Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Magistrale in Fisica

Dimensione: px
Iniziare la visualizzazioe della pagina:

Download "Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Magistrale in Fisica"

Transcript

1 Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Magistrale in Fisica Studio della produzione di particelle cariche dall interazione di ioni leggeri con bersagli di PMMA Relatore: Candidato: Prof. Riccardo Faccini Paola Nocera Relatore esterno: Matricola: Dott.ssa Erika De Lucia Anno Accademico 2014/2015

2

3 Indice Elenco delle figure iv Elenco delle tabelle v Introduzione viii 1 Adroterapia Adroterapia Problema del range monitoring in adroterapia Basi fisiche del range monitoring Perdite di energia per ionizzazione Diffusione coulombiana multipla Frammentazione nucleare Efficacia Radiobiologica Frammentazione nucleare e adroterapia Esperimenti di frammentazione Risultati sperimentali Modelli teorici Confronto Dati-Monte Carlo Frammentazione in adroterapia Esperimento ai Laboratori Nazionali del Sud (LNS) di Catania Esperimento al Gesellschaft für Schwerionenforschung (GSI) di Darmstadt Esperimento di Heidelberg ad HIT Scopo e configurazione sperimentale Fotoni prompt Fotoni PET Prodotti di frammentazione a piccoli angoli Frammenti secondari carichi a grandi angoli i

4 ii 4 Analisi dei secondari carichi Selezione degli eventi e ricostruzione delle tracce Identificazione e separazione delle popolazioni Distribuzione spaziale dei secondari carichi Distribuzioni di β = v/c e dell energia cinetica Conclusioni 61 Bibliografia 65

5 Elenco delle figure 1.1 Confronto tra diversi tipi di radiazione Picco di Bragg SOBP Range Bethe-Bloch Allargamento laterale del fascio Modello abrasione/ablazione LET per diversi tipi di radiazione Fattori di peso delle radiazioni Fattori di peso dei tessuti e degli organi Frammentazione Distribuzione angolare dei frammenti Attenuazione Simulazione del picco di Bragg Contributi dei frammenti RQMD Attenuazione RQMD Distribuzione angolare dei frammenti RQMD Produzione dei frammenti RQMD Configurazione sperimentale ai LNS e al GSI Identificazione dei secondari carichi ai LNS Spettro di velocità e di energia dei secondari carichi ai LNS Profilo di emissione dei frammenti secondari ai LNS x PMMA e ȳ PMMA dei secondari carichi ai LNS Identificazione dei secondari carichi al GSI Spettro di velocità dei secondari carichi al GSI Profilo di emissione dei frammenti secondari al GSI Impianto di HIT Schema dell esperimento di HIT Struttura del fascio di HIT Schema dell acquisizione dati di HIT Configurazione sperimentale di LYSO e DCH ad HIT Energia dei fotoni prompt rispetto al ToF ad HIT Spettri di energia dei fotoni prompt ad HIT iii

6 iv 3.8 Attività β + lungo z ad HIT Attivazione ad HIT Energia depositata nel BGO in funzione del ToF ad HIT Flusso di secondari carichi rivelati dal BGO Camera a deriva Schema secondari carichi Foto dell apparato sperimentale a HIT Numero di hit nella camera a deriva Ricostruzione della traccia nella camera a deriva Time slewing Separazione degli elettroni Separazione delle popolazioni Regione di emissione dei secondari carichi a Regione di emissione dei secondari carichi Profilo di emissione dei secondari carichi a Profilo di emissione dei secondari carichi a Profilo di emissione dei protoni a Profilo di emissione dei deutoni a Energia vs profondità Distribuzione di β = v/c a Distribuzione di β = v/c a Spettri di energia a Spettri di energia a

7 Elenco delle tabelle 2.1 Tabella Tabella Tabella Tabella Tabella Tabella Tabella Tabella v

8

9 Introduzione Nel corso degli anni, nell ambito della radioterapia, una tecnica molto promettente per la cura di particolari tumori si è dimostrata essere l adroterapia (Particle Therapy, PT, o Hadron Therapy, HT) [1], per la quale oggi si sfruttano per lo più fasci di protoni, neutroni e ioni carbonio. Infatti, grazie alla bassa dispersione laterale di tali fasci, al modo caratteristico degli adroni di depositare energia nella materia (il noto Picco di Bragg) e all elevato RBE (Relative Biological Effectiveness) degli ioni pesanti 1, è possibile rilasciare la dose necessaria alla distruzione delle cellule cancerose in una regione nota con precisione millimetrica. Questo comporta la salvaguardia dei tessuti sani, cosa che rende l adroterapia particolarmente indicata nei casi in cui il tumore è prossimo a organi a rischio oppure è posto molto in profondità. In questo contesto, un ruolo fondamentale ricopre lo sviluppo di tecniche di monitoraggio della dose rilasciata nei tessuti e della posizione effettiva in cui tale dose viene depositata, dal momento che rilevanti fonti di incertezza provengono dal moto involontario degli organi (la respirazione) o da variazioni anatomiche (restringimento della massa tumorale, ad esempio) del paziente tra la fase di diagnosi e il trattamento, o tra diverse sedute del trattamento stesso [2]. Ad oggi, per tale scopo si adopera la PET (Positron Emission Tomography) [3], tecnica nella quale si sfrutta la radioattività β + dei prodotti di frammentazione provenienti dall interazione del fascio primario con i tessuti. Tuttavia, questo sistema non permette ancora il monitoring durante il trattamento e in generale il segnale da rivelare è debole o può subire distorsioni all interno dell organismo. Dunque, molti sforzi nel mondo della ricerca scientifica si stanno facendo, affinché si possano sviluppare tecniche online, basate anche sugli altri prodotti delle reazioni nucleari, i fotoni prompt [4] e i frammenti carichi [5], in modo da avere tecniche che permettano di ottimizzare la terapia sia per quanto riguarda la modulazione dell energia e il posizionamento del fascio primario, che la durata del trattamento. Studi recenti hanno mostrato sperimentalmente che la misura non invasiva e l analisi delle distribuzioni di ioni secondari consentono di ottenere informazioni sul reale rilascio di energia da parte del fascio primario [6]. In questo panorama si innesta il presente lavoro di tesi, in cui viene presentato il risultato dello studio degli ioni secondari carichi nell ambito dell esperimento fatto a HIT (Heidelberger Ionenstrahl-Therapiezentrum, Centro di ione-terapia di Heidelberg) nel febbraio dello scorso anno. 1 In adroterapia, sono detti ioni pesanti tutti gli ioni più pesanti dei protoni, sebbene gli ioni adoperati siano classificati in fisica delle particelle come ioni leggeri. vii

10 viii Introduzione Nel primo capitolo sono introdotti la terapia con adroni e i processi fisici che intervengono, mentre il secondo capitolo fornisce una panoramica sulla frammentazione nucleare, sui modelli teorici che la descrivono e sui lavori precedenti che hanno aperto la strada al presente, riportando il confronto tra i risultati degli esperimenti e le relative simulazioni Monte Carlo. Nel terzo capitolo sono descritti i vari aspetti dell esperimento di HIT e alcuni risultati già ottenuti dall analisi dei dati finora effettuata. Nel quarto capitolo, infine, è riportata in dettaglio l analisi con i risultati per la parte di interesse di questa tesi, ovvero lo studio della produzione di particelle cariche in seguito all interazione di un fascio di elio con un bersaglio di PMMA. Si tratta di spettri e distribuzioni mai ottenuti fino ad ora, per cui di grande interesse sia al fine delle tecniche di minitoring per l adroterapia, sia per la validazione dei modelli descrittivi dei fenomeni fisici di interazione tra nuclei e materia, impiegati nelle simulazioni Monte Carlo.

11 Capitolo 1 Adroterapia Si stima che solo in Italia ogni giorno vengano diagnosticati circa 1000 nuovi casi di tumore [7] e quattro persone su dieci sono sottoposte a radioterapia, da sola o associata ad altri trattamenti, quali la chirurgia e la chemioterapia [8]. La radioterapia viene effettuata irradiando la massa tumorale con fasci di elettroni o di raggi X, allo scopo di provocare la necrosi delle cellule cancerose, o comunque danni irreparabili al loro DNA ed evitarne così la replicazione. Tuttavia, in questo processo non è difficile che i danni arrecati al DNA possano essere lievi e, quindi, facilmente riparabili dai naturali meccanismi cellulari e, inoltre, anche i tessuti sani vengono investiti dalla radiazione, in maniera a volte consistente, cosa, quest ultima, che rende la radioterapia poco indicata nei casi di tumori profondi o posti in vicinanza di organi a rischio. Una felice intuizione fu quella che nel 1946 portò Wilson a suggerire di adoperare le particelle cariche a interazione forte nella terapia del tumore [9]. Egli studiò in che modo fasci di protoni rilasciassero energia in funzione dello spessore e si rese conto delle grandi potenzialità di questa forma di radiazione rispetto a quella convenzionale. Dalla prima intuizione di Wilson a oggi, si è assistito a un ampio progresso dell adroterapia, in termini sia di sviluppo della tecnica in sé che di trattamento su pazienti: attualmente in tutto il mondo sono in attività 58 centri, 8 dei quali adoperano oltre ai fasci di protoni anche fasci di carbonio, e altri 50 sono in fase di costruzione o progettazione [10]. 1.1 Adroterapia Il vantaggio principale dei fasci di adroni rispetto ai fasci di fotoni o di elettroni, ai fini delle terapie antitumorali, risiede nel modo in cui tutte queste particelle rilasciano energia all interno del corpo del paziente. In particolare, come mostrato in Fig. 1.1, una volta entrati nella materia, i fotoni perdono energia in maniera esponenziale lungo tutto il percorso, a volte depositandone una quantità consistente anche oltre la massa cancerosa; gli elettroni, invece, depositano gran parte della loro energia appena entrati nella materia, mentre gli adroni proseguono quasi indisturbati, per rilasciare la maggior parte della loro energia in una regione di pochi mm alla fine del loro percorso, dando luogo al caratteristico picco di Bragg, riportato qui per i protoni e per il carbonio. L ampiezza 1

12 2 Adroterapia del picco dipende dalla dispersione energetica - longitudinale e laterale - del fascio e dallo spessore attraversato; sempre dalla Fig. 1.1, si vede che il picco del carbonio è più Figura 1.1: Dose rilasciata in funzione dello spessore, per diversi tipi di radiazione a uso clinico. stretto di quello dei protoni: questo dipende dalla diffusione multipla che tali particelle subiscono da parte delle particelle bersaglio, fenomeno che risulta essere più probabile per gli ioni più leggeri, come descritto nel paragrafo Inoltre, la posizione del picco può essere controllata modulando l energia del fascio primario (in Fig. 1.2 l esempio del carbonio) e, infine, sovrapponendo fasci di diverse energie, si riesce a ottenere un picco di Bragg allargato (SOBP, Spread Out Bragg Peak, in Fig. 1.3): questo è possibile in maniera passiva, ponendo assorbitori di diverso spessore per attenuare un fascio monocromatico di adroni, o in maniera attiva, cioè variando l energia del fascio direttamente dall acceleratore [1]. Figura 1.2: Posizione del Picco di Bragg per diversi valori di energia per nucleone degli ioni carbonio del fascio primario [11]. Per quanto concerne l efficacia biologica dei fasci di ioni, vanno considerati i danni che la radiazione provoca a livello cellulare. In particolare, si distinguono i danni diretti

13 1.2 Problema del range monitoring in adroterapia 3 Figura 1.3: SOBP come sovrapposizione di picchi di Bragg di diverse energie; sebbene si abbia un notevole aumento della dose prima del picco, questa rimane comunque inferiore alla dose del SOBP. da quelli indiretti: i primi sono prodotti dalla ionizzazione di una macromolecola organica, che può causare l alterazione o la perdita di una base oppure ancora la rottura di una o di entrambe le eliche del DNA. I danni indiretti, invece, sono legati alla ionizzazione delle molecole d acqua, da cui si originano i radicali liberi, altamente reagenti e per questo nocivi. Inoltre, i danni diretti si suddividono, a loro volta, in danni riparabili, a opera dei sistemi enzimatici, e che causano la morte cellulare solo se ne vengono prodotti molti in sedi vicine tra loro, e danni non riparabili, che provocano la morte diretta della cellula. A parità di dose assorbita, è stato osservato che i protoni e i fotoni producono danni indiretti, mentre gli ioni più pesanti sono in grado di procurare danni diretti, perciò hanno un efficacia maggiore [12]. Tutto questo indica chiaramente quanto siano vantaggiosi i fasci di ioni, in particolare pesanti, nella cura del tumore. Ai fini terapeutici, si adoperano al momento fasci di protoni e ioni carbonio di energia compresa tra i 200 e i 400 MeV/u [13] e per mezzo di collimatori, compensatori e modulatori di range vengono definite e controllate le dimensioni del campo di trattamento, lateralmente e longitudinalmente, in modo da conformare la dose alla effettiva forma della massa tumorale [1]. L insieme di tutti questi risultati ha così incentivato lo studio di nuovi fasci di ioni pesanti, 4 He e 16 O per esempio a HIT, ma anche 7 Li e 20 Ne. In questo lavoro, nello specifico, l attenzione è focalizzata sul fascio di 4 He, studiato per tre diverse configurazioni di energia per nucleone e per due diverse configurazioni angolari dei rivelatori. 1.2 Problema del range monitoring in adroterapia Il percorso che qualunque particella, adronica e non, compie nel mezzo prima di fermarsi a causa della perdita di energia è una grandezza fisica molto importante, detta range, che dipende dalle caratteristiche del mezzo, dal tipo di particella e dalla sua energia

14 4 Adroterapia [14]. Matematicamente può essere valutato come E0 ( ) de 1 R = de, (1.1) dx 0 in cui il de/dx è il rate medio di perdita di energia, descritto nel paragrafo Questa formula però fornisce il percorso approssimato, in quanto in essa non sono considerati gli effetti della diffusione coulombiana, che provoca contributi non trascurabili. Nel caso degli adroni, il range coincide con la posizione del picco di Bragg. Tuttavia, il processo di rallentamento in seguito all interazione con la materia non è identico per tutte le particelle del fascio primario. La perdita di energia, infatti, è un processo statistico che dipende dalle interazioni tra il proiettile e il bersaglio; quindi, il punto in cui il proiettile si ferma varia in modo casuale, a seconda della diffusione che subisce. Come conseguenza, si ha il range straggling (Fig. 1.4), cioè una distribuzione gaussiana di valori centrata attorno al range medio. Figura 1.4: Valutazione sperimentale del range: misura del rapporto tra particelle trasmesse e particelle incidenti, al variare dello spessore del materiale. Per un insieme di particelle identiche, il range non assume un valore ben definito, ma ha una distribuzione gaussiana attorno al range medio. Inoltre, nel caso degli ioni pesanti, oltre il picco di Bragg è presente una coda, Fig. 1.2, dovuta alla frammentazione del fascio primario a seguito dell interazione con i nuclei del bersaglio. Se si considera, poi, che le energie in gioco devono essere tali da provocare danni irreversibili alle cellule tumorali, ma devono risparmiare le cellule sane, si comprende immediatamente quanto importante sia avere a disposizione mezzi che permettano di monitorare con elevata precisione, in tempi brevi e in maniera non invasiva la posizione e l energia del fascio irradiante. Infatti, l errata individuazione del bersaglio anche solo di pochi millimetri può comportare una sottoesposizione del tumore e una sovraesposizione dei tessuti sani alla radiazione, con rilevanti danni biologici. Nella terapia con ioni, dunque, è necessario conoscere i valori accurati del range delle particelle nei tessuti. Attualmente, l unico strumento di monitoring della dose in uso a livello ospedaliero per questi trattamenti è l imaging con la PET, che permette di ricostruire il profilo di dose, sfruttando il fatto che tra i prodotti della frammentazione nucleare vi siano isotopi radioattivi [3]. In seguito al decadimento β + di tali isotopi, vengono prodotti positroni,

15 1.3 Basi fisiche del range monitoring 5 che in pochi millimetri si annichilano con un elettrone della materia, dando luogo a una coppia di fotoni da 511 kev, emessi nella tipica configurazione back-to-back, a 180 l uno rispetto all altro. Gli emettitori β + più abbondanti nel processo che coinvolge protoni e ioni carbonio del fascio primario sono 15 O, 11 C e 10 C, con emivite comprese tra qualche secondo e circa 20 min. La PET per dosimetria, però, ha lo svantaggio di richiedere tempi di acquisizione del segnale piuttosto lunghi, in primo luogo a causa della bassa attività degli emettitori e in secondo luogo per via dei processi metabolici inevitabili, che catturano gli isotopi radioattivi e indeboliscono così il segnale. Inoltre, è stato osservato che non c è una diretta relazione tra l attività β + e la distribuzione spaziale della dose. D altra parte, motivati dalla correlazione osservata sperimentalmente tra il flusso di frammenti e la posizione del picco di Bragg, sono stati proposti recentemente nuovi metodi basati sugli altri prodotti di frammentazione, ovvero fotoni prompt, con energia compresa tra 1 e 10 MeV, e frammenti carichi, principalmente protoni, ma anche deutoni e trizi, con energia cinetica inferiore a 150 MeV/u [5]. Tutti gli studi a riguardo sono stati effettuati con configurazioni tali da esplorare per lo più i piccoli angoli, cioè a circa 30 dalla direzione del fascio, e soltanto negli ultimi tempi sono stati fatti esperimenti volti a studiare cosa accada per grandi angoli, circa 90 [5, 15]. 1.3 Basi fisiche del range monitoring Quando una particella carica entra nella materia, sono due i fenomeni che la interessano principalmente: la perdita di energia e la deflessione dalla direzione di partenza, a causa di collisioni anelastiche con gli elettroni atomici o elastiche con i nuclei [14]. Quando le energie in gioco sono elevate, inoltre, si può avere la frammentazione del proiettile o del bersaglio. Le interazioni che intervengono in questi processi sono, dunque, quella elettromagnetica e l interazione forte. A seguito dell interazione elettromagnetica, le particelle proiettile perdono energia per ionizzazione degli atomi del mezzo o subiscono diffusione multipla (la Bremsstrahlung in genere è trascurabile per particelle massive); l interazione forte, invece, può provocare la frammentazione Perdite di energia per ionizzazione Sono classificati come perdita per ionizzazione sia il trasferimento di energia che provoca l eccitazione di stati atomici, sia quello che produce la ionizzazione dell atomo. Il rate medio di perdita di energia per ionizzazione, o stopping power, tenuto conto degli effetti quantistici, è descritto dalla formula di Bethe e Bloch, valida per particelle con β > 0.1 [14]: de dx = 2πN Arem 2 e c 2 ρ Z A z 2 β 2 ( ln 2m ec 2 β 2 γ 2 W max I 2 2β 2 δ(γ) 2 C ), (1.2) Z in cui I è il potenziale medio di ionizzazione del sistema atomico, W max è la massima energia trasferita in una collisione, δ(γ) è la correzione legata all effetto densità, che tende a limitare per grandi valori di γ la crescita logaritmica delle perdite (termine importante ad alte energie), e C/Z tiene conto della correzione di shell, che interviene quando la

16 6 Adroterapia velocità della particella proiettile è confrontabile o minore rispetto a quella dell elettrone dell atomo bersaglio (termine importante a basse energie). Come mostrato nella Fig. 1.5, che descrive la Bethe-Bloch in funzione del βγ della particella proiettile, per diversi tipi di particelle e per diversi materiali bersaglio, l andamento di de/dx può essere suddiviso in quattro regioni: nella prima, in cui il termine dominante è β 2, si ha una ripida decrescita fino al minimo, nella seconda regione, per βγ 3. Nella terza zona, il de/dx mostra una lenta crescita relativistica proporzionale a ln γ per poi avere, nella quarta regione, un andamento costante, a causa dell effetto densità. Dunque, la perdita di energia è tanto maggiore quanto minore è la velocità del proiettile. Inoltre, particelle di carica maggiore trasferiscono maggiore energia, evidente dalla dipendenza della formula (1.2) dalla seconda potenza della carica del proiettile, z 2. Figura 1.5: Andamento del rate di perdita di energia per ionizzazione. La dipendenza della Bethe-Bloch da β 2, inoltre, dà ragione del fatto che gli ioni pesanti rilascino energia alla fine del loro range: il processo di rallentamento di una particella carica nella materia comporta un aumento della sua perdita di energia ed è ciò che dà luogo al picco di Bragg Diffusione coulombiana multipla A causa dell interazione elettromagnetica, la particella carica nel mezzo subisce inoltre scattering multiplo, dovuto alla diffusione nel campo coulombiano dei nuclei [14]. Se si trascurano gli effetti di spin e di polarizzazione, la sezione d urto differenziale in funzione

17 1.3 Basi fisiche del range monitoring 7 dell angolo è descritta dalla sezione d urto di Rutherford: dσ dω = z2 2z1r 2 e 2 mc/βp 4 sin 4 (θ/2). (1.3) Per via della dipendenza inversa da sin 4 (θ/2), si ha una grande probabilità di deflessione per piccoli angoli e una piccola probabilità per grandi angoli. La particella compirà, dunque, all interno del mezzo un percorso a zig zag, l effetto del quale sarà una netta deflessione della traiettoria rispetto alla direzione di partenza. Figura 1.6: Allargamento laterale del fascio per protoni e ioni carbonio aventi lo stesso range medio in acqua [11]. Una trattazione rigorosa della diffusione multipla per piccoli angoli si deve a Molière [16] e risulta essere valida per quasi tutte le particelle per angoli di diffusione fino a 30. In questa ipotesi, la distribuzione di probabilità può essere bene approssimata da una gaussiana centrata in 0, la cui deviazione standard σ θ si può stimare empiricamente come σ θ = 14.1MeV Z pβc x X 0 ( log 10 x X 0 ), (1.4) quando 10 3 X 0 < x < 10X 0 ; p è il momento della particella di carica Z che attraversa lo spessore x, mentre X 0 è la lunghezza di radiazione. Dunque, l effetto della diffusione multipla è quello di allargare lateralmente il fascio (Fig. 1.6) e questo fenomeno avviene con maggiore probabilità per gli ioni più leggeri, mentre per gli ioni pesanti, l allargamento risulta essere non più grande di 1-2 mm, alle energie tipiche dell adroterapia [17]. Lo spread laterale del fascio, però, dal punto di vista clinico è un effetto indesiderato, poiché ha come conseguenza l irraggiamento di una regione più estesa lungo una direzione diversa da quella d interesse, motivo ulteriore per cui si tende a preferire gli ioni pesanti rispetto ai protoni Frammentazione nucleare In generale, le reazioni nucleari si verificano con una probabilità inferiore rispetto alla diffusione multipla, ma gli effetti che producono sono rilevanti, soprattutto quando la

18 8 Adroterapia radiazione attraversa un mezzo di grande spessore. I processi nucleari che possono avere luogo a causa dell interazione forte dipendono dall energia in gioco: a basse energie, si osservano reazioni di trasferimento, in cui uno o più nucleoni sono trasferiti dal proiettile al bersaglio, oppure fusione completa o incompleta. A più alte energie, invece, cioè da circa 200 MeV/u, si ha la pura frammentazione, dovuta a reazioni di spallazione. I fasci di ioni per uso clinico hanno energie tali affinché il proiettile possa superare la barriera coulombiana dei nuclei del bersaglio e, interagendo con essi, possa avvenire la frammentazione o del bersaglio o del proiettile. Per questioni geometriche, le reazioni più probabili sono le collisioni periferiche, in cui le particelle del fascio perdono uno o più nucleoni, secondo il modello abrasione/ablazione descritto da Serber [18]: la reazione avviene in due distinti passaggi, con tempi caratteristici molto diversi tra loro (Fig. 1.7). Figura 1.7: Schema del modello abrasione/ablazione [19]. Il primo step, l abrasione, è molto veloce, con tempi dell ordine di s, e consiste nell abrasione dei nucleoni che si sovrappongono nella zona di reazione, dando luogo al cosiddetto fireball. Gli altri nucleoni del proiettile e del bersaglio non intervengono in maniera consistente, si assume che il loro momento vari poco, e per ciò sono detti "spettatori". Il prodotto di questo primo processo sono dei pre-frammenti altamente eccitati, i quali procedono lungo la direzione del fascio con la stessa velocità dei proiettili. Successivamente, in tempi che dipendono dall energia di eccitazione dei pre-frammenti e che variano tra e s, si ha l ablazione: i pre-frammenti tornano allo stato fondamentale per evaporazione di nucleoni oppure si ricombinano tra di loro. I secondari che ne risultano, diversi dai pre-frammenti, viaggiano quasi nella stessa direzione e quasi alla stessa velocità delle particelle primarie, potendo di conseguenza essi stessi causare ulteriori reazioni di spallazione. Inoltre, come già visto, non solo producono una coda oltre il picco di Bragg, dovuta al fatto che il loro range risulta maggiore di quello degli ioni primari, ma contribuiscono anche allo spread laterale, per il fatto di essere prodotti non esattamente lungo la direzione del fascio primario. Dunque, il fenomeno della frammentazione provoca un deterioramento del profilo spaziale - sia laterale che longitudinale - del rilascio di energia, soprattutto attorno al picco di Bragg, in cui i primari si fermano, senza considerare l esubero di dose ai tessuti sani che ne proviene e il fatto che i secondari possono dare un contributo all efficacia biologica diverso da quello dei primari, cosa che va tenuta in conto. La quantità di secondari prodotti, in genere, aumenta al crescere della massa e della

19 1.4 Efficacia Radiobiologica 9 carica degli ioni primari, cosa che scoraggia l utilizzo di ioni più pesanti del neon a scopi terapeutici. D altra parte, negli ultimi anni sono stati proposti metodi di controllo della dose basati proprio sull analisi dei prodotti della frammentazione, sia neutri che carichi. 1.4 Efficacia Radiobiologica L energia assorbita dalla materia investita da radiazione è una delle grandezze fondamentali in questo ambito ed è quantificata in termini di dose assorbita, D, definita come l energia totale assorbita dal mezzo per unità di massa [20] D = de abs dm, (1.5) si misura in gray (1Gy = 1J/1kg) e si tratta, in realtà, di una grandezza media, poiché legata a processi stocastici. Inoltre, la dose assorbita non tiene conto del rate a cui viene trasferita l energia né del tipo di radiazione. Dunque, si adopera anche un altra grandezza, il trasferimento lineare di energia, LET (Linear Energy Transfer), ovvero l energia trasferita localmente alla materia per unità di percorso LET = de dx, (1.6) che si misura in kev/µm e dà la densità di ionizzazione lungo la traccia, fornendo così una stima dei danni biologici locali. Infatti, come già accennato precedentemente, la ionizzazione induce la formazione di radicali liberi (danni indiretti) o, addirittura, produce danni direttamente al livello del DNA delle cellule tumorali, di conseguenza, una densità maggiore di ionizzazione ha una maggiore probabilità che si verifichino danni irreparabili (Fig. 1.8). Gli ioni, in genere, sono classificati come particelle ad alto LET, in quanto sono densamente ionizzanti, rispetto invece ai fotoni e agli elettroni, che sono particelle sparsamente ionizzanti, dunque catalogati come radiazione a basso LET. Questo spiega il motivo per cui gli ioni carbonio sono particolarmente indicati nella terapia del tumore. In maniera analoga è definito lo stopping power dell eq. (1.2), ma in questo caso sono diversi i contributi considerati nel computo del de, poiché si includono in esso anche l energia persa dalla particella proiettile che non viene assorbita dalla materia e i contributi provenienti da eventuali particelle secondarie. Dal punto di vista biologico, né la dose assorbita né il LET sono del tutto adeguati a dare una descrizione degli effetti che il rilascio di energia provoca nei tessuti, poiché tali effetti possono differire, a parità di D o di LET, per i diversi tipi di radiazione. Per questo motivo, a ciascun tipo di radiazione si associa un fattore di qualità w R e si definisce la dose equivalente, H T, come H T = w R D, (1.7) misurata in sievert (1Sv = 1J/1kg). D altra parte, non tutti i tessuti o gli organi hanno la stessa risposta a una data radiazione, ragion per cui è utile considerare anche la dose efficace, E, cioè la dose equivalente moltiplicata per un fattore di peso relativo al tessuto o all organo in esame: E = w T H T, (1.8)

20 10 Adroterapia Figura 1.8: LET nel caso di protoni e di ioni carbonio: gli ioni carbonio producono molte più tracce che i protoni, aumentando così la probabilità che si verifichino danni diretti al DNA - mostrato in alto al centro, come riferimento per le dimensioni. Gli ioni carbonio danno luogo a circa una ionizzazione ogni 10 nm, essendo l elica del DNA dell ordine di 2 nm [21]. anch essa misurata in sievert. Infine, per descrivere la qualità della radiazione nell ambito della terapia con fasci di particelle cariche, si ricorre in genere all efficacia biologica relativa, RBE (Relative Biological Effectiveness), data dal rapporto tra la dose di raggi X da 250 kv e la dose di qualunque altro tipo di radiazione T tale da produrre lo stesso effetto biologico: ( ) DX-rays RBE =. (1.9) D T isoeffect Questa grandezza è funzione del tipo di particella proiettile, della sua energia, della dose, del tipo di cellula e, inoltre, il suo valore non rimane costante lungo il range, ma varia al variare del LET. Nel caso degli ioni carbonio, il valore dell RBE raggiunge il suo massimo proprio in corrispondenza del picco di Bragg. Infatti, quando il valore dell energia è grande, la traccia ha un diametro più grande e quindi il LET è più basso. Quando, invece, l energia è minore, diminuisce anche il diametro della traccia a favore di un LET maggiore, che produce un aumento dei danni e, di conseguenza, dell RBE. Questo, insieme alle altre caratteristiche descritte finora, favorisce l impiego degli ioni carbonio nella terapia adronica.

21 1.4 Efficacia Radiobiologica 11 Figura 1.9: Fattori di peso delle radiazioni [20]. Figura 1.10: Fattori di peso dei tessuti e degli organi [20].

22

23 Capitolo 2 Frammentazione nucleare e adroterapia Come descritto nella sezione 1.3.3, in seguito alle reazioni nucleari che hanno luogo al passaggio della radiazione nella materia, già a partire dalle energie tipiche in campo terapeutico (cioè da circa 200 MeV/u), si ha la frammentazione del proiettile o del bersaglio o anche di entrambi, nei primi cm del range degli ioni primari, con la conseguente produzione di ioni secondari e fotoni prompt. In particolare, i frammenti carichi interagiscono con la materia allo stesso modo che gli ioni primari, ma ciascuno con diversi range, LET e, di conseguenza, RBE, funzioni della massa e della carica. Dunque, è fondamentale tenere conto dei contributi provenienti dai frammenti, per poter trarre il massimo vantaggio dai fasci di ioni nella zona tumorale, salvaguardando i tessuti sani. Da un lato, infatti, conoscere la radiazione secondaria permette di creare modelli sempre più precisi dell interazione radiazione-materia, quindi di migliorare gli algoritmi sui quali si basano i software per stabilire i piani di trattamento (TPS, Treatment Planning System). Dall altro lato, molto di recente è stato osservato che i prodotti della frammentazione, anche a grandi angoli rispetto alla direzione del fascio, possono costituire un ottima alternativa per lo sviluppo di sistemi per il dose monitoring durante la terapia, permettendo un adattamento in tempo reale del trattamento alle condizioni effettive del tumore. L utilizzo di fasci di adroni in ambito medico ha richiesto, così, uno studio approfondito del processo di frammentazione degli ioni pesanti su bersagli leggeri. I bersagli, in genere, sono elementi o materiali leggeri, quali carbonio, acqua o PMMA (polimetilmetacrilato), in modo da simulare nella maniera più verosimile possibile i tessuti umani, mentre i proiettili sono ioni pesanti, per via del fatto che nel caso dei protoni soltanto i nuclei del bersaglio possono subire frammentazione. Questi studi hanno permesso di acquisire conoscenze su che tipi di frammenti sono prodotti, in che proporzione e con quali sezioni d urto e sulle loro proprietà cinematiche, quali energia cinetica e angolo di emissione, attraverso misure di frammentazione per diversi tipi di coppie proiettile-bersaglio, a varie energie e spessori. Tali conoscenze sono essenziali per poter predire con una certa precisione, attraverso dedicati codici, cosa avviene nel corpo del paziente irraggiato con ioni. Inoltre, molti di questi esperimenti sono stati mirati anche alla validazione dei modelli teorici adoperati 13

24 14 Frammentazione nucleare e adroterapia nelle simulazioni per descrivere i processi nucleari. 2.1 Esperimenti di frammentazione Negli ultimi settant anni, è stato fatto un gran numero di esperimenti con fasci di 4 He, 12 C, 18 O, 20 Ne e altri ioni più pesanti [22, 23, 24, 25, 19], incidenti su diversi tipi di bersaglio di vari spessori, esperimenti che hanno contribuito ad accrescere il bagaglio di conoscenze e di dati utili sulle reazioni nucleari. Infatti, le misure di flussi e di sezioni d urto totali e parziali a energie intermedie sono necessarie per descrivere il trasporto delle particelle cariche nella materia. In generale, questo avviene o tramite codici deterministici, basati sull equazione di trasporto di Boltzmann, oppure attraverso codici Monte Carlo, che campionano i processi evento per evento Risultati sperimentali La sezione d urto totale di reazione, σ R, di due nuclei che collidono a una data energia di reazione E è definita come la sezione d urto nucleare totale, σ tot, meno la sezione d urto nucleare elastica, σ el : σ R (E) = σ tot (E) σ el (E). (2.1) Le sezioni d urto per i processi nucleari sono ben descritte da modelli geometrici semiempirici [26]: l andamento con l energia è quasi costante ad alte energie, per un vasto range fino a circa 100 MeV/u, mentre a più basse energie il valore di σ R diventa fortemente dipendente dall energia e cresce a causa dei contributi dai processi di fusione che diventano consistenti. Le sezioni d urto parziali per la produzione di frammenti Tabella 2.1: Sezione d urto totale e cammino libero medio di diversi ioni con un range di circa 25 cm in acqua [1]. Ion E (MeV/u) σ R (mb) λ (cm) p He C Ne carichi, nell ipotesi che non dipendano dall energia, si ottengono invece fittando le curve di formazione e decadimento dei frammenti in funzione della profondità, distribuzioni che è possibile descrivere tramite un sistema omogeneo di equazioni differenziali [23]. Questo è il caso semplificato di quello più generale, in cui la sezione d urto non è considerata indipendente dall energia e le curve di formazione e decadimento sono date dalla soluzione della cosiddetta equazione di trasporto. Un esempio di tali curve è in Fig. 2.1, per frammenti carichi con Z compreso tra 1 e 5, prodotti da un fascio di ioni carbonio da

25 2.1 Esperimenti di frammentazione MeV/u e da 400 MeV/u incidenti su bersaglio d acqua [27]. Il numero di frammenti prodotti cresce con la profondità; per la maggior parte si tratta di idrogeno ed elio e una quantità considerevole di questi ioni rimane anche dopo il picco di Bragg, dando luogo alla nota coda. Gli ioni più pesanti, invece, quali litio, berillio e boro, sono prodotti in percentuale molto minore e interagiscono in un range più limitato. Figura 2.1: Curve di formazione e di decadimento dei frammenti, prodotti da un fascio di ioni 12 C su un bersaglio di acqua, in funzione della profondità [27]. Le caratteristiche cinematiche dei secondari differiscono di poco da quelle dei primari che li hanno prodotti, in particolare procedono quasi nella stessa direzione e con la stessa velocità. Questo però è strettamente vero per i frammenti più pesanti, che vengono emessi entro un cono di apertura tra 0 e 5. Per l idrogeno e l elio, invece, sono state osservate distribuzioni angolari più allargate, con emissione oltre i 10 (Fig 2.2). Dallo studio della distribuzione angolare in funzione del percorso, inoltre, è risultato che il contributo della diffusione multipla è praticamente trascurabile, dal momento che l angolo rimane costante. Infine, si osserva che all aumentare della profondità una maggiore frazione di ioni primari interagisce per via di reazioni nucleari, con la conseguente perdita di particelle del fascio incidente. Inoltre, l attenuazione aumenta all aumentare dell energia del fascio. Come mostrato in Fig. 2.3, l attenuazione del fascio di carbonio può essere descritta da una funzione esponenziale fino a pochi cm prima del picco di Bragg, dopo di che decresce molto velocemente. Dalle curve in basso (ancora Fig. 2.3), inoltre, è evidente quanto detto finora sul picco di Bragg: la sua ampiezza diminuisce per valori dell energia più grandi, in quanto aumentano le reazioni nucleari; il picco del fascio più energetico risulta allargato, a causa dell aumento di diffusione multipla; infine, la presenza della coda oltre il picco è un segnale evidente del contributo dei frammenti alla dose. Quantitativamente, è stato stimato che circa il 70% degli ioni a 200 MeV/u raggiunge il picco di Bragg in acqua, mentre solo il 30% quando l energia per nucleone è 400 MeV.

26 16 Frammentazione nucleare e adroterapia Figura 2.2: Distribuzione angolare dei frammenti, prodotti da un fascio di ioni 12 C su un bersaglio di acqua [27]. Figura 2.3: Curve sperimentali dell attenuazione di un fascio primario di carbonio, per due diverse energie, su bersaglio di acqua, con le rispettive curve di Bragg. In blu il fascio da 200 MeV/u e in rosso quello da 400 MeV/u [27].

27 2.1 Esperimenti di frammentazione Modelli teorici I modelli teorici che descrivono il trasporto e l interazione della radiazione nella materia sono essenziali per connettere i processi fisici ai processi biologici; infatti, tramite software dedicati consentono di prevedere cosa avviene nel corpo del paziente, fornendo ai medici un valido strumento per stabilire la terapia più opportuna, tenendo nel giusto conto i benefici e i fattori di rischio. Per questo motivo è necessario disporre di modelli precisi e affidabili. Con i mezzi e le conoscenze attualmente a disposizione, la simulazione della produzione di frammenti leggeri e della loro distribuzione angolare risente di grandi incertezze e i diversi codici in uso forniscono previsioni che differiscono fino a un ordine di grandezza sulla produzione di secondari. Nell esperimento cui fa riferimento il presente lavoro di tesi, le simulazioni sono state fatte tramite FLUKA, codice che permette di descrivere il trasporto e l interazione di diversi tipi di particelle con un gran numero di mezzi differenti e per varie configurazioni geometriche [28]. In particolare, il trasporto delle particelle cariche si basa su una trattazione della diffusione coulombiana multipla e delle fluttuazioni di ionizzazione, mentre la perdita di energia sulla teoria di Bethe-Bloch, in cui sono inclusi gli effetti di spin, le fluttuazioni di ionizzazione, le correzioni di shell e l effetto densità. Le interazioni nucleonucleo, infine, sono descritte tramite interfacce a differenti generatori di eventi esterni, a seconda dell energia della reazione: sotto i 100 MeV/u il generatore di eventi BME (Boltzmann Master Equation) [17], tra i 100 MeV/u e i 5 GeV/u una versione modificata del modello RQMD-2.4 (Relativistic Quantum Molecular Dynamics) [29], mentre a energie fino a TeV/u si usa il DPMJET-III (Dual Parton Model Jet) [30]. Alle energie tipiche dell adroterapia, naturalmente, soltanto i primi due sono interessanti [31]. Nel caso del modello BME, che si rifà alla teoria di Boltzmann, si assume che il processo sia dominato dall interazione di campo medio, finché i due ioni interagenti non entrano in contatto o finché un frammento del proiettile non entra in contatto con il bersaglio. Inoltre, si assume che nel processo si formi un nucleo composto, che termalizza poi attraverso una cascata di interazioni nucleone-nucleone. Infine, nel caso di ioni leggeri, si considerano solo alcuni meccanismi di reazione, quali fusione completa, frammentazione binaria del proiettile seguita in molti casi dalla fusione di un frammento con il bersaglio (break-up-fusion reaction), trasferimento di un nucleone dal proiettile al bersaglio, scattering inelastico. Il modello RQMD-2.4 è la versione relativistica del modello QMD, in cui tutti i nucleoni, descritti come pacchetti d onda gaussiani, partecipano alla reazione e interagiscono tramite un potenziale nucleone-nucleone fenomenologico, dato dalla dinamica molecolare. In realtà, a questo modello sono state apportate delle modifiche, poiché non dà informazioni sui residui e sui frammenti prodotti alla fine della fase di abrasione. Si assume, quindi, che proiettile e bersaglio possono essere identificati raggruppando i nucleoni spettatori e che la loro energia di eccitazione corrisponde a quella delle buche lasciate dai nucleoni che urtano. Infine, il processo di diseccitazione dei nuclei proiettile e bersaglio è calcolato con il modulo evaporazione/fissione/frammentazione di FLUKA.

28 18 Frammentazione nucleare e adroterapia Confronto Dati-Monte Carlo La disponibilità di dati sperimentali è di fondamentale importanza nelle simulazioni Monte Carlo, sia in quanto input dei calcoli, sia per confrontare i risultati previsti con quello che avviene sperimentalmente, così da validare i modelli adoperati. In Fig 2.4 è riportato il picco di Bragg per un fascio di 12 C da 400 MeV/u su bersaglio d acqua, cui è stata sovrapposta la previsione di FLUKA e in cui sono stati evidenziati i singoli contributi del fascio primario e dei frammenti secondari [17]. La simulazione è stata calcolata attraverso l interfaccia al generatore RQMD-2.4 e, come si osserva dalla distribuzione, riproduce in maniera soddisfacente i dati sperimentali. Inoltre, con questo generatore è possibile calcolare anche i contributi dei frammenti secondari, come mostrato in Fig 2.5. Risultati interessanti sono stati ottenuti anche per la simulazione Figura 2.4: Dose in funzione della profondità per un fascio di 12 C da 400 MeV/u su bersaglio d acqua. I dati sperimentali sono indicati dai punti, la linea nera è la simulazione di FLUKA; sono riportati, inoltre, i contributi del fascio primario (rosso) e dei frammenti secondari (blu) [17]. dell attenuazione del fascio, Fig. 2.6, sebbene si noti una discrepanza nella regione del picco di Bragg, dovuta probabilmente a possibili reazioni nucleari prima del bersaglio o a una errata valutazione sperimentale dei materiali nella linea del fascio. Infine, in Fig. 2.7 e in Fig. 2.8 sono riportate le simulazioni per la distribuzione angolare dei frammenti secondari e le relative curve di produzione, ciascuna con i rispettivi dati sperimentali a confronto. Come si osserva, la distribuzione angolare dei secondari descritta nella sezione precedente è ben riprodotta, sebbene per l idrogeno si abbia una sottostima della produzione a piccoli angoli, che si potrebbe attribuire al generatore di eventi e all algoritmo di trasporto. Per quanto riguarda le curve di produzione, il confronto tra le simulazioni e i dati sperimentali evidenzia la necessità di ulteriori modifiche ai modelli degli attuali generatori, per poter riprodurre in maniera corretta non solo l andamento ma anche le misure, soprattutto nel caso degli ioni più leggeri.

29 2.1 Esperimenti di frammentazione 19 Figura 2.5: Contributi dei frammenti secondari, simulati da FLUKA interfacciato a RQMD-2.4 [17]. Figura 2.6: Attenuazione del fascio di carbonio da 400 MeV/u su bersaglio d acqua; i punti rappresentano i dati sperimentali, la linea continua è la simulazione con FLUKA- RQMD-2.4 [17].

30 20 Frammentazione nucleare e adroterapia Figura 2.7: Distribuzione angolare dei frammenti del fascio di carbonio da 400 MeV/u su bersaglio d acqua; i punti rappresentano i dati sperimentali, la linea continua è la simulazione con FLUKA-RQMD-2.4 [17]. Figura 2.8: Curve di produzione dei frammenti dall interazione del fascio di carbonio da 400 MeV/u con un bersaglio d acqua; i punti neri rappresentano i dati sperimentali, i punti blu e la linea continua sono due diverse simulazioni con FLUKA-RQMD-2.4 [17].

31 2.2 Frammentazione in adroterapia Frammentazione in adroterapia L interesse per i prodotti di frammentazione nel campo dell adroterapia risiede nell esigenza di tenere sotto controllo la dose rilasciata nel corpo del paziente. Infatti, come già menzionato in precedenza, la presenza di radiazione secondaria modifica la distribuzione di dose, in quantità e posizione, inducendo la possibilità di danni agli organi limitrofi al tumore. Finora, l unico sistema adottato a livello clinico per il monitoring di dose si basa sullo studio degli emettitori β + prodotti dalla frammentazione. Questa tecnica, però, non permette un controllo dei parametri in tempo reale, a causa dei tempi di decadimento degli isotopi, oltre al fatto che il segnale, prima di essere rivelato, subisce distorsioni all interno del corpo del paziente, dovute ai naturali processi metabolici. Tuttavia, negli ultimi anni alcuni esperimenti hanno messo in luce la possibilità di sfruttare anche i secondari prompt, carichi e non, prodotti dall interazione del fascio primario con la materia biologica. In particolare, dagli esperimenti svolti a Catania ai Laboratori Nazionali del Sud (LNS) e a Darmstadt al Gesellschaft für Schwerionenforschung (GSI, Società per la ricerca sugli ioni pesanti) ad opera del gruppo ARPG (Applied Radiation Physics Group) di Roma, è emersa una correlazione tra il profilo di emissione dei secondari e la posizione del picco di Bragg e sono stati individuati i parametri significativi per valutazioni quantitative. Considerati questi risultati, lo studio dei prodotti di frammentazione non solo è utile a definire il piano di trattamento opportuno, tenendo conto del contributo dei secondari che inevitabilmente sono prodotti, ma consentirebbe anche di sviluppare nuove tecniche e nuove apparecchiature volte al controllo dei parametri del fascio in sede di trattamento, cosa che attualmente non è ancora possibile clinicamente. Nel seguito sono descritti brevemente i risultati di Catania e di Darmstadt, ai quali ha fatto seguito l esperimento di Heidelberg. Entrambi gli esperimenti a LNS e a GSI sono stati realizzati con fascio di ioni carbonio, rispettivamente da 80 MeV/u e 220 MeV/u, su bersaglio di PMMA ((C 5 H 8 O 2 ) n ). La scelta delle energie è stata operata per consentire lo studio dei secondari prodotti nel caso di tumori superficiali (ioni meno energetici, quindi picco di Bragg meno profondo) e nel caso di tumori più profondi Esperimento ai Laboratori Nazionali del Sud (LNS) di Catania Il set up sperimentale di Catania adoperato per lo studio dei secondari carichi [5] è mostrato nella parte superiore della Fig Su un blocchetto di PMMA di dimensioni 4 4 4cm 3 è inviato un fascio di ioni carbonio dell energia di 80 MeV/u. Con un fascio di tale energia, interagente con il PMMA, ci si aspetta un range di circa 2 cm. Tra la finestra di uscita del fascio e il bersaglio è posto uno Start Counter, costituito da uno scintillatore plastico veloce dello spessore di 1.1 mm; a un angolo di 90 rispetto alla direzione del fascio e allineati al centro del PMMA si trovano la camera a deriva e un secondo scintillatore, costituito da una matrice 2 2 di quattro cristalli di LYSO (ortosilicato di lutezio-ittrio drogato al cerio) tutti delle stesse dimensioni ( cm 3 ). Il segnale dello Start Counter - dato dalla coincidenza di due fotomoltiplicatori posti ai suoi estremi - è stato adoperato per stimare il flusso del fascio primario incidente, il tempo di volo dei frammenti secondari e, in coincidenza con quello del LYSO, come trigger dell acquisizione dati; il LYSO, invece, è stato impiegato per rivelare i fotoni prompt e le

32 22 Frammentazione nucleare e adroterapia Figura 2.9: Schema della configurazione sperimentale ai LNS (in alto) e al GSI (in basso) [34]. particelle cariche, le tracce delle quali sono state ricostruite tramite il segnale registrato dalla camera a deriva. L acquisizione dati è stata effettuata per diverse posizioni del bersaglio lungo la direzione del fascio (asse x), in modo da far variare solo la posizione del picco di Bragg, x Bragg, nel sistema di riferimento del laboratorio. Figura 2.10: Energia depositata nel LYSO in funzione del tempo di volo delle particelle. A sinistra i dati sperimentali, a destra la simulazione con FLUKA. [5]. Il primo risultato è stata l identificazione le particelle secondarie cariche prodotte, sfruttando la correlazione tra l energia depositata nel LYSO, E LYSO, e il tempo di volo della particella carica, ToF (Time of Flight). Come si vede a sinistra nella Fig. 2.10, si tratta di protoni, con energie distribuite entro un ampio range, mentre i deutoni, previsti dalla simulazione riportata a destra della stessa figura, non sono stati rivelati a causa dei limiti di risoluzione dei detector. Inoltre, ancora in Fig. 2.10, in basso a sinistra si

33 2.2 Frammentazione in adroterapia 23 riconoscono gli elettroni (come atteso dalla simulazione a destra) prodotti dalla diffusione Compton dei fotoni, provenienti dalla diseccitazione degli atomi del mezzo in seguito ai vari processi di interazione del fascio primario con il PMMA. Figura 2.11: Spettro di velocità (sinistra) e di energia cinetica (destra) delle particelle secondarie cariche identificate. [5]. Dal ToF, inoltre, sono state calcolate la velocità dei frammenti carichi, in termini di β = v c, e l energia cinetica rivelata, ottenendo le due distribuzioni riportate in Fig Dalla valutazione di tutti i parametri e gli effetti che intervengono, è stato calcolato che, per poter usare i protoni ai fini del controllo di dose, questi devono avere un energia cinetica E kin > 60 MeV, valore che corrisponde a un energia cinetica di produzione Ekin Prod = 83 MeV. Il calcolo del flusso di protoni, prodotti con questa energia ed emessi a 90, ha dato come risultato dn P ( E Prod kin > 83 MeV, θ = 90 ) = (2.14 ± 0.06 stat ± 0.10 sys ) 10 5 sr 1, (2.2) dn C dω mentre il flusso di tutti i secondari prodotti è dn P ( E Prod kin > 7 MeV, θ = 90 ) = (7.61 ± 0.14 stat ± 0.32 sys ) 10 5 sr 1. (2.3) dn C dω L interesse verso queste grandezze è motivato dalla necessità di conoscere l intervallo di energia cinetica e la quantità delle particelle secondarie emesse, al fine di stabilire quali caratteristiche dovrebbe avere un rivelatore da adoperare durante un trattamento adroterapico, in cui il controllo della dose sia fatto in tempo reale. Il profilo di emissione delle particelle cariche all interno del PMMA (Fig. 2.12) è stato ricostruito tramite la proiezione all indietro verso il bersaglio delle tracce individuate usando il segnale della camera a deriva, selezionando esclusivamente le tracce collegate a un segnale nel LYSO. Non è stata osservata una dipendenza di tale profilo dall energia cinetica dei secondari, come è possibile intuire dalla Fig. 2.12, in cui sono riportate le tre distribuzioni di x PMMA e y PMMA per tutti i frammenti carichi identificati come protoni,

34 24 Frammentazione nucleare e adroterapia per i protoni con energia superiore ai 60 MeV e per i protoni con energia superiore ai 100 MeV. Questo indica che la risoluzione su x PMMA, legata al range del fascio, non varia invece con l energia cinetica dei frammenti secondari in maniera apprezzabile. Figura 2.12: Distribuzioni di x PMMA (a sinistra) e y PMMA (a destra) per tutti i secondari identificati con protoni e per i protoni con energie cinetiche superiori a 60 MeV e a 100 MeV. [5]. Figura 2.13: Posizione del picco del profilo di emissione dei protoni secondari x PMMA e ȳ PMMA in funzione della posizione del picco di Bragg atteso x Bragg [5]. Inoltre, il profilo di emissione è stato studiato in funzione della posizione del picco di Bragg, evidenziando una relazione tra la posizione del massimo della dose rilasciata, x Bragg, e la posizione del massimo di produzione delle particelle cariche, individuato dalle coordinate ( x PMMA, ȳ PMMA ), ottenute da un fit gaussiano del profilo di emissione ricostruito lungo x e lungo y. Come mostrato in Fig. 2.13, mentre lungo la direzione y non c è una variazione di ȳ PMMA al variare della posizione del picco di Bragg, lungo x emerge una relazione lineare, la quale indica chiaramente che l emissione dei frammenti secondari carichi segue lo spostamento del picco di Bragg. Infine, poiché la distribuzione y PMMA è legata alla posizione del fascio - mantenuta fissa - sul piano trasverso, il

35 2.2 Frammentazione in adroterapia 25 suo comportamento in funzione della posizione del PMMA potrebbe fornire una stima dell incertezza sistematica del metodo di monitoraggio Esperimento al Gesellschaft für Schwerionenforschung (GSI) di Darmstadt La configurazione sperimentale di Darmstadt [15], mostrata nella parte inferiore della Fig. 2.9, differisce da quella di Catania per la presenza di un ulteriore scintillatore plastico dello spessore di 2 mm, con la funzione di Veto per bloccare gli elettroni di bassa energia ( 0.55 MeV), tra il PMMA e la camera a deriva. Inoltre, data l energia del fascio di 220 MeV/u, è stato previsto un range di circa 10 cm degli ioni carbonio all interno del PMMA. Di conseguenza, è stato scelto un bersaglio di PMMA delle dimensioni di cm 3. Infine, in questo caso la camera a deriva e il LYSO sono stati allineati al picco di Bragg atteso e posti a tre diversi angoli (60, 90 e 120 ) rispetto alla direzione del fascio primario, in modo da studiare la dipendenza angolare dell emissione dei frammenti carichi. L identificazione delle particelle secondarie cariche ha mostrato molto chiaramente la produzione di protoni, deutoni e trizi in seguito all interazione degli ioni carbonio con il PMMA, per entrambe le configurazioni a 60 e a 90. La distribuzione in quest ultimo caso, insieme alla simulazione con FLUKA, è riportata in Fig. 2.14, in cui le tre popolazioni sono distinte tramite quattro curve. La bassa statistica dei dati raccolti a 120 non ha permesso, invece, un analisi significativa, indicando, come noto, che i frammenti secondari vengono emessi in maniera anisotropa, a piccoli angoli. Figura 2.14: Energia depositata nel LYSO in funzione del tempo di volo delle particelle, per la configurazione a 90. A sinistra i dati sperimentali, a destra la simulazione con FLUKA [15]. La velocità dei frammenti carichi è stata calcolata per mezzo di una simulazione con FLUKA e dai dati ottenuti sono state ricavate le distribuzioni di β rec, mostrate in Fig. 2.15, per tutte e tre le particelle individuate e per le due configurazioni angolari (60 e 90 ). Questo approccio è stato preferito, rispetto al calcolo diretto dal ToF (come precedentemente a Catania), per tenere conto degli effetti dell interazione dei frammenti

36 26 Frammentazione nucleare e adroterapia con il bersaglio, che avrebbero potuto dare luogo a particelle cariche con lo stesso ToF ma differente energia cinetica di emissione. Figura 2.15: Distribuzione della velocità di emissione misurata per i tre isotopi identificati, nelle due configurazioni angolari a 60 e 90 [15]. Inoltre, sono stati calcolati i rate di produzione integrati, separatamente per protoni, deutoni e trizi e per le due configurazioni angolari a 60 e 90, i cui valori sono risultati essere Φ p (Ω LYSO ) θ=60 = (8.78 ± 0.07 stat ± 0.64 sys ) 10 3 sr 1 Φ d (Ω LYSO ) θ=60 = (3.71 ± 0.04 stat ± 0.37 sys ) 10 3 sr 1 (2.4) Φ t (Ω LYSO ) θ=60 = (0.91 ± 0.01 stat ± 0.21 sys ) 10 3 sr 1 Φ p (Ω LYSO ) θ=90 = (1.83 ± 0.02 stat ± 0.14 sys ) 10 3 sr 1 Φ d (Ω LYSO ) θ=90 = (0.78 ± 0.01 stat ± 0.09 sys ) 10 3 sr 1 (2.5) Φ t (Ω LYSO ) θ=90 = (0.128 ± stat ± sys ) 10 3 sr 1 In Fig. 2.16, infine, è mostrato il profilo di emissione dei frammenti secondari carichi nella configurazione a 90. Dall analisi del profilo di emissione sono stati individuati i parametri proposti per la valutazione quantitativa della posizione del picco di Bragg. La curva che ne descrive l andamento è data dalla funzione f(x) = p exp ( x p1 p 2 ) 1 ( ) + p 5, (2.6) 1 + exp x p 3 p 4 in cui p 3 e p 1 sono legati rispettivamente al fronte di salita e di discesa della distribuzione di x PMMA, p 4 e p 2 descrivono le pendenze della salita e della discesa, p 5 tiene conto del possibile rumore di fondo e p 0 è il fattore di normalizzazione. Inoltre, sono state definite due ulteriori quantità, 40 e δ 40 : la prima rappresenta l ampiezza della distribuzione al 40% del suo massimo, la seconda è la distanza tra X left e l intercetta della tangente di f(x) in x = X right, essendo X left e X right, rispettivamente, le ascisse del fronte di salita e del

37 2.2 Frammentazione in adroterapia 27 Figura 2.16: Profilo di emissione delle particelle cariche prodotte dall interazione del fascio di ioni carbonio da 220 MeV/u con il PMMA, nella configurazione a 90. Sullo stesso profilo di emissione sono state sovrapposte a sinistra la distribuzione di dose attesa, calcolata tramite simulazione, mentre a destra la PDF descritta dall eq. (4.1) e i parametri di interesse [15]. fronte di discesa al 40% del massimo, come mostrato a destra in Fig In particolare, confrontando le due distribuzioni di Fig. 2.16, si vede che X left corrisponde al punto in cui si ha l inizio del rilascio della dose e δ 40 è la regione entro cui avviene la quasi totalità di tale rilascio, ovvero la regione in cui si sviluppa il picco di Bragg, stimata essere beam 8.3 cm tramite simulazione con FLUKA. Infine, per capire in che modo il flusso di secondari carichi influenzi la precisione di questo metodo di monitoring, i dati raccolti sono stati divisi in campioni da 10 3 frammenti e per ciascuno di questi sono stati calcolati 40 e δ 40, la cui media è riportata in Tab. 2.2 insieme alla risoluzione sui parametri di interesse. Osservando la tabella, si vede che con il metodo proposto per il monitoring si riesce a valutare la posizione del bersaglio con una precisione (σ Xleft ) di circa 1 mm. Infine, il confronto tra δ 40 e beam evidenzia una discrepanza di circa 1.1 cm tra il valore misurato e quello stimato. Tabella 2.2: Valori e dispersioni delle grandezze 40 e δ 40. Le risoluzioni sono calcolate come RMS delle distribuzioni di delta misurate per le varie configurazioni (differenti posizioni del bersaglio e differenti campioni di dati) [15]. Angle (deg) σ (cm) σ δ (cm) σ Xleft (cm) 40 (cm) δ 40 (cm) ± ± ± ± 0.03

38

39 Capitolo 3 Esperimento di Heidelberg ad HIT HIT (Heidelberger Ionenstrahl-Therapiezentrum, Centro di ione-terapia di Heidelberg) è il primo ospedale d Europa che consente di trattare pazienti con protoni e ioni più pesanti, in attività dal In Fig. 3.1 è mostrata la struttura e sono evidenziate le diverse parti che la costituiscono [35, 36]: 1. due sorgenti di ioni basate sul fenomeno della risonanza elettrociclotronica (ECR, Electron Cyclotron Resonance), fornite di due linee di spettrometri indipendenti; 2. un acceleratore lineare, combinazione di un Radio-Frequency-Quadrupole (RFQ) e di un Interdigital H-mode Drift-Tube-Linac (IH-DTL), che in circa 6 m accelera gli ioni da 8 kev/u a 7 MeV/u; 3. un sincrotrone, del diametro di 20 m, che consta di 6 magneti che curvano di 60 la traiettoria degli ioni, che qui sono portarti al 75% della velocità della luce; 4. tre linee di fascio, in cui per mezzo di magneti è possibile variare l energia, la focalizzazione e l intensità del fascio; 5. due sale di trattamento, in cui il fascio investe il tumore unicamente su un piano orizzontale; 6. una postazione di controllo, tramite cui vengono create immagini a raggi X del paziente, che vengono confrontate con quelle adoperate per stabilire il piano di trattamento; 7. un gantry, del diametro di 13 m, che ruota con precisione millimetrica, in modo da irraggiare il paziente all angolo opportuno; 8. una zona di trattamento entro il gantry. Gli ioni prodotti dalle sorgenti sono protoni, elio, carbonio e ossigeno, che possono essere accelerati in un intervallo discreto di energia che va da 50 MeV/u fino a 430 MeV/u. Infine, la struttura sfrutta la tecnica di raster scanning [37] per l irraggiamento del tumore, attraverso un sistema di scanning magnetico tramite un fascio a matita (pencil-like beam). 29

40 30 Esperimento di Heidelberg ad HIT Le caratteristiche generali della facility sono riassunte in Tab Questa struttura ha permesso di realizzare, nel febbraio dello scorso anno, l esperimento cui fa riferimento il presente lavoro di tesi. Tabella 3.1: Caratteristiche della facility di Heidelberg [36]. Particle species Type of accelerator Beam energy protons, He, C, O linear accelerator plus synchrotron MeV/u Beam intensity protons: (particle per synchrotron cycle) He: C: O: Beam spot size Treatment rooms Beam delivery technique Gantry type 4-10 mm FWHM (2d-gaussian) 2 fixed-horizontal-beam treatment rooms 1 gantry room intensity controlled rasterscan technique 360 rotating scanning gantry, isocentric geometry, normal conducting magnet Treatment field cm 2 PET In-situ verification of the irradiation procedure Number of patients per year > 1000 Building area m Scopo e configurazione sperimentale Come visto nel capitolo 2, l esperimento di Catania ha mostrato che esiste un legame tra la posizione del picco di Bragg e il massimo di emissione dei frammenti secondari, mentre grazie all esperimento di Darmstadt è stato possibile individuare dei parametri utili per il controllo del rilascio della dose nel corpo del paziente. Tali lavori sono stati

41 3.1 Scopo e configurazione sperimentale 31 Figura 3.1: Schema dell impianto per l adroterapia di HIT [35]. sviluppati facendo uso di fasci di ioni carbonio e rivelando i frammenti secondari prodotti a 60 e 90. L idea dell esperimento effettuato a HIT è stata quella di indagare, alla luce delle nuove conoscenze, l interazione di un fascio di ioni più pesanti - rispetto ai protoni - con un bersaglio di PMMA (polimetilmetacrilato, (C5 O2 H8 )n ), in primo luogo, per verificare l applicabilità a questo tipo di fasci delle nuove tecniche di dosimetria non invasiva, in-situ e online proposte e, in secondo luogo, per studiare i prodotti di frammentazione neutri e carichi, a grandi e piccoli angoli, in questo nuovo scenario, per accrescere i dati a disposizione anche in vista dei modelli teorici su cui si basano le simulazioni MC. In particolare, sono stati adoperati fasci di ioni di elio e di ossigeno a tre diverse energie e il bersaglio di PMMA è stato composto da vari blocchetti con sezione di 5 5 cm2 e lunghezze di 2.5 cm, 5 cm e 10 cm, opportunamente combinati per fare in modo che, variando l energia del fascio incidente (quindi il suo range), la posizione del picco di Bragg rimanesse fissa, a circa 1.0 cm dalla superficie di uscita del fascio dal bersaglio. Le energie dei due fasci e le rispettive lunghezze del bersaglio e posizioni attese per la faccia di ingresso del fascio nel PMMA sono riassunte in Tab Con riferimento alla Fig. 3.2, su un tavolo quadrato di alluminio di lato 100 cm, la posizione del PMMA è mantenuta fissa durante tutto l esperimento e il fascio primario raggiunge il bersaglio provenendo da sinistra. Prima di incontrare il bersaglio, a 36 cm dal PMMA, il fascio attraversa uno scintillatore plastico (EJ-228) dello spessore di 250 µm e del diametro di 52 mm (Start Counter, SC), il cui segnale è raccolto da due fotomoltiplicatori (PMT) Hamamatsu UBA H , di efficienza quantica pari al 40%, posti a due suoi estremi. Come già precedentemente, tramite lo Start Counter è stato misurato il flusso di ioni primari e grazie alla coincidenza dei due fotomoltiplicatori, indicati con SC1 e SC2, è stato ridotto il segnale dovuto al rumore di fondo. Inoltre, il

42 32 Esperimento di Heidelberg ad HIT Tabella 3.2: Caratteristiche dei fasci di elio e ossigeno e, per ciascuna energia, rispettive lunghezze del bersaglio e posizioni attese per la faccia di ingresso del fascio nel PMMA. E (MeV/u) spot FWHM (mm) range (cm) l PMMA (cm) x 0 (cm) ± ± 0.05 He ± ± ± ± ± ± 0.05 O ± ± ± ± 0.05 segnale dello Start Counter in coincidenza con quello di altri rivelatori dell esperimento ha fornito i vari trigger per l acquisizione dati. Figura 3.2: Configurazione dell esperimento di HIT. Allineati con il picco di Bragg, si trovano un altro scintillatore plastico (LTS) delle dimensioni di cm 3, adoperato per le misure del ToF dei frammenti secondari carichi, una camera a deriva, per la rivelazione delle tracce delle particelle cariche secondarie, e una una matrice 2 2 di quattro cristalli di scintillazione di LYSO, tutti uguali e di dimensioni cm 3, per la rivelazione delle particelle secondarie cariche e non. La camera a deriva è riempita con una miscela di gas Ar/CO 2 nella percentuale 90%/10% e ha dimensioni di cm 3, il segnale del LYSO è raccolto da un PMT EMI

43 3.1 Scopo e configurazione sperimentale 33 (mod. 9824B) ed entrambi i rivelatori sono stati posti a 60 e 90, rispetto alla direzione del fascio primario, per consentire uno studio dell emissione in funzione dell angolo. I fotoni PET sono rivelati tramite quattro rivelatori a scintillazione a pixel, formati da cristalli di LYSO delle dimensioni di mm 3, separati da uno strato di BaSO 4. Il segnale prodotto dai fotoni è raccolto da fotomoltiplicatori position sensitive (PSPMT) Hamamatsu H8500, costituiti da 8 8 anodi collegati a un sistema di elettronica per lettura di tipo SCD (Symmetric Charge Division). I quattro rivelatori, affiancati a due a due con uno strato di nastro isolante nero dello spessore di circa 1 mm, formano due coppie (R n e R s ) inserite in una scatola di plastica delle dimensioni di cm 3. Le due coppie sono disposte a 180 l una rispetto all altra e ruotate in senso orario rispetto alla direzione del fascio di 35. Per lo studio della frammentazione a piccoli angoli, sono state impiegate tre coppie di scintillatori plastici (STS ni, con n=1, 2 e i=a, b, c) di dimensioni cm 3, per la misura del ToF, e tre cristalli di BGO i (germanato di bismuto) a forma di tronco di piramide, di altezza 24 cm e basi di cm 2 e cm 2, disposti con la base di superficie minore rivolta verso il PMMA. Anche in questo caso è stata studiata la dipendenza angolare della produzione di frammenti, ponendo i rivelatori a 0, 10, 30 rispetto alla direzione del fascio. Infine, il fascio ha una struttura a bunch e gli spill del fascio variano per ciascun run; nel caso dell elio da 102 MeV/u gli spill hanno una durata di circa 2 s e sono separati da intervalli temporali di circa 4 s (Fig. 3.3). Figura 3.3: Esempio della struttura del fascio di HIT, nel caso dell elio con energia di 102 MeV/u. In Fig. 3.4 è mostrato lo schema della configurazione elettronica per l acquisizione dati. Il segnale di carica registrato da ciascun rivelatore è inviato sia a un discriminatore (CAEN N417), che ad un attenuatore, in questo secondo caso dopo essere stato ulteriormente diviso in tre parti. I tre segnali sono moltiplicati per tre diversi fattori di attenuazione, in modo da poter coprire un più ampio intervallo di misure e, successivamente, inviati a una scheda QDC (CAEN V792N). Il discriminatore genera un impulso di 40 ns, se il segnale supera luna certa soglia opportunamente scelta. Tale impulso raggiunge una scheda TDC (CAEN V1190N) per la misura del tempo di arrivo del segnale (rispetto a un riferimento interno della scheda stessa). Nel caso dello Start Counter e degli STS ni, il segnale discriminato è inviato anche a uno scaler (CAEN V560) per contare il numero di

44 34 Esperimento di Heidelberg ad HIT impulsi in entrata, da cui calcolare poi il rate di produzione delle varie particelle secondarie. Inoltre, la selezione degli eventi interessanti è fatta tramite una logica di trigger, per cui l avvio dell acquisizione dati avviene se è verificata almeno una delle seguenti condizioni di coincidenza tra SC e BGO n (Trigger BGO, n = 1, 2, 3), tra R n e R s (Trigger PET) o tra SC e LYSO (Trigger LYSO). Tale coincidenza consiste nella rivelazione del segnale da parte delle tre coppie di rivelatori entro una finestra temporale di 150 ns, in seguito alla quale viene aperto un gate di 100 ns in cui QDC e TDC registrano i segnali in entrata. I dati raccolti vengono poi inviati al computer per la memorizzazione e la successiva analisi. Durante tutta l operazione di acquisizione non possono essere registrati nuovi dati, finché il processo, iniziato con l avvio del segnale di trigger, non si conclude con il trasferimento dei dati al computer. Questo comporta un inevitabile tempo morto (DT), di cui occorre tenere conto nella stima dell affidabilità del metodo di monitoring. Figura 3.4: Configurazione elettronica per l acquisizione dati dell esperimento di HIT. 3.2 Fotoni prompt I fotoni prompt provengono dalla diseccitazione dei nuclei in seguito all interazione degli adroni con la materia e vengono emessi in tempi dell ordine dei nanosecondi. Dal punto di vista del controllo di dose, sono molto interessanti per vari motivi: non vengono influenzati dai processi metabolici del corpo umano, la loro emissione è più veloce rispetto a quella dei fotoni PET e, infine, permettono maggiore libertà nella costruzione dei rivelatori, poiché sono emessi in maniera indipendente l uno dall altro (rispetto all emissione back-to-back dei fotoni PET). Per lo studio dei fotoni prompt ad HIT sono stati adoperati i rivelatori mostrati in Fig Tenuto conto dell effetto del time slewing dato dall elettronica (par. 4.2), è stata prodotta la distribuzione di energia depositata nel LYSO in funzione della differenza di tempo tra LYSO e SC, Fig. 3.6, sia per l elio che per l ossigeno [34]. Da questa distribuzione è stato possibile distinguere gli eventi riconducibili a neutroni o ad altre particelle secondarie da quelli dovuti a fotoni, concentrati intorno a T corr = 0. Quindi, tramite un analisi simile alle precedenti di Catania e Darmstadt [38, 39], è stato ottenuto

45 3.2 Fotoni prompt 35 Figura 3.5: Schema della configurazione sperimentale per lo studio dei fotoni prompt e delle particelle secondarie cariche ad HIT. La camera a deriva (DCH) e il cristallo di LYSO possono essere posti a un angolo di 60 o di 90 rispetto alla direzione del fascio. il numero di fotoni per ogni bin di energia. Gli spettri di energia preliminari dei fotoni prompt, sia per i fasci di elio che per quelli di ossigeno, sono mostrati in Fig. 3.7, in cui le distribuzioni partono da E 2 MeV per tagliare il fondo intrinseco del LYSO. Centrata in E 4 MeV, è presente la riga data dalla diseccitazione del carbonio prodotto dalla frammentazione degli ioni primari. Infine, ancora in Fig. 3.7, sono riportate le simulazioni con FLUKA, normalizzate al numero di eventi, e dal confronto con i dati sperimentali si vede un accordo generale, nonostante la risoluzione in energia del LYSO sia migliore per la simulazione che per i dati. Si tratta, come detto, di risultati preliminari, da completare con il calcolo dei rate di produzione e con il miglioramento della simulazione della risposta dei rivelatori. Figura 3.6: Energia depositata nel LYSO dai fotoni prompt in funzione della differenza di tempo (corretto) tra il LYSO e lo SC; a sinistra per i fasci di elio di tutte le energie, a destra per quelli di ossigeno [34].

46 36 Esperimento di Heidelberg ad HIT Figura 3.7: Spettri di energia preliminari dei fotoni prompt; a sinistra per i fasci di elio, a destra per quelli di ossigeno. In rosso, la simulazione con FLUKA [34].

47 3.3 Fotoni PET Fotoni PET Come già discusso nel corso di questo lavoro, uno dei metodi di monitoring della dose, e attualmente l unico impiegato clinicamente, consiste nella rivelazione dei fotoni prodotti in seguito al decadimento β + dei frammenti radioattivi generati dall interazione del fascio primario con il bersaglio. Tale tecnica di controllo di dose si basa sul confronto dei dati acquisiti durante il trattamento con le relative simulazioni MC. Dunque, per ampliare il database di riferimento per tali simulazioni, in modo da ottimizzare la tecnica, sono stati analizzati i fotoni PET prodotti durante l esperimento di HIT. In Fig. 3.8, sono mostrati i profili di attività β + dei radioisotopi prodotti dall interazione dei fasci di elio alle tre energie con il bersaglio di PMMA, ricostruiti lungo la direzione del fascio e lungo la direzione verticale [40]. Da queste distribuzioni sono stati ricavati dei parametri utili alla valutazione del rilascio di dose, riportati in Tab Si tratta delle ascisse dei punti corrispondenti all ampiezza a mezza altezza della curva data dalla somma di tre gaussiane (in rosso nelle tre distribuzioni): z fin è relativo al fronte di salita, mentre z in al fronte di discesa. Questi parametri sono stati messi in relazione con la posizione del picco di Bragg; in particolare, z fin risulta essere la distanza del picco di Bragg dalla FWHM del fronte di salita. Nel caso del fascio da 102 MeV/u si ha una precisa stima di tale distanza, mentre nel caso delle altre due energie si riscontra una discrepanza di qualche mm, per la quale un analisi più approfondita dei dati è in corso, mirata a capirne la causa. Tabella 3.3: Parametri estratti dai profili di attività β + per i fasci di elio alle tre energie [40]. E (MeV/u) l PMMA (cm) Bragg Peak x rec (cm) z in (cm) z fin (cm) Depth (cm) ± ± ± ± ± ± ± ± ± 0.08 Inoltre, dall analisi dell emivita degli emettitori si è trovato che gli isotopi prodotti in seguito dall interazione tra gli ioni di 4 He e il PMMA sono prevalentemente 10 C (τ = 28 s), 11 C (τ = 29 min), 14 O (τ = 102 s), 15 O (τ = 176 s) e 13 N (τ = 14 min). Infine, è stata calcolata la frazione di emettitori prodotti, A, detta attivazione, tramite un modello ideato nel caso dell esperimento di Catania [41]. In Fig. 3.9 è mostrato l andamento dell attivazione calcolata in funzione dell energia del fascio: sopra, i singoli valori per ogni run alle tre energie; sotto, la media pesata di questi valori. Il fit con una funzione costante ha dato come valore per l attivazione A fit = (1.5 ± 0.3) Anche in questo caso, si tratta di risultati del tutto preliminari, da rivedere successivamente al calcolo di tutti i parametri necessari di accettanza geometrica ed efficienza dei rivelatori.

48 38 Esperimento di Heidelberg ad HIT Figura 3.8: Profili dell attività β +, per l elio alle tre energie: a sinistra, lungo l asse del fascio (z); a destra, lungo la direzione verticale [40].

49 3.3 Fotoni PET 39 Figura 3.9: Attivazione in funzione dell energia del fascio: in alto, i valori calcolati per ciascun run alle tre energie; in basso, la loro media per ogni energia [40].

50 40 Esperimento di Heidelberg ad HIT 3.4 Prodotti di frammentazione a piccoli angoli L apparato sperimentale per lo studio della frammentazione a piccoli angoli consta di tre coppie scintillatori STS ni e di tre cristalli di BGO i (n=1, 2 e i=a, b, c), disposti come mostrato in Fig In Fig. 3.10, è riportata la distribuzione dell energia rilasciata dai frammenti secondari carichi nel BGO in funzione del tempo di volo, dalla quale si distinguono chiaramente le tre diverse popolazioni di secondari prodotti dall interazione del fascio di elio con il bersaglio di PMMA: si tratta di protoni, deutoni e trizi, come atteso dagli esperimenti e dalle simulazioni (par ). Il calcolo dei flussi di particelle cariche rivelate dagli scintillatori ha dato come risultato il grafico di Fig. 3.11: il flusso di secondari carichi decresce all aumentare dell angolo di rivelazione e cresce al crescere dell energia del fascio. Tuttavia, questi numeri sono del tutto preliminari e necessitano di una revisione in seguito al controllo dei parametri che entrano in gioco. Figura 3.10: Energia depositata nel BGO in funzione del tempo di volo dei frammenti secondari carichi. Si distinguono i protoni, i deutoni e i trizi. Figura 3.11: Flusso di tutti i frammenti secondari carichi rivelati dal BGO in funzione dell angolo di rivelazione, per le tre energie del fascio di elio (in blu 102 MeV/u, in rosso 125 MeV/u, in verde 145 MeV/u).

51 3.5 Frammenti secondari carichi a grandi angoli Frammenti secondari carichi a grandi angoli Per lo studio dei frammenti secondari carichi a grandi angoli, sono stati adoperati l LTS, la camera a deriva e il cristallo di LYSO, descritti nel paragrafo 3.1, posti ad un angolo di 60 e 90 rispetto alla direzione del fascio (Fig. 3.5), come già nei precedenti esperimenti ai LNS e al GSI. Figura 3.12: In alto, schema della camera a deriva; in basso, configurazione laterale in cui i punti rossi rappresentano i fili sensori [42]. La camera a deriva è un rivelatore di particelle cariche, il cui principio di funzionamento si basa sulla ionizzazione della materia. Si tratta, infatti, di una camera riempita con una miscela di gas e al cui interno sono disposti in maniera ordinata fili ad alto potenziale elettrico, gli anodi, mentre la base funge da catodo. Quando uno ione attraversa la camera, ionizza gli atomi del gas e gli elettroni liberati vengono attratti dagli anodi, producendo così una corrente proporzionale all energia della particella carica che ha dato luogo al processo. Registrando il tempo che gli elettroni impiegano a raggiungere gli anodi è possibile ricostruire la traiettoria tridimensionale dello ione, con una precisione compresa tra 50 e 200 µm.

52 42 Esperimento di Heidelberg ad HIT Nel caso dell esperimento ad HIT, la camera a deriva utilizzata [42], di dimensioni cm 3, è riempita con una miscela di Ar/CO 2 nella percentuale 90%/10%; al suo interno si trovano sei piani orizzontali (U) e sei piani verticali (V), ciascuno costituito da tre fili sensori, posti alla tensione di 2.1 kev. Uno schema della camera a deriva è mostrato in Fig Il LYSO raccoglie, invece, l energia delle particelle secondarie che vengono emesse dal PMMA, sia neutre che cariche. In seguito al rilascio di tale energia, gli atomi dello scintillatore vengono eccitati e nel processo di diseccitazione emettono luce di scintillazione, raccolta da un fotomoltiplicatore. Il tempo di decadimento del LYSO è piuttosto breve, circa 42 ns, e il rendimento luminoso è abbastanza elevato rispetto a quello di altri cristalli scintillanti. Inoltre, è un materiale dalle ottime qualità ottiche, alta densità, elevato stopping power, piccola lunghezza di attenuazione. Infine, la risoluzione temporale del LYSO è di circa 300 ps, mentre quella energetica dipende dall energia delle particelle incidenti ed è circa 9.5% per fotoni da 511 kev. Le proprietà di tale cristallo, nel caso della rivelazione di fotoni, sono riassunte in Tab Tabella 3.4: Proprietà del LYSO relative alla rivelazione di fotoni. Proprietà Numero atomico efficace 66 Densità 7.4 g/cm 3 Lunghezza di attenuazione 1.16 cm Tempo di decadimento ns Picco di emissione 428 nm Indice di rifrazione 1.82 Rendimento luminoso 75% NaI(Tl) Risoluzione temporale 300 ps Come detto, la posizione del bersaglio di PMMA è mantenuta fissa in modo da non variare la posizione del picco di Bragg; la distanza tra l uscita dello SC e la faccia di uscita del PMMA è 36.5 cm, le altre distanze sono riassunte in Fig Nel prossimo capitolo sono discussi in dettaglio l analisi e i relativi risultati.

53 3.5 Frammenti secondari carichi a grandi angoli 43 Figura 3.13: Configurazione sperimentale per la rivelazione dei secondari carichi (non in scala), nel caso in cui la camera a deriva e il LYSO si trovano a 90 rispetto alla direzione del fascio. Figura 3.14: Foto dell apparato sperimentale adoperato ad HIT.

54

55 Capitolo 4 Analisi dei secondari carichi Come descritto nel capitolo precedente, i rivelatori deputati all analisi dei secondari carichi sono stati la camera a deriva e il rivelatore a cristalli di LYSO, come mostrato in Fig. 3.13, scegliendo due configurazioni angolari differenti: la prima con i rivelatori posti a 90 rispetto alla direzione del fascio primario, la seconda con i rivelatori a 60. La scelta degli angoli è stata fatta considerando gli effetti che dipendono da tale scelta e che inevitabilmente influenzano la statistica, la risoluzione sulla ricostruzione spaziale delle tracce e, di conseguenza, l accuratezza del metodo di monitoring proposto. In particolare, fissato l angolo, si deve tenere conto della diffusione multipla che subiscono i frammenti carichi all interno del bersaglio e della dimensione finita del fascio. L effetto della diffusione multipla a 90 rispetto ad altri angoli è ridotto, poiché i frammenti secondari devono attraversare uno spessore di materia inferiore prima di fuoriuscire dal bersaglio; a 60, invece, la statistica è più alta e il contributo dello scattering multiplo è ridotto perché i frammenti secondari vengono emessi con una più alta energia cinetica, rispetto a quanto avviene ad angoli più grandi. Le dimensioni finite del fascio sono rilevanti, invece, dal punto di vista geometrico nella ricostruzione delle tracce, quando i rivelatori sono posti a 60, mentre non contribuiscono nella configurazione a 90. Infine, la statistica è favorita ad angoli minori di 90, per la conservazione della quantità di moto, cresce all aumentare dell energia del fascio primario e dipende dall accettanza geometrica dei rivelatori. D altra parte, nella scelta dell angolo di rivelazione non va trascurato che un rate troppo alto potrebbe provocare la saturazione dei rivelatori e aumentare il tempo morto dell acquisizione dati. L acquisizione dei dati è avvenuta secondo la logica descritta nel par. 3.1: la coincidenza tra SC e LYSO ha fornito il segnale di trigger per l avvio dell acquisizione, i segnali dell LTS e del LYSO hanno permesso il calcolo del tempo di volo delle particelle secondarie prodotte, mentre la camera a deriva ne ha registrato la traccia, fornendo un mezzo per la selezione degli eventi dovuti ai secondari carichi, rispetto a quelli dovuti ai fotoni prompt. 45

56 46 Analisi dei secondari carichi 4.1 Selezione degli eventi e ricostruzione delle tracce Ai fini dell analisi, poiché il LYSO ha registrato il segnale dei frammenti secondari sia carichi che neutri, è stato necessario individuare, in primo luogo, gli eventi relativi alle particelle secondarie cariche; questo è stato fatto considerando gli hit registrati dalla camera a deriva. Inoltre, dalla geometria dell apparato sperimentale, ci si aspetta che un frammento che attraversi la camera produca in media un segnale su tutti e 12 i piani. In Fig. 4.1 è riportata la distribuzione degli hit nei piani della camera, nel caso di fascio di elio da 125 MeV/u nella configurazione a 90 : da tale distribuzione si ha, in effetti, una conferma di questa attesa e si è deciso di scartare gli eventi per cui il numero di piani coinvolti fosse inferiore a 9, per tutte e tre le energie del fascio (102 MeV/u, 125 MeV/u e 145 MeV/u) e in entrambe le configurazioni angolari (90 e 60 ). Figura 4.1: Distribuzione del numero di hit delle celle nella camera a deriva, nel caso del fascio di elio a 125 MeV/u, con la camera posta nella configurazione a 90. Tale distribuzione ha permesso di stabilire quali eventi rigettare in prima analisi. Figura 4.2: Esempio di ricostruzione della traccia nella camera a deriva. Successivamente, per gli eventi selezionati è stata ricostruita la traccia della particella carica:la camera ha registrato il tempo che la cascata elettronica impiegasse a raggiungere i fili, rispetto al tempo del trigger, e da questa informazione, attraverso relazioni

57 4.2 Identificazione e separazione delle popolazioni 47 spazio-tempo, sono state ricostruite le posizioni in cui sono avvenute le ionizzazioni primarie. Infine, queste posizioni sono state fittate con una retta per definire la traiettoria tridimensionale della particella secondaria incidente; un esempio di traccia ricostruita nella camera è riportato in Fig Le tracce ricostruite sono servite poi per l individuazione della regione di emissione dei frammenti secondari carichi all interno del bersaglio, come descritto nel par Identificazione e separazione delle popolazioni L identificazione delle particelle secondarie cariche prodotte dall interazione del fascio primario con il PMMA è avvenuta sfruttando l informazione sul tempo di volo (ToF, Time of Flight) delle particelle stesse. Il ToF è stato calcolato come differenza tra il tempo registrato dal LYSO e quello registrato dall LTS ed è stato corretto, in seguito, per tenere conto dell effetto del time slewing. Si tratta di un effetto dovuto all elettronica, per cui due segnali contemporanei di carica differente vengono rivelati in tempi diversi: il segnale di carica maggiore risulta essere precedente al segnale di carica minore, a causa del fatto che supera in anticipo la soglia imposta al discriminatore nella rivelazione del segnale proveniente dal LYSO (Fig. 4.3). Figura 4.3: Effetto del time slewing. Nel piano (ToF,Q), che descrive il segnale di carica registrato dai cristalli di LYSO in funzione del ToF e mostrato in Fig. 4.4 per le tre energie nelle due configurazioni angolari, si distinguono chiaramente gli elettroni nella regione al di sotto della retta rossa e due bande che rappresentano le popolazioni di protoni e deutoni. In Fig. 4.5 è riportata la stessa distribuzione, su cui però, dopo aver escluso le particelle identificate come elettroni, sono state sovrapposte le curve blu e verde per i 90 e blu, verde e rossa per i 60, per isolare gli isotopi prodotti: si tratta per lo più di protoni nel primo caso, e di protoni e deutoni nel secondo caso. Inoltre, come già discusso e precedentemente osservato nell esperimento di Darmstadt [15, 34], la statistica a 60 è maggiore che a 90 e questo risultato è cruciale per la scelta dell angolo cui deve essere posto un rivelatore durante una seduta di adroterapia al fine del dose monitoring, in modo da trovare una soluzione di compromesso tra la necessità di avere una buona statistica e gli effetti che possono deteriorare la risoluzione spaziale.

58 48 Analisi dei secondari carichi Figura 4.4: Individuazione degli elettroni, per le tre energie (dall alto verso il basso, 102 MeV/u, 125 MeV/u e 145 MeV/u) e per le due configurazioni angolari: a sinistra 90, a destra 60. La retta rossa separa il segnale degli elettroni da quello dei frammenti secondari carichi, costituiti da protoni e deutoni.

59 4.2 Identificazione e separazione delle popolazioni 49 Figura 4.5: Separazione delle popolazioni, per le tre energie (dall alto verso il basso, 102 MeV/u, 125 MeV/u e 145 MeV/u) e per le due configurazioni angolari: a sinistra 90, a destra 60. Tra le curve blu e verde sono i frammenti identificati con protoni, tra le curve verde e rossa i deutoni.

60 50 Analisi dei secondari carichi 4.3 Distribuzione spaziale dei secondari carichi Dall esperimento di Catania è emersa una relazione lineare tra la posizione del picco del profilo di emissione dei secondari carichi e la posizione del picco di Bragg (Fig. 2.13), da poter sfruttare ai fini del controllo di dose durante un trattamento ospedaliero. Dunque, come descritto precedentemente, tramite l estrapolazione all indietro delle tracce degli ioni secondari, ricostruite per mezzo della camera a deriva, è stata individuata la regione all interno del bersaglio di PMMA in cui sono prodotti i frammenti carichi. Il piano di ricostruzione (x PMMA, y PMMA ) è il piano del sistema di riferimento con origine il centro della camera a deriva, passante per la linea di fascio, con y PMMA lungo la direzione verticale. (cm) pmma y xypmma_cut_tof_cut Entries Mean x Mean y RMS x RMS y x pmma (cm) 0 Figura 4.6: Regione di emissione dei frammenti secondari carichi, ricostruita nel piano (x PMMA, y PMMA ) del sistema di riferimento della camera a deriva, per la configurazione angolare a 60 nel caso di fascio da 145 MeV/u. La retta x PMMA = indica la faccia di ingresso del fascio nel blocchetto di PMMA; la retta x PMMA = 0, invece, la posizione in cui ci si aspetta il picco di Bragg. Figura 4.7: Regione di emissione dei frammenti secondari carichi, ricostruita nel piano (x PMMA, y PMMA ) del sistema di riferimento della camera a deriva, per entrambe le configurazioni angolari (90 a sinistra, 60 a destra) e per le tre energie del fascio: i triangoli rossi per 102 MeV/u, i quadrati verdi per 125 Mev/u e i cerchi blu per 145 MeV/u. La posizione del picco di Bragg è fissa in x PMMA = 0.

61 4.3 Distribuzione spaziale dei secondari carichi 51 In Fig. 4.6, è mostrata la regione di produzione per la configurazione a 60, con il fascio da 145 MeV/u, per il quale la lunghezza del bersaglio è fissata a (12.65 ± 0.05) cm. La retta x PMMA = indica la faccia di ingresso del fascio nel blocchetto di PMMA; la retta x PMMA = 0, invece, la posizione in cui dalle simulazioni sul range ci si aspetta il picco di Bragg. In Fig. 4.7, inoltre, è riportata la regione di produzione dei frammenti secondari carichi per tutte e tre le energie del fascio a confronto; la lunghezza del blocchetto di PMMA nei tre casi (Tab. 3.2) è stata modificata in modo da avere il picco di Bragg sempre in corrispondenza di x PMMA = 0. Da queste distribuzioni, si vede che la produzione di frammenti secondari avviene lungo tutta la lunghezza del PMMA e si arresta intorno al picco di Bragg, poiché è lì che si fermano gli ioni primari. Inoltre, è evidente che la statistica di secondari carichi aumenta all aumentare dell energia del fascio incidente, oltre a decrescere all aumentare dell angolo di rivelazione. Il profilo di emissione per le tre energie del fascio nella configurazione a 90 è mostrato in Fig. 4.8: a sinistra è mostrata la distribuzione delle tracce lungo la direzione del fascio, a destra quella lungo la direzione trasversale. Si tratta delle prime distribuzioni di questo genere ottenute con fascio di elio interagente con PMMA. Per valutare i parametri di interesse, individuati nell esperimento al GSI [15], il profilo longitudinale è stato fittato con la funzione f(x) (4.1), descritta nel par , f(x) = p exp ( x p1 p 2 ) 1 ( ) + p 5. (4.1) 1 + exp x p 3 p 4 La distribuzione di y PMMA, invece, è stata fittata con una funzione gaussiana. I risultati del fit sono riassunti in Tab Tabella 4.1: Valori dei parametri del fit delle distribuzioni x PMMA e y PMMA, per le tre energie del fascio e le due configurazioni angolari. E (MeV/u) p 1 (cm) p 3 (cm) σ y (cm) ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± Il parametro p 3 è legato alla posizione lungo il fascio superficie di ingresso del PMMA e va confrontato con la posizione attesa, x 0 (Tab. 3.2), di tale superficie nel sistema di riferimento della camera a deriva, mentre il suo errore dà l accuratezza che si riesce a raggiungere sulla stima della posizione di tale superficie, calcolata usando tale metodo. Inoltre, guardando la distribuzione a sinistra della Fig. 2.16, si vede che p 1 è legato alla fine della zona in cui si sviluppa il picco di Bragg, per cui tramite p 1 e p 3 è possibile

62 52 Analisi dei secondari carichi determinare anche dal fit - oltre che dalla ricostruzione geometrica con la camera a deriva - la regione in cui si ha il rilascio di dose all interno del bersaglio. Il parametro σ y, invece, permette di avere una stima delle dimensioni del fascio primario, della risoluzione di tracciamento e della diffusione multipla che subiscono i frammenti carichi all interno del bersaglio, dal momento che sul piano verticale non si ha nessuna variazione delle condizioni sperimentali. Lo stesso tipo di ricostruzione e di analisi sono stati effettuati per il set-up a 60, ottenendo i risultati di Tab In questo caso, la ricostruzione del punto di emissione dei frammenti secondari carichi è stata effettuata considerando le dimensioni finite del fascio, i cui valori sono compresi tra i 6 e gli 11 mm per le tre energie (Tab. 3.2). Da un confronto tra p 3 e x 0 si ha che la discrepanza è trascurabile entro l errore di misura per le diverse configurazioni di energia e angoli, tranne per il fascio di elio da 102 MeV/u a 60, per il quale la differenza tra i due valori è di circa 2 mm. D altra parte, il valore reale di x 0 potrebbe essere diverso da quello atteso, dal momento che il bersaglio è costituito da vari pezzetti di PMMA posti l uno accanto all altro, di conseguenza la discrepanza risultante da questi parametri potrebbe essere spiegata alla luce di ciò. Se si confronta, invece, il parametro p 3 nelle due diverse configurazioni angolari, a parità di energia, si ha che i valori sono compatibili entro l errore di misura nel caso di 125 MeV/u e 145 MeV/u, mentre si ha una discrepanza di circa 2 mm per il fascio da 102 MeV/u. Dunque, su questa grandezza non si osserva nessun effetto particolare legato all angolo di rivelazione. Questo tipo di analisi sui frammenti carichi potrebbe permettere così di monitorare la posizione del bersaglio. Il parametro p 1 non fornisce in questo caso i valori attesi per la fine della regione del picco di Bragg, che dovrebbe essere oltre x PMMA = 0 e risulta, invece, sistematicamente più a sinistra, in maniera non del tutto compatibile tra le diverse configurazioni sperimentali. Per quanto riguarda σ y, si ha una discrepanza di meno di 0.5 mm per tutte le energie. Tabella 4.2: Valori dei parametri del fit delle distribuzioni x PMMA e y PMMA, per protoni e deutoni, per le tre energie del fascio con i rivelatori a 60. E (MeV/u) p 1 (cm) p 3 (cm) σ y (cm) ± ± ± p ± ± ± ± ± ± ± ± ± d ± ± ± ± ± ± Inoltre, nel caso di θ = 60, sono stati ricostruiti singolarmente i profili di emissione per le due specie di isotopi identificati, protoni e deutoni, sui quali sono stati ancora una volta effettuati i fit appena descritti. Le distribuzioni ottenute sono riportate in Figg. 4.10

63 4.3 Distribuzione spaziale dei secondari carichi 53 (protoni) e 4.11 (deutoni), mentre i parametri del fit in Tab Sia per quanto riguarda i protoni che i deutoni, il confronto tra p 3 e x 0 dà una discrepanza di circa 3 mm. Figura 4.8: Profilo di emissione dei frammenti secondari carichi, per la configurazione angolare a 90 e per le tre energie del fascio (dall alto verso il basso 102 MeV/u, 125 Mev/u e 145 MeV/u): a sinistra, ricostruito lungo la direzione del fascio, a destra lungo la direzione trasversale.

64 54 Analisi dei secondari carichi Figura 4.9: Profilo di emissione di tutti i frammenti secondari carichi, per la configurazione angolare a 60 e per le tre energie del fascio (dall alto verso il basso 102 MeV/u, 125 Mev/u e 145 MeV/u): a sinistra, ricostruito lungo la direzione del fascio, a destra lungo la direzione trasversale.

65 4.3 Distribuzione spaziale dei secondari carichi 55 Figura 4.10: Profilo di emissione dei frammenti secondari carichi identificati con protoni, per la configurazione angolare a 60 e per le tre energie del fascio (dall alto verso il basso 102 MeV/u, 125 Mev/u e 145 MeV/u): a sinistra, ricostruito lungo la direzione del fascio, a destra lungo la direzione trasversale.

66 56 Analisi dei secondari carichi Figura 4.11: Profilo di emissione dei frammenti secondari carichi identificati con deutoni, per la configurazione angolare a 60 e per le tre energie del fascio (dall alto verso il basso 102 MeV/u, 125 Mev/u e 145 MeV/u): a sinistra, ricostruito lungo la direzione del fascio, a destra lungo la direzione trasversale.

67 4.4 Distribuzioni di β = v/c e dell energia cinetica 57 Infine, allo scopo di migliorare la simulazione dell apparato sperimentale, è stata ricostruita la distribuzione dell energia cinetica degli ioni secondari in funzione del punto di emissione, mostrata in Fig per le tre energie e nelle due configurazioni angolari. I secondari carichi più energetici sono prodotti vicino alla faccia d ingresso del bersaglio, coerentemente con il fatto che è lì che gli ioni primari hanno un energia maggiore. Da tale distribuzione si ricostruisce, infine, la distribuzione di energia cinetica delle particelle secondarie per ogni bin, utile per valutare la soglia di energia delle particelle, affinché riescano a fuoriuscire dal bersaglio per essere rivelate, e per stimare il flusso di secondari carichi attesi. Queste informazioni permettono di stabilire la posizione del bersaglio rispetto ai rivelatori e sono importanti per la simulazione Monte Carlo del Dose Profiler, che sta sviluppando una parte del gruppo ARPG. Figura 4.12: Distribuzione dell energia cinetica rispetto alla posizione all interno del PMMA, per entrambe le configurazioni angolari (90 a sinistra, 60 a destra) e per le tre energie del fascio: i triangoli rossi per 102 MeV/u, i quadrati verdi per 125 Mev/u e i cerchi blu per 145 MeV/u). La posizione del picco di Bragg è fissa in x PMMA = Distribuzioni di β = v/c e dell energia cinetica Una caratteristica particolarmente interessante dei secondari carichi è la velocità, ricavata dal ToF e dalla distanza tra l LTS e il LYSO (Fig. 3.13) e adoperata poi per calcolare la distribuzione dell energia cinetica di rivelazione. Queste informazioni sono particolarmente interessanti, poiché permettono di caratterizzare il flusso di particelle che fuoriescono dal paziente durante un trattamento adroterapico, e, inoltre, vengono sfruttate per determinare le proprietà di un possibile rivelatore da adoperare per il controllo della dose online e in-situ. In Fig. 4.13, è riportato lo spettro della velocità normalizzata alla velocità della luce, β, per le tre energie del fascio, nel caso dei protoni ricostruiti per il set-up a 90. In Fig. 4.14, invece, la stessa distribuzione è riportata nel caso dei frammenti identificati con protoni (sinistra) e con deutoni (destra), nella configurazione con i rivelatori a 60 rispetto alla direzione del fascio primario. Ognuna delle distribuzioni di Fig e di Fig. 4.14,

Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali. Corso di Laurea Magistrale in Fisica

Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali. Corso di Laurea Magistrale in Fisica Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di Laurea Magistrale in Fisica Calibrazione di un detector a scintillazione per la rivelazione di particelle secondarie di 20-250 MeV di energia

Dettagli

2.3 Percorso residuo (range)

2.3 Percorso residuo (range) Figure 13: Determinazione del range a partire da una curva di trasmissione (I èil numero di particelle tramesse per unità di tempo in funzione delle spessore t essendo I 0 il numero di particelle entranti)

Dettagli

INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON CON LA LA MATERIA. Dal punto di vista dell interazione con la materia le radiazioni IONIZZANTI si classificano in:

INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON CON LA LA MATERIA. Dal punto di vista dell interazione con la materia le radiazioni IONIZZANTI si classificano in: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON CON LA LA MATERIA Dal punto di vista dell interazione con la materia le radiazioni IONIZZANTI si classificano in: DIRETTAMENTE IONIZZANTI INDIRETTAMENTE IONIZZANTI Le radiazioni

Dettagli

Esercizio8: il lavoro di estrazione per il tungsteno é 4.49 ev. Calcolare la lunghezza d onda massima per ottenere effetto fotoelettrico [275.6 nm].

Esercizio8: il lavoro di estrazione per il tungsteno é 4.49 ev. Calcolare la lunghezza d onda massima per ottenere effetto fotoelettrico [275.6 nm]. Esercizio8: il lavoro di estrazione per il tungsteno é 4.49 ev. Calcolare la lunghezza d onda massima per ottenere effetto fotoelettrico [275.6 nm]. Esercizio9: un fotone gamma sparisce formando una coppia

Dettagli

DECADIMENTO RADIOATTIVO

DECADIMENTO RADIOATTIVO DECADIMENTO RADIOATTIVO Emissione di una o più particelle da parte di un nucleo. Tutti i decadimenti (tranne il decad. γ) cambiano Z e/o N del nucleo. Radionuclidi = Nuclidi radioattivi presenti in natura:

Dettagli

Cenni di fisica moderna

Cenni di fisica moderna Cenni di fisica moderna 1 fisica e salute la fisica delle radiazioni è molto utilizzata in campo medico esistono applicazioni delle radiazioni non ionizzanti nella terapia e nella diagnosi (laser per applicazioni

Dettagli

di ioni carbonio: ottimizzazione della dose efficace

di ioni carbonio: ottimizzazione della dose efficace Un piano di trattamento per fasci di ioni carbonio: ottimizzazione della dose efficace 1,2, A.Ansarinejad 1,2, A.Attili 1, F.Bourhaleb 2, R.Cirio 1,2, M.Donetti 3, A.Garella 1, N.Givehchi 1,2, S.Giordanengo

Dettagli

INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA

INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA Radiazioni ionizzanti Interazione di particelle cariche: range perdita di energia per ionizzazione perdita di energia per radiazione Interazione di particelle neutre: neutroni

Dettagli

Il rationale radiobiologico per l uso di fasci di ioni carbonio in adroterapia

Il rationale radiobiologico per l uso di fasci di ioni carbonio in adroterapia Il rationale radiobiologico per l uso di fasci di ioni carbonio in adroterapia Lorenzo Manti Laboratorio di Biofisica delle Radiazioni Dipartimento di Scienze Fisiche Radioterapia L obiettivo è bloccare

Dettagli

Esercizio8: il lavoro di estrazione per il tungsteno é 4.49 ev. Calcolare la lunghezza d onda massima per ottenere effetto fotoelettrico [275.6 nm].

Esercizio8: il lavoro di estrazione per il tungsteno é 4.49 ev. Calcolare la lunghezza d onda massima per ottenere effetto fotoelettrico [275.6 nm]. Esercizio8: il lavoro di estrazione per il tungsteno é 4.49 ev. Calcolare la lunghezza d onda massima per ottenere effetto fotoelettrico [275.6 nm]. Esercizio9: un fotone gamma sparisce formando una coppia

Dettagli

INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA

INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA Radiazioni ionizzanti Interazione di particelle cariche: range perdita di energia per ionizzazione perdita di energia per radiazione Interazione di particelle neutre: neutroni

Dettagli

Emissione α. La sua carica elettrica è pari a +2e La sua massa a riposo è circa 7x10-27 kg.

Emissione α. La sua carica elettrica è pari a +2e La sua massa a riposo è circa 7x10-27 kg. Reazioni nucleari Un nucleo instabile può raggiungere una nuova condizione di stabilità attraverso una serie di decadimenti con emissione di particelle α, β, γ o di frammenti nucleari (fissione). Emissione

Dettagli

Interazione radiazione materia Dott.ssa Alessandra Bernardini

Interazione radiazione materia Dott.ssa Alessandra Bernardini Interazione radiazione materia Dott.ssa Alessandra Bernardini 1 Un po di storia Lo studio delle radiazioni ionizzanti come materia di interesse nasce nel novembre del 1895 ad opera del fisico tedesco Wilhelm

Dettagli

Calibrazione dei cristalli del prototipo del calorimetro di Gamma400 con fasci di ioni

Calibrazione dei cristalli del prototipo del calorimetro di Gamma400 con fasci di ioni Calibrazione dei cristalli del prototipo del calorimetro di Gamma400 con fasci di ioni Miriam Olmi 30 Aprile 2013 Raggi cosmici Il flusso si attenua di oltre 30 ordini di grandezza al variare dell'energia

Dettagli

Misura del coefficiente di assorbimento di vari materiali in funzione dell'energia del fascio dei fotoni incidenti

Misura del coefficiente di assorbimento di vari materiali in funzione dell'energia del fascio dei fotoni incidenti materiali in funzione dell'energia del fascio dei fotoni Esperto Qualificato LNF - INFN Interazioni delle particelle indirettamente ionizzanti con la materia Le particelle indirettamente ionizzanti, principalmente

Dettagli

ed infine le interazioni nucleari forte e debole? dove E rappresenta l energia cinetica della particella α, e K è: K = e2 2Z

ed infine le interazioni nucleari forte e debole? dove E rappresenta l energia cinetica della particella α, e K è: K = e2 2Z Introduzione 1. Stima il valore delle energie dei fotoni necessarie per risolvere distanze atomiche, e poi nucleari. 2. Per quali ragioni fisiche le interazioni fondamentali sono state storicamente identificate

Dettagli

INTERAZIONI DELLE RADIAZIONI CON LA MATERIA

INTERAZIONI DELLE RADIAZIONI CON LA MATERIA M. Marengo INTERAZIONI DELLE RADIAZIONI CON LA MATERIA Servizio di Fisica Sanitaria Ospedale Policlinico S.Orsola - Malpighi, Bologna mario.marengo@unibo.it Si definiscono radiazioni ionizzanti tutte le

Dettagli

Unità didattica 10. Decima unità didattica (Fisica) 1. Corso integrato di Matematica e Fisica per il Corso di Farmacia

Unità didattica 10. Decima unità didattica (Fisica) 1. Corso integrato di Matematica e Fisica per il Corso di Farmacia Unità didattica 10 Radioattività... 2 L atomo... 3 Emissione di raggi x... 4 Decadimenti nucleari. 6 Il decadimento alfa.... 7 Il decadimento beta... 8 Il decadimento gamma...... 9 Interazione dei fotoni

Dettagli

Progettazione di un sistema di schermatura per un acceleratore lineare a protoni per adroterapia

Progettazione di un sistema di schermatura per un acceleratore lineare a protoni per adroterapia Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale Corso di laurea in Ingegneria Biomedica Tesi di Laurea Magistrale Progettazione di un sistema di schermatura per un acceleratore lineare a protoni per adroterapia

Dettagli

Fisica delle Apparecchiature per Radioterapia, lez. III RADIOTERAPIA M. Ruspa 1

Fisica delle Apparecchiature per Radioterapia, lez. III RADIOTERAPIA M. Ruspa 1 RADIOTERAPIA 14.01.11 M. Ruspa 1 Con il termine RADIOTERAPIA si intende l uso di radiazioni ionizzanti altamente energetiche (fotoni X o gamma, elettroni, protoni) nel trattamento dei tumori. La radiazione

Dettagli

NEUTRONICI CON TECNICA DEL TEMPO DI VOLO. Francesco Barilari, Alberto Edoni, Antonio Lombardi, Davide Restelli

NEUTRONICI CON TECNICA DEL TEMPO DI VOLO. Francesco Barilari, Alberto Edoni, Antonio Lombardi, Davide Restelli MISURA DI SPETTRI NEUTRONICI CON TECNICA DEL TEMPO DI VOLO GRUPPO K RELATORI: TUTORS: Francesco Barilari, Alberto Edoni, Antonio Lombardi, Davide Restelli Pierfrancesco Mastinu, Elizabeth Musacchio Carica

Dettagli

Evidenza delle diverse famiglie di neutrini

Evidenza delle diverse famiglie di neutrini Fenomenologia del Modello Standard Prof. A. Andreazza Lezione 2 Evidenza delle diverse famiglie di neutrini Diversi tipi di neutrini Agli inizi degli anni 60 si sapeva che il numero leptonico era conservato

Dettagli

Linear No-Threshold Hypothesis (LNT)

Linear No-Threshold Hypothesis (LNT) Il concetto di dose La Dosimetria Una delle discipline scientifiche che supporta la legge è la dosimetria, cioè la misura delle grandezze che consentono di calcolare il danno biologico dovuto all esposizione

Dettagli

Sviluppo di un software di raytracing fast-montecarlo su GPU per piani di trattamento adroterapici

Sviluppo di un software di raytracing fast-montecarlo su GPU per piani di trattamento adroterapici Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale Ingegneria Biomedica Sviluppo di un software di raytracing fast-montecarlo su GPU per piani di trattamento adroterapici Relatore: Prof. Vincenzo Patera Correlatore:

Dettagli

Rivelatori Caratteristiche generale e concetti preliminari

Rivelatori Caratteristiche generale e concetti preliminari Rivelatori Caratteristiche generale e concetti preliminari Stage Residenziale 2012 Indice Caratteristiche generali sensibilità, risposta, spettro d ampiezza, risoluzione energetica, efficienza, tempo morto

Dettagli

Interazione Radiazione - Materia

Interazione Radiazione - Materia Interazione Radiazione - Materia Dipartimento di Fisica Università di Roma "La Sapienza" Dipartimento di Fisica Università del Salento e INFN Lecce 1 Indice Concetti preliminari grandezze fondamentali

Dettagli

ottimizzazione di rivelatori a scintillazione per dosimetria

ottimizzazione di rivelatori a scintillazione per dosimetria Relatore: Prof. Vincenzo Patera Correlatore: Prof. Adalberto Sciubba Candidato: Maria Chiara Marcianò Dipartimento di Scienze di Base Applicate all Ingegneria Facoltà di Ingegneria Sapienza di Roma ottimizzazione

Dettagli

Gli studi degli effetti delle radiazioni sui tessuti tumorali animali ed umani hanno

Gli studi degli effetti delle radiazioni sui tessuti tumorali animali ed umani hanno Prefazione Prefazione Gli studi degli effetti delle radiazioni sui tessuti tumorali animali ed umani hanno permesso di determinare i valori di dose capaci di debellare determinati tumori attraverso la

Dettagli

LA PRODUZIONE DEI RAGGI X

LA PRODUZIONE DEI RAGGI X UNIVERSITA POLITECNICA DELLE MARCHE Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in Tecniche di Radiologia Medica, per Immagini e Radioterapia LA PRODUZIONE DEI RAGGI X A.A. 2015-2016 Tecniche di Radiodiagnostica

Dettagli

S. Calusi. XCVIII Congresso Nazionale della Società Italiana di Fisica Napoli, Settembre

S. Calusi. XCVIII Congresso Nazionale della Società Italiana di Fisica Napoli, Settembre L'uso combinato delle tecniche di Particle-Induced X-ray Emission (PIXE) e Backscattering Spectrometry (BS) nella caratterizzazione di decorazioni metalliche S. Calusi XCVIII Congresso Nazionale della

Dettagli

Il nucleare non è il diavolo. Il problema:

Il nucleare non è il diavolo. Il problema: 2005 Anno Mondiale della Fisica Il nucleare non è il diavolo Progetto di monitoraggio della radioattività ambientale nelle scuole Sezione di Torino dell INFN e Dipartimenti di Fisica dell Università di

Dettagli

Dipartimento di Fisica a.a. 2003/2004 Fisica Medica 2 Radioterapia 18/4/2005

Dipartimento di Fisica a.a. 2003/2004 Fisica Medica 2 Radioterapia 18/4/2005 Dipartimento di Fisica a.a. 2003/2004 Fisica Medica 2 Radioterapia 18/4/2005 Trattamento del cancro Causa principale di morte (in Europa ed USA) Da rapporti recenti della UE: Nessun risultato dopo terapia

Dettagli

SPECT (Gamma Camera)

SPECT (Gamma Camera) SPECT-PET Nella tomografia a raggi-x si usa la misura del coefficiente di attenuazione del tessuti per dedurre informazioni diagnostiche sul paziente. La tomografia ad emissione d altra parte utilizza

Dettagli

TECNICHE RADIOCHIMICHE

TECNICHE RADIOCHIMICHE TECNICHE RADIOCHIMICHE L ATOMO - Un atomo e costituito da un nucleo carico positivamente, circondato da una nuvola di elettroni carichi negativamente. - I nuclei atomici sono costituiti da due particelle:

Dettagli

SORGENTI DI RADIAZIONE

SORGENTI DI RADIAZIONE SORGENTI DI RADIAZIONE (da laboratorio) ORIGINE processi atomici processi nucleari produzione agli acceleratori 4 CATEGORIE GENERALI particelle cariche Elettroni veloci Particelle pesanti cariche m 1 a.m.u.

Dettagli

INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA e DOSIMETRIA

INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA e DOSIMETRIA INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA e DOSIMETRIA Le radiazioni nucleari Interazione tra radiazioni e materia Effetti biologici della radiazione ionizzante Dosimetria Radioattività naturale Radioprotezione Liceo

Dettagli

Simulazione di apparati. Programmi di simulazione. Design. Analisi dati in Fisica Subnucleare. Simulazione di processi fisici

Simulazione di apparati. Programmi di simulazione. Design. Analisi dati in Fisica Subnucleare. Simulazione di processi fisici Analisi dati in Fisica Subnucleare Simulazione di processi fisici Simulazione di apparati In un moderno esperimento di Fisica Subnucleare, la simulazione dei complessi sistemi di rivelatori che costituiscono

Dettagli

TERAPIA. Fasci esterni Fasci multipli convergenti (IMRT) Adroterapia (e metodo di distribuzione attiva) BNCT Radioterapia metabolica Brachiterapia

TERAPIA. Fasci esterni Fasci multipli convergenti (IMRT) Adroterapia (e metodo di distribuzione attiva) BNCT Radioterapia metabolica Brachiterapia TERAPIA La radioterapia prevede di distruggere le cellule tumorali mediante ionizzazione indotta dall interazione tra il tessuto biologico e la radiazione nucleare Mentre le cellule sane dispongono di

Dettagli

Dipartimento di Fisica a.a. 2004/2005 Fisica Medica 2 Dosimetria 14/3/2005

Dipartimento di Fisica a.a. 2004/2005 Fisica Medica 2 Dosimetria 14/3/2005 Dipartimento di Fisica a.a. 2004/2005 Fisica Medica 2 Dosimetria 14/3/2005 Radionuclidi Utilizzati come traccianti tipo di emissione, vita media, danno radiazione Elaborazione Immissione di liquido di

Dettagli

Sviluppo di un dosimetro a fibre wavelength shifter per adroterapia

Sviluppo di un dosimetro a fibre wavelength shifter per adroterapia Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale Ingegneria Clinica Sviluppo di un dosimetro a fibre wavelength shifter per adroterapia Relatore: Prof. Adalberto Sciubba Correlatore: Prof. Vincenzo Patera Laureando:

Dettagli

Interazione Radiazione- Materia. Marina Cobal, Udine

Interazione Radiazione- Materia. Marina Cobal, Udine Interazione Radiazione- Materia Marina Cobal, Udine Interazione Particelle-materia Processi alla base del funzionamento dei rivelatori di particelle L energia persa dalle particelle è convertita in segnali

Dettagli

Studio sperimentale del decadimento del nucleo eccitato 88 Mo prodotto in reazioni di fusione

Studio sperimentale del decadimento del nucleo eccitato 88 Mo prodotto in reazioni di fusione Società Italiana di Fisica 100 Congresso Nazionale Simone Valdré Studio sperimentale del decadimento del nucleo eccitato 88 Mo prodotto in reazioni di fusione Università degli studi di Firenze e INFN -

Dettagli

Fisica atomica. Marcello Borromeo corso di Fisica per Farmacia - Anno Accademico

Fisica atomica. Marcello Borromeo corso di Fisica per Farmacia - Anno Accademico Fisica atomica Nel 1905 Einstein sostiene che la luce viaggia in pacchetti di energia, chiamati fotoni Ogni fotone ha energia proporzionale alla propria frequenza E = hν: h = 6.626 10 34 J s è chiamata

Dettagli

Radiazioni ionizzanti

Radiazioni ionizzanti Dipartimento di Fisica a.a. 2004/2005 Fisica Medica 2 Radiazioni ionizzanti 11/3/2005 Struttura atomica Atomo Nucleo Protone 10 10 m 10 14 m 10 15 m ev MeV GeV 3 3,0 0,3 0 0 0 Atomo Dimensioni lineari

Dettagli

PROPRIETA GENERALI DEI RIVELATORI. Principi di funzionamento Osservabili piu comunemente misurate Risoluzione Energetica Efficienza

PROPRIETA GENERALI DEI RIVELATORI. Principi di funzionamento Osservabili piu comunemente misurate Risoluzione Energetica Efficienza PROPRITA GNRALI DI RIVLATORI Principi di funzionamento Osservabili piu comunemente misurate Risoluzione nergetica fficienza PROPRITA GNRALI DI RIVLATORI Rivelatore: Apparato (di qualsiasi tipo) che reagisce

Dettagli

Aspetti Fisici dell Adroterapia al CNAO

Aspetti Fisici dell Adroterapia al CNAO Incontro di Orietamento per la Laurea Magistrale in Scienze Fisiche Martedì 19 Maggio 2015, Aula 102 Aspetti Fisici dell Adroterapia al CNAO Aurora Tamborini Assegnista di ricerca INFN Sezione di Pavia

Dettagli

Calorimetri. Stage Residenziale 2012

Calorimetri. Stage Residenziale 2012 Calorimetri Stage Residenziale 2012 Indice Principi di funzionamento Tipi di calorimetri Esempi di calorimetri elettromagnetici KLOE ATLAS CMS Principi di base Trasformano l energia della particella in

Dettagli

prima di andare al CNAO Centro Nazionale di ADROTERAPIA ONCOLOGICA

prima di andare al CNAO Centro Nazionale di ADROTERAPIA ONCOLOGICA prima di andare al CNAO Centro Nazionale di ADROTERAPIA ONCOLOGICA Cosa sono gli adroni? Come penetrano nel corpo? Perché si può curare un tumore con gli adroni? Cosa si sta costruendo a Pavia? Come funzionerà?

Dettagli

Scuola di Specializzazione in Fisica Sanitaria a.a. 2005/2006. Corso di Informatica e Statistica Medica. Radioterapia

Scuola di Specializzazione in Fisica Sanitaria a.a. 2005/2006. Corso di Informatica e Statistica Medica. Radioterapia Scuola di Specializzazione in Fisica Sanitaria a.a. 2005/2006 Corso di Informatica e Statistica Medica Radioterapia 22/2/2006 Trattamento del cancro Causa principale di morte (in Europa ed USA) Da rapporti

Dettagli

Dipartimento di Fisica a.a. 2004/2005 Fisica Medica 2 PET e SPECT 18/3/2005

Dipartimento di Fisica a.a. 2004/2005 Fisica Medica 2 PET e SPECT 18/3/2005 Dipartimento di Fisica a.a. 2004/2005 Fisica Medica 2 PET e SPECT 18/3/2005 Tomografie PET-SPECT Positron Emission Tomography Single Photon Emission Computer Tomography Tecniche non invasive utilizzate

Dettagli

Produzione di un fascio di raggi x

Produzione di un fascio di raggi x Produzione di un fascio di raggi x WWW.SLIDETUBE.IT Un fascio di elettroni penetra nella materia, dando origine a: produzione di elettroni secondari (raggi delta) emissione X caratteristica bremsstrahlung

Dettagli

Radioattività. 1. Massa dei nuclei. 2. Decadimenti nucleari. 3. Legge del decadimento XVI - 0. A. Contin - Fisica Generale Avanzata

Radioattività. 1. Massa dei nuclei. 2. Decadimenti nucleari. 3. Legge del decadimento XVI - 0. A. Contin - Fisica Generale Avanzata Radioattività 1. Massa dei nuclei 2. Decadimenti nucleari 3. Legge del decadimento XVI - 0 Nucleoni Protoni e neutroni sono chiamati, indifferentemente, nucleoni. Il numero di protoni (e quindi di elettroni

Dettagli

LE RADIAZIONI IONIZZANTI

LE RADIAZIONI IONIZZANTI LE RADIAZIONI IONIZZANTI Generalità Le radiazioni ionizzanti sono, per definizione, onde elettromagnetiche e particelle capaci di causare, direttamente o indirettamente, la ionizzazione degli atomi e delle

Dettagli

Se la funzione è analiticamente invertibile, estratto q, si può ricavare x = x(q).

Se la funzione è analiticamente invertibile, estratto q, si può ricavare x = x(q). La tecnica Monte Carlo Il metodo Monte Carlo è basato sulla scelta di eventi fisici con una probabilità di accadimento nota a priori. sia p(x) la distribuzione di probabilità con la quale si manifesta

Dettagli

Parte I - LE RADIAZIONI IONIZZANTI E LE GRANDEZZE FISICHE DI INTERESSE IN DOSIMETRIA

Parte I - LE RADIAZIONI IONIZZANTI E LE GRANDEZZE FISICHE DI INTERESSE IN DOSIMETRIA INDICE Parte I - LE RADIAZIONI IONIZZANTI E LE GRANDEZZE FISICHE DI INTERESSE IN DOSIMETRIA Capitolo 1 Le radiazioni ionizzanti 19 1.1 Introduzione 19 1.2 Il fondo naturale di radiazione 20 1.2.1 La radiazione

Dettagli

background: è quello di sviluppo di rivelatori per fisica delle alte energie. Come applicare queste competenze a settori diversi?

background: è quello di sviluppo di rivelatori per fisica delle alte energie. Come applicare queste competenze a settori diversi? background: è quello di sviluppo di rivelatori per fisica delle alte energie. Come applicare queste competenze a settori diversi? progetti: come risposta ad esigenze avanzate dagli utenti (medici e fisici

Dettagli

Corso eccellenza 08 febbraio 2018 Contributi della Fisica alla Medicina

Corso eccellenza 08 febbraio 2018 Contributi della Fisica alla Medicina Corso eccellenza 08 febbraio 2018 Contributi della Fisica alla Medicina di Mauro Gambaccini IMMAGINI ANALOGICHE R G B 48 134 212 250 94 1 IMMAGINI DIGITALI O NUMERICHE T ( C) y x Temperatura C 32.8 34.6

Dettagli

Lezione 19 Fisica nucleare

Lezione 19 Fisica nucleare Lezione 19 Fisica nucleare Nucleo Il nucleo atomico è costituito da nucleoni (N), ovvero: protoni (p) e neutroni (n). Il numero di p è caratteristico di ogni elemento; è detto numero atomico ed è indicato

Dettagli

Il nucleare non è il diavolo. Il problema:

Il nucleare non è il diavolo. Il problema: 2005 Anno Mondiale della Fisica Il nucleare non è il diavolo Progetto di monitoraggio della radioattività ambientale nelle scuole Sezione di Torino dell INFN e Dipartimenti di Fisica dell Università di

Dettagli

Lezione 24 Radiazioni Ionizzanti

Lezione 24 Radiazioni Ionizzanti Generalità Lezione 24 Radiazioni Ionizzanti Con il termine radiazione si descrivono fenomeni molto diversi fra loro: Emissione di luce da una lampada Emissione di calore da una fiamma Particelle elementari

Dettagli

LT In Scienza dei Materiali Corso di Fisica Applicata. Prova di esame del 22/04/15. n. Matricola:

LT In Scienza dei Materiali Corso di Fisica Applicata. Prova di esame del 22/04/15. n. Matricola: LT In Scienza dei Materiali Corso di Fisica Applicata Prova di esame del 22/04/15 Nome n. Matricola: 1) Struttura del Nucleo atomico Qual è la relazione tra difetto di massa ed energia di legame di un

Dettagli

Misura della velocita di deriva degli elettroni nella miscela gassosa di un rivelatore di particelle a filo. P. Campana M. Anelli R.

Misura della velocita di deriva degli elettroni nella miscela gassosa di un rivelatore di particelle a filo. P. Campana M. Anelli R. Misura della velocita di deriva degli elettroni nella miscela gassosa di un rivelatore di particelle a filo P. Campana M. Anelli R. Rosellini Urti random tra la particella e gli atomi di gas (cammino

Dettagli

Uomo, ambiente e radiazioni

Uomo, ambiente e radiazioni Uomo, ambiente e radiazioni Natura delle radiazioni 76 Le radiazioni di cui si tratta parlando di tecnologia nucleare sono le radiazioni ionizzanti Natura delle radiazioni Cosa sono le radiazioni ionizzanti?

Dettagli

L unità di misura della dose nel S.I. è il Gray

L unità di misura della dose nel S.I. è il Gray LA LA DOSE DOSE DA DA RADIAZIONE Le radiazioni (particelle, raggi gamma ) quando interagiscono con un mezzo cedono (tutta o parte) della loro energia al mezzo stesso. Si definisce allora la dose assorbita

Dettagli

Parte I - LE RADIAZIONI IONIZZANTI E LE GRANDEZZE FISICHE DI INTERESSE IN DOSIMETRIA

Parte I - LE RADIAZIONI IONIZZANTI E LE GRANDEZZE FISICHE DI INTERESSE IN DOSIMETRIA INDICE Parte I - LE RADIAZIONI IONIZZANTI E LE GRANDEZZE FISICHE DI INTERESSE IN DOSIMETRIA Capitolo 1 Le radiazioni ionizzanti 19 1.1 Introduzione 19 1.2 Il fondo naturale di radiazione 21 1.2.1 La radiazione

Dettagli

MISURA DELLA MASSA DELL ELETTRONE

MISURA DELLA MASSA DELL ELETTRONE MISURA DELLA MASSA DELL ELETTRONE di Arianna Carbone, Giorgia Fortuna, Nicolò Spagnolo Liceo Scientifico Farnesina Roma Interazioni tra elettroni e fotoni Per misurare la massa dell elettrone abbiamo sfruttato

Dettagli

TECNICHE SPETTROSCOPICHE

TECNICHE SPETTROSCOPICHE TECNICHE SPETTROSCOPICHE L interazione delle radiazioni elettromagnetiche con la materia e essenzialmente un fenomeno quantico, che dipende sia dalle proprieta della radiazione sia dalla natura della materia

Dettagli

Lezione 1 ELEMENTI DI FISICA NUCLEARE APPLICATA ALLA MEDICINA

Lezione 1 ELEMENTI DI FISICA NUCLEARE APPLICATA ALLA MEDICINA Lezione 1 ELEMENTI DI FISICA NUCLEARE APPLICATA ALLA MEDICINA RADIAZIONE=PROPAGAZIONE DI ENERGIA NELLO SPAZIO L energia può essere associata: a particelle materiali (radiazione corpuscolare), a vibrazioni

Dettagli

I rivelatori. Osservare il microcosmo. EEE- Cosmic Box proff.: M.Cottino, P.Porta

I rivelatori. Osservare il microcosmo. EEE- Cosmic Box proff.: M.Cottino, P.Porta I rivelatori Osservare il microcosmo Cose prima mai viste L occhio umano non riesce a distinguere oggetti con dimensioni inferiori a 0,1 mm (10-4 m). I primi microscopi vennero prodotti in Olanda alla

Dettagli

I fondamenti fisici delle radiazioni ionizzanti ovvero Aspetti fisici della protezione dalle radiazioni

I fondamenti fisici delle radiazioni ionizzanti ovvero Aspetti fisici della protezione dalle radiazioni I fondamenti fisici delle radiazioni ionizzanti ovvero Aspetti fisici della protezione dalle radiazioni Oggi si parlerà di radioprotezione. Sentirete come ci dobbiamo proteggere e perché. Io vi darò alcuni

Dettagli

FISICA delle APPARECCHIATURE per RADIOTERAPIA

FISICA delle APPARECCHIATURE per RADIOTERAPIA Anno Accademico 2012-2013 Corso di Laurea in Tecniche Sanitarie di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia FISICA delle APPARECCHIATURE per RADIOTERAPIA Marta Ruspa 20.01.13 M. Ruspa 1 ONDE ELETTROMAGNETICHE

Dettagli

Il modello a shell fallisce nella predizione dello spin totale del nucleo 6 3

Il modello a shell fallisce nella predizione dello spin totale del nucleo 6 3 Problema 1 Il modello a shell fallisce nella predizione dello spin totale del nucleo 6 3 Li. Tuttavia la misura del suo momento magnetico fornisce il valore µ = 0.82 µ N. I momenti magnetici del protone

Dettagli

Studio della frammentazione nucleare all interno dei modelli di Efficacia Biologica Relativa (RBE) con l esperimento FOOT

Studio della frammentazione nucleare all interno dei modelli di Efficacia Biologica Relativa (RBE) con l esperimento FOOT Alma Mater Studiorum Università di Bologna Scuola di Scienze Dipartimento di Fisica e Astronomia Corso di Laurea in Fisica Studio della frammentazione nucleare all interno dei modelli di Efficacia Biologica

Dettagli

Sezione d urto e coefficienti di interazione Redazione a cura di Margherita Palonca

Sezione d urto e coefficienti di interazione Redazione a cura di Margherita Palonca Sezione d urto e coefficienti di Redazione a cura di Margherita Palonca Sezione d urto Attenuazione di un fascio in condizioni di buona geometria Coefficiente di attenuazione Coefficiente di assorbimento

Dettagli

Gli acceleratori e i rivelatori di particelle

Gli acceleratori e i rivelatori di particelle Gli acceleratori e i rivelatori di particelle Come studiare le proprietà dei NUCLEI? Facendoli collidere tra loro!!!! Informazioni: Dimensioni e struttura del nucleo Forze nucleari Meccanismi di reazione

Dettagli

PET: caratteristiche tecniche e funzionamento

PET: caratteristiche tecniche e funzionamento CORSO (TC-) PET - RADIOTERAPIA: METODICHE A CONFRONTO NELLA REALTA DELL AZIENDA PET: caratteristiche tecniche e funzionamento Elisa Grassi Servizio di Fisica Sanitaria ASMN Il nostro viaggio Tomografia

Dettagli

FISICA delle APPARECCHIATURE per MEDICINA NUCLEARE

FISICA delle APPARECCHIATURE per MEDICINA NUCLEARE Anno Accademico 2012-2013 Corso di Laurea in Tecniche Sanitarie di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia FISICA delle APPARECCHIATURE per MEDICINA NUCLEARE (lezione I, 07.05.13) Marta Ruspa 1 L

Dettagli

1/9/2005 A.Di Bartolomeo Master in Verifiche di Qualità in Radiodiagnostica, Medicina Nucleare e Radioterapia. 110

1/9/2005 A.Di Bartolomeo Master in Verifiche di Qualità in Radiodiagnostica, Medicina Nucleare e Radioterapia. 110 Raggi X ntroduzione ai raggi X Atomi (cenni) Radiazione elettromagnetica Generazione e spettri di raggi X Circuiti per la produzione di raggi X Tubi radiogeni nterazione di raggi X con la materia Controllo

Dettagli

Scattering di Rutherford

Scattering di Rutherford Scattering di Rutherford Solo interazione con il campo Coulombiano Da V=T ricavare d d= (1/4πε 0 zze 2 )/T b= (d/2) cotθ/2 Cu 27 Al 13 A parita di energia e angolo c e un fattore 4 in piu di particelle

Dettagli

Corso di Master Universitario di I livello in VERIFICHE DI QUALITA IN RADIODIAGNOSTICA, MEDICINA NUCLEARE E RADIOTERAPIA

Corso di Master Universitario di I livello in VERIFICHE DI QUALITA IN RADIODIAGNOSTICA, MEDICINA NUCLEARE E RADIOTERAPIA Corso di Master Universitario di I livello in VERIFICHE DI QUALITA IN RADIODIAGNOSTICA, MEDICINA NUCLEARE E RADIOTERAPIA Esame relativo al corso Tecnologie e tecniche di imaging radiodiagnostica Nome:

Dettagli

SPETTROMETRIA GAMMA SPETTROMETRIA GAMMA

SPETTROMETRIA GAMMA SPETTROMETRIA GAMMA La spettrometria gamma è un metodo di analisi che consente la determinazione qualitativa e quantitativa dei radionuclidi gamma-emettitori presenti in un campione di interesse. Il successo di questo metodo

Dettagli

SPETTROFOTOMETRIA. kcs. Una radiazione monocromatica, attraversando una soluzione diluita, è assorbita secondo la legge di Lambert-Beer:

SPETTROFOTOMETRIA. kcs. Una radiazione monocromatica, attraversando una soluzione diluita, è assorbita secondo la legge di Lambert-Beer: SPETTROFOTOMETRIA Una radiazione monocromatica, attraversando una soluzione diluita, è assorbita secondo la legge di Lambert-Beer: I= I e kcs = I e αs 0 0 I 0 : intensità incidente k : coeff. di estinzione

Dettagli

Diagnostica di fasci radioattivi con rivelatori di particelle per la facility EXCYT dei LNS

Diagnostica di fasci radioattivi con rivelatori di particelle per la facility EXCYT dei LNS UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Corso di Laurea in Fisica Diagnostica di fasci radioattivi con rivelatori di particelle per la facility EXCYT dei LNS

Dettagli

Radioattivita (radiazioni ionizzanti) e salute. 2a parte

Radioattivita (radiazioni ionizzanti) e salute. 2a parte Radioattivita (radiazioni ionizzanti) e salute Cristiana Peroni Dipartimento di Fisica Sperimentale dell Universita di Torine e Istituto Nazionale di Fisica Nucleare 2a parte 4/11/2005 C.Peroni 1 Uso delle

Dettagli

4. MODELLO DI EINSTEIN

4. MODELLO DI EINSTEIN 4. MODELLO DI EISTEI Einstein fu il primo ad elaborare un modello per la descrizione dell interazione radiazione-materia (molecole) tenendo conto della quantizzazione delle energie molecolari e della radiazione.

Dettagli

fenomeno livelli interni atomici legami chimici vibrazioni nm Å

fenomeno livelli interni atomici legami chimici vibrazioni nm Å Spettroscopia Misura e studio dell andamento dell intensità della radiazione elettromagnetica/corpuscolare in funzione della frequenza (energia/lunghezza d onda) della radiazione stessa Quale tipo di informazione

Dettagli

Tema I: CARATTERIZZAZIONE DI UNA SORGENTE DI RADIAZIONI Obiettivo: studiare e caratterizzare una sorgente ignota di radiazioni.

Tema I: CARATTERIZZAZIONE DI UNA SORGENTE DI RADIAZIONI Obiettivo: studiare e caratterizzare una sorgente ignota di radiazioni. Laboratori Nazionali di Legnaro Corsi di alta formazione per l'orientamento agli studi post-diploma riconosciuti nell'ambito dell' Alternanza Scuola-Lavoro Tema I: CARATTERIZZAZIONE DI UNA SORGENTE DI

Dettagli

DOSE DI RADIAZIONE IONIZZANTE PERICOLO DA RADIAZIONI IONIZZANTI DOSE ASSORBITA D =!E AREA CONTROLLATA. energia assorbita nell'unità di massa

DOSE DI RADIAZIONE IONIZZANTE PERICOLO DA RADIAZIONI IONIZZANTI DOSE ASSORBITA D =!E AREA CONTROLLATA. energia assorbita nell'unità di massa DOSE DI RADIAZIONE IONIZZANTE PERICOLO DA RADIAZIONI IONIZZANTI DOSE ASSORBITA AREA CONTROLLATA D =!E!m energia assorbita nell'unità di massa 2 UNITA' DI MISURA dose assorbita D =!E!m dimensioni [D] =

Dettagli

La radiazione elettromagnetica nucleare deve avere una lunghezza d onda dell ordine delle dimensioni del nucleo, e pertanto: c A 1/ 3

La radiazione elettromagnetica nucleare deve avere una lunghezza d onda dell ordine delle dimensioni del nucleo, e pertanto: c A 1/ 3 Emissione gamma La radiazione γ è l emissione spontanea di quanti da parte del nucleo. Emettendo fotoni il nucleo passa da uno stato eccitato ed uno stato meno eccitato. Vi possono essere transizioni radiative

Dettagli

Schema di un tubo a raggi X

Schema di un tubo a raggi X Raggi X 1 Schema di un tubo a raggi X I raggi X sono prodotti quando una sostanza è bombardata da elettroni ad alta velocità. I componenti fondamentali di un tubo a raggi X sono: a) ampolla di vetro a

Dettagli

Resa totale da bersaglio spesso

Resa totale da bersaglio spesso Resa totale da bersaglio spesso Programma INFN di misure p+nucleo n+x M. Ripani INFN - Genova Seminario su facility nucleare sottocritica 7 Febbraio 2011, Ansaldo, Genova Partecipanti INFN Bari: N. Colonna

Dettagli

Argomenti trattati. Argomenti trattati

Argomenti trattati. Argomenti trattati LA RADIOPROTEZIONE NELL AMBIENTE SANITARIO RADIAZIONI P.Catuzzo MASTER DI PRIMO LIVELLO PERLE FUNZIONI DI COORDINAMENTO DELLE PROFESSIONI SANITARIE Argomenti trattati Cosa sono le radiazioni Origine delle

Dettagli

UNIVERSITÀ - OSPEDALE di PADOVA MEDICINA NUCLEARE MEDICINA NUCLEARE. Fondamenti di base 2 UNITÀ DI MISURA

UNIVERSITÀ - OSPEDALE di PADOVA MEDICINA NUCLEARE MEDICINA NUCLEARE. Fondamenti di base 2 UNITÀ DI MISURA UNIVERSITÀ - OSPEDALE di PADOVA MEDICINA NUCLEARE MEDICINA NUCLEARE Fondamenti di base 2 Franco Bui, Diego Cecchin UNITÀ DI MISURA Attività Becquerel Bq 1 disintegrazione/sec Nel passato si utilizzava

Dettagli

Crisi della Fisica Classica & Fisica Quantistica

Crisi della Fisica Classica & Fisica Quantistica Crisi della Fisica Classica & Fisica Quantistica Guido Montagna Dipartimento di Fisica, Università di Pavia & INFN, Sezione di Pavia February 8, 2018 G. Montagna, Università di Pavia & INFN (Dipartimento

Dettagli

DATAZIONI PER PER LUMINESCENZA

DATAZIONI PER PER LUMINESCENZA Stima della dose annua: La dose annua è dovuta alle particelle alfa, beta, ai raggi gamma e ai raggi cosmici. Mentre il contributo delle particelle alfa è interamente dovuto ai radionuclidi delle serie

Dettagli

Radioattività e dosimetria

Radioattività e dosimetria Radioattività e dosimetria Un nucleo atomico è caratterizzato da: IL IL NUCLEO ATOMICO numero atomico (Z) che indica il numero di protoni numero di massa (A) che rappresenta il numero totale di nucleoni

Dettagli