Rachele Scuro LA PRESENZA EBRAICA A VICENZA E NEL SUO TERRITORIO NEL XV SECOLO

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1 Rachele Scuro LA PRESENZA EBRAICA A VICENZA E NEL SUO TERRITORIO NEL XV SECOLO

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3 La presenza ebraica a Vicenza e nel suo territorio nel XV secolo 67 INDICE DELLA TESI INTRODUZIONE 1. Le fonti 2. La periodizzazione dell insediamento ebraico e la sua dislocazione sul territorio 1. IL PRESTITO AD USURA A VICENZA NEL TRECENTO E L ARRIVO DEI PRIMI EBREI 1.1. L usura a Vicenza nel Duecento e nel Trecento 1.2. I primi ebrei operanti a Vicenza 2. LA COMUNITÀ EBRAICA VICENTINA: I COMPONENTI E L INSEDIAMENTO IN CITTÀ 2.1. I componenti la comunità ebraica e le loro origini La provenienza degli ebrei vicentini Alcune indicazioni sul gruppo ebraico vicentino e sulle principali famiglie La famiglia Finzi (ramo vicentino) La famiglia da Modena La famiglia di Alberlino di Manno da Ulm La famiglia da Cologna Veneta La famiglia da Velletri La famiglia da Terracina 2.2. La presenza ebraica all interno della città: le abitazioni, i banchi ed il cimitero I quartieri di residenza e la mobilità ebraica all interno della città Le case-banco dei Finzi e dei da Modena Il cimitero ebraico di Vicenza 3. L ATTIVITÀ ECONOMICA DEGLI EBREI NEL CAPOLUOGO 3.1. I banchieri La gestione del credito da parte dei feneratori ebrei Le condotte: gli accordi e i banchi Il prestito al comune Prestiti all artigianato L usura ebraica e le relazioni economiche con la nobiltà vicentina Feneratori ebrei e usurai cristiani

4 68 R. SCURO 3.2. I pezzaroli La prima metà del secolo La seconda metà del secolo 3.3. Le altre professioni ebraiche a Vicenza 4. GLI EBREI ED I BANCHI DI PRESTITO NEL DISTRETTO VICENTINO 4.1. Linee generali 4.2. Arzignano 4.3. Lonigo 4.4. Marostica 5. DALLA CRISI DEGLI ANNI 40 ALL ESPULSIONE DEL I tentativi di espulsione ed i divieti di fenerazione a Vicenza 5.2. La predicazione minoritica a Vicenza e l ambiente socio-culturale vicentino 5.3. Il presunto omicidio rituale del bambino Lorenzino da Marostica 5.4. La fondazione del Monte di Pietà Conclusione APPENDICE 1. Alberi genealogici delle principali famiglie ebraiche residenti a Vicenza e nel distretto vicentino 1.1. Famiglia Finzi (ramo vicentino) 1.2. Famiglia da Modena 1.3. Famiglia di Alberlino di Manno da Ulm 1.4. Famiglia di Regina di Isac da Avignone 1.5. Famiglia da Velletri (o da Roma) 1.6. Famiglia da Terracina 1.7. Famiglia da Cologna Veneta 1.8. Famiglia da Fano 1.9. Famiglia da Padova e da Perugia Famiglia da Orte Famiglia da Perugia di Lonigo Famiglia da Pesaro Famiglia da Spira 2. Tavola relative alla documentazione inedita concernente gli ebrei vicentini Tav. 1. Numero di documenti contenuti nel fondo dell Ufficio del Registro in base all anno ( ) Tav. 2. Numero di documenti per tipo di contratto contenuti nel fondo dell Ufficio del Registro ( )

5 La presenza ebraica a Vicenza e nel suo territorio nel XV secolo 69 Tav. 3. Rapporto dettagliato fra i diversi tipi di contratto contenuti nel fondo dell Ufficio del Registro ( ) Tav. 4. Rapporto fra i documenti relativi al capoluogo o ai territori del distretto relativi al gruppo ebraico (da Ufficio del Registro e Notarile) Tav. 5. Rapporto fra i documenti delle diverse località del territorio (da Ufficio del Registro e Notarile); si veda tav. 4 Tav. 6. Rapporto fra i documenti relativi alle maggiori famiglie e l intera comunità ebraica all interno del capoluogo Tav. 7. Rapporto fra documenti inerenti l attività bancaria ebraica e la pezzaria ebraica all interno del capoluogo 3. Immagini relative ai luoghi della presenza ebraica a Vicenza Figura 1. La pianta di Peronio nel 1481 Figura 2. Particolare della pianta Angelica relativo all ubicazione del cimitero ebraico Indicazioni archivistiche Bibliografia Indice

6 70 R. SCURO Sintesi della tesi La presenza di un gruppo di famiglie ebraiche nella Vicenza tardomedievale ed il ruolo che esse ricoprirono all interno del tessuto cittadino è una tematica che finora è stata toccata solo marginalmente dalla storiografia. L intento di questa ricerca è dunque consistito nel delineare ex novo la composizione sociale e familiare del gruppo ebraico insediatosi, nel corso del Quattrocento, sia nel capoluogo vicentino che nel suo contado (nelle distrettuali Lonigo, Marostica ed Arzignano); a ciò si è aggiunto lo studio delle attività economiche esercitate dagli stessi ebrei: la fenerazione su e senza condotta e la rivendita di oggetti usati (pezzaria). Ne è risultato un quadro delle complesse relazioni che, nella prima metà del XV secolo, unirono i diversi banchi ebraici cittadini fra loro e con quelli di altre località, oltre che del ruolo economico da essi ricoperto all interno dell economia vicentina, in particolar modo in rapporto con la nobiltà locale e la sua attività imprenditoriale. Con la seconda metà del secolo, a seguito del periodo di crisi nei rapporti intercorsi fra le comunità ebraiche ed i governi locali che caratterizza tutta la Terraferma veneta, si assiste ad un radicale mutamento: allo spostamento verso il contado dei banchieri seguì l ascesa e l affermazione della pezzaria ebraica all interno del capoluogo berico, a testimonianza di una notevole capacità di adattamento e flessibilità di parte degli ebrei residenti in città. È stato poi possibile acquisire nuove informazioni sulle famiglie ebraiche vicentine (fra le quali spicca un ramo dei Finzi di Padova) e sulle relazioni economico-matrimoniali da esse intrattenute con i correligionari dell Italia centrosettentrionale. Simili risultati sono stati ottenuti per mezzo dell analisi di fonti archivistiche inedite, soprattutto a carattere notarile (in particolar modo provenienti dal fondo dell Ufficio del Registro di Vicenza) che, grazie alla loro varietà tipologica, hanno potuto fornire un quadro sufficientemente completo. Problemi di conservazione della stessa fonte hanno però indotto a concentrare le ricerche sulla prima metà del Quattrocento, pur mantenendo accenni e spunti anche per gli anni

7 La presenza ebraica a Vicenza e nel suo territorio nel XV secolo 71 Infine, si è sinteticamente trattato il problema dell espulsione ebraica dal territorio, resa definitiva nel Esso coinvolse per circa un quarantennio, oltre al gruppo ebraico, sia il ceto dirigente che quello ecclesiastico locale; in questa sede si sono volute sottolineare anche le cause economiche che portarono all espulsione, pur non negando le spinte ideologico-religiose di cui furono protagonisti i frati minori che predicarono anche a Vicenza. ANNO ACCADEMICO RELATORE: Prof. Reinhold C. Mueller CORRELATORI: Prof. Giovanni Levi, Dott. Edoardo Demo (esterno)

8 72 R. SCURO 4.2. Arzignano Il consolidarsi della presenza ebraica a Vicenza permise, agli inizi degli anni 20 del Quattrocento, un ulteriore espansione dell attività ebraica nel territorio, verso il vicino vicariato di Arzignano. La scelta di questa località non è casuale, la situazione arzignanese in quel periodo si presentava particolarmente favorevole per chi avesse voluto praticarvi un attività bancaria: non solo era una delle zone più popolose del territorio vicentino con i suoi abitanti 1, ma al contempo il centro viveva un momento di notevole crescita economica sia in campo agricolo che manifatturiero, in particolare nel settore conciario ed in quello laniero, tanto da diventare nello stesso periodo uno dei maggiori poli d immigrazione del distretto, soprattutto per emigranti dall area tedesca 2. In questo contesto si inserisce l attività del primo ebreo feneratore della località, Vitale di Manuele da Orte 3, che nel maggio 1421 stipulò un contratto di condotta brevissimo biennale col comune di Arzignano, alla presenza delle maggiori autorità del territorio, fra le quali anche il vicario vicentino, il nobile Giacomo di Nicola Orefici 4. L accordo prevedeva che Vitale prestasse agli abitanti di Arzignano con un tasso d interesse del 20%, mentre poteva praticare il tasso che preferiva sui prestiti concessi ai forenses 5 ; questa concessione induceva tuttavia nel prestatore il timore che i non residenti potessero rivolgersi a lui attraverso l operato di qualche arzignanese compiacente, al fine di ottenere un tasso più favorevole, quindi nella stessa condotta il comune si impegnava a proteggerlo da questo tipo di truffa. Il periodo di pignoramento sarebbe stato di 12 mesi, trascorsi i quali il vicario avrebbe dovuto far fare delle grida, secondo l uso consueto; se in seguito i pegni non fossero stati riscattati Vitale ne sarebbe diventato il legittimo proprietario. Nel caso uno dei pegni fosse risultato rubato, al legittimo proprietario era concesso un mese dal momento del pignoramento per riscattarlo col solo pagamento del capitale, dopo Vitale avrebbe potuto richiedere anche il saldo dell usura relativa; anche in questo caso il pegno sarebbe diventato di proprietà 1 Giovanni Mantese, Storia di Arzignano, vol. 1, Edizioni del comune di Arzignano, Arzignano 1985, p Ibid., p. 144 e Edoardo Demo, L anima della città. L industria tessile a Verona e Vicenza ( ), Unicopli, Milano 2001, pp e p Si tratta verosimilmente del fratello dell Abram di Manuele da Orte che nel 1401 si dichiara residente a Vicenza alla stipulazione di un contratto relativo ad un banco padovano (Daniel Carpi, Di alcune famiglie di feneratori ebrei a Vicenza ( ), in Idem L individuo e la collettività. Saggi di storia degli ebrei a Padova e nel Veneto nell età del Rinascimento Olschki, Firenze 2002, pp a p. 117). 4 Archivio di Stato di Vicenza (= ASVi), Ufficio del Registro (= uff. reg.), 1421-IV, c. 366v (19/05/1421). 5 Nella condotta è precisato Cum hoc sit quod dictus Vitalis habet conventionem seu pactum cum hominibus de Arzignano posse muttuare ad suum banchum cum quatuor denarii pro libra ut in capitulis prenominatis plenus continetur et forensibus ad suum libitum voluntatem ; ibid., c. 367v.

9 La presenza ebraica a Vicenza e nel suo territorio nel XV secolo 73 del feneratore se non fosse stato riscosso dopo un anno o in seguito alle grida ordinate dal vicario. Infine, in caso di guerra l ebreo avrebbe potuto rifugiarsi in una località a sua scelta, purché all interno del distretto vicentino, nella quale si sarebbero dovuti recare i pignoranti al momento della riscossione del pegno. Seguivano i capitoli che vedevano maggiormente coinvolto il comune nei rapporti col feneratore, a partire da quelli che assicuravano all ebreo il rispetto delle festività ebraiche e dell alimentazione kosher 6. Il comune di Arzignano si impegnava ad esentarlo sia da tutte le tasse, ad eccezione dei dazi e gabelle comuni, che dal rimborso ai pignoranti nel caso un incendio (non provocato da lui) avesse distrutto i pegni. Il comune e gli homines di Arzignano dovevano anche proteggere lui ed il suo banco da furti ed aggressioni; nel caso tali violenze si fossero comunque verificate il comune si impegnava a risarcirlo integralmente, secondo le modalità riportate dalla condotta degli ebrei vicentini allora in vigore 7. Le ultime clausole andavano invece a vantaggio del comune: Vitale doveva, su richiesta del decano, mutuare al comune ogni anno fino a 25 di piccoli senza interesse; infine doveva corrispondere allo stesso 82 s 10 di piccoli, come canone annuale per la locazione della casa che gli sarebbe servita da abitazione e sede di banco e che gli veniva fornita dal comune stesso. La breve durata di questa condotta induce a pensare che si trattasse di un accordo relativo ad un periodo di prova nella gestione del banco, funzionale ad un successivo rinnovo se le parti si fossero trovate in sintonia, cosa che avvenne: il 3 agosto 1423 venne rogata la nuova condotta concessa a Vitale e a due suoi non meglio identificati soci 8 ; il rogito definiva legalmente la decisione presa dagli abitanti di Arzignano durante la vicinia svoltasi il 6 giugno precedente e formalizzava i nuovi accordi di condotta, i quali erano sostanzialmente identici ai precedenti. Nel testo non è stranamente riportata la durata della condotta, che tuttavia, attraverso altri documenti, si può ricostruire essere stata di quattro anni; la condotta successiva infatti aveva inizio il 6 giugno 1427 con di nuovo una durata quadriennale. Il testo di questa terza condotta è andato perduto, ma la sua attuazione e la sua durata sono attestate in modo indiretto: nel settembre 1427 il Senato veneziano confermava ad Anna, vedova di Vitale, la condotta accordatale, quale tutrice dei figli, dal comune arzignanese per un periodo di quattro anni, dal 6 giugno 1427 al 5 giugno Dunque Vitale di Manuele da Orte era morto durante il 6 A Vitale si garantiva non solo l approvvigionamento di carne kosher, allo stesso prezzo della carne venduta ai cristiani, presso i macellai di Arzignano, ma anche la possibilità di macellare in proprio secondo il rituale ebraico; ibid., c. 367r. 7 Questo accenno è purtroppo l unica informazione finora reperita relativa ad una prima condotta vicentina in vigore fra la fine della seconda e l inizio della terza decade del 400, condotta che rimane quindi totalmente sconosciuta; l unica di cui rimane il testo è quella del 1435, la quale prevedeva un generico rimborso totale. Per la condotta si veda Biblioteca Civica Bertoliana (= BCB), Archivio Torre (= AT), libro albo 61, c. 90v. 8 ASVi, uff. reg., 1423-IV, c. 471v (03/08/1423). 9 Archivio di Stato di Venezia (= ASVe), Senato Misti, reg. 56, c. 125v (22/09/1427).

10 74 R. SCURO periodo della seconda condotta, probabilmente all inizio di quello stesso , e la moglie gli era succeduta nell attività di gestione del banco di famiglia. Per il periodo in questione mancano ulteriori notizie circa la conduzione del banco, che tuttavia fu sicuramente portata avanti da Anna, come testimoniano due documenti: nel 1428 il banchiere ebreo Beniamino Finzi di Vicenza le affidò 80 ducati pro ponendi et traficando eos in bancho quem ipsa habuit nomine filiorum suorum in castro Arzignani et ipsos mutuando omnibus mutuo accipere volentibus 11 ; infine nel 1431, alla scadenza della condotta, Mele di Manuele da Montagnana, che era stato fattore del banco, si dichiarava saldato da Anna di Sabato per il salario dovutogli per gli anni di lavoro 12. L investimento di Beniamino Finzi mostra come il banco di Arzignano fosse ormai entrato a far parte di quella rete che univa non solo le diverse sedi di attività feneratizia ebraica, ma anche le famiglie che vi si dedicavano, attraverso un complicato intreccio di relazioni commerciali e parentali. Queste relazioni avevano avuto inizio sin dai tempi di gestione di Vitale, il quale nel luglio 1425 aveva ricevuto da Mosè di Assisi, residente a Mantova, la somma di 400 ducati; sette anni dopo era la volta di Anna di saldare parte dell investimento: la vedova di Manuele consegnava all ebreo mantovano Emanuele di Bonaventura da Urbino, in qualità di procuratore di Bonvino di Samuele de Francia (a sua volta tutore del pupillo Manuele, erede di Mosè d Assisi), la prima rata della restituzione della somma, pari a 235 ducati, e al contempo le parti si accordavano affinché Anna potesse continuare a tenere presso di sè e gestire il resto del denaro 13. Alla scadenza di questa terza condotta la gestione del banco arzignanese passò di mano, Anna si trasferì a Vicenza e quale titolare le subentrò Aberlino di Manno, a riprova di come l investimento sul territorio di Arzignano fosse diventato particolarmente interessante per gli stessi banchieri del capoluogo. 10 All inizio di febbraio del 1427 Anna di Sabato da Assisi, in qualità di vedova di Vitale di Manuele da Orte, si rivolge al giudice del banco del pavone di Vicenza per ottenere la tutela dei suoi cinque figli minorenni (Simone, Benvenuta, Ricca, Consula e Salomone) e dei loro beni; in veste di fideiussore di Anna si trova Musetto di Guglielmo da Modena (ASVi, uff. reg., 1427-V, c. 404r [10/02/1427]). 11 ASVi, uff. reg., 1428-I, c. 319r (12/08/1428). Anna aveva ricevuto la prima quota di 50 ducati il 3 giugno dello stesso anno e la seconda, coi rimanenti 30 ducati, il 23 giugno successivo; ad operare per Beniamino si trova Simone, figlio del rabbino Elia, che vive a Vicenza ed è fattore presso i da Modena. 12 ASVi, uff. reg., 1431-V, c. 447r (05/12/1431). Mele aveva probabilmente anche investito nel banco arzignanese; infatti si dichiara saldato anche per il denaro prestato per esercitare tale attività. 13 ASVi, uff. reg II, c. 573r (17/12/1432). Si noti come l ebreo mantovano investitore nel banco di Arzignano fosse originario di Assisi, come il suocero e la moglie dello stesso Vitale, non si può quindi escludere che legami parentali o di conoscenza unissero la famiglie da tempo. Per Dattilo, alias Joab, detto Bonvino, di Samuele de Francia e Manuele di Bonaventura da Urbino, banchieri a Mantova, si veda Shlomo Simonsohn, History of the Jews in the Duchy of Mantua, Kiryath Sepher, Jerusalem 1977, pp

11 La presenza ebraica a Vicenza e nel suo territorio nel XV secolo 75 L insediamento di Aberlino segna il primo passo di quello che sarà il progressivo accentramento di questa attività nelle mani degli ebrei feneratori vicentini, sino a far diventare questo banco una sorta di comoda succursale per il bisogno di credito della vicina Vicenza, al tempo della gestione dei da Modena. Il contratto relativo alla nuova condotta concessa ad Aberlino venne rogato il 6 ottobre 1432 ed avrebbe avuto valore per cinque anni, eventualmente rinnovabili 14. Gli accordi si aprivano con l impegno del comune di Arzignano di proteggere Aberlino e la sua famiglia, o il fattore di banco che avesse risieduto nella località, da ogni possibile aggressione rivolta contro di lui e la sua attività, eventualmente lo stesso comune avrebbe provveduto ad indennizzarlo. Inoltre gli si garantiva che gli sarebbe stata fata rason sumaria in contra chadauno so vero debitore e che li sia tratadi como citadini e habitadori d Arçignan. Quindi si passava alla descrizione dell attività feneratizia: Aberlino doveva prestare applicando un tasso del 20% per gli abitanti di Arzignano, mentre per gli altri che si fossero rivolti a lui il tasso era del 30%, calcolato giorno per giorno; la durata del pignoramento era di 12 mesi, scaduti i quali, senza che fosse avvenuto il riscatto dell oggetto, Aberlino doveva far fare due grida a distanza di 15 giorni per somme inferiori alle 20 o due avvisi personali, entro un mese, per somme superiori, dopo i quali, se il pignorante non avesse riscosso era concordato che el dito zudio possa licitamente vendere li diti pegni. Gli si faceva divieto sia di accettare come pegni degli oggetti sacri, in pena di veder perso sia il capitale che l usura, sia di prestare nei giorni di festività cristiana. In caso di guerra avrebbe potuto trasferirsi a Vicenza portando con sè i pegni, però solo dopo aver avvisato il vicario ed il decano e dalla somma per la riscossione avrebbe dovuto detrarre ai pignoranti le spese di viaggio. Altri capitoli lo vedevano direttamente coinvolto in relazioni col solo comune: questo gli garantiva l esenzione da tutte le tasse e le colte imposte dallo stesso, ma in cambio il feneratore dove garantire, in caso di necessità, un prestito fino a 100 senza interesse per i primi tre mesi; in cambio ad Aberlino si concedeva di non accordare un secondo prestito finché il primo non fosse stato integralmente saldato. Infine, alla stregua di quanto era già accaduto con Vitale e con sua moglie Anna, il comune avrebbe concesso in locazione la casa da utilizzare per il banco, per la quale l ebreo doveva pagare annualmente 50. Nel testo di questa condotta mancano tutti i consueti capitoli che regolavano la vita sociale degli ebrei residenti, quali ad esempio quelli relativi al rispetto delle 14 ASVi, Notarile vicentino (= not.), b (not. Bartolomeo di Bertramo Bassan), quad. 4, c. 11r (06/10/1432). Alla scadenza del quinquennio pattuito, se le parti si fossero trovate in accordo si sarebbe direttamente passati ad un rinnovo della condotta per altri cinque anni; nel caso questo accordo non vi fosse Aberlino aveva il diritto di tornare a Vicenza, portando con sè, a proprie spese, i pegni ancora presso di lui e sarebbe spettato agli arzignanesi recarsi da lui per la riscossione. La condotta otteneva la conferma del Senato veneziano il 10 ottobre seguente, come ricordato nel contratto di vendita del banco a Beniamino Finzi, del quale si dirà poi.

12 76 R. SCURO festività ebraiche e delle regole alimentari. Evidentemente per questo il comune arzignanese aveva deciso di prendere totalmente a modello la condotta stipulata dal comune di Vicenza nel 1425, veniva infatti inserito un capitolo nel quale si specificava che in tute le altre conse lui sia tratà come li zudie che presta in Vicenza. Le fonti tacciono sulla successiva gestione di Aberlino, la quale si interruppe anticipatamente nel 1434, con la vendita da parte di Aberlino del banco e del diritto di condotta che su esso pendeva ad un altro banchiere ebreo vicentino, lo stesso Beniamino Finzi che aveva investito in questa attività almeno dal periodo di gestione di Anna di Sabato. I motivi che spinsero Aberlino a cedere il banco non sono esplicitati, anche se evidentemente sono gli stessi che lo spinsero ad abbandonare la piazza vicentina, ovvero il suo trasferimento a Pavia, dove, come si è visto in precedenza, nel 1433 aveva ottenuto la condotta per esercitare la fenerazione 15. Il 5 dicembre 1434 Aberlino di Manno, a nome suo e dei suoi soci, presentò quindi alla vicinia del comune di Arzignano Beniamino Finzi quale suo socio per il banco 16 ; due giorni dopo fra i due ebrei veniva stipulato l effettivo contratto di compravendita: il Finzi acquistava il banco, la condotta, per l intero periodo della sua durata, i pegni ed anche i diritti che Aberlino poteva vantare su di essi, comprensivi del capitale e dell usura conseguenti per il periodo compreso fra il settembre 1433 ed il novembre 1434, sulla base di quanto contenuto nei due quaderni di banco tenuti dal fattore Josep di Jacob. I due avevano già provveduto a calcolare collegialmente il valore dei beni e dei diritti acquistati dal Finzi, che risultò essere pari alla somma di ducati e 6 di piccoli; Beniamino doveva pagare subito una prima rata del saldo, ossia 432 ducati e 2 s 5 d 6 di piccoli, ed in seguito si impegnava a saldare il debito in un anno, con due rate semestrali 17. Se la vendita del banco e della relativa condotta, appena descritta, resta un caso isolato per il territorio vicentino, non doveva però esserlo nel generale contesto dell attività feneratizia, ebraica e non: vendite di banchi ebraici si riscontrano anche nel territorio veronese Shlomo Simonsohn, The Jews in the Duchy of Milan, The Israel Academy of Science and Humanities, Jerusalem 1982, p. 6. Sulla dipartita di Aberlino da Vicenza si veda il paragrafo relativo alle maggiori famiglie ebraiche vicentine, contenuto nel capitolo ASVi, uff. reg., 1434-V, c. 379r (05/12/1434). 17 La prima rata, che doveva essere corrisposta entro il 1 giugno 1435, era di 438 ducati 3 s 14 d 6 di piccoli, la seconda, con scadenza il 1 dicembre dello stesso anno, era di 330 ducati; nel caso in cui Beniamino fosse stato privato di tutti i beni da una rapina e o da un incendio (di cui non fosse diretto responsabile) veniva totalmente esentato da qualsiasi saldo. ASVi, uff. reg., 1434-I, c. 60r e c. 93v (07/12/1434). 18 Si vedano gli studi su Verona del dott. Vito Rovigo contenuti nella sua tesi di laurea; Vito Rovigo, Ricerche sulla presenza ebraica a Verona e nel Veronese nella prima metà del Quattrocento, tesi di laurea, Università degli Studi di Trento, Facoltà di Lettere e Filosofia, rel. G. M. Varanini, a. a

13 La presenza ebraica a Vicenza e nel suo territorio nel XV secolo 77 Il cambio di titolare non dovette creare particolari scossoni; non solo il Finzi portò a termine il periodo di condotta, ma continuò in seguito ad investire in questo banco, che fu successivamente gestito da Josep da Velletri e da suo padre Abramo. L inserimento della famiglia da Velletri nel banco di Arzignano risale sicuramente almeno all ultimo periodo di condotta di Beniamino e probabilmente iniziarono ad operarvi in qualità di fattori-investitori: nell agosto del 1437 ricevevano in deposito la notevole somma di ducati dallo stesso Beniamino affinché venissero investiti nell attività feneratizia. Alla scadenza della condotta non è chiaro chi ne ottenne il rinnovo; probabilmente furono i da Velletri, visto che nel marzo successivo Josep viene definito quale habitator in Arzignano et tenens ibi banchum imprestedi, ma Beniamino Finzi ne manteneva ancora una quota come dimostra un contratto stipulato in quei giorni a Vicenza sempre in relazione al precedente deposito del Finzi: Beniamino aveva già ricevuto le prime due rate di saldo, senza interesse, pari a 400 ducati da corrispondere entro la fine d agosto del 1437 e a 559 ducati per il gennaio 1438, mentre ora le parti si accordavano affinché Josep tenesse i rimanenti 450 ducati investiti nel banco per altri cinque anni, plausibilmente la durata della condotta 19. In seguito fra i da Velletri e Beniamino Finzi sorse una controversia in relazione a questa quota, per il mancato rispetto degli accordi dei gestori del banco, lite che si risolse il 1 gennaio 1440 con una sentenza d arbitrato di altri tre ebrei vicentini, Daniele di David da Cologna, Salomone di Mele e Bonaventura di Beniamino da Fano. I tre ordinarono a Josep e a suo padre Abramo di saldare Beniamino per una somma pari a 537 ducati, comprensiva del capitale, dell utile pattuito per l anno appena trascorso (con un tasso all 11%) e di ogni altro possibile scambio economico intervenuto fra di loro, compreso del vino che Beniamino aveva acquistato da loro; i primi 237 ducati gli dovevano essere corrisposti entro una settimana, altri 100 entro la metà di febbraio, mentre per il saldo dei rimanenti 200 ducati avevano a disposizione due anni di tempo. Ne seguiva l immediato saldo delle prime due rate da parte dei da Velletri e l accordo affinché il resto della somma rimanesse depositato, per il biennio pattuito, per la gestione del banco; a questa i debitori avrebbero dovuto aggiungere altri 40 ducati in 19 ASVi, uff. reg II, c. 126r (10/03/1438). Nel documento in questione, sfortunatamente poco chiaro, si menziona il contratto di deposito di ducati, che era stato rogato il 9 agosto 1437 dal notaio Donato di Bartolomeo Sale, ma che non è stato possibile reperire; le modalità di restituzione di queste prime due quote, senza interessi e con tempi brevissimi, possono confermare indirettamente che la completa gestione del banco era passata di mano, i da Velletri si apprestavano a saldare Beniamino Finzi dopo la conclusione della sua condotta, tuttavia lo stesso ne manteneva una quota, rappresentata dall ultima rata a scadenza quinquennale.

14 78 R. SCURO caso di pagamento ritardato: probabilmente questi ultimi rappresentavano l utile dovuto per l investimento, pari al 10% annuo 20. La mancanza di documentazione fa calare un lungo silenzio sul periodo seguente, sino alla fine degli anni 40, quando ormai la situazione degli ebrei di Vicenza era totalmente cambiata e con essa anche quella dello stesso banco arzignanese, i cui legami di interdipendenza col capoluogo, come si è visto, si erano fatti sempre più stretti. Nel novembre del 1448 una sentenza dell Avogaria di Comun di Venezia descrive una situazione completamente cambiata: a gestire il banco era in quel momento un altra famiglia ebraica vicentina e anche gli accordi di condotta avevano subito un evoluzione che vedeva peggiorata la situazione dei prestatori. I nuovi titolari del banco, e della condotta, erano Zanatano di Musetto da Modena 21 ed i suoi fratelli, che l avevano acquisito da Josep di Abramo, indubbiamente lo stesso da Velletri; come si è visto la famiglia da Velletri si era trasferita nel capoluogo nel 1440 per gestire il banco di Pozzo Rosso di Jacob di Mosè d Ancona di Padova, ma aveva mantenuto anche la gestione di questo banco del distretto. I nuovi titolari e Josep erano accusati, nel processo, di non aver rispettato molte delle clausole imposte dalla condotta, soprattutto di aver truffato i pignoranti. Il nodo centrale dell accusa era infatti rivolto ad un punto fondamentale del rapporto fra banchiere e pignorante, ovvero la vendita dei pegni non riscossi. Secondo l accusa i feneratori avevano conteggiato anche l interesse già maturato nel calcolo della somma per il saldo, calcolo che inoltre non era stato fatto giorno per giorno; avevano poi trattenuto per sé una somma maggiore di quanto dovuto come rimborso per le grida, le quali a loro volta non erano mai state fatte puntualmente, bensì in ritardo, a vantaggio del prestatore; infine, ultimo punto, ma decisamente il più importante, avevano trattenuto per sé il sopravanzo proveniente dalla vendita dei pegni, senza restituirlo ai legittimi proprietari dell oggetto 22. La situazione era dunque assai cambiata, la possibilità, sanzionata dalle condotte precedenti e da quella vicentina del 1435, di trattenere interamente per sè 20 ASVi, uff. reg., 1440-II, c. 142v (01/01/1440) e c. 140r e 141v (08/01/1440); in seguito anche Abramo di Vitale da Velletri confermò personalmente la sentenza e l impegno assunto dal figlio anche a nome suo (ASVi, uff. reg., 1440-II, c. 141r [20/01/1440]). 21 I da Modena dovevano conoscere bene la piazza: avevano intrattenuto buoni rapporti con Anna di Sabato tanto che Musetto di Guglielmo appare anche come suo fideiussore nella tutela dei figli e le relazioni con Beniamino Finzi, come si è visto in precedenza, erano costanti. 22 ASVe, Avogaria di Comun, Raspe, 3649 ( ), c. 186v (15/11/1448). I tre Avogadori di Comun incaricati del processo erano Tommaso Duodo, Andrea Morosin e Nicolò Bernardo. È interessante sottolineare come fra i tre Avogadori si possa trovare un esperto in materia finanziaria: con ogni probabilità il citato Nicolò Bernardo è lo stesso importante banchiere, oltre che influente appartenente dell aristocrazia, che il 23 marzo 1430 era stato a capo della società che aveva aperto a Rialto la banca Bernardo-Garzoni; si veda Reinhold C. Mueller, Money and banking in Medieval and Renaissance Venice, vol. 2, The Venetian Money Market. Banks, Panics and the Public Debt , The Johns Hopkins University Press, Baltimore and London 1997, pp

15 La presenza ebraica a Vicenza e nel suo territorio nel XV secolo 79 i pegni non riscossi non era più attuata; la situazione del distretto vicentino si era evoluta seguendo una linea già consolidata in altre realtà, quali ad esempio Padova e Treviso o, nel distretto, la stessa Marostica. Se ancora non veniva imposta un asta pubblica dei pegni, il feneratore era comunque obbligato a restituire il sopravanzo della vendita ai pignoranti; l importanza di questa nuova clausola era ulteriormente sottolineata dall esplicito richiamo degli Avogadori affinché alla scadenza del periodo di pignoramento gli ebrei feneratori si rivolgessero ai massari del comune di Arzignano per una descrizione dell oggetto e la notifica al debitore della vendita. Ovviamente i da Modena non accettarono passivamente il procedimento a loro carico e pur non negando le loro responsabilità inviarono il loro fattore vicentino, Samuele di Dattilo da Terracina, a perorare delle attenuanti in loro favore: chiedevano quindi che l accusa fosse rivolta a Josep poichè gli illeciti sarebbero stati commessi durante il suo periodo di gestione; anche al tempo della società fra di loro, i da Modena ne erano ignari, erano al contrario certi che lo stesso operasse per il meglio; infine quando, subentrati nella gestione, avevano trattenuto presso di sé i pegni in quel momento nel banco, il guadagno ricavato dalla loro vendita era stato minimo. Gli Avogadori passarono quindi all esame dei libri di banco 23, riscontrando che il valore dei pegni trattenuti o venduti nel periodo, dal 1447, di gestione dei da Modena era pari a 310 ducati, mentre per il periodo di gestione di Josep era di 487 ducati; a seguito della valutazione emisero la sentenza: ognuna delle parti doveva restituire ai pignoranti una somma pari al 25% del valore dei pegni computato per ciascun periodo di gestione ed in più dovevano pagare una multa al comune veneziano di 100 ducati 24 ; infine a Zanatano e fratelli si concedeva di poter procedere in giudizio contro Josep per ottenere ragione delle quote di multa che gli spettavano. Dunque sicuramente dal 1447 il banco era gestito dai da Modena, è proprio con questa famiglia che esso assunse un ulteriore nuova connotazione e venne portato a conclusione quel processo che da due decenni aveva visto quest attività sempre più indissolubilmente legata alla fenerazione praticata a Vicenza. Se inizialmente la piazza di Arzignano aveva rappresentato un comodo e vicino 23 Probabilmente gli Avogadori di Comun dovettero far tradurre dall ebraico i libri di banco, come negli stessi anni aveva ordinato il podestà di Padova durante il processo all ebreo padovano Josep quondam magistri Abraham ; si veda Philippe Braunstein, Le prêt sur gages à Padoue et dans le Padouan au milieu du XV e siècle, in Gli ebrei a Venezia. Secoli XIV-XVIII, Atti del convegno internazionale organizzato dall Istituto di Storia della società e dello Stato veneziano della Fondazione Giorgio Cini (Venezia, giugno 1983), a c. G. Cozzi, Edizioni Comunità, Milano 1987, pp a p Ai da Modena veniva imposto di rendere ai pignoranti una somma pari a 77 ½ ducati, mentre per Josep tale somma era di 122 ½ ducati. Anche la multa di 100 ducati veniva divisa in quote proporzionali, per i da Modena corrispondeva a 38 ducati e 18 grossi, mentre era di 61 ducati per Josep; a favore di Venezia dovevano confluire anche le somme destinate a pignoranti non più reperibili. Dalla multa si ricava che in media il sopravanzo, su capitale ed usura, che si ricavava dalla vendita dei pegni si aggirava sul 25%.

16 80 R. SCURO sito d investimento per i banchieri cittadini, come nel caso di Aberlino e di Beniamino Finzi, con l insediamento dei da Modena, e le mutate condizioni per gli ebrei nel territorio, il banco arzignanese diventò una sorta di succursale per il bisogno di credito del capoluogo, ormai privato dei suoi banchi. Si ripeteva, quindi, anche per il territorio berico la situazione riscontrabile nelle altre maggiori città della Terraferma veneta, soprattutto a Venezia: mentre i banchi di Mestre sopperivano già da fine 300 all assenza di prestatori nella capitale, è proprio dalla metà del secolo che il modulo si ripete sia a Padova, con Piove di Sacco, che a Verona, con Villafranca e Soave 25, fino alla stessa Vicenza con Arzignano, a dimostrazione di come nel Veneto di quel periodo si fosse creata una situazione comune; ai proclami d espulsione dalle città gli ebrei feneratori avevano risposto rifugiandosi nel contado. Come si è visto questi sono anni di crisi per le comunità ebraiche della Terraferma veneta, quasi tutti i maggiori centri ne proclamano l espulsione e su popolazione e governanti comincia a farsi sentire con forza la predicazione dei minoriti. Vicenza rientra pienamente in questo contesto: qui la crisi iniziò nei primi anni 40, in coincidenza con la predicazione in città di Bernardino da Siena, e portò già nello stesso decennio al trasferimento dei maggiori banchieri, ben prima del decreto d espulsione (peraltro disatteso) del In questo contesto alla famiglia da Modena, che evidentemente intendeva rimanere sulla piazza, dovette sembrare naturale scegliere come nuovo insediamento la vicina Arzignano e molti motivi dovevano apparire convenienti: il primo è certamente la più volte citata vicinanza al capoluogo visto che solo venti chilometri separano i due centri, una distanza facilmente percorribile in un giorno di cammino; al contempo la stessa Arzignano rappresentava un appetibile centro economico dove esercitare attività di credito; infine, non va dimenticato come il legame fra il banco arzignanese e quelli cittadini fosse già stato creato da oltre un decennio. Per attuare questo nuovo tipo di gestione la famiglia si era spostata ad Arzignano, ma manteneva un abitazione nel capoluogo, nella quale doveva evidentemente vivere uno o più membri della famiglia che avrebbero fatto da tramite per i prestiti del capoluogo; così nel 1451 mentre Zanatano di Musetto era feneratore nel banco del contado (ancora una volta situato in un abitazione data in locazione dal comune locale), suo fratello Simone, anche lui residente e banchiere nella stessa località, affittava una casa a Vicenza in sindicaria S. Stefano 25 Gian Maria Varanini, Il comune di Verona, Venezia e gli ebrei nel Quattrocento. Problemi e linee di ricerca, in Idem, Comuni cittadini e stato regionale. Ricerche sulla Terraferma veneta nel Quattrocento, Libreria Editrice Universitaria, Verona 1992, pp a p. 289 (lo stesso saggio si trova con titolo diverso anche in Idem, Appunti per la storia del prestito e dell insediamento ebraico a Verona nel Quattrocento. Problemi e linee di ricerca, in Gli Ebrei e Venezia, pp ); per Venezia si veda anche Reinhold C. Mueller, Les prêteurs juifs à Venise au Moyen Age, in Annales. Économies, Sociétés, Civilisation, 30, 1975, pp a p Si veda oltre al capitolo 5.

17 La presenza ebraica a Vicenza e nel suo territorio nel XV secolo 81 per quattro anni da Gabriele di Giorgio Angusoli, col patto che in dicta domo superius locata non mutuarent nec mutuari faciant ad usuram e che potessero portarvi i pegni del banco di Arzignano solo in caso di guerra 27 ; la funzione primaria della casa vicentina probabilmente figurava essere di luogo sicuro dove ripararsi in caso di guerra, ma la possibilità che Simone o qualche suo familiare e fattore potesse usarla come ufficio cittadino del banco di famiglia non appariva remota al locatore se lo induceva a specificare una simile clausola nel contratto. Tuttavia è ovvio supporre che il divieto fosse facilmente aggirabile, come testimonia una controversia fra i fratelli da Modena ed il nobile vicentino Cristoforo di Nicolino Trissino: nel 1456 le parti non trovavano un accordo sulla somma che il nobile avrebbe dovuto versare ai feneratori per riscattare numerosi suoi pegni, impegnati proprio al banco di Arzignano 28. Ad ulteriore riprova nella sua petizione del 1470, per un nuovo decreto d espulsione, l ambasciatore vicentino sottolineavano alla Dominante come il divieto di fenerazione venisse facilmente aggirato attraverso la fenerazione indiretta, ovvero gli ebrei cittadini feneravano per nome e conto di quelli residenti al di fuori di Vicenza 29 ; e ancora nel 1479 l ennesima ducale di divieto di fenerazione per gli ebrei vicentini riproponeva il problema dei pegni cittadini dirottati verso i banchi del territorio ASVi, uff. reg., 1451-V, c. 863r (23/07/1451). Forse il nobile vicentino temeva anche la scomunica, visto il periodo teso fra cristiani ed ebrei vicentini, considerato che in base alla sinodale Usurarum voraginem un cristiano che avesse locato un abitazione ad un feneratore ebreo sarebbe stato scomunicato ipso iure (Diego Quaglioni, Inter Iudeos et Christianos commertia sunt permissa. Questione ebraica e usura in Baldo degli Ubaldi (c ), in Aspetti e problemi della presenza ebraica nell Italia centro-settentrionale (secoli XIV e XV), a c. S. Boesch Gajano, in Quaderni dell Istituto di Scienze Storiche dell Università di Roma, Roma 1983, pp alle pp ). 28 ASVi, uff. reg. 1460, c. 766r (17/05/1456). Nel documento sono minuziosamente elencati i pegni del nobile vicentino, ma non è specificata la somma dovuta. A titolo d esempio sul tipo di pegni allora in uso, da parte di un nobile, procedo a riproporne in questa sede l elenco, sono: una veste da uomo di panno morello foderata di zendale nero, due scunore(?) da donna di seta foderate d argento per un peso di tre once e mezzo (=104,33 gr), un altra veste da uomo di panno morello, non finita e per la quale sono state usate nove braccia di panno (= 5,58 m), un drappo a stanga lungo sei braccia (= 3,72 m) con bordo ad occhielli di cotone lavorato; per i tessuti si veda Achille Vitali, La moda a Venezia attraverso i secoli. Lessico ragionato, Filippi Editore, Venezia 1992, s. v. e per le misure si veda Angelo Martini, Manuale di Metrologia. Ossia misure, pesi e monete in uso attualmente e anticamente presso tutti i popoli, editrice E.R.A., Roma 1976, p La controversia si risolse con un arbitrato del nobile Cristoforo di Nicolò Trissino che assegnava la restituzione al Trissino debitore di soli due pegni, la veste bruna foderata ed il tessuto con bordo ad occhielli (ASVi, uff. reg., 1460, c. 767r [17/05/1456]). 29 Praeterea ipse orator nobis exposuit Judaeos quosdam in ista Civitate residentiam facere, qui pignora accipiunt a civibus, et pecunias dant nomine Judaeorum faenerantium extra civitatem, et tamen sic indirecte faciunt faenerationes in civitate contra intentionem et mentem nostram. (BCB, AT, libro albo 61, c. 260r [17/06/1470]). 30 BCB, AT, Libro I Albo, c. 146r (17/03/1479).

18 82 R. SCURO Si è fino ad ora trascurata un analisi più chiara dell attività di credito svolta dal banco di Arzignano, ma sfortunatamente la documentazione reperita è particolarmente scarsa e circoscritta al periodo di gestione di quest ultima famiglia. Come si è visto il banco sopperiva all assenza di feneratori nel capoluogo, ma doveva anche continuare a soddisfare le esigenze del vicariato; ecco perciò che il 17 aprile del 1453 si trovano i fratelli da Modena come creditori per la somma di 449 di piccoli nei confronti di Tommaso di Valentino da Arzignano quale debitore principale, con Giovanni di Olmo ed Andrea di Antonio di Gaspare, entrambi di Arzignano, in veste di fideiussori 31. Lo stesso Tommaso si rivolse di nuovo ai banchieri nel dicembre dell anno seguente, ottenendo un nuovo prestito di 337 di piccoli 32 ; nell aprile del 1455 è invece un altro arzignanese, Giacomo di Domenico, ad essere loro debitore per la somma di 25 ducati, che avrebbe saldato entro Natale al posto del notaio Marco di Uguccione Zonella 33. La scarsità di attestazioni ed il divario delle somme rendono quasi impossibile una qualsiasi conclusione; per ora si può segnalare soltanto come questi appaiano prestiti destinati a piccoli investimenti e come sia più diffusa che per il capoluogo la tendenza a rateizzare il saldo; anche l indicazione di prestito nomine mutui, servicii et amoris concessa a Tommaso di Valentino per il suo secondo debito non appare significativa: come si è visto per il capoluogo la stessa indicazione poteva semplicemente indicare che veniva applicato il tasso della condotta. A questa mancanza di informazioni sull attività vera e propria del banco fa da contraltare una complessa rete di documenti che indica come la famiglia avesse investito nello stesso. Si scopre così che in relazione al banco di Arzignano lavorava l intera parte maschile della famiglia: mentre Zanatano di Musetto e suo fratello Mosè sono attestati quasi sempre ad Arzignano, il terzo fratello, Simone di Musetto, ed i loro nipoti Simone ed Israele di Elia di Musetto, si alternavano fra Arzignano e la residenza di Vicenza, dove probabilmente continuavano comunque a lavorare in funzione del banco. Anche il quarto fratello Isach di Musetto, seppure emancipato dal 1447, continuava ad investire nel banco di famiglia somme importanti. Il primo investimento certo di Isach risale allo stesso periodo della sua emancipazione; così il 28 giugno 1447 depositava nel banco dei fratelli e dei nipoti ben ducati, che gli vennero restituiti, con l interesse maturato, nell aprile del 1453; lo stesso giorno della restituzione ne 31 ASVi, uff. reg., 1453-I, c. 83r (17/04/1453). I tre si impegnavano a saldare inizialmente 20 ducati (= 86; si veda Frederic C. Lane e Reinhold C. Mueller, Money and banking in Medieval and Renaissance Venice, vol. 1, Coins and moneys of account, The Johns Hopkins University Press, Baltimore and London, p. 614) entro settembre e a chiudere il saldo nel marzo ASVi, uff. reg., 1454-II, c. 308r (19/12/1454). Fideiussori di Tommaso risultano essere Melchiorre di Bonaventura da Arzignano ed il notaio Giuliano di Pietro Serpi; la somma doveva essere saldata in due rate, la prima entro il mese di aprile seguente e la seconda a settembre. 33 ASVi, uff. reg., 1455-II, c. 440v (16/04/1455).

19 La presenza ebraica a Vicenza e nel suo territorio nel XV secolo 83 reinvestì 900 per un periodo di 10 anni 34. In realtà il proposito non fu mantenuto e già nel settembre del 1454 Isach si fece saldare dai fratelli dei primi 100 ducati e dopo un anno dei rimanenti 800, tuttavia è anche ben chiaro che la famiglia gli aveva contemporaneamente corrisposto l interesse maturato 35 ; seppure non sia mai specificato chiaramente su quale percentuale fosse fissato questo interesse, credo che sia plausibile identificarlo intorno al 10%, lo stesso tasso concesso in precedenza a Beniamino Finzi e comunque universalmente piuttosto comune e, come si vedrà in seguito, attestato anche presso un altro banco del territorio, quello di Marostica. Se Isach in seguito all emancipazione aveva continuato ad investire nelle attività di famiglia, pur non partecipandovi più direttamente, Simone ed Israele di Elia, nipoti di Zanatano, Simone e Mosè di Musetto, dopo l emancipazione dagli zii, avvenuta durante il periodo di gestione di questo banco, continuarono anche a vivere e lavorare all interno della famiglia 36. In seguito la situazione ormai stabile che si era venuta a creare da più di un decennio fu improvvisamente mutata con ogni probabilità dal cambiamento degli equilibri interni alle forze del gruppo dirigente di Arzignano, con l ascesa al potere di una fazione avversa ai prestatori: il 5 ottobre 1460, alla presenza del vicario vicentino Marcello Loschi, il decano arzignanese Enrico di Alberto da Arzignano concesse la procura allo squadrerius Baldissera di Graziolo da Arzignano e a Pietro Antonio di Cristoforo da Arzignano, affinché rappresentassero la comunità nella causa contro gli ebrei davanti a qualsiasi tribunale del comune di Vicenza o davanti a qualsiasi tribunale ecclesiastico o laico, soprattutto della Dominante, ma non davanti al podestà di Vicenza o ai suoi giudici assessori 37. Lo scontro, dunque, aveva già avuto inizio da qualche tempo ed il gruppo di governo aveva probabilmente ormai individuato la scelta dei tribunali dove avrebbe più facilmente potuto ottenere ragione: rivolgersi ai tribunali vicentini gestiti dalla nobiltà locale, che già da tempo aveva iniziato a manifestare la sua ostilità verso gli ebrei, o ad un tribunale ecclesiastico doveva sicuramente rappresentare una garanzia, ma la lontananza della Dominante poteva anch essa agevolarli; del resto la stessa Venezia solo due anni prima aveva dato ragione a Marostica nella causa contro gli ebrei ed inoltre se il comune avesse ottenuto una sentenza favorevole da un tribunale veneziano gli ebrei non avrebbero potuto appellarsi contro di essa. Al contrario, non altrettanto facile doveva apparire 34 ASVi, uff. reg., 1453-II, c. 276r e c. 278r (10/04/1453). 35 ASVi, uff. reg., 1454-I, c. 71r (02/09/1454); ASVi, uff. reg., 1454-IV, c. 1075r (02/09/1454); ASVi, uff. reg., 1455-III, c. 619r (26/08/1455). 36 ASVi, uff. reg., 1460, c. 766r (17/05/1456). Per l emancipazione dei fratelli figli del q. Elia e la divisione dell eredità del loro nonno paterno Musetto, padre degli zii Zanatano, Samuele e Mosè, si veda il capitolo relativo alle famiglie ebraiche di Vicenza. 37 ASVi, not., b (not. Alberto di Enrico di Alberto da Arzignano), s. d. (05/10/1460). Si noti come la nuova fazione dovesse comprendere alcune fra le famiglia più importanti del territorio, il notaio che roga l atto, ad esempio, è il figlio del decano in carica. La notizia è riportata anche in Mantese, Storia di Arzignano, p. 109.

20 84 R. SCURO ottenere una sentenza favorevole dalla vera autorità che per il vicentino aveva la giurisdizione sulle cause vertenti gli ebrei, ovvero il podestà del capoluogo, probabilmente considerato troppo super partes, se non connivente con la parte avversa. Alla fine dovettero comunque spuntarla i feneratori, perché la sentenza fu emessa dal podestà vicentino il 27 febbraio 1461 ed infine il 1 luglio seguente fra le parti si arrivò all accordo definitivo, che annullava la condotta concessa agli ebrei feneratori con due anni d anticipo 38. La lite era sorta tempo prima, perché il comune voleva che gli ebrei tenessero nel banco i pegni degli arzignanesi, senza interesse, per qualche altro anno dopo la scadenza della condotta, affermando che questo era stato promesso proprio dagli stessi feneratori in un altra precedente controversia che aveva visto contrapposte le parti; lo scontro doveva essere poi degenerato, aiutato da un clima antiebraico che si stava facendo sempre più forte, e si era così arrivati alla sentenza del podestà vicentino Luca Moro che dichiarava conclusa la condotta e concedeva agli ebrei di trasferirsi a Vicenza, come prevedeva la stessa condotta e come chiedevano i da Modena, per non dover corrispondere ancora al comune le 100 del canone annuale d affitto della casa-banco, ma soprattutto perché timorosi di aggressioni. I feneratori avevano infatti sottolineato al podestà come già avessero subito delle violenze: alcuni abitanti avevano strappato di fronte a loro le scritture di debito ed inoltre una rapina violenta presso la loro casa-banco li aveva privati di alcuni pegni; il podestà provvedeva quindi con questa sentenza ad assicurare che potessero senza indugi trasferirsi a loro spese nel capoluogo, non solo per il loro bene, ma anche (forse soprattutto) per quello degli oggetti impegnati quia in dicto banco multa erant pignora civium Vincentie et forensium ; viene anche in questo caso riconfermata la funzione del banco di Arzignano quale succursale per le esigenze di credito della città, e non solo. Si era quindi proceduto all attuazione della sentenza e proprio a questo fine il podestà aveva inviato al vicario di Arzignano due suoi milites socii, perché scortassero nel capoluogo i feneratori ed i loro pegni; è proprio a questo punto che si inserisce una nota di colore nella vicenda: non restava che caricare sui carri, pronti per il trasporto, i pegni già ben imballati, quando il decano ed il sindaco dovettero probabilmente accorrere di gran fretta dagli ebrei per fermarne la partenza, costretti a proporre un accordo vantaggioso per i feneratori 38 ASVi, not., b (not. Bartolomeo di Bertramo Bassano), quad. 2, c. 37r (01/07/1461). Il documento viene rogato nell abitazione cittadina del nobile Giacomo Muzano (che figura anche quale fideiussore del comune) ed i rappresentanti del comune di Arzignano sono il decano Giovanni di Nicolò dalla Negra ed il sindaco, il notaio Giuliano di Pietro Serpi, mentre per i da Modena ad operare per conto dei fratelli Zanatano e Mosè e dei nipoti (e degli altri soci) è Simone di Musetto. Sfortunatamente non è possibile risalire alla data della condotta e della sua conferma veneziana, poichè lo spazio relativo è stato lasciato in bianco dal notaio. Inoltre anche le motivazioni della prima lite insorta fra le parti restano ignote, infatti il documento riporta solo i successivi accordi, dai quali in seguito era scaturito il nuovo contrasto.

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