UNIVERSITA DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II FACOLTA DI INGEGNERIA CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA CIVILE TESI DI LAUREA PROTEZIONE NEI CONFRONTI DI AZIONI CATASTROFICHE DA ERUZIONI VULCANICHE: IL CASO VESUVIO Relatore: prof. FEDERICO M. MAZZOLANI Candidata: Correlatrici: DANIELA DE GREGORIO prof.ssa BEATRICE FAGGIANO Matricola 37/2246 ing. ANNA MARZO ANNO ACCADEMICO 2006/2007

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3 INDICE INDICE... 1 INTRODUZIONE LE ERUZIONI IL FENOMENO NATURALE I vulcani I prodotti delle eruzioni effusive I prodotti delle eruzioni esplosive La classificazione delle eruzioni esplosive I VULCANI SUL TERRITORIO ITALIANO Premessa Colli Albani Campi Flegrei Ischia Stromboli Lipari Vulcano Etna Isola Ferdinandea Pantelleria I VULCANI NEL MONDO Premessa Merapi (Indonesia) Big Island: Hawaii Ruapehu (Nuova Zelanda) IL CASO VESUVIO LA TIPOLOGIA VULCANICA LA STORIA Premessa L eruzione delle pomici di Avellino L eruzione del 79 d.c L eruzione del

4 2.2.5 L eruzione del IL PARCO NAZIONALE DEL VESUVIO IL PIANO NAZIONALE DI EMERGENZA L eruzione di riferimento Le zone di rischio Il Piano Nazionale di Emergenza Incertezze IL PROGETTO VESUVIUS IDENTIFICAZIONE E CARATTERIZZAZIONE DELLE AZIONI ECCEZIONALI CONSEGUENTI LE ERUZIONI PREMESSA SISMA FLUSSI PIROCLASTICI PRECIPITAZIONI DI TEPHRA COLATE DI LAVA ALLUVIONI DA COLATE DI FANGO E LAHAR MAREMOTI (O TSUNAMI) IDENTIFICAZIONE DELLE TIPOLOGIE DI COSTRUZIONE NELLA ZONA VESUVIANA EDIFICI IN MURATURA EDIFICI IN CEMENTO ARMATO COSTRUZIONI MONUMENTALI IN MURATURA COSTRUZIONI INDUSTRIALI Costruzioni prefabbricate in c.a. e in c.a.p Edifici monopiano in acciaio PONTI E VIADOTTI IL RISCHIO VULCANICO PROCEDURA DI ANALISI DEL RISCHIO VULCANICO Premessa Il Rischio vulcanico Stime di rischio per l area napoletana PREVISIONE SCENARI Premessa Simulatore Vulcanico Globale Progetto Exploris Metodo LURR

5 5.3. ANALISI DEI DANNI TIPICI SULLE STRUTTURE IN MURATURA E IN C.A Premessa Quadri fessurativi degli edifici in muratura Quadri fessurativi degli edifici in c.a ANALISI DI VULNERABILITÀ PROCEDURA SAVE Premessa Indice sintetico di danno medio Tipologie strutturali verticali Peso dei parametri INDICI DI DANNO E DI VULNERABILITÀ NELL INDAGINE POST-TERREMOTO DELLE CHIESE ESTENSIONE ALLA VULNERABILITÀ DA ERUZIONI VULCANICHE ESEMPIO APPLICATIVO ANALISI PUSH-OVER PREMESSA MATERIALI RISULTATI ANALISI GLOSSARIO 211 BIBLIOGRAFIA.. 221

6 1. LE ERUZIONI VULCANICHE 1.1. IL FENOMENO NATURALE I VULCANI Figura 1. 1: Schema strutturale di un vulcano (Osservatorio Vesuviano) I vulcani rappresentano delle aperture nella crosta terrestre attraverso le quali il magma, una miscela incandescente di liquido, gas e cristalli che si trova all'interno della Terra, fuoriesce in superficie risalendo lungo un condotto detto di alimentazione (Figura 1.1). La zona di formazione dei magmi è detta sorgente. Essa si trova in genere nella parte superiore del mantello terrestre, ma può anche essere ubicata nella crosta profonda o 5

7 intermedia. I magmi, attraverso una serie di canali ad andamento verticale, possono risalire direttamente in superficie dalla zona sorgente oppure, molto più comunemente, si fermano nella crosta o al limite tra crosta e mantello (circa 35km di profondità) per formare dei serbatoi (camere magmatiche, Figura 1.2) all interno dei quali subiscono un lento raffreddamento con cristallizzazione dei minerali. Di particolare interesse vulcanologico sono le camere magmatiche che si formano a bassa profondità (4 5km) al di sotto di alcuni apparati vulcanici. In occasione di alcune grosse eruzioni effusive o esplosive, le camere magmatiche superficiali si possono svuotare quasi completamente. Ciò causa il crollo di parte del vulcano (Peccerillo). Figura 1. 2: Dettaglio della camera magmatica La superficie della Terra è costituita da una serie di placche rigide, le placche terrestri, in continuo movimento le une rispetto alle altre sotto la spinta delle forze interne della Terra. La maggior parte dei vulcani è concentrata lungo i margini delle placche che rappresentano delle zone preferenziali per la risalita del magma verso la superficie, ovvero per il verificarsi di un eruzione. In ultima analisi, il magma riesce a risalire in superficie sotto l azione delle forze di pressione e di galleggiamento dovute ai moti interni della Terra e alla presenza di gas disciolti nel magma stesso. La natura e lo stato del magma determinano la tipologia del vulcano (Osservatorio Vesuviano). Se il magma esce sotto forma di un liquido continuo con bolle di gas disperse, si formano delle colate di lava e il vulcano è detto di tipo effusivo (Figura 1.3a). Questo tipo di vulcano è caratterizzato da pendii lievi che si estendono anche decine di chilometri e spesso viene detto anche vulcano a scudo, poiché la forma raggiunta non è conica, ma appunto a scudo. L Etna, ad esempio, appartiene a questa categoria. Viceversa, se il magma viene emesso in modo violento sotto forma di getti di gas e particelle liquide e 6

8 solide in esso disperse, il vulcano è di tipo esplosivo (Figura 1.3b). Questi vulcani sono caratterizzati da pareti più ripide e da una sommità simile a un tronco di cono e sono noti anche come stratovulcani. Il Vesuvio appartiene a questo secondo tipo anche se ha prodotto colate di lava nel suo passato. Esistono ovviamente numerosi comportamenti intermedi tra queste due categorie di vulcani che dipendono essenzialmente dal contesto geologico in cui si trova il vulcano stesso. a) b) Figura 1. 3: a) Eruzione effusiva. b) Eruzione esplosiva La frequenza delle eruzioni dipende dal tipo di vulcano. Vulcani di tipo effusivo possono essere in uno stato di attività continua o comunque eruttare con frequenza dell ordine degli anni (ad esempio l Etna), mentre vulcani di tipo esplosivo possono avere anche lunghi periodi di riposo (ad esempio il Vesuvio). In Italia abbiamo sia vulcani attivi di tipo prevalentemente esplosivo, come il Vesuvio, i Campi Flegrei e Ischia, sia vulcani di tipo effusivo come l Etna, che rappresenta il vulcano attivo più grande d Europa. Vi sono poi le Isole Eolie, dove Stromboli, Vulcano, Lipari e Panarea hanno eruttato negli ultimi 2000 anni circa. Nel Canale di Sicilia attività eruttiva ha interessato anche l Isola di Pantelleria, in età preistorica, e l Isola Ferdinandea, alla fine del 18 secolo. Infine, i Colli Albani, che hanno prodotto l ultima eruzione intorno al 400 a.c. (Neri) I PRODOTTI DELLE ERUZIONI EFFUSIVE Le lave sono magmi eruttati in superficie. Esse possono formare ampie colate oppure raffreddarsi immediatamente al di sopra del condotto vulcanico dando luogo a strutture 7

9 cupoliformi dette duomi lavici. Dal raffreddamento dei magmi si formano le rocce ignee (Peccerillo). Se il processo avviene all interno della terra le rocce prendono il nome di rocce ignee intrusive. Se il raffreddamento avviene sulla superficie terrestre le rocce vengono dette ignee effusive. Le rocce ignee sono costituite da minerali di varia natura, tra cui i più importanti hanno composizione silicatica e sono rappresentati da olivina, anfiboli, pirosseni, biotite, feldspati e quarzo. Le proprietà fisiche dei magmi che rivestono maggiore importanza nella determinazione dei caratteri di una possibile eruzione sono, essenzialmente, la composizione chimica, la temperatura, la densità e la viscosità (Osservatorio Vesuviano). a. COMPOSIZIONE CHIMICA. Il componente chimico più abbondante in una roccia ignea (e quindi nel magma da cui deriva) è di gran lunga la silice, variando dal 35 all 80% circa in peso. In funzione del diverso contenuto in SiO 2 è possibile classificare le rocce ignee secondo uno schema che può essere utile per una discussione circa le proprietà fisiche dei magmi. Sulla base di tale parametro si avranno, pertanto: - rocce acide, con contenuto in silice >63%; - rocce intermedie, con contenuto in silice compreso tra 63 e 52%; - rocce basiche, con contenuto in silice compreso tra 52 e 45%; - rocce ultrabasiche, con contenuto in silice <45%. Molti tipi di rocce differenti possono essere compresi in ognuna di queste classi, sicché essi potranno essere distinti sulla base di altri caratteri, quali il contenuto in alcali o la saturazione in allumina. La variazione di questi parametri si riflette sul comportamento reologico dei magmi e quindi, in definitiva, sulle caratteristiche delle eruzioni che essi possono alimentare. b. TEMPERATURA. I vari magmi presenti in natura possono essere caratterizzati da temperature estremamente variabili in funzione della composizione chimica e del contenuto in H 2 O e CO 2 : in generale magmi più basici sono caratterizzati da più alte temperature al momento dell eruzione (nell ordine dei C), mentre magmi più acidi sono caratterizzati da temperature mediamente più basse (nell ordine 8

10 dei C). A parità di altre condizioni, un maggiore contenuto in componenti volatili (H 2 O o CO 2 nella maggior parte dei casi) tenderà ad abbassare le temperature di solidus e liquidus di un fuso magmatico. c. DENSITÀ. La densità di un magma dipende anch essa principalmente dalla sua composizione, con magmi basici mediamente più densi di magmi acidi, anche se l effetto di temperature più alte può essere determinante nel ridurne il valore qualunque sia la composizione chimica. La densità inoltre dipende strettamente dalla pressione confinante, aumentando all aumentare di quest ultima. d. VISCOSITÀ. La viscosità può essere definita come la resistenza opposta da una sostanza a deformarsi sotto l azione di una sollecitazione meccanica applicata. Si immagini di avere un fluido in quiete, confinato tra due piastre A e B (Figura 1.4). Se si impone alla piastra A una forza che produca un moto con velocità v=dx/dt, all interno del flusso si stabilirà un gradiente di velocità pari a dv/dy. Il flusso cioè comincerà a muoversi con velocità maggiore in prossimità della piastra A, secondo una legge precisa. Figura 1. 4: La viscosità La forza applicata su A (F/A), sarà infatti proporzionale al gradiente di velocità dv/dy, secondo un coefficiente di proporzionalità chiamato viscosità μ: F / A = μdv / dy (1.1) In sintesi, la viscosità è un coefficiente che regola il moto di un fluido quando ad esso viene applicata una forza F. L equazione (1.1) può essere scritta come: σ = σ 0 dv / dy (1.2) dove σ è uguale a F/A e dv/dy rappresenta la variazione di velocità lungo l asse y. 9

11 Tutti i fluidi che obbediscono all equazione (1.2) vengono definiti newtoniani. Per essi la viscosità è indipendente dalla forza applicata, ed il rapporto tra forza e spostamento segue una legge lineare (Figura 1.5). Le sostanze newtoniane si deformano nel momento stesso in cui uno sforzo infinitesimale viene applicato: sostanze di questo genere sono ad esempio l aria e l acqua. Viceversa, sostanze in cui lo sforzo applicato non è in relazione lineare con la velocità di deformazione vengono definite sostanze non newtoniane o pseudoplastiche. Quando, invece, una relazione lineare tra sforzo e velocità di deformazione esiste a partire da un determinato valore di sforzo applicato che deve essere superato prima che si abbia una apprezzabile deformazione, si parla di comportamento non newtoniano di tipo Bingham, e le sostanze caratterizzate da questo tipo di comportamento, vengono definite sostanze di Bingham. Il valore di sforzo che deve essere superato perché in queste sostanze si realizzi una apprezzabile deformazione è detto soglia di snervamento. In generale le lave (e quindi i magmi da cui esse derivano) possono essere considerate con buona approssimazione come fluidi non newtoniani caratterizzati da una soglia di snervamento, molto simili ad un fluido di Bingham ideale. In generale, il moto di un fluidi è regolato dalla seguente equazione: dv σ = σ 0 + μ n (1.3) dy in cui σ è lo sforzo di taglio totale e σ 0 è la soglia di snervamento (per una sostanza di Bingham). Per sostanze Newtoniane σ 0 =0 ed n=1; per sostanze pseudoplastiche σ 0 =0 ed n<1; e per sostanze di Bingham σ 0 ha un valore finito ed n=1 (Figura 1.5). Figura 1. 5: Flussi newtoniani e di Bingham 10

12 Figura 1. 6: Comportamento eruttivo dei magmi acidi e basici con diverso contenuto in gas Considerazioni sulla viscosità dei magmi sono importanti perché essa influenza la mobilità e la forma di lave eruttate come fluidi coerenti non frammentati, e perché influenza la velocità di vescicolazione che rappresenta un fattore di importanza determinante nel momento in cui ci si approssima ad una fase di frammentazione esplosiva del magma. La viscosità, inoltre, unitamente alla soglia di snervamento di un fluido, oltre a controllare la fluidità di un corpo lavico, ne può determinare anche la geometria e la morfologia. Lave basiche, fluide e ricche in gas (Figura 1.6A) danno eruzioni effusive accompagnate da fenomeni esplosivi di modesta entità quali jet di lava alti fino a molte centinaia di metri (fontane di lava); le stesse lave, se povere in gas, danno eruzioni effusive tranquille senza apprezzabili fenomeni esplosivi (Figura 1.6B). Le lave acide, viscose ricche in gas danno eruzioni esplosive di alta energia (Figura 1.6C); le stesse lave, se povere in gas, danno duomi lavici o colate di modesto spessore (Figura 1.6D). Figura 1. 7: Struttura degli accumuli di lave a cuscino sottomarine 11

13 Tra colate basiche subaeree, invece, vale la pena citare due tipologie morfologiche estreme indicate con i termini hawaiani pahoehoe e aa (Giacomelli). Figura 1. 8: Colate di tipo pahoehoe Le COLATE DI TIPO PAHOEHOE sono costituite da lave che derivano da magmi basici molto fluidi che solidificano formando una superficie liscia o con strutture a corde più o meno regolari (Figura 1.8). Le corde consistono in corrugazioni della superficie alte pochi centimetri che si formano per lo stiramento della sottile crosta superficiale provocato dal movimento del materiale sottostante ancora fluido (Figura 1.9a). Se il flusso di lava è arginato lateralmente, ai bordi si crea una resistenza allo scorrimento, sia per l attrito che per la perdita di calore più rapida al contatto con le rocce fredde, mentre la parte centrale può muoversi più velocemente. In questo modo le corde si curvano secondo l andamento della corrente. Il rapido raffreddamento della parte esterna delle lave pahoehoe permette di camminare sopra un flusso ancora in movimento e con temperature intorno ai 1000 C nella sua parte più interna (Figura 1.9b). Il significato del termine hawaiano esprime proprio questa proprietà dei flussi con superfici lisce. Con la distanza dal cratere, lo spessore della crosta fredda superficiale aumenta e funziona sulla lava sottostante come un coperchio che rallenta la dispersione del calore. Il raffreddamento della superficie della colata parte dalle zone laterali e si propaga verso in centro del flusso e in direzione della corrente fino a formare un vero e proprio tubo freddo al cui interno continua a scorrere la lava calda. 12

14 La formazione di tubi mantiene la lava calda e fluida, condizioni che le consentono di percorrere lunghe distanze. I flussi pahoehoe, a parità di alimentazione al cratere, possono raggiungere distanze maggiori rispetto a quelle di altre colate. a) b) Figura 1. 9: a)lava pahoehoe a corde del Vesuvio. b)colata pahoehoe Etna Quando il flusso di lava comincia a diminuire e il tubo è riempito solo in parte dal materiale caldo, dal soffitto possono formarsi strutture simili a stalattiti per il gocciolamento della lava incrostata. La forma è come quella di un candelotto di ghiaccio oppure di un bastoncino ricoperto di gocce rotondeggianti di lava liquefatta dai vapori e dal calore del flusso che scorre a un livello più basso. A eruzione ultimata, i tubi di lava spesso restano vuoti, formando complessi sistemi di gallerie. La volta del canale può cedere e collassare, creando sulla superficie lunghe depressioni. La formazione di tubi è una caratteristica delle lave pahoehoe e difficilmente in altri tipi di flussi si formano tunnel così ampi e numerosi. Il fronte di una colata di lava pahoehoe che si allarga sul terreno ha i bordi leggermente sollevati rispetto al suolo, in quanto l attrito rallenta il movimento della parte basale. La parte superiore può anche avanzare e scavalcare quella sottostante. 13

15 Quando diverse colate pahoehoe di piccolo spessore, da qualche centimetro a poche decine di centimetri, si susseguono rapidamente e si sovrappongono, solidificano formando una serie di piccoli gradini. La superficie di una colata pahoehoe può anche essere fratturata in lastroni irregolari, con dimensioni di alcuni metri (Figura 1.10). Questo si verifica quando la superficie fredda può diventare molto spessa come, ad esempio, in un tratto pianeggiante dove il flusso rallenta. La lava defluisce e crea un vuoto sotto la crosta che può fratturarsi. In altri casi, la crosta può essere spinta e rotta contro ostacoli nei punti in cui il flusso riprende velocità. Le lastre di crosta fredda possono essere basculate, trascinate e ammucchiate una sull altra o anche essere inglobate nuovamente nella lava fluida. Figura 1. 10: Lava a lastroni, Etna I flussi di lava pahoehoe, essendo molto fluidi, si muovono rapidamente e, se di piccolo spessore, avanzano rotolando con un movimento regolare. Quelli più grossi sono meno mobili e si muovono formando grosse lingue rotondeggianti di lava. L incontro di irregolarità del terreno, o un incremento nel flusso al cratere, può aumentare la spinta della massa calda interna e rompere la parte esterna in via di solidificazione. Dal punto di rottura fuoriesce materiale caldo che avanza sul terreno formando digitazioni, lingue e lobi rapidamente solidificati all'esterno, ma ancora caldi all interno. Il nucleo caldo può rompere nuovamente la crosta e produrre un altro getto di lava e altri ancora in successione, fino a che le lingue diventano piccole, si raffreddano completamente e si fermano. Molti flussi di lave pahoehoe avanzano in questo modo, per protrusione di una lingua di lava da un altra. 14

16 Quando una colata pahoehoe incontra degli alberi, questi vengono avvolti dal flusso e spesso lasciano nella lava l impronta del tronco simile a un pozzo cilindrico (lava tree molds). Le strutture pahoehoe sono caratteristiche delle colate dei grandi vulcani hawaiiani, ma si sviluppano in ogni tipo di lava con viscosità sufficientemente bassa. E frequente il caso di colate con strutture pahoehoe vicino al cratere, quando sono ancora molto calde, che cambiano stile con la distanza. Le COLATE DI TIPO AA (Figura 1.11) sono colate più spesse delle pahoehoe, presentano la superficie ricoperta da detriti prodotti dall autobrecciatura della crosta, costituiti da blocchi di lava con spigoli vivi (detti anche clinker) e con dimensioni fino ad un metro (Giacomelli). Figura 1. 11: Colata aa Sono colate meno fluide delle pahoehoe o per differenza di composizione chimica (più acide) o per una differenza di temperatura (meno calde). Una lava può essere molto fluida vicino alla bocca eruttiva e assumere le caratteristiche di un flusso aa solo con la distanza. Ovviamente, tranne che in alcune strutture a piccola scala, non si verifica il contrario. La velocità di queste colate è in genere di qualche metro all ora e comunque inferiore a quella delle lave pahoehoe. Raramente, se non vicino alla bocca dove il canale di scorrimento è abbastanza stretto, le colate aa formano tubi entro i quali il magma scorre mantenendo alte temperature. I blocchi che ricoprono la superficie delle colate aa sono in gran parte pezzi di crosta rigida che viene fratturata dal movimento del materiale caldo sottostante (autobrecciatura). La formazione della crosta fredda attraversa diversi stadi lungo il tragitto del flusso, condizionata dalle variazioni di temperatura e di viscosità della lava. 15

17 Vicino alla bocca, la temperatura è così alta che la lava ha un colore rosso-arancio, senza crosta superficiale. Dopo pochi metri, si forma una sottile crosta vetrosa, di colore grigio, ricoperta da filamenti e con strutture pahoehoe come corde e ondulazioni. Entro un altro breve tratto, comincia a formarsi una superficie irregolare con protrusioni di dimensioni decimetriche che danno alla colata l aspetto irregolare di un cavolfiore (cauliflower aa). Le forme rotondeggianti sono ricoperte da strutture millimetriche, dette spine, tipiche delle lave aa con forma a cavolfiore. Dopo le strutture a cavolfiore si formano delle brecce con frammenti più grandi e meno spigolosi. Il tratto di colata ricoperto da brecce prende il nome di flusso brecciato (rubbly aa). I frammenti meno spigolosi derivano da altri formatisi in precedenza e abrasi dagli urti, ma nella maggior parte dei casi i blocchi si formano per autobrecciatura della crosta solida. I blocchi del flusso brecciato presentano una superficie ricoperta di piccole sporgenze quasi angolari, simili a granelli di zucchero. Una decina di centimetri sotto la superficie, i blocchi possono essere immersi in una matrice fine formata da questi granelli, staccati dai frammenti soprastanti e caduti verso il basso. La parte basale della colata, a contatto con il terreno, è più fredda di quella soprastante e avanza più lentamente. Per questo motivo, la zona superiore del fronte tende a sporgere, a frantumarsi e a far ricadere il detrito davanti alla massa che avanza e ai suoi lati. La formazione di detrito e la sua caduta davanti al flusso continua per tutto il percorso della colata e la lava scorre costantemente sopra il proprio detrito. In flussi lenti il fenomeno si osserva facilmente, ma il processo è uguale anche in colate veloci. Il fronte di una colata aa è composto da materiale fuso in movimento e da pezzi di materiale solido che vengono trasportati (Figura 1.12). Figura 1. 12: Fronte colata tipo aa 16

18 Un flusso di lava aa compie gran parte del suo percorso del vulcano incanalato entro argini (levées) la cui forma, dimensione e struttura evolvono al progredire dell eruzione. Il movimento del fronte di una colata avviene spingendo in avanti i frammenti solidi e estrudendo tra il detrito pezzi di lava incandescente che possono avere la forma di strati soffici o di protrusioni viscose. Gli strati soffici hanno spesso strutture pahoehoe e avanzano anche di alcuni metri, fino a che il fronte li riprende. Le protusioni viscose sono blocchi, anche di diversi metri, che si strappano e ricadono dal fronte. La caduta è accompagnata da cascate di granuli incandescenti che, al microscopio, appaiono di forma cubica. Se una colata ha un fronte molto ampio, questo tende a dividersi in lobi. I lobi possono avanzare tutti con la stessa velocità oppure alcuni possono rallentare e fermarsi e il flusso si concentra in un fronte più stretto. Un fronte può dividersi in lobi anche quando più flussi confluiscono in uno solo o per la rottura di un argine o quando la colata incontra un ostacolo e si divide per aggirarlo I PRODOTTI DELLE ERUZIONI ESPLOSIVE Nelle eruzioni vulcaniche esplosive il rapido rilascio e la decompressione dei gas magmatici, o l istantanea vaporizzazione di acqua esterna, determina la frammentazione del magma prima che questo venga a giorno e la sua espulsione sotto forma di una vasta gamma di prodotti piroclastici. Se la frammentazione del magma è dovuta alla sola espansione esplosiva dei volatili contenuti nel magma, l eruzione è detta magmatica (Figura 1.13a). Se la frammentazione avviene con il contributo di acqua di origine esterna (acqua di falda o superficiale) che, venendo a contatto con il magma vaporizza espandendosi in maniera esplosiva, l eruzione viene detta freatomagmatica (Figura 1.13b). Nel caso in cui si abbia una esplosione dovuta alla sola vaporizzazione di acqua di falda, senza che in superficie vengano eruttati frammenti del magma che innesca l esplosione, allora l eruzione è definita freatica (Osservatorio Vesuviano). Nelle eruzioni esplosive si distingue la cosiddetta colonna eruttiva, costituita da una dispersione gas-solido che si innalza verticalmente a partire dal centro eruttivo, sotto una 17

19 spinta iniziale dovuta ai gas magmatici, e che, successivamente, in maniera convettiva risale fino ad un altezza alla quale comincia ad espandersi lateralmente, subendo in questo l azione del vento che tende a disperdere la nube in una direzione piuttosto che in un altra. a) b) Figura 1. 13: Eruzioni esplosive magmatiche (a) e freatomagmatiche (b) In base a questa definizione è possibile dividere una colonna eruttiva in tre tronchi (Osservatorio Vesuviano): una porzione inferiore sostenuta dalla spinta iniziale dei gas in rapida espansione per decompressione; una parte superiore in cui l instaurarsi di moti convettivi dovuti al rilascio di energia termica da parte dei gas magmatici e delle particelle juvenili, determina una ulteriore risalita della colonna fino ad un livello, detto di galleggiamento neutrale, in cui la densità della sospensione gas-solido eguaglia quella dell atmosfera circostante; una parte definita ombrello, in cui la colonna si espande radialmente e/o nella direzione del vento dominante, continuando a salire fino ad una altezza massima sotto l azione della sua quantità di moto (Figura 1.14). I piroclasti sono il prodotto della frammentazione del magma nel corso di una eruzione vulcanica esplosiva. In base alle loro dimensioni essi vengono distinti in: blocchi o bombe, con dimensioni maggiori di 64mm; lapilli, con dimensioni comprese tra 2 e 64mm; ceneri, con dimensioni inferiori a 2mm Queste ultime possono essere a loro volta suddivise in: ceneri grossolane, con dimensioni comprese tra 0,0625 e 2mm; e ceneri fini, con dimensioni inferiori a 0,0625mm. L accumulo di questi frammenti determina la formazione dei depositi piroclastici. 18

20 Figura 1. 14: Porzioni della colonna eruttiva Esistono tre tipi basilari di depositi piroclastici, classificati in base al meccanismo di trasporto e deposizione dei clasti. Essi sono: depositi piroclastici da caduta, da flusso e da surge. a. In un eruzione esplosiva, gli elementi clastici, formatisi a seguito dell esplosione che determina la frammentazione del magma, sono scagliati nell atmosfera. Una parte di essi ricade al suolo sotto l azione della gravità dopo un trasporto più o meno lungo secondo traiettorie balistiche; altri sono compresi a far parte della colonna eruttiva che risale verticalmente attraverso l atmosfera e che, espandendosi, si libera del carico solido a diversa distanza dal centro eruttivo. In entrambi i casi il deposito che si forma a seguito dell accumulo delle particelle solide sotto la semplice azione della forza di gravità, si definisce DEPOSITO PIROCLASTICO DA CADUTA. Essi possono formarsi anche a seguito della deposizione delle particelle solide che formano le nubi cineritiche coignimbritiche. I costituenti fondamentali dei depositi piroclastici da caduta possono essere suddivisi in juvenili e non juvenili a seconda che essi derivino dalla frammentazione del magma che alimenta l eruzione o che derivino dalla frammentazione di rocce preesistenti. 19

21 b. I DEPOSITI PIROCLASTICI DA FLUSSO sono quelli rilasciati da dispersioni gas-solido ad elevata concentrazione di particelle, che si spostano lungo la superficie sotto l azione della gravità. Tali flussi sono caratterizzati da elevate temperature, possono essere parzialmente fluidizzati e, come regola generale, sono controllati dalla topografia, incanalandosi lungo le valli e colmando le depressioni. Tuttavia certi flussi pomicei particolarmente violenti, messi in posto a velocità estremamente elevate, hanno la capacità di sormontare barriere topografiche anche di alcune centinaia di metri di altezza. c. I SURGES PIROCLASTICI sono dispersioni solido-gas molto espanse, turbolente, a bassa concentrazione di particelle, che fluiscono lungo la superficie terrestre essendo solo in parte influenzate dalla topografia. Il flusso è generalmente instabile ed effimero e si realizza a seguito di un impulso (o di una serie di impulsi) la cui energia cinetica decresce rapidamente LA CLASSIFICAZIONE DELLE ERUZIONI ESPLOSIVE Il primo studio che descrive e classifica le eruzioni vulcaniche esplosive in relazione ai depositi da caduta fu effettuato da Walker nel 1973 (Figura 1.15). Figura 1. 15: Schema di classificazione delle eruzioni in base all indice di dispersione (D) e all indice di Frammentazione (F) secondo Walker 20

22 Egli costruì uno schema quantitativo che si basa su un accurata misurazione degli spessori dei depositi da caduta e sull analisi granulometrica degli stessi per determinare due parametri: la dispersione (D) ed l indice di frammentazione (F) del deposito (Figura 1.15). La dispersione di un deposito da caduta (D) è definita come l area racchiusa nella isopaca che raccorda i punti in cui lo spessore del deposito è pari all 1% dello spessore massimo. La frammentazione (F) invece è definita come la percentuale di particelle più fini di 1mm, nel punto in cui l asse di dispersione del deposito interseca l isopaca che raccorda i punti in cui il deposito ha uno spessore pari al 10% dello spessore massimo. Questo schema di classificazione di Walker è di tipo genetico e prevede una prima distinzione in due gruppi delle eruzioni esplosive (Figura 1.16). Figura 1. 16: Diagramma dell altezza della colonna eruttiva in funzione dell esplosività (grado di frammentazione) Il primo gruppo comprende eruzioni magmatiche che, in ordine crescente di dispersione e frammentazione, possono così essere schematizzate: ERUZIONI HAWAIIANE, STROMBOLIANE, SUB-PLINIANE, PLINIANE ed ULTRAPLINIANE. Il secondo gruppo comprende le eruzioni freatomagmatiche e comprende due sole categorie: ERUZIONI SURTSEYANE ed ERUZIONI FREATOPLINIANE. Questi due tipi di eruzione occupano il settore del diagramma di Walker a più elevato grado di frammentazione, mentre un tipo intermedio di eruzione in cui l interazione tra acqua e magma gioca un ruolo più o meno importante, che comprende le ERUZIONI VULCANIANE, si colloca in una porzione centrale del diagramma (Osservatorio Vesuviano). 21

23 ERUZIONI HAWAIIANE. Tipiche dei vulcani delle Isole Hawaii, sono eruzioni caratterizzate da abbondanti effusioni di lava, aventi viscosità molto bassa, che danno origine a vulcani a scudo. Questi vulcani possono presentare una caldera sommitale al cui interno può ristagnare un lago di lava (Figura 1.17a). All inizio dell eruzione i gas possono trascinare per poche centinaia di metri in altezza brandelli di lava fusa dando luogo a fontane di lava (spatter) che spesso, ricadendo al suolo si agglutinano; il magma arriva in superficie degassato e forma, insieme con tutto ciò che ricade dalla fontana, un torrente di lava molto fluida che scorre lungo le pendici del vulcano. Le eruzioni hawaiiane sono caratterizzate da una bassa esplosività e manifestano scarsa efficienza nella conversione dell energia termica in energia meccanica, quindi gran parte dei prodotti è poco frammentata e dispersa su aree limitate. a) b) Figura 1. 17: Eruzione hawaiiana: a)ristagno lago di lava. b)fontana e colate di lava Nell attività di tipo hawaiiano (Figura 1.17b) la colonna eruttiva è essenzialmente costituita da una fontana di lava che, salvo casi particolari, non supera i 200m di altezza, ed è prodotta dall emissione di getti di lava in via di frammentazione. ERUZIONI STROMBOLIANE. Sono eruzioni tipiche del vulcano attivo di Stromboli (Isole Eolie), caratterizzate dal susseguirsi di brevi esplosioni durante le quali brandelli di magma incandescente vengono lanciati in aria e ricadono nelle vicinanze della bocca eruttiva (Figura 1.18). I gas si espandono tumultuosamente, provocando fontane di lava alte fino a 2km nelle fasi avanzate dell eruzione. L attività stromboliana vera e propria deriva da una successione di esplosioni singole, separate da intervalli di tempo brevi da 1 ora a pochi minuti. Si ipotizza che quest attività sia dovuta all esplosione di singole bolle di gas di dimensioni rilevanti che, muovendosi in un magma poco viscoso, raggiungono la 22

24 superficie libera del magma esplodendo. Se l intervallo di tempo tra un esplosione e la successiva è tale da consentire la solidificazione della superficie esposta della lava nel condotto, nel corso della seguente fase esplosiva, la crosta così formata sarà distrutta, generando lastroni e blocchi di lava rappresa che vengono scagliati e depositati assieme agli altri piroclasti. Se le esplosioni si susseguono in rapida successione, è possibile che si formi una colonna eruttiva sostenuta che può raggiungere l altezza di una decina di chilometri. Figura 1. 18: Eruzione stromboliana. Stromoli, ottobre 1997 I prodotti di questa attività esplosiva sono caratterizzati da una frammentazione relativamente modesta del magma con una percentuale di cenere fine relativamente scarsa (Walker, 1973). Le eruzioni stromboliane producono caratteristici depositi da caduta di scorie; se la caduta di scorie assume una certa consistenza, le scorie saldandosi possono dar luogo a bastioni. ERUZIONI VULCANIANE. L attività durante queste eruzioni è caratterizzata da un numero variabile di esplosioni discrete separate da intervalli temporali di pochi minuti o di ore. Queste esplosioni, che sono di brevissima durata, quasi dei colpi secchi simili a cannonate, producono una serie di piccole colonne eruttive, alte 5 10km (Figura 1.19), formate da particelle molto sottili che vengono facilmente disperse dai venti, garantendo dispersioni anche piuttosto elevate (porzione centrale del diagramma di Walker). Le eruzioni di tipo vulcaniano sono caratterizzate da un magma più viscoso rispetto al caso delle eruzioni stromboliane. Questo comporta che i gas si muovano verso la superficie con molta più difficoltà e che la lava, nella parte alta del condotto, si solidifichi. Di conseguenza i gas riescono a fuoriuscire una volta raggiunta una pressione elevata rompendo l ostruzione con un esplosione violenta, tanto da coinvolgere a volte la sommità 23

25 stessa del cono vulcanico. Il magma che erutta trascina con sé numerosi brandelli della vecchia ostruzione mentre dal cratere si alza una gran nube a forma di fungo, di colore scuro per la grande quantità di ceneri vulcaniche trasportate in sospensione da gas e da vapori. Figura 1. 19: Eruzione vulcaniana. Le nuvole piroclastiche che scorrono lungo i fianchi sono surge e colate piroclastiche Le eruzioni vulcaniane derivano il loro nome dall Isola di Vulcano nell arcipelago delle Eolie, dove sono avvenute eruzioni con queste caratteristiche. ERUZIONI PLINIANE. Si definisce con il termine pliniana (da Plinio il Giovane, che per primo ne descrisse una nell eruzione del Vesuvio del 79 d.c.) un eruzione particolarmente violenta che produce la fuoriuscita dal condotto di un getto di gas ad alta velocità carico di pomici e ceneri; queste originano una colonna eruttiva alta da alcuni chilometri fino ad alcune decine di chilometri (Figura 1.20), che garantisce una accentuata dispersione areale (D>500km 2 ) dei depositi da caduta. Le eruzioni pliniane sono eventi ad alta energia in cui un flusso turbolento e continuo, approssimativamente stazionario, di magma frammentato e gas viene rilasciato nell atmosfera. Il tasso eruttivo nel corso di una eruzione pliniana è controllato dal gradiente di pressione tra la camera magmatica e la superficie, dalle dimensioni del condotto e dalla viscosità e contenuto in volatili del magma. Molto spesso le singole 24

26 eruzioni pliniane sono caratterizzate da un progressivo aumento del tasso erutivo: questo fatto va messo in relazione col progressivo aumento del diametro del condotto in seguito all erosione dovuta alla miscela in rapida risalita. I prodotti di molte eruzioni pliniane indicano la transizione da una attività di caduta ad una di flusso, generalmente attribuita al collasso della colonna eruttiva. Figura 1. 20: Eruzioni pliniane Le maggiori eruzioni pliniane conducono spesso alla espulsione rapida di talmente tanto magma sotto l edificio vulcanico, che questo tende a collassare parzialmente o totalmente per formare una grande depressione detta caldera, di forma in genere circolare. La rimozione del magma conduce alla perdita del supporto strutturale della roccia sovrastante, portando al collasso del suolo ed alla formazione della grande depressione. Le caldere sono quindi diverse dai crateri, che sono in generale depressioni più piccole, ancora spesso circolari, ma create direttamente da fenomeni esplosivi nel corso di una eruzione. ERUZIONI SUB-PLINIANE. Si tratta di eruzioni con depositi da caduta che differiscono da quelli precedentemente descritti, principalmente in termini di dispersione (D compreso tra 5 e 500km 2 ) e di volume. L aspetto di un deposito subpliniano è molto simile a quello di un deposito pliniano ma, talora, può essere maggiormente evidente una stratificazione interna dovuta a variazioni granulometriche che riflettono una maggiore instabilità della colonna eruttiva. ERUZIONI ULTRAPLINIANE. Sono le eruzioni con più alto grado di esplosività e di conversione dell energia termica in energia meccanica. 25

27 I depositi ultrapliniani, costituiti prevalentemente da materiale fino, presentano le stesse caratteristiche di quelli pliniani, ma con volumi (fino a 1000 km 3 ) e dispersioni (>500km 2 ) molto maggiori. Tali depositi sono connessi con la formazione di colonne eruttive che possono raggiungere altezze di circa 50 km. Figura 1. 21: Eruzione surtseyana ERUZIONI SURTSEYANE. Quando l acqua esterna ha accesso al condotto, come per esempio in un lago o in un mare relativamente basso, l esplosività dell eruzione può aumentare dando luogo ad una minuta frammentazione del magma. Tali eruzioni prendono il nome di surtseyane, dall attività vulcanica eruttiva che ha dato luogo alla formazione dell Isola islandese di Surtsey, (Figura 1.21). Quando le colonne eruttive sono limitate e l area di dispersione ridotta, l indice di frammentazione dei prodotti è sempre molto alto (F è circa il 100%), per le condizioni di esplosività create dall interazione acqua-magma. ERUZIONI FREATOPLINIANE. Il termine freatopliniano è stato introdotto in letteratura come corrispondente idrovulcanico di pliniano. Le eruzioni freatopliniane danno luogo a alte colonne eruttive (di altezza comunque inferiore a quella delle corrispondenti eruzioni magmatiche) il cui sostentamento è spesso impedito dalla bassa temperatura della miscela gas-particelle. La dispersione dei depositi da caduta featopliniani è molto ampia e la 26

28 frammentazione è prossima al 100%. I depositi sono spesso finemente laminati e, in zona prossimale sono intercalati a depositi da surge e da flusso piroclastici I VULCANI SUL TERRITORIO ITALIANO PREMESSA I vulcani italiani attivi sono quelli siciliani (Isole Eolie, Etna e Canale di Sicilia) e quelli campani (Vesuvio, Campi Flegrei e Ischia), oltre ai Colli Albani. (Figura 1.22, Tabella 1.1). Figura 1. 22: Vulcani attivi in Italia (Osservatorio Vesuviano) 27

29 I termini per stabilire se un vulcano inattivo deve essere considerato definitavamente spento o meno non sono molto precisi essendo i tempi di un vulcano, e in generale i tempi geologici, troppo lunghi per l osservazione umana. Ritenere che un vulcano non tornerà in attività richiede una certa cautela, dal momento che si conoscono vulcani i cui periodi di riposo si sono protratti per molte centinaia di anni (Giacomelli). H MAX [m] ULTIMA ERUZIONE COLLI ALBANI anni fa VESUVIO CAMPI FLEGREI ISCHIA STROMBOLI 926 Attività persistente LIPARI VULCANO ETNA /2005 ISOLA FERDINANDEA PANTELLERIA Tabella 1. 1: Altezza massima ed ultima eruzione dei vulcani italiani attivi (Osservatorio Vesuviano) Di seguito si riporta una descrizione dei vulcani italiani attivi, rimandando al Capitolo 2 per il Vesuvio COLLI ALBANI Figura 1. 23: I Colli Albani I Colli Albani (Figura 1.23) sono considerati un vulcano quiescente, cioè un vulcano in cui il tempo trascorso dall ultima eruzione è inferiore a quello intercorso in media tra una fase eruttiva e la successiva: l ultima fase eruttiva risale a circa anni fa, con la deposizione del Peperino di Albano, un tufo granulare di consistenza litoide già largamente usato dai romani come materiale da costruzione e decorativo (lapis albanus), mentre i cicli eruttivi si sono alternati con pause di circa anni (Di Buduo). 28

30 L EVOLUZIONE DEI COLLI ALBANI. L attività vulcanica ha avuto inizio circa anni fa ed è stata caratterizzata dall alternarsi di eruzioni esplosive ed effusive in tre distinte fasi succedutesi nel corso del tempo. Alla prima metà della storia eruttiva appartengono depositi di colate piroclastiche (come quelle che hanno investito Pompei), depositi da ricaduta e colate laviche, emessi da un grande edificio vulcanico, che rappresentano insieme il 70% del volume totale dei prodotti albani (fase del Tuscolano-Artemisio). Tali depositi rappresentano anche quelli caratterizzati dalla più ampia diffusione areale e si ritrovano diffusamente nell area urbana di Roma. Al termine di questa prima fase lo svuotamento della camera magmatica ha comportato il collasso della parte centrale del vulcano e la formazione di una vasta depressione, la Caldera Tuscolano-Artemisia: il grande anello che circonda la parte centrale dei Colli Albani rappresenta ciò che rimane dell originario apparato vulcanico centrale (Figura 1.24). A partire da circa anni fa l attività vulcanica è ripresa all interno della caldera (fase delle Faete), portando alla costituzione di un piccolo stratovulcano (edificio delle Faete), ma con emissione di un volume di prodotti notevolmente inferiore. Merita però menzione la colata di Capo di Bove sulla quale corre la via Appia Antica (regina viarum) per circa 10 km: tale colata lavica si arresta in corrispondenza della tomba di Cecilia Metella (dove sono presenti dei fregi che raffigurano delle teste di bue, da cui il nome), dove l Appia Antica sale sul fronte della colata con una brusca pendenza, e rappresenta, assieme alle altre lave di composizione simile, il materiale con cui i Romani pavimentavano con grossi blocchi le strade (basolato) e di cui sono costituiti i famosi sampietrini. L ultima fase vulcanica dei Colli Albani è avvenuta a partire da circa anni fa sul versante occidentale, in corrispondenza di diversi crateri di varia grandezza (Albano, Nemi, Ariccia, Prata Porci, Castiglione, etc.) oggi in parte occupati da laghi. Esplosioni parossistiche ad altissima energia con materiale magmatico ricco di gas (fase freatomagmatica) hanno prodotto depositi caratterizzati da ceneri finissime con inclusi delle rocce attraversate, come il già citato Peperino di Albano. 29

31 Figura 1. 24: Modello digitale del terreno dell area dei Colli Albani (Di Buduo) FENOMENI. L area dei Colli Albani è notoriamente una zona sismogenetica: i periodi di attività più intensa si ripetono all incirca ogni 30 anni e raggiungono intensità massime dell VIII grado della scala Mercalli a causa della bassa profondità degli ipocentri (le zone nel sottosuolo dove si originano i sismi), compresi tra i 2 e i 6 km, in corrispondenza delle zone dove sono avvenute le eruzioni più recenti (laghi di Albano e di Nemi, e altri crateri eccentrici). Misurazioni condotte lungo una linea di capisaldi hanno permesso di evidenziare un fenomeno di deformazione lenta del suolo, analogo a quello di molti vulcani considerati attivi, con sollevamenti fino a 30cm in circa 50 anni (il tasso di sollevamento è diminuito negli ultimi anni). 30

32 Un fenomeno interessante è il trabocco delle acque del Lago di Albano, che ha provocato fino in epoca romana violenti episodi di alluvionamento nella zona di Ciampino. A tale fenomeno è forse ascrivibile la realizzazione del canale di drenaggio del Lago di Albano, alle soglie del IV secolo a.c., ed anche un precedente simile intervento da parte degli Etruschi. La risalita del livello del lago è probabilmente dovuta all immissione di ingenti volumi di CO 2 e di acque calde sul fondo durante eventi sismici, con conseguente risalita in superficie delle acque profonde e liberazione di gas, fino alla fuoriuscita dell acqua dal bordo più basso del cratere prospiciente la piana di Ciampino e l innesco di imponenti flussi di detrito (debris flows). La zona dei Castelli Romani è interessata da un reticolo idrografico ben sviluppato; i corsi d acqua hanno approfondito le proprie valli durante lo stazionamento basso del livello marino nel corso dell ultima epoca glaciale (fino a -110 metri rispetto all attuale); nella zona di Ciampino (chiamata infatti piana di Ciampino) i depositi delle colate hanno riempito le depressioni, generando una vasta zona pianeggiante allungata verso nord-ovest, su cui tra l altro è stato realizzato l aeroporto. Le manifestazioni più evidenti e conosciute del vulcanismo dei Colli Albani sono, però,le emanazioni gassose dal sottosuolo (Figura 1.25). Figura 1. 25: Modalità di infiltrazione dei gas all interno delle abitazioni (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) 31

33 I gas che vengono liberati sono diossido di carbonio (anidride carbonica, CO 2 ), disolfuro di idrogeno (H 2 S) e radon (Rn): tutti e tre questi gas sono pericolosi per gli esseri viventi e ad elevate concentrazioni (CO 2 e H 2 S) possono essere addirittura mortali, mentre il radon e i prodotti del suo decadimento sono la principale causa di esposizione alla radioattività naturale e rappresentano la seconda causa per tumore al polmone nel mondo dopo il fumo. L emissione dei gas dal sottosuolo avviene in maniera all incirca continua in corrispondenza di fratture lungo le quali essi risalgono verso la superficie, ma può subire un incremento in concomitanza di eventi sismici o per cause antropiche, come scavi per fondazioni e realizzazioni di pozzi. Le zone di maggior emissione sono storicamente conosciute e costantemente monitorate, come per esempio Cava dei Selci nel comune di Marino. Questi gas sono più pesanti dell aria e quindi in mancanza di ventilazione ristagnano nelle depressioni: all aperto possono essere dannosi soprattutto per la vegetazione e per gli animali, mentre nelle abitazioni possono affluire lungo piccole fratture nel suolo o da tubi e condutture e ristagnare presso il pavimento nei locali seminterrati. Il radon viene anche rilasciato dai blocchi di lava e di tufo con cui sono costruiti i muri, in seguito al decadimento di elementi radioattivi contenuti in piccole percentuali nei prodotti vulcanici. Anidride carbonica e radon sono incolori e insapori, mentre il disolfuro di idrogeno è facilmente individuabile a causa del caratteristico odore di uova marce. Le norme di comportamento (a cura del Dipartimento Protezione Civile, dell I.N.G.V. e dei Comuni di Marino e di Ciampino) sono le seguenti: aerare sempre i locali, chiusi da molto tempo, prima di accedervi (cantine, garage, lavatoi); non utilizzare locali interrati e seminterrati per attività abitative, lavorative, ricreative e soprattutto per ricovero notturno; vietare l accesso negli scantinati ai bambini, se non accompagnati da adulti; dotare i locali interrati e seminterrati di un impianto di ventilazione forzata, per garantire un adeguata circolazione dell aria e impedire pericolosi accumuli di gas tossici negli ambienti chiusi; evitare la permanenza prolungata in strutture depresse, eventualmente presenti all esterno delle abitazioni (piscine vuote, canali di raccolta delle acque, cisterne interrate, pozzi, etc.) e accedervi con grande prudenza, avendo l accortezza che all esterno della struttura vi sia qualcuno in grado di portare soccorso. 32

34 CAMPI FLEGREI I Campi Flegrei sono un area vulcanica della Campania, formata da una serie di vulcani monogenici cresciuti all interno di una caldera (Figura 1.26). Figura 1. 26: I Campi Flegrei L attività vulcanica della zona a Nord-Ovest di Napoli, dove sono collocati i Campi Flegrei, inizia intorno a anni fa, sull isola d Ischia e successivamente sull isola di Procida, mentre nei Campi Flegrei veri e propri le prime manifestazioni sono avvenute probabilmente più tardi e in ambiente sottomarino (Giacomelli). L area deve essersi poi lentamente sollevata e le lave del Monte di Cuma sono state eruttate in ambiente subaereo. Intorno a anni fa, in una gigantesca eruzione, forse la maggiore avvenuta in Italia nel Quaternario, vennero eruttati di circa 80km 3 di magma. I prodotti di questa eruzione, chiamati Ignimbrite Campana, ricoprono tutta la Campania con spessori fino a oltre cento metri e si ritrovano sui primi versanti dell Appennino fino a quote di m. 33

35 Differenti pareri considerano l Ignimbrite Campana prodotta da una sola eruzione localizzata nei Campi Flegrei o da più eventi e da diversi centri eruttivi. I prodotti successivi all Ignimbrite Campana, formano una successione di tufi, con un età compresa fra e anni, che si ritrovano nella città di Napoli e al bordo occidentale dei Campi Flegrei. Intorno ai anni fa un altra grossa eruzione, o una serie di eruzioni, sconvolsero la zona. Il deposito di questa fase eruttiva, il cui volume è stimato dell ordine dei 20 50km 3, è chiamato Tufo Giallo Napoletano. Dopo questa eruzione l area collassò, formando la caldera dei Campi Flegri. L attività post-calderica è testimoniata sul bordo della caldera dal cono di tufo del Gauro, datato circa anni. Una grossa eruzione pliniana, detta delle Pomici Principali, avviene nell area orientale dei Campi Flegrei intorno a anni fa. Probabilmente questa eruzione esplosiva è stata seguita dall eruzione che ha costruito l attuale isola di Nisida e forse anche da un altra sul cui bordo craterico relitto si è formata successivamente la Solfatara di Pozzuoli. Dopo questi eventi, la formazione di un suolo umificato (paleosuolo) indica una stasi di attività. Intorno a anni fa, la parte centrale dei Campi Flegrei comincia a sollevarsi. Il movimento del suolo è testimoniato a Pozzuoli da uno strato di sedimenti marini rialzato sopra il livello del mare di circa 40m. Questo fenomeno non è esclusivo dei Campi Flegrei: in numerose caldere si osserva, dopo le grandi eruzioni che causano il collasso del tetto della camera magmatica, un rigonfiamento della parte centrale della caldera che viene ricollegato alla risalita verso livelli più superficiali del magma non ancora eruttato. Fra e anni fa, nei Campi Flegrei l attività eruttiva ritorna intensa. Si collocano in questa fase le eruzioni di Astroni e di Monte Spina. Sembra anche probabile che nello stesso punto si siano succedute eruzioni di stile diverso, come nel caso di Astroni, dove l effusione di un duomo lavico è seguita da una fase esplosiva, senza variazione nella composizione chimica dei prodotti. Il cratere del Senga mostrava tre distinti recinti vulcanici, a testimonianza di diversi eventi esplosivi succedutisi nello stesso punto. Anche il cratere della Solfatara e il duomo di Monte Olibano sono collegati a un solo sistema di alimentazione e la formazione di un duomo lavico precede anche l eruzione esplosiva di Monte Spina. 34

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