L EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI FAMIGLIA

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1 LE UNIONI DI FATTO: NORMATIVE A CONFRONTO PROF. VALERIO IORIO

2 Indice 1 L EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI FAMIGLIA LA FAMIGLIA NELLA COSTITUZIONE FAMIGLIA LEGITTIMA E FAMIGLIA DI FATTO I RAPPORTI TRA I CONVIVENTI LA FAMIGLIA DI FATTO E LA SUA CESSAZIONE I REGISTRI DELLE UNIONI CIVILI IN ITALIA E LA PROPOSTA LEGISLATIVA DEI DICO LE UNIONI CIVILI IN EUROPA PROFILI DI DIRITTO COMPARATO LE UNIONI CIVILI IN AMERICA BIBLIOGRAFIA GIURISPRUDENZA di 50

3 1 L evoluzione del concetto di famiglia 1.1 La famiglia nella Costituzione La nostra Costituzione, quando definisce la famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio» (art. 29 Cost.), si riferisce a quanto di più naturale esista nell animo umano: l unione tra uomo e donna al fine di condividere una vita di gioie e di lotta per il quotidiano, di successi e di fallimenti, di amorevole condivisione, diretta, anche se non esclusivamente come un tempo, a proiettare se stessi in quanto coppia, e non solo come singoli individui, nel futuro, perpetuandosi e vivendo nei figli. L art. 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell uomo afferma: Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all atto del suo scioglimento. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato Dunque, costituire ed avere una famiglia e sposarsi è diritto del singolo, consolidato e riconosciuto a livello universale. Anche gli scopi della famiglia possono ormai darsi per riconosciuti nella solidarietà, nella comunione di affetti e di intenti e nella possibilità di crescere emotivamente e culturalmente. Tale diritto è considerato fondamentale per la coppia ma ancor più per i figli nati dall unione. Si legga al proposito la Convenzione sui diritti del fanciullo New York nel suo preambolo. La famiglia costituzionalmente protetta è la famiglia costituita, con il vincolo del matrimonio, dai coniugi legati da legami di unità e collaborazione che non possono essere imposti a soggetti estranei alla scelta operata dai coniugi stessi. Ciò a dimostrare che la famiglia nucleare corrisponde al gruppo formato da marito, moglie e figli da loro nati, con esclusione di tutti i parenti ed affini anche prossimi. 3 di 50

4 1.2 Famiglia legittima e famiglia di fatto. La medesima Consulta ha tracciato le differenze tra famiglia e convivenze more uxorio affermando che la differenza sostanziale tra le due formazioni è individuabile nella stabilità e certezza assente nella seconda, viceversa, fondata sull affettività senza alcun vincolo o impegno. Diversamente dal rapporto coniugale, la convivenza more uxorio è fondata esclusivamente sulla affectio quotidiana liberamente e in ogni istante revocabile di ciascuna delle parti e si caratterizza per l inesistenza di quei diritti e doveri reciproci, sia personali che patrimoniali, che nascono dal matrimonio. La famiglia di fatto è una famiglia, cioè una formazione sociale retta sull affectio familiare e che nasce da una volontà comune delle parti, volta all educazione dei figli (ove vi siano, che vengono ritenuti parte della famiglia e non semplicemente figli del padre e della madre casualmente conviventi), alla convivenza con rapporti sessuali, affectio coniugalis tra i coniugi e filiale tra coniugi e figli, ove vi siano (Riccio, 2007, p.24). A livello comunale a Milano nell agosto del 2012 è stato istituito il Registro delle Unioni Civili, che a tutt oggi conta oltre 650 coppie ed è una sorta di dichiarazione di status. Recentemente, inoltre, l Istituto per le statistiche ha pubblicato i risultati «dell indagine conoscitiva sulle condizioni sociali delle famiglie in Italia». L indagine ha confermato il ruolo sociale della famiglia che entra nel processo di assistenza e cura delle persone deboli, come soggetto determinante della rete sociale di solidarietà. Così come ha evidenziato che un numero sempre più elevato di italiani è solo, soprattutto le persone anziane. Il numero delle persone che non ha una famiglia legittima aumenta progressivamente. La famiglia che si forma spontaneamente senza vincolo matrimoniale, secondo l indagine è estremamente eterogenea, comprendendo situazioni soggettive del tutto differenti. Estremamente rilevante è il numero di persone che vive solo sia in età matura per una vedovanza o per la disgregazione di una precedente unione affettiva, matrimonio o unione di fatto, sia, di single giovani in cerca di un partner. Il modello tradizionale di coppia coniugata con figli è sempre nettamente prevalente, ma perde terreno, e non raccoglie più la maggioranza delle famiglie (40,3 per cento) mentre crescono di importanza nuove forme familiari: single e genitori soli non vedovi, coppie di fatto di celibi e nubili, coppie in cui almeno uno dei partner proviene da una precedente esperienza coniugale. 4 di 50

5 1.3 I rapporti tra i conviventi Il libro I, capo IV del codice civile regola i diritti ed i doveri che nascono dal matrimonio. Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l obbligo reciproco alla fedeltà, all assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze, e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia (art. 143 c.c.). La Giurisprudenza ha escluso l applicabilità delle norme suddette alla famiglia di fatto; non si può, tuttavia non considerare le varie aperture giurisprudenziali di volta in volta operate ed in qualche modo dirette ad estendere la sfera di applicazione delle norme relative ai diritti e doveri dei coniugi alla famiglia di fatto. Per quanto riguarda l obbligo di contribuzione tra familiari di fatto si deve considerare che, secondo l orientamento giurisprudenziale dominante, le spese di mantenimento, alloggio e vitto sostenute da uno dei conviventi a favore dell altro, costituiscono obbligazioni naturali, ed in quanto tali sono incoercibili e irripetibili. Si tratta quindi di un dovere morale e sociale che trova il suo fondamento nella rilevanza che l ordinamento attribuisce alla famiglia di fatto quale formazione sociale meritevole di tutela in relazione agli scopi da essa perseguiti di sviluppo della personalità dei suoi componenti e di educazione e istruzione della prole. La Giurisprudenza più recente, tuttavia ha limitato la qualificazione giuridica, delle prestazioni patrimoniali di uno dei conviventi more uxorio a favore dell altro quale obbligazione naturale laddove la prestazione risulti adeguata alle circostanze e proporzionata all entità ed alle condizioni sociali del convivente che effettua la prestazione, nonché tra le somme esborsate e i doveri morali e sociali assunti reciprocamente dai conviventi. Quanto al regime patrimoniale, nonostante la garanzia dell eguaglianza tra i conviventi more uxorio e la pari dignità del lavoro casalingo rispetto a quello professionale siano rilevanti anche per la famiglia di fatto, non è per essa ipotizzabile l applicazione del regime della comunione legale dei beni. 5 di 50

6 Non vi sono comunque preclusioni a che i conviventi stipulino un contratto diretto a regolare i rapporti patrimoniali tra gli stessi, che potrebbe richiamarsi, in tutto o in parte, al regime patrimoniale della famiglia, come disciplinato dal codice civile. La Giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che i contratti in forza dei quali i conviventi more uxorio regolano l assetto dei loro rapporti patrimoniali sono da considerare validi in quanto contratti atipici, ai sensi dell art cod. civ., sempre che perseguano interessi meritevoli di tutela secondo l ordinamento giuridico e non contrastino con norme imperative, con l ordine pubblico o il buon costume. L accordo delle parti, tuttavia, varrebbe a costituire un rapporto di comunione ordinaria e non legale come tale privo delle conseguenze esterne tipiche di quest ultima, quali l opponibilità ex lege della proprietà comune nei confronti dei terzi e l annullabilità degli atti compiuti senza il necessario consenso dell altro ex art. 184 cod. civ.. L assenza in Italia di una legislazione destinata alla c.d. famiglia di fatto ovvero quelle delle convivenze, ha impegnato non di poco la giurisprudenza a rendersi interprete delle istanze sociali in assiduo flusso. I giudici hanno deciso per adattare istituti, nati per scopi diversi alle esigenze per conviventi e delle c.d. famiglie di fatto. Le pronunzie, naturalmente prive da un nesso sistematico possono suddividersi tra quelli che si sono interessati di fattispecie riguardanti i rapporti tra i conviventi e le famiglie di fatto. La giurisprudenza più risalente argomentando dal presupposto dell illiceità dell attribuzioni tra conviventi perché prive di causa, quindi consentiva al soggetto che le aveva eseguite ed ai suoi eventuali eredi di ripeterle in ogni momento. La base di quest orientamento riposava nel giudizio di riprovevolezza sociale e giuridica in confronto del fenomeno della convivenza sostituito con il tempo, nella necessità di ricorrere in alcune circostanze ad una logica indennitaria caratterizzata dallo scopo di compensare gli effetti del disonore derivanti dalla seduzione. Non sorgono questioni riguardo agli oneri di mantenimento della prole naturale, sia o meno inserita nell unione di fatto, dato il principio fissato nell articolo 148 del C.C., in rapporto ai genitori legittimi applicabile anche a quelli naturali, che i predetti oneri sono ripartiti tra i genitori in proporzione delle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale e casalingo. Oltre all obbligo di mantenimento della prole naturale ex art. 148 c.c., non sono ravvisabili, nei rapporti tra i conviventi, obblighi di contribuzione agli oneri economici del ménage giuridicamente 6 di 50

7 coercibili come quelli che vincolano i coniugi, ai sensi dell articolo 143 c.c. essendo quest ultimi legalmente tenuti a contribuire reciprocamente al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, con la conseguente azionabilità. Si deve comunque rilevare che anche nell unione di fatto i soggetti coinvolti spontaneamente si prestano reciproca assistenza materiale e morale, concorrendo a sostenere gli oneri economici della vita comune. Questi comportamenti del resto sono indispensabili per la stessa sussistenza della struttura para coniugale perché se ciò venisse a cessare o per mutuo consenso o per volontà unilaterale la stessa struttura verrebbe meno nel senso dell impossibilità di una sua individuazione in termini di rilevanza sociale per difetto di uno dei suoi requisiti essenziali. Sempre nel contesto degli oneri di contribuzione, ma sotto il diverso profilo della rilevanza esterna del rapporto di convivenza rispetto ai terzi, viene in considerazione una particolare questione riguardante la responsabilità o meno del convivente per le obbligazioni assunte dall altro per sopperire alle esigenze del ménage spostando dall assunto della estensione in via analogica della norma prevista per la famiglia legittima ed in particolare della comunione legale dei beni alla libera unione, data la posizione privilegiata della prima nel contesto dell art. 29 Cost. che si risolve in un esclusività di disciplina, e tenuto conto altresì che, in mancanza di un apposita convenzione tra i partners disciplinante tale particolare aspetto del rapporto para coniugale, il regime patrimoniale della convivenza more uxorio non può che essere, in linea di principio, quello della separazione dei beni, il problema potrebbe risolversi applicando taluni principi un tempo elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza negli anni antecedenti alla riforma del diritto di famiglia per fornire adeguata soluzione all analoga questione che si veniva a prospettare anche per i coniugi. In quell ambiente normativo in cui vigeva il regime di separazione dei beni, in difetto di referenti normativi e considerata la circostanza che, fermo restando la posizione preminente del marito come capo della famiglia, in realtà alla conduzione domestica, cosa che anche oggi avviene, provvedeva la moglie la quale in tale qualità entrava in rapporto con i terzi contraendo obbligazioni, si ritiene che gli obblighi pecuniari dalla stessa assunti per soddisfare le necessità familiari avessero l effetto di obbligare il marito in quanto la stessa aveva agito come rappresentante di costui in virtù di un suo mandato tacito. Non sembra dunque, sussistere alcuna remora per l applicazione di questo principio anche alla convivenza extramatrimoniale ed in questa prospettiva considerare il convivente solidalmente responsabile delle obbligazioni assunte dall altro per il soddisfacimento delle esigenze del ménage comune, pur essendo rimasto estraneo al compimento dell atto. 7 di 50

8 Bisogna invece escludersi la sussistenza di una responsabilità solidale interna con conseguente azione di regresso pro quota per il partner che, pur non avendo contrattato con il terzo, una volta chiamato da costui all adempimento delle obbligazioni assunte dall altro convivente soddisfi il creditore. Vale in questo caso l osservazione che ricorrendo nella specie un obbligazione assunta per soddisfare i bisogni della vita comune, e posto che nei rapporti interni tra i partners gli oneri di mantenimento e di contribuzione che gravano su entrambi realizzano obbligazioni naturali, va da sé che una volta sostenuti non ammettono ripetizione della prestazione eseguita. Peraltro il dovere di natura morale e sociale di assistenza reciproca vincolante i conviventi che, integra nello spontaneo assolvimento l adempimento di una obbligazione naturale che trova la sua causa nel rapporto di convivenza, può assumere ulteriore valenza nel diverso contesto dei riflessi esterni della relazione para coniugale quando uno o entrambi i partners risultino legati ad una famiglia legittima ancora esistente o comunque vincolati da rapporti di natura patrimoniale derivanti da un pregresso matrimonio sciolto. Nel diverso caso in cui nella situazione di convivenza risulti coinvolto il coniuge separato obbligato alla corresponsione dell assegno, lo stesso dovere morale e sociale di assistenza che vincola i conviventi dovrà, invece essere considerato irrilevante. Ciò, in quanto, anche a non voler ritenere illecita la relazione extramatrimoniale instaurata in violazione dell obbligo di fedeltà, entro i limiti indicati dalla Corte Costituzionale con sentenza del 18 aprile 1974 continua a permanere tra i coniugi in stato di separazione, il conflitto di interessi che in questo caso insorge tra i conviventi da un lato e coniuge avente diritto all assegno dell altro non può che essere risolto a vantaggio di quest ultimo alla luce del favor matrimonii presente nell ordinamento, che indubbiamente privilegia il rapporto legittimo ancora in atto rispetto a quello di fatto. Quindi, i doveri verso il coniuge separato verranno sempre ad essere prevalenti rispetto a quelli assunti verso il convivente perché espressione della tutela privilegiata riservata al matrimonio, pertanto il coniuge obbligato non potrà addurre la sua nuova situazione familiare di convivenza al fine di ottenere la riduzione della misura del mantenimento degli alimenti dovuti all altro coniuge in ragione dell onere patrimoniale che questi gli comporta. Il secondo profilo che emerge, sempre nell ambito del contesto della rilevanza interna e diretta dei rapporti patrimoniali tra i partners, attiene al regime degli acquisti dei beni acquisiti singolarmente durante la relazione. Muovendo dalla premessa della inapplicabilità in via analogica alla libera unione della disciplina concernente la famiglia legittima, e nella specie del regime di comunione 8 di 50

9 legale dei beni, perché altrimenti si violerebbe quella posizione di preminenza e preferenza a questa attribuita dall art. 29 Cost. negando nel contempo l originalità e l autonomia della formazione sociale atipica famiglia di fatto è un dato incontrovertibile che nel sistema non sono rinvenibili indici normativi o principi generali di cui possa dedursi che dal semplice fatto della convivenza derivi la comunione degli acquisti, sicché la conclusione da trarsi è che ciascuno dei partners rimarrà, in linea di principio, proprietario esclusivo dei beni acquistati in proprio nome, su cui l altro non potrà avanzare alcuna pretesa di contitolarità. Con ciò non si intende sostenere che dovrà restare priva di protezione la posizione di chi abbia contribuito all andamento del ménage con la propria attività lavorativa e con altri specifici altri apporti. Invero esigenze di equità e di giustizia sostanziale inducono comunque a ricercare nell ambito degli istituti di diritto comune gli strumenti giuridici atti ad assicurare una minima tutela in questa direzione. Il primo che in questo contesto viene in considerazione deve ravvisarsi nel ricorso all autonomia privata, cioè nella possibilità di autoregolamentazione della relazione extramatrimoniale nei suoi aspetti patrimoniali, talché i partners potranno stipulare tra loro patti di convivenza giuridicamente vincolanti, ed ivi convenire ad esempio il regime degli acquisti dei beni in comunione o in separazione durante il ménage, la somministrazione di una somma di denaro finché dura l unione e di un altra quando venga meno, anche per rottura giustificata, il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare se di proprietà esclusiva di uno dei conviventi, nonché potranno inserire ogni altra clausola di natura patrimoniale che, nella loro autonomia e secondo le loro esigenze, vorranno di volta in volta inserire. Da rilevare che restano comunque esclusi dall autoregolamentazione gli obblighi di natura personali, quali fedeltà, coabitazione, assistenza morale, collaborazione, perché oltre ad essere incoercibili nel senso d impossibilità di costrizione all adempimento, difettano del requisito della patrimonialità, cioè la prestazione che ad essi si riferisce non è suscettibile di valutazione economica e quindi non può essere dedotta in contratto. Ma il ricorso all autonomia privata, mezzo peraltro destinato a rara utilizzazione in quanto sembrerebbe mal conciliarsi con unioni incentrate sulla spontaneità dei comportamenti e improntate alla libertà da vincoli formali, non dà una soluzione esaustiva del problema. In questo caso subentra uno strumento indiretto ma comunque adeguato, di protezione dei diritti patrimoniali dei conviventi individuabile nell istituto dell ingiustificato arricchimento, vale a dire in quel generale principio che vieta l arricchimento senza causa di un soggetto a discapito di un altro, in conformità del quale dovrà riconoscersi a 9 di 50

10 favore di ciascuno dei partners una potestà sugli eventuali acquisti qualora possano ritenersi frutto del contributo di entrambi. Per valutare l entità del reale arricchimento dell uno e il corrispettivo impoverimento dell altro dovrà valutarsi l effettiva contribuzione, tenuto conto anche della durata della convivenza, alla realizzazione degli acquisti; valutazione che risulterà agevole nel contesto di un ménage in cui entrambi i partners dispongono di mezzi finanziari derivanti da redditi di capitali, di attività professionali mezzi finanziari derivanti da redditi di capitali, di attività professionali e di lavoro prestato a terzi. Nella valutazione dei conferimenti effettuati dai partners durante il rapporto di convivenza dovrà operarsi questa distinzione: Prestazioni dirette al normale soddisfacimento dei bisogni del ménage che rappresentano l adempimento delle obbligazioni naturali di contribuzione agli oneri familiari e come tali irripetibili; Attribuzioni che, tenuto conto delle condizioni economiche e sociali dei conviventi, vanno al di là della normale contribuzione, sicchè soltanto in riferimento a queste si potrà utilizzare, ricorrendone i presupposti lo strumento dell ingiustificato arricchimento. Alla luce di queste considerazioni si può quindi concludere che lo schema dell obbligazione naturale, esattamente adottato dalla giurisprudenza per la soluzione del problema prospettato, escludendo ogni forma di costrizione e distinguendosi per la spontaneità dell adempimento, appare lo strumento di tutela più adeguato alle esigenze e più conforme alle caratteristiche proprie dell unione di fatto, che, libera da vincoli formali, sulla spontaneità degli affetti e dell assolvimento dei doveri trova il suo esclusivo riferimento. Infine ultimo aspetto da considerare, sempre con riferimento agli effetti patrimoniali diretti e indiretti della convivenza more uxorio, viene in considerazione il problema attinente alle prestazioni lavorative effettuate da un convivente a vantaggio dell altro e quello della valutazione dell attività, generalmente svolta dalla donna, per la cura della casa all interno delle pareti domestiche. Tali questioni, non risolvibili in conformità a specifici indici normativi concernenti il rapporto di convivenza che allo stato dell attuale legislazione non sussistono, sono state affrontate dalla giurisprudenza e dalla dottrina in parallelo all analoga problematica che, prima della riforma del diritto di famiglia, si prospettava nell ambito della stessa famiglia legittima. 10 di 50

11 D altra parte con discutibile automatismo nell equiparare famiglia legittima e unione di fatto, lo stesso principio della presunzione di gratuità delle prestazioni lavorative giacché eseguite affectionis vel benevolentiae causa, con la conseguente negazione a qualsiasi richiesta di tutela dei diritti che il convivente assumeva derivanti da tali prestazioni. Ma nel mutato quadro legislativo determinato dalla legge di riforma questo orientamento interpretativo non ha trovato più elementi di supporto posto che l articolo 230 bis, affrontando nel contesto dei rapporti tra coniugi il problema delle prestazioni di lavoro svolte a vantaggio della famiglia o dell impresa, mostra di aver totalmente capovolto quel principio. In quest ottica che tende a ridimensionare ed escludere ogni equiparazione tra la posizione del coniuge e quella del convivente, la tutela di chi presta lavoro all interno della comunità familiare fondata su un rapporto more uxorio deve allora essere riconsiderata attentamente, evitando forzature nella valutazione del dato normativo di cui all articolo 230 bis, sia nel senso di una sua automatica applicazione in via d interpretazione estensiva al fenomeno convivenza, sia nel senso di una totale irrilevanza del principio che ne sta alla base in relazione ad analoga situazione. E questo principio, che mostra chiaramente la volontà di ribaltare la regola tradizione della presunzione di gratuità delle prestazioni lavorative svolte nella comunità familiare, in quello opposto dell onerosità, non può non influire in modo determinante sulla soluzione del problema in oggetto, essendo peraltro espressivo di altro principio di più ampia portata desumibile dall art. 36 Cost. Ed è proprio da questa inversione di tendenza che occorre prendere le mosse nel valutare le caratteristiche giuridiche delle prestazioni lavorative del convivente rese nell impresa del partner, o comunque in collaborazione ad altra sua attività professionale; posizione questa che, evitando di estendere altrove norme dettate per una data situazione, e quindi rispettando la specificità dei fenomeni in analisi, individui una direzione che non consente più di porre ostacoli ingiustificati alla tutela di situazioni non meno rilevanti. La strada che sembra quindi quella percorribile per la soluzione del problema, è data dalla rivalutazione e applicazione di questo principio della presunzione di onerosità delle prestazioni lavorative alla libera unione ma fatta sempre salva la prova contraria consistente nella circostanza che il convivente non abbia inteso adempiere quelle prestazioni con l animus che caratterizza il prestatore d opera chiamato a svolgere determinate mansioni, ma con animus diverso espressione dell affectio. 11 di 50

12 In questa prospettiva però è opportuno precisare che la prova potrebbe darsi con facilità soltanto in riferimento al lavoro domestico,sempre che non venga svolto sotto stretto vincolo di subordinazione tecnica; attività questa che la donna non svolge con spirito di professionalità ed in stato di subordinazione, ma come manifestazione di affectio verso il proprio nucleo familiare istituzionalizzato o meno ed, è bene ricordare, costituisce sia nell uno che nell altro caso espressione del dovere giuridico ovvero dell obbligo naturale di assistenza materiale e di contribuzione agli oneri del gruppo familiare. Una particolare importanza dovrà poi attribuirsi sia alla continuità della prestazione, sia alla circostanza dell esistenza di un pregresso rapporto di lavoro subordinato all instaurarsi della convivenza, essendo in quest ultima ipotesi ragionevole supporre che il medesimo continui, sebbene il convivente proprio a causa della relazione abbia rinunciato alla retribuzione e ai diritti di legge. È quindi evidente che un ruolo fondamentale e primario dovrà assumere, nella soluzione del problema, l operato del giudice, che si ritiene debba consistere in una attenta valutazione comparativa del rapporto che si crea tra situazione lavorativa ed affettiva, per analizzare ciascuna sia in sé che in relazione all altra, essendo la situazione globale che si prospetta al suo esame bi univocamente complessa sia perché la relazione extramatrimoniale influenza diversamente, a seconda del suo esplicarsi, il rapporto di lavoro, sia perché il rapporto di lavoro tende, per le sue peculiarità, a rendere in un certo senso impermeabile la relazione more uxorio a considerazioni ad esso normalmente inerenti. 1.4 La famiglia di fatto e la sua cessazione Per famiglia di fatto, giurisprudenza e dottrina ormai consolidate intendono una convivenza stabile e duratura, con o senza figli, tra un uomo e una donna, che si esplica in una comunanza di vita e di interessi e nella reciproca assistenza morale e materiale. Secondo la giurisprudenza di legittimità, ciò che conferisce carattere di affidabilità e stabilità alla famiglia di fatto è la sussistenza di un rapporto di coppia che non sia fondato su investiture esterne, che non si costituisce con atto formale, bensì su un consenso che si rinnova continuamente e che rappresenta il fondamento ed il limite del rapporto stesso. La famiglia di fatto è, in sostanza, l immagine della famiglia legittima e se ne distingue per i modi di formazione, pur avendo caratteri, strutture e scopi analoghi se non addirittura identici. 12 di 50

13 Gli elementi costitutivi della famiglia di fatto sono quindi due: il primo, di carattere soggettivo, consiste nell affectio, ossia nella partecipazione di ognuno dei due conviventi alla vita dell altro; il secondo, di carattere oggettivo, è costituito da una stabile convivenza in assenza di formalizzazione. È ovvio che la famiglia di fatto non possa essere automaticamente equiparata alla famiglia fondata sul matrimonio, essendo quest ultimo un vincolo dal quale l ordinamento giuridico fa discendere situazioni di diritto, obbligo, potestà, onere, soggezione, di norma inapplicabili a chi, non volendo o non potendo contrarre matrimonio, intende sottrarsi a tale disciplina. La convivenza more uxorio rappresenta l effetto di una scelta di libertà dalle regole costituite dal legislatore per il matrimonio, donde l impossibilità, pena la violazione delle regole della libera determinazione delle parti, di estendere la famiglia di fatto, per la diversità delle situazioni raffrontate, le regole connesse all istituto matrimoniale. Sul piano della legislazione ordinaria, la famiglia di fatto è a tutt oggi presa in considerazione soltanto da alcune norme che le attribuiscono limitati effetti giuridici e che sono dislocate disorganicamente nel nostro ordinamento, senza coordinamento alcuno; norme che, peraltro, al di là dell essenziale regolamentazione dei rapporti di filiazione naturale, non sono diretti a tutelare la famiglia di fatto nelle sue espressioni più rilevanti riguardanti i rapporti tra conviventi o i rapporti con rilevanza esterna, ma a regolare soltanto aspetti estremamente specifici e per certi aspetti secondari della famiglia di fatto. La cessazione di fatto può avvenire per morte di uno dei conviventi o per volontà di uno o di entrambi i conviventi. Quando la famiglia di fatto cessa per la morte di uno dei conviventi, non sussiste in capo al convivente superstite alcun diritto successorio (né a titolo universale né a titolo particolare), a meno che, ovviamente, il partner non l abbia con testamento designato come erede. La giurisprudenza è talvolta intervenuta a tutela del familiare di fatto, per sollevarlo da una condizione assolutamente deteriore nel caso di morte del convivente, rispetto a quella del coniuge e ciò è avvenuto nel caso di successione nel rapporto locatizio o nell assegnazione di alloggio di edilizia popolare economica nonché con riguardo al risarcimento del danno derivante da fatto illecito che abbia causato la morte del convivente more uxorio. La famiglia di fatto può cessare anche per atto di volontà di uno o entrambi i conviventi. In questo caso non sussiste tra ex conviventi alcun diritto al mantenimento o agli alimenti, non potendo trovare applicazione l art. 156 cod. civ. che presuppone il vincolo matrimoniale. 13 di 50

14 La giurisprudenza ha però ipotizzato una sorta di compenso a favore del convivente more uxorio a titolo di ristoro per il sacrificio della sua aspirazione ad un esistenza autonoma e indipendente, quale contributo all attività prestata ed all apporto fornito alla vita familiare, nonché al fine di assicurargli un autosufficienza economica per il tempo successivo alla cessazione del rapporto, che si configura come adempimento di un obbligazione naturale purché sia adeguata alle circostanze e proporzionata all entità del patrimonio e alle condizioni del soggetto che lo corrisponde. A seguito della cessazione della convivenza more uxorio, inoltre, così come nel caso di separazione dei coniugi, il giudice può disporre l assegnazione in godimento della casa familiare in favore del genitore che non sia proprietario, comproprietario o titolare di diritti reali di godimento sulla stessa, qualora ad esso sia affidati i figli minorenni o qualora questi conviva con figli maggiorenni non ancora autosufficienti per motivi indipendenti dalla loro volontà. La sentenza della Corte Costituzionale n. 166 del 13 maggio 1998 ha costituito la svolta giurisprudenziale circa il fondamento dell applicazione del suddetto principio. Mentre, infatti, prima della suddetta sentenza l assegnazione della casa familiare al convivente cui fossero stati affidati i figli minori si fondava sull interpretazione analogica o estensiva dell art. 155, IV comma, cod. civ., la sentenza della Corte costituzionale n. 166/1998 ha escluso il ricorso all interpretazione analogica dell art. 155 cod. civ., in quanto essa presuppone una similarità di situazioni che tra il rapporto coniugale e quello di mera convivenza non solo non è presente ma nemmeno è voluta dalle parti che, scegliendo un rapporto di fatto, hanno dimostrato di non voler assumere i diritti e i doveri derivanti dal matrimonio. La Corte ha pertanto ritenuto di affrontare la questione ponendosi sul piano del rapporto di filiazione e delle norme ad esso relative. In assenza di prole non spetta al convivente more uxorio l assegnazione della casa familiare, di esclusiva o parziale proprietà dell altro convivente, nel momento in cui venga a cessare la convivenza. 1.5 I Registri delle Unioni Civili in Italia e la proposta legislativa dei Dico. In Italia a livello locale esistono dei registri delle unioni civili. La registrazione anagrafica della convivenza ha solo un significato simbolico, a meno che il singolo Comune non decida di aggiungere all unione diritti reali (ad esempio, accesso agli alloggi 14 di 50

15 popolari). I primi comuni a dotarsi di un registro furono Empoli nel 1993 e Pisa nel 1996: attualmente sono numerose le città italiane che si sono dotate di un registro anagrafico delle unioni civili. Alcune Regioni italiane hanno approvato statuti che sarebbero favorevoli ad una legge sulle unioni civili: la Calabria (6 luglio 2004), la Toscana (19 luglio 2004), l'umbria (2 settembre 2004) e l'emilia Romagna (14 settembre 2004). La maggior parte degli statuti si ricollega alla Carta dei diritti fondamentali dell'unione europea che all articolo 9 sancisce, tra i diritti fondamentali della persona, il "Diritto di sposarsi e di costituire una famiglia". Il secondo Governo Berlusconi ( ), ha impugnato per presunta illegittimità costituzionale gli statuti della Toscana, dell'umbria e dell'emilia Romagna: i primi due ricorsi sono stati respinti. La Spezia nel giugno 2006 è stato il primo comune italiano che ha deciso di aprire agli omosessuali il registro delle unioni civili. La mozione è stata votata da 23 consiglieri comunali su 30. Questo provvedimento ha determinato l'equiparazione amministrativa delle coppie di fatto (diritto alle case popolari.). Oltre che eccezioni a livello geografico esistono anche delle eccezioni per alcune categorie di persone. I partner di giornalisti e onorevoli, anche se non sposati, possono usufruire del trattamento sanitario del partner appartenente a queste categorie, inoltre per gli onorevoli è possibile lasciare al proprio partner la pensione di reversibilità, anche se tra di loro non sussiste alcun legame matrimoniale. Nonostante ciò l'italia non prevede alcuna legislazione per la regolamentazione delle unioni civili: i primi disegni di legge in proposito furono presentati nel 1986, grazie all'interparlamentare donne Comuniste e ad Arcigay (associazione per i diritti degli omosessuali). La prima proposta di legge (mai calendarizzata) fu presentata da Alma Agata Cappiello, avvocato e parlamentare socialista, nel Dagli anni Novanta è aumentato il numero di proposte di legge per disciplinare le unioni civili, presentate sia alla Camera che al Senato, così come sono diventati pressanti gli inviti del Parlamento Europeo alla parificazione dei diritti di coppie gay e coppie eterosessuali. Sin dall'inizio, il dibattito politico ha registrato da parte della Chiesa cattolica forti obiezioni ed aspre critiche all'adozione di una legislazione per le unioni civili. Un significativo disegno legge fu varato dal Governo Prodi l 8 febbraio 2007, presentato dagli allora ministri Barbara Pollastrini (ministro delle pari opportunità) e Rosy Bindi (ministro della famiglia). Il testo di legge istituiva i cosiddetti DICO, sigla che sta per Diritti delle persone conviventi, per le coppie di persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, che convivono 15 di 50

16 stabilmente e si prestano assistenza e solidarietà materiale e morale, non legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, affiliazione, tutela. Il disegno di legge fu presentato in Senato ma già in commissione giustizia venne accantonato per far posto a un altra sigla, tra le grandi contestazioni del centrodestra e della CEI. Anche nel centrosinistra in molti consideravano i DICO una misura poco incisiva, soprattutto per il lungo termine che imponeva prima dell usufrutto di determinati diritti (nove anni), perché rimandava la questione delle pensioni di reversibilità a una successiva legge sulle pensioni e perché imponeva ai due contraenti due dichiarazioni separate, negando di fatto il riconoscimento pubblico (CUS). La sigla sta per Contratto di unione solidale, fu proposta il 10 luglio da Cesare Salvi che allora era presidente della commissione giustizia del senato. I CUS differivano poco dai DICO, ma prevedevano una dichiarazione congiunta dei contraenti davanti a un notaio o al giudice di pace, che avrebbero poi dovuto inserire l atto in un apposito registro. Inoltre, modificavano il sistema delle quote nella successione e prevedevano il diritto di successione nei contratti di locazione. Esattamente come i DICO, però, prevedevano il passaggio di nove anni prima di usufruire dei diritti e non affrontavano la questione della pensione di reversibilità. Ed esattamente come i DICO vennero rapidamente accantonati: dalla Commissione Giustizia, dal Parlamento e dal Governo. 16 di 50

17 2 Le unioni civili in europa Nell'Unione Europea il quadro concernente, la legislazione sulle convivenze è oggi molto variegata. L importanza delle unioni civili, e l'ampio dibattito sulla parità dei diritti tra eterosessuali ed omosessuali promosso dai militanti gay, ha fatto si che numerosi Paesi si siano dotati, negli ultimi anni, di una legislazione per riconoscere e garantire diritti per i componenti dell'unione. Alcuni Paesi hanno preferito una registrazione come in Belgio e in Lussemburgo, chiamata anche partnership o coabitazione registrata, che garantisce specifici diritti e doveri anche, o solo, alle coppie dello stesso sesso. I diritti e doveri possono essere identici, lievemente diversi o molto diversi da quelli delle coppie normalmente sposate. La registrazione è a volte aperta anche alle coppie etero non sposate; è il caso del Pacte civil approvato in Francia. Paesi come Olanda, Belgio e Spagna - oltre ad aver approvato il riconoscimento giuridico delle coppie non coniugate di qualunque sesso, hanno aperto il matrimonio alle coppie dello stesso sesso, per realizzare la parità perfetta tra etero e omosessuali Profili di diritto comparato La legislazione degli Stati europei è estremamente eterogenea ma essenzialmente diretta a disciplinare unioni affettive tra coloro che non possono accedere al matrimonio. Esistono, infatti, delle realtà in cui non vi è alternativa al matrimonio per una coppia eterosessuale, ma è prevista una diversa formula per la convivenza delle coppie omosessuali, la partnership, il patnernariat, le unioni domestiche. Così avviene per esempio in Scandinavia, in Germania ed in Inghilterra. Le legislazioni dei Paesi europei non sempre disciplinano le unioni fuori dal matrimonio; è piuttosto certo che quasi tutti i Paesi europei, anche adeguandosi alle indicazioni del Parlamento europeo, hanno predisposto un sistema di regolamentazione per le coppie omosessuali, conferendo loro la facoltà di formalizzare l unione affettiva, onde ottenere benefici giuridici. Il Parlamento europeo, nell affrontare il tema dei diritti degli omosessuali, ha approvato il giorno una Risoluzione che, tra l altro invita gli Stati membri ad abolire tutte le disposizioni di legge che criminalizzano e discriminano i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso e, in particolare, di adoperarsi per eliminare gli ostacoli frapposti al matrimonio di coppi omosessuali 17 di 50

18 ovvero ad un istituto giuridico equivalente, garantendo pienamente diritti e vantaggi del matrimonio e consentendo la registrazione delle unioni, a qualsiasi limitazione del diritto degli omosessuali di essere genitori ovvero di adottare o avere in affidamento dei bambini (risoluzione dei diritti fondamentali dell Unione Europea n. A5-0281/2003). Il Parlamento europeo aveva raccomandato agli Stati membri di riconoscere, in generale, i rapporti non coniugali fra persone sia eterosessuali che omosessuali, conferendo agli stessi diritti riconosciuti alle persone sposate, adottando tra l altro le disposizioni necessarie per consentire alle coppie di esercitare il diritto alla libera circolazione nell Unione. Nell'Unione Europea la questione delle unioni civili è entrata spesso a far parte di direttive riguardanti uno dei principi cardine dell'ue: tutti i cittadini dell'unione hanno gli stessi diritti, indipendentemente dalla loro origine, nazionalità, condizione sociale, dal loro credo religioso o orientamento sessuale. Già dal 1994 la Comunità Europea, infatti, ha emanato una risoluzione per la parità dei diritti degli omosessuali. Nonostante ad oggi si tratti ancora di una declaratoria avente un valore eminentemente politico, il Parlamento ha ribadito in più occasioni il suo convincimento. Così, nella Raccomandazione del 16 marzo 2000 sul rispetto dei diritti umani nell'unione Europea, esso chiese agli Stati membri di "garantire alle famiglie monoparentali, alle coppie non sposate e alle coppie dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle coppie e alle famiglie tradizionali, in particolare in materia di legislazione fiscale, regime patrimoniale e diritti sociali". Con la Risoluzione del 4 settembre 2003 sulla situazione dei diritti fondamentali nell'unione Europea il Parlamento ha rinsaldato le sue posizioni. Oltre alla richiesta di favorire il riconoscimento delle coppie di fatto, eterosessuali od omosessuali (punto 81), ha sollecitato gli Stati membri ad attuare il diritto al matrimonio e all'adozione di minori da parte di persone omosessuali (punto 77). - Spagna In Spagna il matrimonio è aperto alle coppie dello stesso sesso dal Questo ha rappresentato un notevole importante passo in avanti, poiché la riforma ha aggiunto il principio della parità degli effetti del matrimonio a prescindere dall identità o dalla diversità di sesso dei coniugi. Inoltre le nuove norme rendono neutre, quanto al genere, le esistenti disposizioni in materia di rapporti tra coniugi e tra genitori e figli: i termini marito e moglie sono sostituiti da coniuge. Con la legge n.13 del 2005, essa non solo regolamentò le coppie di fatto omosessuali, ma giunse e a equiparare tali unioni a quelle matrimoniali. 18 di 50

19 Alcune regioni (Comunidades autónomas) del Paese riconoscevano già diritti alle coppie di fatto, di sesso uguale o diverso. È il caso della Catalogna, che il 15 luglio 1998 aveva approvato la legge sulle coppie stabili (Legge 10/1998, De uniones estables de pareja - Legge sulle unioni stabil), entrata in vigore il 23 ottobre dello stesso anno. La legge regola diversi aspetti privatistici della relazione di coppia: prevede la responsabilità solidale per le spese domestiche e per alcuni debiti, regola l'uso della casa comune e offre benefici nel caso in cui uno dei partner lavori per il governo catalano. Le coppie omosessuali hanno accesso a questa legge rendendo una dichiarazione con un atto notarile. Le coppie eterosessuali possono regolamentare il loro rapporto o con un atto notarile, o automaticamente dopo una convivenza di più di due anni, o automaticamente per le coppie che convivono e hanno un figlio. L art 4 del codigo civil recita: Il matrimonio avrà gli stessi requisiti e gli stessi effetti quando entrambi i coniugi siano dello stesso sesso. Per quanto riguarda l unione stabile eterosessuale, occorre in primo luogo interrogarsi su quest aspetto: se la legge sia di applicazione automatica, ossia conseguente al solo fatto della convivenza, o facoltativa, ossia subordinata a qualche tipo di formalità. A un primo sguardo la normativa potrebbe apparire applicazione facoltativa, poiché si afferma che le disposizioni si applicano ad un uomo e ad una donna che abbiano concluso un atto pubblico manifestando la volontà di regolare il proprio rapporto in base a quanto in esso previsto. Tuttavia, la stessa norma, stabilisce, ma solo per le coppie eterosessuali, che le norme si applicano anche a chi abbia convissuto maritalmente per un periodo ininterrotto pari a due anni. In questo caso, dunque, la normativa si applica in modo automatico, non essendo subordinata alla volontà delle parti; non è neppure necessario che sia trascorso tale periodo minimo se la coppia ha figli comuni, a patto che essa soddisfi il requisito della convivenza. In queste ipotesi, pertanto, non è richiesta alcuna formalità, si stabilisce solo che la prova dell esistenza di un unione stabile non formalizzata può essere data con qualsiasi mezzo. Per terminare il patto, non sempre necessario, i conviventi devono essere maggiorenni, di sesso diverso, e non devono trovarsi in nessuno dei casi che diano luogo ad impedimenti matrimoniali. La determinazione delle regole applicabili al rapporto di coppia è rimessa all accordo delle parti, scritto od orale, in cui possono essere regolati sia i rapporti patrimoniali che quelli personali, come i diritti 19 di 50

20 e doveri reciproci; inoltre, nel caso di accordi sull eventuale separazione non si potrà derogare alla disciplina minima dettata per legge. Ancora una volta si propone il tema del rapporto tra autonomia privata e disciplina legale; nel caso in cui manchi un accordo preventivo fra i conviventi stabili, si applicheranno le regole previste dall articolo 3, alla cui stregua i membri della coppia stabile devono contribuire al mantenimento della casa ed alle spese comuni con il lavoro domestico, con la collaborazione personale o professionale, non retribuita, alla professione o impresa dell altra parte, con i frutti della propria attività o dei propri beni. Quest obbligo è proporzionale al proprio reddito. Inoltre viene chiarito i casi in cui sorge l obbligo di contribuire alla vita domestica, precisando ulteriormente la nozione di spese comuni: rientrano in questo ambito le spese necessarie per il mantenimento della coppia e dei suoi figli e quelle per la conservazione o il miglioramento dell abitazione o di altri beni di uso comune, al contrario non sono considerate spese comuni quelle relative alla gestione dei beni propri di ciascuno. Una volta formata la coppia stabile, sarà possibile adottare minori in forma congiunta; in caso di sopravvenuta incapacità di uno dei conviventi, l altro è nominato tutore con preferenza rispetto ad altri soggetti, inoltre i membri di una coppia stabile sono sottoposti all obbligo di prestarsi gli alimenti con preferenza rispetto ad ogni altro obbligato. L art. 9 prevede una serie di benefici di cui possono godere i membri della coppia, naturalmente riferiti solo alle amministrazioni locali, non a quelle statali. Può essere concesso un permesso fino a quattro giorni in caso di morte o di malattia grave del convivente, nonché la riduzione fino a metà della giornata lavorativa in caso di incapacità fisica del convivente. L art. 11 offre una decisione protezione relativamente all abitazione comune della coppia, infatti il convivente titolare della proprietà dell immobile o dei mobili di arredamento di uso ordinario non può compiere alcun atto di alienazione o di disposizione, se ciò ne compromette l uso comune, senza consenso dell altro o autorizzazione del giudice. Si tratta di un energica limitazione al diritto di proprietà: l atto compiuto senza consenso è annullabile, salvo che, se l acquisto è avvenuto a titolo oneroso, l acquirente fosse in buona fede e l alienante abbia dichiarato espressamente che l immobile non funge da residenza comune della coppia, anche se tale affermazione si riveli non veritiera. In quest ultimo caso, tuttavia l alienante sarà chiamato a rispondere, del pregiudizio causato al convivente. 20 di 50

21 Riguardo allo scioglimento dell unione stabile, la normativa prevede che l unione stabile si scioglie per mutuo consenso, volontà unilaterale, per decesso, separazione di fatto per un anno o per matrimonio di una delle parti. Quando la convivenza cessa, il convivente che abbia prestato il proprio lavoro non retribuito, vuoi domestico o collaborando all attività dell altro, ha diritto ad un indennità ma solo se si è venuta a creare una situazione di scompenso che implica un arricchimento ingiusto. Se la convivenza ha ridotto la capacità di produrre reddito di uno dei due, o se vi sono figli comuni, sarà possibile chiedere un assegno di mantenimento. Infine, in caso di scioglimento per decesso, il convivente sopravvissuto acquista la proprietà degli abiti, dei mobili di arredamento e degli oggetti dell abitazione comune. Si prevede poi che durante l anno seguente alla morte il sopravissuto abbia diritto ad occupare l abitazione comune e ad essere mantenuto a spese del patrimonio del defunto, infine se il defunto era titolare di un contratto di locazione avente ad oggetto l abitazione comune, il sopravvissuto ha diritto a subentrarvi. - Francia : Pacte civil de solidarité Nell ordinamento francese la legislazione sulla famiglia di fatto è contenuta all art il Pacs è: Due persone fisiche, qualunque sia il loro sesso, possono concludere tra loro un "Patto civile di solidarietà" per organizzare la loro vita comune. Ma non proprio tutti lo possono stipulare. Non si potrà avere: tra ascendente e discendente in linea diretta, tra parenti in linea diretta e tra collaterali fino al terzo grado incluso; tra due persone delle quali un almeno è vincolata da matrimonio; tra due persone delle quali una almeno sia già legata da altro Pacs. Quando sussista un obbligo di prestare assistenza materiale, il contenuto di tale obbligo può essere determinato dalle parti stesse; inoltre per quanto riguarda lo scioglimento poi, è permesso il recesso unilaterale, perfino senza preavviso diretto, così come lo scioglimento automatico a seguito di successivo matrimonio. Altre letture, infine, del patto francese, hanno messo in luce che la dematrimonializzazione della nuova figura, avvenuta nel corso dell approvazione parlamentare è riconducibile alla differenza che intercorrerebbe tra eterosessualità e omosessualità, per cui la scelta compiuta con il Pacs rifletterebbe nell esperienza giuridica la medesima gerarchia della sessualità esistente nel campo della morale. I caratteri istituzionali del Pacs emergono, invece, principalmente con riguardo alla legittimazione soggettiva. Per la sua conclusione vigono norme speciali rispetto al diritto dei contratti: non possono concludere un Pacs fra loro, a pena di nullità, ascendenti e discendenti in linea retta, parenti 21 di 50

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