Galileo: genio e carattere
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1 Galileo: genio e carattere Juan José Sanguineti Studi Cattolici, settembre 1993, n.391, pp L attenzione del pubblico e degli studiosi verso il caso Galileo è stata ridestata a conseguenza dell intervento chiarificatore del Papa in ottobre del 1992 (cfr. il servizio su Studi Cattolici di A. Torresani, Caso Galileo, ultimo atto, n. 382, dicembre 1992, pp ). Ma non è facile ancora oggi un approccio non polemico all argomento, convertito da molti in simboli mitico del conflitto tra ragione e fede, simbolo - osservò il Papa in quell occasione- del preteso rifiuto da parte della Chiesa del progresso scientifico, oppure dell oscurantismo dogmatico opposto alla libera ricerca della verità. La posizione pontificia venne ritenuta da alcuni come una forma di riabilitazione tardiva di Galileo. Veramente la riabilitazione era superflua dal momento che esisteva sin dal 1741, quando la Santa Sede autorizzò la pubblicazione delle sue opere, come sottolineò Coyne, uno dei membri della commissione istituita nel 1981 per lo studio della vicenda di Galileo. Per la Chiesa è stata piuttosto l occasione di un approfondimento sul rapporto tra fede e ragione. Se il riesame del problema comportava un riconoscimento leale dei torti, da qualunque parte essi venissero, come si era espresso Giovanni Paolo II nel 1979 nell avvio di tale commissione, ora egli concludeva che in fondo si è trattato di una reciproca incomprensione, osservando in seguito che le chiarificazioni apportate dai recenti studi storici ci permettono di affermare che tale doloroso malinteso appartiene ormai al passato.
2 2 Lo studio storico del caso Galileo è arduo a causa della sua particolare complessità. Più viene analizzato storiograficamente -e la letteratura al riguardo non è esigua-, più si avverte che una valutazione dei suoi protagonisti (Cardinali, chierici, religiosi, i Pontefici, gli amici di Galileo, peripatetici) corre il rischio di essere affrettata. Cercheremo di illustrarlo nelle pagine che seguono con una panoramica selettiva del problema. Il contesto scientifico e umano Ricapitoliamo i fatti che ci sembrano più rilevanti per una migliore comprensione della grande vertenza galileiana. L attività scientifica di Galileo si svolge successivamente a Pisa, Padova e Firenze. Non sarà certamente la serena attività di un uomo dedicato esclusivamente allo studio nel suo laboratorio o nella biblioteca. I tempi non lo consentivano e il difficile carattere di Galileo giocherà un ruolo particolare nella sua biografia scientifica. Essa è contrassegnata da un accanita lotta competitiva e da una focosa polemica antiaristotelica atta a procurarli ardenti discepoli ma anche durevoli inimicizie. Galileo è stato un grande polemista che sapeva scuotere l opinione pubblica e con la sua abile prosa poteva essere pesantemente sarcastico con i suoi avversari. Le sue critiche ad Aristotele indisposero contro di lui i professori di Pisa, dov egli cominciò la sua carriera scientifica come professore di matematica. Il contratto non gli fu rinnovato nel 1592 ed egli si trasferì all università di Padova. Ma anche qui entrerà nel mondo delle controversie, per esempio con l aristotelico Cremonini, successore del grande logico Zabarella. Siamo in un periodo di un notevole dinamismo scientifico in Italia dove ancora convivono, ma non pacificamente, gli intellettuali peripatetici e i pionieri della nuova scienza. Il rinnovo dei contratti a Padova è sempre in bilico a causa degli oppositori. Le controversie sono dure. Nel 1604 si scopre in Europa una stella nova, non ritenuta
3 3 tale da Ludovico delle Colombe (1606), contro il quale Galileo si scaglia protetto dallo pseudonimo 1. La nuova scienza è anche pratica, tecnica, con i conseguenti vantaggi economici che servono al sostegno della ricerca. I primi lavori di Galileo rientrano nel campo dell ingegneria militare. I disagi economici non gli mancano, per cui egli sarà costretto a difendere i suoi diritti di autore in reali o presunte reciproche precedenze, sia nelle invenzioni che nelle scoperte (ma vi s introduce anche il sentimento dell autostima). Nel 1607 denuncerà con enorme forza B. Capra, colpevole di plagio dell invenzione galileiana del compasso geometrico-militare (una sorta di regolo calcolatore) e in seguito espulso dall università. Si discute tuttora la priorità di Galileo nell invenzione del cannocchiale. Sembra che egli si sia ispirato alla lente dell olandese Zaccaria Janssen, ma comunque è stato il primo a rivolgerlo al cielo allo scopo dell osservazione sistematica (1609). Invitato dal duca di Toscana Cosimo di Medici, si trasferisce definitivamente a Firenze nel 1610, lasciando così l attività docente con l impegno della dedizione alla ricerca. Certo non poteva prevedere le conseguenze che questa scelta avrebbe avuto nella sua vita. Nelle sue visite a Roma stabilisce contatti con ecclesiastici e altre personalità, in collegamento con il suo lavoro scientifico. La diffusione del cannocchiale in Italia inaugura un periodo di grande interesse per l astronomia. Galileo verrà ricevuto con onore presso il Collegio Romano dei gesuiti (1611), un centro attivo nel campo scientifico e astronomico. Non c era nella cultura europea del barocco e tanto meno nello Stato pontificio l attuale separazione tra il mondo scientifico laico e un ambito ecclesiastico esclusivamente dedito alle attività pastorali o alle scienze sacre. Nella tradizione medievale e dei primi secoli moderni era abituale vedere ecclesiastici, religiosi e laici impegnati nel lavoro scientifico, un fatto naturale se si considera che la scienza 1 Il reale autore della risposta è molto probabilmente Galileo: cfr. S. Drake, Galileo at Work, Univ. of Chicago Press, Chicago e Londra 1978, pp
4 4 moderna affonda le sue radici nelle istituzioni universitarie create dalla Chiesa sin dai secoli XII e XIII. Non è strano ad esempio che Copernico fosse un sacerdote cattolico che nel 1543 aveva inviato al Papa Paolo III la sua opera Le rivoluzioni delle orbite celesti, nella quale presentava la nuova ipotesi astronomica, peraltro senza difficoltà da parte del Pontefice. Al tempo di Galileo siamo tuttavia in un momento critico nel lento e sofferto passaggio dalla vecchia alla nuova scienza. Abbiamo accennato sopra alla rivalità tra i peripatetici e i progressisti. C erano anche aristotelici aperti alle nuove prospettive e tutti gli scienziati collocati in posizioni avanzate evolvevano sempre da una cornice peripatetica. Non poteva essere diversamente, poiché la scienza non nasce dal nulla. Galileo aveva ricevuto una formazione aristotelica: egli infatti impartì delle lezioni sulla scienza di Aristotele, conservateci nella sua opera Juvenilia del 1585, con certi passi tratti letteralmente dal Clavius e dal Pereira, professori al Collegio Romano. Ma in seguito egli, come tanti altri, aveva scoperto con entusiasmo Euclide, Eudosso e in particolare Archimede, una fonte greca primaria nell avviamento della meccanica moderna. Nelle sue opere egli ragiona spesso prendendo spunto da Aristotele, certamente per criticarlo ma ancora nel suo ambito, senza riuscire a discostarsene del tutto, come invece farebbe la fisica moderna una volta consolidata. Il copernicanesimo e Galileo Galileo non è principalmente un astronomo, come il suo contemporaneo Keplero, bensì un fisico che lavora ancora in modo geometrico, senza formule algebriche. I suoi contributi più validi rientrano nel campo della meccanica, tra cui spiccano gli studi sull accelerazione costante dei corpi in caduta libera. Egli si colloca in una prospettiva ancora cinematica, senza arrivare alla nozione di forza. L invenzione del cannocchiale lo porterà a scoperte astronomiche sconvolgenti: osservazione dei rilievi lunari, dei satelliti di Giove (anche qui sorse una contesa sulla
5 5 precedenza, rivendicata da Simon Martius), delle fasi di Venere, delle macchie solari. Nelle dispute sulla priorità non mancarono asprezze, in particolare quella sorta tra Galileo e l astronomo gesuita Scheiner in relazione alla scoperta delle macchie solari (avvenuta negli anni ). In verità non si può scartare la possibilità di scoperte indipendenti pressoché simultanee. Galileo pubblicò le sue osservazioni astronomiche in marzo del 1610 in Sidereus Nuncius, con grande impatto nei lettori. Né Copernico né Keplero -osserva Brandmüller- riuscirono a evocare con le loro opere una tale esplosione dei sentimenti da parte del pubblico, quanto il Sidereus Nuncius. Ai nostri giorni il suo effetto si può forse paragonare a quello provocato dall evento che milioni di persone ebbero nel seguire sullo schermo televisivo l atterraggio dell uomo sulla luna 2. I nuovi mondi svelati dal cannocchiale screditarono per sempre l antica credenza nell alterabilità dei cieli e conferirono una maggiore credibilità al copernicanesimo, cui Galileo aderirà senza riserve intorno al La teoria copernicana finora non aveva suscitato critiche importanti da parte cattolica, anche se la questione biblica fu posta già da Lutero, il quale condannò senza mezzi termini l opera dell astronomo polacco nel 1539, prima della sua pubblicazione, come farebbe più tardi Melanchton. Il pazzo vuole sconvolgere l arte dell astronomia -diceva Lutero di Copernico il 4 giugno del 1539-, però, come dimostra la Sacra Scrittura, Giosuè disse al Sole di fermarsi e non alla terra 3. Intanto Diego di Zúñiga insegnava il copernicanesimo a Salamanca con tutta libertà agli inizi del Seicento. Solo che proprio in quei momenti, quando l ipotesi copernicana cominciava a prendere contorni più reali, allora emerse più seriamente la questione della sua compatibilità con la Scrittura. Ai tempi di Galileo erano tre le teorie concorrenti sulla struttura celeste: l antica teoria tolemaica geocentrica, che in quegli anni perdeva credito velocemente; la teoria 2 W. Brandmüller, Galilei e la Chiesa, Ed. Vaticana, Roma 1992, pp Werke, Kritische Gesamtausgabe, Tischenreden I, Weimar 1912, 419; IV, Weimar 1916, 412 ss.
6 6 ibrida di Tycho Brahe, nella quale il sistema dei pianeti intorno al Sole girava a sua volta ingegnosamente intorno alla terra immobile; e quella di Copernico, antecedente diretta della nostra attuale concezione cosmologica. La teoria di Tycho, lievemente posteriore a quella copernicana, poteva soddisfare insieme gli scrupoli esegetici e le nuove scoperte, per cui ebbe accoglienza in molti ambienti ecclesiastici (ma Galileo non la prese mai sul serio). Le osservazioni celesti favorivano sempre più il copernicanesimo. Copernico tuttavia aveva formulato un ipotesi matematica fondata su indizi di natura ottica e sull argomento della semplicità. Occorrevano spiegazioni fisiche per capire la possibilità effettiva del movimento dei pianeti intorno al Sole e particolarmente la possibilità dell incredibile mobilità della terra senza che ciò fosse percepito, senza che ci fossero sconvolgimenti nella sua struttura fisica, almeno nella sua superficie. Questo fatto richiedeva ovviamente la conoscenza dell inerzia e della legge di gravitazione, ancora da scoprire. Keplero e più tardi Newton contribuirebbero a completare la teoria nelle sue esigenze dinamiche 4. Galileo si convinse fortemente della verità fisica della teoria copernicana e perseguiterà nella sua vita l obiettivo di scoprire una prova fisica, terrestre, del movimento della terra. Crederà di trovarla a torto nel flusso e riflusso delle maree, le quali invece per Keplero, giustamente, erano dovute all azione lunare (spiegazione respinta da Galileo in quando considerata un ricorso a misteriosi influssi astrologici). Il primo tentativo di Galileo 4 In modo meno decisivo, Galileo comunque notò che i movimenti relativi interni a un sistema non mutano se il sistema possiede un movimento comune (perfezionato con la teoria inerziale, è questo il principio della relatività galileiana ).
7 7 In questo modo Galileo si accinge, più o meno a partire dal 1613, a presentare battaglia in favore del copernicanesimo. È qui dove compaiono i tratti più personali della sua figura. Tra il 1613 e il 1616 egli commise in buona fede l errore, fatale alla sua causa, di voler difendere il copernicanesimo dagli attacchi che cominciava a subire e a sostenere con energia la sua compatibilità con la Scrittura, portando la polemica alla stessa Roma in base al suo prestigio e alle sue amicizie nei mezzi ecclesiastici romani. Egli non si accorse che un eccessiva insistenza sugli argomenti fisici (insufficienti) e scritturistici, in aggiunta alle critiche anche maligne dei suoi avversari, con tanto di intrighi e di controversie, premeva troppo sulle autorità, innervosiva i censori e sottoponeva la teoria copernicana al rischio di dover essere giudicata senza necessità. Ma è paradossale che comunque la battaglia di Galileo non abbia a che vedere con i suoi grandi contributi scientifici. Nella storia teoretica dell eliocentrismo, Galileo ebbe un importanza secondaria, al contrario di quanto avviene in Keplero (cui Galileo purtroppo non diede retta come fonte scientifica). Infatti le osservazioni astronomiche di Galileo semplicemente favorivano il copernicanesimo, senza dimostrarlo. Gli eventi scatenanti il monito del 1616 sono noti. Lo scienziato benedettino Castelli, discepolo di Galileo, gli scrive da Pisa nel dicembre del 1613 riferendogli una conversazione con il Duca toscano ed altri, dopo pranzo, in cui la Duchessa manifesta certe perplessità sulla teoria di Galileo in relazione alla Scrittura. Da questo evento Galileo prese spunto per scrivere le sue stupende lettere al Castelli e alla Duchessa Cristina di Lorena. Quest ultima lettera è definita da Giovanni Paolo II nel discorso sopra citato come un piccolo trattato di ermeneutica biblica 5. Ma così Galileo entrava nella questione biblica. L altro evento, ben più serio, fu la sgridata del domenicano Caccini dal pulpito di Santa Maria Novella contro il copernicanesimo e la successiva azione di questi e del suo confratello Lorini tendente 5 Il passo citato dal Papa della lettera a Benedetto Castelli è il seguente: Se bene la Scrittura non può errare, potrebbe nondimeno talvolta errare alcuno de suoi interpreti ed espositori, in vari modi (21-XII-1613).
8 8 a predisporre il Sant Uffizio contro la teoria eliocentrica. Questi fatti indussero Galileo a preparare una difesa del copernicanesimo contro una possibile condanna. Egli agisce da buon cristiano che non vede personalmente alcuna contraddizione tra la fede e la scienza e tenta di evitare un atto che sarebbe dannoso per la Chiesa. Cosimo II di Medici sconsigliava Galileo dal scendere a Roma e anche i suoi buoni amici ecclesiastici romani facevano altrettanto. Mons. Ciampoli gli scrive il 28- II-1615: il signor Cardinale Barberini [il futuro Urbano VIII], il quale, come Ella sa per esperienza, ha sempre ammirato il suo valore, mi diceva pure jersera che stimerebbe in queste opinioni maggior cautela il non uscir dalle ragioni di Tolomeo o del Copernico o finalmente che non eccedessero i limiti fisici o matematici, perché il dichiarar le Scritture pretendono i teologi che tocchi a loro, e quando si porti novità, benché per ingegno ammiranda, non ognuno ha il cuore senza passione che voglia prendere le cose come son dette: chi amplifica, chi tramuta 6, cioè le opinioni di Galileo si trasformano, si crea confusione, si comincia a parlare della possibilità che la luna, se è vero che è simile alla terra, sia abitata da altri uomini, il che porrebbe il problema della discendenza da Adamo, della redenzione ecc., tutte discussioni in cui si mescola anche la malignità umana 7. Con senso della prudenza, Mons. Dini suggerisce a Galileo nella lettera del 2-V di non voler irritare le persone di autorità, pretti peripatetici ( ) in un punto già guadagnato, cioè che si possa scriver come matematico e per ragione d ipotesi, come vogliono che abbia fatto Copernico; il che sebbene non si concede da suoi seguaci, basta agli altri che l effetto medesimo ne risulta, cioè del lasciar scriver liberamente, purché non s entri, come s è altre volte detto, in sagrestia 8. Ancora Dini il 16 maggio: Ma adesso non è tempo di voler con dimostrazioni disingannare i giudici; ma sì è tempo di tacere e di fortificarsi con buone e fondate ragioni, sì per la 6 Miscellanea Galileiana, Pontificia Accademia delle Scienze, Roma 1964, P. Paschini, Vita e Opere di Galileo, vol. I, p Cfr. ibid., pp Ibid., p. 326.
9 9 Scrittura come per le matematiche ed a suo tempo darle fuora con maggiore soddisfazione 9. I consigli non fermarono Galileo, troppo ottimista o forse troppo sicuro di se stesso. Recandosi a Roma (dicembre del 1615), commette una seria imprudenza, se si pensa che in seguito egli incomincia un andirivieni polemico e apologetico che doveva essere molto controproducente. Il canonico A. Querenghi scrive al Cardinale d Este il 30-XII-1615: Abbiamo qui il Galilei che spesso in radunanze d uomini d intelletto curioso fa discorsi stupendi intorno all opinione di Copernico, da lui creduta per vera 10. E riporta il 20-I-1616: Dal Galileo avrebbe gran gusta V. Sria. Illma. se l udisse discorrere, come fa, in mezzo di quindici o venti che gli danno assalti crudeli quando in una casa quando in un altra. Ma egli sta fortificato in maniera che si ride di tutti; e sebbene non persuade la novità della sua opinione, convince almeno di vanità la maggior parte degli argomenti coi quali gli oppugnatori cercano di atterrarlo 11. Il resto della storia è molto noto. Nonostante i suoi sforzi, Galileo riceve nel mese di febbraio un monito del Sant Uffizio di non insegnare né sostenere la tesi copernicana. Si discute se gli è stato detto di non sostenerla in nessun modo, oppure si capiva che poteva farlo nel modo di un ipotesi matematica. L idea del Cardinale Bellarmino, protagonista dell ammonimento e suo amico, era che per motivi di prudenza la teoria copernicana poteva essere sostenuta solo ipoteticamente, non come una realtà fisica ormai dimostrata, e che solo una volta confermata semmai sarebbe da affrontare il problema esegetico. L opera di Copernico fu autorizzata con l aggiunta di alcune poche correzioni nelle quali si richiamava l attenzione sul suo carattere ipotetico. La posizione presa dal Sant Uffizio può considerarsi moderata dinnanzi al 9 Ibid., p Ibid., p Ibid., p. 330.
10 10 vespaio che si era creato, anche se fermava di un colpo la febbrile attività difensiva di Galileo 12. Il secondo tentativo Galileo torna a Firenze e per un tempo non si occupa della questione. Purtroppo egli s impigliò in un inutile contesa con l astronomo Grassi. Questi insieme ad altri (ma non Galileo) avevano osservato delle comete nel Grassi, gesuita seguace di Tycho Brahe, sosteneva che le comete si trovavano nello spazio siderale. Galileo sferrò un duro attacco contro di lui (prima in uno scritto del suo discepolo Guiducci di cui in realtà era l autore), difendendo l errata concezione delle comete come fenomeni atmosferici, anche se l esposizione di Grassi aveva dei punti deboli. Galileo scrisse infine contro Grassi Il Saggiatore (1623), monumentale opera polemica che contribuì ancora una volta a crearli nuove inimicizie a Roma. L inizio del lavoro, pur dedicato a Urbano VIII, dimostra i risentimenti accumulati da Galileo, il quale si lagna di quanti hanno voluto rubargli le sue invenzioni, citando ancora una volta il caso del compasso geometrico o la frode di Simon Marius riguardo ai satelliti di Giove: tutti questi hanno cercato di spogliarmi di quella gloria ch era pur mia, e, dissimulando di aver veduto gli scritti miei, tentarono dopo di me di farsi inventori di meraviglie così stupende 13. Nel suo attacco a Grassi, propone di intitolare l opera di quest ultimo, Libra astronomica ac philosophica, piuttosto col nome di L astronomico e filosofico 12 La riunione dei teologi consultori che precedette il monito giudicò la tesi copernicana come eretica, cadendo in un errore imperdonabile, per di più fatto in fretta, solo in pochi giorni e senza un vero studio. Ma fu solo un atto interno e consultivo, senza alcun valore universale, che del resto non fu seguito dal Sant Uffizio. Il copernicanesimo non fu condannato nel Il monito e la proibizione dei libri furono atti disciplinari, non magisteriali. 13 Opere di Galileo Galilei, Utet, Torino 1980, 2da. ed., a cura di Franz Brunetti, vol. I, p Galileo potrà aver ragione, ma è anche vero che Keplero si lamentava che egli non riconosceva facilmente meriti altrui. Il compasso, per esempio, fu inventato da Galileo in base al perfezionamento di altri strumenti analoghi precedenti.
11 11 scorpione, paragonando il Grassi allo scorpione velenoso che sarà schiacciato dal suo stesso veleno 14. Arriviamo così al processo del Nel 1623 venne elevato al Pontificato il Cardinale Maffeo Barberini, simpatizzante di Galileo, col nome di Urbano VIII (il quale aveva perfino composto un ode in latino in onore della scoperta galileiana delle macchie solari). Dopo aver avuto una serie di udienze col nuovo Papa nel 1624, Galileo si decide a scrivere un opera in cui la teoria copernicana sarebbe presentata a titolo ipotetico. Il lavoro, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, venne pubblicato nel 1632 a Firenze. Le circostanze per l ottenimento dell imprimatur non furono del tutto chiare. Il censore romano Riccardi, domenicano e favorevole a Galileo, proponeva alcune correzioni tendenti a meglio evidenziare il carattere ipotetico della discussione. Le sue dilazioni, dovute in parte anche alle difficoltà di comunicazione tra Roma e Firenze a causa della peste, fanno decidere Galileo di stampare il libro a Firenze, con il consenso ufficioso di Riccardi ma senza le correzioni (tranne che nel prefazio e alla fine, in un modo piuttosto esterno). Quando viene letta a Roma, l opera produce pessima impressione, mentre si accende la collera del Papa, che si ritiene ingannato dagli imbrogli di Galileo e dei censori. La scoperta del precetto del 1616 (che era stato dimenticato e cui l autore non aveva accennato prima) lascia Galileo in una posizione giuridica insalvabile. Citato a processo nel 1633, viene condannato a prigione a vita, pena benevolmente commutata quasi immediatamente con l arresto domiciliare nella sua villa privata ad Arcetri (Galileo non è stato mai incarcerato). Il Dialogo sopra i sistemi massimi era un indubbia difesa della teoria copernicana, in cui era impiegato soprattutto l argomento (sbagliato) delle maree. Come ogni scienziato, Galileo ragionava per ipotesi, considerando che l eliocentrismo era più fondato del geocentrismo, sebbene egli probabilmente s accorgesse che non 14 Cfr. ibid., p Non si esclude che all accanimento di Galileo contro gli avversari abbiano contribuito qualche volta gli incitamenti dei suoi fieri e giovani discepoli.
12 12 riusciva a dimostrarlo 15. Ma nel Dialogo egli impiegava brillanti argomenti retorici allo scopo di persuadere il lettore della superiorità del copernicanesimo 16. Scientificamente non dimostrava ciò di cui voleva convincere retoricamente. Nella sua residenza ad Arcetri, Galileo riceveva visite e continuò a lavorare come scienziato finché glielo permettete la vista, ritornando al campo della meccanica, nel quale meglio si manifestava il suo genio scientifico. Nel 1638 pubblicò a Leiden (Olanda) Discorsi intorno a due nuove scienze, messa subito alla vendita anche a Roma. Dal punto di vista scientifico è il suo capolavoro, in cui si pongono le basi della meccanica moderna. Queste ultime circostanze evidenziano che, malgrado la condanna personale a Galileo, le autorità ecclesiastiche non tornarono a premere sulla questione copernicana, che acquistava sempre più forza. Nel 1741 il Sant Uffizio toglierà il divieto dalla pubblicazione delle opere di Galileo. Indipendentemente dalle prove osservative che sarebbero arrivate più tardi, possiamo dire che la condanna non è stata operativa perché fu subito chiaro, non appena gli animi si calmarono, che il problema della Scrittura non era pertinente. Senza la tempesta provocata dal caso Galileo, il copernicanesimo si sarebbe imposto comunque, forse in una maniera più semplice. Considerazioni finali Si è voluto vedere spesso in Galileo il campione dell indipendenza di pensiero e dell autonomia della scienza. Brecht sembra addirittura rimproverargli di non essere arrivato con coerenza a una forma di martirio. Ma non possiamo giudicare anacronisticamente né Galileo né i suoi avversari. L epistemologia moderna tende a 15 Cfr. S. Drake, Reexamining Galileo s Dialogue, in Autori vari, Reinterpreting Galileo, ed. W. Wallace, Catholic Univ. of America Press, Washington 1986, pp ; M Finocchiaro, The Methodological Background to Galileo s Trial, in ibid., pp Cfr. J. Dietz Moss, The Rhetoric of Proof in Galileo s Writings on the Copernican System, in Reinterpreting Galileo, cit., pp
13 13 vedere le cose in una maniera più umana. La scienza al tempo di Galileo non era un idea platonica, come non lo è ai nostri giorni. La scienza è un impresa umana imperfetta, fatta da uomini imperfetti, da uomini che ragionano ma che al contempo hanno passioni e pregiudizi. I protagonisti del caso Galileo sono d altronde uomini di fede che, malgrado i loro difetti e l attaccamento alle proprie vanità, ragionano nell ambito della fede cristiana e cercano sinceramente di comprendere la realtà alla luce della rivelazione divina soprannaturale e insieme di quell altra rivelazione che è la natura con le sue leggi. Tutti sono convinti che non c è contraddizione tra la fede e la ragione, pur vivendo nel delicato momento di crisi della scienza tradizionale. La vicenda di Galileo, con tutta la sua drammaticità, non era la lotta della ragione astratta e idealizzata contro l autoritarismo di una fede oscura (concezione illuminista), ma appartiene alla storia della scienza occidentale nel suo rapporto vivo con la visione del mondo derivata dalla fede cristiana. Non dimentichiamo che le scoperte del pisano avvengono in un contesto eminentemente cristiano: il suo genio come fisico non sarebbe comprensibile ai margini del grande movimento scientifico delle università europee che risale ai secoli XIII e XIV. Gli storici della scienza oggi sono d accordo nel riconoscere l importanza indiretta della Chiesa nella nascita della scienza moderna e nel superamento della cosmovisione fisica greca. D altra parte, non ci sono altri esempi simili di difficoltà tra un tribunale ecclesiastico e la scienza fisicomatematica o l astrofisica. Le teorie di Newton, Faraday, Maxwell, Planck, Einstein, non sono state mai problematiche per la fede cristiana: il caso Galileo è un incidente unico nel suo genere nella storia della Chiesa. Dalla prospettiva esegetica può sorprendere che i teologi che intervennero nel caso trovassero delle difficoltà contro il copernicanesimo nella Scrittura. Non occorreva aspettare l ermeneutica moderna per accorgersi che le espressioni letterali della Bibbia in materie fisiche seguono il linguaggio ordinario, così come oggi non riteniamo che sia tolemaico chi si esprime dicendo il Sole si alza. San Tommaso
14 14 nella sua esposizione dei primi capitoli della Genesi talvolta ricorre all interpretazione allegorica per armonizzare la narrazione biblica con la visione cosmica del suo tempo e di conseguenza osserva che Mosè parlava al popolo rude e, adeguandosi alla sua ignoranza, propone solo ciò che appare manifestamente ai sensi 17. Galileo percepisce con chiarezza questo punto, come si vede nelle sue lettere a Castelli e alla Duchessa Cristina (dove menziona testi di Agostino e di Tommaso d Aquino). Peraltro non si può dire neanche che la Sacra Scrittura presa alla lettera sia in favore del sistema tolemaico e che di conseguenza occorra un interpretazione metaforica, se si vuol seguire il copernicanesimo, così come ad esempio i sei giorni della creazione non vanno presi letteralmente. La Bibbia segue qui semplicemente il modo ordinario di parlare 18. I teologi implicati nel caso Galileo (nel 1616, l unico momento in cui fu considerato il problema teoretico) non fecero un vero studio della questione. Giudicarono in fretta, senza calma, proiettando nella Bibbia una visione cosmologica fisica che si riteneva irremovibile, mentre la fisica matematica non godeva ancora del prestigio universale che acquisterebbe solo secoli più tardi. Ma anche Galileo volle andare troppo in fretta in un momento in gli animi erano infiammati, e non valutò il peso dell imponderabile umano, il quale nelle sue circostanze concrete era molto importante. Come abbiamo voluto illustrare in queste pagine, il caso Galileo non si comprende se viene visto solo dall angolo scientifico o teologico. Nella sua vicenda, gli elementi soggettivi, il carattere, la collera, l invidia, le passioni, prevalsero troppo sugli elementi oggettivi e razionali. Il grande merito di Galileo come uomo di scienza, più che nelle sue invenzioni o scoperte, sta nell aver dato un impulso enorme a un nuovo modo di fare scienza, matematico e sperimentale, libero da speculazioni di ordine qualitativo, e di aver saputo divulgare con efficacia, purtroppo anche con mordacità, questa nuova mentalità scientifica. In questo senso egli si anticipa ai tempi e risulta più moderno di 17 S. Th., I, q. 68, a. 3; cfr. q. 69, a. 2, ad 3; q. 70, a. 1, ad 3; In Job, c Cfr. F. Soccorsi, Il processo di Galileo, in Miscellanea Galileiana, cit., p. 862.
15 15 Keplero e forse anche di Newton. Senza essere un positivista (semmai la sua filosofia naturale sarebbe una forma di meccanicismo platonico) e senza teorizzare troppo sul suo modo di lavorare, egli dimostrò nella pratica la possibilità di una scienza della natura autonoma, sperimentale e quantitativa. L autonomia però non significa esclusività. L ecologismo moderno ci dimostra che l approccio alla natura non può essere unicamente tecnico e quantitativo. Anche per questo motivo il riconoscimento dell errore dei giudici nel caso Galileo non significa un affermazione incondizionata della scienza da parte della Chiesa, come se la scienza fosse la sede della verità assoluta. Non solo la scienza moderna si riconosce fallibile, ma la sua applicazione tecnologica indiscriminata alla natura, senza riguardi qualitativi, si è dimostrata un effettivo fallimento umano. Il problema fondamentale della scienza e della tecnologia moderna è, senz altro, il suo adeguamento alle esigenze antropologiche ed etiche, il che supera di gran lunga il contesto della vertenza di Galileo. La scienza galileiana, nata come innocente trasformazione tecnica della natura, oggi è di fronte a questa formidabile sfida.
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