1. Tecnica e sapere tecnico nel lavoro pre-industriale e l elaborazione dei tipi costruttivi

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1 L ANALISI DELL EVOLUZIONE DI UN SAPERE TECNICO PER UNA RINNOVATA INTERPRETAZIONE DELL ASSETTO ABITATIVO E DELLE STRUTTURE EDILIZIE DEL VILLAGGIO FORTIFICATO DI ROCCA S. SILVESTRO (*) 1. Tecnica e sapere tecnico nel lavoro pre-industriale e l elaborazione dei tipi costruttivi Negli ultimi dieci anni la metodologia di indagine non tradizionale degli elevati ha indubbiamente compiuto dei grossi passi in avanti e con l introduzione dell analisi stratigrafica verticale si è finalmente cominciato ad analizzare l edificio nel suo complesso divenire e non più nelle sue singole e separate parti, spesso interpretate nella loro forma finale, intesa come modello ideale. L individuazione sul paramento murario dei principali momenti costruttivi, caratterizzanti la storia di ogni elevato e la conseguente deli-mitazione delle relative Unità Stratigrafiche Murarie, ha poi portato ad accentrare l attenzione sulla registrazione delle caratteristiche tecniche della muratura. A tale riguardo, le varie proposte metodologiche hanno unanimamente illustrato l esigenza di evidenziare, secondo criteri di studio oggettivi, un numero più ristretto possibile di parametri di studio, individuati oggi, sulla scia delle anticipatorie proposte di Tiziano Mannoni ad Erice (1), nell apparecchiatura, nella dimensione, nella lavorazione e finitura dei pezzi, così come nello studio delle malte e delle sezioni murarie (2). Questa esigenza, del resto, nasceva dalla volontà di facilitare in tal modo un eventuale raggruppamento ed astrazione delle principali caratteristiche tecniche, al fine di giungere poi all elaborazione di una loro tipologia, pienamente consapevoli, è stato più volte scritto, del valore di quest ultima operazione, dal momento che proprio nel tipo confluisce la cultura dei committenti e dei produttori, facendolo di conseguenza divenire rappresentativo dello schema di comportamento di una società. Puntando l attenzione sulla Toscana, vediamo come queste basi metodologiche siano state sviluppate attraverso progetti di studio, purtroppo di numero ancora limitato, in cui l indagine dei cambiamenti e dell evoluzione di un assetto urbano si è basata proprio sullo studio delle caratteristiche costruttive della muratura. A tale proposito però, al di là della validità di questo procedimento di analisi, sorgono comunque spontanee delle considerazioni relative all utilizzo che fin qui si è fatto di tale metodo. Un paramento murario così come si presenta ai nostri occhi non è altro, come è già stato efficacemente detto da Mannoni (3), che il risultato finale di un ciclo che, iniziando con l estrazione del materiale, finisce con la sua posa in opera. Riconoscere una tecnica costruttiva significa quindi andare oltre la registrazione delle sue principali caratteristiche

2 e risalire, spesso tra molte difficoltà, al processo produttivo per cercare di incontrare e capire soprattutto la cultura e la mentalità del suo artefice. Indubbiamente, fuoriuscire dall ambito ristretto di una tipologia rigorosa significa molto spesso addentrarsi in un campo fatto più di ipotesi che di certezze scientifiche. Pur tuttavia, a mio avviso, per il ricercatore è assolutamente necessario andare oltre la descrizione oggettiva, indispensabile ma preliminare, ed al suo parziale approfondimento, per cercare di comprendere nella complessità la storia costruttiva di un sito, in particolare riferendosi a quello che gli antropologi chiamano ambiente tecnico. Il paramento murario deve, infatti, essere visto come la concreta testimonianza di un sapere, rappresentando di fatto il raggiungimento dell obiettivo tecnico da parte dei suoi artefici (4). Il suo studio ci avvia, quindi, ad un procedimento di analisi a ritroso che vede come ultimo momento di questo processo proprio la posa in opera del materiale. Questa operazione è del resto strettamente legata e dipendente da altre che la precedono, ugualmente concatenate tra di loro, rappresentate, parallelamente alla preparazione della malta, dalla finitura a piè d opera del materiale, dalla sua scelta ed eventuale trasporto, per arrivare all estrazione dalla cava, nel caso di materiali lapidei, ed ad una loro prima lavorazione. Naturalmente questa che potremmo meglio definire catena operativa (5), dal momento che vi è un concatenamento cronologico e spaziale di tutte le operazioni, per venire pienamente compresa dovrà essere esaminata in stretta relazione con l ambiente che l ha prodotta. È infatti in tale ambiente che si ritrova la somma delle conoscenze di una grande o piccola società, come poteva essere quella costituita dagli abitanti di Rocca S. Silvestro. Queste conoscenze, molto spesso non di un singolo operatore ma di tutti o quasi tutti i membri di una società, erano tenute in vita da quello che H. Balfet chiama il bagno di tradizioni (6), meglio definibile come una sorta di deposito delle risorse e delle nozioni tecniche del gruppo. Tale sapere era caratterizzato poi da un dinamismo che ne permetteva una continuità strumentale-conoscitiva da una generazione all altra, attraverso una sua trasmissione sostanzialmente implicita nel fare. I saperi tecnici pre-industriali di ogni età, infatti, non conoscono la cosiddetta algoritmizzazione (7), cioè la presenza di formule di rappresentazione, di discorso o di formulazione scritta, ma sono sapienze empiriche, incorporate nell esecuzione, implicite nel fare e come tali si trasmettevano attraverso l osservazione diretta e la riproduzione dei gesti. In questo senso una tecnica non può non essere vista solo nel suo profilo storico, nel significato delle trasformazioni dei metodi nel tempo, ma anche in quello delle trasmissioni di esperienze acquisite e quindi come frutto di società diverse (8). Di conseguenza, la loro analisi, con particolare riferimento alle tecniche costruttive di età medievale, risulta estremamente complessa ed affascinante. I documenti scritti, ad esempio, per quello che riguarda la Toscana testimoniano la presenza, almeno nella fascia costiera e nel nord, dall Alto al Basso Medioevo, di maestranze specializzate nella lavorazione della pietra, in genere di origine lombarda. È questo, quindi, il caso di un sapere orale ristretto ed elitario, trasmesso dal maestro al proprio apprendista, parallelamente al quale scorrevano le conoscenze delle piccole e grandi comunità, tramandate di generazione in generazione, rispecchianti la mentalità del gruppo ed interessate da progressi cumulativi, spesso insensibili, diluiti nel tempo e strettamente legati all ambiente tecnico. Probabilmente in alcuni casi, come si vedrà parlando di

3 Rocca S. Silvestro, era proprio dall incontro tra questo sapere itinerante, sicuramente influenzato più dell altro dalle vicende economiche e politiche dei committenti, e quello radicato nelle tradizioni tecniche del gruppo, più spesso tendente ad esplicarsi nel regolamentare (molto meno nell inventare) e nel codificare senza modificarsi (9), che aveva origine l innovazione. E questa, così introdotta e rappresentata, ad esempio, da un diverso modo di lavorare e rifinire il materiale da costruzione, dall adozione di una nuova apparecchiatura, da una differente composizione della malta, veniva sicuramente recepita e rielaborata dal gruppo, secondo quello che Leroi-Gourhan chiama tendenza tecnica, ovvero la grande variazione di attività produttive rispetto al numero limitato di formule e in relazione ai fatti personalizzati che portano comunque il marchio del gruppo (10). Analizzare i resti materiali di questo processo produttivo tenendo presenti i concetti sopracitati di ambiente tecnico, tendenza tecnica e di catena operativa può essere quindi estremamente illuminante per la comprensione di alcune vicende insediative, come avremo modo di osservare analizzando le murature di Rocca S. Silvestro. Non bisogna del resto dimenticare che il muro è solo il prodotto di una tecnica e che questa è la migliore carta di identità di un gruppo, oltre che rappresentare, per citare ancora una volta Leroi-Gourhan, l attività che meglio resiste al sotterramento e che non ritorna mai al punto di partenza (11). 2. Le strutture edilizie: la caratterizzazione dei principali tipi costruttivi Prima di affrontare lo studio dei cambiamenti che hanno interessato l assetto urbano di Rocca S. Silvestro, vorrei ancora una volta soffermarmi sulla descrizione delle principali tipologie costruttive, prendendo come riferimento quelle individuate da Parenti nel 1985 (12), rielaborate, durante gli anni, assieme alla sottoscritta e da lui riproposte in una recente pubblicazione (13). Pur rischiando alcune ripetizioni, infatti, credo sia importante, al fine di una migliore comprensione del presente lavoro, ribadire certe caratteristiche tecniche della muratura, puntando maggiormente l attenzione, rispetto a quanto è stato fatto sinora, sul sapere legato alla lavorazione e finitura della pietra. In tal modo è inoltre mia intenzione dimostrare come partendo da una registrazione oggettiva dei dati e dall impiego di metodologie comuni si possa arrivare a delle conclusioni parzialmente diversificate. Un ulteriore premessa riguarda, poi, la terminologia da usare per caratterizzare i diversi tipi. Dal momento che per ognuno di questi, grazie ai dati di scavo, uniti a quelli relativi alla stratigrafia degli elevati, è stata elaborata una, seppure molto elastica, cronologia, nelle ultime pubblicazioni i termini adottati per designarli hanno fatto soprattutto riferimento a questa scansione temporale. In particolare, è stato utilizzato il termine pre-romanico per i paramenti murari più antichi, proto-romanico per le murature relative al secondo periodo, romanico per le strutture relative al grande assetto urbano e murature dei rialzamenti e consolidamenti, per i tre tipi più recenti. Tralasciando l ultima denominazione, sulla quale concordo pienamente e che continuerò ad utilizzare nel mio lavoro, vorrei soffermarmi sulle prime tre. Se infatti il termine romanico, nato per opera di archeologi-architetti nella seconda metà dell Ottocento, appare più codificato per designare un paramento a filari orizzontali, con conci ben squadrati e rifiniti, pre e proto-romanico sono denominazioni introdotte ed utilizzate

4 dagli storici dell architettura per raggruppare quelle caratteristiche strutturali (pianta, volte, coperture etc.), che preludono, in Europa, al cosidetto romanico maturo (14). Utilizzare quindi, seppure convenzionalmente, questi termini, per un villaggio con una sua storia particolare, è, a mio avviso, una forzatura doppiamente rischiosa. Sia perché si ricollega ad una ulteriore tipologia, basata su criteri storico-architettonici (senza quindi molta attenzione al paramento), elaborati sull analisi di grandi strutture europee, principalmente chiese, sia perché in tal modo la cronologia dei periodi del villaggio rischia di essere confusa con quella, piuttosto differenziata, proposta dagli storici dell architettura (15). Per tale motivo preferirò attribuire ai vari periodi una scansione numerica che rispecchierà, di conseguenza, anche quella temporale. Nell analisi delle principali tipologie costruttive, inoltre, non comparirà la descrizione delle malte, dal momento che queste saranno oggetto nel prossimo futuro di uno studio più approfondito e specialistico (16). Tipo I: Si tratta di una muratura costruita con pezzi di calcare di medie ed a volte grandi dimensioni, disposti senza una precisa apparecchiatura su piani solo raramente e grossolanamente orizzontali (Fig. 2). Queste caratteristiche non sembrano pertanto esemplificative di una grossa capacità tecnica, soprattutto nella rifinitura del paramento che, comunque, da un punto di vista strutturale sembra di buona qualità. I muri sono, infatti, caratterizzati da spessori piuttosto elevati, malgrado non vi sia una differenziazione tra la faccia esterna ed il loro riempimento. L estrazione dei pezzi avveniva dai fronti di cava, più o meno estesi, presenti all interno del villaggio, da parte dello stesso operatore che, probabilmente, si occupava anche della loro messa in opera. L osservazione tridimensionale del pezzo evidenzia come per la faccia esterna della muratura si utilizzasse il lato coincidente con il fronte di estrazione che, per il suo parallelismo con le litoclasi (fenditure naturali), si presentava più spianato degli altri (Fig. 2). È probabile che le altre facce del pezzo subissero, quando necessario, un processo di lavorazione molto sommaria che, comunque, non prevedeva mai la squadratura del pezzo ma semmai una sua sbozzatura eseguita presumibilmente con una mazzetta, forse già con l ausilio di uno scalpello. I relativi dati di scavo (area 6000, USM 6006) suggeriscono, per la diffusione di questo gruppo, una cronologia compresa tra il X secolo e la fine dell XI. Tipo II: La lettura di leggere differenze di carattere tecnologico che rimanda, comunque, ad una similarità di gruppo, ha reso necessaria una suddivisione del tipo in tre sottoclassi, collocabili temporalmente tra la fine dell XI e la prima metà del XIII secolo. II.a: la prima comprende murature di elevati spessori (50-55 cm), con il nucleo, nel caso della torre e della chiesa, costruito a bancate connesse all altezza dei corsi delle due incamiciature, formate da bozze di calcare di medie e grandi dimensioni, disposte su filari orizzontali, con i giunti ed i letti di posa lisciati (Fig. 3). I pezzi, ben squadrati, presentano sempre una rifinitura superficiale eseguita, in alcuni casi solo a subbia con punta medio-grossa, nella maggioranza unita allo scalpello, utilizzato per rifinire il nastrino al margine del concio. È molto probabile, e ciò viene confermato dai dati di scavo (area 1; USM 103), che questo tipo di tecnica costruttiva fosse utilizzata intorno alla fine dell XI e la prima metà di quello successivo. II.b: si tratta di murature caratterizzate da spessori piuttosto elevati (55-60 cm),

5 con una già marcata differenziazione tra i lati esterni ed il riempimento. Il paramento a vista è costruito con conci di medie e più piccole dimensioni, disposti su filari suborizzontali ed orizzontali, in alcuni casi leggermente sdoppiati. I pezzi in opera sono quasi tutti squadrati in maniera abbastanza regolare con l ausilio di mazzetta e scalpello, seppure difficilmente presentino segni di rifinitura superficiale (Fig. 4). Solo in alcuni casi, ma in percentuali veramente bassissime rispetto al resto della muratura, si possono infatti individuare rare tracce di subbia a punta medio-grossa. Similmente a prima, per questa sottoclasse ipotizzerei, usufruendo degli stessi elementi datanti, una cronologia compresa tra la fine dell XI ed i primi anni del XII secolo. II.c: le principali caratteristiche tecniche di questo terzo sottotipo, oscillante tra il XII e la prima metà del XIII secolo (il terminus post quem è rappresentato dal muro 2663 nell area 2650), databile alla prima metà del XIII secolo, sono veramente molto simili a quelle appena descritte. Anche in questo caso ritroviamo spessori piuttosto elevati, distinzione tra interno ed esterno, conci di medio-grandi dimensioni squadrati e disposti su filari sub ed orizzontali (Fig. 5). L elemento di differenziazione consiste in una maggiore presenza di conci rifiniti in superficie che si alternano a quelli solo squadrati. Le tracce che si individuano sono ugualmente riconducibili ad una subbia, assieme, in diversi casi, a quelle relative allo scalpello nell esecuzione del nastrino marginale. Tipo III: Similmente al caso precedente, ho ritenuto opportuno effettuare una suddivisione in tre sottogruppi, databili in maniera omogenea tra la seconda metà del XIII secolo e la prima metà del successivo. III.a: il gruppo comprende murature caratterizzate dalla presenza di un nucleo costituito dal mero riempimento delle due incamiciature spesso intorno ai cm. I due paramenti esterni sono formati da conci di calcare di medie-grandi dimensioni, con i lati squadrati disposti su filari in genere orizzontali, il cui andamento molto spesso è regolarizzato dalla presenza di zeppe o frammenti di lastre di copertura (Fig. 6.a). In molti casi a conci superficialmente non rifiniti si associano pezzi con tracce di subbia e scalpello, chiaramente di riutilizzo, provenienti dalla distruzione o semi-distruzione di strutture appartenenti ai precedenti tipi. III.b: murature costituite da un nucleo di risulta di spessore intorno ai cm, caratterizzate dalla presenza di bozze, frequentemente non squadrate, di medie e piccole dimensioni poste su filari orizzontali e sub-orizzontali, il cui andamento risulta quasi sempre regolarizzato dalla presenza di zeppe in pietra, in alcuni casi in laterizio, assieme a frammenti di lastre di copertura (Fig. 6.b). Malgrado la presenza di pietre angolari squadrate, la maggioranza degli altri pezzi presenta solo segni di una sommaria lavorazione e nessuna traccia di rifinitura. III.c: questo ultimo sottogruppo, caratterizzato dalla presenza di bozze appena squadrate di medie dimensioni, associate a numerosi conci di riuso, poste su filari suborizzontali, si distingue da tutti gli altri per l utilizzo come legante dell argilla rossa, presente in abbondanza nel sottosuolo limitrofo al villaggio. 3. Assetto abitativo: i periodi costruttivi La distribuzione dei tipi costruttivi sopra individuati sulle planimetrie dell insediamento, ha consentito di redigere delle piante sincroniche dalla cui

6 osservazione risulta evidente come ad ognuna di queste tipologie corrisponda un preciso momento costruttivo. Ciò consente di effettuare, seppure parzialmente, dal momento che alcune aree devono essere ancora indagate, un tentativo di periodizzazione necessario per la comprensione della dinamica insediativa del villaggio. Periodo I: Sebbene le prime testimonianze documentarie relative al villaggio risalgano ai primi anni dell XI secolo (17), è probabile che l origine dell insediamento, in relazione anche ai risultati di scavo, possa collocarsi tra il X e l XI secolo, quando, appunto, si sviluppa l originario assetto abitativo voluto dai Della Gherardesca. I lacerti di muratura corrispondenti a tale momento, tecnicamente rapportabili alla prima tipologia, non sono numericamente consistenti (Fig. 7). Buona parte è concentrata nella zona sommitale (aree ), dove il loro notevole spessore, fa pensare ad una funzione difensiva oltre che di delimitazione di eventuali ambienti, come ad esempio, nel caso del muro a cui si addossa il lato ovest della chiesa e del tratto ad ovest della torre sommitale. Altri lacerti sono individuabili all interno del borgo (aree ) ed in corrispondenza dell attuale cinta muraria. L identificazione di quest ultimi tratti, avvenuta soprattutto in relazione all indagine delle aree 1 e 2, si è rivelata di particolare interesse per la comprensione dell andamento dell originaria cinta muraria più esterna. Risulta infatti facilmente intuibile, malgrado le poche testimonianze materiali, come già in questo periodo il villaggio avesse un estensione ed una suddivisione generale molto simile a quella successiva e finale. Esisteva infatti un area sommitale fortificata a cui si accedeva dal lato orientale, ed un borgo distribuito sui terrazzamenti sottostanti, sulla cui consistenza ed assetto urbano è piuttosto difficile fare delle congetture, considerando anche l eventualità, data la presenza di alloggi per travi lignee in alcuni punti dell insediamento, che parte di queste abitazioni fossero costruite con materiale deperibile. Il borgo era a sua volta delimitato da un ulteriore cinta sottostante sul cui andamento, soprattutto in riferimento al lato di sud-ovest, si possono oggi fare delle ipotesi più attendibili. Un suo possibile resto, di dimensioni assai limitate, è stato infatti individuato all interno dell area 2, ed un altro in corrispondenza del limite di sud-est dell area 1 (Fig. 7), a cui tra l altro si appoggia perpendicolarmente il tratto di muro di cinta successivo di età romanica. Alcuni lacerti sono stati, inoltre, rinvenuti di recente nell attuale corridoio di ingresso e proprio in relazione a quest ultimi è ipotizzabile un andamento dell originaria cinta così come è riportato nella Fig. 7. Questa ipotesi sembra del resto confermata dalla presenza in loco, seppure quantitativamente molto limitata, proprio in corrispondenza del corridoio, di conci relativi agli stipiti di una grossa porta di ingresso (2.40 m di larghezza) quasi simmetrica, perché leggermente spostata ad ovest, all attuale, principale accesso al borgo. In base a ciò è possibile quindi trarre alcune importanti considerazioni. Appare molto probabile, infatti, che anche nel primitivo assetto urbano l ingresso principale al borgo fosse collocato sul lato sud della cinta, che proprio su questo versante, a differenza di quello di est ed ovest, era più ampia del successivo perimetro difensivo. Si possono, invece, solo timidamente avanzare delle ipotesi sull andamento del rimanente circuito, di cui rimangono veramente poche, probabili tracce materiali. A questo potrebbero essere

7 ricollegati i piccoli lacerti di muratura presenti nell area 2300, così come quello individuabile nell area (Fig. 7), sulla cui funzione è comunque veramente azzardato fare delle congetture. È mia convinzione, in ogni caso, che anche il tratto di muro di grande spessore, compreso tra il muro sud dell area 750 e nord dell area 1600, sia ricollegabile proprio con la parte terminale, di ricongiungimento con quella sommitale, di questa prima struttura difensiva. Data la presenza di due cinte ben definite, appare sin da ora evidente il controllo signorile sullo sviluppo dell assetto abitativo, controllo che si può ipotizzare fosse in questo primo momento soprattutto concentrato sulla costruzione della cortina difensiva, più che sull articolazione e relativa pianificazione del borgo. La tecnica costruttiva impiegata, come abbiamo visto, sostanzialmente non conosce procedimenti di rifinitura del paramento murario ed i pezzi, appena sbozzati, l apparecchiatura irregolare, rimandano probabilmente più all attività ed al sapere degli abitanti del castello, al servizio dei Della Gherardesca, che ad una manodopera specializzata, che faceva dell arte del lavorare la pietra la propria professione. Periodo II: Questo periodo vede il suo inizio tra la fine dell XI ed i primi anni del successivo, quando, nelle murature appartenenti a tale arco cronologico, si nota un importante differenziazione tecnologica. Ad una muratura caratterizzata da un apparecchiatura irregolare, composta da pietre solo rozzamente sbozzate, viene a sostituirsi, infatti, un tipo di paramento murario in cui si evidenzia una maggiore cura nella rifinitura delle pietre, ora squadrate ed in molti casi rifinite superficialmente. Tale cambiamento piuttosto repentino e non preannunciato da una tipologia intermedia, soprattutto se inserito in un contesto sociale come quello di Rocca S. Silvestro, potrebbe pertanto interpretarsi come un importante innovazione. Ma se d innovazione si tratta, per comprenderla appieno bisogna ricollegarci alle possibili vicende storiche. Non sono molti i documenti che direttamente parlano di Rocca S. Silvestro, ma dal loro spoglio risulta come questa, alla fine del 1100, rappresentasse già un cospicuo possedimento dei Della Gherardesca, essendo elencata tra i castelli compresi nel contado di Pisa, secondo il privilegio concesso da Enrico VI ai pisani (18). È molto probabile che proprio nel corso del XII secolo, ai Della Gherardesca, inoltre nel controllo del castello, subentrassero, forse come visdomini, i Della Rocca, in virtù del loro probabile passato di milites e fideles della famiglia (19). È plausibile quindi pensare che nella prima metà di questo secolo fosse nata l esigenza, da parte dell autorità signorile, di un generale riassetto edilizio, concentrato in particolare anche sulla nuova organizzazione del borgo oltre che sulla costruzione di un ulteriore cortina difensiva. L importanza di tale momento, che vide l utilizzo per ogni tipologia edilizia della pietra, è evidenziata dalla costruzione delle strutture più rappresentative del villaggio: la nuova cinta più esterna, la chiesa in prossimità dell area sommitale, databile nella sua prima fase tra la fine dell XI e gli inizi del XII secolo e la torre nella parte alta. Proprio nella tecnica costruttiva adottata nei due ultimi edifici citati, rapportabile al tipo II.a, si nota l utilizzo di pietre perfettamente squadrate, poste su filari orizzontali e sempre rifinite superficialmente con subbia e scalpello. Ciò sembrerebbe pertanto indicativo di un considerevole salto di qualità, frutto senza dubbio di un nuovo sapere, forse estraneo

8 al bagaglio culturale degli abitanti, riconducibile alla presenza in loco di veri e propri professionisti nell arte di lavorare la pietra. Questi infatti a mio avviso erano necessari per l introduzione di un nuovo modo di costruire, estetico oltre che funzionale ed indispensabili per la realizzazione di quegli elementi architettonici (archi, colonnini, etc.) significativi per quelle strutture a cui si voleva conferire un valore anche di rappresentanza. Ma, in relazione alla loro identità storica molti aspetti restano ancora oggi da chiarire. Pochi, quasi tutti piuttosto datati, sono infatti gli studi (20) che, per la Toscana testimoniano, dall Alto al Basso Medioevo, un continuo passaggio sulla costa ed anche nell entroterra di questi specialisti nella lavorazione della pietra, in particolare di derivazione lombarda. La loro origine ci rimanderebbe, pertanto, a quel gruppo di maestranze, formatosi nell Alto Medioevo, dotate in età longobarda di un proprio editto, il Memoratiorum de magistris commacinis, inizialmente, accentando l ipotesi di Mario Salmi (21), di derivazione comasca e poi originarie di tutto il territorio lombardo, che, seguendo il richiamo di altri committenti, si spostarono, come per una sorta di diaspora, dai loro luoghi natali per raggiungere altre zone della penisola. Troviamo, infatti, dei lombardi in età franca e longobarda nel territorio di Chiusi, Roselle e nella Lucchesia (22). Il loro flusso sembra, poi, intensificarsi nella zona di Massa dalla fine del XII secolo (23), mentre nel XIII e XIV secolo alcuni di loro lavorarono al Duomo di Siena (24). Altri li ritroviamo nel XIII secolo a Pisa, impegnati nella costruzione delle chiese di S. Sepolcro, S. Agata e nel Battistero (25), così come, alla fine del 300 nei lavori del Camposanto monumentale (26). La loro presenza è poi attestata nelle opere di fortificazione del territorio senese fino alla metà del 400 (27) e alla costruzione del porto senese di Talamone, dove un gruppo vi lavorò per circa 38 giornate (28). Può darsi che spesso si trattasse di semplici muratori e non di veri e propri maestri, tuttavia è molto probabile che la loro presenza abbia, qualche volta, dato origine in loco ad altre maestranze specializzate. Potrebbe essere quest ultimo il caso di Rocca S. Silvestro, dal momento che nessun elemento può provare qui l impiego di maestranze lombarde, malgrado queste rappresentino il fenomeno di manovalanza specializzata, come abbiamo visto, più ampliamente attestato nelle zone limitrofe. Abbastanza problematico risulta poi supporre anche il quantitativo numerico di questi specialisti all interno del cantiere. Basandoci su quanto si desume dall analisi dei documenti, relativi alla presenza di lombardi a Pisa, Siena e nel loro rispettivo territorio (29), seppure per un periodo più tardo, si può ipotizzare, per analogia, la presenza di un gruppo piuttosto ristretto, con molta probabilità presieduto da un magister a cui spettava il compito di scegliere i materiali e programmare i lavori. Questo, del resto, si ricollegherebbe all organizzazione dei cantieri centro-settentrionali, dal cui studio, attraverso i documenti, si deduce la presenza di una larga manodopera non specializzata, costituita nelle città da lavoratori occasionali e nel caso, invece, del villaggio di Rocca S.Silvestro, dai suoi stessi abitanti al servizio di un magister o di più magistri, affiancati da garzoni e apprendisti (30). L idea di un ristretto gruppo di maestranze sembrerebbe, comunque, confermata

9 anche dall analisi delle stesse tracce materiali, relative al loro passaggio. Oltre che nella chiesa e nella torre ritroviamo, infatti, questo particolare tipo di tecnica costruttiva (II.a) solo in alcune abitazioni del borgo (Fig. 8), la cui localizzazione appare piuttosto interessante. Una delle conseguenze, infatti, di questa operazione di riasseto edilizio da parte dell autorità signorile consistette infatti in una vera e propria pianificazione delle strutture murarie. Tutte le abitazioni vengono, così, a snodarsi lungo dei terrazzamenti quasi concentrici all area sommitale e la disposizione dei principali lotti sembra seguire l andamento di immaginarie linee che, partendo a raggera dall area sommitale, creano una sorta di tanti spicchi abitativi. Linee che è possibile visualizzare unendo con una retta i lati perimetrali esterni delle abitazioni poste sul terrazzamento più basso, con quelli del terrazzamento soprastante, quasi sempre situati, come è possibile vedere nella Fig. 9, più o meno precisamente, sullo stesso asse. Lo spicchio in assoluto più regolare, in cui i lati perimetrali delle abitazioni sotto e soprastanti sono perfettamente coincidenti, è quello posto sul versante sud dell insediamento, tra l area sommitale e la cinta muraria, quasi in prossimità della porta di accesso, comprendente le aree 5000, 5600 ed 800. La stessa localizzazione geografica conferisce un valore quasi simbolico a questa zona, immediatamente sottostante la residenza signorile e dominante la zona di ingresso principale, valore che probabilmente deteneva anche in passato, data la presenza, al di sotto dell area 800, di resti di consistenti murature più antiche, sulla cui destinazione è piuttosto arduo fare delle ipotesi. La qualità delle abitazioni, in origine di grandi dimensioni, il livello dei materiali rinvenuti, la presenza di particolari annessi, come ad esempio, il terrazzo ligneo aperto sulla cinta in corrispondenza dell area 5600, di un piano pavimentato esterno all area 800 e di una piccola cisterna lasciano comunque supporre una funzione sociale molto importante per questa zona del villaggio. Ed è proprio in questo gruppo di ambienti che l estrema cura nella lavorazione e finitura dei pezzi, ci riconduce al lavoro di maestranze specializzate. Ciò appare evidente nell area 5000 e 5600, meno nell area 800 dove i lati a sud ed a ovest sono stati quasi completamente ricostruiti, in un periodo, ritengo di poco successivo alla loro originaria edificazione, a seguito di una grossa distruzione. Le stesse particolarità si ritrovano poi nel tratto di paramento murario della cinta, sul lato sud, delimitante l area 5000 e 5600, che termina in prossimità della porta di ingresso al borgo. Un piccolo segno, situato in basso sulla parete esterna est dell area 800, costituisce poi un ulteriore elemento di conferma del passaggio di questi specialisti. Si tratta di una croce di medie dimensioni (10 x 10 cm), incisa a scalpello, quasi al centro di un concio, dalle cui estremità partono piccoli segmenti obliqui, tendenti a formare dei triangoli (Fig. 10). Ciò è probabilmente riconducibile all usanza delle maestranze di età medievale (ma anche dei periodi precedenti e successivi) di apporre, come una sorta di firma, un segno sulla pietra appena rifinita. L appropriazione di questo marchio d identità spettava solitamente al magister, ma anche gli apprendisti lo utilizzavano, personalizzando spesso quello del maestro, al fine di tenere il conto del lavoro giornaliero (31). La conseguenza della partecipazione di compagnie numerose all interno di un cantiere era quindi la presenza di numerosi marchi di identità, a volte uno per ogni pietra. La situazione in Toscana appare, comunque, ben diversa, in quanto in una recente indagine è stato possibile individuare solo pochi segni lapidari (32), posti su edifici situati

10 nella presente zona costiera, nel suo entroterra, a Siena ed in parte del suo territorio. In maggioranza si tratta di segni a carattere simbolico, mentre appare evidente quanto pochi siano i marchi di identità, rinvenuti in particolare nei piccoli centri. La loro scarsità numerica si spiegherebbe proprio con l ipotesi della presenza sui cantieri di poche, pochissime maestranze specializzate, destinate principalmente alla realizzazione delle parti più importanti della costruzione e alla soprintendenza ai lavori. La concentrazione dei segni nei piccoli centri della fascia costiera e dell entroterra, dove sicuramente non era presente una scuola permanente di specialisti lapicidi, si ricollegherebbe al carattere itinerante di tali maestranze, più facilmente recettive a questo genere di usanze, tipiche del nord e del sud d Italia (33), rispetto a quelle probabilmente più tradizionaliste, formatisi in loco (e i documenti ce ne danno testimonianza) (34), come, ad esempio, a Siena, dove appunto sugli edifici medievali non si rinviene nessun tipo di segno. Anche nel caso di Rocca S. Silvestro, escludendo l interpretazione simbolica che male si accorda con la funzione esclusivamente abitativa degli ambienti, ci troviamo di fronte ad un solo marchio di identità, rapportabile forse ad un unico magister. La croce era, infatti, usata frequentemente come firma dagli scalpellini, con tutte le sue possibili varianti grafiche, ed è riscontrabile in numerosissimi edifici del nord come del centro Europa (35). Tutta questa serie di elementi conducono, quindi, ad ipotizzare la presenza di un gruppo non molto ampio di specialisti, a cui forse era principalmente richiesto di edificare i più rappresentativi edifici, in modo così da impostare e dare l avvio ad un lavoro, portato poi a termine dagli stessi uomini del villaggio. Ma attraverso l osservazione diretta, principale veicolo di conoscenza dei saperi pre-industriali, che cosa percepirono questi abitanti dall operato delle maestranze specializzate? Innanzitutto la necessità di squadrare la pietra prima della messa in opera, conseguentemente più regolare, di disporre i conci su filari orizzontali e soprattutto di utilizzare subbia e scalpello, strumenti che sicuramente già esistevano, destinati magari ad altri usi nell ambito di un economia legata all attività metallurgica, impiegati ora per rifinire le superfici a vista della pietra (36). È molto probabile però che, di fronte a tali novità, si creassero due tendenze tecniche che, malgrado la loro similitudine, vennero influenzate dall ambiente preesistente e sicuramente dal diverso grado di personalizzazione del lavoro. Una prima (tipo II.b; Fig. 4), forse più rivolta alle passate tradizioni costruttive, vide solamente l adozione della squadratura, della posa in opera su filari sub ed orizzontali e, solo in rarissimi casi, di una parziale rifinitura superficiale della pietra. La seconda previde invece su quasi tutti i conci una rifinitura a subbia nella loro parte centrale, unita spesso allo scalpello nel nastrino al margine (Fig. 5). Da che cosa dipendessero queste differenziazioni tipologiche è difficile dirlo e a tale riguardo si potrebbero fare molte ipotesi: dal diverso grado di permanenza delle proprie tradizioni costruttive, al maggiore contatto diretto con il lavoro delle maestranze, così come dall esistenza di un grado di specializzazione differenziato anche all interno dello stessa comunità. In ogni caso appare evidente che questi tre tipi e sottotipi nascono nello stesso periodo, pur avendo, in seguito, uno sviluppo tipologico e cronologico diversificato. I dati di scavo ci orientano infatti verso tali conclusioni dal momento che

11 nell area 1 un muro (USM 103), tipologicamente rapportabile al tipo II.b, è stato datato alla fine dell XI secolo, similmente alle prime fasi costruttive della chiesa, tipo II.a, riferibili, appunto, alla fine dell XI e gli inizi del secolo successivo. La conferma poi della contemporaneità di quest ultimo tipo con gli altri due è venuta a seguito dell analisi stratigrafica del lato sud del muro di cinta, compreso tra l accesso al borgo e l area 1, finalizzata all individuazione delle diverse corvèes lavorative occorse per la realizzazione di quel tratto di muratura. L indagine, sviluppata attraverso l osservazione dell andamento dei letti di posa, dell altezza dei filari e della posizione delle buche pontaie, ha permesso di riconoscere dieci prestazioni d opera, in genere di limitata entità che, sebbene seguano un andamento irregolare, furono eseguite in un probabile arco di tempo piuttosto ristretto (Fig. 11). Lo studio delle tecniche costruttive ha rilevato, poi, il lavoro delle stesse maestranze specializzate nella seconda, terza e quarta di queste giornate, necessario per dare forse l avvio all importante lavoro, mentre in tutte le altre, sicuramente eseguite dagli abitanti del villaggio, ritroviamo i sottotipi II.b e II.c (Fig. 11), seppure con delle differenze legate, soprattutto, alle dimensioni delle pietre. Cronologicamente questi sottoclassi seguono dei destini diversi. Quello, infatti, legato alle maestranze ritengo sia limitato alla loro permanenza sul cantiere, da supporre tra la fine dell XI e la prima metà del XII secolo (37). Anche il tipo II.b sembra cronologicamente inserito in questo periodo, utilizzato soprattutto nella costruzione dei muri perimetrali e di terrazzamento delle abitazioni (aree Fig. 8). Quello che sembra sopravvivere più a lungo, forte dell insegnamento delle maestranze, è il sottotipo II.c, presente non solo nelle strutture coeve all esistenza degli altri due (cinta e muri perimetrali di diverse abitazioni), ma anche in un muro databile intorno alla metà del XIII secolo (USM 2663-area 2650). Tali operazioni edilizie non determinarono, in ogni caso, una diversa suddivisione del borgo, che aveva sempre una zona sommitale fortificata provvista di una nuova torre al di sotto della quale si trovava la zona di residenza signorile (area 500), di cui però si conserva solo un piccolo lacerto di muratura, in fase con un bel piano pavimentato a lastre marmoree. Il villaggio si snodava lungo i terrazzamenti, in base ad una precisa pianificazione edilizia (38), composto da case in genere ad un solo piano, di grande ampiezza (da 11 a 13,50 m. ca), assieme ad ambienti destinati all uso pubblico, come le cisterne od il frantoio. Il percorso della nuova cinta, più facilmente ricostruibile, prevedeva ancora un ingresso principale situato sul lato sud (2.50 m circa di larghezza), affiancato da un altro, di minori dimensioni (largo circa 1.70 m), sempre su questo lato, in vicinanza dell area 1, a cui, quasi sicuramente, si accedeva tramite una piccola rampa (Fig. 8). Molto probabilmente questa apertura serviva per entrare direttamente nel versante occidentale del villaggio, dove, si può supporre che si concentrasse già l attività metallurgica. La presenza di consistenti lacerti nell attuale corridoio di ingresso, rapportabili al sottotipo II.c, fanno ipotizzare un riutilizzo di questa tratto dell originaria cinta muraria, che proprio in questa fase vedrà la sua trasformazione in corridoio. In relazione a ciò, quasi certamente fu mantenuta in uso anche la precedente porta, collegata ora alla nuova, con una rampa monumentale di scale (Fig. 8). Questa interpretazione renderebbe, del

12 resto, più plausibile l esistenza del grosso terrazzo ligneo sulla nuova cinta, in corrispondenza dell area 5600, non più affacciato in questo modo su di uno spazio aperto e conseguentemente più vulnerabile. In relazione a questi dati appare comunque evidente che ci troviamo di fronte al periodo più importante, dal punto di vista costruttivo, in cui, in un ristretto arco di tempo (prima metà del XII sec.), si definiscono le divisioni funzionali del villaggio, le planimetrie delle case, il percorso della cinta e la viabilità interna. A causa proprio della sua rilevanza è molto probabile che a questo sia seguito un periodo di generale stasi costruttiva, conclusasi diverse generazioni più avanti, ed interrotta solo dalla sporadica costruzione di qualche ambiente, in cui ancora si risentirà dell influenza tecnica di questo momento. Periodo III: È intorno alla metà del XIII secolo che si assiste di nuovo ad un consistente cambiamento. A seguito di un possibile incremento demografico, le originarie grandi case ad un solo piano del precedente periodo cominciano a risultare insufficienti per un maggior numero di nuclei familiari, anche maggiormente sensibili ad una nuova suddivisione funzionale degli spazi. Si eseguiranno pertanto generali operazioni di rialzamento di quasi tutti gli ambienti, in coincidenza, appunto, con la divisione funzionale dei livelli che vide spesso il primo piano destinato a vera e propria abitazione ed il piano terra a ricovero di animali o deposito per gli attrezzi, molte volte dopo essere stato ulteriormente suddiviso con dei muretti in pietra provvisti di una piccola porta di passaggio. Questa uniforme suddivisione porterà a contare per questi anni, con l ausilio dei resti materiali e dei risultati di scavo, circa 48 unità abitative, assieme ad un forno da pane, uno da ceramica, un frantoio, tre cisterne di media grandezza, una chiesa con relativa area cimiteriale (Fig. 13), oltre alle aree propriamente di servizio, ad esempio destinate al deposito e manutenzione degli attrezzi (39), a quelle adibite a funzioni difensive e di residenza signorile (ugualmente interessate, quest ultime, da ampliamenti ed operazioni di rialzamento dei livelli). Inoltre si accentuò la divisione funzionale dell intero borgo, che ebbe una destinazione prettamente abitativa nel versante di sud-est ed invece legata all attività metallurgica in quello di ovest, assieme alle aree immediatamente fuori dal circuito murario. Su quest ultimo, tra l altro, proprio in corrispondenza del lato sud, furono eseguite alcune modifiche dal momento che l originario corridoio di accesso, forse in parte crollato o distrutto (non dimentichiamo che la Rocca nel aveva subito l assedio da parte dei volterrani), venne rialzato, dotato di merli ed allungato, in direzione est (Fig. 12). In relazione a tale operazione, fu tamponata anche l originaria porta di ingresso più esterna per aprire l attuale accesso, in prossimità dell area 1, probabilmente in fase con la lastricatura del piano di calpestio. In seguito forse alla creazione di una nuova viabilità interna, sarà tamponata anche la piccola apertura nella precedente cinta, compresa tra l area 1 e In ogni caso appare evidente come le principali e numerose modifiche riguardino soprattutto le suddivisioni interne degli ambienti, comprendendo solo raramente la definizione di nuove planimetrie (Fig. 12). Solitamente si divide, si rialza, si ricostruisce sempre seguendo però la trama dell impianto preesistente. Questo perché alla base di tali cambiamenti difficilmente ritroveremo l autorità signorile, forse nemmeno più direttamente presente nel villaggio, ma le necessità degli stessi abitanti. Ciò non deve

13 però obbligatoriamente essere interpretato come una sorta di emancipazione, dal momento che i documenti del tempo dimostrano quanto ancora questa piccola società fosse dipendente ed estranea alle decisioni riguardanti la vita dell insediamento, prese dai signori o dai loro visdomini (40). Come conseguenza di questa necessità, principalmente legata alle nuove funzionalità degli ambienti, si avrà proprio la rimessa in moto di quel flusso di conoscenze, forse solo apparentemente sopite, ma ancora presenti nel bagaglio culturale empirico degli abitanti. Nel primo sottotipo di questo periodo si continuerà infatti, ancora fortemente permeati dell insegnamento delle maestranze, a costruire squadrando abbastanza le pietre, disponendole su filari sub-orizzontali, regolarizzati con l ausilio di zeppe e frammenti di copertura. Vi è però un primo abbandono, ovvero quello della rifinitura superficiale del pezzo, compensata spesso con l inserimento di conci di riutilizzo, recuperati dalla parziale distruzione delle precedenti strutture avvenuta magari durante i lavori di sopraelevazione. Ma è solo nella seconda sottoclasse, con il definitivo riemergere dell antico sapere, delle nozioni di base proprie anche dei primi abitanticostruttori, che si ha la definitiva perdita delle precedenti caratteristiche edilizie. Le pietre utilizzate, malgrado la presenza di cantonali ben lavorati, sono infatti raramente squadrate, in genere appena sbozzate, poste senza una precisa apparecchiatura, assieme sempre a zeppe in pietra e qualche volta in laterizio. A questa tipologia sono ugualmente rapportabili gli ultimi interventi costruttivi, prima del definitivo abbandono, caratterizzati dall uso di una malta a base di calce, ricca però di inclusi di grosse dimensioni, nella maggioranza costituiti da piccole scorie di lavorazione dei metalli. Un terzo sottotipo rappresenta, poi, un importante novità, dal momento che vede l utilizzo della terra rossa come legante. I tratti di muratura così edificati, in genere corrispondono a dei muretti divisori interni, parziali restauri o rialzamenti di muri preesistenti. È indubbia la loro concentrazione sul versante est (Fig. 12) e questo aveva, in passato, fatto supporre la loro contemporanea realizzazione come restauri, in seguito ad un probabile evento sismico, attestato nella zona intorno al Ciò avrebbe pertanto suggerito, a seguito anche del ritrovamento di alcune monete all interno di queste murature, una datazione piuttosto tarda, dopo il Vi sono però altri indizi, che spingono verso un ulteriore interpretazione. Il muretto divisorio presente nell area 5000 è, infatti, in parte in terra rossa, in parte in calce e quest ultima, rapportabile al tipo III.a e quindi databile tra la seconda metà del XIII ed i primi anni del XIV, stratigraficamente si appoggia al lacerto sottostante. Vi sono poi murature, in altri versanti del borgo, interpretabili come base di pilastri interni agli ambienti o strutture produttive e di servizio, che vedono l utilizzo di questo legante, anche per le sue caratteristiche di refrattarietà, senza contare che in molti muretti il tipo di terra impiegata sembra avere colorazioni diverse. È pertanto probabile che ci troviamo di fronte ad operazioni costruttive abbastanza limitate da collocare, in base agli elementi sopracitati, in una cronologia più elastica, compresa come quella degli altri due sottotipi, tra la seconda metà del XIII e la prima metà del successivo. 4. Conclusioni: le tecniche costruttive ed i loro esecutori Ricapitolando in maniera schematica il contenuto dei precedenti paragrafi, vediamo come l analisi delle tecniche costruttive abbia portato alla evidenziazione di tre

14 principali tipi, ricollegabili a tre differenti momenti costruttivi. Avremo quindi: Tipo I, riconducibile al primo periodo, collocabile tra la fine del X e dell XI secolo, corrispondente alla realizzazione dell originario assetto edilizio del villaggio e relativo ad una tecnica molto irregolare e grossolana, probabilmente legata alle sole conoscenze tecniche degli abitanti del villaggio. Tipo II, connesso al più importante periodo costruttivo dell insediamento, quando nell arco cronologico compreso tra la fine dell XI e la prima metà del XIII secolo, viene definito il principale assetto edilizio, con relative divisioni funzionali del villaggio. Questa tipologia è stata ulteriormente suddivisa in tre sottotipi, differenziati tra di loro in base alle caratteristiche costruttive: sottotipo II.a, collocabile tra la fine dell XI e la prima metà del XII secolo e rapportabile alla tecnica propria delle maestranze specializzate che operarono in alcune aree del villaggio; sottotipi II.b e II.c, ambedue rispecchianti invece le capacità tecniche degli abitanti-costruttori, arricchite dall insegnamento delle maestranze, compresi cronologicamente, il primo tra la fine dell XI e la prima metà del XII secolo, il secondo tra il XII e la prima metà del XIII secolo. Tipo III, caratterizzato da una tecnica gradatamente più irregolare, con frequenti riusi di conci provenienti da strutture precedenti, riconducibile al momento di massima espansione demografica che ebbe come conseguenza il rialzamento di un piano degli originari ambienti e la loro relativa frammentazione. Essendo legata più alle esigenze funzionali, relative ai nuovi ambienti, che ad una volontà signorile di pianificazione edilizia come nel precedente periodo, questa tecnica rispecchia nuovamente l esclusivo sapere degli abitanti, ormai allontanatisi anche temporalmente dall insegnamento delle maestranze. A seguito di questa breve ricapitolazione viene comunque da pensare come il gesto e la parola che sono alla base della trasmissione di questo sapere, siano azioni che riconducono all uomo che ne è l artefice. In riferimento a ciò sorge spontaneo chiedersi quanti abitanti del villaggio, in realtà, presero parte a queste attività e quante generazioni vennero coinvolte in questo flusso continuo di saperi, divenendone pertanto portatrici. Partendo dal presupposto che un gran numero degli abitanti doveva essere interessato da tali processi, dal momento che questi erano anche costruttori delle proprie case secondo una tradizione molto comune in ambito rurale, si può supporre che siano state coinvolte almeno quattro generazioni durante il primo periodo, di circa cento anni, compreso tra la fine del X e dell XI secolo. Più difficile risulta quantificare il numero relativo al successivo arco cronologico, iniziato intorno alla fine dell XI secolo e sviluppatosi, da un punto di vista edilizio, nella prima metà di quello seguente. È probabile che solo una generazione, in realtà, lavorò con le maestranze specializzate, probabilmente non soffermatesi a lungo sul cantiere dopo averne dato l avvio, anche se la trasmissione del loro insegnamento, recepito e rielaborato, come abbiamo visto, in maniera diversificata, spetterà alle due o tre generazioni successive. Con il raggiungimento dell obiettivo tecnico, realizzata la principale trama insediativa dell abitato, costruiti i suoi più rappresentativi edifici e la cinta muraria, si verificò un generale momento di stasi costruttiva. Se risulta difficile immaginare la sua durata, non è detto però che questa fosse così assoluta, dal momento che, anche negli anni successivi alla seconda metà del XII secolo fino alla metà del successivo, si eseguiranno alcune

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