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1 (adozionescuola) In che classe inserire un bambino arrivato in età scolare? Inviato: Ven 1 dicembre 2010 La questione del quanto tempo attendere prima dell ingresso a scuola si intreccia con un altra decisione non sempre facile da prendere: IN QUALE CLASSE inserire il bambino o il ragazzo adottato internazionalmente? Questione di non facile soluzione, perché in questo caso la decisione dei genitori deve confrontarsi con i suggerimenti della scuola, oltre a tener conto delle possibilità e dei vincoli posti dall attuale normativa scolastica: che prevede la POSSIBILITA di inserire l alunno proveniente da un paese straniero nella classe precedente a quella che gli competerebbe per età, con l eccezione dell iscrizione alla prima classe della primaria, che deve tassativamente avvenire al compimento del sesto anno di età. La scelta di far slittare di un anno all indietro l iscrizione sembra in effetti la più praticata, motivata dall opportunità di non sottoporre il bambino appena arrivato a uno sforzo cognitivo eccessivo e di dargli il tempo di familiarizzare con la nuova lingua. Ma i bambini adottati hanno alle spalle situazioni molto diverse, e la soluzione che va bene in un caso potrebbe essere inadatta per un alto. Quali sono le vostre esperienze in merito? Riusciamo a definire insieme i criteri che dovrebbero guidare questa scelta? Inviato: Mer 16 febbraio 2011 Riporto in prima piano il post che avevo inserito nello scorso dicembre perché l'argomento "in che classe inserire i bambini adottati internazionalmente" è spesso centrale negli incontri che stiamo tenendo presso le scuole in cui sono presenti anche genitori. Le scelte delle famiglie sono diverse, a seconda che si ponga l'accento sul "DIRITTO" del bambino a frequentare la classe che gli compete per età o sul suo "BISOGNO" di misurarsi con l'apprendimento con tempi più distesi. Ma conta anche la situazione pregressa del bambino: la scolarizzazione precedente - se c'è stata -, il suo stato psico-emotivo... Una riflessione sulle scelte effettuate, sulle motivazioni che ne sono state alla base, sui loro esiti sarebbe utile per chi deve ancora compiere questa scelta e anche per gli insegnanti, che potrebbero acquisire una conoscenza più completa della problematica e quindi fornire suggerimenti ai genitori in modo più competente. Qualcuno - genitori o insegnanti - ha voglia di raccontare? Inviato: Mar 8 marzo 2011 Provo a riferire la mia esperienza di mamma. Le nostre due bambine sono arrivate in Italia nel dicembre 2009 (dopo circa due mesi che stavano con noi, nel loro paese) all'età di 9 e 7 anni, sommariamente scolarizzate (la più grande stava frequentando la seconda quando ci siamo conosciuti, la più piccola stava facendo la prima, come possono studiare e frequentare la scuola due bambine in istituto da circa due anni in un paese povero). Hanno chiesto immediatamente di andare a scuola, dopo tre giorni dall'arrivo avevano adocchiato la scuola più vicina a casa, volevano entrarci, abbiamo dovuto frenare noi. Sentita la psicologa del nucleo adozioni, anche per altri problemi, che in quelle prime settimane in Italia non mancavano, le abbiamo mandate a scuola il 7 gennaio, vista la loro grande voglia (col senno di poi, probabilmente fatta di un misto di voglia di fare una vita 1

2 bella, e la scuola viene vista come qualcosa di desiderabile, come una "promozione" dal punto di vista di chi prima stava quasi per strada; ma anche voglia di avere un po' meno i genitori sul collo). Nonostante le nostre perplessità, vista la scarsa scolarizzazione della nostra figlia più grande, che a stento sapeva leggere e non sapeva contare, ci dissero che vista l'età non era possibile metterla in prima, classe in cui l'avremmo vista bene, anche perché affettivamente e psicologicamente dimostra meno dei suoi anni; la più piccola invece andò senz'altro in prima. La nostra figlia maggiore, un tipo tranquillo e timoroso, da un punto di vista sociale si è inserita benissimo nella classe, senza creare problemi disciplinari, incontrando però grosse difficoltà scolastiche che pian piano si stanno appianando, e riferendoci, man mano che è stata in grado di farlo, di sentirsi umiliata capendo di saperne meno dei compagni (è stata messa in terza, adesso è in quarta ma fa faticosamente il programma di seconda, ha difficoltà di concentrazione ed altri problemi comprensibili e "normali" rispetto alla sua situazione). Non lo riferisco per colpevolizzare nessuno, noi eravamo genitori da tre mesi, e l'argomento "è più grande degli altri, crescendo si troverà fuori posto rispetto ai compagni se la mettiamo in prima" di per sé può avere un suo fondamento. Ritardare l'inserimento scolastico prendendo tempo per conoscere meglio nostra figlia, e dire, forte di una migliore conoscenza "no, va messa in prima", all'età di 9 anni, non mi sarei sentita di farlo più che tanto, forse per un paio di mesi, non di più. Inoltre non erano gli unici problemi con cui ci confrontavamo in quel primo periodo. E' vero, del resto, che le maestre hanno dimostrato comprensione e flessibilità davanti alla situazione in sé; sono persone con le quali nell'insieme c'è un confronto soddisfacente; purtroppo, tra l'altro, visti i noti tagli, non è stato possibile avere il sostegno, anche se a questo punto mia figlia ne avrebbe diritto, anche legalmente. Col senno di poi, ritengo che sarebbe meglio non considerare l'età anagrafica del bambino come un fattore decisivo, visto che ci possono essere sfasature anche grosse, in un bambino adottato, tra gli anni che ha e la sua età mentale, affettiva, ecc. Inoltre un bambino di 9 anni 7 dei quali passati per strada e 2 in istituto non ha lo stesso bagaglio di stimoli culturali di un bambino coetaneo che all'asilo nido ha imparato a tenere in mano la matita e a disegnare. Mia figlia tuttora cerca o bambini più piccoli di sé o bambini coetanei che a loro volta abbiano qualche problema che non faccia sentire troppo forte il gap. Penso anche che le sfasature e gli aggiustamenti di tiro sarebbero stati comunque inevitabili. Forse meno accentuati, nel caso di un inserimento in prima; comunque il percorso con una bambina di 9 anni è questione delicata, richiede tanto ascolto e niente è scontato. La scuola è un aspetto delicato e importante, non il solo. Devo dire che mia figlia ha un ottimo carattere, si è affezionata tantissimo a noi, ci siamo costituiti pienamente come famiglia e questo è fondamentale per tutti gli altri aspetti. Valeria Inviato: Mer 16 marzo 2011 Direi che il racconto di questa esperienza d'inserimento ci aiuta a capire che non si deve dare nulla per scontato e che ciascuna situazione va considerata come un caso singolo che richiede una soluzione ad hoc. La scelta della classe d'inserimento è una questione delicata, che va concordata tra genitori e scuola. Le variabili da considerare sono più d'una. Ci sono soluzioni più praticate di altre (inserire i bambini un anno indietro rispetto all'età anagrafica), ma non esiste un criterio che vada bene per tutti i casi. 2

3 Ritengo che l'età anagrafica sia solo una delle variabili da prendere in considerazione. E' vero che un/a bambino/a potrebbe sentirsi a disagio se inserito in un gruppo di bambini più piccoli, ed è vero che la differenza d'età potrebbe diventare (ma non necessariamente diventa) più visibile crescendo. Nelle situazioni che conosco, tuttavia, una differenza fino a due anni non crea problemi. Può crearne di più misurarsi con l'apprendimento all'interno di un gruppo di coetanei più competenti scolasticamente. Non dobbiamo dimenticare che una delle aree più carenti per un/a bambino/a adottato/a è quella dell'autostima, che certo non viene rafforzata dal continuo confronto con compagni "più bravi". Inoltre, come ricorda Valeria, è abbastanza comune nei bambini adottati una sfasatura tra l'età anagrafica e quella cognitiva e psicologica, se confrontate con quelle dei coetanei che hanno vissuto i loro primi anni in un mondo assai più ricco di stimoli affettivi e culturali. Altra variabile riguarda il "clima" del gruppo classe in cui inserire il bambino. Questa è una realtà conosciuta solo dalla scuola, ed è importante che i genitori si fidino e diano ascolto ai suggerimenti degli insegnanti. Un gruppo classe tranquillo e accogliente può aiutare l'inserimento; mentre una classe troppo "affollata" o "difficile" può non garantire quell'attenzione individuale di cui un bambino adottato ha bisogno, anche se sarebbe magari la classe "più giusta" dal punto di vista del livello scolastico. C'è infine la variabile - per i/le bambini/e più grandi - della scolarità pregressa nel paese di provenienza. Anche per questo aspetto bisogna evitare di dare tutto per scontato. Non è solo questione di differenza linguistica, anche se questo aspetto è molto importante. Le realtà di provenienza possono essere molto diverse: può esserci stato (e spesso è così) un avvicinamento alla scuola solo precario e carente; ma esistono anche situazioni di bambini che hanno avuto una buona scolarizzazione nel paese di provenienza, che pertanto arrivano già con un'"abitudine" a rispondere a stimoli culturali che può essere trasferita senza eccessiva difficoltà nel nuovo contesto. I genitori dovrebbero cercare di conoscere e considerare con attenzione la qualità della scolarizzazione dei bambini durante la permanenza nel loro paese d'origine. Un ultimo aspetto critico, che a mio parere si considera poco, ha a che fare con l'adozione di coppie di fratelli. Una delle difficoltà dell'adozione riguarda l'assestamento della nuova famiglia, un "sistema" in cui ciascuno figlio o genitore che sia - deve trovare una propria, nuova, collocazione. Nel caso di coppie di fratelli, la riuscita scolastica è uno degli aspetti che rischia di mettere in discussione "gerarchie" pregresse. Anche se non sempre è così, il maggiore può infatti trovarsi in un'inedita condizione di debolezza rispetto al più piccolo, che spesso riesce meglio a scuola perché ha la possibilità di cominciare il percorso scolastico dall'inizio. Spesso è proprio la scolarizzazione del maggiore quella che richiede maggiore attenzione, sia per quanto riguarda la classe d'inserimento che nel percorso successivo. Ma sarebbe ora interessante conoscere altre esperienze, riuscite o critiche, dalle parole di insegnanti e/o di genitori... Inviato: Mer 16 marzo 2011 Buon pomeriggio, noi abbiamo adottato due sorelline 5 anni fa. Al momento dell'arrivo in Italia la più grande aveva 8 anni e mezzo mentre la piccola 4. Noi essendo arrivati in Italia a fine marzo abbiamo inserito la più grande in seconda, classe che aveva già terminata, per conoscere i suoi futuri compagni/e. L'inserimento è stato buono grazie all'affettuosità delle insegnanti e dei compagni. La 3

4 direttrice aveva suggerito di inserirla nella sua classe per non perdere l'anno. Così abbiamo fatto. Ora che però siamo alle medie ci troviamo veramente in difficoltà. Soprattutto dopo il riscontro della più piccola che ha incominciato dalla prima. Incominciare da una se non due classi prima sicuramente fa bene. I bambini devono costruirsi, scolasticamente parlando, altrimenti non recupereranno mai quello che non hanno fatto. Si vive molto sulla buona volontà delle insegnanti e direttrici ma non so fino a che punto questa "buona volontà" sia d'aiuto. Nel senso che forse ci vorrebbe maggiore conoscenza della materia da parte del sistema scolastico. Inviato: Gio 17 marzo 2011 Vorrei portare la nostra esperienza, visto che mi sento un "esperto" in materia di fratelli, avendone adottati 3 nel 2005, di età allora 4, 5 e 8 anni. La nostra esperienza è un po' discordante, il che probabilmente dimostra che come detto - non c'è una regola generale, ogni situazione è diversa, ogni bambino è un individuo, ogni famiglia è diversa e ogni insegnante è diverso (sì, anche l'insegnante o gli insegnanti contano, e molto, nell'equazione, ma questo solitamente si scopre dopo, difficile valutarlo prima). Dunque, nella nostra esperienza, quello che ha avuto meno difficoltà di inserimento è stato proprio il maggiore, nonostante sia entrato in terza dopo le vacanze di Natale avendo frequentato nel paese di origine solo la prima e un pezzettino di seconda. Noi eravamo scettici, siamo stati consigliati dalla dirigente in questo senso, ed ha funzionato. Probabilmente ha contato molto la capacità del bimbo, il fatto che la lingua madre era spagnolo - e non russo o altro -, il fatto che la classe era probabilmente indietro, con altri bambini problematici e con un'insegnate di sostegno, la capacità degli insegnanti o almeno di alcuni (grazie maestra Donatella!). Sta di fatto che ora S. è in terza media e non ha problemi (anche un po' di fortuna magari...). Invece chi ha più problemi? Il più piccolo, che è arrivato a 4 anni e mezzo, ha fatto quasi 2 anni di materna in Italia e potrebbe passare benissimo per italiano doc. E tutto sommato una spiegazione c'è: secondo voi è meglio entrare in un istituto a 5 anni, dopo aver trascorso anni con la mamma - sebbene con problemi vari o ad otto mesi? che attaccamento si può sviluppare in pochi mesi? che sicurezza e fiducia in se stessi? come si può imparare a parlare, a ragionare, a razionalizzare, a memorizzare in un istituto, seppur ben organizzato e attento ai bambini? Spero quindi di aver illuminato un altro punto di vista sulla faccenda, e probabilmente altri ne esistono. Infine una mia riflessione sugli insegnanti: per questi nostri figli (almeno per i miei!) servirebbero insegnanti "accoglienti" e non "performanti": loro hanno continuo bisogno di essere rassicurati e confermati, hanno bisogno di insegnanti che sappiano prendersi la responsabilità di chiedergli meno - se serve - per non frustrarli, attendendo che maturino e che arrivi il loro momento, senza le angosce del programma, del "se il bimbo non è certificato non può fare cose diverse dagli altri", "se il bimbo non è certificato non posso valutarlo diversamente dagli altri" etc. Sono consapevole che la professione di insegnante è enormemente sottovalutata, e che è difficile chiedere agli insegnanti di dare più di quello che già danno, ma chiedo a voi insegnanti : siete "accoglienti" o "performanti"? Ciao e grazie per il vostro impegno Andrea 4

5 Inviato: Dom 20 marzo 2011 Rispondo ad Andrea come insegnante. Io sono una maestra accogliente! Non è facile esserlo, ma parto dall idea che in una classe i bambini non solo devono essere accolti, ma anche considerati come persone sensibili e capaci di offrirti tutto quello che fa parte di loro e che può diventare prezioso per tutti. Per questo lavoriamo tutti insieme per imparare a conoscerci e insieme ci divertiamo a spiegare le lezioni come un gioco divertente. Nella mia classe colorata siamo sempre pronti a nuove avventure, l arrivo di un nuovo amico/a ci stimola e anche se il programma va un po a rilento non ci importa, con calma riusciamo a raggiungere i nostri obiettivi. In che classe? Non è facile risolvere il problema, spesso si pensa che sia meglio inserire l alunno/a nella classe giusta per la sua età, e alcune volte funziona grazie alle loro capacità, al lavoro svolto dagli insegnanti e al gruppo classe che è un elemento fondamentale per l inserimento; altre volte no e in quel caso bisognerebbe intervenire con progetti e insegnanti disposti a collaborare per facilitare il lavoro da presentare. Paola Inviato: Lun 28 marzo 2011 Giustamente osserva Paola che non è facile risolvere il problema "in che classe", spesso, come dicevo a proposito della mia figlia maggiore (ma anche sulla più piccola potrei fare un ragionamento simile, non tanto "in che classe", ma "con che orario e con quale gradualità") si capisce col senno di poi cosa è stato opportuno, e cosa no. Da un lato ritengo che andrebbe diffusa la consapevolezza tra gli insegnanti che l'età psicologica e affettiva dei bambini adottati spesso non coincide con quella anagrafica. In generale è un problema poco conosciuto e riconosciuto, dall'amica che non capisce perché le mie bambine preferiscono giocare con la sua figlia di 6 anni e non con quella di 10, alla signora che sull'autobus dice "non ti vergogni a stare in braccio alla mamma, grande come sei?" ecc. Va spiegato, soprattutto agli insegnanti e a chi, per motivi educativi, viene a contatto con i nostri figli. Forse è anche argomento trattato negli incontri che l'associazione organizza, e a cui purtroppo non ho partecipato. Sono d'accordissimo sul fatto che quando non funziona, soprattutto quando le capacità del bambino vanno incoraggiate e stimolate, bisogna intervenire con progetti e insegnanti che possano sostenere; gli insegnanti in questione dovrebbero essere preparati e conoscere quali possono essere, in linea di massima, i problemi dei nostri bambini. Noi avevamo scritto, a novembre, una lettera al provveditorato, in appoggio alla richiesta del sostegno scolastico per nostra figlia, in cui spiegavamo, come mamma e papà, la sua storia e le sue difficoltà. Non è mai arrivata una risposta. Non lo dico per essere polemica, perché il momento è difficile ed è bene essere costruttivi; però vorrei capire (è uno dei motivi per cui seguo il sito e mi sono iscritta al gruppo di discussione) come essere ascoltata, come "fare peso". I livelli su cui agire sono diversi, dal piano personale umano e/o formativo professionale, al piano giuridico (che è quello che può garantire degli standard minimi diffusi di accoglienza); effettivamente ci vorrebbero delle Linee Guida, so che diverse organizzazioni che si interessano di adozione ne parlano, e anche nel sito di Adozionescuola ho visto che sono tra le finalità. Un caro saluto a tutti, ho letto testimonianze belle e interessanti Valeria 5

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