione, realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete, indicazione delle priorità e dei settori di innovazione attraverso la concertazione delle risorse umane e finanziarie locali; b. erogazione dei servizi e delle prestazioni economiche 13, nonché attività assistenziali già di competenza delle province, con le modalità stabilite dalla legge regionale; c. autorizzazione, accreditamento e vigilanza dei servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica; d. partecipazione al procedimento per l'individuazione degli ambiti territoriali per l'esercizio associato delle funzioni sociali; e. definizione dei parametri di valutazione delle condizioni di cui all'articolo 2, comma 3, ai fini della determinazione dell'accesso prioritario alle prestazioni e ai servizi. Si segnala, infine, un ruolo essenziale nella gestione dei servizi per l infanzia e quindi degli asili nido (0-3 anni) e della scuola dell infanzia (3-6 anni), in cui i Comuni hanno completa responsabilità. Il principale strumento di promozione e sviluppo delle politiche sociali è il Piano di Zona, strumento di programmazione in ambito locale della rete d'offerta sociale, entro cui si definiscono obiettivi, criteri e modalità di erogazione dei servizi sociali 14. Sviluppato dai Comuni, viene approvato dall'assemblea distrettuale dei sindaci, con un ruolo di promozione e compartecipazione della Provincia, anche attraverso l articolazione del piano secondo ambiti territoriali. Sul fronte delle risorse economiche e finanziarie spetta allo Stato e ai Comuni il ruolo principale. Il primo garantisce le risorse attraverso il Fondo nazionale per le politiche sociali, il quale viene integrato da specifici fondi regionali. Ai comuni spetta la gestione delle risorse e il finanziamento diretto dei servizi sociali di livello locale. D.Lgs. 112/ Funzioni (art. 132) L. 328/ Legge quadro L.R. 3/ Attuazione regionale 13 Ad esclusione delle prestazioni economiche di cui all art. 22 della Legge 328/ I Piani di Zona sono uno strumento previsto dalla Legge 328/2000 Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, la cui disciplina di attuazione regionale è contenuta nella Legge regionale 12 marzo 2008, n.3 Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario. 11

14 Tabella 2a - Le competenze attuali (funzioni, livelli di governo e riferimenti normativi): servizi sociali Macrofunzione Livello di esercizio della funzione Livello di Governo e normativa Regione Provincia Comuni Programmazione Funzioni di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi sociali L. 328/2000 (art. 8) Funzioni di indirizzo, programmazione, coordinamento, controllo e verifica delle unità d'offerta sociali L.R. 3/2008 (art. 11) Funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e concorso alla programmazione regionale L. 328/2000 (art. 6) Funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale L.R. 3/2008 (art. 13) Servizi sociali D.Lgs. 112/1998 (Art. 132) Attuazione Attività informative e conoscitive L.R. 3/2008 (art. 12) Piano di Zona L.R. 3/2008 (art. 18) Risorse Ripartizione dei finanziamenti assegnati dallo Stato e cofinanziamento di interventi e servizi sociali derivanti dai provvedimenti regionali L. 328/2000 (art. 4, comma 3) Ripartizione dei finanziamenti assegnati dallo Stato e fondi regionali dedicati L.R. 3/2008 (Capo VI) Spese di attivazione degli interventi e dei servizi sociali a favore della persona e della comunità L. 328/2000 (art. 4, comma 2) c) Servizi Sanitari I servizi sanitari sono disciplinati a livello nazionale dal D.Lgs. 502/1992, che conferisce allo Stato e alle Regioni le principali competenze in materia. Il processo di redistribuzione delle competenze ha inizio con il D.Lgs. 112/98 (art. 115), che prevede il trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni, prosegue con il D.Lgs. 229/1999, che modifica sostanzialmente i contenuti del decreto legislativo n. 502, e si conclude con il D.Lgs. 56/2000 che definisce il nuovo sistema di finanziamento regionale dei servizi. Questa serie di passaggi trova poi compimento nella riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, che individua la tutela della salute tra le materie di legislazione concorrente, avviando la fase di prevalente governo regionale della sanità pubblica. In questo quadro, allo Stato spetta, oltre alla disciplina generale e l erogazione dei fondi, in particolare la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni 15. Sempre il D.Lgs. 502/1992, definisce, all art. 2, come 15 Art. 1 del D.Lgs.. 30 dicembre 1992, n. 502 Tutela del diritto alla salute, programmazione sanitaria e definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza 12

15 spettano alle regioni e alle province autonome, nel rispetto dei principi stabiliti dalle leggi nazionali, le funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera. Le Regioni, che hanno oggi un ruolo centrale, esercitano funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento, controllo e supporto, assicurando l erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni, così come previste a livello nazionale. Lo strumento attraverso il quale la regione opera è il Piano sociosanitario regionale, avente validità triennale. In Lombardia il riferimento normativo essenziale è la L.R. 33/2009, testo unico delle leggi regionali in materia di sanità. La Regione ha il compito di definire, oltre al già citato Piano sociosanitario (art. 4), gli ambiti territoriali delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) e le relative modalità di funzionamento, la definizione delle aziende ospedaliere, le modalità di accreditamento delle strutture pubbliche e private e il relativo rilascio dell accreditamento istituzionale. In tal senso va ricordato come la serie di riforme abbia portato alla sostanziale modificazione del modello delle strutture sanitarie locali, organizzate oggi secondo un modello aziendale e territorialmente distribuite sulla base dei distretti sanitari. La legge regionale disciplina infatti l'articolazione in distretti dell'unità sanitaria locale. In provincia di Milano sono individuati tre ambiti territoriali e relative ASL 16. Ai comuni non sono assegnate particolari competenze, se non un ruolo nella programmazione e nella valutazione dei servizi, esercitato attraverso l assemblea dei sindaci. L altra competenza residuale si rifà alla concessione e autorizzazione per la realizzazione di strutture sanitarie e sociosanitarie in ambito comunale. Trasversale è poi la gestione delle farmacie comunali, sulle quali i comuni hanno piena potestà. Da ultimo si ricorda come sia previsto, nel D.Lgs. 502/1992, il coordinamento dei servizi sanitari con le Agenzie regionali per l'ambiente, nella prospettiva di integrazione fra politiche sanitarie e politiche ambientali (igiene ambientale). Rispetto alla Città metropolitana, il D.Lgs. 502/1992, all art. 2, tra i compiti assegnati alle Regioni, individua la definizione dei criteri e delle modalità anche operative per il coordinamento delle strutture sanitarie operanti nelle aree metropolitane di cui all'articolo 17, comma 1, della Legge 8 giugno 1990, n. 142, nonché l'eventuale costituzione di appositi organismi, come aggiunto dal D.Lgs. 229/1999. Viene dunque già contemplata la possibilità di costituire nelle aree metropolitane un apposito organismo al quale attribuire il compito di definizione del piano attuativo metropolitano, al quale verrebbe in tal caso delegata l elaborazione da parte della Regione. Rispetto alle risorse economiche e finanziarie, queste vengono gestite direttamente a livello regionale, derivanti dai trasferimenti statali, dal costo delle prestazioni e dalle integrazioni direttamente erogate dalla Regione. D.Lgs. 112/ Funzioni (art. 115) D.Lgs. 502/ Disciplina generale L.R. 33/ Attuazione regionale 16 L art. 4 della L.R. 33/2009 Norme sul servizio sanitario regionale, individua ed elenca le Aziende Sanitarie Locali con i relativi ambiti territoriali. 13

16 Tabella 3a - Le competenze attuali (funzioni, livelli di governo e riferimenti normativi): servizi sanitari Macrofunzione Livello di esercizio della funzione Livello di Governo e normativa Regione Provincia Comuni Programmazione Determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni D.Lgs. 502/1992 (art. 1) Programmazione, indirizzo, coordinamento, controllo e supporto L.R. 33/2009 Concessione e autorizzazione per la realizzazione di strutture sanitarie L.R. 3/2008 (art. 18) Servizi sanitari D.Lgs. 112/1998 (Art. 115) Gestione/ Attuazione Risorse Realizzazione Piano sociosanitario regionale L.R. 33/2009 (art. 4) Ripartizione dei finanziamenti assegnati dallo Stato e cofinanziamento di interventi e servizi sociali derivanti dai provvedimenti regionali D.Lgs. 502/1992 d) Polizia locale In tema di Polizia locale, la normativa di riferimento è la L. 65/1986 Legge quadro sull'ordinamento della Polizia Municipale. La normativa attribuisce (art. 1) le competenze ai Comuni, che istituiscono il proprio servizio di Polizia municipale. Le principali competenze riguardano attività di polizia amministrativa, giudiziaria, stradale, urbana e rurale, ambientale, edilizia, demaniale, ecc oltreché il ruolo di pubblica sicurezza. Rispetto alle modalità di gestione del servizio, sempre l art. 1 stabilisce già la possibilità di gestire il servizio in forma associativa tra Comuni, indicando come la Regione possa promuovere le opportune forme associative con idonee iniziative di incentivazione 17. In Lombardia la legislazione regionale di riferimento è la L.R. 4/2003. In particolare, rispetto alle competenze della Provincia (art. 4), vengono attribuiti compiti in merito alla tutela dell ambiente e del territorio, esercitati dal corpo di Polizia provinciale. La Polizia provinciale ha competenza in particolare rispetto alle materie che, a norma del D.Lgs. 112/1998, le sono state delegate dallo Stato. In particolare, i compiti di polizia ambientale, di cui al D.Lgs. 112/1998, con particolare riguardo alla prevenzione, accertamento e repressione dei fenomeni di inquinamento del suolo, delle acque e dell'aria; tutela e salvaguardia delle zone sottoposte a vincolo paesaggistico e idrogeologico, controlli nelle acque interne (fiumi e laghi), tutela dei beni ambientali e della biodiversità, vigilanza sui parchi e riserve naturali. 17 Le funzioni di polizia locale sono state individuate tra le funzioni fondamentali dei Comuni dalla Legge 42/2009. Con l entrata in vigore della L. 135/2012, l art. 19, comma 1, lett. b), impone, per i Comuni sotto i ab., l esercizio in forma associata di tutte le funzioni fondamentali a partire dal 1 gennaio 2014 (tre delle quali già obbligatorie dal 1 gennaio 2013). 14

17 Relativamente alle risorse economiche e finanziarie, come disposto dall art. 14 della L. 65/1986, l'onere finanziario è di competenza degli enti interessati per le relative competenze. In aggiunta alle risorse proprie degli enti competenti (Provincia e Comuni) la regione finanzia specifici progetti per la sicurezza, attraverso strumenti finanziari integrati 18. D.Lgs. 112/ Funzioni (Titolo V) L. 65/ Disciplina generale L.R. 4/ Attuazione regionale Tabella 4a - Le competenze attuali (funzioni, livelli di governo e riferimenti normativi): polizia locale Macrofunzione Livello di esercizio della funzione Livello di Governo e normativa Regione Provincia Comuni Norme e principi L. 65/1986 (art. 6) Polizia locale D.Lgs. 112/1998 (Titolo V) Programmazione Esercizio Indirizzi generali dell organizzazione e svolgimento del servizio di polizia locale L.R. 4/2003 (art. 1) Servizio di polizia provinciale L.R. 4/2003 (art. 4) Servizio di polizia municipale L. 65/1986 (art. 1) L.R. 4/2003 (art. 5) Risorse Progetti per la sicurezza urbana L.R. 4/2003 (art. 25, 28) Di competenza dell Ente L. 65/1986 (art. 14) Di competenza dell Ente L. 65/1986 (art. 14) e) Sicurezza e Protezione civile Le funzioni della Protezione civile sono stabilite dalla L. 225/1992, che definisce le attività (previsione, prevenzione, soccorso, superamento dell'emergenza) e distribuisce compiti e responsabilità tra lo Stato e gli Enti locali. L ultima modifica legislativa è ad opera della L. 100/2012, interviene in modo significativo sulla L. 225/1992, in particolare rispetto ai compiti dei Comuni. Come per molti servizi, a valle del D.Lgs. 112/1998 e della Riforma del Titolo V della Costituzione, dove diviene materia di legislazione concorrente, la competenza in materia di protezione civile è passata dallo Stato ai governi regionali e alle autonomie locali. Lo Stato detiene la determinazione dei principi fondamentali. Sempre con la L. 100/2012, viene riproposto il Servizio Nazionale della Protezione Civile. Alle Regioni viene attribuito il potere legislativo. In Lombardia il sistema di protezione civile è regolato dalla L.R. 16/2004 (aggiornata dal collegato ordinamentale 2010), Testo unico delle disposizioni regionali in materia di Protezione Civile. 18 Titolo V della L.R. 4/2003, in particolare agli artt. 25 e 28 per gli aspetti finanziari 15

18 La Regione definisce l'organizzazione del sistema regionale di protezione civile e la definizione di indirizzi e principi direttivi per gli enti locali. Detiene funzioni in ordine a: - previsione e prevenzione dei rischi; - partecipazione al soccorso; - superamento dell'emergenza. Sempre tra i nuovi compiti attribuiti alla Regione vi è la redazione del Piano regionale di protezione civile, che individua criteri e modalità d intervento in caso di emergenza, sulla base delle indicazioni operative del Dipartimento, e un piano di prevenzione dei rischi. Il Piano può prevedere l istituzione di un fondo regionale per realizzare gli interventi necessari a fronteggiare le prime fasi dell emergenza. Alla Provincia sono assegnate funzioni di: - attivazione dei servizi urgenti; - coordinamento delle organizzazioni di volontariato; - predisposizione del programma provinciale di previsione e prevenzione dei rischi e alla sua attuazione; - predisposizione del piano provinciale di emergenza; - integrazione delle strutture di rilevazione e dei sistemi di monitoraggio dei rischi sul proprio territorio. In particolare, i piani e programmi sono approvati dalla Provincia stessa ed hanno validità quadriennale, sempre aggiornabili. I Comuni, o loro forme associate, in particolare: - devono dotarsi, anche attraverso forme associative, di una struttura di protezione civile, coordinata dal sindaco; - curano la predisposizione dei piani comunali o intercomunali di emergenza; - curano l'attivazione dei primi soccorsi; - provvedono, in ambito comunale, alle attività di previsione e agli interventi di prevenzione dei rischi. La legge 100/2012 introduce l obbligo di dotarsi di Piano di Emergenza Comunale (PEC). Tale piano deve essere: - approvato da ciascun Comune, con Deliberazione di Consiglio Comunale. A tal proposito si ricorda che entro il 13 ottobre 2012, il Comune avrebbe dovuto già ottemperare ai disposti di legge; - redatto secondo le indicazioni operative emanate dal Dipartimento di Protezione Civile e dalle Regioni (D.G.R. 4732/2007); - conforme al Piano di Emergenza Provinciale. In particolare viene inoltre prevista la necessità di raccordare lo strumento con i piani e i programmi di gestione, tutela e risanamento del territorio, tra i quali rientra il Piano di Governo del Territorio (PGT), che dovrà essere coordinato con i PEC e con i piani regionali di protezione civile. L assenza dello strumento comporta non erogabilità dei finanziamenti regionali delle opere di pronto intervento (art. 3, D.G.R. 9/924 del 1/12/2010). Centrale in tale ambito è il ruolo del Sindaco. Spetta al Sindaco, per le emergenze a livello locale, la responsabilità della direzione e coordinamento dei servizi di soccorso, oltreché di assistenza alle popolazioni colpite, provvedendo ad attuare gli interventi necessari. Spetta invece al Prefetto, quale rappresentante dello Stato, la responsabilità per le emergenze in ambito provinciale. 16

19 Il ruolo di Regioni e Province, inizialmente più spostato sul versante della prevenzione e della formazione, è cambiato nel corso degli anni, con l attribuzione di sempre maggiori responsabilità nella gestione dell emergenza. Per quanto concerne le strutture statali di Protezione civile, l art. 11 della L. 225/1992 individua come strutture operative del Servizio nazionale: - vigili del fuoco (componente fondamentale) - forze armate; - forze di polizia; - corpo forestale dello stato; - servizi tecnici nazionali; - gruppi nazionali di ricerca scientifica; - croce rossa italiana; - strutture del servizio sanitario nazionale; - organizzazioni di volontariato; - corpo nazionale soccorso alpino-cnsas. La direttiva Presidente del Consiglio dei Ministri 3 dicembre 2008 concernente Indirizzi operativi per la gestione delle emergenze specifica i compiti di tutte le forze del servizio nazionale di protezione civile. Tabella 5a - Le competenze attuali (funzioni, livelli di governo e riferimenti normativi): sicurezza e Protezione civile Macrofunzione Livello di esercizio della funzione Livello di Governo e normativa Regione Provincia Comuni Protezione civile D.Lgs. 112/1998 (Titolo III, Capo VIII) Programmazione Esercizio Norme e principi L. 225/1992 Testo unico delle disposizioni regionali in materia di Protezione Civile L.R. 16/2004 Programmi di previsione e prevenzione dei rischi; Piano provinciale di emergenza L.R. 16/2004 (art. 3) Gestione emergenze provinciali L.R. 16/2004 (art. 3) Piani di emergenza comunale L.R. 16/2004 (art. 2) Gestione emergenze locali L.R. 16/2004 (art. 2) Risorse Norme e principi L. 225/

20 2. L agenda della Città metropolitana di Milano La Città metropolitana di Milano, come vedremo, può contare su un esteso e articolato sistema di servizi di livello sovracomunale. Al fine di dare una dimensione complessiva del sistema dei servizi alla persona e alla comunità, verrà presentata un immagine sintetica della dotazione e localizzazione dei servizi, in grado di restituire i caratteri propri del territorio milanese Il sistema dei servizi sovracomunali nella Città metropolitana di Milano: temi e problemi Relativamente ai servizi alla persona e alla comunità, come si evince dall immagine successiva, la loro articolazione territoriale corrisponde alle caratteristiche che hanno segnato la formazione del sistema urbano metropolitano, con la massima concentrazione di servizi nel capoluogo e quindi il loro rarefarsi fuori dai confini di Milano. Oltre dal nucleo centrale è possibile riconoscere degli addensamenti: nei comuni di prima cintura, che di fatto si configurano, soprattutto a nord, in continuità con Milano per localizzazione e dotazione, nonché in alcune delle principali polarità della Provincia di Milano, sia di formazione storica, sia di più recente sviluppo. Questa lettura, da un lato, conferma la tendenza alla saldatura, non solo in termini di continuità fisica, tra Milano e i comuni di prima cintura, in particolare a nord e lungo le principali radiali. Dall altra, fa emergere con forza la natura policentrica dell area metropolitana, innegabilmente incentrata sulla presenza di Milano, ma che vede la presenza di numerose polarità territoriali, in grado di garantire una dotazione di servizi di livello sovracomunale ampia e diffusa a tutto il territorio. Il recente PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale), approvato dalla Provincia di Milano nel dicembre 2013, ribadisce e consolida molti studi realizzati nel corso del ultimo ventennio, riconoscendo questa caratterizzazione dell area metropolitana. Propone infatti una lettura che riconosce una sorta di gerarchia, basata in primo luogo sulla dotazione territoriale di servizi, che vede: la città centrale (composta da Milano e altri 24 Comuni); 13 poli attrattori intermedi, organizzati nel territorio provinciale. La L.R. 12/2005 (art.9) individua come poli attrattori i Comuni, ove devono essere localizzati i servizi di interesse sovracomunale necessari al soddisfacimento della domanda espressa dal bacino territoriale di gravitazione e ove devono essere reperiti i servizi pubblici aggiuntivi in relazione alla popolazione fluttuante. Di fatto rappresentano i poli territoriali in cui si organizzano i principali sistemi di servizi di livello sovralocale I sistema dei servizi rappresenta solo uno dei criteri utilizzato per l individuazione dei poli attrattori del PTCP. Per approfondimenti si rimanda al Dossier 02 Pianificazione Territoriale. 18

21 Figura 1a Sistema dei servizi di livello sovracomunale (fonte: Provincia di Milano Centro Studi PIM, 2006) Sotto il profilo quantitativo, il grafico successivo (organizzato sulla base dei tavoli interistituzionali della Provincia di Milano) ci mostra come complessivamente, nella sola città di Milano, insista ca. il 50% della dotazione complessiva di servizi di livello sovracomunale. Questo modello distributivo dei servizi, in generale, riguarda tutte le diverse macrotipologie considerate, con alcune eccezioni. Rispetto alle singole tipologie, quelli che mostrano un articolazione territoriale più omogenea sono i servizi alle imprese e al lavoro, la sanità, i servizi sociali e l edilizia residenziale pubblica. Una spiccata prevalenza della città di Milano si evidenzia invece in quei settori caratterizzati dalla presenza di servizi che si configurano come eccellenze di livello sovracomunale e regionale. Ne sono in particolare un esempio il settore università e ricerca, che vede un alta concentrazione nella città centrale, i servizi amministrativi e la giustizia. La geografia della dotazione di servizi alla persona e alla comunità proposta è in grado di far comprendere il bilanciamento a livello territoriale dei servizi di scala sovracomunale, suddivisi per settore. Più complesso risulta valutare, da un punto di vista quantitativo, le dotazioni dei servizi di livello comunale, non rilevabili nei database di livello provinciale Le elaborazioni sono state effettuate sui dati contenuti nel rapporto Sistema dei servizi di livello sovracomunale nella Provincia di Milano, Provincia di Milano Centro Studi PIM, 2006, rilevati al 2005, ultima rilevazione su base provinciale disponibile. I dati prendono in considerazione le superfici territoriali dei servizi e loro estensione, per la costruzione della tabella (Figura 2a), e il numero complessivo dei servizi rilevati puntualmente, nella tavola (Figura 1a). 19

22 Figura 2a Articolazione dei servizi di livello sovracomunale per tipologia (fonte: Provincia di Milano Centro Studi PIM, 2006) Provando a valutare i dati per settore, laddove disponibili, possiamo cominciare a farci un idea rispetto alla dimensione delle questioni di cui proviamo a trattare, articolandole sinteticamente secondo lo schema proposto. In tema di istruzione, secondo i dati forniti dall Istituto Scolastico per la Lombardia (dati aggiornati al 2011), in Provincia di Milano sono presenti, 488 istituti scolastici pubblici, che vanno dalla scuola primaria alla scuola secondaria di II grado. Un patrimonio certamente ingente, che, come già evidenziato, vede ad oggi una competenza comunale fino alla scuola secondaria di I grado e provinciale per le scuole secondarie di II grado. Relativamente gli istituti di istruzione secondaria di II grado, in capo alla Provincia di Milano, si organizzano in 11 Ambiti territoriali, contando su un patrimonio di 144 immobili (dati al 2008 riferiti alla Provincia di Milano e Monza e Brianza). Per avere un idea sul complesso di spesa, nel bilancio 2011, la Provincia di Milano ha registrato una spesa per l istruzione di circa 80 milioni di, di cui ca. 18 milioni di (al netto del personale) per l istruzione e ca. 58 milioni di per investimenti nel campo dell edilizia scolastica, finalizzati perlopiù alla manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio esistente, che richiede sempre maggiori investimenti. 20

23 Le principali problematiche rispetto al tema dell istruzione, sono certamente legate alle risorse. La disponibilità di fondi, sia rispetto ai costi di gestione e funzionamento delle attività, sia rispetto agli investimenti necessari nell edilizia scolastica, ha dimostrato di essere insufficiente ai fini di garantire un livello soddisfacente di funzionamento del servizio. In particolare, il tema dell edilizia scolastica, in capo ai Comuni e alla Provincia per le rispettive competenze, richiede sempre più ingenti risorse, che soprattutto i Comuni non sono più in grado di sostenere. L altro aspetto rilevante è quello dell organizzazione dei plessi scolastici nel territorio. Se escludiamo gli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, organizzati a livello provinciale, per i gradi inferiori la competenza è comunale. In molti casi, si assiste alla sempre maggiore necessità di intervenire nella riorganizzazione dell offerta anche a livello comunale, in ragione del mutamento della domanda. Ciò determina problemi di organizzazione dei vari plessi scolastici, che creano difficoltà di gestione, moltiplicazione dei costi e di conseguenza una riduzione dell efficienza nell erogazione del servizio. I servizi sociali, o in senso più ampio i servizi socio-sanitari, rispetto agli altri servizi analizzati, hanno in molti casi un carattere immateriale, quindi non facilmente confrontabile con i parametri quantitativi. Il caso milanese, tra i più avanzati in questo settore, ha visto la nascita di interessanti esperienze, in particolare dall entrata in vigore della Legge regionale 3/2008, in attuazione della Legge 328/2000, che ha istituito i Piani di Zona. Caratteristica essenziale dei Piani di Zona è la loro natura intercomunale. I Piani di Zona sono infatti promossi secondo Ambiti Territoriali. Compito primario è quello di pianificare le politiche e gli interventi sociali nel territorio, organizzando a livello locale il campo delle politiche sociali, attivando e coordinando i diversi soggetti che intervengono sui bisogni e sulla domanda sociale. Il metodo di costruzione dei Piani di Zona è basato sulla partecipazione attiva degli attori sociali locali, al fine di attivare gli interventi sociali e socioassistenziali sulla base dei bisogni rilevati e delle priorità identificate. La competenza comunale, in forma associata, è stata supportata dalla Provincia di Milano. Per il triennio in corso (2012/2014), la Provincia di Milano (con deliberazione 137/2012) ha definito le linee guida della partecipazione dell Ente agli Ambiti Territoriali, in coerenza con i compiti istituzionali attribuiti alle Province dalla L. 328/2000 e dalla L.R. 3/2008. Tali compiti sono così identificati: - partecipazione della Provincia di Milano in qualità di invitato (senza diritto di voto) all Assemblea Distrettuale dei Sindaci; - formazione del personale socio-sanitario ai sensi del Piano Provinciale della formazione per gli operatori; - realizzazione di politiche relative alla disabilità sensoriale; - assegnazione di risorse finanziarie subordinata alla disponibilità di bilancio. La programmazione è stata organizzata e definita a partire dai distretti ASL, che formano 18 Ambiti Territoriali nella Provincia di Milano. Ciascun Ambito Territoriale ha approvato il proprio Piano di Zona per il periodo La documentazione relativa ai 18 Piani di Zona degli Ambiti Territoriali è reperibile alla pagina: x.html 21

24 Figura 3a Piani di zona, processo decisionale e attori. Le linee guida del II e del III triennio di programmazione zonale (fonte: Gori, 2011) In Come cambia il welfare lombardo. Una valutazione delle politiche regionali. A cura di Cristiano Gori, Maggioli,

25 I Piani di Zona, oltre ad analizzare il quadro socio-economico e la domanda, individuano politiche di tutela, integrazione e inclusione sociale e supporto, attivando progetti di sviluppo dell offerta di strumenti e politiche sociali, lavorando per aree tematiche, attraverso tavoli condivisi. Oltre ai Piani di Zona, che rappresentano una potenzialità di coordinamento e sviluppo, nonché di ottimizzazione delle risorse e delle competenze a disposizione, i singoli Comuni promuovono poi altri interventi, legati alle esigenze specifiche riscontrate. Figura 4a Gli ambiti territoriali dei Piani di Zona L esperienza dei Piani di Zona ha mostrato la capacità di promuovere forme di collaborazione e sviluppo di politiche intercomunali, con il coordinamento delle attività a livello provinciale, riuscendo ad affrontare un tema, quello dei servizi sociali, difficilmente affrontabile alla scala comunale, in particolare per i comuni più piccoli, sotto i 10 mila abitanti. Si è dimostrata la capacità dei Comuni, di fronte a reali necessità, di essere in grado di agire congiuntamente, provando ad affrontare i problemi in un ottica non meramente locale. Restano comunque problematici diversi aspetti. In primo piano il tema delle risorse, con un peso sempre più sbilanciato verso i Comuni, difficile da sostenere, che ha visto la riduzione dei contributi nazionali e regionali. Altro elemento potenzialmente critico è rappresentato dall articolazione territoriale degli ambiti, oggi in capo alla Regione, intorno alla cui riorganizzazione si potrebbe meglio costruire la rete integrata dei servizi e valorizzare le opportunità territoriali. Inoltre si manifesta la necessità di una sempre maggiore integrazione di azione tra gli attori (in particolare Comuni, Asl, terzo settore), in particolare con le ASL per quanto riguarda gli aspetti socio-sanitari. Ancora sono da segnalare i temi dell accreditamento, con la definizione di requisiti 23

26 omogenei per gli ambiti territoriali. Infine, va ricordata la difficoltà nella promozione e valorizzazione dei progetti e delle iniziative attive. Contestuale a quello dei servizi sociali è il tema della sanità. Tema centrale è legato all organizzazione territoriale del servizio. Basata sui distretti ASL, è direttamente in capo alla Regione e programmata attraverso il Piano Socio Sanitario Regionale, approvato per il triennio In Lombardia l integrazione tra servizi sanitari e servizi socio-assistenziali ha assunto nel tempo sempre maggiore importanza, quale strumento per mezzo del quale è possibile ottenere risposte più efficaci ai bisogni che ogni persona esprime in modo unitario, favorendo un approccio ampio ai bisogni della persona. La distinzione alla base del modello organizzativo, è tra attività sanitarie, attività socio-assistenziali e attività socio-assistenziali di rilievo sanitario. Secondo questi macro ambiti si organizza poi la rete capillare. Oltre ovviamente alle Aziende Sanitarie Locali e ai Presidi ospedalieri, vi sono poi una serie di strutture e servizi che vanno a completare l offerta socio-sanitaria, come le Strutture Residenziali per Anziani (RSA), i Centri Diurni Integrati (C.D.I.) e i Servizi di Assistenza Domiciliare (A.S.A). Tra i problemi si riscontra in particolare il forte centralismo regionale, in parte contraddittorio in un ottica di sussidiarietà e dunque di decentramento. In particolare, questo elemento risulta evidente rispetto alle ASL, che dovrebbero riflettere le esigenze e le necessità degli ambiti territoriali di riferimento. Qui si sente la carenza di un ruolo di coordinamento e integrazione, in particolare rispetto alle tre macrosfere delle politiche: sanitarie, socio-sanitarie e sociali. Vi è poi il tema degli accreditamenti, in particolare delle strutture sociosanitarie, attualmente gestito direttamente dalla Regione attraverso ASL locali. Infine, un cenno alla programmazione territoriale dell offerta. Risulta sempre più evidente la necessità di avere un livello di programmazione di ambito metropolitano, che sia in grado di attivare valutazioni legate ai caratteri peculiari del area metropolitana milanese, integrando le politiche sanitarie con la pianificazione territoriale. In tema di Polizia Locale, fino ad oggi si è proceduto nella direzione della gestione municipale. Anche grazie all entrata in vigore della L. 135/2012, che all art. 19 impone per i comuni minori la gestione in forma associata della funzioni fondamentali, quello della polizia locale è tra i servizi che maggiormente sta vedendo l orientamento dei Comuni verso la stipula di convenzioni, finalizzate alla gestione associata della funzione. I principali problemi sono dunque riconducili alla scala di erogazione del servizio. La gestione a livello locale, in particolare per i Comuni più piccoli, risulta sempre più complessa e incompatibile con le ridotte capacità di spesa. Senza contare l obbligatorietà di gestione associata dal 1 gennaio 2014 per i Comuni sotto 5 mila abitanti. Infine, rispetto al tema della sicurezza e protezione civile, la Provincia di Milano è dotata di un Piano di Emergenza Provinciale, approvato con deliberazione del Consiglio Provinciale n. 8 del 29/01/2004. Il Piano individua dei macroscenari secondo le tipologie di rischio (esondazione, incidente chimico industriale, incidente da trasporto di sostanze pericolose), fornendo indicazioni ai Comuni, per ciascuno dei quali viene redatta una scheda. Fornisce inoltre le indicazioni per la realizzazione dei Piani di Emergenza Comunale, divenuti obbligatori. In Provincia, oltre alle Unità di Crisi Locale, a livello comunale, è già attivo un progetto di aggregazione intercomunale a livello di protezione civile, organizzata in 20 Centri Operativi Misti (C.O.M.), la cui gestione della struttura associata è assegnata ad un Comune capo-area, con la costituzione di un organo collegiale composto da rappresentanti qualificati di tutti i Comuni compresi nell area intercomunale, al quale affidare la adozione dei provvedimenti e delle decisioni fondamentali. Il C.O.M. ha il compito di coordinare e gestire gli 24

27 interventi di emergenza sul luogo dell'evento in raccordo con il C.C.S. (Centro Coordinamento Soccorsi), la Sala Operativa della Prefettura ed i Sindaci dei Comuni colpiti L aggregazione intercomunale, a livello di protezione civile, permette: - valutazione sovracomunale dei rischi territoriali e adozione di strategie coordinate di prevenzione dei rischi; - adozione di un unico piano intercomunale di emergenza; - disponibilità di maggiori risorse sul territorio ed ottimizzazione delle stesse; - ripartizione delle spese derivanti dalla gestione della struttura; - migliori risultati in termini di efficienza e di coordinamento; - semplificazione dell attività di comunicazione con le altre componenti del Servizio Nazionale e con la popolazione Questioni aperte e indicatori di valutazione La valutazione dei sistemi di servizi alla persona e alla comunità nell area della Città metropolitana di Milano, come abbiamo potuto vedere, interessa una serie di servizi anche molto diversi tra loro. Per natura, bacino e tipologia d utenza, reti e livelli di erogazione dei servizi, rilevanza territoriale. Questi aspetti ed altri dovranno essere necessariamente presi in considerazione nella fase di definizione delle nuove competenze da attribuire alla Città metropolitana. Provando a sviluppare una forma di lettura trasversale degli elementi a disposizione, in relazione al complesso dei servizi analizzati, è forse possibile individuare alcune questioni, e soprattutto alcuni indicatori, attorno ai quali attivare ragionamenti specifici, in relazione al potenziale trattamento dei servizi pubblici da parte della Città metropolitana. Efficacia ed efficienza dei servizi. Il primo aspetto di valutazione non può che contemplare gli aspetti legati al funzionamento dei servizi. Le proposte di redistribuzione e riorganizzazione dovranno avere come orizzonte l effettiva possibilità di operare nella direzione di un miglioramento dei servizi e delle loro modalità di erogazione. Ottimizzazione delle risorse. La possibilità di riorganizzazione dei modelli di gestione dei servizi dovranno agire in funzione della possibilità di ottimizzare le (poche) risorse a disposizione, sia nell ottica di una razionalizzazione, laddove necessaria, sia nell ottica di una migliore organizzazione dell offerta. Questo aspetto si interseca in modo diretto con i modelli di gestione dei servizi e la possibilità di strutturare sistemi coordinati di gestione a livello intercomunale. Rilevanza territoriale. L ipotesi di riorganizzazione dei modelli di gestione dei servizi deve inoltre valutare l effettiva rilevanza territoriale del servizio, ossia comprendere se il servizio abbia o meno rilevanza intercomunale/sovracomunale. Questo aspetto è riconducibile a diversi fattori, che possono determinarne il grado di rilevanza territoriale: l organizzazione, la gestione e l erogazione del servizio, le risorse. Finalità quella di capire quale sia il livello più idoneo al quale conferire tali funzioni, che non necessariamente dovranno far coincidere i differenti aspetti citati con il medesimo livello, prevedendo la possibilità di una differente articolazione. Valorizzazione dei modelli di governance e organizzazione intercomunale sperimentati. Rispetto all esercizio di alcune funzioni di programmazione, si sono già sperimentati in passato, e sono tuttora attivi, modelli di organizzazione a livello intercomunale, costruiti intorno a tavoli specifici o in relazione all esercizio e alla 25

28 programmazione di alcune funzioni. Questi modelli di governance possono costituire il punto di partenza per la definizione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, valorizzando il ruolo dei soggetti coinvolti, riconoscendo alcuni ambiti territoriali che per natura e identità si sono storicamente consolidati in forme di rappresentanza e coordinamento. Da qui passa anche il riconoscimento delle identità locali, che dovrà essere alla base di eventuali forme di organizzazione e gestione dei servizi per sub-ambiti territoriali. Modelli gestionali. Rispetto ai servizi pubblici sono due le prospettive di riorganizzazione dei modelli di gestione, in relazione alla nascita della Città metropolitana: gestione diretta o ruolo di coordinamento. Qui sarà importante riconoscere la natura differente dei servizi, provando a individuare di volta in volta il modello più idoneo a garantire, in termini di efficacia ed efficienza, il funzionamento dei servizi medesimi. 26

29 3. Le funzioni della Città metropolitana di Milano nel quadro delle competenze interistituzionali: tracce per la discussione 3.1. Le nuove competenze e funzioni della Città metropolitana La L. 56/2014, al comma 44 dell art. 1, nel definire le funzioni spettanti alla Città metropolitana, tra le nuove fondamentali individua la strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano. Questo passaggio, che lascia ampio spazio all interpretazione, deve però essere letto in coordinato con i contenuti dell art. 19 della legge 135/2012, che individua Funzioni fondamentali dei comuni e modalità di esercizio associato di funzioni e servizi comunali. La legge 135/2012 prescrive infatti per i Comuni, in particolare per quelli sotto la soglia dei 5 mila abitanti, l obbligo di erogare in forma associata ad altri Comuni alcune delle proprie funzioni fondamentali, come individuate dall art. 117 della Costituzione (comma 2, lettera p). Nell ipotesi di redistribuzione delle funzioni tra differenti livelli, traguardando le possibilità di delega incrociata tra Comuni e Città metropolitana, è forse utile anzitutto provare a capire quali possano essere gli elementi di valutazione rispetto ai servizi analizzati. Come accennato in premessa del dossier, gli aspetti centrali sui quali si dovrà orientare il modello di redistribuzione delle funzioni, rispetto alla complessità della materia, sono due in particolare: - le modalità di gestione e di affidamento dei servizi pubblici; - i criteri per l individuazione degli ambiti ottimali per l erogazione dei servizi pubblici. Come detto, la L. 56/2014, nel campo dei servizi pubblici individua di fatto due distinte funzioni: - la predisposizione degli strumenti di coordinamento per la loro gestione dei servizi da parte dei comuni e delle loro forme associative, attraverso la strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici; - la possibilità di riconoscimento e gestione diretta di servizi di livello sovracomunale da parte della Città metropolitana, dunque l organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano. A queste due funzioni, si aggiunge la possibilità per la città metropolitana, d intesa con i Comuni, di esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive. Questo aspetto risulta trasversale a tutti i servizi, anche se pare maggiormente focalizzato sui servizi pubblici locale di rilevanza economica. Intorno a queste modalità di attribuzione delle nuove funzioni si proverà ad avanzare delle ipotesi rispetto alle singole funzioni, così come organizzate nel presente dossier Redistribuzione delle funzioni: quale livello di Governo? Il quadro emerso nei due precedenti capitoli, in relazione al quadro normativo e alle potenzialità di redistribuzione delle funzioni, ci restituisce, rispetto ai servizi alla comunità e alla persona alcuni elementi di ordine generale. Al di là di alcune funzioni e attività specifiche, approfondite di seguito, a livello generale sembra maggiormente applicabile un approccio volto alla possibilità di predisporre, a livello di competenza della Città metropolitana, strumenti di coordinamento, finalizzati a consolidare, sviluppare o attivare forme di gestione dei servizi da parte dei comuni in forma associata. Questa ipotesi presuppone dunque, per la Città metropolitana, un ruolo forte di coordinamento, non tanto da un punto di vista operativo e gestionale, quanto funzionale alla 27

30 definizione dei principi e delle modalità attraverso cui attivare idonee forme di gestione associata a livello intercomunale. Il primo aspetto riguarda la definizione di strumenti di coordinamento, finalizzati a definire le forme e le modalità con cui i Comuni possano gestire in forma associata i servizi. In questo senso sarebbe auspicabile superare l attuale modello volontaristico, e per certi versi occasionale, affidato alla volontà/necessità dei singoli Comuni di strutturare forme associative. Nell alveo della Città metropolitana si potrebbero costruire forme e modalità codificate di gestione associata, i citati sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, che potrebbero consolidarsi a livello statutario. L altro aspetto potenziale, legato a doppio filo al precedente, riguarda l organizzazione territoriale delle forme associative tra Comuni. Nella prospettiva di un quadro maggiormente strutturato, rispetto alla gestione di alcuni servizi, sarebbe forse possibile individuare degli ambiti territoriali omogenei entro i quali organizzare le forme di gestione associata, come già avviene per alcuni servizi di rilevanza economica (TPL e servizio idrico). In questo caso la Città metropolitana non dovrà porsi come soggetto decisore, bensì come luogo di discussione e di deposito delle decisioni, che saranno frutto del riconoscimento delle identità locali, a partire dalle proposte dei Comuni. Questi due aspetti si identificano come gli oggetti su cui strutturare il ruolo della Città metropolitana nel campo dei servizi alla persona e alla comunità, in un quadro dotato di grande flessibilità e di ampia discrezionalità statutaria, che sappia adattarsi alle esigenze dei territori e dei Comuni. a) Istruzione Relativamente all istruzione, vengono riconfermate le funzioni della Provincia in ordine all istruzione secondaria superiore, inerenti: - l istituzione, l aggregazione, la fusione e la soppressione di scuole in attuazione degli strumenti di programmazione; - la redazione dei piani di organizzazione della rete delle istituzioni scolastiche; - i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio; - il piano di utilizzazione degli edifici e di uso delle attrezzature, d intesa con le istituzioni scolastiche; - la sospensione delle lezioni in casi gravi e urgenti; - le iniziative e le attività di promozione relative all ambito delle funzioni conferite; - la costituzione, i controlli e la vigilanza, ivi compreso lo scioglimento, sugli organi collegiali scolastici a livello territoriale. A queste si aggiungono, sempre tra le competenze già in capo alla Provincia: - programmazione territoriale dell offerta e organizzazione e gestione della rete scolastica; - realizzazione, manutenzione e gestione dell edilizia scolastica (funzioni attribuite dalla L. 23/1996); Relativamente alle possibili nuove funzioni in tema di istruzione, la Città metropolitana potrebbe svolgere un ruolo anche in relazione agli altri livelli di istruzione: scuola primaria e scuola secondaria di primo grado. In questo caso, a differenza di quanto avviene per l istruzione secondaria di secondo grado, l oggetto non riguarderebbe la possibilità di programmazione e gestione diretta del servizio, che non si configura come un servizio di livello metropolitano. Un possibile ruolo della Città metropolitana potrebbe invece essere ritagliato nel campo della strutturazione di sistemi di coordinamento, finalizzati a facilitare e implementare la gestione in forma associata e territorialmente organizzata da parte dei Comuni, dell offerta scolastica. In un ipotesi maggiormente strutturata, si potrebbe affidare alla Città metropolitana il compito di individuare i possibili ambiti territoriali in 28

31 base ai quali organizzare l offerta a livello intercomunale. In questo modo sarebbe possibile attivare concretamente una prospettiva di gestione associata da parte dei Comuni del servizio, prevedendo, tra le possibili funzioni esercitabili in forma associata, a titolo d esempio, l organizzazione degli organi scolastici a livello intercomunale, la gestione comune delle iscrizioni degli alunni (ampliare la possibilità di scelta ai cittadini), la gestione comune delle risorse strumentali, la creazione di una centrale unica di acquisto di beni e servizi, la gestione comune dei servizi di ristorazione, ecc. In ultimo il tema dell edilizia scolastica. Passaggio ulteriore, anche se decisamente più complesso, potrebbe essere finalizzato ad una rivalutazione complessiva della dotazione del patrimonio di edilizia scolastica in capo ai Comuni, che spesso presenta ingenti problematiche non solo dal punto di vista della manutenzione, ma anche della dotazione e organizzazione stessa. A valle si potrebbero individuare alcune forme di convenzionamento tra Comuni che, in particolari contesti territoriali, caratterizzati da una forte integrazione e continuità territoriale, possano prevedere la possibilità di procedere ad una comune riorganizzazione della rete dei plessi scolastici, attraverso un piano di utilizzazione degli edifici e delle attrezzature, a scala intercomunale. Sempre relativamente alla programmazione dell offerta, una funzione che potrebbe essere conferita alla Città metropolitana è quella di programmazione territoriale dell offerta e organizzazione della rete scolastica, secondo quanto previsto dall art. 6 della L.R. 19/2007, in relazione alla scuola primaria e alla scuola secondaria di primo grado. In questo caso, nella prospettiva di riorganizzazione della rete dei plessi scolastici, potrebbe essere intensificato il ruolo della Città metropolitana, che, in accordo con i Comuni, potrebbe avere un ruolo, rispetto alla facoltà di istituzione, aggregazione, fusione e soppressione di scuole, in attuazione degli strumenti di programmazione. Tabella 6a Le funzioni della Città metropolitana di Milano nel quadro delle competenze interistituzionali: istruzione Macrofunzione Funzione Livello di esercizio della funzione Nuovo livello di Governo (il testo colorato indica il livello di Governo dal quale sono state assunte le funzioni trasferite: VERDE=Regione, BLU=Provincia, ROSSO=Comuni, ARANCIO=nuova funzione propria della Città metropolitana) Regione Città metropolitana di Milano Comuni (singoli o in forma associata) Temi e questioni aperte Istruzione D.Lgs. 112/1998 Scuola primaria e Scuola secondaria di primo grado D.Lgs. 112/1998 (Art. 139) Programmaz. Gestione Programmazione dell offerta formativa Suddivisione del territorio regionale in ambiti funzionali Istituzione, aggregazione, fusione e soppressione di scuole, in attuazione degli strumenti di programmazione Realizzazione, gestione e manutenzione edilizia scolastica, anche in forma associata tra Comuni Possibilità di gestione associata del servizio a livello intercomunal e 29

32 Macrofunzione Funzione Livello di esercizio della funzione Nuovo livello di Governo (il testo colorato indica il livello di Governo dal quale sono state assunte le funzioni trasferite: VERDE=Regione, BLU=Provincia, ROSSO=Comuni, ARANCIO=nuova funzione propria della Città metropolitana) Regione Città metropolitana di Milano Comuni (singoli o in forma associata) Temi e questioni aperte Risorse Trasferimento delle risorse strumentali, umane e finanziarie necessarie per l'esercizio delle funzioni ai relativi livelli di Governo Fondo per l edilizia scolastica Programmaz. Programmazione dei servizi educativi di istruzione e formazione Scuola secondaria di secondo grado D.Lgs. 112/1998 (Art. 139) Gestione Istituzione, aggregazione, fusione e soppressione di scuole, in attuazione degli strumenti di programmazione Realizzazione, gestione e manutenzione edilizia scolastica Risorse Trasferimento delle risorse strumentali, umane e finanziarie necessarie per l'esercizio delle funzioni ai relativi livelli di Governo b) Servizi sociali Nel campo dei servizi sociali, abbiamo visto come l esperienza dei Piani di Zona già rappresenti una base e un modello di cooperazione sviluppato a partire da forme associative tra Comuni. Anche qui, come già ribadito, il tema delle risorse si configura alla base del problemi. La centralizzazione delle risorse a livello regionale, dove viene trattenuta ampia quota del fondo nazionale politiche sociali, potrebbe essere maggiormente decentrata verso la gestione a livello zonale. In questo senso la Città metropolitana potrebbe funzionare da ente di coordinamento tra la Regione e gli ambiti territoriali, attraverso l Assemblea dei Sindaci, garantendo la 30

33 corretta erogazione dei fondi e valutando il livello di efficienza dei servizi. In questo modo si potrebbe limitare l onere sui Comuni ai soli servizi di base, effettivamente di livello comunale, gestendo attraverso i Piani di Zona le maggiori risorse regionali conferibili dalla Regione alla Città metropolitana. Uno dei nuovi compiti della Città metropolitana, potrebbe dunque riguardare la definizione degli Ambiti territoriali, attualmente in capo alla Regione. L organizzazione si dovrebbe fondare sul riconoscimento delle identità locali, attraverso la valorizzazione del ruolo dei Comuni. L ambito della Città metropolitana, attraverso l Assemblea dei Sindaci, potrebbe essere luogo più idoneo di quello attuale. Altro elemento potrebbe essere il rafforzamento del ruolo di coordinamento dell integrazione tra gli attori e i soggetti coinvolti, istituendo forme maggiormente strutturate di cooperazione tra Comuni, ASL, terzo settore ecc., anche in relazione ai servizi socio-sanitari e sanitari. In ultimo il tema dell accreditamento. Anch esso in capo alla Regione, vista la particolare natura della Città metropolitana, potrebbero essere definiti a questo livello i requisiti e i criteri in sede di definizione dei Piani di Zona, affidando le funzioni di accreditamento delle strutture, dei servizi e dei soggetti direttamente alla Città metropolitana, più vicina al territorio e alle sue esigenze, maggiormente in grado di promuovere e valorizzare le iniziative e i progetti locali. Tabella 7a Le funzioni della Città metropolitana di Milano nel quadro delle competenze interistituzionali: servizi sociali Macrofunzione Livello di esercizio della funzione Nuovo livello di Governo (il testo colorato indica il livello di Governo dal quale sono state assunte le funzioni trasferite: VERDE=Regione, BLU=Provincia, ROSSO=Comuni, ARANCIO=nuova funzione propria della Città metropolitana) Regione Città metropolitana di Milano Comuni (singoli o in forma associata) Temi e questioni aperte Programmaz. Programmazione coordinamento e indirizzo degli interventi sociali Funzioni di indirizzo, programmazione coordinamento, controllo e verifica delle unità d'offerta sociali Definizione degli ambiti territoriali dei Piani di Zona Concorso alla programmazione regionale Programmazione, progettazione, realizzazione del sistema locale dei servizi sociali Partecipazione alla definizione degli ambiti territoriali dei Piani di Zona Servizi sociali D.Lgs. 112/1998 (Art. 132) Gestione Attività informative e conoscitive Accreditamento delle strutture, dei servizi e dei soggetti Definizione e attuazione Piano di Zona Erogazione dei servizi e delle prestazioni economiche Realizzazione e gestione dei servizi per l infanzia (asili nido) e della scuola dell infanzia (asili) Possibilità di rafforzamento del ruolo dei Piani di Zona, al fine di ampliare la gestione in forma associata a livello intercomunale del sistema dei servizi sociali Risorse Ripartizione dei finanziamenti assegnati dallo Stato e fondi regionali dedicati Trasferimento delle risorse finalizzate al finanziamento delle attività dei Piani di Zona, di natura regionale Spese di attivazione degli interventi e dei servizi sociali a favore della persona e della comunità Possibilità di trasferimento di maggiori risorse regionali destinate all attività dei Piani di Zona 31

34 c) Servizi Sanitari Oggi la Provincia, di fatto, non ha prerogative rispetto ai servizi sanitari. Il livello di governo della Città metropolitana potrebbe lavorare dunque in un ottica di implementazione dell efficienza del servizio in capo alle Regioni, individuando, se effettivamente utile, dei possibili campi di attività. Non tanto rispetto alla sfera di competenza puramente di tipo sanitario, quanto in particolare rispetto al raccordo tra attività socioassistenziali di rilievo sanitario e sociali. L intreccio tra Città metropolitana e Regione potrebbe essere ricondotto al coordinamento in relazione alla definizione degli ambiti territoriali delle ASL, in particolare rispetto al modello di funzionamento dei Piani di Zona e delle attività socio-assistenziali di tipo sanitario sul territorio, che potrebbero essere ripensati in relazione alla nascita della Città metropolitana. Vi è poi anche qui il tema degli accreditamenti, in particolare delle strutture socio-sanitarie. Oggi gestito a livello regionale, attraverso il ruolo dei distretti ASL, nell ottica di una maggiore integrazione potrebbe interfacciarsi con la Città metropolitana, demandando parte dei compiti oggi attribuiti alle ASL, relativamente alle funzioni che non hanno carattere prettamente sanitario, con rilievo socio-sanitario, come ad esempio le Residenze Sanitarie Assistenziali (R.S.A.), i Centri Diurni Integrati (C.D.I.) e i Servizi di Assistenza Domiciliare (A.S.A). Infine la programmazione territoriale dell offerta. In relazione ai grandi interventi, vista la complessità territoriale unica e propria dell area milanese, risulta sempre più evidente la necessità di avere un livello di programmazione di ambito metropolitano, che sia in grado di attivare valutazioni legate ai caratteri peculiari dell area metropolitana milanese, riuscendo ad integrare, con il supporto di adeguati strumenti, le politiche sanitarie con la pianificazione territoriale, che non può essere certamente ricondotta alla scala regionale. Pertanto, se si dovesse dotare la futura Città metropolitana di maggiori prerogative nel campo della pianificazione territoriale, certamente le grandi funzioni sanitarie, potrebbero rientrare tra quelle oggetto di programmazione a livello metropolitano. 32

35 Tabella 8a Le funzioni della Città metropolitana di Milano nel quadro delle competenze interistituzionali: servizi sanitari Macrofunzione Livello di esercizio della funzione Nuovo livello di Governo (il testo colorato indica il livello di Governo dal quale sono state assunte le funzioni trasferite: VERDE=Regione, BLU=Provincia, ROSSO=Comuni, ARANCIO=nuova funzione propria della Città metropolitana) Regione Città metropolitana di Milano Comuni (singoli o in forma associata) Temi e questioni aperte Servizi sanitari D.Lgs. 112/1998 (Art. 115) Programmaz. Determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni Programmazione indirizzo, coordinamento, controllo e supporto Realizzazione Piano sociosanitario regionale Definizione ambiti territoriali ASL Programmazione territoriale degli interventi in coordinamento con la pianificazione territoriale Concessione e autorizzazione per la realizzazione di strutture sanitarie Concorso alla definizione degli ambiti territoriali ASL Valutare la possibilità di un maggiore coordinamento tra attività sanitarie e di tipo socioassistenziale di rilievo sanitario Gestione Erogazione del servizio Accreditamento delle strutture sanitarie Accreditamento delle strutture a carattere sociosanitario Risorse Ripartizione dei finanziamenti assegnati dallo Stato 33

36 d) Polizia locale Attualmente la Provincia, come abbiamo visto, è dotata di un corpo di Polizia provinciale, che svolge perlopiù funzioni di controllo e prevenzione ambientale. Ogni Comune è poi dotato di un proprio comando di Polizia municipale, con alcuni casi di gestione associata del servizio a seguito di specifici accordi. In questo campo la direzione auspicabile è sicuramente quella di un superamento dell organizzazione a livello comunale della Polizia locale, oggi strutturata con un comando per ogni Comune. L ipotesi di riorganizzazione potrebbe orientarsi verso la strutturazione di sistemi coordinati di gestione del servizio a livello della Città metropolitana, attuabili attraverso convenzioni tra Comuni, in cui il ruolo della Città metropolitana potrebbe esplicitarsi nella definizione degli ambiti territoriali. L esito porterebbe all organizzazione di comandi non più locali ma organizzati a livello di ambiti territoriali, con distacchi comunali. Da valutare, in questo scenario, la necessità di mantenimento del corpo di Polizia provinciale (metropolitana), che potrebbe venir meno nel caso in cui si procedesse ad una reale strutturazione di comandi territoriali, cui potrebbero essere delegate le funzioni oggi in capo alla Polizia provinciale. Va inoltre aggiunto come, dal 1 gennaio 2014, essendo la Polizia locale tra le funzioni fondamentali dei Comuni, con l entrata in vigore della Legge 135/2012, ai Comuni sotto i ab. viene imposto l esercizio in forma associata di tutte le funzioni fondamentali, tra cui appunto quello di Polizia locale. In questo modo sarebbe possibile arrivare ad una effettiva razionalizzazione dei costi, ottenendo peraltro una maggiore flessibilità del servizio, che si potrebbe ricalibrare di volta in volta secondo le esigenze, che, in un territorio complesso come quello metropolitano, dipendono da una serie di fattori, che superano abbondantemente i parametri oggi utilizzati per la definizione dei corpi a livello comunale. Tabella 9a Le funzioni della Città metropolitana di Milano nel quadro delle competenze interistituzionali: polizia locale Macrofunzione Livello di esercizio della funzione Nuovo livello di Governo (il testo colorato indica il livello di Governo dal quale sono state assunte le funzioni trasferite: VERDE=Regione, BLU=Provincia, ROSSO=Comuni, ARANCIO=nuova funzione propria della Città metropolitana) Regione Città metropolitana di Milano Comuni (singoli o in forma associata) Temi e questioni aperte Programmaz. Indirizzi generali dell organizzazione e svolgimento del servizio di Polizia locale Polizia locale D.Lgs. 112/1998 (Titolo V) Gestione Delega delle funzioni della Polizia provinciale, per ambiti territoriali Servizio di Polizia municipale, organizzato a livello intercomunale,per ambiti territoriali Valutare la possibilità di integrazione tra Polizia provinciale e locale in un unico corpo, organizzato per ambiti territoriali (Unioni di Comuni e/o Convenzioni e Accordi) Risorse Finanziamento di progetti per la sicurezza urbana Trasferimento risorse alla gestione di Comuni in forma associata Di competenza dell Ente 34

37 e) Sicurezza e Protezione civile Come abbiamo visto la strutturazione del sistema di Protezione Civile di fatto già si organizza e struttura su differenti livelli. A scala provinciale si ha il primo livello operativo, mentre a livello comunale sono organizzate le Unità di Crisi Locale, sotto la responsabilità del Sindaco. In particolare, sono già attivi i Centri Operativi Misti, che rappresentano delle strutture intermedie di livello intercomunale. Pertanto il sistema già prevede un forte ruolo a livello di Città metropolitana, con una strutturazione e cooperazione intercomunale già attive. Pertanto, la prospettiva sembra essere orientata verso una sempre maggiore integrazione della gestione delle emergenze a livello intercomunale, di fatto semplicemente consolidando e rafforzando il modello già in essere. Tabella 10a Le funzioni della Città metropolitana di Milano nel quadro delle competenze interistituzionali: sicurezza e Protezione civile Macrofunzione Livello di esercizio della funzione Nuovo livello di Governo (il testo colorato indica il livello di Governo dal quale sono state assunte le funzioni trasferite: VERDE=Regione, BLU=Provincia, ROSSO=Comuni, ARANCIO=nuova funzione propria della Città metropolitana) Regione Città metropolitana di Milano Comuni (singoli o in forma associata) Temi e questioni aperte Protezione civile D.Lgs. 112/1998 (Titolo III, Capo VIII) Programmaz. Gestione Programmi di previsione e prevenzione dei rischi Elaborazione Piano di Emergenza Metropolitano Integrazione delle strutture di monitoraggio dei rischi Gestione emergenze a livello metropolitano Elaborazione Piani di Emergenza comunale, anche in forma associata tra Comuni Gestione emergenze locali Definizione di strutture di protezione civile intercomunali Incremento della gestione a livello intercomunale Risorse Trasferimento risorse ai livelli di competenza 35

38 4. Riferimenti normativi Normativa generale L. 59/1997, "Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa" D.Lgs 112/1998, Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti Locali, in attuazione del capo I della Legge 15 marzo 1997 n. 59 D.Lgs. 267/2000, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali L. costituzionale 3/2001, Modifica al Titolo V della parte seconda della Costituzione L. 42/2009, "Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione" L. 148/2011, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari L. 56/2014 Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni L.R. 1/2000, Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia. Attuazione del D.Lgs. n. 112 del 1998 Istruzione L. 23/1996, Norme per l'edilizia scolastica D.P.R. 275/1999, Regolamento recante norme in materia di Autonomia delle istituzioni scolastiche ai sensi dell'art.21, della legge 15 marzo 1999, n.59 L. 53/2003, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale D.Lgs 59/2004, Definizione delle norme generali relative alla scuola dell infanzia e al primo ciclo dell istruzione L. 133/2008, art. 64, " Disposizioni in materia di organizzazione scolastica" L.R. 5/2011, Disciplina del Sistema Regionale dell'istruzione e formazione professionale L.R. 19/2007, Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia Servizi sociali L. 328/2000, Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali L.R. 3/2008, Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario Servizi sanitari D.Lgs 502/1992, Riordino della disciplina in materia sanitaria L.R. 33/2009, Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità Polizia locale L. 65/1986, Legge quadro sull'ordinamento della Polizia Municipale L.R. 4/2003, Riordino e riforma della disciplina regionale in materia di polizia locale e sicurezza urbana D.G.R /2005, Determinazione delle modalità e procedure per la sottoscrizione dei patti locali di sicurezza urbana Sicurezza e Protezione civile L. 225/1992, Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile L.R. 16/2004, Testo unico delle disposizioni regionali in materia di protezione civile 36

39 B) SERVIZI PUBBLICI LOCALI A RETE 1. Le competenze attuali: funzioni, livelli di Governo e riferimenti normativi Relativamente ai servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, la disciplina è stata di recente ridefinita con il D.L. 138/2011. Al comma 1, dell articolo 3-bis, si stabilisce che le Regioni organizzano lo svolgimento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica definendo il perimetro degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l'efficienza del servizio e istituendo o designando gli enti di governo degli stessi, entro il termine del 30 giugno 2012, stabilendo nella dimensione provinciale l ambito minimo, al netto di valutazioni particolari e motivate. Sempre il comma 1-bis, dell articolo 3-bis, definisce che le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, compresi quelli appartenenti al settore dei rifiuti urbani, di scelta della forma di gestione, di determinazione delle tariffe all'utenza per quanto di competenza, di affidamento della gestione e relativo controllo sono esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei [ ]. Il comma 1-bis del medesimo articolo, per tutti i servizi locali a rete di rilevanza economica, introduce una clausola di salvaguardia in caso di conflitto con norme di settore a livello europeo. Al fine di conseguire l ottimizzazione della gestione del servizio, il Codice dell ambiente ha introdotto una serie di previsioni basate sul comune denominatore delle aggregazioni: - geografiche (in Ambiti Territoriali Ottimali); - funzionali (tramite l esercizio congiunto negli Enti di governo degli ATO); - gestionali (prevedendo l affidamento del ciclo integrato ad un unico soggetto). Più di recente si sono registrate alcune significative novità relative alla ripartizione delle funzioni tra i diversi livelli istituzionali, all organizzazione territoriale dei servizi, in materia tariffaria e riguardo agli affidamenti. In particolare, si sottolinea che l organizzazione e la gestione dei servizi e la riscossione dei relativi tributi (fondati su tariffe per la copertura dei costi dei servizi rifiuti e dei servizi indivisibili dei comuni) sono state inserite tra le funzioni fondamentali dei Comuni (art. 19, L. 135/2012), che questi servizi devono essere obbligatoriamente svolti in ambiti territoriali ottimali di dimensioni almeno provinciali (salvo diverse motivate scelte da parte delle regioni anche su proposta dei comuni) e che le funzioni di organizzazione, di scelta della forma di gestione, di determinazione delle tariffe all utenza (da comprendere e riscuotere mediante il tributo comunale), di affidamento della gestione e relativo controllo devono essere esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti (art. 3-bis, D.L. 138/2011). In Regione Lombardia, i servizi di pubblica utilità sono regolati dalla L.R. 26/2003 (ultima modifica L.R. 21/2010) "Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche". Si tratta di una legge che, prima in Italia, affronta in modo unitario i servizi di pubblica utilità e le risorse collegate, introducendo e sottolineando il principio della centralità dell utente. La normativa disciplina quattro tipologie di servizi locali di interesse economico generale : - la gestione dei rifiuti urbani; - la distribuzione dell'energia elettrica e termica e del gas naturale; - la gestione dei sistemi integrati di alloggiamento delle reti nel sottosuolo; 37

40 - la gestione del Servizio Idrico Integrato 23. In particolare, per questi quattro servizi, vengono definite la disciplina di proprietà e gestione delle reti e le modalità di erogazione dei servizi (art. 2). Il riferimento normativo regionale per i servizi di seguito trattati è alla presente legge regionale, che, in specifici Titoli, disciplina le differenti tipologie, definendo le funzioni di Province e Comuni, e le modalità di pianificazione. Si ricorda come la pianificazione e la programmazione di questi servizi è sempre integrata da Valutazione Ambientale Strategica. Rispetto a questi servizi, la Regione promuove inoltre azioni a sostegno degli Enti locali che li esercitano in forma associata, anche in caso di affidamento congiunto di più servizi. Il processo di riorganizzazione sovracomunale delle strutture preposte all affidamento dei servizi rappresenta dunque un criterio essenziale e qualificante ai fini dell accesso a contributi. In questo capitolo andremo ad analizzare, secondo le tipologie di servizi individuate, le funzioni attribuite a ciascun livello. In via preliminare, in quanto trasversale ai temi dei servizi ambientali (servizio idrico, gestione dei rifiuti ed energia) segnaliamo l entrata in vigore, dal 13 giugno 2013 del Regolamento recante la disciplina dell'autorizzazione Unica Ambientale, che introduce importanti novità, nel verso della semplificazione, rispetto agli adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle piccole e medie imprese e sugli impianti non soggetti ad Autorizzazione Integrata Ambientale, a norma dell'art. 23 dalla L. 35/2012. Il citato Regolamento è stato approvato con il D.P.R. 59/2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 29 maggio 2013, n Suppl. Ordinario n. 42. L'Autorizzazione Unica Ambientale, ai sensi dell'art. 2 del D.P.R. 59/2013 verrà rilasciata dallo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) 24 e sostituirà gli atti di comunicazione, notifica ed autorizzazione in materia ambientale per i sotto indicati titoli abilitativi: - autorizzazione agli scarichi di cui al Capo II, del Titolo IV, della Sezione II, della Parte III, del D.Lgs. 152/06; - comunicazione preventiva di cui all'art. 112 del D.Lgs. 152/06, per l'utilizzazione agronomica degli affluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e delle acque reflue provenienti dalle aziende ivi previste; - autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti di cui all'art. 269 del D.Lgs. 152/06; - autorizzazione generale di cui all'art. 272 del D.Lgs. 152/06; - comunicazione o nulla osta di cui all'art. 8, commi 4 e 6, della L. 447/95; - autorizzazione all'utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura di cui all'art. 9 del D.Lgs. 99/92; - comunicazioni in materia di rifiuti di cui agli artt. 215 e 216 del D.Lgs. 152/06. a) Servizio Idrico Integrato La normativa settoriale relativa al Servizio Idrico Integrato (SII) è contenuta nella Parte IV del D.Lgs. 152/2006, che all art. 142, definisce le competenze tra i diversi livelli di governo e soggetti. Le competenze, a seguito della revisione del Titolo V della Costituzione, sono state ulteriormente definite in Lombardia con la L.R. 26/2003, che ha affrontato la materia del conferimento delle funzioni nell ambito del 23 Nel presente dossier si tratteranno solo le 3 tipologie di servizi locali di interesse economico generale di potenziale rilevante impatto in termini di redistribuzione di funzioni tra i diversi livelli di governo: Servizio Idrico Integrato, gestione integrata dei rifiuti urbani ed energia. 24 In tema di SUAP si rimanda al Dossier 01 Promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale. 38

41 complessivo riordino della disciplina delle risorse idriche, segnatamente per quanto concerne le funzioni in materia di scarichi e di usi delle acque. La disciplina e le competenze nel settore delle acque sono riconducibili a due principali sfere: quella della pianificazione delle risorse idriche e quella della gestione dei servizi idrici. Il quadro delle attività e degli enti coinvolti nell'ambito della pianificazione delle risorse idriche è così, sinteticamente, riassunto: La Regione esercita in particolare i seguenti compiti e funzioni: - collabora nel rilevamento e nell'elaborazione dei piani di bacino dei distretti idrografici ed adottano gli atti di competenza; - provvede alla elaborazione, adozione, approvazione ed attuazione dei piani di tutela e uso delle acque; - provvede all elaborazione del Piano di gestione del bacino idrografico, secondo la Direttiva 2000/60/CEE; - definisce l organizzazione dei Servizio Idrico Integrato, sulla base di Ambiti Territoriali Ottimali; - per la parte di propria competenza, dispone la redazione e provvede all'approvazione e all'esecuzione dei progetti, degli interventi e delle opere da realizzare nei distretti idrografici, istituendo, ove occorra, gestioni comuni; - provvede, per la parte di propria competenza, all'organizzazione e al funzionamento del servizio di polizia idraulica ed a quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni; - predispone annualmente la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico del territorio di competenza e sullo stato di attuazione del programma triennale in corso; - assume ogni altra iniziativa ritenuta necessaria in materia di conservazione e difesa del territorio, del suolo e del sottosuolo e di tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di competenza ed esercita ogni altra funzione prevista dalla presente sezione. Le Province svolgono i seguenti compiti e funzioni: - specificano e articolano i contenuti della pianificazione, coordinandoli con gli aspetti ambientali e paesistici; - formulano proposte alla Regione in ordine all estensione della designazione e classificazione delle acque idonee alla vita dei pesci; - rilasciano le concessioni alle piccole derivazioni in conformità alle modalità e alle scadenze previste nelle Norme tecniche di attuazione del Programma di Tutela e Uso delle Acque (PTUA); - elaborano, nell ambito della pianificazione territoriale, la caratterizzazione integrata di maggiore dettaglio dei corpi idrici significativi e ne estendono l applicazione ai corpi idrici minori; - autorizzano, per gli aspetti di propria competenza, gli scarichi di acque reflue in aderenza ai limiti di emissione indicati nei Regolamenti regionali; - autorizzano, per gli aspetti di propria competenza, gli scarichi di sostanze pericolose, prescrivendo i limiti di emissione in relazione alla necessità di salvaguardia del corpo idrico; - realizzano interventi di riqualificazione dei corpi idrici, in relazione alle competenze loro conferite con LR 26/2003 ed in applicazione dei criteri del PTUA. I Comuni hanno compiti legati all ulteriore definizione degli strumenti di pianificazione e all attuazione degli interventi. In particolare: 39

42 - integrano e modificano la prima individuazione delle zone di tutela assoluta e di rispetto dei punti di captazione e di derivazione di acque destinate al consumo umano erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse; - elaborano, nell ambito della pianificazione territoriale, la caratterizzazione integrata di maggiore dettaglio dei corpi idrici significativi e ne estendono l applicazione ai corpi idrici minori; - provvedono alla valorizzazione e alla tutela delle risorse idriche, promuovendo l istituzione di Parchi Locali di Interesse Sovracomunale (PLIS) e di parchi comunali; - adottano regolamenti edilizi che contengano indicazioni volte al risparmio delle acque potabili; - rilasciano l Autorizzazione Unica Ambientale, attraverso il SUAP, nei casi di propria competenza. Accanto ai soggetti istituzionali, hanno compiti specifici e operano in questo settore anche altri enti e soggetti pubblici. ARPA: collabora con la Regione agli approfondimenti conoscitivi finalizzati a modifiche e integrazioni delle previsioni della pianificazione; propone alla Regione l adeguamento delle reti e delle modalità di monitoraggio; supporta la Regione nell aggiornamento della lista delle sostanze pericolose; realizza programmi di controllo degli scarichi di acque reflue, verificando l attuazione delle previsioni dei Regolamenti regionali. Enti gestori delle aree protette: propongono all Autorità concedente, nel quadro delle specifiche individuazioni e prescrizioni contenute nelle Norme tecniche di attuazione del PTUA sul Deflusso Minimo Vitale (definito come il deflusso che, in un corso d acqua deve essere presente a valle delle captazioni idriche, al fine di mantenere vitali le condizioni di funzionalità e di qualità degli ecosistemi interessati) il valore del parametro che tiene conto delle esigenze naturalistiche. Enti di governo dell Ambito Territoriale Ottimale (che succedono alle soppresse Autorità d ambito): propongono alla Regione l integrazione, la ridefinizione e la verifica dell elenco delle acque superficiali utilizzate per la produzione di acqua potabile per i servizi di acquedotto; propongono ai Comuni l integrazione e la modifica delle zone di tutela assoluta e di rispetto dei punti di captazione e di derivazione di acque destinate al consumo umano; propongono alla Regione l aggiornamento delle zone di protezione delle acque sotterranee; elaborano programmi per individuare i settori in cui è possibile ottimizzare costi benefici degli interventi per la riduzione delle perdite nelle fasi di adduzione e di distribuzione dell acqua potabile; valutano, nei Piani d ambito, gli assetti depurativi che coinvolgono le aree di interesse comunitario (SIC e ZPS), al fine di limitare l incidenza sull ambiente degli impianti, delle strutture di collettamento e degli scarichi. Consorzi di bonifica e di irrigazione: promuovono la realizzazione delle politiche di risparmio nell uso delle acque in agricoltura; attuano gli interventi per la riqualificazione dei canali di propria competenza. Rispetto alla gestione dei servizi idrici, il cardine è rappresentato dall'ambito Territoriale Ottimale (ATO). Istituito dalla L. 36/1994 (cd. Legge Galli), rappresenta l'unità territoriale ottimale dove devono essere attuati i processi di riorganizzazione dei servizi idrici, attraverso il superamento della frammentazione delle gestioni dei pubblici servizi (acquedotto, fognatura e depurazione). In attuazione della Legge Galli, oggi superata dal D.Lgs. 152/06 (Norme in materia ambientale), che ne ha recepito i contenuti, la Regione Lombardia, con la L.R. 26/2003, ha provveduto alla suddivisione del territorio 40

43 regionale in 12 ATO, 11 dei quali corrispondenti ai confini amministrativi delle Province lombarde ed 1 alla città di Milano. Con la stessa legge, la Regione Lombardia ha definito le norme che regolano la riorganizzazione dei servizi idrici, al fine di valorizzare e salvaguardare la qualità e quantità della risorsa idrica e rimuovere i fattori di diseconomia nella produzione dei servizi, oltre a quelli che causano inadeguati livelli di qualità. Il fine è quello di assicurare una gestione integrata di tutti gli usi dell'acqua, coordinare l'esercizio delle funzioni degli enti locali e provvedere alla disciplina delle modalità di gestione del servizio idrico. Con l entrata in vigore della L. 191/2009 (art. 2, comma 186 bis), viene disposta la soppressione delle Autorità d Ambito territoriale entro il 01/01/2011. Tale termine è stato poi prorogato al 31/12/2012 da successivi interventi legislativi (L. 42/2010 e L. 10/2011). Le Autorità d Ambito non sono più titolari delle funzioni in Regione Lombardia dal 1 gennaio 2011, sostituite nelle loro funzioni dalle Province, ad eccezione dell ATO della città di Milano, per il quale tali funzioni sono attribuite al Comune di Milano. Viene inoltre previsto che nelle Province venga istituito un Ufficio d Ambito nella forma di azienda speciale, con funzioni operative. Alle Province è affiancata la Conferenza dei Comuni, con il potere di esprimere un parere vincolante sulle principali decisioni riguardanti la scelta del modello gestionale, la redazione del Piano d Ambito e la definizione delle tariffe. Viene infine previsto un gestore unico per ogni ATO, al fine di superare l attuale frammentazione delle gestioni. Il Piano d'ambito rappresenta lo strumento principale di pianificazione attraverso il quale gli Enti d'ambito possono organizzare, attivare e governare il sistema idrico integrato, al fine di garantire un servizio efficace, efficiente ed economico. Esso deve prevedere: - l'accertamento dello stato degli impianti e dei servizi; - i nuovi standard di servizio e gli investimenti necessari per conseguirli; - il programma temporale di attuazione degli investimenti; - gli incrementi minimi di produttività; - la tariffa e le modalità di adeguamento in relazione ai miglioramenti di servizio conseguiti (si ricorda che per legge la tariffa deve coprire integralmente, oltre ai costi, anche tutti gli investimenti previsti nell'ambito). Tutto questo consente all ATO di affidare la gestione a un soggetto che, per dimensione, organizzazione e capacità imprenditoriale, sia idoneo a finanziare e realizzare il piano degli investimenti necessario al miglioramento dei servizi idrici. Lo schema allora disegnato dalla Legge Galli prevede che vi sia una netta distinzione di ruoli fra l ATO, che definisce gli obiettivi e controlla la realizzazione del piano, e il Gestore che organizza ed eroga il servizio e dà attuazione al Piano. Nel 2011, tramite Referendum, sono state abrogate due norme relative alla gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica: - la prima (art. 23-bis della L. 133/2008), relativa alla modalità di gestione del servizio idrico, prevedeva l affidamento a soggetti privati, attraverso gara, o l affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, all interno delle quali il privato, scelto attraverso gara, detenesse almeno il 40%; - la seconda (art. 154 del D.Lgs. 152/2006) consentiva al gestore del servizio idrico di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, fino al 7% a remunerazione del capitale investito, potenzialmente anche senza diretto collegamento al reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio. Il combinato disposto, conseguente all abrogazione delle normative a seguito dell approvazione dei due quesiti referendari, ha comportato lo stop all'obbligo di cedere ai privati la gestione del Servizio Idrico Integrato e contemporaneamente fatto venire meno l'interesse da parte dei privati a intervenire in questo settore, stante l'impossibilità di trarne profitto. 41

44 Tabella 1b - Le competenze attuali (funzioni, livelli di governo e riferimenti normativi): Servizio Idrico Integrato Macrofunzione Livello di esercizio della funzione Livello di Governo e normativa Regione Provincia Comuni Disciplina delle risorse idriche L.R. 26/2003 Programmazione Elaborazione e approvazione Piano di gestione del bacino idrografico D.Lgs. 152/2006 (art. 117) L.R. 26/2003 (art. 45) Approvazione PTUA D.Lgs. 152/2006 (art. 121) L.R. 26/2003 (art. 45) Redazione Piano d Ambito (secondo ATO) D.Lgs. 152/2006 (art. 149) L.R. 26/2003 (art. 45) Redazione PUGSS L.R. 26/2003 (art. 37 e 38) R.R. 6/2010 Definizione ATO D.Lgs. 152/2006 (art. 147) L.R. 26/2003 (art. 47) Servizio Idrico Integrato D.Lgs. 152/2006 (Parte III) Esercizio Risorse Gestione Servizio Idrico Integrato (attraverso il gestore unico, secondo ATO) L.R. 26/2003 (art. 48) Rilascio autorizzazioni scarico acque L.R. 26/2003 (art. 52) R.R. 3 e 4/2006 Concessione derivazioni acque superficiali e sotterranee L.R. 26/2003 (art. 52) R.R. 2/2006 Tariffe SII (riscossa dal gestore unico, secondo ATO) D.Lgs. 152/2006 (art. 154) L.R. 26/2003 (art. 51) b) Gestione integrata dei rifiuti urbani La normativa settoriale relativa al servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani è contenuta nella Parte IV del D.Lgs. 152/2006, Il primo aspetto dirimente è legato al tema della gestione. La gestione dei rifiuti che costituisce attività di pubblico interesse comprende la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresi il controllo di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento. La gestione integrata dei rifiuti viene identificata nel complesso delle attività [ ] volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti. Al riguardo, si sottolinea che, con riferimento alla fase di affidamento, è stata prevista la possibilità di fare riferimento all intero ciclo dei rifiuti oppure di considerare separatamente il segmento relativo alla gestione degli impianti (art. 25, D.L. 1/2012). Rispetto alla gestione del servizio, il D.Lgs. 152/2006 propone un organizzazione sulla base di ambiti territoriali ottimali (ATO), consentendo però la possibilità alle Regioni, ai sensi dell art. 200 comma 7, di adottare modelli alternativi o in deroga al modello degli Ambiti Territoriali Ottimali, rispetto al modello proposto dall art. 200 comma 1, subordinando, tale facoltà, alla predisposizione da parte delle medesime regioni di un piano 42

45 regionale dei rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente, con particolare riferimento ai criteri e alle linee guida riservati, in materia allo Stato, ai sensi dell art. 195 del medesimo codice ambiente. L art. 204 del D.Lgs. 152/2006, inoltre, stabilisce che i soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, [ ] continuino a gestirlo fino alla istituzione e organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte delle Autorità d'ambito, laddove definito l ATO. Rispetto alle funzioni attribuite ai differenti livelli istituzionali, le competenze sono stabilite dal D.Lgs. 152/2006. Allo Stato risultano attribuiti compiti di indirizzo e coordinamento, nonché la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti. Altro campo di competenze è legato all individuazione di obiettivi di qualità dei servizi di gestione dei rifiuti. Infine spetta allo Stato la definizione dei criteri e delle modalità per l individuazione degli ATO, oltre alle modalità di cooperazione tra gli enti locali. La recente modifica della parte IV del D.Lgs. n.152/06, conseguente al recepimento della Direttiva 98/2008, stabilisce che le Regioni approvino o adeguino il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (entro il 12 dicembre 2013) e provvedano, sentite le Province, a valutare la necessità di aggiornare il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti ogni sei anni. Altro ruolo fondamentale è quello di delimitazione degli ATO per la gestione dei rifiuti urbani, da esprimersi nel campo del piano regionale. Sempre alle Regione spetta poi l individuazione dei criteri per la localizzazione dei luoghi idonei o meno allo smaltimento dei rifiuti e l approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti. In Lombardia, la L.R. 26/2003, al Titolo II, regolamenta il servizio di igiene urbana. La L.R. 26/2003 contiene disposizioni utili ad orientare il sistema integrato di gestione dei rifiuti, con l obiettivo di assicurare un'efficace protezione della salute umana e dell'ambiente, riducendo la quantità e la pericolosità dei rifiuti mediante azioni di prevenzione, ottimizzando le operazioni di riutilizzo, recupero e riciclaggio dei rifiuti, a vantaggio del minor conferimento in discarica. La norma chiarisce anche le funzioni della Regione e le competenze attribuite ai Comuni, alle Province e all Agenzia per la Protezione dell Ambiente (ARPA). La Regione Lombardia svolge funzione di indirizzo e coordinamento dell'articolazione territoriale degli atti di programmazione, in particolare: - predispone ed approva il Programma Regionale di Gestione dei Rifiuti (PRGR); - approva i Piani Provinciali di Gestione dei Rifiuti (PPGR) adottati dalle Province; - approva progetti di impianti strategici e non, delegati alle Province (ad esempio: termovalorizzatori per rifiuti urbani, impianti che effettuano ricerca e sperimentazione, impianti a carattere innovativo, impianti di recupero e/o smaltimento per rifiuti speciali che attuano specifici programmi regionali di settore); - promuove accordi con altre Regioni, sentita la Provincia interessata, al fine di regolare il recupero e lo smaltimento di rifiuti; - gestisce le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti. La Giunta regionale della Lombardia ha approvato il nuovo PRGR (il precedente era del 2005), redatto ex novo in conseguenza alle rilevanti novità introdotte con la modifica del D.Lgs. n.152/06. L art. 19, comma 3, della L.R. 26/2003, stabilisce che la pianificazione regionale sia costituita da un Atto di indirizzi (approvato dal Consiglio Regionale su proposta della Giunta) e dal Programma Regionale di Gestione dei Rifiuti (approvato dalla Giunta), con il quale vengono individuati tempi e azioni per il raggiungimento degli obiettivi contenuti nell Atto di Indirizzi. 43

46 La Regione Lombardia si è inoltre dotata, a partire dal 2009, del Piano di Azione per la Riduzione dei Rifiuti (P.A.R.R.), quale strumento articolato in misure, azioni, target ed indicatori e divenuto caposaldo sia come strumento di governance, sia come nucleo di condensazione di azioni concrete che sono state attuate sul territorio. Con D.G.R. n del 20 aprile 2011, la Giunta ha deliberato l avvio di procedimento per l approvazione del PRGR, comprensiva della Valutazione Ambientale Strategica (VAS). Con D.G.R. n del 28 luglio 2011 (di concerto tra gli assessorati Territorio ed Ambiente), la Giunta ha approvato la "Proposta di Atto di Indirizzi regionale in materia di Rifiuti", poi trasmessa al Consiglio Regionale per l'assunzione degli atti di competenza. Con D.C.R. n. 280 dell'8 novembre 2011, il Consiglio ha approvato in via definitiva l'atto di Indirizzi regionale in materia di Rifiuti". La Giunta Regionale con D.G.R. n del 20 giugno 2014, ha approvato il nuovo PRGR, ai sensi dell'art. 199 del D.Lgs. 152/06, comprensivo del Programma Regionale di Bonifica delle aree inquinate (P.R.B.). Le Province sono chiamate a svolgere le funzioni amministrative concernenti la programmazione ed organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale e ad esercitare un controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti. Inoltre, le Province dispongono di funzioni di pianificazione attuative e strategiche, in particolare: - adottano i Piani Provinciali di Gestione dei Rifiuti (PPGR) sulla base dei contenuti della pianificazione regionale; - approvano progetti di impianti non rientranti nella competenza regionale; - rilevano i principali dati statistici inerenti la produzione e la gestione dei rifiuti urbani; - effettuano il monitoraggio e la rendicontazione dello stato di attuazione del proprio PPGR, della funzione autorizzativa conferita e dell attività di controllo di competenza. In relazione alle funzioni di autorizzazione, sanzionatorie e di controllo e vigilanza, spetta alle Province: - l approvazione dei progetti degli impianti ed autorizzazione all'esercizio delle operazioni di recupero e smaltimento, ai sensi dell art. 208 del D.Lgs. 152/06; - la gestione dei rifiuti con procedura semplificata; - i controlli e verifiche su tutte le attività di gestione dei rifiuti, compreso l'accertamento delle violazioni al Decreto e la relativa attività sanzionatoria. La Giunta Regionale ha approvato il Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti della Provincia di Milano con D.G.R. n. VIII/ del 27 gennaio Con D.G.R del 21 ottobre 2009 "Modifiche ed integrazioni alla D.G.R. 6581/2008 relativa ai criteri per la localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti urbani e speciali (art. 19, comma 3, L.R. 26/2003)" la Regione Lombardia ha modificato i criteri localizzativi per l'individuazione delle aree non idonee e di quelle potenzialmente idonee alla localizzazione degli impianti rifiuti. La suddetta deliberazione regionale è stata recepita dalla Provincia di Milano con deliberazione del Consiglio Provinciale n. 30 del 29 marzo 2012, con la quale si è provveduto all'adeguamento del Capitolo 9 del PPGR e della relativa cartografia. I Comuni, infine, concorrono a disciplinare la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti volti, in particolare, ad individuare le modalità del servizio di raccolta e trasporto, del conferimento e della raccolta differenziata. Sino all inizio delle attività del soggetto aggiudicatario dei servizi a livello di ATO, sono inoltre responsabili del servizio di igiene urbana. In particolare: 44

47 - erogano il servizio mediante affidamento ad imprese o a società in qualunque forma costituite scelte mediante procedura a evidenza pubblica compatibili con la disciplina nazionale e comunitaria in materia di concorrenza; - realizzano un adeguato sistema di infrastrutture a servizio della raccolta differenziata, secondo le indicazioni fornite dai piani provinciali e le caratteristiche tecniche definite nella norma nazionale; - rilasciano l Autorizzazione Unica Ambientale, attraverso il SUAP, nei casi di propria competenza. Rispetto all attribuzione delle competenze, in virtù delle recenti modifiche introdotte nel nostro ordinamento ad opera dell articolo 19, comma 1, della L. 135/2012, tra le funzioni fondamentali dei Comuni è ascrivibile l'organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi. Tale previsione se non correttamente interpretata anche alla luce della più generale funzione (contenuta nel medesimo articolo) inerente l organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale potrebbe presentare problemi di coordinamento con il disposto del comma 1-bis, dell articolo 3-bis, D.L. 138/2011, che stabilisce a livello di ATO tale funzione. Ai soggetti istituzionali, si aggiunge l Agenzia per la Protezione dell Ambiente (ARPA) che, oltre a rappresentare sezione del Catasto nazionale rifiuti in capo all'ispra, svolge funzione di Osservatorio Regionale sui Rifiuti. L ARPA, inoltre, elabora, con la collaborazione delle Province, i dati forniti dai Comuni e dai Gestori degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti lombardi, al fine di redigere la relazione annuale sulla gestione dei rifiuti, utile supporto per l attività di pianificazione, provinciale e regionale. Infine un accenno alla gestione dei rifiuti speciali. A differenza di quella dei rifiuti urbani, il D.Lgs 152/2006 attribuisce al produttore/detentore la responsabilità del corretto trattamento, recupero o smaltimento, dei rifiuti speciali, con la possibilità di scelta nella destinazione dei rifiuti, che possono pertanto essere avviati anche ad impianti situati al di fuori dei confini regionali. Tabella 2b - Le competenze attuali (funzioni, livelli di governo e riferimenti normativi): gestione integrata dei rifiuti urbani Macrofunzione Livello di esercizio della funzione Livello di Governo e normativa Regione Provincia Comuni Gestione integrata dei rifiuti urbani D.Lgs. 152/2006 (Parte IV) Programmazione Esercizio Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti D.Lgs. 152/2006 (art. 199) L.R. 26/2003 (art. 19) Definizione ATO o modello di gestione alternativo D.Lgs. 152/2006 (art. 200) Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti L.R. 26/2003 (art. 20) Erogazione del servizio L.R. 26/2003 (art. 51) Risorse Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi TARES L. 64/2013 (art. 10) 45

48 c) Energia In materia di energia, l Unione Europea ha assunto nel tempo un ruolo sempre più centrale. Con la firma del trattato di Lisbona del 2007, in vigore dal 2009, i temi dell efficienza energetica e delle energie rinnovabili sono divenuti fondamentali nell agenda politica dell UE, con importanti effetti per gli Stati membri. In particolare, con l approvazione del pacchetto clima-energia , l'ue ha imposto agli Stati membri la riduzione, entro il 2020, del 20% delle emissioni di gas serra, il raggiungimento del 20% di dipendenza energetica da fonti rinnovabili e l incremento del 20% di risparmio energetico. Per l Italia in realtà la soglia prevista di dipendenza da fonti rinnovabili è ridotta al 17% entro tale data. Con il D.M. 15 marzo 2012, al fine di raggiungere tale obiettivo, il Ministero dello sviluppo economico ha definito, differenziati per Regione, gli obiettivi in materia di energie rinnovabili, assegnando una quota minima di incremento nell utilizzo di tali fonti. Rispetto alla distribuzione delle funzioni tra i diversi livelli istituzionali, secondo le disposizioni dell art. 117 della Costituzione, produzione, distribuzione e trasporto di energia sono materia concorrente tra Stato e Regioni. Oltre al riparto delle funzioni, definito al Titolo II, Capo V del D.Lgs 112/1998, il riferimento fondamentale è la L. 239/ , che attribuisce allo Stato i compiti di elaborazione degli obiettivi di politica energetica nazionale e dei relativi atti di programmazione, anche in relazione alle fonti rinnovabili e al risparmio energetico. Quadro in ogni caso molto dipende dal recepimento delle direttive europee. Spetta invece alle Regioni, con proprie leggi, l'attribuzione dei compiti e delle funzioni amministrative degli enti locali. In Lombardia la L.R. 26/2003, al Titolo III, disciplina il settore energetico, definendo nello specifico le funzioni di Regione, Province e Comuni. Alla Regione (art. 29), oltre alla definizione della normativa di settore, spettano in particolare l elaborazione del Programma Energetico Regionale 26 e la definizione delle procedure per il rilascio dei provvedimenti autorizzativi in campo energetico. Sempre alla Regione è stata trasferita la competenza per il rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione di impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW. Sotto il profilo conoscitivo e della raccolta dati, ai fini della programmazione, il Sistema Informativo Regionale ENergia Ambiente (S.I.R.EN.A) è lo strumento con cui la Regione Lombardia fornisce informazioni aggiornate relative al sistema energetico regionale e provinciale, in termine di domanda, emissioni e politiche energetiche. Alle Province (art. 28) compete invece il rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione di impianti di energia elettrica di potenza inferiore a 300 MW e la realizzazione di linee e impianti elettrici con tensione fino a 150 KV. Sono inoltre delegate le funzioni amministrative in materia di espropriazione di infrastrutture lineari energetiche non direttamente esercitate dai Comuni. Questa distribuzione delle funzioni riguarda in particolare il tema delle reti tecnologiche e della loro gestione e sviluppo. Il tema dell energia è però molto più complesso e difficilmente riconducibile ad un unica sfera. Sono infatti almeno due gli ambiti, oltre a quello delle reti, a cui fare riferimento: il tema dell efficienza energetica e quello delle energie rinnovabili. 25 Legge 23 agosto 2004, n. 239 Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia. 26 Di cui all art. 30 della L.R. 26/2003, approvato con D.G.R. n /2003, aggiornati dal Piano d'azione per l'energia, approvato con D.G.R. 15 giugno

49 In tema di efficienza energetica, che si definisce a valle della direttiva europea contenente gli obiettivi , il ruolo principale è esercitato dalle normative statali, in particolare quelle inerenti l efficienza energetica in edilizia 27. Complementare al tema dei requisiti progettuali, è la materia degli incentivi all efficienza energetica. In Italia da tempo è in atto la politica delle detrazioni fiscali per interventi di efficientamento energetico in edilizia. Relativamente alle energie rinnovabili, vanno anzitutto riconosciute le differenti fonti di energia, che rappresentano ciascuna una sfera specifica di innovazione. A livello normativo statale il riferimento è il D.Lgs. 28/ , che definisce in particolare, oltre ai principi e agli obiettivi, le modalità di autorizzazione degli impianti, le disposizioni specifiche per le differenti reti energetiche (elettrica, del gas naturale, teleriscaldamento) e le misure di sostegno (come gli incentivi per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili). Nel settembre 2010 sono state varate le Linee guida nazionali in materia di autorizzazione alla costruzione degli impianti 29, riferimento a partire dal quale sono poi state sviluppate le varie linee guida regionali. Regione Lombardia, in attuazione di tale normativa, con D.G.R del 18 aprile 2012, ha approvato le Linee guida per l autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Gli elementi di maggiore interesse, rispetto al riparto delle funzioni, riguardano il rilascio delle autorizzazioni per gli impianti di produzione dell energia, ripartite secondo la categoria degli impianti 30. La Regione demanda alle Province l autorizzazione degli impianti di maggiore potenza, soggetti a pratica di Autorizzazione Unica 31, mentre ai Comuni spetta la competenza autorizzativa degli impianti minori, soggetti invece a Procedura Abilitativa Semplificata. Infine, il tema della distribuzione del gas naturale. Con il D.M. 19 gennaio 2011, il quale prevede che le gare per l affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale possano essere effettuate solo per Ambiti Territoriali Minimi (ATEM), non più dunque a livello comunale. Nel corso del 2011 sono stati poi emanati altri decreti, che hanno profondamente modificato la disciplina, in particolare: - il D.Lgs. 93/2011, che, all art. 24, stabilisce il definitivo blocco delle gare a livello comunale, del 1 giugno 2011; - il D.M. 18 ottobre 2011, con la determinazione dei Comuni appartenenti a ciascun ATEM; - Il D.M. 12 novembre 2011, che definisce i criteri per l indizione e gestione delle gare d ambito. In particolare viene poi individuato il ruolo della Stazione Appaltante, che i Comuni appartenenti agli ATEM demandano alternativamente a: Comune capoluogo di provincia, Comune scelto come capofila, Provincia o Società patrimoniale delle reti se esistente. Tre saranno i criteri ponderanti nella aggiudicazione delle gare per la gestione del servizio: offerta economica, requisiti tecnici e Piani di sviluppo dell impianto. Quest ultimo aspetto (art. 15 dm 226/11), sulla scorta del modello del Servizio Idrico Integrato, prevede una quota di investimento sullo sviluppo delle reti e degli impianti. Regione Lombardia, con la dgr 1871 del 22 maggio 2014 ha definito le modalità secondo le quali verrà attivato il potere sostitutivo regionale per mancata nomina della stazione appaltante. 27 Direttiva 2010/31/UE. 28 In attuazione della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. 29 Come previsto dal D.Lgs. 387/ Le soglie stabilite variano secondo la categoria di impianto in rapporto alla fonte di energia (fotovoltaico, eolico, biomasse e biogas, idroelettrico). 31 L Autorizzazione Unica raccoglie in un unico procedimento le singole autorizzazioni, anche ambientali, necessarie. 47

50 Tabella 3b - Le competenze attuali (funzioni, livelli di governo e riferimenti normativi): energia Macrofunzione Livello di esercizio della funzione Livello di Governo e normativa Regione Provincia Comuni Programmazione Programma Energetico Ambientale Regionale L.R. 26/2003 (art. 30) Piano energetico comunale L.R. 26/2003 (art. 27) Energia D.Lgs. 112/1998 (Titolo II, Capo V) Esercizio Rilascio autorizzazioni impianti di produzione energia elettrica > 300MW L.R. 26/2003 (art. 28) Rilascio autorizzazioni impianti di produzione energia elettrica < 300MW L.R. 26/2003 (art. 28) Rilascio Autorizzazione Integrata Ambientale D.Lgs. 152/2006 L.R 24/2006 (art. 8) Parere per Autorizzazione Unica Ambientale per competenza L. 35/2012 (art. 23) D.P.R. 59/2013 (art. 3) Rilascio autorizzazioni impianti minori di produzione energia elettrica L.R. 26/2003 (art. 27) Rilascio Autorizzazione Unica Ambientale (attraverso SUAP) L. 35/2012 (art. 23) D.P.R. 59/2013 (art. 3) Affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale (secondo ATEM) D.M. 19 gennaio 2011 Risorse 48

51 2. L agenda della Città metropolitana di Milano 2.1. Lo stato dell arte dei servizi a rete: caratteri del territorio, piani e progetti nella Città metropolitana di Milano a) Servizio Idrico Integrato L'area metropolitana milanese è caratterizzata da un reticolo idrografico naturale e da una fitta ed estesa rete di canalizzazioni artificiali. Il reticolo idrografico naturale è molto ben sviluppato; i principali corsi d acqua sono il Ticino, l Olona, il Seveso, il Lambro e l Adda. Le canalizzazioni artificiali sono costituite da una fitta rete di rogge e canali che mettono in comunicazione i principali corsi d'acqua (sistema dei Navigli e Canale Villoresi). Figura 1b: Rete irrigua (fonte: Piano d Ambito Provincia di Milano, 2005) Dal punto di vista qualitativo si riscontra, a livello generale, un elevato inquinamento delle acque che scorrono sia negli alvei principali sia in quelli secondari, senza escludere la fitta rete di canalizzazioni e fontanili, troppo spesso usati come recapiti fognari. Si osserva inoltre come fino ad oggi gli interventi di carattere idraulico abbiano favorito soluzioni progettuali che hanno comportato l'artificializzazione e talvolta la tombinatura di tratti di canali e corsi d'acqua. Questo approccio ha talvolta innescato pesanti squilibri nelle dinamiche fluviali che spesso si traducono in un aumento di rischio idraulico che si ripercuote a monte e a valle degli interventi. 49

52 Figura 2b: SECA Stato ecologico dei corsi d acqua (fonte: Rapporto di sostenibilità 2007, Provincia di Milano) Riguardo invece alle acque sotterranee, il territorio provinciale si caratterizza per la presenza di una risorsa particolarmente ricca, suddivisa in falde sovrapposte. Il protrarsi nel tempo di un uso improprio ha comportato, a livello locale, un eccessivo sfruttamento della prima falda senza una precisa diversificazione degli usi (potabile, industriale, agricolo). A questo si aggiunge una generale compromissione della qualità delle acque a causa di usi del suolo impropri che nel tempo hanno favorito la veicolazione di sostanze inquinanti in profondità. Per quanto riguarda il sistema acquedottistico, dal Piano d Ambito della Provincia di Milano si ricavano i seguenti indicatori: copertura del servizio = 99,3%; dotazione procapite lorda = 423,6 l/abxg; perdite di rete (comprese perdite amministrative)= 23,5%; età delle adduttrici = 42 anni; tipologia di risorsa sfruttata = 100% da pozzo. Gli indicatori relativi al settore fognatura, permettono di stimare nell area metropolitana i seguenti valori: copertura del servizio = 98,0%; lunghezza procapite della rete di raccolta = 1,96 m/ab.; tipologia delle reti (lunghezza di ogni tipologia rapportata al totale): bianche = 1,3%; 50

53 nere = 1,3%; miste = 97,4%. Per il settore depurazione gli indicatori disponibili sono: copertura del servizio (ab. serviti/ab. totali) = 87,0%; surplus di capacità depurativa = 4,9 %; numero degli impianti per classi di potenzialità: 10 con AE < 2.000; 14 con AE < ; 4 con AE < ; 28 con AE > Figura 3b: Schemi depurativi in Provincia di Milano (fonte: Piano d Ambito Provincia di Milano, 2005) In tema di pianificazione delle risorse idriche, la Regione Lombardia, come previsto dalla Direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE, e dalla stessa legge regionale, ha indicato il "Piano di gestione del bacino idrografico" come strumento per la pianificazione della tutela e dell'uso delle acque. La Regione ha inoltre stabilito che, nella sua prima elaborazione, tale Piano costituisce il "Piano di tutela delle acque", previsto dal D.Lgs. n 152/1999, all'art. 44. Il Piano di gestione del bacino idrografico - stralcio di settore del Piano di bacino previsto all'art. 17 della L. 183 del 18 maggio 1989 sulla difesa del suolo - è pertanto costituito da: Atto di Indirizzo, approvato dal Consiglio regionale il 27 luglio 2004; 51

54 Programma di tutela e uso delle acque - PTUA. La Proposta di PTUA è stata approvata dalla Giunta con Deliberazione n. VII/19359 del 12 novembre 2004 e sottoposta ad osservazioni. Sulla base dell'istruttoria delle osservazioni pervenute è stato quindi adottato il Programma di Tutela e Uso delle Acque, con Deliberazione n del 16 novembre A seguito dell'adozione, il PTUA è stato inviato al parere di conformità delle due Autorità di Bacino insistenti sul territorio lombardo: l'autorità di Bacino nazionale del Fiume Po e l'autorità interregionale del Fissero-Tartaro-Canal Bianco. Il PTUA è stato definitivamente approvato con Deliberazione n del 29 marzo Il Programma costituisce lo strumento di riferimento per gli enti ed i soggetti pubblici e privati che concorrono al raggiungimento degli obiettivi di qualità delle acque, consentendo di attivare un azione di governance in un settore caratterizzato da elevata articolazione di competenze. Inoltre, rende disponibile e organizza le informazioni sui dati ambientali relativi ai bacini idrografici e alle risorse idriche, consentendo la diffusione della conoscenza in materia e favorendo una concreta partecipazione alla formazione del programma. La tutela e la valorizzazione delle acque deve peraltro essere attuata assumendo le azioni necessarie all interno delle politiche di settore, previa la condivisione degli obbiettivi e delle misure da attivare con il mondo della produzione e dei servizi. Per questo l elaborazione del programma ha visto il coinvolgimento, con l apertura di tavoli di confronto, delle Province, degli ATO, delle forze sociali ed economiche, delle associazioni ambientali e dei gestori dei servizi. Gli obiettivi assunti sia a livello strategico regionale, relativamente alla tutela delle acque di falda e dei grandi laghi, quali risorse ad utilizzo potabile attuale e futuro, sia quelli relativi al raggiungimento di una qualità buona per i corpi idrici significativi, costituiscono una sfida impegnativa nella realtà lombarda, che presenta una elevata presenza industriale, una densità abitativa ed un agricoltura intensiva con pochi paragoni in Europa. La riorganizzazione dei servizi idrici, perseguita e attuata con la LR 26/2003, consente di affrontare le problematiche del ritardo infrastrutturale presente nel settore idrico, nel quadro della tutela dell utente e della garanzia di qualità del servizio. Con la realizzazione del programma di tutela e uso delle acque, strumento fondamentale nel definire le misure da adottare nel settore delle risorse idriche, sono proposte le direttrici, di medio termine, per garantire le funzioni vitali delle acque per l ambiente e lo sviluppo. Gli obiettivi strategici della programmazione regionale sono nel dettaglio: - promuovere l uso razionale e sostenibile delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili; - assicurare acqua di qualità, in quantità adeguata al fabbisogno e a costi sostenibili per gli utenti; - recuperare e salvaguardare le caratteristiche ambientali delle fasce di pertinenza fluviale e degli ambienti acquatici.; - incentivare le iniziative per aumentare la disponibilità, nel tempo, della risorsa idrica. Tenuto conto degli obiettivi strategici, il PTUA definisce: - lo stato dei corpi idrici superficiali e sotterranei; - gli obiettivi di qualità da perseguire; - le misure necessarie al raggiungimento degli obiettivi, distinte in: misure di tipo generale, applicabili a tutto il territorio; misure specifiche che tengono conto di situazioni particolari; gli strumenti per la costruzione e la condivisione delle conoscenze in materia di acque; gli interventi e i programmi per la diffusione della cultura dell acqua; la ripartizione di responsabilità e il coordinamento tra i diversi livelli di governo delle acque. 52

55 L "Atto di Indirizzo per la Politica di uso e tutela delle acque della Regione Lombardia" prevede l'attuazione di un'adeguata strutturazione delle conoscenze, messe a sistema attraverso l Osservatorio Regionale sulle Risorse Idriche, che permetta: a) l'integrazione e la condivisione delle informazioni da parte di tutti gli enti competenti in materia di acque in Lombardia; b) una gestione coerente e integrata delle risorse idriche ed il monitoraggio dell'efficacia dei programmi di misure attuati; c) l'organizzazione sistematica delle informazioni con cui alimentare le banche dati nazionali e europee. La principali basi dati che permetteranno di cogliere il quadro complessivo del ciclo dell'acqua (prelievo, trasporto, uso, restituzione e scarico) sono: - il catasto delle utenze idriche, attivo dal 2002, col quale vengono gestite le pratiche di concessione per le derivazioni d'acqua per i diversi usi, calcolati e riscossi i relativi canoni, acquisiti i dati delle denunce annuali sulle acque derivate, stimati gli usi delle acque in atto in Lombardia, attraverso cui arrivare a compilare il bilancio idrico regionale, individuare e prevedere le situazioni di criticità delle acque superficiali e sotterranee, localizzare geograficamente i punti di prelievo e la geometria degli impianti; - il catasto delle infrastrutture del Servizio Idrico Integrato (acquedotti, fognature e depuratori), la banca dati relazionale dei Servizi Idrici Regionali Integrati della Regione Lombardia, nella quale sono censite tutte le infrastrutture idriche della Lombardia, contiene le informazioni anagrafiche dei Gestori del Servizio Idrico Integrato, la descrizione georeferenziata delle infrastrutture e i relativi dati tecnici ed economici. - il catasto degli scarichi delle acque reflue, gestito da ARPA Lombardia e al cui aggiornamento contribuiscono le Province, i Comuni ed i Gestori del Servizio Idrico Integrato. L'attività istituzionale di ARPA Lombardia e della Regione Lombardia si basa, quindi, su una banca dati completa ed aggiornata, che viene anche a costituire lo strumento di verifica e controllo del raggiungimento o mantenimento degli obbiettivi previsti dal PTUA; - l'osservatorio dei laghi lombardi, attivato per i più importanti laghi naturali ed artificiali lombardi per organizzare una raccolta organica e completa dei dati esistenti sugli ambienti lacustri (già in linea con il dettato della Direttiva 2000/60/CE), per monitorare i trend evolutivi, evidenziando le situazioni di deterioramento e di inquinamento, per disporre di un valido strumento di supporto alle decisioni sulla gestione dei laghi e infine per diffondere periodicamente un Rapporto sullo stato della qualità delle acque lacustri. In tema di gestione del Servizio Idrico Integrato, Regione Lombardia ha individuato nell'area metropolitana milanese due Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), corrispondenti rispettivamente alla attuale Provincia di Milano (escluso Milano) e al Comune capoluogo. Attualmente, il Governo dei due ATO avviene tramite: la Conferenza dei Comuni, che include la Provincia e i Comuni dell'ambito, per l'ato Provincia di Milano; l'autorità d'ambito Città di Milano, divenuta Azienda Speciale, ex art. 114 del D.Lgs. n. 267 del 18/08/2000, e costituita per gestire il Servizio idrico, per la Città di Milano. 53

56 Figura 4b: Suddivisione territoriale degli ATO Provincia di Milano e Città di Milano Entrambi gli ATO Provincia di Milano e Città di Milano hanno predisposto il relativo Piano d'ambito, che rappresenta lo strumento principale di pianificazione attraverso il quale gli Enti d'ambito possono organizzare, attivare e governare il sistema idrico integrato, al fine di garantire un servizio efficace, efficiente ed economico. Il nuovo Piano d Ambito della Provincia di Milano è stato approvato nel dicembre In particolare, il Piano si è adeguato al nuovo modello definito dall autorità per l energia elettrica, il gas e il servizio idrico (AEEGSI). Coerentemente con la recente deliberazione della AEEGSI 459/2013 e del documento di consultazione AEEGSI 550/13, con Delibera 584/2013/R/idr del 12 dicembre 2013, l authority ha proceduto all approvazione delle tariffe e del correlato piano economico-finanziario proposto dall ufficio d ambito della provincia di Milano per il gestore Cap Holding S.p.a. L Ufficio d Ambito della Provincia di Milano, ha predisposto i documenti di pianificazione d Ambito per il periodo , al fine di: - individuare obiettivi specifici e gli interventi coerenti con tali obiettivi; - individuare lo schema regolatorio; - predisporre il Piano Economico Finanziario (PEF), il Programma degli investimento e il moltiplicatore tariffario coerente con gli obiettivi individuati. Nel nuovo strumento definizione sono stati aggiornati (rispetto alla precedente versione del 2005), oltre ai confini provinciali che contenevano ancora Monza e Brianza, in particolare le logiche definite dal nuovo modello tariffario definito dall AEEGSI. In relazione a ciò si è previsto il nuovo Piano degli Interventi, con il relativo Piano degli investimenti, su una prospettiva al 2033, che prevede due fasi ( e ). In particolare, per il periodo sono in programma da parte del gestore (Gruppo CAP), interventi per 334 milioni di euro, di cui oltre 70 milioni per la gli adeguamenti dovuti alla procedura di infrazione comunitaria. 54

57 L'ATO Città di Milano ha approvato, con deliberazione del CC n. 47/07 del 26/07/2007, il proprio Piano d'ambito per il periodo Il Consiglio di Amministrazione dell'ato Città di Milano ha successivamente approvato nel 2010 il primo aggiornamento del Piano d'ambito della Città di Milano, resosi necessario in conformità all'art. 20 (variazione tariffaria) della Convenzione per la gestione del Servizio Idrico Integrato della Città di Milano (Deliberazione del CdA dell'ato del 28/11/2007), che prevede l'aggiornamento obbligatorio del Piano Tariffario da svolgersi entro il primo biennio. L'aggiornamento in oggetto modifica i capitoli di Piano strettamente connessi alla proiezione tariffaria, come il Piano degli interventi, ma non modifica i capitoli relativi all'inquadramento territoriale e agli obiettivi di Piano, che saranno invece oggetto di revisione nell'ambito dell'aggiornamento quinquennale previsto dalla Convenzione, in fase di predisposizione ed approvazione entro la fine del Nell'ATO Provincia di Milano il Servizio Idrico Integrato è stato affidato dalla Provincia di Milano al Gruppo CAP. In data 25 luglio 2013, il Consiglio provinciale ha approvato la Delibera contenente la convenzione che affida per 20 anni, fino al 2033, la gestione del Servizio Idrico Integrato al Gruppo CAP, secondo il modello in house providing. Il 22 maggio 2013, infatti, è stato firmato l'atto di fusione per incorporazione di Ianomi, Tam e Tasm in CAP Holding, principale società a capitale pubblico di gestione delle acque pubbliche, che ha determinato, a partire dal 1 giugno, la nascita del Gruppo CAP, divenuto gestore unico del servizio idrico nella provincia di Milano in ottemperanza alle previsioni normative. Il Gruppo CAP è dunque divenuto il gestore integrato unico del sistema idrico integrato dell ATO della Provincia di Milano, articolato in CAP Holding, società di direzione e controllo, che gestisce e sviluppa il patrimonio idrico dei Comuni, e Amiacque, cui è affidato il servizio di erogazione. L'ATO Città di Milano ha affidato il servizio di gestione e organizzazione, "in house providing", a Metropolitana Milanese SpA, società interamente partecipata e controllata dal Comune di Milano. La Carta del Servizio Idrico Integrato (SII), emessa in base alla normativa vigente in materia (D.P.C.M. del 27 gennaio 1994 concernente i Principi sull erogazione dei servizi pubblici e schema tipo di cui alla Deliberazione della Giunta Regionale del 1 ottobre 2008 n. 8/8129), costituisce una dichiarazione di impegno ufficiale del Gestore del SII nei confronti dei propri Clienti-Utenti, in merito al livello di qualità dei servizi forniti e, come tale, costituisce un elemento integrativo dei Contratti di servizio e di gestione delle reti (idriche e fognarie), degli impianti (di sollevamento, di pompaggio, di depurazione, etc.), nonché dei Regolamenti che disciplinano il Servizio Idrico Integrato. La Carta del Servizio Idrico Integrato è uno strumento d informazione e trasparenza nel rapporto tra il Gestore e gli Utenti. Garantisce le informazioni utili alla corretta interpretazione dei diritti dei consumatori ed è il mezzo per ottenere il rispetto degli impegni assunti dal Gestore relativamente ai servizi di acquedotto, fognatura e depurazione. E anche lo strumento che impegna il gestore a perseguire obiettivi di continuo miglioramento della qualità ed efficienza del servizio sul territorio. Sia il gruppo CAP che Metropolitana Milanese SpA hanno predisposto le rispettive Carte del Servizio Idrico Integrato, valide per gli utenti serviti da impianti ubicati nei comuni nei quali il Servizio Idrico Integrato è gestito direttamente dalle rispettive società. 55

58 b) Gestione integrata dei rifiuti urbani In Provincia di Milano la gestione dei rifiuti urbani ha vissuto negli ultimi anni una rapida evoluzione. Si è, infatti, superata da tempo la fase di dipendenza dalla discarica, sviluppando modelli di raccolta, abbinati al conseguente smaltimento/recupero, in linea con le più recenti direttive europee. Da una prima analisi si evidenzia il perdurare del trend di decrescita dei rifiuti prodotti (anno 2011), che vede un calo rispetto ai dati dell anno precedente di quasi il 3% sul totale rifiuti. Inoltre, l analisi dei flussi delle raccolte di rifiuti riferite al territorio della Provincia di Milano (anno 2011) evidenzia il raggiungimento del 47,1% di quota di rifiuti differenziati, se si considera l intero territorio provinciale, e 57,3% se si esclude il Comune capoluogo. I rifiuti intercettati dalle raccolte differenziate nel 2011 nei Comuni della Provincia di Milano risultano pari a ton.; tali valori, oltre alle frazioni differenziate secche, all umido e al verde, includono la quota di rifiuti ingombranti avviati a recupero. Le principali frazioni che costituiscono le raccolte differenziate (RD) sono la carta e cartone, l organico, il vetro e il verde: queste compongono per la provincia di Milano circa il 75% di tutte le RD. Si osserva per la realtà milanese come all aumentare del livello di RD aumenti il contributo della frazione organica e come il Comune di Milano influenzi considerevolmente il dato complessivo. Dei 134 Comuni facenti capo alla Provincia di Milano, ben 45 hanno già superato l obiettivo del 65% di raccolta differenziata che l art. 205 del D.Lgs. 152/2006 pone al 31 dicembre 2012, mentre se si considera l obiettivo di raccolta differenziata del 35% previsto dal Decreto Ronchi per il 2003, si nota come il Comune di Milano, con il 34,7% di RD, sia prossimo a raggiungere l obiettivo. Le frazioni di rifiuto avviate a smaltimento, ovvero la frazione indifferenziata, costituiscono invece il 52,9% del totale dei rifiuti (anno 2011). Dai dati disponibili, si osserva, negli ultimi anni, un aumento del flusso di rifiuti indifferenziati destinato ad impianti provinciali, arrivando a quote di rifiuti indifferenziati complessivamente smaltiti in ambito provinciale pari a quasi l'88% del totale degli indifferenziati. Seppur tale risultato richieda ancora uno sforzo per raggiungere l obiettivo primario della pianificazione, ossia l autosufficienza impiantistica per la Provincia di Milano, si può affermare che si stia procedendo verso quanto atteso. Figura 5b: Principali tipologie di impianto trattamento rifiuti (fonte: ARPA, 2011) 56

59 In Lombardia si riscontra una pluralità di modelli di raccolta dei rifiuti urbani; essi sono riconducibili alla principale dicotomia porta a porta/cassonetti stradali, ma sono presenti varianti e tipicità territoriali che rendono molto interessante la possibilità di confrontarli tra loro dal punto di vista dell efficacia e dell economicità. Esiste una dicotomia generale tra i sistemi porta a porta e quelli a cassonetti stradali, ma c è una grande variabilità anche e soprattutto tra gli stessi modelli porta a porta. Gli obiettivi del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i (raggiungimento del 65% di raccolta differenziata entro il 2012) impongono in questo periodo una scelta, affinché essi possano essere raggiunti con la migliore efficienza economica possibile dai comuni che ne sono ancora lontani. Dall analisi statistica dei dati comunali emerge come in generale ad una Raccolta Differenziata più alta non corrispondano costi totali più elevati rispetto ai comuni meno efficienti nelle raccolte differenziate; anzi, la media dei costi totali per i comuni con RD >60% è inferiore rispetto a quelli con RD <40%. C è comunque all interno dei dati una grande variabilità che, soprattutto per i modelli porta a porta, è spesso spiegabile con le scelte multiformi effettuate dai comuni (es. frequenza trisettimanale o monosettimanale, etc.). La raccolta differenziata spinta, ottenuta con il sistema porta a porta, comporta costi totali sostanzialmente invariati, mentre la somma dei costi di raccolta e di smaltimento diminuisce all aumentare del tasso di raccolta differenziata. Per la fascia di Comuni con RD >70% si evidenzia però un significativo incremento nei costi della sola raccolta. Ciò offre lo spazio a possibili ottimizzazioni, ad esempio tarando meglio le frequenze di raccolta, riducendole ove eccessive e incrementando l intercettazione delle frazioni che generano un ricavo (od un minore costo di smaltimento) mediante campagne di comunicazione mirate. Figura 6b: Percentuale di raccolta differenziata (fonte: ARPA, 2011) Entrando nello specifico della Provincia di Milano, appare interessante esaminare più nel dettaglio i costi legati alla gestione dei rifiuti, considerando il costo totale sostenuto dai singoli Comuni, valutato al netto dei ricavi 57

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