RECUPERO DI UN SOLAIO IN LATERO-CEMENTO

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1 Pagina 1 di 5 Vincenzo Bacco RECUPERO DI UN SOLAIO IN LATERO-CEMENTO L'affidabilità di una struttura o di un sistema costruttivo si giudica, oltre che dalla semplicità della esecuzione e dalla garanzia delle prestazioni che è in grado di offrire, anche dalla possibilità di intervenire su di essa per ripristinarne o migliorarne l'efficienza. Soprattutto, poi, se l'efficienza a cui si fa riferimento è quella primaria, cioè quella statica. È il caso dei solai in latero-cemento, adottati nella quasi totalità degli interventi edilizi nell'ultimo mezzo secolo, per i quali è immancabile che vi siano anche delle necessità di recupero strutturale, conseguente a degrado o dissesto, nonché di miglioramento statico, per sopravvenute nuove necessità di impiego. Non è da escludere, quindi, che il perdurare del gradimento nel tempo di tali sistemi costruttivi da parte degli "addetti ai lavori" sia dovuto anche alle buone possibilità di essere recuperati e che siano applicabili tecniche affidabili e di facile esecuzione. Un problema abbastanza frequente per i solai in latero-cemento di una certa "età" è quello dell'ossidazione delle armature di acciaio resistenti. La casistica presenta una più elevata percentuale (la quasi totalità dei casi) per i solai (più "datati") con nervature ad "armatura lenta". E ciò per diversi motivi: 1. la qualità dei calcestruzzi non era sempre garantita, soprattutto in relazione a quelle che erano le conoscenze tecniche dell'epoca ed i mezzi di produzione; 2. nelle strutture "gettate" in opera vi era, molto spesso, scarsa attenzione alla corretta posa in opera dei materiali (acciaio e calcestruzzo), oltre che alla loro qualità; 3. i progettisti tendevano spesso ad accettare tassi di lavoro molto alti nell'acciaio teso, con conseguente creazione di stati di fessurazione nel calcestruzzo; 4. nel caso di travetti prefabbricati, data la loro intrinseca semplicità costruttiva, questi si prestavano ad essere prodotti anche da prefabbricatori "improvvisati", con altrettanta scarsa attenzione alla qualità dei materiali, alla loro composizione (in special modo del calcestruzzo), posa in opera e corretta posizione. In queste condizioni, l'armatura risulta facilmente aggredibile dall'ossigeno dell'aria; come conseguenza, le forti tensioni create dall'ossido di ferro in formazione, dovute al suo sensibile aumento di volume, determinano le condizioni perché "salti" il copriferro di calcestruzzo. Nel solaio in opera, poi, in molti casi, a causa della stretta unione formatasi tra l'intradosso del travetto di nervatura e l'intradosso del blocco di laterizio (dovuta alla presenza della continuità formata dalle alette del blocco stesso o dall'intonaco), tale stato tensionale si trasferisce anche all'elemento di laterizio, e se questo si trova già in particolari condizioni di stress (tensioni per azioni secondarie), o presenta una debolezza nella forma o nell'organizzazione dei setti, rischia il distacco della parte inferiore (figg. 1, 2, 3).

2 Pagina 2 di 5 Fig. 1 - Travetto prefabbricato con fondello in laterizio. Il distacco del copriferro coinvolge il fondello che, a sua volta, in alcuni casi, a causa della continuità creata dall'intonaco, può trasmettere gli sforzi anche alla parete di fondo del blocco di laterizio. Fig. 2 - Nervatura gettata in opera con intradosso in calcestruzzo. Il blocco di laterizio non presenta alette ma l'intonaco ha un evidente spessore che ha creato continuità tra il fondo della nervatura e quello del blocco. Il fenomeno è localizzato. Nella maggior parte dei casi è solo l'intonaco a staccarsi. Fig. 3 - Il blocco presenta una aletta laterale inferiore. È questo il caso più eclatante di rottura della parete inferiore del blocco poiché l'ossidazione crea una forzatura diretta su di essa attraverso l'aletta. Il fenomeno in questo caso può essere esteso se l'ossidazione è diffusa lungo lo sviluppo dell'armatura. Vi sono, per questi casi, delle tecniche di intervento molto semplici ed altrettanto efficaci che consentono di ripristinare la portanza del solaio, inficiata dalla riduzione di sezione dell'armatura, oppure incrementarla per nuove necessità di impiego nel contempo sopravvenute.

3 Pagina 3 di 5 Preventivamente, per quelle situazioni di grande sospetto dove si verifica la combinazione appena descritta, vista la ineluttabilità del fenomeno, sarebbe prudente effettuare, in ogni caso, dei saggi per appurare, a campione, lo stato di ossidazione dell'armatura. In caso affermativo, il passo successivo consiste, come è normale, nell'esatto rilievo della forma della sezione resistente e dei blocchi di laterizio. A questa operazione dovrà seguire una immancabile valutazione delle resistenze che, con le effettive condizioni riscontrate (forma della sezione, resistenza attribuibile al calcestruzzo e all'acciaio rinvenuti, nonché alla sezione residua utile sia dell'acciaio che del calcestruzzo), il solaio è in grado di manifestare. Per la fase di intervento, quindi, si individua l'esatta posizione delle linee di separazione tra i bordi della nervatura e quelli dei blocchi, tracciandola fisicamente con un taglio longitudinale con un flessibile e togliendo l'intonaco compreso (fig.4). In questo modo si può asportare in maniera poco invasiva il copriferro, cercando di raggiungere la zona di calcestruzzo più consistente, senza rompere i bordi dei blocchi di laterizio. Di solito si asportano i primi due centimetri di calcestruzzo che sono quelli che contengono l'armatura e possono essere stati sottoposti ad azioni disgregatrici responsabili del distacco dal resto della nervatura. Se l'operazione viene eseguita correttamente e con l'opportuna attenzione, si avrà la completa conservazione dei blocchi (con il fondo intonacato) e, inoltre, si sarà creata una canaletta che faciliterà la successiva ricostruzione della nervatura. Una volta messa a nudo l'armatura di acciaio, si dovrà procedere alla sua completa pulitura dalla ossidazione e, successivamente, alla sua passivazione mediante l'applicazione, a pennello, di opportuni prodotti neutralizzanti. Si potrà procedere, quindi, alla ricostruzione del copriferro con la semplice applicazione di idonea malta cementizia previa stesura di un primer di aggrappo. Questa operazione è facilitata sia dalla "canaletta" (che assume funzione di casseratura del calcestruzzo da ricostruire), sia dalla presenza della rimanente parte dell'intonaco che assume funzione di guida per la relativa lisciatura (fig. 5). Fig. 4 - Individuazione delle nervature mediante asportazione dell'intonaco. Fig. 5 - Ricostruzione del fondo della nervatura (copriferro) con la guida dell'intonaco e del laterizio esistente. A questo punto il progettista avrà eseguito delle valutazioni circa la sezione residua di acciaio in rapporto all'impegno statico che il solaio assume nel piano (impegno sia per i carichi verticali che per le azioni orizzontali). Se questa valutazione è ancora positiva e la portata del solaio è abbastanza "coperta" dalla sezione residua di armatura, allora si potrà procedere al ripristino dell'intonaco mediante stuccatura e quindi passare alla pitturazione. Se la sezione residua non soddisfa l'impegno statico previsto, allora si renderà necessario procedere ad un rinforzo della componente resistente a trazione, ad integrazione dell'armatura già presente.

4 Pagina 4 di 5 Fig. 6 - Rinforzo delle nervature mediante applicazione di lamine in CFRP. Si nota la zona vicina all'appoggio (fascia piena) dove sono stati asportati tutti i primi blocchi di ogni fila in modo da permettere l'applicazione della fasciatura delle superfici laterali della nervatura. Una tecnologia che, attualmente, sta avendo molto successo è quella dell'applicazione delle fibre di carbonio - CFRP (fig. 6). La superficie di intradosso della nervatura ricostruita, resa accuratamente piana servendosi, come riscontro, proprio dei bordi dei laterizi, servirà da supporto per l'applicazione del rinforzo. Per creare un efficace dispositivo di connessione delle estremità di ciascuno strato di rinforzo al supporto ed evitare il pericolo del distacco, si procede alla eliminazione degli ultimi blocchi a fianco di ciascuna nervatura in corrispondenza della fascia piena nella zona di appoggio. In questo modo, si possono utilizzare le superfici laterali delle nervature per l'applicazione di fasce di tessuto in CFRP, interessando completamente entrambe le facce laterali della nervatura (fig. 7). Fig. 7 - Zona delle testate delle nervature con avvolgimento delle superfici laterali mediante strisce di tessuto in CFRP. Con questa applicazione si può conseguire contemporaneamente un altro risultato: quello del rinforzo a taglio del solaio. In molti casi, infatti, il degrado del calcestruzzo, con la conseguente riduzione di efficienza della sezione resistente, può creare delle riduzioni anche nella resistenza a taglio, specie se in presenza di luci elevate e forti carichi (fig.8). Per risolvere questo problema, si fa affidamento proprio sulla fasciatura delle superfici laterali che, come si è visto, rappresenta anche il dispositivo di connessione (aggancio) delle estremità degli strati longitudinali di rinforzo. Tutto l'intervento ha il vantaggio, agendo dall'intradosso, di lasciare intatto tutto l'estradosso con le relative finiture e disposizioni impiantistiche.

5 Pagina 5 di 5 Per tale motivo, la tecnica risulta in moltissimi casi migliore di quella più tradizionale che consiste nel realizzare, all'estradosso, una soletta di calcestruzzo alleggerito armata con rete elettrosaldata. Fig. 8 - In dipendenza di forti carichi e luci elevate, si possono manifestare dei segnali di rottura delle nervature per taglio. Quest'ultima soluzione, infatti, è molto più invasiva, per quanto detto, e in molti casi risulta poco efficace a causa dell'incremento di peso, nonché dell'aumento di spessore del pacchetto solaio con conseguente riduzione dell'altezza utile.

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