1. CRONOTIPOLOGIA DELLE TECNICHE COSTRUTTIVE

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1 1. CRONOTIPOLOGIA DELLE TECNICHE COSTRUTTIVE Attraverso lo scavo nella Rocca e l analisi delle architetture del borgo sono stati individuati tredici tipi di tecnica muraria distribuiti in un arco cronologico compreso tra X e XVI secolo. Per le evidenze materiali più antiche l esiguità dei resti non ha permesso di includere nella preliminare classificazione un ampio numero di esempi, cosicché il tipo in questi casi ha coinciso con le uniche testimonianze architettoniche riportate in luce, come nel caso dei tipi II e III. La loro denominazione è comunque dovuta alle sostanziali differenze riscontrate nelle caratteristiche tecniche che, anche solo in quegli unici esempi, rimandano a rilevanti cambiamenti economici, sociali e politici. Seguendo una scansione temporale i tipi sono stati suddivisi in quattro gruppi corrispondenti alle principali fasi storiche dell insediamento (Figg ) ovvero primo incastellamento (secc. X-XI); secondo incastellamento (secc. XII-p.m. XIII); età comunale (s.m. XIII-p.m. XIV sec.); fase di occupazione fiorentina (secc. XV-XVI). Gruppo I (secc. X-XI) Tipo I: (Fig. 1) All interno di questa tipologia sono comprese quelle architetture in cui il legno fu utilizzato come principale materiale da costruzione. Durante lo scavo nella Rocca sono stati riportati in luce i resti di tre capanne dove è stata adottata questa tecnica. In tutti e tre i casi si faceva infatti uso di pali in legno 1 di dimensioni medio-grandi ( m) con sezione circolare e in rari casi quadrata che, a distanze più o meno regolari (0.67 min m mass.), venivano inseriti in buche nel terreno sempre di forma circolare (prof. oscillante tra m) e costituivano l ossatura dei perimetrali della stessa capanna. L indagine archeologica ha inoltre permesso di verificare che lo spazio compreso tra un palo e l altro era riempito da argilla pressata di colore 1 L analisi dei resti paleobotanici rinvenuti negli strati di abbandono di una delle capanne appartenenti a questa tipologia ha permesso di verificare che per la costruzione dell ossatura portante fu utilizzato legno di quercia. A proposito si veda il contributo di DI PASQUALE cap. XI, sez. III. rossastro mista a ramaglie. La mancanza di chiodi negli strati di abbandono fa ipotizzare che i componenti della struttura portante fossero fissati tra loro attraverso legacci vegetali. L analisi dei reperti contenuti nelle stratigrafie data alla prima metà del X secolo il tipo in questione che trova numerosi confronti con altri casi individuati durante le più recenti indagini archeologiche in ambito toscano. Tipo II: Questa tipologia (Fig. 2) corrisponde all utilizzo di materiali misti per la costruzione delle pareti perimetrali di capanne, i cui resti sono stati rinvenuti nell area sommitale della Rocca. La tecnica prevedeva la realizzazione di un muretto di limitato spessore ( m) con pietre in calcare locale non sbozzate o ciottoli legati da malta di argilla di colore grigiastro, posti con apparecchiatura irregolare. Data la limitata altezza del muro e le sue dimensioni è molto probabile che la parte superiore del muro fosse costruita con pali di legno inframezzati da argilla pressata e ramaglie. L esiguità dei resti materiali non ha permesso però di individuare né la reale, originaria, altezza della base in muratura né tracce di eventuali alloggi all interno dello stesso muro per pali lignei necessari al sostegno della parte superiore in materiale deperibile. Anche in questo caso, come per il precedente tipo, il ritrovamento di un esiguo numero chiodi porta a supporre l utilizzo di legacci vegetali per unire le strutture portanti. Tipo III: Durante lo scavo dello spazio esterno antistante l edificio A della Rocca (area 7000), sono stati riportati in luce i limitati resti di un muro in pietra databile alla seconda metà del X secolo (Fig. 3) poiché collocato stratigraficamente tra l abbandono di una più antica capanna in legno (p.m. X sec.) e la ricostruzione di una seconda in materiali misti (p.m. XI sec.). L esiguità dei resti non diminuisce l importanza del ritrovamento che rappresenta la prima testimonianza certa di un nuovo utilizzo della pietra come materiale da costruzione. Il muro (spessore 0.80 m), appartenente sicuramente ad una più ampia struttura ormai distrutta, fu costruito utilizzando pietre in calcare estratte o raccolte dal- 715

2 1 2 3 Figg Alcuni alloggi per pali relativi ad una capanna costruita con tecnica tipo I; 2. Panoramica dei resti di una delle basi in muratura della capanna costruita con materiali misti (tipo II); 3. I resti della muratura costruita con tecnica tipo III. le vicine cave 2, non lavorate ad eccezione di qualche elemento che presenta una preliminare sbozzatura. Le pietre furono poste in opera in maniera irregolare, senza rispettare l orizzontalità dei filari e come legante venne prodotta della malta di colore nocciola, piuttosto povera di calce e ricca di aggregati sabbiosi. Gruppo II (XII-p.m. XIII secolo) (Fig. 4) Tipo IV: Corrisponde alla tecnica muraria più frequentemente registrata sia negli edifici della Rocca sia in quelli del sottostante borgo (Fig. 5) Tra le sue caratteristiche principali vi è l utilizzo del calcare di formazione silicea o Canetolo proveniente in massima parte da cave poste nelle immediate vicinanze di Campiglia. Le pietre sono di lunghezza molto variabile con uno scarto tra le misure medie maggiori e minori anche di 35 cm. Le medie delle altezze tendono, in maniera più uniforme, ad oscillare tra i 14.4 ed i 29.4 cm. I conci si caratterizzano per una lavorazione abbastanza accurata mancante però di una perfet- 2 Si tratta di calcare di formazione silicea o Canetolo presenti nello stesso poggio della Rocca o nelle immediate vicinanze, a proposito si veda COSTANTINI et alii ta squadratura con spigoli ben definiti. Questo è uno dei motivi per cui nella maggioranza delle pietre esaminate manca la finitura a scalpello nell anatirosi del concio, mentre è sempre presente la finitura superficiale a subbia con punta variabile tra cm. I conci sono posti in opera regolarmente, seguendo filari orizzontali e paralleli tra di loro. Malgrado la non precisa squadratura con questa tecnica era comunque ottenuto un buon contatto tra le superfici degli stessi conci, divisi da giunti e letti di posa di dimensioni limitate ( cm). Ciò spiega l assenza quasi totale di zeppe o scaglie di pietra interne alla tessitura per riempire gli eventuali vuoti. Questo modo di costruire fu impiegato per tutto il XII secolo in diverse architetture di Campiglia (edifici della Rocca, cinta muraria, edifici del borgo, paramenti interni della pieve di S. Giovanni) e trova un vasto numero di confronti nelle architetture coeve del territorio. Secondo la divisione fatta da Mannoni 3, in base alla caratteristiche tecniche sopradescritte, il lavoro sembrerebbe rapportabile più all opera di un buon muratore che a quella di uno scalpellino professionista, presente comunque in alcuni 3 MANNONI 1998, pp

3 Fig. 4 Localizzazione delle tecniche appartenenti al gruppo II (XII-p.m. XIII sec.). casi (edifici signorili e pieve) nello stesso cantiere ma impegnato nella realizzazione di parti limitate (si veda la successiva descrizione del tipo VI). Si trattava in ogni caso di figure professionali che dovevano avere collaborato con gli scalpellini, mettendo magari in opera i loro conci e che tendevano a riprodurre questo modo di lavorare la pietra saltando però il più complesso passaggio di perfetta squadratura della stessa. Come già ipotizzato in altre occasioni 4, poteva quindi trattarsi di manodopera specializzata fa- 4 BIANCHI Fig. 5 Tipo IV. cente parte dello stesso gruppo di lavoro degli scalpellini oppure di manodopera locale ingaggiata sul posto, già capace di murare in pietra, che acquisiva, con il lavoro in comune, parte dei nuovi saperi importati dallo stesso scalpellino. La parziale professionalità di queste maestranze potrebbe spiegare inoltre un altra evidenza materiale (Fig. 6). Proprio in alcune parti dei muri interni della pieve sono infatti osservabili ridotte porzioni di malta lisciata a copertura dei contorni del conci. Un simile trattamento delle superfici interne è riscontrabile anche nel palazzo signorile della Rocca, dove è ancora più evidente e meglio registrabile l uso di lisciare intorno ai contorni del concio la malta, per poi riprodurre con uno strumento a punta l andamento dei giunti e letti di posa. È plausibile quindi l ipotesi che la parziale copertura del concio servisse proprio a nascondere la non perfetta squadratura della pietra. Tipo V: Questo tipo (Fig. 7) si caratterizza per l utilizzo di conci in calcare locale di formazione silicea o Canetolo sempre proveniente dalle cave poste ai limiti del borgo di Campiglia perfettamente squadrati a scalpello e spianati a subbia con punta variabile ( cm) nella superficie interna. I conci sono posti in opera regolarmente con giunti e letti di posa di limitate dimensioni, su filari orizzontali e paralleli. In alcuni casi, di fronte alla probabile mancanza di conci della medesima misura, l altezza del filare è rispettata con l inserimento di doppi conci più piccoli. Il tipo di tecnica sembra diffondersi a Campiglia già nella prima metà del XII secolo, all interno del cantiere dell edificio A nella Rocca, dove però 717

4 fu adottata solo nella costruzione del pilastro centrale interno e di alcuni elementi architettonici, come conci degli archi o stipiti di porte e finestre. La costruzione della pieve di S. Giovanni, nella seconda metà del secolo, portò sicuramente un maggior numero di scalpellini professionisti a Campiglia, che utilizzarono questo tipo anche per la costruzione dei muri perimetrali dell edificio religioso oltre che in particolari elementi architettonici. Tipo VI: Nel panorama sopradescritto relativo ai tipi rapportabili al XII secolo, quello che ci accingiamo a descrivere può essere classificato come un unicum dal momento che è presente solo in alcune porzioni di muratura del palazzo nella Rocca (Fig. 8). Al tempo stesso però la sua individuazione è importante perché legata alla presenza di diversi saperi nell ambito della stessa organizzazione di cantiere. La stratigrafia del sottosuolo, interna al palazzo, escludendo importanti rifacimenti dell edificio ha confermato la contemporaneità del tipo, databile alla seconda metà del XII secolo, con quella adottata in altre porzioni della muratura, corrispondente ai tipi IV e V. La stratigrafia degli elevati ha inoltre evidenziato che l adozione di tecniche diverse corrisponde alla presenza di cesure di cantiere piuttosto nette che probabilmente segnarono anche l avvicendarsi di differenziati gruppi di lavoro. Una parte dei muratori, probabilmente meno esperti degli altri, che assistevano gli scalpellini professionisti nel costruire la porzione sud-ovest del palazzo adottarono infatti questo tipo di tecnica in alcuni caratteri differente da quelle precedentemente descritte. Innanzitutto, probabilmente a causa della provenienza da cave diverse del calcare locale, a parità di lunghezza i conci hanno un altezza media sicuramente minore rispetto a quella propria del tipo IV. Nel caso di questo tipo l altezza media tende infatti ad oscillare tra i 6.5 ed i 16.5 cm contro l oscillazione minima di 14.4 cm e massima di 29.4 cm del tipo V. Inoltre è evidente una squadratura del concio ancora più sommaria del tipo V, con una quasi totale assenza di finitura superficiale. Il risultato finale è quello di una muratura che pur caratterizzandosi per una posa in opera regolare, è mancante di validi contatti tra gli elementi lapidei e necessitante di conseguenza del frequente inserimento di zeppe in pietra o lastre di argilloscisti. Tipo VII: Il tipo (Fig. 9) accomuna la costruzione di tre architetture signorili della Rocca, la torre B, l annessa cisterna e l edificio C, databili alla prima metà del XIII secolo. Fig. 6 Resti del rivestimento dei paramenti murari interni relativi al tipo IV. Fig. 7 Tipo V. Le caratteristiche della tecnica riflettono un momento di passaggio tra due importanti periodi edilizi dell insediamento ovvero quello corrispondente al cosiddetto secondo incastellamento e l ampliamento dell abitato legato alla fase comunale e rappresentano l ultimo importante investimento dei conti di Campiglia prima del loro definitivo declino dalla scena politica ed economica. Il tipo risente comunque molto dell ambiente tecnico formatosi durante il secolo precedente e in questo si ritrovano accentuate molte caratteristiche evidenziate nel tipo VI, sopradescritto. All utilizzo di conci in calcare provenienti anche in questo caso dalle cave di nei dintorni di Campiglia è collegata un oscillazione di misure medie delle altezze dei conci, comprese tra 8.8 e 17.8 cm, che le accomuna a quelle del tipo VI. 718

5 Fig. 8 Tipo VI. Fig. 9 Tipo VII. Fig. 10 Localizzazione delle tecniche appartenenti al gruppo III (ss.m. XIIIXIV sec.). Inoltre anche in questo caso, malgrado l apparente regolarità della posa in opera, la parziale squadratura dei conci e la sommaria spianatura superficiale, senza ulteriori finiture, rese necessario (soprattutto per l edificio C) l inserimento di un cospicuo numero di zeppe in pietra o lastrine di argilloscisto per regolarizzare l andamento dei filari e rendere stabile la muratura. La tecnica sembra quindi collegabile all opera di muratori non altamente specializzati che al con- trario di quelli che produssero il tipo di tecnica IV, propria del pieno XII secolo, stavano gradatamente allontanandosi dal modello di tecnica realizzato dagli scalpellini. Gruppo III (s.m. XIII-p.m. XIV sec.) (Fig. 10) Tipo VIII: Questo tipo (Fig. 11) rappresenta un importante punto di cesura nell ambiente tecni- 719

6 Fig. 12 Tipo VIIIa. Fig. 11 Tipo VIII. co di Campiglia e lo si ritrova in tutte le architetture pubbliche e private legate all ampliamento del borgo avvenuto tra la seconda metà del XIII secolo e i primi decenni di quello successivo. Malgrado infatti il materiale da costruzione resti invariato (calcare di formazione silicea o Canetolo estratto localmente) l utilizzo di fronti di cava diversi da quelli di XII secolo 5 portò all utilizzo di pietre sempre caratterizzate da una notevole lunghezza (a volte superiore ai 60 cm) e da una ridotta altezza, con una media oscillante tra gli 8.2 e i 17 cm. Le pietre venivano lavorate senza però una particolare attenzione alla perfetta squadratura, con rifinitura invece a subbia della superficie interna. In molti casi l orizzontamento dei filari era ottenuto tramite uno sdoppiamento dei corsi e i vuoti tra giunti e letti di posa a volte erano eliminati con l inserimento di zeppe in pietra. Questo tipo è individuabile nei muri portanti del Palazzo Pretorio, databile attraverso un iscrizione incisa su uno dei suoi accessi al 1246, in tutti i pilastri delle abitazioni del borgo, nelle porte e nei tratti di muro della nuova cinta difensiva. Se la tecnica riflette l impiego sicuramente di buoni muratori ma non di scalpellini, la sua larga 5 Attualmente è impossibile riuscire a localizzare con esattezza la posizione di questi nuovi fronti di cava. diffusione è comunque sintomatica della circolazione di maestranze accomunate da un medesimo modo di costruire ed è esemplificativo di un importante programma edilizio. Tipo VIIIa: Questa tipo di tecnica rappresenta una variante di quella appena descritta (Fig. 12) Si tratta infatti di un modo di costruire molto simile a quello della tecnica VIII (uguali dimensioni della pietra, stessa posa in opera) ma caratterizzato da una minor cura nella parziale squadratura del concio, quasi mai rifinito superficialmente e con una posa in opera maggiormente irregolare. I conci posti su filari orizzontali, a volte con bruschi cambi di altezza, sono divisi da giunti e letti di posa di dimensione variabile, con il frequente inserimento di zeppe in pietra. Questo tipo di tecnica è stato censito in un certo numero di muri perimetrali delle abitazioni del borgo provviste di pilastri in pietra nella facciata. In questo caso la generale minore attenzione a certi parametri costruttivi non è forse tanto imputabile a maestranze diversificate, quanto all utilizzo della tecnica in parti secondarie delle architetture solitamente meno esposte e rappresentative rispetto a quelle del fronte stradale. Gruppo IV (secc. XV-XVI) (Fig. 13) Tipo IX: L elaborazione del tipo (Fig. 14) va di pari passo con gli eventi storici e coincide con l inizio dell occupazione fiorentina di Campiglia nei primi anni del XV secolo. Usando la medesima tecnica, in questo periodo furono restaurate o ricostruite molte parti della cinta o strutture difensive. Questa prevedeva l uso di pietre in calcare siliceo alternate a conci di riutilizzo o pietre di arenaria macigno proveniente da cave poste all interno o nelle immediate vicinanze del borgo. Le pietre cavate ex-novo erano sottoposte ad una sommaria regolarizzazione dei loro contorni e mai ad una spianatura superficiale. La posa in opera, sebbene piutto- 720

7 Fig. 13 Localizzazione delle tecniche appartenenti al gruppo IV (XV-XVI sec.). Fig. 14 Tipo IX. sto irregolare anche a causa della eterogeneità dei componenti lapidei, dimostra il tentativo dei muratori di mantenere una certa orizzontalità dei filari, spesso raggiunta con l inserimento di zeppe in pietra o lastre di argilloscisto. Tipo X: Nel corso della prima metà del XVI secolo, la necessità di nuovi interventi di restauro o di ricostruzioni di architetture difensive o civili, portò all elaborazione di un nuovo tipo (Fig. 15) che prevedeva l utilizzo di pietre in calcare o arenaria estratte dalle cave locali. In questo caso ogni processo di lavorazione della pietra venne definitivamente abbandonato e i pezzi furono sempre apparecchiati solo dopo una rudimentale sbozzatura del pezzo. Di conseguenza il Fig. 15 Tipo X. Fig. 16 Tipo XI 721

8 Fig. 17 Tavola riassuntiva dei tipi di tecnica individuati. tipo si caratterizza per una notevole irregolarità del paramento dovuta alla successione di pietre di piccole dimensioni alternate ad altre più grandi. Ciò fa ipotizzare la presenza di un intonaco coprente, di cui però oggi nelle murature superstiti restano solo limitate tracce. Tipo XI: Questo tipo (Fig. 16) corrisponde ad un unicum rappresentato dalla chiesa di S. Antonio, costruita nella prima metà del XVI secolo. Anche in questo caso, come nel precedente, i costruttori utilizzarono diverse pietre di riuso alternate a pietre in calcare e arenaria macigno, di piccole e medie dimensioni. L irregolarità della posa in opera, accentuata dalla mancanza di lavorazione dei pezzi lapidei, è compensata dal tentativo da parte dei costruttori di regolarizzare l andamento orizzontale dei corsi attraverso l inserimento di frammenti di laterizio. GIOVANNA BIANCHI BIBLIOGRAFIA BIANCHI 1993 MANNONI 1997 G. BIANCHI, L analisi dell evoluzione di un sapere tecnico per una rinnovata interpretazione dell assetto abitativo e delle strutture edilizie del villaggio fortificato di Rocca San Silvestro, in E. BOLDRI- NI, R. FRANCOVICH (a cura di), Acculturazione e mutamenti. Prospettive nell archeologia medievale del Mediterraneo, Firenze, pp T. MANNONI, Il problema complesso delle murature storiche in pietra 1. Cultura materiale e cronotipologia, «Archeologia dell Architettura», II, pp

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