Ma adesso per il premier la corsa per il successore di Napolitano rischia di essere tutta in salita PAGINA 5 GERMANIA. Le ombre nere di Angela Merkel

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1 CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 2,00 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/23/2013 ANNO XLV. N. 5. MERCOLEDÌ 7 GENNAIO 2015 EURO 1,50 SFRATTO /FOTO SALMOIRAGO NIENTE PAURA SIAMO GRECI Vendola, Fassina, Landini, Civati. Tutti in viaggio-studio alla scuola di Atene La sinistra italiana, di ogni scuola di pensiero, si prepara ad andare in Grecia, ad assistere all evento che potrebbe cambiare verso alle divisioni nostrane. Fassina: «Le proposte di Syriza sul debito sono un operazione-verità». Civati: «Vado a conoscere da vicino le loro strutture sociali e di volontariato» DANIELA PREZIOSI PAGINA 2 Sfratto matto È allarme per l emergenza casa nelle grandi città. Gli assessori alle politiche abitative di Roma, Milano e Napoli chiedono al governo di ripristinare subito la proroga degli sfratti: «Si rischia una situazione sociale ingestibile». Ma il ministro Lupi gira le spalle e sdrammatizza: «Avete i mezzi per intervenire» PAGINA 4 RIFORMA DEL FISCO Salva-Silvio, Renzi tira dritto: «Decido il 20 febbraio» N iente da fare. Inutilmente Renzi ha ripetuto per ore, nelle stanze di palazzo Chigi, che il caso è chiuso e l'incidente della norma salva Silvio superato di slancio. È una pia illusione. Il caso resta aperto e il premier non sa come uscirne fuori. Ieri sera aveva convocato in fretta e furia il ministro dell'economia Padoan a palazzo Chigi per studiare una soluzione. Poi tutto è stato rinviato «ai prossimi giorni». Inutile fare il punto con gli uffici tecnici vuoti, dunque senza che nessuno potesse garantire la praticabilità delle eventuali trovate. COLOMBO PAGINA 5 QUIRINALE Ma adesso per il premier la corsa per il successore di Napolitano rischia di essere tutta in salita PAGINA 5 SCUOLA PAGINA 4 La «fase due» della «Buona scuola» parte il 28 febbraio tra molte incertezze INTERVISTA A SHEKTOSOV PAGINA 6 La mappa dei fascisti d Europa dopo la Majdan CINEMA PAGINA 12 Martin Luther King, la marcia del 1965 che racconta il presente GRECIA L aria sta cambiando Dimitri Deliolanes Q ualche settimana fa ho partecipato a un dibattito televisivo di un canale d informazione economica. Un broker di borsa mi ha chiesto se il leader di Syriza aveva valutato l effetto domino che avrebbe provocato l uscita della Grecia dall eurozona. La domanda era in buona fede e l interlocutore era sinceramente stupito quando gli ho risposto che, in effetti, Tsipras aveva ben valutato l effetto domino, tanto da escludere non solo l uscita ma perfino l espulsione della Grecia dall eurozona. Oltre però alla cattiva informazione (di cui egli non era certo responsabile), lo scambio di battute mi ha fatto riflettere. Quello che il broker chiedeva era: basta un voto per affrontare lo schieramento neoliberista e finanziario che si è affermato nell Unione Europea nell ultimo decennio? Una bella domanda, alla quale forse solo un greco può dare risposta con congnizione di causa. Dopo quattro anni di «dominio pieno e assoluto» della trojka, lo si può dire con franchezza: no, la trojka non è compatibile con la democrazia. Nessun popolo, nessun governo che abbia a cuore gli interessi del suo paese potrebbe mai accettare quelle condizioni. Non a caso, sia in Italia che in Grecia, fu giocata (simultaneamente) la carta (fallimentare) dei governi tecnici. CONTINUA PAGINA 3 GERMANIA Le ombre nere di Angela Merkel BIANI Marco Bascetta La stampa europea ci ha messo del tempo a registrare la rilevanza del fenomeno. Eppure è da 11 settimane, ogni lunedì, che migliaia di persone manifestano a Dresda, richiamate da un movimento dal nome decisamente allarmante: «Patrioti europei contro l islamizzazione dell Occidente», in sigla Pegida. Ancora lunedì scorso erano in a sventolare bandiere tedesche e scandire slogan xenofobi nella capitale della Sassonia. Vero è anche, tuttavia, che il tentativo di allargare il movimento ad altre città tedesche, a cominciare da Berlino e Colonia è andato incontro a un plateale fallimento. Poche centinaia di patrioti si sono trovati di fronte numerose contromanifestazioni partecipate da migliaia di persone. Ad Amburgo i manifestanti anti Pegida hanno perfino deciso di coniare una nuova, beffarda sigla: Tegica, che sta a significare «Europei tolleranti contro l instupidimento dell Occidente». A Berlino e Colonia è stata spenta l illuminazione dei monumenti che avrebbero dovuto fare da sfondo alla concentrazione degli islamofobi, tenuti a bada da folte contromanifestazioni. Le chiese, la cancelliera e gli esponenti politici dei principali partiti hanno condannato il movimento e invitato i cittadini a non parteciparvi. Ma la questione è tutt altro che archiviata e circoscritta. Diversi dirigenti di «Alternative für Deutschland», la formazione antieuropea che ha ottenuto il 6,5% alle ultime elezioni per il Parlamento di Bruxelles, si sono pronunciati a favore delle ragioni del movimento o vi hanno addirittura partecipato, negando i tratti di estrema destra che visibilmente lo caratterizzano. E non sono mancate, tra le fila democristiane o liberali, voci che, pur mettendo in guardia dall estremismo, chiedevano ascolto per le preoccupazioni che avevano condotto numerosi cittadini a rispondere alla chiamata di Pegida. CONTINUA PAGINA 6

2 pagina 2 il manifesto MERCOLEDÌ 7 GENNAIO 2015 NIENTE PAURA Roma È Tsipras-mania, da mezzo continente si preparano a volare nella capitale greca. E a scoprire un leader di cui finora non riuscivano a pronunciare il nome Tutti in viaggio-studio allascuoladi Atene Daniela Preziosi C è chi ci va prima del voto, «in avanscoperta», come Pippo Civati; chi, come Nichi Vendola, proverà ad andarci lasciando per qualche ora un impegno di partito preparato da tempo, ben prima che le elezioni greche segnassero un nuovo capodanno nel calendario; chi si sta cercando un volo tra un voto e l altro a Montecitorio, dove da giovedì prossimo inizia l esame della riforma costituzionale. Se la campagna presidenziale greca fa già tremare le borse di tutta Europa e fa ammettere ai più rigorosi rigoristi che «un punto di mediazione si dovrà trovare», per le sinistre di tutta Europa il voto del 25 gennaio in Grecia rischia davvero di trasformarsi nell invocato big bang, l esplosione che cambia tutto: gli equilibri dell Unione, quelli dei singoli paesi e insomma il corso degli umani eventi. Per assistervi, ad Atene si preparano ad accogliere persone dalla Germania, dall Austria, dalla Francia, dall Irlanda (arriverà Gerry Adams, presidente del Sinn Féin), dalla Spagna. Intanto in Italia la parola d ordine è: conoscere quello che fin qui era un oggetto sconosciuto dal nome impronunciabile: Alexis Tsipras. E accreditarsi con il probabile futuro presidente, leader di Syriza, acronimo di synaspismós rizospastikís aristerás ovvero coalizione della sinistra radicale, una roba che in Italia farebbe rizzare i capelli a molti, anche a sinistra. Matteo Renzi presto dovrà affrontare il dossier sul serio. Cambiando verso: nel luglio scorso il leader greco, in visita in Italia, gli aveva chiesto un incontro, ma il premier italiano l aveva snobbato. Diversamente da quanto aveva fatto il predecessore Letta pochi mesi prima, precipitandosi a ricevere nel suo studio l uomo che in quegli giorni il merkeliano Der Spiegel già definiva «il nemico numero uno d Europa». A preparare le valigie ora non c è solo la Brigata Kalimera (vedi manifesto del 5 gennaio), la spedizione di attivisti e volontari che andrà a seguire il voto al completo dei suo gruppo di punta, a partire dal sociologo Marco Revelli e Paolo Ferrero (Prc). Ma anche un drappello di deputati Pd e di Sel. In Italia si annusano per vedere se può nascere una cosa nuova. Ad Atene si porteranno avanti con il lavoro. «Andrò qualche giorno prima del voto, a rendermi conto della struttura sociale che hanno messo in piedi», ammette Pippo Civati. «La sfida non è quella di fare i copioni, come a scuola, dando spazio al solito provincialismo, come qualcuno ha fatto con Blair, qualcun altro con Zapatero e con Hollande. In un contesto comune come quello europeo, dobbiamo lavorare sulle battaglie comuni a tutti, non solo ai paesi mediterranei. E in Italia significa cambiare politica e la politica». Parte anche Stefano Fassina, anche lui deputato Pd (lui però per niente intenzionato a lasciare il partito) e anche lui incastra le giornate greche con il voto della riforma del senato. «Non sarò solo, ci saranno altri colleghi. Incontreremo Syriza e le altre forze politiche della sinistra disponibili all alleanza con Syriza, i sindacati, il mondo accademico e il volontariato», spiega. Nel suo caso l oggetto di attenzione è la rinegoziazione del debito, un tema su cui la sinistra Pd aveva già ragionato alle europee del maggio scorso. Oggi il dialogo è persino obbligatorio: «Nella proposta di Syriza la cosa interessante è l operazione verità che presuppone: si riconosce che la linea mercantilista di svalutazione del lavoro non può funzionare e è insostenibile. E la conferenza sul debito analoga a quella del 53 che correttamente richiama le macerie della Guerra mondiale e riguarda un ventaglio di paesi, non solo la Grecia». Fra le prime iniziative della nuova agenda greca ci sarebbe infatti una MARCO REVELLI, SOCIOLOGO, FRA I PRINCIPALI ATTIVISTI DELLA LISTA TSIPRAS, DI CUI ALLE SCORSE EUROPEE E STATO GARANTE conferenza preparatoria sul debito. Proverà a volare ad Atene anche il leader della Fiom Maurizio Landini. In questo caso sarebbe un ritorno a stretto giro. Lo scorso ottobre si è già trovato con Tsipras sul palco della festa dei giovani di Syriza ad Atene. C era anche Pablo Iglesias, leader della neonata e già favoritissima Podemos, l altra promessa della sinistra europea in Spagna, paese che andrà al voto entro l anno. Nei giorni del voto greco Nichi Vendola invece si dividerà fra Milano, dove Sel ha organizzato Human Factor, la Leopolda rossa (dal 23 al 25 gennaio), Atene ma anche Barcellona, dove il 24 è fissato un incontro della Sinistra europea. PIPPO CIVATI, DEPUTATO DEL PD, LEADER DI UN AREA DI SINISTRA CHE DA MESI RAGIONA SULLA NASCITA DI UNA NUOVA FORMAZIONE STEFANO FASSINA, DEPUTATO PD, DELLA MINORANZA RIFORMISTA INTENZIONATA A RESTARE NEL PARTITO. EX RESPONSABILE ECONOMICO DEL PD NICHI VENDOLA, PRESIDENTE USCENTE DELLA REGIONE PUGLIA E PRESIDENTE DI SEL, HA LANCIATO LA COALIZIONE DEI DIRITTI E DEL LAVORO La sinistra italiana, di ogni scuola di pensiero, è pronta ad andare in Grecia per assistere all evento che potrebbe cambiare verso alle divisioni nostrane. Fassina: «Le proposte di Syriza sul debito sono un operazione-verità». Civati: «Vado a conoscere da vicino le loro strutture sociali e di volontariato» LA QUESTIONE DEL LEADER/1 La persona che serve (e che manca) L attuale clima internazionale pare particolarmente propizio alla ripresa di vigore, anche in Italia, di una sinistra di alternativa credibile e potenzialmente egemonica. Vicende a noi assai prossime, come quelle greche e spagnole, spingono in questa direzione. Al contempo, i modelli offerti dalla rinascita socialista e populista dell America Latina cominciano a essere guardati con sempre meno snobismo e sempre più attenzione anche in realtà come la nostra. Come se, in parallelo col degradare del Paese nel suo complesso a periferia nelle gerarchie del sistema-mondo attuale, la sinistra italiana avvertisse la necessità di un bagno di umiltà, di cominciare ad «abbeverarsi» a realtà in altre epoche osservate con sprezzante distacco. Ci si accorge, tra l altro, che a sua volta la nuova ondata della sinistra internazionale si avvale a piene mani della lezione del pensiero critico italiano, e in particolare di Antonio Gramsci. Con alcune eccezioni (buon ultimo Luciano Gallino, La Repubblica, 16 dicembre), colpisce tuttavia l assenza da noi di una riflessione su una delle caratteristiche più visibili di questo processo di ristrutturazione della sinistra di alternativa, e cioè il ruolo di forza trainante assunto dalle varie leadership. La ragione di questa rimozione ha le proprie radici nella stagione berlusconiana appena conclusasi: individuando, giustamente, nel berlusconismo la negazione di tutti i principi e di tutte le prassi politiche idealmente appannaggio della sinistra, il personalismo, che del berlusconismo è stato struttura portante, è rifuggito come elemento intrinsecamente negativo. Ma, se l espulsione del personalismo dall arena politica costituirebbe una operazione in sé salutare, si corre il rischio di confondere personalismo e necessità di una leadership forte. Un errore che il movimento operaio italiano si è sempre guardato bene dal compiere. È stata piuttosto la Democrazia cristiana, nel corso della prima repubblica, a scontare un forte deficit di guida carismatica. Paolo Bonomi, forse l unico vero leader «populista» della storia Dc, è sempre stato guardato, nel suo partito, con (grata) diffidenza. Non a caso il gruppo dirigente doroteo è stato dipinto da Piero Craveri un «condominio»; ed è stato facile ironizzare MAURIZIO LANDINI, SEGRETARIO DELLA FIOM, E STATO IN GRECIA OSPITE DELLA FESTA DI TSIPRAS GIA NELLO SCORSO OTTOBRE Tommaso Nencioni sui Piccoli, Storti e Malfatti che questo condominio si trovarono ad amministrare. Lo stesso non può dirsi per i partiti della sinistra. Togliatti e Berlinguer, Morandi e Nenni esercitarono una leadership carismatica sul movimento operaio, la cui forza contribuisce, anche se solo in parte, a spiegare quella delle organizzazioni collettive che si trovarono a guidare. I funerali dei due leader comunisti, lungi dal rappresentare un episodio di strumentalizzazione a fini di consenso, rappresentano ancor oggi un momento insuperato di autoidentificazione collettiva, come «popolo», di milioni di persone. Bisogna d altro canto riconoscere che negli ultimi anni si è assistito ad un proliferare di «partiti personali» subito eclissatisi assieme al leader di turno. Ma si deve fare attenzione a non confondere leadership «mediatica» e leadership «populista». La prima, prodotta dall alto delle agenzie pubblicitarie e di sondaggi e senza ancoraggi col paese reale, assegna al «popolo» un ruolo del tutto passivo, di fruitore di un prodotto altrove confezionato. Il telespettatore, appunto. La leadership populista, per sorgere ed affermarsi, ha bisogno invece di alcune caratteristiche di natura immanente: una forte mobilitazione dal basso; un comune sentire che si struttura attorno al leader, e una sua capacità di visione e di sintesi delle varie istanze popolari. Un «popolo» nasce, e si auto-identifica come tale, prima ancora che emerga il leader, con funzione di catalizzatore. Il «popolo» comunista dei funerali di Togliatti, ad esempio. Al di là delle apparenze, dunque, l emergere della leadership populista, a differenza di quella mediatica, è sempre un processo collettivo. Non è un caso che, nelle realtà contemporanee cui si accennava all inizio, l affermarsi di una nuova leadership è sempre andato di pari ALEXIS TSIPRAS, LEADER DELL OPPOSIZIONE GRECA E DEL PARTITO DI SINISTRA SYRIZA /FOTO REUTERS passo con lo strutturarsi di soggetti collettivi e l emergere di nuovi gruppi dirigenti. In alcuni casi (PT brasiliano, Syriza), soggetti collettivi pre-esistenti sono stati rafforzati; in altri (Podemos, Frente para la Victoria in Argentina) movimento popolare e leadership sono cresciuti in parallelo; in altri ancora (Psu Venezuelano) il partito è stato creato in seguito alla presa del potere, a certificare che, senza una rappresentanza stabile degli interessi organizzati, la lotta egemonica rimane zoppa ed esposta a retrocessi improvvisi. Non è un caso, tornando all Italia, che la crisi dei soggetti politici collettivi della sinistra di alternativa sia stata accompagnata, e facilitata, (anche) da un vuoto di leadership, venutosi a creare ormai trent anni fa con la scomparsa di Berlinguer. Per questo dovrebbe essere chiaro che la ristrutturazione di un soggetto collettivo forte, e l individuazione di una leadership dotata di un altrettanto forte capacità di direzione, lungi dall entrare in contraddizione, costituiscono compiti imprescindibili al fine di presentare un alternativa di sinistra credibile e potenzialmente egemonica anche nel nostro Paese.

3 MERCOLEDÌ 7 GENNAIO 2015 il manifesto pagina 3 SIAMO GRECI Atene «Dalla Grecia per cambiare l Europa», Solidarity for invita dal 14 al 16 gennaio davanti alle sedi elleniche ed europee DALLA PRIMA Dimitri Deliolanes L aria in Europa sta cambiando C è qualcosa di nuovo nella sinistra italiana, anzi di antico. La ricerca di un leader. Cioè di un uomo, ovvero un essere umano di sesso maschile, che ne guidi le sorti. Anche le analisi più attente a quanto succede nell ampio spazio che si è aperto alla sinistra del Pd, dopo la rottura di Matteo Renzi con il sindacato e il mondo del lavoro culminata nello sciopero generale del 12 dicembre, si incagliano nella denuncia di un assenza. In Grecia Syriza ha trovato Alexis Tsipras, e in Spagna Podemos si affida a Pablo Iglesias Turiòn. Entrambi carismatici, oltre che «colti, agguerriti sui temi europei, capaci di farsi capire e convincere, esponendo in pubblico in modo accessibile temi complessi», caratteristiche che Luciano Gallino richiede al leader italiano che non c è. Tutti sarebbero più tranquilli o preoccupati, dipende dai punti di vista- se, per esempio, Maurizio Landini dicesse con chiarezza che è pronto ad assumersi il ruolo di conducator. E dato che così non è, visto che lui si ostina a dirsi interessato esclusivamente al sindacato, e ancora non è ben chiaro cosa vuole fare Pippo Civati, allora tutto sembra incoerente, frammentario. Come se solo una figura iconica garantisse delle possibilità di riuscita di un idea. Eppure le leadership in politica sono un elemento importante della costruzione di orizzonti comuni. E leader non è solo sinonimo di populismo, di totale delega, di venir meno della democrazia. Solo che i e tanto più le - leader non nascono sotto un cavolo. Anche le persone con le caratteristiche individuali più adatte possono emergere solo all interno di culture e soprattutto pratiche politiche che ne permettano la valorizzazione. Non parlo della singola figura, fin troppo connotata da verticismo nella rappresentazione corrente, mi riferisco alle leadership diffuse, costruite con attenzione, cura, perfino con corsi e seminari di preparazione. E subito si comprende che è LA QUESTIONE DEL LEADER/2 Una nuova alleanza per il carisma femminile Bia Sarasini proprio questo terreno pazientemente annaffiato che non c è. Oggi abbiamo solo scorciatoie. Alimentate da internet. Che nel finto faccia a faccia paritario dei social e delle mailing list fa pensare che qualunque messaggio sia uguale a un altro, che per questa via si annullino le distanze, che basti il balenare di un idea perché diventi realtà, che un clic online è la vera democrazia, l azione diretta che salta ogni mediazione. Andrebbero La sinistra italiana non riesce a vedere le tante possibilità del cambiamento delle donne bene analizzate le differenze tra M5Stelle e Podemos, tra un leader paternalista e populista come Grillo, e il progetto colto che ha supportato il movimento spagnolo, creandone di fatto la leadership. Allora, si chiude tutto qui? In fondo, tra il rimpiangere il leader che non c è, o denunciare la mancanza di semina lungimirante di leadership diffusa, non c è molto differenza. Invece un salto è possibile. Perché ci sono le ragazze e i ragazzi, uomini e donne capaci, intelligenti, spint* dalla forza opprimente VOTO GRECO L invito internazionale delle reti sociali per Tsipras Appello da Syriza: «Mobilitatevi per noi» del neocapitalismo ad assumersi la responsabilità del loro destino. Perché dell immaginare una sinistra diversa, che non sia la riproposizione di patti tra ceti politici più o meno rinnovati, fa parte il pensare a una nuova leadership. Di donne, vero segno di cambiamento. Diciamolo, la sinistra fa fatica a riconoscere l autorità femminile. La destra neutralizza la differenza che le donne portano, ma che accoglie il loro agire come una delle forme dell indifferenziata libertà individuale. Come una perfomance, che permette di assumere la veste del «contemporaneo». Alla sinistra riesce più difficile, l idea di uguaglianza rispetto alla differenza delle donne agisce più come un vincolo che come una possibilità. Anche in Europa, le leader sono di destra, vedi Marine Le Pen e anche Angela Merkel. E poi, a parte ogni considerazione politica, c è l antropologia: gli italiani donne e uomini potrebbero mai affidarsi a una donna, severa o protettiva che sia? Non si può dimenticare che autorità, e ancor di più carisma, hanno a che fare con il corpo. Tsipras e Iglesias sono giovani e belli. Cioè erotici, cioè desiderabili, da donne e uomini. Che, anche escludendo pulsioni omosessuali, possono identificarsi con loro. Un dispositivo che non è facile trasferire su figure femminili, che da sempre sono oggetto del desiderio. Qual è la strada per un carisma femminile, anche di leadership diffusa e condivisa, cioè non verticistica, se qualunque discorso pubblico sulle donne anche politiche parte sempre dalla bellezza? Matteo Renzi ha scelto di sfidare la sinistra proprio su questo terreno. Un governo paritario, tra uomini e donne. Donne scelte con criterio paternalistico, donne che rivendicano la bellezza come una qualità politica. La sinistra, che fin dagli anni Settanta ha chiuso i rapporti politici con i femminismi, potrebbe ritrovare ora la strada di nuove alleanze. Sarebbe urgente. Anche per trovare nuove leadership. «Queste elezioni non riguardano soltanto noi, ma possono cambiare la Ue» ATENE I l giorno dopo il crollo delle Borse (che ieri hanno fallito il rimbalzo, con Piazza Affari che ha chiuso ancora in negativo) attribuito ai timori di un Grexit, un uscita dall euro che in realtà in Grecia nessuno vuole, da Atene arriva un appello alla solidarietà internazionale. E firmato da Solidarity for all, il network di movimenti sociali cui fanno capo gran parte delle attività in sostegno delle vittime della crisi, in particolare ad Atene e in tutta la regione dell Attica: le quaranta kifa, farmacie e ambulatori sociali, le mense per vecchi e nuovi poveri, i centri per gli immigrati, le cooperative recuperate dai lavoratori. E un appello «contro la retorica paralizzante della paura e della povertà» e si intitola «Partiamo dalla Grecia per cambiare l Europa». «La Grecia è stata usata come cavia per la ristrutturazione neoliberale in Europa», scrivono gli estensori, e ora che la Troika ha fallito, e con essa la coalizione politica che l ha sostenuta, «stanno provando a salvare i loro interessi in ogni modo». Da qui l avvio di una campagna basata esclusivamente sulla paura: se vince Alexis Tsipras la Grecia uscirà dall euro con effetti catastrofici su tutto il continente, il giorno dopo le elezioni ci sarà la corsa a ritirare i soldi dalle banche con il rischio che l intero sistema collassi, riprenderà il saliscendi delle borse e dello spread. Tutte ipotesi non fondate su nessun dato reale, ma rilanciate domenica dal giornale tedesco Der Spiegel, secondo il quale la Germania si starebbe preparando a un uscita di Atene dall Eurozona (ma il governo tedesco il giorno dopo ha smentito). E per questi motivi che le elezioni greche, secondo Solidarity for all, rivestono un importanza che va ben al di là dei confini ellenici. «Una vittoria anti-troika e anti-austerità apre le porte a un cambiamento del dominio neoliberale in Europa e oltre», scrivono, «per questo il momento elettorale rappresenta una tappa della battaglia dei popoli europei, di tutti quei movimenti che resistono e si oppongono all Europa antisociale e antidemocratica». Solidarity for all fa proprie le parole di Syriza: opporre la speranza a una campagna fondata sulla paura. Su questo leit motiv fanno appello alla mobilitazione internazionale «vote for change» dal 14 al 16 gennaio, una settimana prima delle elezioni greche, chiedendo di manifestare e organizzare azioni davanti alle sedi di istituzioni greche (ambasciate, centri per il turismo) ed europee. Per ora la sinistra radicale greca non pare soffrire le pressioni politiche e mediatiche: gli ultimi sondaggi danno Syriza oltre il 30 per cento e i comunisti del Kke, che però non andranno al governo con i rivali della sinistra radicale, come terza forza con il 4,8 per cento. Alla coalizione guidata da Tsipras, nella grande frammentazione della scena politica greca, basterebbe un consenso superiore al 35 per cento per provare a formare un governo, e per forze di cose all indomani del voto si porrà la questione delle alleanze. A favorire Syriza potrebbe essere l ennesima scissione del Pasok (già dato al 3,5 per cento nei sondaggi) guidata dall ex premier (e figlio del primo Presidente della Repubblica dopo il regime dei colonnelli) Giorgios Papandreou, che fu abbandonato dal partito socialista quando propose un referendum sul salvataggio della Grecia. Il Pasok rischia di non andare nemmeno in Parlamento (lo sbarramento è al tre per cento) e il centrodestra di Nea Dimokratia potrebbe così perdere il secondo pilastro delle larghe intese che hanno garantito alla Troika Bce-Fmi-Ue di governare il Paese negli ultimi anni, costringendolo allo stremo. E non è un caso la fretta con cui Berlino e Bruxelles hanno messo in archivio l ondata antieuropea e antiausterità che è uscita, quasi ovunque, dal voto per il Parlamento Europeo. Certo, il governo uscente disamaras è stato eletto liberamente nel Noi greci però ricordiamo bene l arruolamento al completo del governo tedesco e dell allora Commissione per condizionare il voto. Nuova Democrazia e il suo leader non erano più i campioni del clientelismo e della corrruzione, i primi responsabili del fallimento del paese. Si erano magicamente trasformati in difensori della stabilità e del rigore, argine contro i barbari «populisti» e «anti-europei» della sinistra, pronti a condurre verso gli scogli la Grecia e la stessa eurozona. Ai lettori questa storia sembrerà vagamente attuale: il voto dei cittadini deve essere conforme al voto dei mercati, altrimenti sono guai. Eletto grazie a questo ricatto, il governo Samaras, sostenuto anche dai vecchi rivali, i socialisti del Pasok, non poteva che governare di conseguenza. Il potere esecutivo è stato concentrato nelle mani del premier. Il consiglio dei ministri si è riunito in tutto due volte, Samaras ha messo piede in Parlamento non più di una decina di volte. I provvedimenti imposti dalla trojka sono stati sottoposti al voto parlamentare in un unico articolo, in traduzione google, senza dare neanche il tempo di lettura. Il secondo memorandum del 2012 prevede esplicitamente che nessuna istituzione greca goda di immunità di fronte ai creditori e che ogni controversia sarà risolta nel foro di Londra. Cedimenti di sovranità non autorizzati da nessuna Costituzione europea. Questa situazione ha provocato tensioni nella maggioranza. Samaras ha preparato l alternativa: aprire verso Alba Dorata. In primavera si è scoperto che uno stretto collaboratore del premier coordinava l attività parlamentare del gruppo nazista che, per poco, appena la settimana scorsa non ha contribuito all elezione del nuovo Presidente. Altri estremisti di destra sono entrati nel cerchio magico di Samaras: chiudono la tv pubblica Ert, imbastiscono una campagna calunniosa verso l opposizione, lasciano carta bianca alle violenze poliziesche: le forze antisommossa portano svastiche sulla divisa ma nessuno si scandalizza. Va bene, cioè male. Ma in cambio c è il risanamento economico. Macchè. Salari abbattuti anche del 40% e nessun investitore in vista. Tutte le privatizzazioni si sono trasformate in omaggi all oligarchia greca e ai suoi soci stranieri. Ci sono ricorsi a pioggia a tribunali nazionali ed europei ma la trojka li blocca: non sono sindacabili, per contratto. Il tutto in un ambiente di abituale sopruso e irregolarità amministrative: clientele, ruberie, nepotismi, corruzione, esattamente come prima della crisi. Ora però con la garanzia di qualità europea. Prima di ingerirsi, con l abituale delicatezza, negli affari elettorali del popolo greco, la cancelliera Merkel dovrebbe mettersi la mano sulla coscienza. Samaras era una marionetta, incapace di qualsiasi «risanamento». Lo sapevano tutti, ma si sono cullati nell illusione di poter saccheggiare il paese per l eternità. Come scriveva ieri su questo giornale Tommaso Di Francesco, il voto dei greci sta strappando il velo di menzogne e di bufale mediatiche che i liberisti ci hanno propinato in tutti questi anni. Il panico delle Borse forse è dovuto anche a questo: alla luce del sole i fantasmi svaniscono, i topi si nascondono e il capitalismo da roulette cerca altre prede. In Europa l aria sta cambiando.

4 pagina 4 il manifesto MERCOLEDÌ 7 GENNAIO 2015 SFRATTO MATTO COMUNI Gli assessori di Roma, Milano e Napoli contro il governo. Il ministro Lupi: «Non drammatizzate» L allarme delle città: «Stop agli sfratti» Leo Lancari ROMA L e decisione del governo di non rinnovare la proroga degli sfratti per il 2015 rischia di Roberto Ciccarelli I l governo emanerà un decreto e presenterà un disegno di legge per l attuazione della riforma denominata «Buona scuola» il prossimo 28 febbraio. La data sembra essere quella definitiva perché è stata comunicata in un video-messaggio dal presidente del Consiglio Matteo Renzi a poche ore dalla fine delle vacanze natalizie. All origine i provvedimenti dovevano essere presentati in questi giorni,. Poi il termine è progressivamente slittato. Prima al 22 febbraio (Renzi aveva scandito: «Segnatevi la data»). Il problema è che il 22 febbraio è domenica. Un giorno improbabile per organizzare un consiglio dei ministri dove, di solito, si varano decreti o disegni di legge. Spulciando l agenda, allora è spuntato il sabato successivo dove è presumibile che verrà convocata una riunione dei ministri. Non si escludono altre sorprese e la consueta appendice fatta di indiscrezioni, marce indietro, ritrattazioni. Cioè, la normale amministrazione per un esecutivo che mostra uno stato confusionale sin dall estate scorsa, quando l allora sottosegretario all istruzione Roberto Reggi, l ex sindaco di Piacenza ora promosso all agenzia del Demanio, rilasciò ad un noto quotidiano un intervista che fu costretto a smentire poche ore dopo. Da allora nessuno dei nodi della scuola è stato sciolto: la carriera dei docenti, il loro status giuridico, il blocco dei contratti. In compenso è stata decisa l assunzione di 148 mila insegnanti precari, ma non del personale Ata, inseriti nelle graduatorie ad esaurimento (Gae). I primi 900 milioni FOTO ANDREA SABBADINI MILANO Interventi per edilizia, scuola e cultura SCUOLA Il governo presenterà un decreto e un disegno di legge sulla «Buona scuola» il 28 febbraio «Fase due» al via tra voci e incertezze UN IMMAGINE DALL ULTIMO VIDEO-MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO MATTEO RENZI Quasi 180 milioni di euro per infrastrutture, edilizia residenziale pubblica, scuole e cultura. È lo stanziamento per le opere pubbliche prioritarie cui verrà data attuazione nel 2015: la parte più consistente riguarda l'edilizia scolastica con lo stanziamento di circa 74 milioni di euro. «Con questo piano - ha detto l'assessore ai Lavori pubblici di Milano Carmela Rozza - abbiamo programmato interventi in tutti i quartieri della città: sono opere di riqualificazione, manutenzione, sicurezza che riguardano scuole, case, strade, musei. Negli ultimi due anni il Comune di Milano ha stanziato quasi 450 milioni di euro per le opere pubbliche che rappresentano un impulso importante per l'attività delle imprese e per l'occupazione in città». Le priorità sono state definite in base al Piano delle opere pubbliche del Per l'edilizia scolastica gli interventi riguardano la bonifica dell'amianto in 84 scuole e 17 edifici socio assistenziali, la manutenzione ordinaria nelle nove zone, la riqualificazione e la ricostruzione di edifici scolastici. In particolare per la rimozione dell'amianto, messa in sicurezza e adeguamenti normativi nelle scuole e negli edifici socio-assistenziali sono stati stanziati , in pratica 2.5 milioni per ciascuna delle 9 zone di Milano. Dopo il flop della consultazione online Renzi annuncia il rinnovato impegno dell esecutivo di euro sono stati messi nella legge di stabilità. Ci sono altri 3,7 miliardi di euro. Ma anche su questo punto sembra che ci siano scuole di pensiero diverse nel governo e nella maggioranza. Sono indiscrezioni che lasciano il tempo che trovano, ma sembra che a qualcuno nel palazzo non sia sfuggito l esclusione di circa circa 100 mila precari, aventi titolo, ma inseriti nelle graduatorie di istituto (Gi). Ne è nato il turbine di nuove voci che vorrebbero l assunzione di 100 mila precari dalle Gae e 48 mila dalle Gi. Se così fosse, i canali del reclutamento diventerebbe addirittura tre. Al momento, chi resterà fuori, anche se con anni di insegnamento alle spalle, dovrà sperare di superare un nuovo concorso a cattedra. Il 28 febbraio dovrebbe dunque scattare la «fase due» di una riforma che il presidente del Consiglio concepisce come «la più grande consultazione dal basso mai effettuata in Europa». Con questo linguaggio enfatico Renzi allude in realtà al flop della consultazione online sulla «Buona scuola» alla quale vale la pena di ricordarlo hanno partecipato solo studenti, vale a dire il 5,15% del totale. Una consultazione che certo non ha brillato né per trasparenza, né per democrazia dato che si chiedeva al pubblico di esprimersi su domande preconfezionate dall alto. Ma un dato è emerso con chiarezza. Il mondo della scuola ha bocciato Renzi e le sue velleità «meritocratiche» sulla carriera degli insegnanti. Questo «merito» era, in realtà, un mero arbitrio deciso dal governo che premiava solo il 66% dei docenti capaci di cumulare crediti didattici, formativi legati agli incarichi e alla loro capacità di essere più «produttivi» dei colleghi. Una proposta indecente respinta insieme a quella che dovrebbe costringere i docenti «migliori» a spostarsi nelle scuole «a rendimento più basso» per continuare ad avere gli aumenti di stipendio. La maggioranza si è espressa a favore di una progressione di carriera basata su un mix di anzianità e lavoro. trasformarsi in «una bomba sociale». A lanciare l allarme su un problema che non si può ridurre a una pura e semplice questione di ordine pubblico sono stati ieri Francesca danese, Daniela Benelli e Alessandro Fucito, assessori alle politiche abitative di Roma, Milano e Napoli, tre dei quattro Comuni italiani ( l ultimo è Torino) maggiormente colpiti dall emergenza sfratti. E lo hanno fatto lanciando un appello al governo Renzi in cui si chiede di fermare l intervento delle forze dell ordine per quanti si trovano ad avere il contratto scaduto, scongiurando così «una situazione altrimenti ingestibile». Un appello al quale il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ha risposto invitando i tre assessori a «non drammatizzare». per l emergenza casa, ha detto Lupi, «il governo nel 2014 non è stato a guardare, anzi ha finalmente imboccato una strada nuova, cosciente che l emergenza andava affrontata in modo più radicale e e non con lo strumento vecchio e logoro della proroga». Il problema nasce con al fine dell anno e l approvazione del decreto Milleproroghe senza l abituale proroga degli sfratti per fine locazione. Un intervento giustifica dal ministero delle Infrastrutture con il fatto che nel decreto casa sono già attivi due fondi per un totale di 446 milioni, e salutato con soddisfazione da Confedilizia, l organizzazione dei proprietari immobiliari per il cui presidente Corrado Sforza Fogliani, il governo ha messo fine a quella che era ormai diventata una «liturgia». In realtà si tratta di un autentico dramma per le famiglie interessate, circa 30 mila in tutta Italia, che rischiano adesso di ritrovarsi con la polizia alla porta di casa. Tanto più se si considera che si tratta di famiglie particolarmente disagiate dal punto di vista economico(il provvedimento riguarda quanti hanno un reddito inferiore ai 27 mila euro annui lordi) oppure con a carico un parente anziano, portatore di handicap o malato terminale. «Non sono famiglie che vogliono restare nella casa in cui sono perché particolarmente attratte da quell abitazione, ma perché non sono in condizione di trovare sul mercato un altro alloggio adeguato alle loro ristrette possibilità», ha denunciato nei giorni scorsi il segretario generale del Sunia Daniele Barbieri. Nei prossimi giorni i tre assessori porteranno la questione sfratti anche all attenzione dell Anci ma i tempi sono stretti e la situazione rischia davvero di diventare esplosiva in tutta Italia, dove le famiglie a rischio sfratto sono tra le 30 e le 50 mila. Quella legata agli sfratti è un emergenza ulteriormente aggravata dalla crisi economica. Dal 2008 a oggi Roma ha registrato oltre diecimila sentenze per finita locazione, Napoli e Milano Anche se lo stesso Viminale ammette di no avere dati certi, il 70% delle famiglie interessate dal provvedimento ha i requisiti previsti dalla legge per ottenere una proroga. Delle oltre 70 mila sentenze di sfratto emesse nel 2014 in Italiane sono state eseguite 30 mila il 90% delle quali per morosità spesso incolpevole. In pratica nel nostro paese si eseguono mediamente 140 sfratti al giorno con la forza pubblica e se si escludono le famiglie proprietarie di case e gli assegnatari di alloggi pubblici, questo significa che ogni anno in Italia uan sentenza di sfratto quasi sempre per morosità incolpevole, tocca una famiglia su quattro. Definire allarmante un simile quadro della situazione è a dir poco riduttivo. La proroga sarebbe dovuta servire proprio per intervenire in aiuto a questi nuclei familiari, che il governo ha invece preferito ignorare garantendo in compenso un intervento a sostegno di adeguati piani casa da parte dei comuni,. Intervento che, però, finora non si è visto. Chiaro che la situazione rischia adesso di diventare incandescente. «Si rischia una bomba sociale devastante», ha detto ieri il deputato di Sel Filiberto Zaratti. «Serve un piano straordinario che affronti e risolva l emergenza abitativa con stanziamenti di risorse per l edilizia residenziale pubblica e politiche abitative che ci consentano di uscire dalla logica dell emergenza». Il risultato della consultazione è talmente vago che in queste ore sta producendo una serie di anticipazioni aberranti che non tarderanno a riaccendere gli animi. Sembra infatti che, a dispetto del risultato chiaro della consultazione voluta dal governo, gli aumenti degli stipendi varranno solo per il 20% dagli «scatti di anzianità» e per l 80% da quelli di «merito». Su questo punto il governo è in difficoltà. E manca ancora un mese e mezzo alla nuova scadenza. Dalla nebulosa creata dall esecutivo brillano altre stelle minacciose. In particolare quella sull «anno di prova» a cui saranno sottoposti i docenti neoassunti. Una condizione prevista per legge che tuttavia verrà funestata dal chiaro intento della politica di sottoporli ad una «certificazione» delle competenze informatiche e linguistiche. Docenti con esperienza pluriennale, con una o più abilitazioni, e una montagna di titoli, dovranno sottoporsi ad una «valutazione». E così per tutta la vita. UNIVERSITÀ Sei un fuorisede? I «costi standard» aumentano le tasse T ra le norme imposte all'università dalla riforma Gelmini, quella sui cosiddetti punti organico è una delle più strutturali. Sulla base dell'accreditamento di tali punti avviene la distribuzione del 20% della quota base del Fondo di Finanziamento Ordinario per ciascun ateneo. Da questi fondi deriva, tra l'altro, le possibilità di assunzioni di nuovi ricercatori o docenti. Per misurarlo però sono fondamentali gli studenti regolarmente iscritti. Loro valgono un punto. Gli iscritti part-time valgono la metà. Quelli fuori corso niente. Sono banditi. Sugli studenti che rispettano esami e scadenze si determina un costo standard che rappresenta il tassello fondamentale del nuovo metodo di ripartizione dei finanziamenti alle università statali, introdotto dalla riforma Gelmini. Per calcolarlo il Ministero dell'università (Miur) ricorre ad altri fattori: quello delle attività didattiche e di ricerca, calcolato in base al costo del personale docente strutturato e quello precario a contratto. Poi ci sono le dotazioni infrastrutturali, un parametro che tiene conto di alcune spese fisse dell ateneo, degli studenti che frequentano i corsi e della loro tipologia. Infine ci sono i collaboratori ed esperti linguistici; gli specialisti nelle classi di laurea magistrale a ciclo unico di Scienze della formazione primaria e di Conservazione e restauro dei beni culturali; il numero di tutor per i corsi di studio a distanza. Dal complesso calcolo di questi fattori deriva il finanziamento che premia ogni anno gli atenei. Per il Coordinamento universitario Link e l'associazione dottorandi italiani (Adi), il decreto pubblicato in ritardo il 23 dicembre scorso, quando molti atenei avevano già approvato i bilanci di previsione, esclude i fuoricorso dal totale di studenti per cui l ateneo riceverà i finanziamenti. Questo significa che gli atenei che vorranno accedere a questi fondi necessari come l'aria dopo i tagli colossali da 1,1 miliardi di euro effettuati in epoca Gelmini stringeranno la loro morsa su di loro. La punizione inflitta dal Miur all'ateneo colpirà, a cascata, gli studenti part-time e i fuoricorso che rappresentano la maggioranza degli iscritti nell'università italiana. Pur giudicando come una «novità molto positiva» la previsione contenuta nel decreto di una soglia minima di turn over del 10% ( «garantisce una, sebbene minima, possibilità di assumere nuovo personale a tutti gli atenei»), Adi e Link criticano l impianto complessivo del decreto. Per loro, la soglia a livello nazionale del 50% è troppo bassa per sopperire alle carenza di personale nel sistema universitario. Poi c'è la scelta di legare il turn-over degli atenei esclusivamente a indicatori di sostenibilità economico-finanziaria, indipendentemente dal loro reale fabbisogno. Questo è in effetti il cuore della riforma Gelmini. «In questo decreto non c'è la volontà di perseguire obiettivi di sostenibilità del sistema nel suo complesso, bensì la semplice esigenza di tagliare la spesa pubblica e determinare, in questo modo, il declassamento e la scomparsa di molti atenei a favore di poche e accuratamente individuate realtà accademiche» sostengono Antonio Bonatesta, Segretario nazionale Adi ed Alberto Campailla, portavoce di Link. Gli atenei in difficoltà saranno «costretti ad aumentare le tasse per migliorare tale indicatore che permette loro di accedere ad un contingente più elevato di punti organico». ro. ci.

5 MERCOLEDÌ 7 GENNAIO 2015 il manifesto pagina 5 POLITICA L avvocato di Berlusconi, Franco Coppi, ammette: «Il provvedimento è un messaggio, mentre si avvicina la partita del Quirinale» QUIRINALE Per il premier partita sempre più complicata Andrea Colombo N iente da fare. Inutilmente Renzi ha ripetuto per ore, nelle stanze di palazzo Chigi, che il caso è chiuso e l'incidente della norma salva Silvio superato di slancio. E' una pia illusione. Il caso resta aperto e il premier non sa come uscirne fuori. Ieri sera aveva convocato in fretta e furia il ministro dell'economia Padoan a palazzo Chigi per studiare una soluzione. Poi tutto è stato rinviato «ai prossimi giorni». Inutile fare il punto con gli uffici tecnici vuoti, dunque senza che nessuno potesse garantire la praticabilità delle eventuali trovate. La nuova data per il decreto, ha annunciato ieri sera Renzi, è il 20 febbraio: «Così si eviteranno polemiche sia per il Quirinale che per le riforme. Ho pensato più opportuno togliere di mezzo ogni discussione e inserire il decreto nel pacchetto riforme fiscali». Comunque, assicura il premier «Noi non facciamo leggi né ad né contra personam». In realtà il rinvio permette proprio di legare la partita del Colle alla sorte del decreto. Berlusconi dovrà votare per il presidente senza sapere quale sarà la sorte della norma che lo dovrebbe salvare. Il punto è che quell'articolo 19bis che depenalizza i reati fiscali al di sotto del 3% dell'imponibile Renzi non vuole cancellarlo. L ha promesso agli imprenditori pronti a dargli una mano, o che già gliela hanno data, e salvare loro senza che nel mucchione dei graziati compaia anche il reprobo di Arcore non è facile. Le ipotesi in campo ci sono: si potrebbe lasciare la soglia al 3% ma facendo eccezione per la frode fiscale. Si potrebbe abbassare la soglia all'1,5 o all'1,8%. Ma in entrambi i casi ad andarci di mezzo non sarebbe solo Silvio Berlusconi. Senza contare il problema dei problemi: una scappatoia studiata apposta per colpire Berlusconi non sarebbe stata certo il viatico migliore per l'imminente battaglia del Quirinale. Ecco perché Renzi, che è un PIER CARLO PADOAN E MATTEO RENZI FOTO LUIGI MISTRULLI FISCO Palazzo Chigi: «Caso chiuso». Ma l articolo che depenalizza i reati è ancora sul piatto Il salva Silvio inguaia Renzi furbetto per vocazione, ha deciso di rinviare la faccenda a dopo l'elezione del successore di Napolitano, quando la strada sarà sgombra da possibili ed esiziali incidenti diplomatici col socio del Nazareno. Proprio la trovata astuta del rinvio, però, ha innescato ieri una nuova giostra di polemiche dentro e fuori la maggioranza, e soprattutto all'interno del Pd. Franco Coppi, il principe del foro che difende Silvio, lo dice chiaramente: «Questa polemica c'entra con con la partita per il Quirinale? Io rispondo di sì. Il provvedimento è utilizzato come un messaggio mentre ci avviciniamo all'appuntamento. Il Tesoro e palazzo Chigi non potevano non sapere». Ancora più esplicito il capo dei senatori azzurri Paolo Romani, in un'intervista a Repubblica rilasciata subito dopo un vertice col diretto interessato e dunque da questi ispirata: «Sarà il cdm a decidere dopo l'elezione del successore di Napolitano. L'ingiustizia subita dal nostro leader esige che il vulnus venga sanato. Chi salirà al Colle non potrà che porsi il problema». Traduzione: Renzi ha inviato il segnale auspicato e richiesto, ma non pensi, ora, di ingranare la retromarcia. Senza Fi non ha alcuna possibilità di scegliere il prossimo presidente né di garantire l'approvazione delle sue leggi. Agli azzurri il rinvio in realtà non va malissimo. Sa un po' di ricatto, questo sì, ma è anche il segno che l'asse con Renzi tiene. Alla minoranza democratica, ma anche a Sel e a Scelta civica, quel rinvio invece non va bene per niente. «Si ripulisca subito il decreto sul Gilda Maussier ROMA E ora, a dimostrarsi più veloci sul caso dei vigili assenti in massa dal lavoro durante la notte di Capodanno, sono gli 007 sguinzagliati dallo stesso Comando della polizia municipale. Nemmeno il tempo di prendere posto nella cabina di controllo, per gli ispettori inviati lunedì dalla ministra Marianna Madia, che già le indagini interne guidate dalla vice comandante Raffaella Modafferi hanno ottenuto i primi risultati. «Sono 90 i casi più delicati, più gravi, su cui si sta facendo un analisi più attenta da parte del Comando della polizia municipale, che ha trasmesso all'ufficio competente di Roma Capitale le prime 30 lettere disciplinari». L annuncio è stato dato ieri al Tg1 dal vicesindaco di Roma, Luigi Nieri, che ha la delega al personale, secondo il quale i vertici della polizia municipale non potevano prevedere il bug verificatosi la notte di San Silvestro «perché gran parte dei certificati sono arrivati nella giornata del 31 dicembre». E a giudicare dai dati diffusi dallo stesso Campidoglio, di certificati medici devono esserne arrivati una valanga: «Nel 2012 gli assenti per malattia il giorno di Capodanno erano 132, nel 2013 erano 135 e nel 2014 sono stati 571». Non solo: in totale, gli assenti sono stati 767 perché ai 571 in malattia si sono aggiunti 81 in permesso retribuito secondo la legge 104/92, 63 perché hanno donato sangue proprio quel giorno e 52 per altri motivi (congedi parentali, ecc). «Allora - ha commentato ancora Nieri - o c è un epidemia o c'è un altra cosa. E se è l altra cosa, penso che questo tipo di scenario nella nostra città sarebbe meglio se non si ripetesse». A cosa si riferisca l esponente di Sel è facile immaginarlo: i caschi bianchi romani, infatti, almeno da un paio di mesi sono sul piede di guerra contro l amministrazione capitolina e contro lo stesso comandante Raffaele Clemente. Da quando cioè l ex capo della sala operativa della Questura di Roma - scelto dal sindaco Marino e da subito percepito come un «esterno» al corpo della polizia municipale - annunciò l applicazione del fisco e non lo si posticipi a dopo l'elezione del capo dello Stato», va giù piatto Gianni Cuperlo. Ma Renzi non vuole e non può fare quel che Cuperlo gli chiede per i motivi già citati e anche perché nella sua maggioranza non c'è affatto accordo sulla necessità di rivedere il tetto al 3%. E' contrario l'ncd, lo è anche un pezzo di Pd. Probabilmente a muovere quella parte di maggioranza che fa muro intorno alla norma non è la preoccupazione per le reazioni di Berlusconi ma per quelle degli imprenditori che l attendono e la reclamano. Del resto, nello stesso Pd sono ben poche le voci pronte a denunciare, oltre all'appiglio offerto al condannatissimo, anche quello regalato a una quantità di grandi evasori. Lo ha fatto con toni durissimi l'ex ministro dell'economia Visco, ma quasi solo lui. Roma/ PARTITE LE PRIME TRENTA LETTERE DISCIPLINARI «Novanta vigili a rischio licenziamento» Ma il Pd attacca Nieri: «Serve dialogo» Nel 2012 gli assenti per malattia a Capodanno erano 132, nel 2013 erano 135 e nel 2014 sono stati 571 piano anti-corruzione richiesto da Raffaele Cantone per tutti i dipendenti pubblici che prevede, tra le altre cose, la rotazione del personale di stanza nei vari municipi e la decurtazione di alcune indennità di servizio. Così, dopo le manifestazioni, le assemblee e lo sciopero degli straordinari (che ancora perdura e che ieri era visibile in città), a qualcuno potrebbe essere venuto in mente di organizzare una "protesta" simile a quella ipotizzata dalla procura di Roma nell inchiesta riguardante il supposto «sabotaggio» degli operatori ecologici dell Ama, l azienda in house dei rifiuti dove c è maretta per la riorganizzazione del ciclo di raccolta e stoccaggio, dopo la chiusura della mega discarica di Malagrotta. La posizione del vicesindaco (e del sindaco) fa discutere però non solo dentro Sel ma anche nel Pd: «Nieri guardi la luna invece di puntare il dito - è la critica di Stefano Pedica della direzione del Pd Lazio - Possibile che abbia già dimenticato che c è una lunga trattativa tra Comune e dipendenti capitolini su problemi mai risolti? Nieri deve parlare con il corpo dei vigili urbani. Conosce il problema dei dipendenti comunali e le loro ansie. O si trova una soluzione o la politica dello struzzo farà saltare ogni dialogo con i lavoratori. Una cosa è certa però: chi lotta per i lavoratori deve farlo sempre, soprattutto quando amministra». Intanto ai primi 30 vigili «assenteisti» indicati alla Commissione di disciplina di Roma capitale è stato contestato l articolo 55bis del decreto legislativo 150/2009 che prevede sanzioni dagli 11 giorni di sospensione fino al licenziamento. Ma la task force interna del Comando ha già individuato quasi un centinaio di casi anomali e, una volta concluse le indagini, invierà i risultati in Procura. Dove intanto lunedì il Codacons ha già presentato un esposto per eventuale interruzione di pubblico esercizio, chiedendo «di procedere al sequestro di tutte le certificazioni rilasciate in cui si attesta la malattia dei vigili, per risalire ai medici che le hanno prescritte e verificare la rispondenza all effettivo stato di malattia degli stessi, agendo in caso di illeciti anche nei confronti dei medici autori delle certificazioni». A. Co. ROMA I l pasticciaccio del salva Silvio ha reso ancora più difficile una partita che per Renzi si profilava già come quasi proibitiva: quella per il Colle. Il velocista e i suoi molti gregari si sgoleranno di qui al fatidico giorno ripetendo che l'articolo infilato nel decreto attuativo della delega fiscale da mano ignota non era stato pensato per fare un favore al socio del Nazareno. Fiato sprecato. Nella scelta del papabile, il premier dovrà comunque procedere con i piedi di piombo, per evitare che il prescelto appaia troppo evidentemente come una emanazione del Nazareno. Inoltre, guaio anche peggiore, la faccenda ha costretto Arcore a scoprire carte che Berlusconi e i suoi avvocati intendevano mantenere nascoste. E' stato il capo dei senatori azzurri Romani, imbeccato da Berlusconi, a dire quasi a chiare lettere che il prossimo presidente dovrà «porsi il problema» di restituire l'agibilità politica al capo forzista. Ogni candidato sarà quindi passato al vaglio sulla base della disponibilità o meno a prestarsi al gioco. Se lascerà intendere di essere pronto, la minoranza Pd (e non solo quella) non potrà votarlo. Se invece giurerà di non pensarci per niente, allora saranno i berlusconiani a mettere il loro considerevole peso sul piatto della bilancia. In queste condizioni, eleggere il presidente alla quarta votazione, come nei piani del Nazareno, diventa ancora più difficile. Solo che, se quella votazione andasse a vuoto, entrerebbero in gioco i partiti trasversali che mirano a eleggere un presidente non politico. Inevitabilmente, la clamorosa gaffe rafforza «il partito della legalità», quelli cioè che vorrebbero un presidente anti-corruzione. In soldoni un presidente-magistrato. Circola inevitabilmente, da mesi, il nome del presidente del Senato Grasso, ma la vera carta, invece, è probabilmente Raffaele Cantone, che è giovane (il che per Renzi è dote politica essenziale) ed è anche, sul piano politico, molto vicino al premier. Se tutto si limitasse a una questione interna italiana, tra i partiti extrapolitici quello in toga sarebbe di certo il più forte. Ma siccome la faccenda riguarda invece non solo l'italia ma anche l'europa, in pole position (se il Nazareno non riuscirà a imporre un presidente politico a tutto tondo) c'è un altro partito trasversale: quello che mira a un presidente-commissario che garantisca la presa europea sull'italia ma possa anche, come faceva Napolitano, garantire per l'italia con la Ue. Il pasticcio del salva Silvio ha in realtà azzoppato, o almeno fortemente indebolito, il più papabile tra i candidati «europei», il ministro Padoan. Ma a parte che non è detta l'ultima, non è il solo a vantare caratteristiche apprezzate a Bruxelles. Non che la rosa sia proprio foltissima, se si elimina il nome di Prodi, che coniugherebbe le caratteristiche del presidente-politico e anche europeo. In testa alla lista ci sarebbe in realtà Mario Draghi. Si è detto indisponibile, è vero, ma si sa come vanno le cose quando c'è di mezzo il Quirinale...

6 pagina 6 il manifesto MERCOLEDÌ 7 GENNAIO 2015 EUROPA GERMANIA Da quasi tre mesi ogni lunedì in piazza i «no global» anti-islam. E la destra può sdoganarsi Le ombre nere su Merkel DALLA PRIMA Marco Bascetta La cancelliera si precipita a stigmatizzare ma le parole d ordine del movimento non sono distanti da quelle euro-tedesche. Solo la reazione antifascista impedisce il dilagare in altre città Da tempo la destra Cdu-Csu lamenta l eccessivo centrismo di Angela Merkel. Seppure polo di attrazione per tutto il radicalismo nero tedesco, che vi partecipa con entusiasmo, Pegida rappresenta quella classica confluenza di frustrazioni e risentimenti, fobie e malanimo, accentuati da una crisi che si fa sentire anche in Germania, soprattutto nelle regioni dell est. La sintesi politica di questi stati d animo si sedimenta nella parola d ordine: «priorità all interesse nazionale» che non solo coincide con la ragione sociale di «Alternative für Deutschland», ma è a suo modo consonante con l arroganza della politica tedesca in Europa. Gli «islamici», in realtà c entrano fino a un certo punto, e il razzismo esplicito anche. Nel nazionalismo, assai meno circoscritto, sta la vera insidia. Quante volte il governo di Berlino, la corte di Karlsruhe e i falchi della Bundesbank hanno ribadito che l interesse nazionale, le tasche dei contribuenti e la competitività delle imprese tedesche dovevano essere difesi da un eccesso di europeismo solidaristico e di condivisione della crisi con i partner più svantaggiati dell Unione? Ovviamente, la questione si fa imbarazzante quando il lessico del primato tedesco scivola nel linguaggio della più aperta xenofobia, nelle teorie del complotto «plutocratico» globale, cui i numerosi neonazisti presenti nelle file di Pegida non esitano ad affibbiare lo stigma «giudaico». La politica tedesca deve essere preservata da ogni sospetto di nazionalismo aggressivo, i suoi diktat devono apparire come pure espressioni razionali e oggettive della cosiddetta economia sociale di mercato. E per questa ragione che Angela Merkel si è affrettata a scendere in campo contro Pegida, soprattutto perché questo movimento comprometterebbe l immagine della Germania nel mondo, salvo poi servirsi degli umori che vi circolano per rafforzare le ragioni, anche politiche, del rigore da imporre ai membri più deboli dell Unione. Accanto alle bandiere tedesche e agli striscioni antislamici, circola insistentemente tra i manifestanti di Dresda l immagine di Vladimir Putin. Il presidente russo, dal Front national alla Lega «nazionalizzata» di Matteo Salvini, sembra essere diventato il simbolo di ogni nazionalismo «no global», di ogni sogno di «governo forte». Quello stesso volto circolava con altrettanta frequenza nelle manifestazioni che, dalla scorsa primavera, innescate dalla vicenda ucraina, avevano animato il movimento per la pace delle cosìddette Mahnwachen che, rifiutando di lasciarsi classificare nello schema destra-sinistra, aveva di fatto assunto una colorazione rosso-bruna. Il tema dell antiamericanismo (combinato con l ostilità verso Israele) è stato sempre un terreno comune tra il radicalismo di destra e le frange più dogmatiche e dottrinarie della sinistra extraparlamentare. Non è un caso che l avvocato Horst Mahler, passato dalla Raf ai neonazisti, rivendicasse proprio questo terreno come la sua linea di coerenza. Certo, l accentuazione antislamica e xenofoba di Pegida la distingue visibilmente dal movimento delle Mahnwachen, ma non si può escludere, come qualcuno ha voluto sottolineare, che un qualche travaso tra i due movimenti possa esserci stato. Magari sotto il segno del neozar Vladimir Putin. La questione di Pegida è tutt altro che marginale. Indica come la crisi europea e l incapacità dell Europa di raggiungere una reale autonomia geopolitica, apra la strada, da una parte a un nazionalismo sostenuto da pulsioni autoritarie, dall altra all uso formalmente democratico di quelle stesse pulsioni a favore della stabilità finanziaria e della rendita. Il fatto che in così tante città tedesche migliaia di persone siano scese in piazza precludendo ai «patrioti» ogni libertà di movimento ci indica una nuova qualità, un nuovo contenuto e un nuovo compito dell antifascismo, sottratto alla sua ritualità vuoi istituzionale, vuoi cruenta. Ma attento alle nuove forme postdemocratiche di governo delle società europee e alla crescita di movimenti nazionalisti e xenofobi nel vecchio continente. A ben vedere la nostra Lega, rimpolpata dalla destra più o meno postfascista che vi vede giustamente la sua occasione, non è poi tanto diversa, quanto a composizione e a parole d ordine, dai «patrioti» di Dresda. Sia pure rappresentata in parlamento (come del resto i neonazisti greci di Alba dorata) dovrebbe essere giudicata allo stesso modo e trattata di conseguenza. Simone Pieranni A nton Shekhovtsov, visiting fellow all università di Vienna, è un esperto di formazioni di estrema destra dell Europa orientale. Ha studiato in modo particolare il «sogno dell impero euroasiatico» di Alexander Dugin, filosofo russo, vero e proprio intellettuale di riferimento di molte formazioni di estrema destra, soprattutto russe. Nel conflitto ucraino le forze neonazi hanno avuto un importanza non da poco, tanto durante i giorni di Majdan, quanto dopo l inizio della guerra. L Ucraina è diventata un campo di battaglia dove attivisti di destra di tutta Europa, compresi alcuni italiani, sono giunti per combattere. Qualcuno ha scelto di stare con gli ucraini, altri con i filorussi, in una ricomposizione della destra europea che ha stordito alleanze ed equilibri che duravano da anni. Di questo e della forza, attuale e potenzialmente futura, della destra in Ucraina ne abbiamo parlato con Shekhovtsov, cercando anche di capire l origine di alcuni fenomeni a cui abbiamo assistito in Ucraina. Partiamo dalle formazioni di estrema destra ucraine: che INGHILTERRA Abbattute le mucche clonate dai nazisti Avevano tentato più volte di uccidere i loro allevatori: così le super mucche «naziste» del Devon, Inghilterra occidentale, sono state macellate. Tramonta il discutibile sogno dell'allevatore britannico Derek Gow di cercare di riportare a pascolare la razza cosiddetta «Heck» creata da due zoologi della Germania hitleriana che sognavano di far rivivere gli animali selvatici protagonisti della mitologia ariana. Gow, che nel 2009 aveva importato dall Olanda alcuni esemplari discendenti dalla mandria creata dai due zoologi nazisti, è stato costretto ad abbattere sette su 13 dei suoi esemplari per la loro intrattabilità. «Sono di sicuro gli animali più aggressivi con cui abbia mai avuto a che fare», ha detto l'allevatore, che ai giornali inglesi ha spiegato come gli animali avessero «ripetutamente cercato di uccider il suo staff».. Le imponenti mucche dalle lunghe corna arcuate e dall'ispido manto color ruggine, devono la loro «resurrezione» a due fratelli, Lutz e Heinz Heck, che all'epoca del Terzo Reich setacciarono l'europa alle ricerca delle razze bovine più primitive e le incrociarono tra loro nella speranza di ottenere il loro comune antenato: l'uro, il cui ultimo esemplare - si narra - morì in una foresta polacca nel DRESDA, MANIFESTAZIONE CONTRO IL GRUPPO XENOFOBO «PEGIDA», ABBREVIAZIONE CHE STA PER "PATRIOTI EUROPEI CONTRO L ISLAMIZZAZIONE DELL OCCIDENTE" /FOTO REUTERS UCRAINA E NON SOLO Intervista al professor Anton Shektosov La mappa dei fascisti europei, dopo la Majdan forza hanno e quali sono i loro obiettivi La forza attuale della destra in Ucraina dipende da alcuni fattori, per altro storici. In primo luogo dalla forza del movimento propriamente di destra e in questo senso parliamo di gruppi simili a Pravy Sektor, composto da conservatori da un punto di vista sociale, di natura proletaria ma anche con un obiettivo che costituisce una sorta di idea circa la liberazione nazionale. Questo era soprattutto vero negli anni 20 e durante la seconda guerra mondiale. Dopo la seconda guerra mondiale, i nazionalisti ucraini erano in esilio. Ma dopo l indipendenza anche la destra ucraina è cambiata, cambiando anche la propria narrazione. Oggi potremmo dire che è per certi versi in crisi perché rispetto ai risultati politici del 2012, quando avevano 47 seggi in parlamento, hanno subito una sconfitta elettorale. Che tipo di business la guerra ha creato per questi gruppi di estrema destra, apparsi capaci di organizzarsi nei «battaglioni» impegnati sul terreno? I membri dei gruppi di estrema destra e alcune piccole organizzazioni hanno sempre agito in certi contesti. Negli anni 90 ad esempio agivano come una sorta di mafia, controllando traffici e dando in cambio servizi di sicurezza. Non è cambiato molto da allora, oggi gestiscono certi business, dando in cambio ad esempio la sicurezza e il servizio d ordine nelle manifestazioni e non solo, a vari partiti politici. E lo fanno in cambio di soldi. E poi sono impiegati in attività che non sono facili da spiegare specie ad un europeo, ovvero i «sequestri di attività economiche» (ad esempio nei confronti di immigrati). È una pratica che spesso è complessa, per quanto naturalmente illegale, cui partecipano spesso i gruppi di estrema destra. In che modo in Ucraina sono coinvolti gruppi di estrema destra russi e non solo? Come altre guerre, anche quella ucraina ha finito per richiamare tanti attivisti di estrema destra, attirati dalla possibilità di combattere, avere armi, fare training e guadagnarci qualcosa in termini economici. Sappiamo bene come queste situazioni esercitino fascino nei confronti dei militanti di estrema destra, di tutta l Europa, non solo quella orientale. In ogni caso il più importante gruppo coinvolto tra i filorussi, tra i gruppi di estrema destra europeo, è russo e sono quelli del «Russia National Unity». Si tratta di un organizzazione non nuova, che esiste dall inizio degli anni 90 in Russia. In parte, a livello organizzativo ha una sua struttura di business e un struttura militante, dichiaratamente neo nazista. Hanno partecipato a vari conflitti, come in Transnistria, in Cecenia, dove hanno fatto bottino e incetta di armi e soldi e secondo le mie fonti hanno partecipato al tentato colpo di Stato del 1993 a Mosca, ma in difesa del Parlamento, contro Eltsin. E in seguito hanno partecipato ad ogni conflitto in cui sono riusciti a infilarsi, per fare soldi, armi e training. Oggi sono il gruppo più forte presente nell Ucraina dell est. Poi ci sono anche attivisti provenienti dall «Euroasian union», una sorta di gruppo giovanile dell organizzazione internazionale guidata da Alexander Dugin. Uno dei loro membri Alexander Proselkov è stato misteriosamente ucciso in Ucraina. (Alexander Proselkov era stato nominato ministro degli esteri della Repubblica di Donetsk da Pavel Gubarev, quando Gubarev era il governatore. Secondo i suoi commilitoni sarebbe stato ucciso da un killer nelle regioni orientali dell Ucraina, ndr). E poi ci sono molti singoli attivisti, cani sciolti, magari neanche affiliati ad un gruppo preciso. Come giustificano il fatto di combattere contro altri neonazisti e qual è la loro posizione rispetto a Putin. Loro sono nazionalisti russi, combattono contro gli ucraini. Sia i membri del «Russia National Unity» sia quelli legati a Dugin sono in opposizione completa a Putin. Si sentono molto più radicali di Putin. Loro sono lì per combattere per qualcosa che sognano per il dopo Putin, una rinascita ancora più vistosa della Russia. Loro pensano di poter prendere il potere in Russia, davvero. Questa è una cosa in cui crede molto soprattutto Dugin. E stanno usando la loro partecipazione a questo conflitto soprattutto per aumentare il proprio potere in Russia, dove fanno apertamente reclutamento per andare a combattere contro l Ucraina. Ma che potere effettivo hanno in Russia questi gruppi? Sono un gruppo minoritario e negli ultimi tempi anche tra gli studiosi, hanno perso molto della rilevanza che avevano avuto negli anni passati. E invece nel Donbass, in generale, questi gruppi che tipo di potere e che influenza hanno? Perché sembra molto complicato capire, lato «filorussi», chi comanda davvero. Che informazioni ha al riguardo? È davvero complicato capire cosa succeda in quella parte del paese, perché il territorio occupato dalle forze separatisti, coadiuvato da forze russe, potremmo definirlo diviso in tante aree comandate da veri e propri clan. Talvolta si tratta di indipendentisti, talvolta di criminali, ma in generale è un territorio molto diviso e caotico, completamente. Il che rende molto complicato capire se c è qualcosa di centralizzato o meno o comprendere chi sta comandando in un dato territorio. La regione di Donetsk è quella che appare più organizzata e centralizzata. Chi ha di fatto proclamato la Repubblica di Donetsk, appartiene ad un organizzazione separatista che vive da tempo e che ha sempre avuto contatti con Mosca già dal Sono separatisti, filorussi e organizzati. Si dice che già nel 2006 abbiano preso parte a training camp in Russia organizzati dai servizi di sicurezza. Cosa è cambiato nella destra europea, dopo la crisi ucraina? Con la guerra in Ucraina molti partiti e gruppi di destra hanno dovuto rivedere la propria «politica estera» e hanno dovuto prendere posizione. In realtà la destra ucraina ha perso molto consenso europeo. Ad esempio Svoboda prima era appoggiata da alcuni gruppi che poi ne hanno preso le distanze, come il Front National francese, la destra austriaca, la stessa Jobbik o anche l italiano Roberto Fiore e Forza Nuova. Devo aggiungere una cosa infine: Svoboda è molto più radicale rispetto a Pravy Sektor. Pravy Sektor è soprattutto omofobo, mentre Svoboda è molto più chiaramente neonazista e razzista.

7 MERCOLEDÌ 7 GENNAIO 2015 il manifesto pagina 7 INTERNAZIONALE Il ministro degli Esteri israeliano si vanta di aver agito dietro le quinte per convincere l emiro al-thani a espellere Khaled Mashaal Michele Giorgio GERUSALEMME I l ricompattarsi delle petromonarchie e il recente riavvicinamento tra il Qatar, sponsor principale dei Fratelli Musulmani, e l Egitto golpista di Abdel Fattah al Sisi, sta per fare una vittima eccellente. L emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, avrebbe ordinato a Khaled Mashaal, capo dell ufficio politico di Hamas, di lasciare al più presto Doha dove si era trasferito tra il 2011 e il 2012 dopo l opportunistica decisione del movimento islamico palestinese di lasciare Damasco e di mettere fine alla lunga alleanza con la Siria. Il condizionale è d obbligo perché Hamas ha smentito con forza queste notizie. «Queste voci non hanno alcun fondamento, il fratello Khaled Mashaal non sta lasciando Doha», ha protestato Izzat Rishq, braccio destro di Mashaal. A Gaza invece tendono a confermare la notizia. Mashaal, hanno detto al manifesto fonti giornalistiche locali, sta cercando una nuova base nella regione. Non è detto però che il capo politico di Hamas se ne vada in Turchia come riferiva ieri qualche agenzia. Pesano le pressioni dietro le quinte di Israele. Il leader turco Erdogan non sembra avere interesse ad alimentare lo scontro con il premier israeliano Netanyahu. Mashaal alla fine potrebbe finire a Tehran, proprio tra gli sciiti dai quali aveva preso le distanze per compiacere i suoi padrini sunniti del Golfo che gli avevano promesso finanziamenti per centinaia di milioni di dollari e di trasformare Gaza in un emirato. Fallito, anche per l ascesa dello Stato Islamico con targa salafita, il progetto dei Fratelli Musulmani di diventare la forza islamista egemone, la direzione politica di Hamas, ormai isolata a Gaza, ha incaricato l ultimo dei fondatori del movimento ancora in vita, Mahmud Zahar, di ricucire i Geraldina Colotti D omani si apre a Beijing la due giorni di incontri del Forum Cina-Celac. Venti ministri degli Esteri della Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici (Celac) hanno confermato la loro partecipazione. Anche la Banca d America e la Banca per lo sviluppo dell America latina sono presenti con diversi alti rappresentanti. Il presidente cinese Xi Jinping assisterà alla cerimonia d apertura insieme al suo omologo del Costa Rica, Luis Guillermo Solis, all ecuadoriano Rafael Correa, al venezuelano Nicolas Maduro e al Primo ministro delle Bahamas, Perry Christie. Il Costa Rica occupa attualmente la presidenza di turno della Celac e poi toccherà all Ecuador. E a fine gennaio (il 28 e il 29) in Costa Rica si svolgerà il vertice dei capi di stato e di governo della Celac. A fronte della temperie politica che agita le relazioni commerciali tra Usa e i paesi socialisti latinoamericani, si rafforza il ruolo di Pechino Durante l ultima visita in America latina, nel luglio scorso, insieme ai dirigenti della Celac, Xi aveva annunciato la creazione di un forum di cooperazione e l organizzazione della prima riunione ministeriale a Beijing. In quell occasione - un viaggio che ha riguardato il Brasile, il Venezuela, Cuba e l Argentina - Xi ha messo in campo un pacchetto di misure finanziarie e di cooperazione con il Latinoamerica, firmando accordi per oltre milioni di dollari, che verranno consolidati e ampliati durante gli incontri di Beijing. Nel 2014, il volume di scambi tra la Cina e il Latinoamerica ha superato i milioni di dollari. Una cifra che promette di aumentare considerevolmente nel 2015 se si considera che, solo per il canale inter-oceanico del Nicaragua (i cui lavori sono iniziati a dicembre ad opera dell impresa cinese Nknd Group), si prevede un apporto di circa milioni di dollari. PALESTINA Le conseguenze del ricompattarsi delle petromonarchie e il nuovo asse Qatar-Egitto Via da Doha il capo di Hamas rapporti con l Iran. Compito che per Zahar ha rappresentato una rivincita su Mashaal che lo aveva fatto escludere da ogni posizione ai vertici di Hamas per la sua netta opposizione all abbandono di Damasco. Hamas paga anche per il recente riavvicinamento tra il Qatar e l Egitto. Uno sviluppo che potrebbe significare anche la fine del finanziamento del movimento islamico da parte di Doha, in nome di buoni rapporti con il presidente egiziano al Sisi impegnato in una dura repressione contro i Fratelli Musulmani, di cui Hamas è il ramo palestinese. Il mese scorso sono girate voci sul taglio dei fondi qatarioti, però smentite a Gaza. Dopo aver riallacciato le relazioni diplomatiche con i petromonarchi dell Arabia saudita e del Bahrain, furiosi per il sostegno di Doha alla nemica Fratellanza islamica, il Qatar è stato spinto dai paesi del Golfo a cambiare atteggiamento anche verso l Egitto, uno degli Stati sunniti di primo piano. E durante una riunione del Consiglio di cooperazione del Golfo, i petromonarchi hanno firmato un accordo per unificare la loro politica, che include il pieno sostegno (anche economico) al regime di al-sisi. L emiro Tamim bin Hamad Al Thani non ha potuto far altro Per la Cina, si tratta del primo evento diplomatico dell anno, rivolto all ex «cortile di casa» degli Stati uniti. Una relazione «che sarà basata su principi di equità, mutuo beneficio e rispetto - fa sapere Pechino - che porterà vantaggi sia ai popoli della Cina e dell America latina che ad altri paesi e regioni». Un incontro che rafforza l intenzione della Cina - manifestata durante il vertice Brics - di costituire un alternativa al Fondo monetario internazionale per i popoli del sud. A ottobre, Pechino ha prestato milioni di dollari all Argentina incalzata dai «fondi avvoltoio» e il mese scorso ne ha prestati milioni al Venezuela. Pechino ribadisce che le sue relazioni con l America latina e i Caraibi sono «totalmente compatibili» con quelle che intrattengono gli Usa con il continente. Tuttavia, a fronte della temperie politica che agita le relazioni commerciali tra gli Usa e quella parte del continente latinoamericano che ha inaugurato il Terzo millennio innalzando la bandiera IRAQ Attacco kamikaze, 23 morti IL CAPO POLITICO DI HAMAS, KHALED MASHAAL, DI FIANCO, LA PERSECUZIONE DEI COPTI IN EGITTO REUTERS che allinearsi ai "fratelli" del Golfo e raffreddare i rapporti con Hamas e i Fratelli Musulmani che, con donazioni per centinaia di milioni di dollari, aveva stretto suo padre Hamad nella regione. Festeggia in queste ore anche Israele. Il ministero degli Esteri ha pubblicato ieri una nota in cui si vanta d aver agito dietro le Almeno 23 soldati iracheni e combattenti filo-governativi sono rimasti uccisi in attacchi attribuiti ai jihadisti dello Stato islamico (Isis) nella provincia occidentale di Anbar. Un attentato kamikaze nella moschea di al-jubba ha ucciso dieci combattenti anti-jihadisti. In scontri tra miliziani e polizia hanno perso la vita 13 agenti, mentre altri 28 soldati sono stati feriti. Gli attacchi hanno avuto luogo a pochi passi dalla base aerea di Ain al-asad dove le forze Usa addestrano i militari iracheni. Isis non ha rivendicato l attentato mentre ha confermato l uccisione di otto uomini, accusati di cooperare con il governo di Baghdad, nella provincia di Salahuddin. Sul fronte siriano, le Unità di protezione popolare (Ypg), sostenute dai peshmerga iracheni, hanno preso il controllo di un altro quartiere della città kurda di Kobane, assediata da Isis. I kurdi ora controllano l 80% della città. L ufficiale Idriss Nassan ha confermato che in mano a Isis restano solo i quartieri orientali di Maqtala e Kani Kordan. (giu. acc.) CINA Inizia domani la prima riunione ministeriale con la Celac Cade il prezzo del petrolio, Caracas e Quito chiedono aiuto della propria sovranità, la Cina ha sempre più da dire. Con il Venezuela socialista, in 15 anni ha firmato oltre 450 accordi bilaterali in diversi campi, fino ad essere oggi per Caracas il secondo partner commerciale dopo gli Stati uniti. Ogni giorno, Pechino importa tra il e i barili di petrolio venezuelano, e un fondo speciale garantisce una linea di credito per lo sviluppo delle infrastrutture in Venezuela. Nonostante la caduta del prezzo del petrolio, Maduro non ha tagliato il bilancio rivolto ai progetti sociali. L Ecuador lo ha invece diminuito di milioni di dollari. In occasione dell incontro, Correa ha realizzato la prima visita ufficiale di un capo di stato ecuadoriano in Cina. E, negli incontri preparatori già in corso da ieri a Beijing, i presidenti dell Ecuador, del Venezuela e del Costa Rica hanno già lavorato intensamente per portare a casa nuovi accordi commerciali o intese economiche per far fronte alla drastica caduta del prezzo del petrolio. CUBA Nasce Gema, figlia di uno dei cinque agenti liberati da Obama A Cuba, nella calza della Befana è arrivata ieri la piccola Gema Hernandez, figlia di Gerardo e Adriana. La figlia di uno dei cinque agenti prigionieri per 16 anni negli Stati uniti e liberati da Obama in cambio della spia Alan Gross, detenuto all Avana. La madre, Adriana Pérez l ha concepita con inseminazione artificiale, dopo anni di vane richieste al dipartimento di Stato nordamericano. Il senatore democratico Patrick Leahy, uno dei principali sostenitori del cambiamento politico degli Stati uniti nei confronti di Cuba, ha rivelato di recente al «New York Times» di aver aiutato la coppia a realizzare il proprio sogno trasportando per due volte in un laboratorio di Panama lo sperma di Hernandez per l inseminazione artificiale: un gesto distensivo - ha spiegato - per creare un clima propizio al cambio di indirizzo nelle relazioni fra i due paesi. Il caso dei «Cinque», arrestati mentre tentavano di prevenire attentati terroristici organizzati dagli anticastristi di Miami, era diventato un simbolo dell imbuto in cui gli Usa hanno sempre tentato di ricacciare i tentativi di disgelo con la piccola isola. quinte per convincere il Qatar ad espellere Mashaal. Doha resta in silenzio, non conferma ma l intervento di Tel Aviv nella vicenda non pare solo propaganda. D altronde il governo Netanyahu non manca occasione per ripetere che Israele rappresenta uno scudo protettivo per la Giordania, l Arabia saudita e altri Paesi arabi "moderati" e sta provando ad intensificare i contatti nel Golfo. Lo provano indirettamente anche le recenti "visite personali" alla Spianata delle moschee di Gerusalemme di rappresentanti religiosi e politici del Kuwait e dell Arabia saudita (una "agenzia di viaggi" di Kuwait city si prepara ad offrire viaggi ai luoghi santi islamici di Gerusalemme, omettendo naturalmente che sono sotto il controllo di Israele). Nelle settimane passate si era parlato inoltre di un misterioso aereo di linea parcheggiato all aeroporto "Ben Gurion" che collegherebbe settimanalmente Tel Aviv agli Emirati. CILE «Per la Bolivia, niente sbocco al mare» Non sembra trovare soluzionelo storico contenzioso tra Cile e Bolivia. La Paz chiede uno sbocco al mare e per questo sollecita da anni il sostegno degli organismi internazionali. Il presidente Evo Morales ha incassato la solidarietà delle alleanze continentali e anche quella dei movimenti cileni e ha portato la questione alla Corte internazionale di giustizia. Durante il primo mandato di Michelle Bachelet, i due governi avevano messo in campo un tavolo di discussione, ma tutto si è arenato. E anche con il nuovo mandato Bachelet le cose sembrano nuovamente a un punto morto. Recentemente, Morales ha affermato che papa Bergoglio gli ha garantito la propria mediazione. Il ministro degli Esteri cileno, Heraldo Muñoz, si è però subito inalberato e ha rispedito al mittente la proposta: «Il Cile non ha accettato in passato, non accetta né accetterà alcuna mediazione su un tema che è assolutamente di natura bilaterale», ha detto Muñoz. La Bolivia si è rivolta alla Corte internazionale di giustizia per recuperare uno sbocco al mare che ha perso con la Guerra del Pacifico contro il Cile nel 1879, che le è costata 400 km di costa e km quadrati di territorio. EGITTO Tensione alle stelle per il natale copto, due poliziotti uccisi Giuseppe Acconcia A lla vigilia delle festività natalizie per i cristiani ortodossi egiziani, tornano le tensioni tra copti e musulmani. Due poliziotti di guardia a una chiesa cristiana sono stati uccisi a sud del Cairo. Tutta l area è stata isolata e sono in corso ricerche per l arresto dei responsabili dell attacco. Le forze di polizia hanno raddoppiato le misure di sicurezza intorno ai luogo di culto proprio in occasione della festività religiosa. Gravi episodi di settarismo religioso hanno segnato il paese dopo le rivolte del Le stragi più gravi nei quartieri di Embaba e Moqattam al Cairo hanno causato decine di vittime. Uno dei giorni più significativi delle rivolte ha coinciso proprio con la strage di Maspiro (palazzo della televisione di Stato) dell ottobre 2011 in cui furono uccise decine di manifestanti tra cui uno dei simboli delle contestazioni, il giovane copto Mina Daniel. Il timore del settarismo è stato più volte usato dall esercito per giustificare la repressione dei movimenti prima e stigmatizzare l ascesa al potere dei Fratelli musulmani, considerati ostili all ampia minoranza cristiana in Egitto. Nell anno di governo islamista, migliaia di cristiani hanno lasciato il paese sebbene non siano stati presi provvedimenti discriminatori nei loro confronti. Con l avvento del generale Abdel Fattah al-sisi, i cristiani copti sono tornati ad appoggiare il nazionalismo dell esercito e hanno sostenuto il golpe militare che ha rovesciato Mohammed Morsi. Nell estate del 2013, gli scontri più cruenti si sono registrati proprio a Minya, città dell Alto Egitto, dove vive la più ampia comunità di cristiani copti in Egitto, a stretto contatto con islamisti radicali. Le chiese cristiane egiziane ed etiopi stanno ora svolgendo un ruolo essenziale nella soluzione della controversia tra i due paesi in merito alla disputa sulla costruzione della Diga della Rinascita. Per questo, il patriarca etiope Tewahedo visiterà il Cairo la prossima settimana e incontrerà il papa copto Tawadros II. Buone notizie arrivano invece sul fronte libico, dove venti operai egiziani copti erano stati rapiti nei giorni scorsi per mano dei jihadisti di Ansar al-sharia nella città di Sirte. 13 di loro sono stati liberati anche grazie alla mediazione del governo egiziano. Una mobilitazione aveva avuto luogo ieri al Cairo alle porte del ministero degli Esteri per chiedere la liberazione dei rapiti. A mediare per il loro rilascio si sono impegnati anche i leader tribali dei due paesi. Muftah Marzuq, capo del Consiglio degli anziani della città costiera di Sirte, ha confermato che gli uomini sono stati liberati dopo una serie di negoziati tra miliziani e politici locali. Sembra che i venti fossero stati rapiti per negoziare accordi su traffici illegali nella regione di Harawa, a est di Sirte. Lo scorso dicembre in un attacco nell abitazione di un medico copto egiziano a Sirte, l uomo è stato ucciso insieme alla moglie, anche la figlia dei due è stata ritrovata senza vita qualche giorno dopo. Infine, nuovi malumori in Egitto si fanno sentire per l ampia campagna di tagli ai sussidi, approvata dall ex generale al-sisi. Ora tocca alle fattorie di cotone a dover rinunciare agli aiuti di Stato. L Egitto è uno dei principali esportatori di cotone di alta qualità al mondo, con i nuovi tagli sono a rischio le piccole imprese locali già in ginocchio per la grave crisi economica.

8 pagina 8 il manifesto MERCOLEDÌ 7 GENNAIO 2015 Il GIOCO DELL AMIANTO Le località che vedete nella cartina sono collegate da un cordone ombelicale ipogeo. Il viaggiatore le raggiunge per via sotterranea senza che il vento disperda le fibre d amianto assassine, perché un solo colpo d aria mette in movimento forze maligne Le città delle fi CASALE MONFERRATO La più importante città italiana delle fibre invisibili è Casale Monferrato. Da qui si entra nel gioco dell amianto e solo da qui se ne potrà uscire. La chiamano la capitale dell amianto coloro che mai la visitarono. Il viaggiatore che si perde nelle sue strade di pavé acciottolato conosce il volto delle genti del posto, forte come i vitigni del Monferrato, e si innamora del coraggio dei suoi abitanti. Dite di lei che non è la capitale del pianto ma la città che ha resistito contro l amianto. (Da Casale Monferrato passa a Balangero o in qualsiasi altra città.) ASBESTOS È una città del Canada che vive di extraterritorialità nel paese stesso che la contiene. Qui le norme dell ecologia canadese non valgono e i lavoratori che abitano la città sono tutto tranne che cittadini: chiederanno pertanto alle istituzioni il certificato di extracittadinanza, con il quale sono dimessi i loro diritti pensionistici e previdenziali. Ottengono la cittadinanza canadese solo al momento del decesso, che è certificato sempre e solo per arresto cardiaco, verità che non si può negare anche in caso di mesotelioma. Il passaporto canadese, valido nei due giorni tra il decesso e l incinerazione, viene bruciato con la salma del detentore, onde evitare casi di falsificazione nei sopravviventi. (Da Asbestos vai a Pavlodar) THIANT Gli abitanti di Thiant (Francia) per vivere non devono respirare e imparano a fare tutto in virtù di una logica assurda che ribalta la logica del mondo comune Ma le città dell asbesto sono città che stanno fuori dalle norme, da quelle dei codici penali a quelle della sicurezza degli impianti e del lavoro. Oggi la città assomiglia a una ghost town: la abitano i fantasmi di coloro a cui si mineralizzarono i polmoni mentre i cartelli Vietato respirare sono ancora affissi in ogni strada, ricoperti di polvere di crocidolite blu. (Da Thiant passa a Asbest.) ALBERTO PRUNETTI È AUTORE DEL ROMANZO «AMIANTO, UNA STORIA OPERAIA» (ED.ALEGRE) MINAÇU In Brasile c è una città popolata da 40 famiglie di italiani, attirati nel 1947 dalla proposta di aprire nella selva una fabbrica di amianto. La fabbrica aprì nel 49 e nel 62 fu acquistata dalla Eternit. Ognuna di quelle 40 famiglie di emigrati registra nei propri diari un caso di tumore. Nella città d amianto brasiliana secondo i medici si maneggia il minerale in tutta sicurezza. L umidità della selva basta anche a far marcire, decomporre e scomparire i cadaveri degli operai con tale velocità che le norme italiane sulla prescrizione dei reati ambientali sembrano quasi banali, agli occhi dei capitani d industria locali. Chiameremo questa città Minaçu (Brasile). (Da Minaçu passa a Thiant o Manchester) BALANGERO È la cava di amianto più grande d Europa. Nei primi anni 40 del secolo scors accolse un chimico che si chiamava Levi: il suo compito era ottenere dagli sc del polverino di amianto i residui di nichel. Scampò all amianto ma finì in un campo di concentramento nazista. Si salvò a stento. La tavola degli elementi mane iscritta nella memoria di Levi e in quella di ogni viaggiatore che giunge Balangero (Italia). Questa è l ultima stazione del gioco Chi vuole, può continu a giocare con la tavola degli elementi, per indovinare quale sigla chimica sia tuata nei propri polmoni. Chi per scaramanzia non vuol tentare la sorte con la chimica, continua con la meccanica del minerale fibroso. (Da Balangero pass Casale Monferrato e ricomincia. Prova a fare un altro giro senza respirare).

9 MERCOLEDÌ 7 GENNAIO 2015 il manifesto pagina 9 IL GIOCO DELL AMIANTO bre invisibili La lettura dell articolo non va fatta in chiave lineare e deve intendersi, appunto come un gioco narrativo simile a Rayuela di Cortázar o al più prosaico gioco dell oca. Alla fine del giro provate a farne un altro senza respirare MANCHESTER Il viaggiatore riceverà notizia di sei casi di mesotelioma nei polmoni di rubusti working class anglosassoni. Sono trecento casi all anno solo in questa città tra builders, muratori e idraulici. Non cammineranno da soli, nella memoria proletaria. (Da Manchester vai a Balangero) ASBEST È una città della Siberia (Russia) in cui gli abitanti vivono come se dovessero scontare una condanna titanica. Gli operai sanno che il toponimo rimanda all indistruttibilità del minerale che li condanna al lavoro di Sisifo: distruggere la montagna d amianto che distruggerà i loro organi interni e ricominciare a ogni generazione. A Asbest l amianto diventa del colore della neve ma non è meno pericoloso. Il Khan ancora oggi manda i suoi inviati in Siberia ad acquistare le guarnizioni d asbesto che regalano l eternità ai suoi cittadini. (Da Asbest vai a Manchester o a Casale Monferrato) PAVLODAR In Kazakistan c è una città dell amianto posta sulla via della seta. Il suo nome è Pavlodar. Il mercante che volesse acquistare i tessuti filati con la fibra invisibile troverebbe caravanserragli colmi di armature grigie. Guardando con lo stesso stupore di Erodoto, vedrebbe i guerrieri che indossano quelle armature attraversare le fiamme e uscirne indenni. Privi di amianto, i guerrieri tornano ad essere pastori che si nutrono solo di carne di montone e bevono tè nero iraniano, che chiamano chai, su tappeti disposti a pochi centimetri dal terreno, retti da corde. Ma non appena indossano l armatura depongono il chai e, vestiti della lana della Salamandra, riducono in cenere le città nemiche. Diventano cenere essi stessi venti anni e un giorno dal momento in cui le fibre hanno cinto le loro membra (Da Pavlodar vai a Asbestos Hills Colony) o arti ria are taa a ASBESBERGE È una località sudafricana che visse in pace fino a quando i boscimani si rifiutarono di sondarne le profondità. Gli sciamani sapevano che la morte stava sotto i loro piedi e non andava disturbata. A chi perforò i terreni, la condanna colpirà la membrana dei polmoni: i malati erano neri, ma bianchi sono coloro che ne incassano i profitti. Chi oggi vive nei paraggi non parla né inglese né olandese e nemmeno le lingue col clic dei primi aborigeni, ma tossisce senza posa e ansima cercando l aria che gli sfugge. (Da Asbesberge passa a Casale Monferrato o a Pavlodar.) ASBESTOS HILLS COLONY A Asbestos Hills Colony nei pressi di Hyderabad (India) chi dorme sotto i tetti di amianto si guarda vivere sentendosi morire. Il cemento-asbesto è stampato in ondulini preparati su vecchie macchine italiane che hanno seguito le rotte marittime dei gesuiti portoghesi, portando il verbo, le reliquie di San Tommaso e la lunga la catena di montaggio di una macchina di morte fino alle coste del Malabar, per poi risalire prima con elefanti e poi a dorso di cammello le piste che tagliano il regno Moghul. (da Asbestos Hills Colony vai a Asbestos o torna a Casale Monferrato)

10 pagina 10 il manifesto MERCOLEDÌ 7 GENNAIO 2015 CULTURE ANNEMARIE SCHWARZENBACH Alessandra Pigliaru U n immagine in bianco e nero ritrae una giovanissima donna con lo sguardo basso, capelli corti e ordinati. Porta abiti severi e poggiata su un letto maneggia forse un biglietto mentre una smorfia sorridente le muove il volto. Lievemente. È il 1940 e la protagonista della foto, Annemarie Schwarzenbach, scrittrice svizzera, giornalista e viaggiatrice tra le più fertili che la cultura mitteleuropea abbia conosciuto, morirà un paio d anni dopo, a soli 34 anni. Ancora una volta si mostra però all occhio fotografico esperto di Marianne Breslauer che, come Ella Maillart, ci consegna di lei i momenti più intensi. L intermittenza del sorriso, con quella quiete apparente che nasconde il tormento di una vita straordinaria e avventurosa, è il sottofondo della sua scrittura e del suo impegno da fotoreporter e giornalista tra Oriente e Occidente per raccontare luci e ombre di chi e cosa incontra. Sono tuttavia per primi i suoi chiaroscuri personali a precipitare nel circostante, trafitti da una libertà bruciante e melanconica. Nomadismo inquieto È in questa perturbante centralità all interno della scena europea a cavallo tra le due guerre mondiali che vanno letti due scritti di Annemarie Schwarzenbach arrivati di recente e per la prima volta in Italia. Uno è del 1929 e corrisponde alla seconda delle tre novelle parigine (Pariser Novelle), ora nella traduzione e cura di Tina D Agostini dal titolo La notte è infinitamente vuota (Il Saggiatore, pp. 73, euro 12). L altro è del 1931 ed è il suo romanzo d esordio, si intitola Freunde um Bernhard ovvero - nella traduzione di Vittoria Schweizer - Gli amici di Bernhard (L orma editore, pp. 192, euro 13). Entrambi i libri si collocano alla vigilia di alcuni fatti importanti nella vita di Schwarzenbach, seminando già elementi delle sue scritture successive. Certo, non aveva ancora preso avvio quell esistenza nomade che l avrebbe portata da lì a poco in giro per il mondo come giornalista e fotoreporter, all insegna della scrittura e di esperienze oblique alle quali farà sempre da sfondo la relazione complessa con una madre amata e imprendibile, tra fusionalità e respingimenti laceranti; non sapeva ancora dei distacchi dolorosi, dell iniziazione alla droga negli anni berlinesi, delle depressioni e l ipotesi di schizofrenia con alcuni ricoveri in manicomio, ma soprattutto non poteva immaginare che, per una banale caduta dalla bicicletta, avrebbe trascorso due mesi di angherie mediche, segnati da elettroshock, insulino-terapia e coma indotti, cessando di vivere il 15 novembre del 1942 in seguito al consenso familiare per l eutanasia in una clinica svizzera come risulta dalle ricostruzioni documentarie del pronipote Alexis e, qui in Italia, di Melania Mazzucco e pochi altri. I due libri apparsi ora figurano invece il periodo della primissima giovinezza relativamente privo di sprofondo, colmo certo di tumulti e brevi cadute del vivere ma anche di una specie di fiducia verso un esistenza ancora in divenire. In quel tratto indistinto in cui sembra che si possa divenire chiunque e qualunque cosa, come davanti a un obiettivo emergono figure minute che paiono quasi catturate nella lettura di La notte è infinitamente vuota. La novella si sgrana nella descrizione puntuale di adolescenti che alla fine degli anni Venti a Parigi, tra università e attività culturali e politiche di vario tipo, cercano di trovare la misura delle relazioni tra se stessi e il mondo. In quel periodo, la stessa Schwarzenbach già iscritta a Zurigo per studiare storia e letteratura - trascorre due semestri proprio alla Sorbona. Le ragazze e i ragazzi che popolano Diario vulnerabile di un esistenza Escono in Italia «La notte è infinitamente vuota» e «Gli amici di Bernhard» della scrittrice, giornalista e fotoreporter svizzera. Due libri che narrano la scena europea a cavallo fra le due guerre attraverso l educazione sentimentale di un gruppo di studenti BIOGRAFIA Gli studi, i Mann, il primo romanzo. Poi la morfina e i viaggi in Asia Il suo lascito fotografico rappresenta uno dei tesori delle collezioni dell Archivio svizzero di letteratura (Asl) della Biblioteca nazionale svizzera:quasi settemila fotografie di Annemarie Schwarzenbach sono state digitalizzate e inserite dall Als in una banca dati. Terza figlia di Alfred Schwarzenbach, proprietario di un impero tessile nel settore dei filati di seta, e di Renée Wille, figlia di una von Bismarck e del capo supremo dell esercito svizzero, Annemarie nacque il 23 maggio Dopo studi in un collegio femminile, si laureò a 23 anni in storia. Lasciata la famiglia per stabilirsi a Berlino, si introdusse nell ambiente letterario e, soprattutto, nella famiglia Mann, frequentando Erika e Klaus, circondati da un aura di trasgressione. Nel 1931 Annemarie pubblicò, a sue spese, il romanzo «Freunde um Bernhard», che suscitò buoni commenti. La madre Renée, invece, ritenne l attività letteraria lesivo del prestigio familiare. Il loro rapporto cominciò a deteriorarsi. Nell autunno del 1932 i Mann iniziarono Annemarie al consumo di morfina. Quando i Mann lasciarono la Germania, con l avvento del nazismo, Annemarie li seguì, dedicandosi al giornalismo. Dopo un reportage in Spagna con la fotografa Marianne Breslauer, nel 1933 partì per un viaggio di sette mesi in Asia (Turchia, Siria, Libano, Palestina, Iraq e Persia). studentati, bar e circoli notturni rappresentano la stoffa degli incontri letterari e politici che la scrittrice farà. Secondo Tina D Agostini anche La notte è infinitamente vuota risponde a una narrazione autobiografica in cui si rintracciano alcune interlocuzioni importanti e altre solo immaginate che pur tuttavia abiteranno le sue scritture più mature. Come lo scambio epistolare che risale proprio al 1929 tra Schwarzenbach e il poeta Albrecht Haushofer, per esempio, suo grande ammiratore che, nel 1945, verrà fucilato con l accusa di aver partecipato al fallito attentato contro Hitler. Haushofer, che in quegli anni studiava geografia, ha dei tratti che si ritrovano nella novella nel personaggio di Hochberg e nella stessa passione per la geografia da parte di Ursula, voce narrante e alter-ego dell autrice. Interessanti pagine sono poi dedicate all amore tra donne, in particolare quando Ursula-Annemarie si accorge di esserne sensibilmente attratta. Sensualità che esploderà in Eine Frau zu sehen (Ogni cosa è da lei illuminata, Il Saggiatore, 2012), scritto solo pochi mesi più tardi. Le mani femminili, che passano dai ricordi infantili delle amiche materne allo sconvolgimento per le fantasie provate, raccontano l apprendistato all erotismo e all amore della giovane Schwarzenbach con lo smarrimento che arriverà a una piena forma desiderante solo nell incontro decisivo con Erika Mann, la prima grande passione della sua vita. Le mani «molli e indifese» di Joan e quelle «piccole, forti e piene di delicatezza» di Jacqueline, rappresentano però anche il contrappunto tra l antica e supplichevole richiesta di cura e la ricerca della libertà anzitutto sessuale; tutto ciò nell inquietudine che la storia stava riservando a quante e quanti si opponevano all oppressione del nazismo. L attenzione verso i primi segnali relazionali così come gli eccessi ai quali si abituò molto in fretta, non le impedirono infatti di interrogarsi sulle trasformazioni geopolitiche a lei coeve; non solo quelle europee ma, infine, del mondo. Dall Asia agli Stati Uniti fino all Africa e oltre, i numerosi viaggi intrapresi tra il 1933 e il 1942 con reportages in forma diaristica, fotografici e di articoli che poi inviava alle testate con cui collaborava, raccontano di Persia, Turchia, Afghanistan, ma anche del Congo e di New York, con una lingua che coniuga meticolosità descrittiva e grazia poetica. Esitazione, senso di spaesamento insieme all esigenza di sperimentare una circolazione degli affetti che potesse opporsi alle brutalità dell oppressione, marcano anche Gli amici di Bernhard. Nel 1930, un anno prima della sua stesura, Schwarzenbach fa la conoscenza di Erika e Klaus Mann di cui alcune coppie di personaggi da lei descritti sembrano portare i segni. Non solo Gert e Ines ma anche Leon e Christina che vivono in relazione al diciassettenne Bernhard appunto, studente di musica che ben presto si congeda dalla famiglia d origine per seguire il suo maestro a Parigi spostando la trama tra Zurigo, Berlino e Firenze. Fra libertà e rivoluzione Le vicende di questo gruppo di ragazze e ragazzi danno conto di una sincera disposizione alla felicità secondo cui il senso di appartenenza e la comprensione del mondo agiscono come spinta alla liberazione. È l idea in fondo di una vulnerabilità interrogante che non ammette mediazioni e che, pur tuttavia, si scontra con quel che rimane di un mondo già mutato che da lì a pochi anni franerà di nuovo. Sembra ancora una volta di sentire la giovane Annemarie che fa i conti con se stessa quando conclude uno degli scambi tra amici così: «Dovreste vivere soltanto di domande e di inquietudine; è la parte migliore di voi. Vorrei che rimaneste sempre così, pronti a sbocciare; non dovreste sottomettervi con tanta facilità a una legge, né adagiarvi su ciò che già esiste, non dovreste mai sentirvi del tutto soddisfatti!» «Ci sta insegnando la rivoluzione?» «Mi avete frainteso Dovete proteggere la vostra libertà Tutto il resto non ha importanza, la sola cosa che conta è abbandonarsi con fiducia al mondo». E a quel mondo si è abbandonata anche lei, senza alcuna protezione per se stessa ma costantemente in lotta per dire che sì, in fondo «la prudenza rende la vostra vita piatta. E rende piatti anche voi». DUE RITRATTI DI ANNEMARIE SCHWARZENBACH, 1940; E AL LAVORO DURANTE UN VIAGGIO, CON LA SUA MACCHINA FOTOGRAFICA

11 MERCOLEDÌ 7 GENNAIO 2015 il manifesto pagina 11 CULTURE oltre tutto TANIA BRUGUERA ARRESTATA E RILASCIATA La performer Tania Bruguera è stata rilasciata, dopo il suo ultimo arresto, dalle autorità cubane che erano intervenute per bloccare la sua performance, ma non si sa ancora se verrà reinviata a processo o se le verrà comminata una multa. L artista (che vive fra Cuba, Stati uniti e Parigi) invitava il pubblico a salire sul palco in Piazza della Rivoluzione dell'avana per parlare liberamente, ognuno con un minuto a disposizione (gli argomenti erano tutti molto politici). È stata accusata di disturbare la quiete pubblica. Contro la sua detenzione oltre 2000 persone hanno firmato una petizione chiedendo il suo rilascio. Bruguera ha intenzione di presentare il suo caso alla Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani, mentre alcuni siti sostengono che la Seguridad del Estado stia spingendo Bruguera a lasciare il paese. Federica Galloni all Arte e Architettura contemporanea «scalza» Francesco Prosperetti. Oggi al Tar la documentazione del ricorso. «La riforma? Ha bisogno dei migliori in campo per funzionare» BENI CULTURALI La girandola delle nomine di Franceschini alle direzioni generali del ministero e alcune esclusioni inesplicabili La competenza non è mai politica GIULIO PAOLINI AL MAXXI FOTO REUTERS MUSEI IL BANDO ARRIVA IL 9 GENNAIO Venti musei dotati di autonomia speciale, che si aggiungono alle soprintendenze già autonome di Roma e Pompei e poi un Polo Museale per ogni regione. Firmato il decreto, entra nel vivo la riforma dei musei. Dopo le nomine Mibact avvenute alla vigilia di Natale, ci sarà il bando pubblico per i direttori manager, che arriverà entro il 9 gennaio e sarà pubblicizzato anche sull «Economist» per cercare una risonanza internazionale. I nuovi direttori «saranno ricercati tra i massimi esperti in materia di gestione museale e saranno soggetti a procedure molto rigide di selezione da parte di una commissione composta da esperti di chiara fama ed elevato livello scientifico», ha affermato Dario Franceschini. Arianna Di Genova È consuetudine dei politici e ministri più navigati attivarsi per fare le nomine degli uffici a loro sottoposti in giorni festivi. Spesso, le «manovre» si compiono in pieno agosto. Al ministero per i beni culturali, invece, è successo alla vigilia di Natale, prima del cenone. Così la «rivoluzione» acclamata di un dicastero, recepito dai più come mummificato e polveroso, ha mostrato il suo vero volto e fatto sussultare sulla sedia più di un «tecnico» del settore. Perché se la «ricetta Franceschini» per rilanciare il patrimonio italiano era stata giudicata spregiudicata e al peperoncino (separazione di tutela dalla valorizzazione come punto primo e fondante di una nuova visione che metteva all angolo i sovrintendenti e il loro potere, autonomia dei grandi musei come volano economico e turistico), non altrettanto lo sono state le nomine, che sono invece rientrate nel vecchio, vecchissimo gioco delle poltrone inamovibili. Nove le direzioni che hanno ufficializzato le loro «teste», fra cui svettano alcune presenze statuarie. Per esempio, quel Salvatore Nastasi, ex capo di gabinetto di molti ministri nonostante la giostra del cambio politico al governo, direttore generale dello Spettacolo dal vivo che viene riconfermato: ha resistito a ogni rovescio di fortuna e ha in mano l elargizione dei fondi per la cultura, un vero super-manager senza contendenti. Tra i movimenti bizzarri, si segnala poi Famiglietti all Archeologia: esce dagli uffici amministrativi e non ha nulla a che vedere con scavi e siti. Due le esclusioni «dovute»: si eclissa dall organico di vertice del ministero (era responsabile della Valorizzazione), Anna Maria Buzzi: ha il difetto di essere la sorella di Salvatore Buzzi, protagonista eccellente di Mafia Capitale; esce di scena anche Carla Di Francesco, indagata dopo il terremoto emiliano (con l accusa di abuso d ufficio: avrebbe firmato autorizzazioni per incarichi di restauro di immobili favorendo lo studio del suo compagno). L unico, invece, ad essere stato silurato senza motivo è Francesco Prosperetti, candidato alla direzione generale per l Arte e l Architettura contemporanea. Dirigente di prima fascia, viene «scalzato» incomprensibilmente da una funzionaria di seconda fascia, Federica Galloni, che al suo attivo ha già due casi imperdonabili: l ascensore orrendo dell Altare della patria e lo stop al progetto di William Kentridge sul Tevere. Oggi si saprà se la nomina verrà sospesa (se ne sta occupando il Tar), mentre in rete circola un appello a favore di Prosperetti che conta centinaia di firmatari. «Se un ministro vuole fare la rivoluzione, non può mettere da parte la competenza... Lo dico anche come cittadino. Franceschini ha rimesso in piedi il contemporaneo, cancellato da Bondi, ma poi deve saper scegliere ai posti di comando», afferma amareggiato Prosperetti. «Il sospetto - continua - è che il lavoro tecnico se lo voglia riservare la politica, non guardando ai migliori e confermando che il ministero è un meccanismo ormai inceppato. In realtà, va riformato a partire dalle persone. Mettiamoci tutti d accordo: il Mibact non è preposto solo al controllo poliziesco della tutela, ma pure alla promozione attiva del patrimonio. Bisogna, però, saperlo fare». Patrimonio / ALLARME ROSSO Archivi e biblioteche alla deriva e senza fondi Ro Ci I l 2015 sarà un anno da incubo per gli archivi e le biblioteche italiane. La dismissione delle province metterà a rischio a centinaia in tutta italia, anche perché non sono stati ancora identificati gli enti che dovrebbero gestirli. A pochi giorni dalla fine dell anno da Napoli è stata lanciata «A chi compete la cultura?», un iniziativa con la quale l Associazione Italiana Biblioteche (Aib), l Associazione Nazionale Archivistica italiana (Anai), il coordinamento permanente di musei archivi e biblioteche (Mab) e l Icom Italia cercano di richiamare l attenzione su questa emergenza drammatica. Un «manifesto appello», con raccolta firme, verrà presentato al governo Renzi e alle regioni. I rappresentanti dei musei e delle biblioteche cercheranno in questo modo di portare alla luce gli squilibri e i veri pericoli che la le cosiddetta «Legge Delrio» (56/2014) comporta. L indifferenza per le sorti del patrimonio librario e archivistico italiano da parte dei governi dell austerità, compreso anche quello presieduto da Renzi che vede Dario Franceschini alla guida del Ministero dei beni culturali e del turismo (Mibact), sta facendo fibrillare l intera architettura delle istituzioni e degli esperti. Pochi giorni prima del Natale, tutti i presidenti delle associazioni degli storici italiani hanno rivolto a Franceschini un appello accorato. Giuseppe Petralia (Sismed), Marcello Verga (Sisem), Agostino Giovagnoli (Sissco) e Isabelle Chabot (Sis) hanno espresso «una forte preoccupazione per il progressivo, grave degrado del sistema archivistico-bibliotecario italiano». I tagli delle risorse hanno più che dimezzato il personale più anziano d Europa (età media superiore ai 58 anni). Il blocco del turn-over e delle assunzioni ha moltiplicato a dismisura il precariato e il lavoro quasi gratuito. La drastica diminuzione delle risorse ha spinto a dimezzare l orario di apertura e alla chiusura di settori fondamentali come le emeroteche della Biblioteca nazionale di Firenze e in quella di Roma. Viene anche denunciato il dramma dell Archivio centrale dello Stato all Eur di Roma, il più importante per la storia dell Italia contemporanea. Da anni subisce una restrizione degli spazi mentre la documentazione viene trasportata in un magazzino a Pomezia. Il ventilato trasloco del museo di arti orientali dall Esquilino all Eur peggiorerà la situazione, aggravando il peso dell affitto che il Mibact verserà all Ente Eur che possiede l edificio dell Archivio Centrale (da 700mila euro a 2,2 milioni all anno, vedi Alias, 7 novembre 2014). Gli storici denunciano inoltre l uso del budget destinato agli archivi che viene invece usato per pagare gli affitti e chiedono una politica di riuso delle caserme e edifici pubblici abbandonati. Chiedono infine che la riforma del Mibact non penalizzi gravemente l intero sistema «perché non sono in grado di offrire ritorni economici dei servizi da loro offerti». Argomenti, e denunce, di una situazione drammatica. Per Mario Guarany, nuovo direttore generale per gli Archivi, è una montagna da scalare. SAGGI «L assalto al cielo» di Andreina De Clementi, per Donzelli Un laboratorio per l identità collettiva Un nuovo percorso di senso, storico e politico, può costruirsi attraverso i processi migratori e i loro cambiamenti sociali Claudio Vercelli U na non troppo ipotetica storia dell umanità che volesse prescindere dalle periodizzazioni maggiormente scontate, cercando invece di identificare ex novo i tratti salienti del mutamento di lungo periodo, dovrebbe definirsi, in tutta probabilità, sulla base di coordinate spaziali e temporali slegate dalle sole guerre o dalle mere logiche intrinseche ai poteri legali. Le quali invece, rivestono ancora oggi un valore cronologico che, da sé, risulta spesso fuorviante. La stessa nozione di «società civile», di per sé abusata nella sua sostanziale inconsistenza descrittiva, e ancor più ermeneutica, dovrebbe invece essere posta in tensione con la composizione mutevole che la accompagna. Il cambiamento sociale, e quindi storico, infatti, è fortemente legato ai processi migratori, al trasferimento da un luogo all altro di ampi segmenti di popolazioni, ai processi di travaso e di rimescolamento, così come agli effetti che questi producono sia sui migranti che nelle società ospiti. Alle migrazioni sono strettamente correlate le nozioni mutevoli, ossia storicamente determinate, di luogo, confine, spazio ma anche tempo, generazione e così via. Quelle categorie dal cui utilizzo costruiamo i percorsi di senso, i processi di interpretazione, della nostra contemporaneità. Che i conflitti armati, così come le decisioni politiche, vi intervengano attivamente, è chiaro. Tuttavia i processi migratori hanno anche una loro autonomia che, come tale, necessita di essere indagata. Essi sono il campo privilegiato di costituzione e di applicazione delle politiche di selezione e gestione delle collettività nel loro sviluppo socioculturale. Da sempre, in altre parole, rappresentano un laboratorio dove si dà forma ad una nuova umanità, che nasce dall ibridazione più o meno spontanea così come dalle reazioni istituzionali che da essa derivano. Tra le quali, il governo della paura e le politiche dell emergenza, fattori ordinativi nella cultura politica neoliberale. Non di meno, le migrazioni hanno una loro complessità che sfugge alle letture che ne vorrebbero preordinate la nascita e l evoluzione, quasi che invece si trattassero di fenomeni eterodiretti. Proprio in questa imprevedibilità di fondo, a ben vedere, si colloca la loro rilevanza, prodotto di una dinamica tra scelta e costrizione che sta alla base della nozione stessa di mutamento storico. Le migrazioni danno quindi respiro ai tratti identitari di medio periodo, destinati a qualificarsi e quantificarsi sulla scorta di una o più generazioni, e capaci, in virtù della loro cumulabilità, di trasformare radicalmente sia quel che trovano così come quel che portano. È peraltro risaputo, e come tale anche immediatamente rimosso nella coscienza collettiva, quanto l Italia sia stato un paese di emigrazione, avendo assunto solo negli ultimi trent anni la fisionomia di luogo di approdo. L incapacità della politica, e della stessa società, di elaborare criticamente e prospetticamente questo aspetto fondamentale della nostra costituzione materiale è lo specchio del grado zero nel quale versa la discussione su ciò che siamo e, soprattutto, su quello che vorremmo divenire. Dopo di che, una ricognizione di ampio respiro, anche dal punto di vista dell attrezzatura scientifica, ci è offerta da Andreina De Clementi nel suo volume dedicato a L assalto al cielo. Donne e uomini nell emigrazione italiana (Donzelli, pp. 289, euro 27). L autrice è persona nota nel campo degli studi storici tout court così come della storia del movimento operaio. Il nesso tra lavoro e migrazione è, peraltro, uno dei sottili e tenaci fili conduttori della sua ricerca, di cui questo testo è una sorta di sintesi delle tante cose da lei già scritte e dette. Le pagine mettono in evidenza il legame tra identità e metamorfosi come elemento costitutivo del processo migratorio. L angolo visuale italiano, dall unificazione in poi, è una piattaforma privilegiata, da questo punto di vista, per cogliere fenomeni pressoché universali. Poiché i fenomeni migratori contemporanei, ognuno dei quali dotato di una sua specificità spazio-temporale, presentano tuttavia una ricorsività che si articola nel rapporto tra bisogno-investimento-mutamento. Per chi migra come per chi ospita. Per le comunità che vedono partire i propri membri, quasi sempre quelli più «attivi», poiché dotati di quel set di risorse (materiali e culturali) indispensabili per compiere un tale passo ma anche per le società riceventi, che si trovano a subire le trasformazioni, a volte telluriche, che questi processi ingenerano. L autrice correda le riflessioni di merito con il ricorso ad un ampia casistica. L economia del testo è basata sul rapporto tra riflessione generale e rinvio alle esperienze individuali e di gruppo, attraverso un amplissimo patrimonio di testimonianze. Una sorta di database, quest ultimo, dell umanità in movimento. Ciò che resta, dalla lettura di questo volume, è il senso di una trasformazione consapevole, quella che viene fatta da chi sceglie, ancorché in ciò vincolato da necessità incomprimibili che gli sono dettate e che non ha cercato in alcun modo, di andare oltre l orizzonte di relazioni che lo accompagnano dalla nascita. Ed emerge, quindi, la percezione che all imperscutabilità degli infiniti movimenti del capitale finanziario si contrapponga, in una sorta di logica del contrappasso, quella ben più tangibile degli esseri umani, alla ricerca di qualcosa d altro dalla «forma-merce» che gli è altrimenti assegnata. Sta di fatto che una storia della modernità non possa prescindere in alcun modo dal riscontro della rilevanza strategica che le migrazioni svolgono nel compensare le trasformazioni che i flussi di capitali si sono già incaricati di defnire. Si tratta, a modo suo, di una sorta di lotta di classe traslata, completamente slegata, oggi più che mai, da una logica fordista ma che rilancia la questione di fondo su come l identità collettiva sia più che mai il prodotto della mobilità prima ancora che della mobilitazione. LA FAMIGLIA COSENTINO MOSTRA LA NUOVA CASA E MACCHINA IN AUSTRALIA

12 pagina 12 il manifesto MERCOLEDÌ 7 GENNAIO 2015 Cinema VISIONI A una regista afroamericana, Ava DuVernay, è stato affidato il compito di dirigere il primo film mai realizzato sulla figura di Martin Luther King, «Selma» Giulia D Agnolo Vallan NEW YORK U na Una protesta che rese possibile una legge che tutelava il diritto di voto a prescindere dal colore della pelle folla di afroamericani brutalizzati selvaggiamente dalla polizia, la lotta contro la discriminazione razziale nel diritto di accesso al voto, la sporca realtà della trattativa politica, un leader visionario che però tradiva la moglie, un presidente che dice: «Non c è un problema dei neri, un problema del Sud e un problema del Nord. C è un problema dell America»..Selma (negli Usa in uscita il 9 gennaio, in Italia il 2 aprile)è un film ambientato nel 1965 ma che parla del Infatti, il limite dell intelligente, elegante, ambizioso, a tratti emozionante, lavoro di Ava DuVernay, prodotto dalla Plan B di Brad Pitt (che l anno scorso ci aveva dato 12 anni schiavo) è forse proprio quello di voler imbrigliare così strettamente lo spirito del (nostro) tempo da togliergli il respiro. Un anno dopo «il caso Steve McQueen», nel pieno di un altra campagna Oscar, Selma arriva accompagnato anche lui da un aura (extrafilmica) di calcolata inevitabilità, e da qualche controversia sulla fedeltà storica. In un perfetto incontro tra giustezza poetica e timing, dopo che la sceneggiatura dell inglese Paul Webb era già passata per le mani, di Stephen Frears, Michael Mann e Lee Daniels, è stato affidato a una donna afroamericana il compito di dirigere il primo film mai realizzato su Martin Luther King. Grandi leader del movimento come Malcolm X (Spike Lee, 1992) e Medgar Evers (Ghost of Mississipi di Rob Reiner, 1996,) sono già stati soggetti di biopic hollywoodiani; e la storia della lotta per i diritti civili è stata trattata in film diversissimi tra loro, come L odio esplode a Dallas di Roger Corman (1962), Mississippi Burning di Alan Parker (1988), e, solo l anno scorso, The Butler, di Lee Daniels. Lo stesso King è apparso spesso come personaggio, al cinema e in tv : da The Private Files of Edgar J. Hoover di Larry Cohen, a Crazy in Alabama di Antonio Banderas, a Alì di Michael Mann, fino a un episodio di Twilight Zone e parecchi di Saturday Night Live. Ma Selma è il primo film incentrato interamente sulla sua figura. Non si tratta, come succede spesso con un personaggio di questa statura, di una bio/agiografia panoramica: Selma (che ha un budget da 20 milioni di dollari e negli Stati uniti è distribuito dalla Una marcia del 1965 che parla al presente DUE IMMAGINI TRATTE DA «SELMA» DI AVA DUVERNAY, IN BASSO A SINISTRA BRAD PITT IN UNA SCENA TRATTA DA «FURY» MENTRE A DESTRA UNA CLIP DA «UNBROKEN» Paramount) si concentra su un episodio specifico, la marcia da Selma a Montgomery che, nel marzo del 1965, rese possibile una legge federale, il Voting Rights Act, intesa a proteggere il diritto al voto di tutti i cittadini Usa, a prescindere dal colore della pelle. L attore inglese David Oyelowo è Martin Luther King, Tom Wilkinson (inglese anche lui) la sua nemesi, Lyndon Johnson; sempre dall Inghilterra, Carmen Ejogo è Coretta Scott King e Tim Roth il governatore razzista George Wallace; mentre Dylan Baker interpreta un viscidissimo Edgar J. Hoover e Oprah Winfrey (anche co-produttrice) Annie Lee Coper, un infermiera che perse il lavoro dopo aver tentato più volte, e invano, di iscriversi alle liste elettorali. Fondamentale, dietro alla macchina da presa, è il lavoro del direttore della fotografia Bradford Young, l occhio più colto ed elettrizzante del nuovo black cinema (Mother of George, Pariah, Restless e, già al fianco di Du Vernay, per Middle of Nowhere ) che porta alla luce e al taglio delle inquadrature la prospettiva storico/culturale profonda del suo maestro alla Howard University, Haile Gerima. Costruito su infinite sfumature di nero, intorno ai volti dei personaggi fotografati come se fossero paessaggi, al contorno delle loro teste, alle silhouettes scure dei corpi contro la luce bianca di una finestra o i fari di un auto della polizia che li picchierà a sangue, Selma ha la stoffa maestosa di un kolossal intimista, un senso di scala e tempo epico che sfugge clamorosamente a produzioni molto più grandiose, «alla» Exodus. Come Lincoln e House of Cards, il film di DuVerney (che è stata per anni una nota publicist hollywoodiana) investe sull attuale fascinazione per il processo politico, nei suoi dettagli meno idealistici. La spregiudicatezza strategica di King (piuttosto che la sua dimensione di leader carismatico) è infatti al cuore del film, giocato intorno a un serrato duetto tra lui e Johnson, in cui il presidente vorrebbe dare priorità alla sua guerra contro la povertà, mettendo in secondo piano la legge sul voto, e King lo costringe ad agire diversamente organizzando a beneficio dei media nazionali - una manifestazione pacifica sotto il naso di uno sceriffo razzista che, inevitabilmente, la farà finire nel sangue. Trasmesse dalla Abc, il 7 marzo 1965, interrompendo la messa in onda di Il processo di Norimberga, le immagini dei poliziotti dell Alabama che picchiavano ferocemente una folla inerme di afroamericani sull Edmund Pettus Bridge misero alle strette la Casa Bianca e il Congresso. Quella domenica la marcia si fermò a Selma. Per scelta di King, e prima che scoppiassero altre violenze, i dimostranti si fermarono al ponte anche due giorni dopo. Al terzo tentativo, e grazie alla sentenza di un giudice, la manifestazione ebbe finalmente il suo corso fino a Montgomery. Entro agosto Johnson avrebbe firmato la nuova legge. Insieme a King, Johnson, Hoover, Wallace, DuVernay arricchisce la texture del suo film popolandolo di altri protagonisti del movimento, come il futuro ambasciatore all Onu e sindaco di Atlanta Andrew Young (allora un membro della Southern Christian Leadership Conference), il deputato della Georgia John Robert Lewis (allora dello Student Nonviolent Coordinating Committee) e Amelia Boyton, la leader degli attivisti di Selma che Critiche negli Usa sul dato storiografico, per aver trattato con durezza il presidente Lyndon Johnson invitò King in città. Le donne, in generale, sembrano più importanti, rispetto alla storiografia ufficiale, a partire da Coretta Scott King. Ed è proprio sul dato storiografico che Selma sta sollevando delle critiche, prima fra tutti quella di aver trattato con eccessiva durezza Lyndon Johnson. In difesa del presidente sono scesi suoi ex collaboratori come George Califano, o il direttore della LYondon Johnson Library Mark Updegrove e lo storico Gary May: Johnson sarebbe stato un alleato di King e non un avversario, come invece appare nel film. HOLLYWOOD Brad Pitt e Angelina Jolie producono, interpretano, recitano. Escono «Fury» e «Unbroken» La soporifera guerra dei Brangelina, coppia glamour Botteghino Usa catastrofico per il film di Pitt, mentre si grida allo «scandalo» per la mancata candidatura ai Golden Globes della storia sull atleta Zamperini G.D.V. S ono lontani i tempi in cui Angelina Jolie, portava al collo una fiala di sangue di Billy Bob Thornton e sfoggiava una filmografia in cui potevano coesistere modelle tossiche (Gia), ragazze malate di mente da Oscar (Ragazze interrotte) e Laura Croft. O quelli in cui Brad Pitt, dopo aver fatto capolino in un party/orgia di Bret Easton Ellis in Less Than Zero e il boy toy di Gena Davis Thelma e Louise, si prendeva in giro da solo in Johnny Suede e True Romance, si pestava a sangue con Edward Norton in Fight Club e faceva il trainer idiota per i fratelli Coen. Con gli anni, e la prole, le carriere di Jolie e Pitt si sono fatte progressivamente molto più adulte, rispettabili, simili una all altra - la loro unione un brand che è sinonimo di serietà qualità, impegno politico/sociale, e di soggetti «importanti». Inattaccabile, meno disposta ai detour, e incline allo humor. A parte qualche storiaccia di anoressia e sull occasionale litigata, nemmeno i tabloid riescono a tirar fuori del pepe dalla coppia più famosa del mondo. Persino la regina cattiva di Biancaneve ne è uscita tutta redenta, oltre che (purtroppo) forte di uno degli incassi maggiori del L estetica di Brangelina tocca quest anno un ulteriore grado di uniformità (e prova i suoi limiti) con due film sullo stesso soggetto (e che usciranno in Italia, il 29 gennaio): Unbroken di cui Angeline Jolie è regista, e Fury, che Brad Pitt interpreta e di cui è anche produttore esecutivo. Si tratta di due storie di estremo valore ed estremo sacrificio sul fronte pacifico (Unbroken) ed europeo (Fury) della seconda guerra mondiale; e di due progetti dal pedigree altissimo. Cosceneggiato dai fratelli Coen (dal libro di Laura Hillenbrand sulla storia dell atleta olimpico Louis Zamperini), Unbroken è fotografato da Roger Deakins (abituale dp dei Coen) e ha alle musiche Alexandre Desplat. Nemmeno l acquisto di tanto talento e la presenza di giovani attori che ce la mettono tutta, porta fascino a un film freddo e poco sentito, di cui non si capisce la ragione di essere, se non in un interesse morboso, un po Mel Gibson, per le angherie cui viene sottoposto il corpo di Zemperini (Jack O. Connell) da un ufficiale dell esercito giapponese, in un rapporto che ricorda molto lontanamente (e non a favore di Unbroken) quello tra David Bowie e Ryuichi Sakamoto nel magnifico Furyo di Naghisa Oshima. Fury è invece un rimando a cinema bellico di Fuller, Aldrich, Ford..una fangosa, gelata cartolina dal fronte durante le ultime fasi della guerra; un oggetto volutamente più vecchio stampo nella cui soporifera gravitas è rimasto letalmente impantanato, come l equipaggio del carro armato che da il titolo al film, un regista generalmente dinamico come David Ayer, insieme a Pitt capitano del tank e Shia LeBeouf. Il destino di Fury (uscito in Usa a ottobre) lo ha probabilmente già deciso il botteghino abbastanza catastrofico: non lo si vedrà molto in questa stagione di Awards. Ma, a sentire alcuni commentatori di settore, lo scandalo del giorno è che Unbroken sia stato snobbato per ai Golden Globes, e dall associazione dei produttori. Non è uno scandalo, il film è veramente noioso. E ci auguriamo che Brangelina si lasci presto tentare da una fase meno edificante.

13 MERCOLEDÌ 7 GENNAIO 2015 il manifesto pagina 13 VISIONI KAZUO HIRAI Fa atto di ammenda (anche se non l ammette apertamente) la Sony che ha portato alla sospensione temporanea del film satira satirico-demenziale sul leader Kim Jong-un «The Interview». «L attacco» - dice il capo della Sony Kazuo HIrai, «è stato malvagio». E ha continuato dicendo di sentirsi: «orgoglioso di coloro che hanno reagito contro le tattiche «di estorsione» degli hacker». «Sia la Sony che gli ex impiegati e gli attuali sono state le vittime di uno degli attacchi più malvagi e pericolosi della storia recente», ha detto Hirai. Il capo della Sony ha poi aggiunto che sarebbe stato «negligente» da parte sua non commentare gli eventi accaduti in queste ultime settimane. Hirai non ha offerto nuove informazioni riguardo al cyber attacco, ma ha detto che la libertà di parola e di espressione sono «molto importanti» per la Sony. Ha infine ringraziato chi ha proiettato il film e «soprattutto le persone che sono andati a vedere il film nei cinema o online». INTERVISTA Le Voci di Corridoio pubblicano un omaggio al maestro triestino Armonizzare è così swing «Luttazzi è stato un innovatore capace di fondere la tradizione americana con quella italiana» Stefano Crippa I l monoscopio in bianco e nero, l eleganza delle riprese degli show di Antonello Falqui, lo swing eccelso di Kramer e Luttazzi e le voci del Quartetto Cetra. Bastano per trasformare i ricordi di infanzia in una passione e arrivare a un progetto artistico completo. Le Voci di Corridoio quartetto vocale a cui si aggiungono tre musicisti, nasce proprio con la volontà di misurarsi con quella classicità e lo fanno curiosamente nel giorno di San Valentino, il 14 febbraio 1990 in una stanzetta di un appartamento torinese, guarda caso a poche centinaia di metri dagli studi radiofonici della storica Rai dove furono registrate le canzoni del loro repertorio. Quello che si dice il destino... Paolo Mòsele che coordina il progetto ne racconta la genesi: «Le sorelle Bacciolo in realtà provenivano da gruppi funky. Io ho studi di classica alle spalle, ma ho sempre avuto questa passione per le voci, tanto che ho guidato per anni un coro polifonico». Poi l incontro con le altre...voci: «Siamo un po tutti cresciuti con i Cetra, Luttazzi contrattando qualche minuto di Carosello per poter vedere qualcosa in più del permesso...». Nel curriculum molta televisione, tanti incontri fondamentali (Virgilio Savona e Lucia Mannuzzi, gli ultimi...cetra) un album nel 2010 Edizione straordinaria con ospiti come Francesco Cafiso, Fabrizio Bosso e un inaspettato Caparezza... Sul finire del 2014 ecco arrivare l omaggio al maestro Luttazzi Speciale per Lelio (Zanetti Records/Self) anticipato nel 2011 da un cofanetto antologico Il cinema di Lelio Luttazzi, con le musiche scritte per il grande schermo dal musicista triestino, curato insieme alla vedova Rossana e a Sergio Cossu. «Prima o poi era inevitabile sottolinea Mòsele concentrare un intero lavoro su di lui. Un innovatore che è riuscito a portare la tradizione americana e fonderla con quella italiana. Senza dimenticare le sue doti di presentatore e valorizzatore di talenti. Pensiamo solo al lavoro fatto con Mina e ancor prima con Julia de Palma». Già, la signora del jazz italiano lontana dai microfoni da 40 anni e che da Toronto dove vive regala alle Voci due sue interpretazioni sulle note di Eccezionalmente sì, musicata da Luttazzi su un testo della stessa Jula per il suo ultimo concerto al Sistina e Mi piace, ballad firmata a quattro mani da Luttazzi e Leo Chiosso, cantata in una puntata a Studio Uno ma mai incisa su disco. «Con Jula ci sentiamo da anni e anzi lei, grazie a un curioso giro di amicizie, ci conosceva già. Quando si è trattato di lavorare sul progetto Luttazzi ho pensato di coinvolgerla, prima in maniera discreta e poi proponendole di rifare Mi piace, e lei ha accettato. Le ho spedito un microfono ma l incisione casalinga aveva ovviamente problemi tecnici così lei, in una giornata di ghiaccio, è andata in uno studio a Toronto per registrare la sua parte. La cosa divertente come ci ha raccontato Jula è che una volta partita la base, ha cantato tutto al primo take lasciando il tecnico di stucco, abituato ormai agli artisti che registrano più volte la stessa traccia. Altre professionalità e altri tempi. Lucia Mannuzzi dei Cetra mi diceva che all epoca non era possibile fare più di due versioni perché le canzoni venivano registrate su dischi di cera, costosissimi e non ci si potevano quindi permettere errori di sorta...». L armonizzazione è alla base di ogni gruppo vocale che si rispetti basta ascoltare maestri del genere come i Manhattan Transfer e in in Italia i poco noti e ora disciolti, Voci atroci: «Ma bisogna fare attenzione e questo l ho imparato parlando con Savona e la Mannucci durante uno dei nostri incontri. Perché armonizzare troppo dopo un po diventa ridondante. E allora bisogna usare degli escamotage, come dei contrappunti oppure inserire dei controcanti in modo da alleggerire l insieme. Io utilizzo sempre una tecnica che definisco...michelangiolesca. Ovvero armonizzo tutto e man mano vado a togliere, pulisco, asciugo. Ma soprattutto è fondamentale il lavoro di tutti, sia in sala di registrazione che in studio». DANIELE Doppio funerale, a Roma e a Napoli Oggi a mezzogiorno i funerali aperti al pubblico di Pino Daniele al Santuario del divino amore a Roma e poi - a sorpresa - alle 17 la salma verrà portata nella basilica di Santa Chiara a Napoli per un secondo funerale. Ma il giorno successivo alla scomparsa di Pino Daniele è stato caratterizzato da polemiche e chiarimenti. Chiusa e poi subito riaperta la camera ardente, decisione presa fanno sapere dallo staff del cantante: «per consentire a familiari e amici di prendersi il loro tempo per stringersi attorno a Daniele». Sempre la famiglia fa sapere dell esistenza di un testamento in cui l artista esprime la precisa volontà di essere cremato, e conferma che la città di Napoli ospiterà nei prossimi giorni le ceneri dell'artista al Maschio Angioino. E ancora viene confermato che Daniele stesso ha chiesto di essere portato a Roma, e smentito che l auto che lo trasportava abbia forato una gomma lungo il tragitto. Sulle tempistiche dell intervento del 118, dal tabulato acquisito dai carabinieri di Orbetello non emergerebbero anomalie nella ricostruzione degli orari di intervento dei soccorritori fatta dalla Asl. SKY ARTE Al via bonus track Ci sono cantanti e musicisti italiani che nutrono passioni per altre forme d'arte, senza renderle note al grande pubblico. Con «Bonus Track», la nuova serie prodotta da Sky Arte HD (120 e 400 di Sky) in onda stasera ogni mercoledì alle 21.10, intraprenderà un viaggio alla ricerca degli interessi più nascosti degli artisti. Ad ogni puntata, un personaggio racconterà la sua passione segreta, tra pittura, letteratura, cinema, fotografia, sport e recitazione. Sette appuntamenti, il primo con Roberto Vecchioni a seguire con Federico Zampaglionm Edoardo Bennato, Simone Cristicchi, Raiz, Carmen Consoli e Caparezza. DIVE Jula de Palma, jazz e sexy a Sanremo I olanda «Jula» de Palma (Milano, 1932) si afferma nei primi anni 50 grazie a una vocalità fuori dalla norma rispetto ai canoni espressi in quegli anni dalle colleghe italiane. L impostazione è infatti forgiata dall ascolto delle grandi interpreti jazz americane, un genere che ha sempre adorato. Capacità e tecnica che applica con intelligenza su brani più tradizionali che le consentiranno per almeno un decennio di diventare una star. Uno stile misurato e altamente sensuale, almeno per i canoni dell epoca e che le costerà non pochi grattacapi con la censura. Lo scandalo dietro l angolo lo «provoca» il suo pezzo più famoso, Tua (1959) portato a Sanremo in una delle sue cinque apparizioni al festival, e che le procurerà un forte ostracismo in Rai. Seguiranno altri pezzi dal notevole riscontro commerciale Nel giardino del mio cuore (1957), Noi (1960) A.A.A. Cinque festival, una manciata di successi e molte esibizioni dal vivo. Fino al ritiro definitivo dalle scene nel 1974 Alessandro Michelucci F inalmente. Da molti anni le librerie italiane pullulavano di guide sui 1000 dischi rock essenziali, imperdibili, da ascoltare prima di morire. Alcune compilate con passione e con cura, ma tutte segnate da un grave limite: un anglocentrismo soffocante. Sfogliandole si ha la sensazione Adorabile cercasi (1961, che le Voci di corridoio hanno riproposto nel loro primo album del 2011) e molte canzoni dal repertorio di Kramer e Luttazzi (Quando una ragazza a New Orleans, Souvenir d'italie, Mia vecchia Broadway, Simpatica, Non so dir ti voglio bene). Poi l arrivo degli urlatori, l affermazione dell uragano Mina anche su piccolo schermo, determinano un quasi fisiologico calo di popolarità. Jula continuerà a tenere regolari concerti, sarà la prima cantante italiana a fine anni 50 a esibirsi in diretta in televisione, con ripetuti recital a Londra e Parigi fino alla decisione, nel 1974, di ritirarsi definitivamente dalle scene. Un ultimo concerto a Catania e poi il trasferimento con il marito e la figlia a Toronto dove tutt ora vive. s.cr. LIBRI Una guida di Antonello Cresti Solchi sperimentali, musiche oltre cortina che in paesi come Francia, Polonia o Spagna non esistano musicisti. Il nuovo libro di Antonello Cresti, Solchi sperimentali. Una guida alle musiche altre (Crac Edizioni, 2014), colma finalmente questo vuoto. In ogni caso l'autore non può certo essere accusato di anglofobia, dato che i suoi quattro libri precedenti sono dedicati a fenomeni musicali e culturali britannici. I meno giovani potrebbero trovare nel libro uno spirito affine a quello che caratterizza Musica per non consumare, il testo di Bertoncelli e Bolelli edito nel 1979 dal Formichiere. Ma anche questo, per quanto lucido e prezioso, restava sostanzialmente concentrato sul mondo anglosassone. Il libro di Cresti è una raccolta di circa 300 dischi che coprono mezzo secolo di musica. La prima cosa che colpisce è l'incredibile varietà geografica dei lavori analizzati. Il volume non trascura neanche paesi generalmente dimenticati come Australia e Nuova Zelanda. Inoltre il libro dedica ampio spazio all'ignoto giacimento di tesori situato nei paesi dell'europa centrale e orientale. Si tratta di una scelta meritoria che ha un valore culturale ben preciso. Nella seconda metà del secolo scorso, in seguito alla logica manichea imposta dalla Guerra Fredda, una parte consistente della musica europea è stata sostanzialmente ignorata. Mentre eravamo costantemente informati dei fermenti musicali provenienti dalla Gran Bretagna e dagli Stati uniti, poco o nulla ci arrivava di quello che veniva creato in Ungheria, in Romania o in Polonia. In questo modo si è consumata una frattura profonda fra le due parti del continente. Solchi sperimentali fornisce quindi un contributo, solitario ma prezioso, affinché questa frattura venga ricomposta. Le scuole e le tendenze non sono mai rappresentate dai nomi più prevedibili. I nomi italiani degli anni Settanta non sono quelli dediti al prog magniloquente, ma gruppi più stimolanti come Aktuala, Opus Avantra e Pholas Dactylus. Naturalmente non mancano quelli legati all'esperienza di Rock in Opposition, da Julverne a Univers Zero. In effetti il musicologo fiorentino doveva scrivere un libro come questo. Il suo percorso culturale è iniziato nel 2003: non come scrittore, ma come parte del duo Nihil Project, che lo vedeva accanto al chitarrista bolognese Andrea Gianessi (detto Janex). In dischi come Paria (2003) e Samhain (2005) la loro musica ha recuperato certi umori degli anni Sessanta e Settanta, soprattutto psichedelici, ma con una certa originalità. Vale la pena di sottolineare che a questi lavori hanno collaborato in vario modo artisti come Franco Battiato, Juri Camisasca e Andrea Chimenti.

14 pagina 14 il manifesto MERCOLEDÌ 7 GENNAIO 2015 RI-MEDIAMO Un altro ritmo Vincenzo Vita L a politica italiana si è fatta sempre più cerimoniale (gli avvenimenti montati secondo logiche e ritmi da situazione «eccezionale»), per riprendere un tema caro ai sociologi Katz e Dayan. I quali sottolineano quanto tutto ciò sia una modalità di soddisfazione e pure - di controllo della società. Quest ultima tende a preferire non tutta, ovviamente - «una politica emotiva al dialogo e al dibattito» (1992): una politica, cioè, deviata e distorta dai grandi eventi mediatici. Dalla vicenda dell omicidio del giovane Loris, al naufragio del traghetto «Norman Atlantic», al tormentone sull assenteismo dei vigili di Roma, alla guerriglia psicologica anti-tsipras in vista delle elezioni in Grecia, il «main stream» dell informazione corre sui consolidati binari della logica sopra evocata. Cui non sfugge il rullo compressore mediatico di Palazzo Chigi. Al di là della prevalenza quantitativa, a costituire una rottura qualitativa è la trasformazione del flusso informativo in un mosaico narrativo, di cui la cronaca (meglio nera, naturalmente) e la politica personalistica e romanzata - sono le sequenze privilegiate, sorreggendosi a vicenda. A scapito delle «hard news», le notizie in senso stretto, quelle affrontate dal giornalismo «cane da guardia», il cui territorio è costretto nei recinti delle apposite rubriche (da Report in poi), salvo eccezioni. E su cui piovono censure e querele. Due modelli per due tipologie di fruizione: generalista e anziana l audience dei telegiornali, di maggiore scambio generazionale i luoghi dell approfondimento critico. Monomediatica l una, multipiattaforma l altra. La «mediamorfosi», ben descritta anni fa dallo studioso Roger Fidler (1997). Anche di questo dovrebbe occuparsi l annunciato piano di riordino dei telegiornali da parte della direzione generale della Rai, piuttosto che badare al mero accorpamento delle testate. Insomma, è in corso una «controrivoluzione» silenziosa e silenziata, parte integrante della tendenza a depotenziare le rappresentanze del corpo sociale, nonché a indebolire strutturalmente (e non solo episodicamente) l autonomia e l indipendenza dell ex Quarto Potere. Un sistema politico prepotente, ma impotente rispetto alla vera immanenza della stagione tecnologica l immensa circolazione deregolata dei dati e dei metadati - si appaga con il controllo della tradizionale cittadella mediale, lasciando il grosso ai vari Google, Yahoo, Amazon, e così via. O all immarcescibile Murdoch. «Tutto sbagliato, tutto da rifare», diceva Bartali. Appunto. Perché non togliere, allora, ogni dubbio sulla voracità del «patto del Nazareno» abrogando la legge Gasparri la sbiadita bandiera dell occupazione dell etere da parte dei cavalieri dell ex Cavaliere - e introducendo il tema del conflitto di interessi (due semplici articoli: sulle cause di ineleggibilità e sulle eventuali incompatibilità, Berlusconi e non solo) nella annunciata legge elettorale? Sarebbe il minimo indispensabile dopo la crisi di credibilità di un governo pesantemente segnato dall incidente del comma-vergogna inserito nel decreto fiscale, che fa pensare alla stangata raccontata da «Regalo di Natale» di Pupi Avati. E, sempre per stare nel cinema, il cosiddetto errore-sanatoria (pro Berlusconi e pro altri ricchi) evoca gli scenari inquietanti descritti da Joseph Losey negli anni sessanta in «Accident», dove si spiega che un incidente non è poi come sembra e i «buoni» non sono così buoni. L obbligo della verità vale sempre, a maggior ragione per chi maneggia il potere. EMILIA ROMAGNA Martedì 14 gennaio, ore 21 PODEMOS Presentazione del libro «Podemos», sarà presente Matteo Pucciarelli coatuore del libro. Un volume per capire nascita, crescita e sviluppo di un movimento capace di ridare speranza alla sinistra antiliberista spagnola. n Via Canaletto sud, 151, Modena LAZIO Sabato 10 gennaio, ore 10 TURISMO RURALE Incontro promosso dal consorzio Carbacc, si tiene il prossimo 10 gennaio: «Prospettive per il turismo rurale», un convegno che riunisce 10 Comuni del territorio. Si tratta del primo appuntamento predisposto dal Carbacc (Consorzio aree basse colline cimine), istituito all interno della Pit RL165 (Progettazione integrata territoriale) che coinvolge Vignanello (Comune capofila), Bassano in Teverina, Bomarzo, Canepina, Corchiano, Orte, Soriano nel Cimino, Vallerano, Vasanello e Vitorchiano. Nell incontro, finanziato dalla Regione Lazio nell ambito della programmazione europea, saranno coinvolte tutte le strutture agrituristiche presenti sul territorio e le associazioni di categoria direttamente o indirettamente coinvolte. Ad organizzare l incontro la cooperativa Interlinea. n Sala conferenze del Palazzo Vescovile, Orte (Vt) Lunedì 12 gennaio, ore LUIGI SPAVENTA Presentazione del libro «Contro gli opposti pessimismi di Luigi Spaventa». Ricordo a due anni dalla scomparsa. Introduce: Introduce Franco Gallo, Intervengono: Ferruccio de Bortoli, Tullio De Mauro, Luigi Guiso, Antonio Pedone, Eugenio Scalfari. n Istituto della Enciclopedia Italiana, Palazzo Mattei, Sala Igea, p.zza della Enciclopedia Italiana, 4, Roma PIEMONTE Venerdì 16 gennaio, ore 21 I DANNATI DELLA TERRA Presentazione del libro «Fra i dannati della terra. Storia della legione straniera» di Gianni Oliva (Mondadori). Intervengono: Giustino Bello, Sindaco di Cantalupa. n via Chiesa 73 (villa comunale), Cantalupa (To) TOSCANA Sabato 10 gennaio, ore GINEVRA DI MARCO Ginevra di Marco e Orchestra da Camera Stazioni Lunari presentano «Canti richiami d amore» (voce Ginevra Di Marco, pianoforte e magnellophoni, Francesco Magnelli, chitarra classica, tzouras e elettronica, Andrea Salvadori). Tra la canzone d autore e quella popolare, L appuntamento fa parte della nuova stagione teatrale «Leggieri d Inverno» (la tredicesima) in programma fino ad aprile a cura della compagnia Giardino Chiuso, Comune di San Gimignano, Regione Toscana. Direzione artistica di Tuccio Guicciardini, Patrizia de Bari e Clady Tancredi. In carnet, prosa, danza, musica, incontri letterari e teatro ragazzi. Slogan: «Tutti pronti per un grande viaggio in un piccolo teatro». «Canti richiami d amore» contiene brani tratti dal cantautorato italiano di qualità e dalla secolare produzione delle varie regioni d'italia, scelti per significato evocativo e morale. Canzoni legate all anima e alla sfera più intimista, spirituale, canzoni alla ricerca delle tematiche più importanti, la difesa dei più deboli, l amore, la felicità. Un concerto che vuole coinvolgere il pubblico in un onda emotiva continua. n Teatro dei Leggieri di San Gimignano (Siena) Tutti gli appuntamenti: eventiweb@ilmanifesto.i z COMMUNITY INVIATE I VOSTRI COMMENTI SU: lettere@ilmanifesto.it Riceviamo e pubblichiamo La Fondazione Hispano Latina di partecipazione avuta notizia della campagna di stampa ordita contro di lei precisa: La Fondazione Hispano Latina medesima nulla ha a che fare con i sedicenti quattro gatti di una «Avanguardia Ordinovista», con loro «ideologhi», con inquisiti per rigurgiti neofascisti né con i loro provocatori; il compianto Col. Celsio Ascenzi, amico di antica data di Rutilio Sermonti, scrittore 93enne, invalido, privo di reddito, e da anni su di una sedia a rotelle, gli ha cristianamente offerto un tetto: non ci pare pretesto per stracciarsi le democratiche vesti, né che alcun comitato od associazione abbia il diritto di sindacare la filantropia altrui, creando finanche cervellotici collegamenti tra la Fondazione Hispano Latina, cui il Sermonti è estraneo, e bizzarre vicende di recente cronaca giudiziaria. Il Col. Celsio Ascenzi in nessun momento ha appartenuto alla stravagante organizzazione «Avanguardia Ordinovista», né ha mai svolto attività men che encomiabili di carattere culturale e storico, sempre rispettoso del vivere civile e assolutamente avulso da ogni gratuita violenza. La Sua memoria sarà tutelata con le necessarie azioni giudiziarie. La Fondazione Hispano-Latina, per sua natura apartitica, intende offrire spazio ad ogni pensiero storico e culturale, nessuno escluso, non accettando viete e oscurantiste censure per sé e per i propri interlocutori, di levatura internazionale e di ogni religione e razza: unico limite, la compostezza degli atteggiamenti, il rispetto e la genuinità del Pensiero. La Costituzione Italiana, vivaddio, riconosce la piena libertà di pensiero e di espressione delle proprie idee agli artt. 21, 18 e 19; nessuno ha titolo per violare questo precetto fondamentale; di conseguenza la Fondazione si riserva di agire dinanzi alla Magistratura per il risarcimento dei danni materiali e morali causati da allucinati tentativi di coinvolgerla nelle recenti vicende di cronaca giudiziaria. Avv. Juan Carlos Gentile, Segretario della Fondazione Hispano Latina La replica del manifesto Nessuno su questo giornale ha mai sostenuto che la Fondazione Hispano Latina sia stata coinvolta nell inchiesta «Aquila Nera», annotiamo comunque la presa di distanza da Rutilio Sermonti, che invece nell inchiesta risulta indagato. Prendiamo poi atto della conferma dei legami personali tra Celsio Ascenzi e lo stesso Sermonti, convinti del fatto che la cosa non rappresenti un reato né possa essere considerata motivo di vergogna, pretesto per «stracciarsi le democratiche vesti» o offesa alla memoria di Ascenzi, che, ma non avevamo dubbi in merito, era uomo «sempre rispettoso del vivere civile e assolutamente avulso da ogni gratuita violenza», al contrario magari di alcuni dei suoi fan. m.d.v. Sul petrolio Caspita, vedo e leggo sui media che il barile di petrolio è sceso sotto i 50 dollari. Eppure aveva raggiunto pochi mesi or sono ben oltre i 100 dollari. Dovrebbe essere una notizia bomba, che dovrebbe rilanciare i consumi e riverberarsi su tutta l economia. In un Paese normale, ma il nostro non lo è da tempo immemore, il prezzo della benzina alla pompa avrebbe dovuto diminuire pesantemente, tutti ne avremmo avuto una diretta convenienza, e invece a parte qualche riduzione di facciata sostanzialmente i prezzi sono bloccati. A questo punto viene istintivo domandarsi: quanto guadagnavano allora le ingorde società petrolifere? Quanto sta incamerando lo Stato silenziosamente in accise e maggiori proventi? Mi appare losco lo strano silenzio che ammanta questo fatto, un calo del prezzo tanto sostenuto della principale sorgente di energia, da parte dei mezzi di informazione. Sarò un folle dietrologo, un mentecatto disinformato senza pudore ma leggo dietro questi misteri la forza del regime che racconta tutto e il contrario di tutto a suo piacimento infischiandosi di noi non più cittadini ma semplici consumatori. Marco Bernardi Addio edicole in Lucania Addio edicole comunità lucane sempre più povere di sapere.e non si fa niente. Che tristezza! E triste che in alcuni paesi lucani (e anche altri piccoli centri della Penisola) non ci sia più un edicola o una rivendita di giornali. Ma è ancora più triste (di una tristezza che sa tanto di inciviltà) che nessuno, tra politici, amministratori, proprietari di testate regionali, direttori, cronisti, si sia posto seriamente fino ad oggi il problema. Che diventa ancora più increscioso (e sintomo di una comunità che va spegnendosi) se poi vengono a mancare quei presidi della lettura che sono le emeroteche delle biblioteche comunali. Si dirà: chi ha necessità di informarsi può sempre riversarsi sulla rete e ritrovare l informazione che desidera, ma non tutti hanno una frequentazione con internet e poi la fruizione dell informazione-on line non sarebbe la massima delle soluzioni. I giornali (l informazione cartacea) sono i libri di tutti i giorni, e quando sono fatti bene, rimangono la miglior fonte per conoscere e ponderare una visione critica sul presente E inoltre: si vuol mettere la freddezza di leggere delle notizie o un editoriale sullo schermo di un computer con il piacere di sfogliare un giornale, leggere una bella recensione, assorbirne i suoi contenuti, le sue idee e, nel frattempo, lasciarsi inebriare dall intrigante odore di stampa e rotativa? Mimmo Mastrangelo FUORILUOGO A fine anno ci ha lasciato - stroncato da un male alla fine incurabile - il compagno Giorgio Scaffidi, fin da subito del «manifesto». Veniva come tanti dal collettivo universitario di medicina, una vera fucina d iniziativa politica e culturale in rapporto con i soggetti che nei luoghi di lavoro rifiutavano la nocività del lavoro e la distruzione dell ambiente. Giorgio era di una tempra particolare. Se tanti erano gli irregolari e scapestrati, rivoluzionari nella forma e nei modi, Giorgio faceva dell adesione alla norma e della consapevolezza del sapere necessario per cambiare il mondo, una sua pratica quotidiana. Bisognava saperne di più dell avversario in un campo, come quello della sanità, dove i nemici e i privilegi sono più che numerosi e la malasanità è quasi istituzionale. E stato un altro rosso ed esperto. Fece parte della stagione collettiva del Pdup per il comunismo, poi tornò nel Pci e alla fine restò anche nel Pd. Nel frattempo era diventato un bravo medico, fino a ricoprire ruoli importanti negli Ospedali romani. Sempre disponibile con tutti. Questa è stata sicuramente una sua caratteristica indimenticabile, ogni volta Carceri: Napolitano nomini il Garante Stefano Anastasia È passato più di un anno da quando il governo Letta, il 23 dicembre 2013, ha istituito il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà. Sembrò quello il modo più limpido per rispondere alle polemiche suscitate dall interessamento della ministra Cancellieri alle sorti penitenziarie di una detenuta d eccezione, figlia di amici di famiglia. Attraverso l istituzione del Garante nazionale delle persone private della libertà sarebbe stata assicurata a qualunque detenuto, quale che fosse il suo status sociale e giudiziario, la possibilità di accedere a un autorità indipendente capace di verificare e sollecitare la garanzia dei diritti previsti dall ordinamento prima di avviare un formale ricorso giurisdizionale. E una vecchia campagna di Antigone, del «manifesto» e delle altre associazioni impegnate nella tutela e nella promozione dei diritti dei detenuti, questa dell istituzione di un autorità indipendente non giurisdizionale. Ne cominciammo a discutere quasi vent anni fa, a Padova, confrontandoci con magistrati di sorveglianza della levatura di Alessandro Margara e Giancarlo Zappa. È del gennaio 1999 la prima proposta di legge, sottoscritta da senatori di quasi tutti i gruppi parlamentari dell epoca; ma non se ne fece nulla, in quella come nelle successive legislature. Fino allo scorso anno e a le lettere Lutto È morto Giorgio Scaffidi quel decreto governativo. Nel frattempo, molte regioni e amministrazioni locali sedi di istituzioni penitenziarie e di centri di detenzione per stranieri hanno istituito garanti regionali e locali, cui non senza fatica è stato riconosciuto un potere di visita alle istituzioni penitenziarie e che, nei limiti del possibile e secondo la capacità di ciascuno, in questi anni hanno contribuito a denunciare le condizioni più intollerabili di trattamento dei detenuti. I garanti istituiti da enti territoriali hanno potere esclusivamente nei loro confronti, richiamandoli alle loro responsabilità nella tutela della salute e nella predisposizione di politiche sociali e del lavoro finalizzate al reinserimento dei detenuti, ma nulla possono di fronte all azione e alle responsabilità delle amministrazioni dello stato. Per questo è necessario un Garante nazionale dei detenuti cui rispondano il ministero della giustizia e quello dell interno in primis. E serve tanto più oggi che il procedimento giurisdizionale di tutela dei diritti dei detenuti è stato tanto formalizzato quanto, inevitabilmente, burocratizzato. E serve tanto più oggi che l Italia, sotto osservazione internazionale, ha ratificato l adesione al protocollo opzionale delle Nazioni unite contro la tortura che prevede in ciascuno Stato membro l istituzione di un autorità nazionale indipendente di monitoraggio delle condizioni di detenzione. Serve, ma non c è. È passato più di un anno dall istituzione del Garante ma la sua nomina ancora non c è stata. Avrebbe dovuto essere nominato, «previa delibera del Consiglio dei ministri, con decreto del Presidente della Repubblica, pronto a cancellare il proprio ruolo per partecipare e per precipitarsi su tanti casi di malati dimenticati. Così come da non dimenticare è stato il suo ruolo di costruzione della sanità pubblica non solo in Italia. Visto l impegno ad aprire centri specialistici in Africa collegati all attività sanitaria italiana. Lo ricordano compagni e amici domani 8 gennaio alle ore 15 presso la Sala Falchi dell Ospedale San Giovanni (Roma). Ai suoi cari e a tutti quelli che lo hanno amato e gli sono stati vicino, un abbraccio dal collettivo del manifesto t.d.f. z sentite le competenti commissioni parlamentari». E questa è la ragione della petizione indirizzata da Antigone al Presidente della Repubblica affinché nomini il Garante prima di lasciare il Quirinale. Giorgio Napolitano è stato sensibile quanto altri mai, in quel ruolo, alle condizioni di vita dei detenuti. Ricordiamo la sua denuncia dell «estremo orrore» degli ospedali psichiatrici giudiziari e la costante sollecitazione alla riduzione della popolazione detenuta, fino all unico formale messaggio inviato alle Camere nell ottobre del Perché non consentirgli di apporre la sua firma in calce al decreto di nomina del primo Garante nazionale delle persone private della libertà? (firma la petizione su

15 MERCOLEDÌ 7 GENNAIO 2015 il manifesto pagina 15 COMMUNITY Infermiere e pizzaiolo: il lavoro c è, nessuno lo vuole O no? E siste un filone giornalistico ben consolidato, quasi un genere letterario, che denuncia la pretestuosità delle lamentele dei giovani sul lavoro che non c è. Secondo questi articoli, il lavoro c è, ma nessuno lo vuole perché i disoccupati, soprattutto i giovani, sono un po choosy e non si adattano a svolgere lavori manuali di cui esisterebbe una domanda insoddisfatta. Malauguratamente, i giovani si accaniscono a inseguire titoli di studio che sono l anticamera della disoccupazione. La morale è semplice: meglio ridurre la popolazione degli gli studenti universitari e reindirizzarli dove non solo c è lavoro, ma anche migliori prospettive economiche. Questo genere letterario, di solito, punta sulla narrazione di casi esemplari, mentre si tiene a debita distanza dalle statistiche nazionali e internazionali. Istat, Ocse e Consorzio Alma Laurea mostrano i laureati hanno minori probabilità di rimanere disoccupati e migliori aspettative di reddito rispetto ai diplomati. Come certificato da Eurostat, l Italia è ultima paese nell UE per percentuale di laureati nella fascia anni, sul punto di essere sorpassata dalla Turchia. La carenza di domanda di professioni altamente qualificate, specchio di un sistema produttivo arretrato, spiega le difficoltà che i laureati, pur così pochi, incontrano nella ricerca di lavoro e di retribuzioni adeguate alla loro formazione. Ma le difficoltà dei non laureati sono persino peggiori come puntualmente documentato dai Almalaurea. Un genere letterario a cui non si sottrae nemmeno Flavio Briatore che, invitato a parlare agli studenti della Bocconi, consiglia loro di aprire una pizzeria, «così se fallisce almeno vi mangiate una pizza». Quella della pizza deve essere un emergenza nazionale, se un po più di un anno fa il Corriere Economia segnalava la mancanza di seimila pizzaioli. «Giovani, pensateci» era stata la raccomandazione paterna. Lo scorso agosto, i pizzaioli fanno capolino anche su Repubblica.it, in un articolo intitolato: «Infermiere e pizzaiolo: il lavoro c è, nessuno lo vuole». Secondo l articolo, ci sono almeno 35mila posti in offerta che i giovani non vogliono accettare. Nel primo trimestre del 2014, si sarebbero contati ben posti vacanti da infermieri, seguiti da pizzaioli (6.000), commessi (5.000), camerieri (2.400) e così via. Se poi consideriamo i lavori più specializzati, la domanda insoddisfatta va verso il mezzo milione a cui bisogna aggiungere Giuseppe De Nicolao C è un genere di giornalismo, ormai consolidato, secondo cui ci sono dei lavori manuali che nessuno vuole fare. La morale è semplice: disincentivare i giovani all università perché gli studi non danno occupazione. Peccato che la realtà racconti un altra storia la carenza strutturale di infermieri: entro il 2020 ne occorreranno ben 250mila! La fonte è uno studio dell Ordine dei consulenti del lavoro, che ai primi di agosto era stato rilanciato dall Ansa, ottenendo vastissima risonanza sui maggiori quotidiani nazionali, ma anche su radio e tv, Radio Vaticana inclusa. Sembrava un copione ultracollaudato: i giovani bamboccioni e choosy che si lamentano del lavoro che manca invece di rimboccarsi le maniche. Ma ecco che su Repubblica.it succede qualcosa di inaspettato. I lettori, per lo più infermieri, cominciano a postare una raffica di commenti inferociti che contestano, dati alla mano, il contenuto dell articolo. L autore accusa il colpo al punto di cambiare il titolo, mettendo «informatici» al posto di «infermieri» e aggiungendo una premessa in cui sembra voler prendere le distanze dalle cifre dell Ordine dei consulenti del lavoro. Non che il nuovo titolo sia molto più felice. Infatti, Almalaurea aveva già escluso un eccesso di domanda di laureati in ingegneria informatica sulla base di una constatazione elementare: se veramente mancano così tanti informatici, come è possibile che tra il 2008 ed il 2013 le retribuzioni ad un anno dalla laurea siano calate del 7%? Comunque sia, i lettori non si placano e insistono a sollevare dubbi sull attendibilità dei dati. In effetti, per farsi venire qualche dubbio sarebbe bastato scaricare lo studio dal sito dall Ordine dei consulenti del lavoro. L indagine, se così la si può definire, consta di sole tre pagine, senza una data e senza un autore. Le stime dei posti vacanti nel primo trimestre del 2014 sommano a , ma vengono arrotondati a posti «che nessuno cerca e che nessuno vuole» ed è questo il numero rimbalzato su tutti i media. Ma da dove vengono questi numeri? Nelle ultime tre righe è spiegato che sono gli esiti di un sondaggio svolto presso gli iscritti all Ordine dei Consulenti del Lavoro, nel primo trimestre del Non viene data alcuna informazione sul numero di questionari inviati, sul loro contenuto, sulla percentuale di risposte, sulla loro distribuzione geografica. Un altro elemento anomalo è che i numeri sono tutti cifre tonde, invariabilmente multiple di 10 e, nella maggior parte dei casi, multiple di 100. Del tutto improbabile che un sondaggio fornisca risultati di questo tipo. Nella migliore delle ipotesi, saremmo di fronte ad un sondaggio «fatto in casa», privo dei requisiti richiesti ad un sondaggio professionale. Non sono offerte di lavoro con il nome e l indirizzo dell azienda che possano essere verificate una ad una, ma stime di consulenti e, per di più, sottoposte ad arrotondamenti spregiudicati. Prima che lo facesse il blog Roars, nessuno aveva notato questi dettagli, tutt altro che insignificanti. Anzi, più di un organo di informazione, a partire dalla stessa Ansa, non aveva nemmeno specificato che i dati erano frutto di un sondaggio, professionale o meno che fosse. Qualche anno fa un analogo infortunio era occorso anche a Massimo Gramellini, che nel 2011 scriveva di 300 posti da panettiere a Euro al mese che nessuno voleva. Come raccontato da Valigia Blu, un precario aveva preso alla lettera l articolo di Gramellini ed era andato a cercare questi posti. Non li aveva trovati e lo aveva anche scritto a Gramellini, che gli aveva gentilmente replicato, ma senza saper indicare dove stessero questi benedetti posti a duemila euro al mese. Ma non è finita. Negli stessi mesi, il Corriere.it aveva lanciato un altro disperato allarme: in Abruzzo, cercavano quattromila aspiranti fornai, con la prospettiva di guadagnare «anche tremila euro al mese». L articolo era illustrato dalla foto di un sorridente e canuto fornaio, che avrebbe potuto ben illustrare uno di quei sussidiari di una volta che decantavano gioie e virtù del lavoro manuale. Virtù o non virtù, lo stesso precario di prima aveva mandato il Curriculum alla Confesercenti Abruzzo, la quale aveva risposto spiegando che più di una caterva di posti da panettieri a duemila Euro al mese, erano disponibili una caterva di corsi per pizzaioli/pasticceri/barman. A pagamento, però. Per fortuna, a dimostrazione della bontà della Confesercenti Abruzzo, il pagamento era rateizzabile. Quale potrebbe essere la morale della favola? Non è un modo di dire, perché - come il lettore avrà ormai capito - di vere e proprie favole si tratta. La morale è che quando leggete di decine di migliaia di posti di lavoro ben retribuiti che nessuno vuole, fareste bene a ricordare che gran parte del discorso pubblico sulla disoccupazione e la formazione giovanile si nutre di storie meno solide della nebbia, seppur altrettanto efficaci nel mascherare la realtà delle cose. QUIRINALE Abbiamo bisogno di una coraggiosa discontinuità Giancarlo Gaeta T ra qualche settimana il conclave dei rappresentanti del popolo italiano tornerà a riunirsi per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Sui giornali se ne scrive ogni giorno ma difficilmente capita d imbattersi in considerazioni che esulino dal puro riferimento all intreccio delle partite politiche in corso, quasi non vi fosse altro interesse che quello di valutare al meglio le forze in campo per prevedere l esito dell elezione e, se possibile, influenzarlo. Un gioco di specchi in cui il riferimento alla realtà culturale, sociale e morale del Paese non ha pressoché alcun ruolo. Non è comunque questo a preoccupare i «grandi elettori», gli stessi che due anni fa non si sono fatti scrupolo di annullare la partita pur di non veder compromessi interessi e calcoli del tutto estranei all esercizio del bene pubblico. Eppure mai come ora avremmo bisogno che al vertice della cosa pubblica ci fosse una persona consapevole dell urgenza e della rischiosità della situazione e insieme capace di renderne persuaso il Paese. Non saprei prevedere cosa succederebbe se l elezione fosse a suffragio universale, ma in tal caso spererei che una maggioranza di cittadini riesca a sottrarsi alla ripetizione dell identico scegliendo chi potrebbe rappresentare un nuovo inizio. Perché di questo abbiamo urgente bisogno. Non di un cosiddetto tecnico super partes o di un politico accomodante verso questa o quella parte; né basterebbe una personalità di alto profilo istituzionale; ci occorre qualcuno in grado, per propria virtù, d ispirare le forze migliori e d infondere nella sfera pubblica un respiro ampio invece della sensazione di soffocamento che sempre più impedisce la libertà di movimento e perciò la possibilità stessa dell azione. Ma non è questo che vuole l attuale classe politica nella sua grande maggioranza; ha bisogno di un paese il più possibile fermo, ripiegato su se stesso, timoroso del futuro, indotto perciò a confidare nel movimento frenetico quanto apparente del governo. Non dunque un azione di stimolo a prendere coscienza della situazione, a cercare soluzioni in proprio, a confrontarsi a tutti i livelli, a trovare punti di equilibrio tra interessi contrastanti. E questo non perché guidata da intenti politici perversi, almeno non per lo più, ma essenzialmente per incapacità oramai congenita a pensare alla politica come a un agire in comune, senza di che è impossibile capire come stanno effettivamente le cose e avvertire l urgenza di un atto coraggioso di discontinuità. Se è vero, come pensava Lessing, che è compito degli uomini saggi «scuotere i pilastri delle verità più accettate», all uomo politico, ci ricorda Jaspers, compete «dire semplicemente quel che va detto» e insieme «infondere negli altri coraggio perché le sue parole, i suoi gesti e le sue azioni sono così convincenti che ciascuno compie uno sforzo maggiore ed è più disponibile ad accogliere l asprezza della verità» e a farvi fronte. È del tutto improbabile che ci capiti una tale fortuna, ma già sentirne il bisogno è un piccolo prezioso inizio. * Docente di storia del cristianesimo antico presso l'università di Firenze il manifesto DIR. RESPONSABILE Norma Rangeri CONDIRETTORE Tommaso Di Francesco DESK Matteo Bartocci, Marco Boccitto, Micaela Bongi, Massimo Giannetti, Giulia Sbarigia CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Benedetto Vecchi (presidente), Matteo Bartocci, Norma Rangeri, Silvana Silvestri il nuovo manifesto società coop editrice REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE, Roma via A. Bargoni 8 FAX , TEL REDAZIONE redazione@ilmanifesto.it AMMINISTRAZIONE amministrazione@ilmanifesto.it SITO WEB: iscritto al n del registro stampa del tribunale di Roma autorizzazione a giornale murale registro tribunale di Roma n ilmanifesto fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge n.250 IBAN: IT 30 P COPIE ARRETRATE 06/ arretrati@redscoop.it STAMPA litosud Srl via Carlo Pesenti 130, Roma - litosud Srl via Aldo Moro 4, Pessano con Bornago (MI) CONCESSIONARIA ESCLUSIVA PUBBLICITÀ poster pubblicità srl poster@poster-pr.it SEDE LEGALE, DIR. GEN. via A. 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16 pagina 16 il manifesto MERCOLEDÌ 7 GENNAIO 2015 L ULTIMA Il leader cinese ordina al Partito di portare artisti, sceneggiatori, registi, attori, produttori di cinema e di televisione in campagna e nelle zone di confine «per imparare la vita vera». È la nuova (vecchia) rivoluzione culturale storie Simone Pieranni I l presidente cinese Xi Jinping ha recentemente invitato gli artisti cinesi a sviluppare concetti vicini al socialismo e ai valori tradizionali, chiedendo loro di regalare alla storia cinese forme artistiche capaci di essere recepite dal popolo. Un'arte «del popolo, per il popolo». Affinché questo avvenga nel migliore dei modi, Xi Jinping ha messo in moto una macchina organizzativa del Partito che porterà artisti, sceneggiatori, registi, attori, produttori di cinema e televisione in campagna «per imparare la vita vera». Una sorta di nuova edizione della Rivoluzione culturale, quando gli intellettuali, con metodi piuttosto sbrigativi, vennero obbligati a vivere in campagna per imparare dai contadini (tra gli anni 60 e 70). Un evento storico ancora oggi non abbastanza discusso in Cina, su cui manca una vera forma di rielaborazione e analisi collettiva e su cui per altro si dividono anche gli intellettuali. La mossa del presidente, ha scritto l'agenzia ufficiale Xinhua, «sarà una spinta per aiutare gli artisti a formarsi una corretta visione dell arte e creare nuovi capolavori». Joseph Cheng, professore di scienze politiche presso la City University di Hong Kong, ha dichiarato al Guardian che si tratterebbe di una «campagna di rettifica» nello stile di Mao, volta a mettere a tacere i potenziali critici, mentre Xi conduce una campagna di vasta portata contro la corruzione. «Xi Jinping ha detto - è sotto forte pressione, perché la sua campagna anti-corruzione ha certamente danneggiato molti interessi costituiti, questo è dunque di nuovo un momento per esercitare pressione sugli intellettuali e sui critici». Lo scorso ottobre Xi Jinping, in un discorso di fronte ad artisti ha invitato loro a non diventare «schiavi del mercato». Il China Daily ha esultato: «L'arte e la cultura non possono svilupparsi senza una guida politica, bene ha fatto Xi ad aver sottolineato l'integrazione dell ideologia e dei valori artistici». E proprio la stampa nazionale, sottolineando la determinazione e l'autoritarismo di Xi Jinping, ha ricordato comportamenti analoghi di illustri predecessori. XI JINPING CONTADINI NELLA PROVINCIA DI WANGHU, CINA CENTRALE FOTO REUTERS il maoista Come Mao, Deng e Stalin I media, su cui è aumentato notevolmente il controllo del Partito sotto il regno di Xi, hanno sottolineato la vicinanza del nuovo leader a chi l'ha preceduto, a cominciare da Mao Zedong. Nel 1942, infatti, il Grande Timoniere aveva specificato a Yan'an che le ambizioni creative degli artisti dovrebbero rispondere all'obiettivo di costruire uno Stato socialista e che «la letteratura e l'arte dovrebbero essere subordinate alla politica». Come Mao, Xi Jinping ha specificato che gli artisti «dovrebbero produrre opere incentrate sulle masse, in grado di riflettere una comprensione corretta della storia e della cultura». Concetti sviluppati anche in due report ufficiali del Partito, il Documento numero 9 e quello numero 30, i cui contenuti sono parzialmente comparsi sui media cinesi, frutti di ECONOMIA Nel 2015, meno crescita più qualità a giovamento dell ambiente I media cinesi si occupano in questi giorni delle previsioni della propria economia, per l anno che verrà. Secondo il recente rapporto di Standard Chartered pubblicato ieri dal Global Times - si prevede che il Pil della Cina rallenterà ulteriormente al 7,1 % nel 2015, rispetto ad un atteso 7,3 % nel Si tratta di un tasso di crescita più moderato, accolto con un neologismo: «La nuova normalità cinese», espressione utilizzata in diversi discorsi anche dallo stesso numero uno Xi Jinping. Nel terzo trimestre del 2014, la crescita sarebbe scivolata ad un minimo di 7,3 %, un tasso che non si vedeva dalla crisi finanziaria globale del 2008 e che sarebbe scaturita da un rallentamento del settore immobiliare, dall indebolimento della domanda interna e dalle esportazioni instabili. Il vero terrore per banche e Partito è stato il rischio di una bolla immobiliare che per ora sembra contenuta, ma che costituisce un potenziale motivo di grande disturbo per la situazione generale dell economia nazionale. Una minore crescita, secondo la leadership, salvo problematiche improvvise, dovrebbe consentire al paese una migliore qualità nell ambiente produttivo ed economico, consentendo di concentrarsi sullo sviluppo del mercato interno. un'elaborazione personale del presidente, nei quali viene messa sotto accusa la cultura occidentale, specie nella sua diffusione tra i centri culturali cinesi (media, università su tutti). Sulla scia dei predecessori di Xi Jinping, anche Deng Xiaoping si era espresso sulla politicità dell'arte. Deng aveva citato addirittura Stalin, quando aveva definito gli scrittori e gli artisti come «gli ingegneri dell'animo umano», specificando l'importanza dello studio di Marx, Lenin e Mao. Come riportato dal New York Times, «dopo le riforme economiche iniziate in Cina alla fine del 1970, gli artisti sono stati più liberi e meno obbligati a far corrispondere la loro produzione con le esigenze ideologiche dello Stato. Tuttavia, avere una carriera pubblica di successo in Cina ha sempre richiesto gesti a sostegno delle linee guida ufficiali». Recentemente infatti anche molte stelle del cinema hanno dovuto accettare di buon grado un ruolo, anche minimo, in alcune produzioni celebrative, riguardo gli anniversari della Repubblica popolare e del Partito comunista. E cento artisti cinesi solo alcuni mesi fa - hanno copiato il testo a mano di Mao del suo discorso a Yan'an per un'edizione commemorativa. A questa iniziativa ha partecipato anche il premio Nobel, Mo Yan. Perfino Hu Jintao aveva abbozzato una sorta di «riforma culturale», poco prima di lasciare spazio al suo successore. Hu, nel 2012, aveva sottolineato l'importanza dei valori tradizionali cinesi, accusando i valori occidentali di essere responsabili dell'inquinamento spirituale dei giovani cinesi. Hu Jintao definì le arti come veicolo per aumentare il prestigio nazionale e il soft power, spingendo sulla produzione cinematografica, in particolare: «La cultura internazionale dell'occidente è forte mentre noi siamo deboli», scrisse Hu in un saggio del Il «rinascimento cinese» La mossa di Xi Jinping di mandare gli artisti «a imparare dalla vita vera dei contadini», non può non ricordare quanto stava accadendo a Chongqing, proprio poco prima dell'ascesa dell'attuale leader cinese. Bo Xilai, segretario del Partito della megalopoli, aveva cominciato a mandare i giovani studenti in campagna, recuperando proprio gli slogan della Rivoluzione culturale. Fu addirittura l'allora premier Wen Jiabao a sottolineare il rischio di tornare su sentieri sbagliati, segnando in pratica la fine della carriera politica di Bo Xilai, da lì a poco espulso, umiliato e condannato (decisione approvate anche da Xi). L'attuale segretario del Pcc sembra riprendere dunque quelle caratteristiche del potere maoista, di cui per lungo tempo si era impossessato proprio Bo Xilai. Xi Jinping è infatti tornato a parlare di «linea di massa», di unità ideologica del Partito e c'è chi ritiene che tutta la sua campagna anticorruzione, altro non sia che una manovra per fare piazza pulita delle gang presenti nel Partito (oltre alla sua definita clan del segretario - ci sarebbe il clan del petrolio e il clan dello Shanxi: entrambe fazioni pesantemente colpite dagli organi disciplinari del Pcc). Insieme a questi concetti maoisti, Xi Jinping ha lanciato il Sogno cinese, caratterizzato dalla «Rinascita della società cinese», da attuarsi con ogni mezzo: attraverso una politica estera più decisa e forte, così come attraverso una produzione culturale che esalti quella che secondo Xi Jinping deve essere una identità cinese comune, in grado di rafforzare lo spirito patriottico del Paese e tenere ferme le pulsioni sociali di un continente in preda a cambiamenti che stanno creando un sempre più ampio divario sociale. Per la sinistra del Partito è dunque un periodo di grande espansione tra funzionari e quadri, perché la svolta di Xi, anche quella relativa agli artisti, riporta al centro del Partito una concezione maoista di tutta la società, al servizio della nazione cinese. Non a caso, Xi Jinping ha effettuato il suo discorso sull'arte pochi giorni dopo la pubblicazione di un suo articolo su una rivista del Partito, nel quale dissertava circa la «dittatura democratica del popolo», espressione usata da Mao proprio come giustificazione contro gli attacchi di chi rifiutava di aderire alla linea della leadership.

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