LA SOMMA TEOLOGICA SD1 S, TOMMASO D AQUINO. L U O M O : b) PENSIERO E ORIGINI

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1 S, TOMMASO D AQUINO LA SOMMA TEOLOGICA TR AD U ZIO N E E COM M ENTO A C U R A DEI D O M E N IC A N I ITA LIA N I TESTO LA TIN O D E LL'E D IZIO NE L E O N IN A V I L U O M O : b) PENSIERO E ORIGINI (I, qq ) SD1 Edizioni Studio Domenicano ; n..._ il della Provincia Domenicana Utriusque Lombardiae

2 L UOMO: b) PENSIERO E ORIGINI (I, qq ) T U T T I I D IR ITTI SONO RISERVATI P D U L Edizioni Studio Domenicano Via dell Osservanza Bologna - IT A L IA ~ Tel. 051/582034

3 QUESTIONE 84 La conoscenza dell anima unita al corpo rispetto alle cose materiali ad essa inferiori. Passiamo ora a studiare le operazioni dell anima, spettanti alle sole potenze intellettive e appetitive; poiché le altre facoltà non ricadono direttamente nel campo della teologia. Gli atti poi della parte appetitiva appartengono alla scienza morale: perciò ne tratteremo nella seconda parte di quest opera, in cui ci occuperemo di tale scienza.1 Ora ci limiteremo alle operazioni della parte intellettiva. Nell indagine procederemo in questo modo : primo, vedremo in quale maniera intende l anima quando è unita al corpo; secondo, in qual maniera essa intende, nello stato di separazione. La prima indagine sarà divisa in tre parti : primo, considereremo in che modo l anima conosce gli esseri materiali che sono ad essa inferiori ; secondo, come conosce se stessa e quello che è in essa ; terzo, come conosce le sostanze immateriali ad essa superiori. Tre sono le considerazioni da farsi intorno alla conoscenza dei corpi : primo, con quali mezzi essa li conosca'; secondo, in qual modo e con quale ordine ; terzo, che cosa conosca in essi. Sul primo punto si pongono otto quesiti: 1. Se l anima conosca i corpi mediante l intelletto ; 2. Se li conosca intellettualmente mediante la propria essenza, o servendosi di specie intelligibili ; 3. Posto che intenda con le specie, si domanda se le specie di tutti gli oggetti intelligibili siano in essa innate ; 4. Se queste vengano infuse in essa da forme immateriali separate ; 5. Se l anima nostra veda nelle ragioni eterne tutto quello che intende ; 6. Se ricavi dai sensi la conoscenza intellettiva; 7. Se l intelletto possa avere l atto d intellezione mediante le specie intelligibili che possiede, senza volgersi ai fantasmi ; 8. Se l atto intellettivo del giudizio sia ostacolato dall assopimento dei sensi.a QUAESTIO 84 Quomodo anima coniuncta intelligat corporalia, quae sunt infra ipsam in o d o articulos divisa. Consequenter considerandum est de actibus animae, quantum ad potentias intellectivas et appetitivas: aliae enim animae potentiae non pertinent directe ad considerationem theologi. Actus autem appetitivae partis ad considerationem moralis scientiae pertinent: et ideo in secunda parte liuius operis de eis tractabitur, in qua considerandum erit de morali materia. Nunc autem de actibus intellectivae partis agetur. In consideratione vero actuum, hoc modo prócedemus: primo namque considerandum est quomodo intelligit anima corpori coniuncta; secundo, quomodo intelligit a corpore separata [q. 89], Prim a autem consideratio erit tripartita : primo namque considerabitur quomodo anima intelligit corporalia, quae sunt infra ipsam ; secundo, quomodo intelligit seipsam, et ea quae in ipsa sunt [q. 87] ; tertio, quomodo intelligit substantias immateriales, quae sunt gupra ipsam [q. 88], Circa cognitionem vero corporalium, tria consideranda occurrunt : primo quidem, per quid ea cognoscit ; secundo, quomodo et quo ordine [q. 85] ; tertio, quid in eis cognoscit [q. 86], Circa primum quaeruntur octo. Prim o: utrum anima cognoscat corpora per intellectum. Secundo : utrum intelligat ea per essentiam suam, vel per aliquas species. Tertio: si per aliquas species, utrum species omnium intelligibilium sint ei naturaliter innatae. Quarto: utrum effluant in ipsam ab aliquibus formis immaterialibus separatis. Quinto: utrum anima nostra omnia quae intelligit, videat in rationibus aetemis. Sexto : utrum cognitionem intelligibilem acquirat a sensu. Septimo : utrum intellectus possit actu intelligere per species intelligibiles quas penes se habet, non convertendo se ad phantasmata. Octavo: utrum iudicium intellectus impediatur per impedimentum sensitivarum virtutum. ARTICOLO 1 Se l anima conosca i corpi mediante l intelletto. ARTICULU S 1 Utrum anima cognoscat corpora per intellectum. De Verlt., q. 10, a. 4. Sem bra che l anima non conosca i corpi mediante l intelletto. Infatti : 1. Dice S. Agostino : «I corpi non possono essere percepiti dall in- Ad p r i m u m sic pr o ced itur. Videtur quod anima non cognoscat corpora per intellectum. Dicit enim Augustinus, in 2 Soliloq. [c. 4] quod <corpora intellectu comprehendi non possunt ; nec aliquod corpo- 1 S. Tommaso ha coscienza di dedicare all'uomo non le sole qq della Prim a Parte, ma anclie le 114 questioni della 1-11 e le 189 della Evidentemente gli autori medioevali non erano così persi in Dio, da trascurare l uomo. Almeno al Dottore Angelico bisogna attribuire un «umanesimo» incontestabile. 3 L enumerazione stessa dei quesiti ci fa comprendere che siamo dinanzi a una delle questioni più importanti per il sistema filosofico dell'autore. Essa potrebbe avere per titolo: il punto di partenza del pensiero umano. Si direbbe che la conoscenza delle cose sensibili sia puramente occasionale In questa ricerca, se non

4 18 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, el 1 telletto ; e una realtà corporea non può essere veduta che dai sensi». E altrove afferma che la visione intellettuale riguarda oggetti tali, che per loro natura si trovano neh anima. Ma questo non avviene per i corpi. Quindi l anima non può conoscere i corpi con l intelligenza. 2. Come sta il senso agli oggetti intelligibili, così sta l intelletto a quelli sensibili. Ora l anima non può in nessun modo conoscere con i sensi le cose spirituali, che sono intelligibili. Perciò non potrà assolutamente conoscere con l intelletto i corpi, che sono cose sensibili. 3. L intelletto ha per oggetto entità necessarie e invariabili. Invece i corpi sono tutti mobili e variabili. Dunque l anima non può conoscere i corpi mediante 1 intelletto. Ì n contrario : La scienza risiede nell intelletto. Ora, se questa facoltà non conoscesse i corpi, verrebbe negata ogni scienza dei.corpi. E perirebbero così le scienze naturali, che si occupano dei corpi soggetti a mutamento. R ispondo: A chiarimento del problema bisogna ricordare che i primi filosofi,1 i quali indagarono la natura delle cose, ritenevano che nel mondo esistessero soltanto i corpi. E poiché vedevano che tutti i corpi sono sottoposti a mutamento, immaginando che tutte le cose fossero in continuo mutamento, pensarono' che a noi non,fosse possibile avere una qualsiasi certezza sulla verità delle cose, i Infatti non si può conoscere con certezza quello che è in continuo divenire, perchè si dissolve prima di essere giudicato dalla mente. In tal senso Eraclito2 diceva, come riferisce Aristotele : «non è possibile toccare due volte la stessa acqua di un fiume che scorre». Venne in seguito Platone il quale, per salvare la certezza della nostra conoscenza intellettiva, ammise, al di fuori di queste cose corporee, un altro genere di enti, svincolati dalla materia e dal moto, che egli chiamò specie o idee, partecipando le quali ogni essere concreto, singolare e sensibile, acquista la denominazione di uomò, di cavallo, o di altra cosa del genere. E per questo Platone riteneva che le scienze, le definizioni e tutto quello che appartiene alle operazioni intellettive, non si riferirebbero ai corpi sensibili, ma a quelle entità immateriali e separate. L anima quindi non conoscerebbe intellettualmente i concreti esseri corporei, ma le loro specie separate. 3 Tutta questa teoria si dimostra chiaramente falsa per due motivi. Primo, perchè si verrebbe ad escludere dalle scienze, sia la cognizione del moto e della materia (cose che formano l oggetto delle scienze naturali), sia le dimostrazioni che partono dalla causa motrice e da quella materiale ; poiché dette specie sono immobili e immateriali. - Secondo, perchè è ridicolo che per conoscere cose di cui possiamo avere l evidenza, mettiamo in campo altre entità, le quali non possono costituire le loro essenze, avendo un altro modo di èssere. Cosicché, anche conoscendo tali sostanze separate, non potremmo emettere logicamente dei giudizi sulla realtà sensibile. si sapesse che 11 realismo moderato considera 11 mondo sensibile come l oggetto Immediato della conoscenza intellettiva. - S. Tommaso, come vedremo, prende posizione contro il sensismo e contro l Innatismo, a favore dell'astrazione aristotelica. I quesiti si susseguono in tale ordine, da permettere un'ampia giustificazione del realismo moderato di fronte alla storia del pensiero filosofico dell antichità. LA CONOSCENZA D E LL ANIM A 19 reum nisi sensibus videri potest». Dicit etiam, 12 Super Gen. ad, liti. [c. 24], quod visio intellectualis est eorum quae sunt per essentlam suam in anima. Huiusmodi autem non sunt corpora. Ergo anima per intellectum corpora cognoscere non potest. 2. P raeterea, sicut se habet sensus ad intelligibilia, ita se habet intellectus ad sensibilia. Sed anima per sensum nullo modo potest cognoscere spiritualia, quae sunt intelligibilia. Ergo nullo modo per intellectum potest cognoscere corpora, quae sunt sensibilia. 3. P raeterea, intellectus est necessariorum et semper eodem modo se habentium. Sed corpora omnia sunt mobilia, et non eodem modo se habentia. Anima ergo per intellectum corpora cognoscere non potest. Sed contra est quod scìen tia est in intellectu. S i erg o in tellectu s n on cogn oscit corp ora, sequ itu r quod n u lla scienti a sit de corporibus. É t sic p erib it scien tia natu ralis, quae est de corpore m obili. R espondeo d ice n d u m, ad evidentiam huius quaèstionis, quod primi philosophi qui de naturis rerum inquisiverunt, piutaverunt nihil esse in mundo praeter corpus. Et quia videbant omnia corpora mobilia esse, et putabant ea in continuo fluxu esse, aestimaverunt quod nulla certitudo de rerum veritate haberi posset a nobis. Quod enim est in continuo fluxu, per certitudinem apprehendi non potest, quia prius labitur quam mente diiudicetur: sicut Heraclitus dixit quod «non est possibile aquam fluvii currentis bis tangere», ut recitat Philosophus in 4 Metaphys. [c. 5; lect. 12], His autem superveniens Plato, ut posset salvare certam cognitionem veritatis a nobis per intellectum haberi, posuit (cfr. Phaedonis, c. 49 ; Timaeo, c. 5] praeter ista corporalia aliud genus entium a materia et motu separatum, quod nominabat species sive ideas, per quarum participationem unumquodque istorum singularium et sensibilium dicitur vel homo vel equus vel aliquid huiusmodi. Sic ergo dicebat scientias et definitiones et quidquid ad actum intellectus pertinet, non referri ad ista corpora sensibilia, sed ad illa immaterialia et separata ; ut sic anima non intelligat ista corporalia, sed intelligat horum corporalium species separatas. Sed hoc dupliciter apparet falsum. Primo quidem quia, cum illae species sint immateriales et immobiles, excluderetur a scientiis cognitio motus et materiae (quod est proprium scientiae naturalis), et demonskratio per causas moventes et màteriales. - Secundo autem, quia derisibile videtur ut, dum rerum quae nobis manifestae sunt notitiam quaerimus, alia entia in medium afferamus, quae non possunt esse earum substantiae, cum ab eis differant secundum esse: et sic, illis substantiis separatis cognitis, non propter hoc de istis sensibilibus iudicare possemus. 1 Sono i Presocratici, che sono passati alla storia col nome di «naturalisti», attribuito loro da Aristotele. - S. Tommaso comincia a trattare delle origini della conoscenza intellettiva, scartando il sensismo. Una vera confutazione qui sembra superflua, perchè il sensismo ha contro di sè l universalità e l ' Immaterialità del dati intelligibili, poste cosi bene in evidenza dall'idealismo platonico. 8 E ra clilo di Efeso, uno dei più grandi filosofi ionici vissuto intorno alla metà del secolo V avanti Cristo, fu il primo teorico del dinamismo radicale, in antitesi con l ontologismo di Parmenide, suo contemporaneo. 3 S. Tommaso deve tutte queste notizie, e in parte le stesse confutazioni, ad Aristotele. Cfr. I De Anima, c. 2.

5 20 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 1 Sembra che Platone abbia in questo deviato dalla verità, perchè riteneva che la forma dell oggetto conosciuto dovesse trovarsi nel conoscente e nell oggetto allo stesso modo, partendo dal presupposto che qualsiasi cognizione avviene mediante una somiglianza [tra oggetto e soggetto].1 Considerando poi che la forma della cosa conosciuta si trova nell intelletto In maniera universale, immateriale e immobile, come risulta (per il principio che la natura dell operazione è conforme alla natura dell agente) dall operazione stessa dell intelletto, il quale intende mediante gli universali e in un modo che è caratterizzato da una certa necessità, giunse alla conclusione che le cose conosciute debbano così sussistere in se medesime, cioè in maniera immateriale e immobile. Ora, queste induzioni non sono concludenti. Vediamo infatti che anche nella realtà sensibile la stessa forma si trova diversamente nei vari soggetti. La bianchezza, p. es., in uno è più intensa, nell altro è più debole ; in un soggetto è congiunta con la dolcezza, nell altro ò separata. E così, in modo analogo, la forma sensibile ha. un diverso modo di essere nelle cose che son fuori dell anima e nei sensi, i quali ricevono senza materia le forme delle cose sensibili, il colore dell'oro, p. es., senza l oro. Allo stesso modo anche l intelletto ricevo immaterialmente e immobilmente, in conformità appunto del suo modo di essere, le specie intenzionali dei corpi, che sono materiali e soggetti al moto. Infatti la cosa ricevuta si trova nel soggetto ricevente conforme alla natura del ricevente. 2 - Dobbiamo dunque concludere che l anima, mediante l intelletto, conosce i corpi con una conoscenza immateriale, universale e necessaria. So lu zio n e delle d iffico ltà : 1. Le parole di S. Agostino vanno riferite ai mezzi di cui si serve l intelletto per conoscere, e non agli oggetti che conosce. L anima conosce intellettualmente i corpi non mediante corpi, o immagini materiali e corporee ; ma mediante immagini immateriali e intellettuali, che per la loro natura possono trovarsi nell anima. 2. Al dire di S. Agostino, non è giusto affermare che, coime i sensi conoscono soltanto le cose corporee, così l intelletto conosce solo quelle spirituali: ne verrebbe che Dio e gli angeli non conoscono le cose materiali. La ragione della diversità sta nel fatto, che una potenza inferiore non si estende al campo proprio di una facoltà superiore ; ma una facoltà superiore può svolgere in modo più eminente le funzioni delle potenze inferiori. 3. Ogni moto presuppone qualche cosa d immobile : infatti quando avviene una mutazione di qualità, rimane immutata la sostanza ; e quando cambia la forma sostanziale rimane immutata la materia. Ma anche nelle cose soggette a mutazione troviamo dei rapporti immutabili: p. es., sebbene Socrate non stia sempre seduto, pure è immutabilmente vero che quando egli siede rimane in un dato luogo. Niente quindi impedisce che si abbia una scienza immutabile intorno a cf>se soggette alla mutazione. 1 S. Tommaso dà troppa importanza a un motivo filosofico, che certo non è estraneo alla storia del pensiero greco (cfr. P l a t o n e, Timeo, c. 16 ; A r is t o t e l e, i De Animo, c. 2); ma che non sembra davvero determinante per la teoria platonica (Ielle idee. In mancanza di una solida documentazione positiva, 11 Dottore Ange- LA CONOSCENZA D ELL ANIM A 21 Videtur autem in hoc Plato deviasse a veritate, quia, cum aestimaret omnem cognitionem per modum alicuius similitudinis esse, credidit quod forma cogniti ex necessitate sit in cognoscente eo modo quo est in cognito. Consideravit autem quod forma rei intellectae èst in intellectu universaliter et immaterialiter et immobiliter: quod ex ipsa operatione intellectus apparet, qui intelligit universaliter et per modum necessitatis cuiusdam ; modus enim actionis est secundum modum formae agentis. Et ideo existimavit quod oporteret res intellectas hoc modo in seipsis subsistere, scilicet immaterialiter et immobiliter. Hoc autem necessarium non est. Quia etiam in ipsis sensibilibus videmus quod forma alio modo est in uno sensibilium quam in altero : puta cum in uno est albedo intensior, in alio remissior, et in uno est albedo cum dulcedine, in alio sine dulcedine. Et per hunc etiam modum forma sensibilis alio modo est in re quae est extra animam, et alio modo in sensu, qui suscipit formas sensibilium absque materia, sicut colorem auri sine auro. Et similiter intellectus species corporum, quae sunt materiales et mobiles, recipit immaterialiter et immobiliter, secundum modum suum: nam receptum est in recipiente per modum recipientis. - Dicendum est ergo quod anima per intellectum cognoscit corpora cognitione immateriali,,» universali et necessaria. Ad prim um ergo dicendum quod verbum Augustini est intelligendum quantum ad ea quibus intellectus cognoscit, non autem quantum ad ea quae cognoscit. Cognoscit enim corpora intelligendo, sed non per corpora, ; neque per similitudines Jmateriales et corporeas; sed per species immateriales et intelligibiles, quae p e r sìuì essentiam in anima esse pogsunt. A d secu n d u m d ìcend um quod, sicut Augustinus dicit 22 De Civit. Dei fc. 29], non eét dicendum quod, sicut sensus cognoscit sola corporalia, ita intellectus cognoscit sola spiritualia: quia sequeretur quod Deus et angeli corporalia non cognoscerent. Huius autem diversitatis ratio est, quia inferior virtus non se extendit ad ea quae sunt superioris virtutis ; sed virtus superior ea quae sunt inferioris virtutis, excellentiori modo operatur. A d t e r t iu m dicend um quod omnis motus supponit aliquid immobile : cum enim ttfansmutatio fit secundum qualitatem, remanet substantia immobilis ; et cum transmutatur forma substantialis, remanet materia immobilis. Rerum etiam mutabilium sunt- immobiles habitudines: sicut Socrates etsi non semper sedeat, tamen immobiliter est verum quod, quandocumque sedet, in uiio loco manet. Et propter hoc nihil prohibet de rebus mobilibus immobilem scientiam habere. Ileo cercava di aiutarsi con la logica. Ma la lettura del Dialoghi di Platone lo avrebbe facilmente dissuaso. 2 Abbiamo qui 11 principio basilare per una soluzione positiva del problema E possibile che una facoltà spirituale conosca le cose materiali, perchè è possibile la formazione, e quindi la recezione, di una loro Immagine Intellettuale. All articolo 6 e nella questione seguente vedremo come In concreto si compia questo arduo passaggio. - E innegabile che 11 principio qui enunzlato è favorevole a un certo relativismo della nostra conoscenza del mondo sensibile ; ma non dobbiamo confondere 11 relativismo tomista, che riconosce 1 limiti della percezione umana, col relativismo moderno, 11 quale arriva a negare 11 valore oggettivo delle nozioni acquisite nell ambito di quel limiti.

6 22 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a, 2 LA CONOSCENZA D ELL A N IM A 23 ARTICOLO 2 Se l anima conosca gli esseri corporei mediante la propria essenza.1 ARTICULUS 2 Utrum anima per essentiam suam corporalia intelligat. i Seni., d. 3, p. 2, q. 2, a. 1 ; 3, d. 14, a. 1, qc. 2 j i Cont. Geni., c. 98 ; De Verlt., q. 8, a. 8. S em bra che l anima conosca gli esseri corporei mediante la propria essenza. Infatti : 1. S. Agostino insegna che l'anima «raccoglie e comprende le immagini dei corpi formate in se stessa e di se stessa ; poiché dà qualche cosa della sua sostanza per form arle». Ora, essa conosce i corpi per mezzo delle immagini dei corpi. Dunque conosce gli esseri corporei mediante la propria essenza, da essa offerta per formare tali immagini. 2. Dice il Filosofo che «l anima in un certo senso è tutte le cose». Siccome però un oggetto è conosciuto soltanto mediante una cosa consimile, è chiaro che l anima conosce gli oggetti materiali mediante se stessa. 3. L anima è superiore alle creature materiali. Ora, gli esseri inferiori esistono in modo più eminente in quelli superiori che in se stessi, come insegna Dionigi. Perciò tutte le creature materiali esistono nell essenza stessa dell anima in modo più nobile che in se stesse. Quindi l anima può conoscere le creature materiali mediante la propria essenza. I n contrario : Scrive S. Agostino che «la mente raccoglie le srue cognizioni sulle cose materiali per mezzo dei sensi corporei». Ma l anima non è conoscibile per mezzo di questi sensi. Dunque essa non conosce gli esseri materiali mediante la propria essenza. R is p o n d o : Gli antichi filosofi ritenevano che l anima conoscesse i corpi servendosi della propria essenza. Infatti era radicata allora nell animo di tutti la convinzione, che «u n a cosa è conosciuta mediante una cosa consimile». Inoltre si credeva che la forma della cosa conosciuta si trovasse nel soggetto conoscente come si trova nella realtà. I platonici invece giunsero alla conclusione opposta. Platone infatti, avendo capito che l anima intellettiva è immateriale, e che conosce escludendo la materia, pensò che le forme delle cose conosciute sussistessero separate dalla materia.2 Viceversa i primi filosofi naturalisti, considerando che le cose conosciute sono corporee e materiali, avevano affermato che esse devono trovarsi materialmente anche nell anima che le conosce. Per poter quindi attribuire all anima la conoscenza universale delle cose, le attribuirono una natura comiuine a tutte. E siccome la natura dei corpi composti risulta dai principii elementari, attribuirono all anima la natura di questi principii : chi riteneva ohe il fuoco è il principio constitutivo di tutte le cose, affermò che l anima ha la natura del fuoco ; lo stesso avvenne per l aria e per l acqua. Empedocle poi, il quale ammetteva quattro elementi materiali e due motori, affermò che anche l anima 1 II titolo originarlo dell'articolo, quale si trova nel prologo della questione, è più completo: «Se [l anima] conosca Intellettualmente 1 corpi mediante la propria essenza, o servendosi di specie intelligibili». Così è più facile comprendere il significato del quesito: si tratta di precisare quale possa essere lo schema me- Ad s e c u n d u m s ic p r o c e d it u r. Videtiur quod anima per essentiam suam corporalia intelligat. Dicit enim Augustinus, 10 De Trin. [c. 5], quod anima «imagines corporum convolvit et rapit factas in semetipsa de semetipsa: dat enim eis formandis quiddam substantiae suae». Sed per similitudines corporum corpora intelligit. Ergo per essentiam suam, quam dat formandis talibus similitudinibus, et de qua eas format, cognoscit corporalia. 0. P raeterea, Philosophus dicit, in 3 De Anima [c. 8, lect. 13], quod «anima quodammodo est omnia». Cum ergo simile simili cognoscatur, videtur quod anima per seipsam corporalia cognoscat. 3. P raeterea, anima est superior corporalibus creaturis. Inferiora autem sunt in superioribus eminentiori modo quam in seipsis, ut Dionysius dicit [De Caelest. Hier., c. 12], Ergo omnes creaturae corporeae nobiliori modo existunt in ipsa substantia animae quam in seipsis. Per suam ergo substantiam potest creaturas corporeas cognoscere. S ed contra e st quod Augustinus dicit, 9 De Trin. [c. 3], quod «mena corporearum rerum notitias per sensus corporis colligit». Ipsa autem anima non est cognoscibilis per corporis sensus. Non ergo cognoscit corporea per suam substantiam. R espondeo d ic e n d u m quod antiqui philosophi posuerunt quod anima per suam essentiam cognoscit corpora. Hoc enim animis omnium communiter inditum fuit, quod «simile simili cognoscitur» [cfr. A r isto t., / De Anima, cc. 2, 5], Existimabant autem quod forma cogniti sit in cognoscente eo modo quo est in re cognita. E contrario tamen Platonici posuerunt. Plato enim, quia perspexit intellectualem animam immaterialem esse et immaterialiter cognoscere, posuit formas rerum cognitarum immaterialiter subsistere. Priores vero Naturales, quia considerabant res cognitas esse corporeas et materiales, posuerunt oportere res cognitas etiam in anima cognoscente materialiter esse. Et ideo, ut animae attribuerent omnium cognitionem, posuerunt eam habere naturam communem cum omnibus. Et quia natura principiatorum ex principiis constituitur, attribuerunt animae naturam principii: ita quod qui dixit principium omnium esse ignem, posuit animam esse de natura ignis; et similiter de aere et aqua. Empedocles autem, qui posuit quatuor elementa materialia et duo moventia, ex his etiam dixit animam esse constitutam. Et ita, tafisico di un atto, il quale mette una creatura in rapporto con l ' infinita varietà delle cose. 2 Lo schema ingenuo dei Presocratici non fu superato integralmente da Platone. Questi infatti ebbe soltanto il merito, per altro grandissimo, di aver capito la natura immateriale dell atto intellettivo, e quindi dell1intelletto umano ; ma rimase fermo al principio: il fatto conoscitivo è dovuto all affinità radicale e sostanziale tra oggetto e soggetto. Perciò all intelletto umano, di cui aveva riconosciuto l immaterialità, Platone si affrettò ad offrire un mondo di idee archetipo Immateriali.

7 24 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 2 è composta da essi. In tal modo, ritenendo che le cose esistono materialmente neh anima, asserirono che ogni nostra conoscenza è materiale, non riuscendo a distinguere l intelletto dai sensi. Ma questa teoria va rigettata. Primo, perchè nel principio materiale di cui essi parlavano, i corpi derivati esistono solo potenzialmente. Ora, ran essere non è conosciuto per quello che esso è potenzialmente, ma soltanto per quello che è in atto, come spiega Aristotele ; tant è vero che la potenza stessa non è conosciuta che per mezzo dell atto. E quindi, secondo l argomentazione di Aristotele, perchè l anima possa conoscere tutte le cose, non basta attribuirle la natura degli elementi, a meno che non abbia già acquisito la natura e la forma dei singoli effetti, vale a dire delle ossa, delle carni e simili. - Secondo, perchè, se una cosa per esser conosciuta dovesse [soltanto] esistere materialmente nel conoscente, non vi sarebbe ragiono per negare che abbiano la conoscenza gli esseri materialmente sussistenti fuori dell anima : se, p. es., l anima conosce il fuoco mediante il fuoco, anche il fuoco che è fuori dell anima dovrebbe conoscere il fuoco. Rimane perciò acquisito che gii oggetti materiali esistono nel conoscente, non per la materia, ma piuttosto per la privazione di essa. E la ragione si è, che l atto del conoscere si estende al di fuori del soggetto conoscente ; infatti noi conosciamo anche le cose che sono fuori di n oi Ora, la materia ha la funzione di limitare la forma a un determinato essere. È evidente perciò che la conoscenza ha un carattere opposto a quello della materialità. Gli esseri quindi che ricevono le forme solo materialmente sono privi affatto di conoscenza, quali appunto sono le piante, come spiega Aristotele. Invece quanto più immaterialmente un essere possiede la forma della cosa conosciuta, tanto più perfetta è la sua cognizione. Quindi l intelletto, il quale astrae le specie intenzionali non soltanto dalla materia, ma anche dalle condizioni materiali individuanti, conosce in modo più perfetto del senso, il quale riceve la forma della cosa conosciuta senza la materia, ma non senza le condizioni materiali. Cosi tra i sensi stessi la vista è dotata di maggiore conoscenza, perchè meno materiale, come si è già spiegato. Parimente, tra le diverse intelligenze tanto più una è perfetta, quanto più è immateriale. Da tutto ciò risulta che, se vi è un intelletto capace di conoscere tutte le cose mediante la propria essenza, questa sua essenza tutte le deve contenere in se stessa in maniera immateriale ; cosi come gli antichi ritenevano che l essenza dell anima fosse composta dei principii elementari di tutte le cose corporee, affinchè le potesse tutte conoscere. Ora, è una prerogativa di Dio contenere nella propria essenza tutte le cose in modo immateriale, in quanto gli effetti devono preesistere virtualmente nella loro causa. Dunque Dio solo conosce tutto mediante la propria essenza; non così l anima umana e neppure l'angelo. 1 S o l u z io n e d e l le d if f ic o l t à ; 1. In quel passo S. Agostino parla della visione immaginaria, la quale avviene mediante immagini corporee. Nella formazione di tali immagini l anima mette qualche cosa 1 Nella Summa Conira Gentlles S. Tommaso chiarisce ancora meglio U suo pensiero In proposito. «Oggetto proprio dell'inteuetto è l'ente Intelligibile, che abbraccia tutte le specie e le possibili differenze dell'ente ; tutto ciò infatti che esiste può essere oggetto d intellezione. Ora, siccome ogni conoscenza avviene sotto LA CONOSCENZA D ELL AN IM A cum res materialiter in anima ponerent, posuerunt omnem cognitionem animae materialem esse, non discementes inter intellectum et sensum. Sed haec opinio improbatur. Pirimo quidem, quia in materiali principio, de quo loquebantur, non existunt principiata nisi in potentia. Non autem cognoscitur aliquid secundum quod est in potentia, sed solum secundum quod est actu, ut patet in 9 Metaphys. [c. 9, lect. 10] : unde nec ipsa potentia cognoscitur nisi per actum. Sic igitur non sufficeret attribuere animae principiorum naturam ad hoc quod omnia cognosceret, nisi inessent ei naturae et formae singulorum effectuum, puta ossis et carnis et aliorum huiusmodi ; ut Aristoteles contra Empedoclem argumentatur in 4 De Anima [c. 5, lect. 12]. - Secundo quia, si oporteret rem cognitam materialiter in cognoscente existere, nulla ratio esset quare res quae materialiter extra animam subsistunt, cognitione carerent : puta, si anima igne cognoscit ignem, et ignis etiam qui est extra animam, ignem cognosceret. Relinquitur ergo quod oportet materialia cognita in cognoscente existere non materialiter, sed magis immaterialiter. Et huius ratio est, quia actus cognitionis se extendit ad ea quae sunt extra cognoscentem : cognoscimus enim etiam ea quae extra nos sunt. Per materiam autem determinatur forma rei ad aliquid unum. Unde manifestum est quod ratio cognitionis ex opposito se habet ad rationem materialitatis. Et ideo quae non recipiunt formas nisi materialiter, nullo modo sunt cognoscitiva, sicut plantae ; ut dicitur in 2 libro De Anima [c. 12, lect. 24], Quanto autem aliquid immaterialius habet formam rei cognitae, tanto perfectius cognoscit. Unde et intellectus, qui abstrahit speciem non solum a materia, sed etiam a materialibus conditionibus individuantibus, perfectius cognoscit quam sensus, qui accipit formam rei cognitae sine materia quidem, sed cum materialibus conditionibus. Et inter ipsos sensus, visus est magis cognoscitivus, quia est minus materialis, ut supra [q. 78, a. 3] dictum est. Et inter ipsos intellectus, tanto quilibet est perfectior, quanto immaterialior. Ex his ergo patet quod, si aliquis intellectus est qui per essentiam su am cognoscit omnia, oportet quod essentia eius habeat in se immaterialiter omnia ; sicut antiqui posuerunt essentiam animae actu componi ex principiis omnium materialium, ut cognosceret omnia. Hoc autem est proprium Dei, ut sua essentia sit immaterialiter comprehensiva omnium, prout effectus virtute praeexistunt in causa. Solus igitur Deus per essentiam suam omnia mtelligit ; non autém anima humana, neque etiam angelus. Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod Augustinus ibi loquitur de visione Lmaginaria, quae fit per imagines corporum. Quibus imaginibus formandis dat anima aliquid suae substantiae, sicut subiectum datur torma di somiglianza [o di Immagine], i; Intelletto non può conoscere totalmente 11 proprio oggetto, senza avere In se stesso la somiglianza di tutti gli enti e di tutte le loro differenze. E una tale somiglianza di tutto l ente non può essere che una natura Infinita, che non sarà determinata a un genere e a una specie dell essere, ma sarà l universale principio di tutto l essere... Ogni altra natura Invece, appartenendo a un genere e ad una specie determinata dell ente, non può essere la somiglianza universale di tutti gli enti. Rimane dunque che Dio soltanto può conoscere con la propria essenza tutte le cose» (3 Cont. Gent., c. 98 ; cfr. /, q. 55, a. l).

8 26 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, aa. 2-3 della sua sostanza, come offrendo il subietto che sarà rivestito di quelle date forme. In questo senso essa costruisce tali immagini con la sua sostanza: non già che l anima, o parte di essa, si trasformi in modo dà diventare questa o quell immagine ; ma nel senso in cui si usa dire che da un corpo, il quale viene rivestito dal colore, viene l'ormata una cosa colorata. Una tale interpretazione risulta dal contesto. Infatti S. Agostino aggiunge che l anima «conserva qualche cosa», cioè indipendentemente da quelle immagini, «capace di giudicare liberamente sulla specie di tali immagini» : è quanto egli chiama ((m ente» o ((intelletto». Dice invece che è «comune a noi e alle bestie» quella parte che viene rivestita di tali immagini, e cioè l immaginativa. 2. Aristotele non affermò che l anima è composta di tutte le cose, in maniera attuale, come volevano gli antichi naturalisti, ma disse che «l anima è, in certo qual modo, tutte le cose», cioè in quanto è in potenza rispetto a tutte le cose : col senso rispetto a quelle sensibili, con l intelletto a quelle intelligibili. 3. Ogni creatura ha un essere definito e determinato. Quindi l essenza di una creatura superiore, benché abbia una somiglianza con quella inferiore, per il fatto di avere un genere comune, tuttavia non ha questa somiglianza in modo completo, perchè è determinata a una data specie, cui è estranea la specie della creatura inferiore. Invece l essenza di Dio è immagine perfetta di tutte le cose e di quanto in esse si trova, essendo egli la causa universale di ogni essere. LA CONOSCENZA D ELL ANIM A 27 ut informetur per aliquam formam. Et sic de seipsa facit huiusmodi imagines: non quod anima vel aliquid animae convertatur, ut sit haec vel illa imago ; sed sicut dicitur de corpore fieri aliquid coloratura, prout informatur colore. Et hic sensus apparet ex his quae sequuntur. Dicit enim quod «servat aliquid», scilicet non formatum tali imagine, «quod libere de specie talium imaginum iu dicet»: et hoc dicit esse «mentem» vel «intellectum». Partem autem quae informatur huiusmodi imaginibus, scilicet imaginativam, dicit esse «communem nobis et bestiis». Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod Aristoteles non posuit animam esse actu compositam ex omnibus, sicut antiqui Naturales ; sed dixit «quodammodo animam esse om nia», inquantum est in potentia ad omnia ; per sensum quidem ad sensibilia, per intellectum vero ad intelligibilia. Ad t e r t iu m d ic e n d u m quod quaelibet creatura habet esse fìnitum et determinatum. Unde essentia superioris creaturae, etsi habeat quandam sìmilitaidinem inferioris creaturae prout. communicant in aliquo genere, non tamen complete habet similitudinem illius, quia delerminatur ad aliquam speciem, praeter quam est srpecies inferioris creaturae. Sed essentia Dei est perfecta similitudo omnium quantum ad omnia quae in rebus inveniuntur, sicut universale principium omnium. ARTICOLO 3 Se l anima conosca tutte le cose per mezzo di idee innate.1 ARTICULUS 3 Utrum anima intelligat omnia per species sibi naturaliter inditas. S Coni. C ent., c. 83 ; De Verit., q. 10, a. 6 ; q. 11, a, 1 ; q. 18, a. 7 ; q. 19, a. 1 j De Anima, a. 15. S e m b r a che l anima intenda tutte le cose per mezzo di idee innate. Infatti : 1. Dice S. Gregario che «l uomo ha in comune con gli angeli l intelligenza». Ora, gli angeli intendono tutte le cose mediante idee in essi innate : difatti nel Liber De Causis si legge che «ogni intelligenza è piena dì forme [in telligibili]».2 Dunque l anima possiede delle idee innate, con le quali conosce gli esseri corporei. 2. L anima intellettiva è più nobile della materia prima. Ora, quest ultima è stata creata da Dio sotto quelle forme alle quali pure è in potenza. A maggior ragione dunque è stata creata da Dio rivestita ci specie intelligibili l anima umana. E in tal modo avremo che l anima conosce le cose materiali, servendosi di specie innate. 3. Nessuno può dare una risposta vera su ciò che non conosce. Ora, anche un uomo ignorante, privo di scienza acquisita, risponde con verità alle singole domande, purché venga interrogato con metodo, come narra Platone nel Menone. Perciò un uomo possiede la conoscenza delle cose prima d acquistarne la scienza: cosa impossibile, Ad t e r t iu m sic proceditur. Videtur quod anima intelligat'om nia per species sibi naturaliter inditas. Dicit enim Gregorius, in Homilia Ascensionis [homil. 29 in Evang.] quod «hom o habet commune cum angelis intelligere». Sed angeli intelligunt omnia per formas naturaliter inditas : unde in libro De Causis [prop. 10, lect. 10], dicitur quod «omnis intelligentia est piena formis». Ergo et anima habet species rerum naturaliter inditas, quìbus corporalia intelligit. 2. P raeterea, anima intellectiva est nobilior quam materia prima corporalis. Sed materia prima est creata a Deo sub formis ad quas est in potentia. Ergo multo magis anima intellectiva est creata a Deo sub speciebus intelligibilibus. Et sic anima intelligit corporalia per species sibi naturaliter inditas. 3. P raeterea, nullus potest veruni respondere nisi de eo quod scit. Sed aliquis etiam idiota, non habens scientiam acquisitam, respondet verum de singulis, si tamen ordinate interrogetur, ut narratur in Menone [cc. 15 ss.] Platonis de quodam. Ergo antequam aliquis acquirat scientiam, habet rerum cognitionem. Quod non esset nisi * L articolo prende di mira l ' Innatismo platonico ; ma la critica tomistica è cosi profonda, da valere senz altro contro qualsiasi forma di idealismo. a II Liber De Causis è una raccolta di aforismi filosofici tratta dalle opere di Proclo, filosofo neoplatonico del II sec. dopo Cristo.

9 28 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 3 se l anima non avesse delle idee innate. Dunque l anima intende le cose materiali mediante tali idee. In c o n tr a r io: Il Filosofo, parlando dell intelletto, dice che «è corno una tavoletta in cui non c è scritto niente». 1 R is p o n d o : Essendo la forma principio di operazione, è necessario che un essere si trovi ad avere verso la forma, principio della sua operazione, lo stesso rapporto che ha verso quella operazione. Se, p. es., il tendere verso l'alto proviene dalla levità, è necessario che quanto si muove solo potenzialmente verso l alto sia solo potenzialmente un corpo lieve ; invece ciò che attualmente si solleva in alto sarà in atto un corpo lieve. Ora noi riscontriamo 2 che l uomo talora rispetto al conoscere è solo in potenza, sia per la conoscenza sensitiva, che per quella intellettiva. E viene posto in atto a partire da tale potenzialità: sente cioè in forza dell azione degli oggetti sensibili sui sensi ; e intende in forza dell insegnamento p dell induzione. Bisogna dunque affermare che l anima conoscitiva è in potenza a ricevere, sia le immagini che sono i principii della sensazione, sia le immagini che sono i principii dell intellezione. Per tale motivo A r i stotele sostenne che l intelletto, col quale l anima formalmente conosce, non possiede idee innate, ma che inizialmente è in potenza tutte le specie intenzionali. Potrebbe però accadere che un essere, il quale possiede attualmente una forma, non possa agire in forza di essa per un qualsiasi impedimento: che un corpo leggero, p. es., possa essere impedito di sollevarsi in alto. Per tale motivo Platone pensò che l intelletto umano è per natura ripieno di tutte le specie intelligibili, ma che l unione col corpo gl impedisce di passare all atto. Ma una tale posizione non è sostenibile. Primo, perchè, se l anima ha una nozione naturale di tutte le cose, non sembra possibile che cada in tanta dimenticanza di questa conoscenza naturale, da ignorare persino di possedere una tale conoscenza. Nessuno infatti dimentica quello che conosce per natura, che il tutto, p. es., è maggiore della sua parte, e altre verità del genere. Ma la cosa diviene anche più insostenibile, se ammettiamo che per l anima è naturale essere unita col corpo, come abbiamo già dimostrato. È assurdo infatti che l attività naturale di un essere venga totalmente impedita da ciò che le compete per natura.s - Secondo, la falsità di tale teoria apparisce chiaramente dal fatto che, quando abbiamo la mancanza di un dato senso, viene a mancare la scienza di quelle cose che sono percepite per mezzo di esso; così il cieco nato non può avere alcuna nozione dei colori. Ora, questo non avverrebbe, se nell anima fossero innati i concetti di tutte le cose intelligibili. - Dobbiamo dunque concludere che l anima non conosce gli esseri materiali servendosi di idee in essa innate. S o l u z io n e d e lle d if f ic o l t à : 1. È vero che l uomo ha in comune con gli angeli l intelligenza, non raggiunge però l eminenza del loro intelletto. Così i corpi inferiori, i quali, al dire di S. Gregorio, hanno la sola esistenza, sono ben distanti dal modo di esistere dei corpi superiori, Infatti la materia dei primi non è del tutto attuata dalla 1 E la celeberrima frase di Aristotele, che tutti conoscono abbreviata nell espressione latina, tabula rasa. 3 S. Tommaso parte qui dall esperienza, come da un tatto indiscutibile. Poiché si tratta di un esperienza così evidente (non per nulla adopera il termine LA CONOSCENZA D E LL ANIM A anima haberet species naturaliter inditas. Intelligit igitur anima res corporeas per Species naturaliter inditas. S ed contra e s t quod Pliilosophus dicit, in 3 De Anima [c. 4, lect. 9], de intellectu loquens, quod est «sicu t tabula in qua nihil est scriptum». R espondeo d icend um quod, cum forma sit principium actionis, oportet ut eo modo se habeat aliquid ad formam quae est actionis princip,ium, quo se habet ad actionem illam : sicut si moveri sursum est ex levitate, oportet quod in potentia tantum sursum fertur, esse leve solum in potentia, quod autem actu sursum fertur, esse leve in actu. Videmus autem quod homo est quandoque cognoscens in potentia tantum, tam secundum sensum quam secundum intellectum. Et de tali potentia in actum reducitur, ut sentiat quidem, per actiones sensibilium in sensum ; ut intelligat autem, per disciplinam aut inventionem. Unde oportet dicere quod anima cognoscitiva sit in potentia tam ad similitudines quae sunt principia sentiendi, quam ad similitudines quae sunt principia intelligendi. Et propter hoc Aristoteles posuit [ibid.] quod intellectus, quo anima intelligit, non habet aliquas species naturaliter inditas, sed est in principio in potentia ad huiusmodi species òmnes. Sed quia id quod habet actu formam, interdum non potest agere secundum formam propter aliquod impedimentum, sicut leve si impediatur sursum ferri ; propter hoc Plato posuit quod intellectus hominis naturaliter est plenus omnibus speciebus intelligibilibus, sed per unionem corporis impeditur ne possit in actum exire. Sed hoc non videtur convenienter dictum. Primo quidem quia, si habet anima naturalem notitiam omnium, non videtur esse possibile quod huius naturalis notitiae tantam oblivionem capiat, quod nesciat se huiusmodi scientiam habere: nullus enim homo obliviscitur ea quae naturaliter cognoscit, sicut quod omne totum sit maius sua parte, et alia huiusmodi. Praecipue autem hoc videtur inconveniens, si ponatur esse animae naturale corpori uniri, ut supra [q. 76, a. 1] habitum est: inconveniens enim est quod naturalis operatio alìcuius rei totaliter impediatur per id quod est sibi secundum naturam. - Secundo, manifeste apparet huius positionis falsitas ex hoc quod, deficiente aliquo sensu, deficit seientia eorum, quae apprehenduntur secundum illuni sensum ; sicut caecus natus nullam potest habere notitiam de coloribus. Quod non esset, si animae essent naturaliter inditae omnium intelligibilium rationes. - Et ideo dicendum est quod anima non cognoscit corporalia per species naturaliter inditas. A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod homo quidem convenit cum angelis in intelligendo, deficit tamen ab eminentia intellectus eorum : sicut et corpora inferiora, quae tantum existunt secundum Gregorium [loc. cit. in arg.], deficiunt ab èxistentia superiorum corporum. Nam materia inferiorum corporum non est completa totaliter per «videmus»), che una qualsiasi induzione non potrebbe Infirmare, senza pregiudicare se stessa. Appunto perchè ogni altra cognizione è costretta a misurarsi sulle prime evidenze della nostra attività conoscitiva. 3 L Autore non ha creduto opportuno presentare questo motivo come distinto dal due argomenti già classici deu aristotelismo contro la teoria platonica. Esso però approfondisce la questione sul piano metafìsico, assicurando per sempre le basi della teoria tomistica della conoscenza.

10 30 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, aa. 3-4 forma,- ma è in potenza rispetto alle forme che non ha; invece la materia dei corpi celesti è totalmente attuata dalla forma, di modo che non è più in potenza ad altre forme, come abbiamo già spiegato. Parimente, l intelletto dell angelo è perfettamente attuato dalle specie intelligibili, in conformità della sua natura, mentre quello dell uomo è in potenza alle medesime, 2. L a materia prima trae l essere sostanziale dalla form a; era perciò necessario che fosse creata sotto una data forma, altrimenti non avrebbe potuto esistere. Tuttavia, mentre sussiste sotto una data forma è in potenza ad altre forme. L intelletto invece non riceve un essere sostanziale dalla specie intelligibile; quindi il caso è diverso. 3. L interrogazione metodica procede dai principii universali per sè noti, alle conclusioni particolari. Ma con tale procedimento si causa la scienza nell anima del discepolo. Perciò, se egli risponde il vero a queste ultime domande, non è perchè ne aveva una conoscenza anteriore, ma perchè ha imparato in quel momento. Infatti poco importa che l insegnante, nel procedere dai principii comuni alle conclusioni, usi l esposizione o l interrogazione: poiché in ambedue i casi l animo del discepolo arriva alla certezza delle nozioni posteriori in forza di quelle anteriori.1 LA CONOSCENZA D E LL ANIM A 31 formam, sed est in potentia ad formas quas non habet: materia autem caelestium corporum est totaliter completa per formam, ita quod non est in potentia ad aliam formam, ut supra [q. 66, a. 2] habitum est. Et similiter intellectus angeli est perfectus per species intelligibiles secundum suam naturam : intellectus autem humanus est in potentia ad huiusmodi species. A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod materia prima habet esse substantiale per formam, et ideo oportuit quod crearetur sub aliqua forma : alioquin non esset in actu. Sub una tamen forma existens, est in potentia ad alias. Intellectus autem non habet esse substantiale per speciem intelligibilem ; et ideo non est simile. A d t e r t iu m d ic e n d u m quod ordinata interrogatio procedit ex principiis communibus per se notis, ad propria. Per talem autem processum scientia causatur in anima addiscentis. Unde cum veruna respondet de his de quibus secundo interrogata1, hoc non est quia prius ea noverit; sed quia tunc ea de novo addiscit. Nihil enim refert utrum ille qui docet, proponendo vel interrogando procedat de principiis communibus ad conclusiones : utrobique enim animus audientis certificatur de posterioribus per priora. ARTICOLO 4 Se le idee derivino nell anima dalle forme separate.* ARTICULUS 4 Utrum species intelligibiles efiluant in animam ab aliquibus formis separatis. De Verit q. 10, a. 6; q. U, a. 1 j De Anima, a. 15. S e m b b a che le idee derivino nell anima dalle forme separate. Infatti : 1. Ogni essere, che abbia per partecipazione una data qualità, dipende da colui che la possiede per essenza ; cosi un oggetto infocato ha una dipendenza causale dal fuoco. Ora, l anima intellettiva, nell atto di intendere, viene ad essere partecipe degli oggetti intelligibili ; infatti l intelletto che attualmente pensa in qualche modo è l oggetto pensato, Perciò quello, che di per sè e per essenza è oggetto attuale d intellezione, è causa dell intellezione attuale dell anima. Ora, sono essenzialmente oggetto attuale d intellezione le forme che sussistono indipendentemente dalla materia. Dunque le specie intelligibili, di cui si serve l anima per intendere, derivano da qualche forma separata. 2. Gli oggetti intelligibili stanno all intelletto, come quelli sensibili ai sensi. Ora, causa delle immagini sensibili che si trovano nei sensi, e con le quali sentiamo, sono gli oggetti sensibili esistenti fuori dell anima. Dunque le immagini intelligibili, con le quali intende il nostro intelletto, sono causate da oggetti intelligibili in atto esistenti fuori dell anima. E questi non sono altro che le forme separate dalia materia. Perciò le specie intelligibili del nostro intelletto derivano dalle sostanze separate. 1 La grande prova, tentata da Platone a sostegno della sua teoria, cade cosi Irreparabilmente. Se vogliamo, gli elementi positivi di essa verranno rielaborati Ad q u a r t u m s ic p r o c e d it u r. Videtur quod species intelligibiles effluant in animam ab aliquibus formis separatis. Omne enim quod per participationem est tale, causatur ab eo quod est per essentiam tale ; sicut quod est ignitum reducitur sicut in causam in ignem. Sed anima intellectiva, secundum quod est actu intelligens, participat ipsa intelligibilia: intellectus enim in actu, quodammodo est intellectum in actu. Ergo ea quae secundum se et per essentiam suam sunt intellecta in actu, sunt causae animae intellectivae quod actu intelligat. Intellecta autem in actu per essentiam suam, sunt formae sine materia existentes. Species igitur intelligibiles quibus anima intelligit, causantur a formis aliquibus separatis. 2. P raeterea, intelligibilia se habent ad intellectum, sicut sensibilia ad semsum. Sed sensibilia quae sunt in actu extra animam, sunt causae specierum sensibilium quae sunt in sensu, quibus sentimus. Ergo species intelligibiles quibus intellectus noster intelligit, causantur ab aliquibus actu intelligibilibus extra animam existentibus. Huiusmodi autem non sunt nisi formae a materia separatae. Formae igitur intelligibiles intellectus nostri effiuunt ab aliquibus substantiis separatis. dal genio dell'aquinate In una teoria più matura sull insegnamento (cfr. I, q. 117, a. l ; De Veril., q. 11). s S. Tommaso usa l espressione generica «forme separate», per abbracciare tutte le sfumature del platonismo. Forme separate sono le Idee archetipo di Platone, come le sostanze separate, o angeliche, degli Arabi.

11 32 L A SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a Tutto ciò che è in potenza viene posto in atto da un essere che è già in atto. Se quindi il nostro intelletto, inizialmente in potenza, passa in seguito all' intellezione attuale, è necessario che ciò sia causato da un intelligenza sempre in atto. Ma tale intelligenza è un intelletto separato. Dunque le specie intelligibili con le quali intendiamo dipendono dalle sostanze separate. In contrario : Stando cosi le cose noi non dovremmo aver bisogno dei sensi per intendere. Ma che ciò sia falso risulta ben chiaro dal fatto che chi è privo di un dato senso in nessun modo può conoscerne gli oggetti relativi. R ispo n d o : Alcuni hanno pensato che le specie intelligibili del nostro intelletto derivino dalle forme o sostanze separate. Abbiamo in proposito due opinioni. Platone, come già si disse, ammise forme sussistenti senza materia delle cose sensibili; p. es., la forma dell uomo che chiamava «l uomo per se stesso», la forma o l idea del cavallo che chiamava «i l cavallo per se stesso», e cosi via. E riteneva che queste forme separate vengono partecipate e dall anima nostra e dalla materia corporea: dall anima nostra per la cognizione, e dalla materia per l esistenza. Sicché, come la matèria diventa questa data pietra per il fatto che partecipa l idea della pietra, così il nostro intelletto conosce di fatto la pietra perchè partecipa l idea della pietra. L a partecipazione poi dell idea avverrebbe mediante una somiglianza dell idea stessa in colui che la partecipa, allo stesso modo che un modello viene partecipato dalla sua copia. Come dunque riteneva che le forme sensibili e materiali derivassero dalle idee quali loro imitazioni, così pensava che le nostre specie intelligibili fossero imitazioni delle idee e laro derivazioni. Per tale motivo, come si è già visto, asseriva che le scienze e le definizioni si riferiscono direttamente alle idee. Siccome però, e Aristotele lo dimostra ampiamente, è contro la natura stessa delle cose sensibili che le loro forme sussistano senza la materia, Avicenna, escludendo questa teoria, pensò che le specie intelligibili di qualsiasi cosa sensibile non sussistono a sè senza materia, ma che preesistono spoglie di ogni materialità nelle intelligenze separate. Esse cioè sarebbero state partecipate dalla prima intelligenza alla seconda, e così di seguito fino all ultima intelligenza separata che egli chiama intelletto agente ; e da questa verrebbero infuse nelle anime nostre le specie intelligilbili, e nella materia le forme delle cose sensibili. Avicenna perciò è d accordo con Platone nel ritenere che le nostre specie intelligibili derivino dalle forme separate. Mentre però Platone le ritiene sussistenti per se stesse, A vicenna le colloca nell intelletto agente. Discordano ancora in questo : Avicenna ritiene che le specie intelligibili non rimangono nel nostro intelletto quando questo non le pensa, ma che esso è obbligato a rivolgersi di nuovo all intelletto agente per riceverle una seconda volta. Perciò egli non ammette una scienza innata neu anima come fa Platone, il qiuale ritiene che la partecipazione delle idee rimane perpetuamente nell anima. Ora, stando alla suddetta teoria, non è possibile trovare una ragione sufficiente per giustificare l unione dell anima col corpo. 1 Non 1 SI poteva anche respingere la teoria di Avicenna In base al principio: «Ogni asserzione gratuita non ha bisogno di essere confutata». Ma 11 Dottore Angelico LA CONOSCENZA D E LL ANIM A P raeterea, omne quod est in potentia, reducitur in actum per id quod est actu. Si ergo intellectus noster, prius in potentia existens, postmodum actu intelligat, oportet quod hoc causetur ab aliquo intellectu qui semper est in actu. Hic autem est intellectus separatus. Ergo ab aliquibus substantiis separatis causantur species intelligibiles quibus actu intelligimus. S ed contra e st quia secundum hoc sensibus non indigeremus ad intelligendum. Quod patet esse falsum ex hoc praecipue quod qui caret uno sensu, nullo modo potest habere scientiam de sensibilibus illius sensus. R espo ndeo d ic e n d u m quod quidam posuerunt species intelligibiles nostri intellectus procedere ab aliquibus formis vel substantiis separatis, Et hoc dupliciter. Plato enim, sicut dictum est [a. 1], posuit formas rerum sensibilium per se sine materia subsistentes ; sicut formam hominis, quam nominabat «p e r se hominem», et formam vel ideam equi, quam nominabat «pèr se equum», et sic de aliis. Has ergo formas separatas ponebat participari et ab anima nostra, et a materia corporali ; ab anima quidem nostra ad oognoscendum, a materia vero corporali ad essendum ; ut sicut materia corporalis per hoc quod participat ideam lapidis, fìt hic lapis, ita intellectus nogter per hoc quod participat ideam lapidis, fìt intelligeus lapidem. Participatio autem ideae fit per aliquam similitudinem ipsius ideae in participante ipsam, per modum quo exemplar participatur ab exemplato. Sicut igitur ponebat formas sensibiles quae sunt in materia corporali, effluere ab ideis sicut quasdam earum similitudines ; ita ponebat species intelligibiles nostri intellectus esse similitudines quasdam idearum ab eis effiuentes. Et propter hoc, ut supra [a. 1] dictum est, scientias et definitiones ad ideas referebat. Sed quia contra rationem rerum sensibilium est quod earum formae subsistant absque materiis, ut Aristoteles multipliciter probat [7 Metaph., cc. 14, 15, lect. 14, 15]; ideo Avicenna, hac positione remota, posuit [De Anima, part. V, c. 5; Metaph., tract. V III, c. 6; tract. IX, cc. 4, 5] omnium retrum sensibilium intelligibiles species, non quidem per se subsistere absque materia, sed praeexistere immaterialiter in intellectibus separatis; a quorum primo derivantur huiusmodi species in sequentem, et sic de aliis usque ad ultimum intellectum separatum, quem nominat imtellectum agentem ; a quo, ut ipse dicit, effluunt species intelligibiles in animas nostras, et formae sensibiles in materiam corporalem. - Et sic in hoc Avicenna cum Platone concordat, quod species intelligibiles nostri intellectus effluunt a quibusdam formis separatis: quas tamen Plato dicit per se subsistere, Avicenna vero ponit eas in intelligentia agente. Differunt. etiam quantum ad hoc, quod Avicenna ponit species intelligibiles non remanere in intellectu nostro postquam desinit actu intelligere ; sed indiget ut iterato se convertat ad recipiendum de novo [cfr. De Anima, part. V, c. 6]. Unde non ponit scientiam animae naturaliter inditam, sicut Plato, qui ponit participationes idearum immobiliter in anima permanere. Sed secundum hanc positionem sufficiens ratio assignari non posset quare anima nostra corpori uniretur. Non enim potest dici quod ha un grande rispetto verso 1 filosofi che lo hanno preceduto, in modo speciale verso Platone e Avicenna. Perciò confuta 11 loro errore mediante un approfondi-

12 34 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 4 st può dire infatti che l anima intellettiva si unisce al corpo a vantaggio del corpo ; poiché la forma non è per la materia, nè il motore per il mobile ; piuttosto è vero il contrario. Il motivo principale per cui il corpo si dimostra necessario all anima intellettiva è l operazione specifica di questa, cioè l intellezione: poiché quanto all essere l anima non dipende dal corpo. Ma se l anima avesse per natura l attitudine a ricevere le idee dall influsso di sostanze separate, senza ricavarle dai sensi, non avrebbe bisogno del corpo per intendere ; e quindi sarebbe mutile la sua unione col corpo. E non basta replicare che l anima nostra ha bisogno egualmente dei sensi pei- intendere, per il fatto che prende da essi come uno stimolo a considerare le cose di cui riceve le specie intelligibili dalle sostanze separate. Perchè un tale stimolo è necessario all anima solo in quanto essa, al dire dei platonici, è come assopita e smemorata in seguito alla sua unione col corpo : cosicché i sensi gioverebbero all anima intellettiva solo per togliere le difficoltà provenienti dalla sua unione col corpo. Rimane dunque sempre da chiarire quale sia la causa dell unione tra l anima e il corpo. E neppure giova replicare con Avicenna che i sensi sono necessari all anima, perchè questa possa essere stimolata a rivolgersi all intelletto agente da cui riceve le idee. Perchè, se fosse vero che l anima è fatta per intendere mediante le idee infuse dall intelletto agente, potrebbe anche rivolgersi a questo intelletto, sia in forza della sua inclinazione naturale, sia dietro lo stimolo di un altro senso, per avere le idee di quegli oggetti sensibili di cui uno non avesse mai avuto la percezione. Così un cieco nato potrebbe avere la scienza dei colori : cosa evidentemente falsa. - Dobbiamo dunque concludere che le idee, mediante le quali l anima nostra intende, non derivano dalle forme separate.1 S o l u z io n e d e l le d if f ic o lt à : 1. Le specie intelligibili partecipate dal nostro intelletto dipendono, come da causa prima, da un primo principio intelligibile per essenza, cioè da Dio. Ma esse derivano da tale principio attraverso le forme delle cose sensibili e materiali, dalle quali raccogliamo la nostra scienza, come si esprime Dionigi. 2. Le cose materiali, in forza' dell esistenza che hanno fuori dell anima, possono essere attualmente sensibili, non già attualmente intelligibili. Non è quindi uguale il caso per il senso e per l intelletto. 3. Il nostro intelletto possibile passa dalla potenza all atto in forza di un essere in atto, cioè dell intelletto agente, che è una facoltà della nostra anima, come abbiamo già dimostrato ; non già in forza di un intelletto separato, almeno in qualità di causa prossima, ma tutt al più di causa rem ota.3 L A CONOSCENZA D E LL A N IM A 35 anima intellectiva corpori uniatur propter corpus: quia nec forma est propter materiam, nec motor propter mobile, sed potius e converso. Maxime autem videtur corpus esse necessarium animae intellectivae ad eius propriam operationem, quae est intelligere: quia secundum esse suum a corpore non dependet. Si autem anima species intelligibiles secundum suam naturarti apta nata esset recipere per influentiam aliquorum separatorum principiorum tantum, et non acciperet eas ex sensibus, non indigeret corpore ad intelligenilum : unde frustra corpori uniretur. Si autem dicatur quod indiget anima nostra sensibus ad intelligendum, quibus quodaimmodo excitetur ad consideranda ea quorum species intelligibiles a principiis separatis recipit ; hoc non videtur sufftcere. Quia huiusmodi excitatio non videtur necessaria animae nisi inquantum est consopita, secundum Platonicos, quodammodo et obliviosa propter unionem ad corpus: et sic sensus non proficerent animae intellectivae nisi ad tollendum impedimentum quod animae provenit ex corporis unione. Remanet igitur quaerendum quae sit causa unionis animae ad corpus. Si autem dicatur, secundum Avicennam [ibid., c. 5], quod sensus sunt animae necessarii, quia per eos excitatur ut convertat se ad intelligentiam agentem, a qua recipit species ; hoc quidem non sufficit. Quia si in natura animae est ut intelligat per species ab intelligentia agente effluxas, sequeretur quod quandoque anima possit se convertere ad intelligentiam agentem ex inclinatione suae naturae, vel etiam excitata per alium sensum, ut convertat se ad intelligentiam agentem ad recipiendum species sensibilium quorum sensum aliquis non habet. Et sic caecus natus posset habere scientiam de coloribus : quod est manifeste falsum, - Unde dicendum est quod species intelligibiles quibus anima nostra intelligit, non effluunt a formis separatis. A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod species intelligibiles quas participat noster intellectus, reducuntur sicut in primam causam in aliquod principium per suam essentiam intelligibile, scilicet in Deum. Sed ab ilio principio procedunt medi antibus formis rerum sensibilium et materialium, a quibus scientiam colligimus, ut Diooiysius dicit [De Div. Nom., c. 7, lect. 2], A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod res materiales, secundum esse quod habcnt, extra animam, possunt esse sensibiles actu ; non autem actu intelligibiles. Unde non est simile de sensu et intellectu. A d t e r t iu m d ic e n d u m quod intellectus noster possibilis reducitur de potentia ad actum per aliquod ens actu, idest per intellectum agentem, qui est virtus quaedam animae nostrae, ut dictum est [q. 79, a. 4]: non autem per aliquem intellectum separatum, sicut per causam proximam ; sed forte sicut per causam remotam. mento della questione. - Sul plano metafisico la teoria platonica e le sue derivazioni non giustificano l unione deh'anima col suo corpo ; sul piano psicologico ha il grave inconveniente di urtare contro l esperienza. S. Tommaso accenna a quest ultimo prima di chiudere la risposta magistrale, contro la teoria di Avicenna. 1 Ai vari sistemi antichi di innatismo bisognerebbe aggiungere quello personalissimo di Antonio Rosmini, che cercò invano di non mettersi in opposizione col pensiero di S. Tommaso. Egli credette di poter ravvisare l innatismo dell «idea dell'essere» nell intelletto agente, oppure nella scienza abituale dei primi principi!. Ma la dottrina di questo articolo basta da sola a confutare l'affermazione seguente del Rosmini: «Rimane che l Idea dell essere sia Innata nell'anima nostra; sicché noi nasciamo colla presenza, e colla visione dell essere possibile, sebbene non cl badiamo che assai tardi» (Nuovo Saggio sull'origine delle idee, Roma, 1934, II, n. 468, p. 49 s. nota). 2 L intelletto separato a cui si accenna, causa remota della nostra intellezione, non è una delle sostanze separate escogitate dal neoplatonici, ma è Dio stesso (cfr. 1, q. 79, a. 4).

13 36 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 5 L A CONOSCENZA D E LL ANIM A 37 ARTICOLO 5 Se l anima intellettiva conosca le cose materiali nelle ragioni eterne.1 ARTICULU S 5 Utrum anima intellectiva cognoscat res materiales in rationibus aeternis. Supra, q. 12, a. 2, ad 3 j De VeHt., q. 8, a. 7, ad 13 ; q. 10, a. 6, ad 6 j a. 8. Sem bra che l anima intellettiva non conosca le cose materiali nelle ragioni eterne. Infatti: 1. Il mezzo nel quale è conosciuta una cosa deve essere già esso stesso maggiormente conosciuto. Ora, l anima intellettiva dell uoimo, nello stato della vita presente, non conosce le ragioni eterne, poiché non conosce neppure Dio, nel quale le ragioni eterne si trovano ; ma, al dire di Dionigi, si unisce a lui come a uno sconosciuto. Dunque l anima non conosce tutte le cose nelle ragioni eterne. 2. Sta scritto : «Le cose invisibili di Dio, comprendendosi dalle cose latte, si rendono visib ili». Ora, le ragioni eterne sono comprese tra le cose invisibili di Dio. Quindi le ragioni eterne sono conosciute mediante le creature materiali, e non viceversa. 3. Le ragioni eterne non sono altro che le idee; spiega infatti S. Agostino : «Le idee sono le ragioni immutabili delle cose, esistenti nella mente divina». Ora, se diciamo che l anima intellettiva conosce tutto nelle ragioni eterne, si ricade nella teoria di Platone, il quale riteneva che ogni nostra conoscenza promana dalle idee. I n contraiuo : Scrive S. Agostino : «Se tutti e due vediamo che è vero quanto dici tu, e che è vero quanto dico io, di grazia, dov è che lo vediamo? Certamente nè io in te, nè tu in me ; ma ambedue lo vediamo nella stessa immutabile verità, che è al disopra delle nostre m enti». Ora, la verità immutabile fa parte delle ragioni eterne. Dunque l anima intellettiva conosce ogni verità nelle ragioni eterne. R ispo n d o : Fa osservare S. Agostino : «S e i cosiddetti filosofi hanno eventualmente insegnato cose vere e conformi alla nostra fede, noi dobbiamo rivendicarle da essi a nostro vantaggio, come da possessori illegittimi. Infatti le dottrine dei pagani contengono superfetazioni fallaci e superstiziose, che ciascuno di noi uscendo dal paganesimo è tenuto a schivare». Per tale motivo S. Agostino, che era stato formato alle dottrine dei platonici, quando trovava nei loro scritti delle cose conformi alla fede, le riteneva ; mentre sostituiva con dottrine m igliori quanto vi riscontrava di opposto alla nostra fede. Ora, Platone, come si è visto sopra, ammetteva che le forme delle cose, da lui chiamate idee, sussistono per se stesse, indipendentemente dalla materia ; affermando che il nostro intelletto conosce tutte le cose mediante la partecipazione di esse. Cosicché la materia corporea sarebbe diventata pietra per causa della partecipazione dell idea-pietra, e il nostro intelletto avrebbe conosciuto la pietra mediante la partecipazione della medesima idea. Ora, non sembra conciliabile con la fede [l opinione] che le forme delle cose sussistano 1 Dopo di avere scartato le teorie platoniche e neoplatonlche sorte nel paganesimo, S. Tommaso si trova dinanzi al platonismo agostiniano. S. Agostino aveva trasferito il mondo delle idee (trasformate in rationcs aetemae) nel pensiero di- A d q u i n t u m s ic p r o c e d it u r. Videtur quod anima intellectiva non cognoscat res materiales in rationibus aeternis, Id enim in quo aliquid cognoscitiur, ipsum magis et per prius cognoscitur. Sed anima intellectiva hominis, in statu praesentis vitae, non cognoscit rationes aeternas: quia non cognoscit ipsum Deum, in quo rationes aeternae existunt, sed «ei sicut ignoto coniungitur», ut Dionysius dicit in 1 cap. Mysticae Theologiae. Ergo anima non cognoscit omnia in rationibus aeternis. 2. P raeterea, Rom. 1, 20, dicitur quod «invisibilia Dei per ea quae facta sunt, conspiciuntur». Sed inter invisibilia Dei numerantur rationes aetemae. Ergo rationes aeternae per creatu.ras materiales cognoscuntur, et non e converso. 3. P raeterea, rationes aeternae nihil aliud sunt quam ideae : dicit enim Augustinus, in libro Octoginta, trium Quaest. [q. 46], quod «ideae sunt rationes stabiles rerum in mente divina existentes». Si ergo dicatur quod anima intellectiva cognoscit omnia in rationibus aeternis, redibit opinio Platonis, qui posuit cmnem scientiam ab ideis derivari. S ed contra e st quod dicit Augustinus, 12 Confess. [c. 25] : «S i ambo videmus verum esse quod dicis, et ambo videmus verum esse quod dico, ubi quaeso in videmus? Nec ego utique in te, nec tu in me: sed ambo in ipsa, quae supra mentes nostras est, incommutabili vcritate». Veritas autem incommutabilis in aeternis rationibus continetur. Ergo anima intellectiva omnia vera cognoscit in rationibus aeternis. R espondeo d ic e n d u m quod, sicut Augustinus dicit in 2 De Doctr. Christ, [c. 40], <( Philosophi qui vocantur, si qua forte vera et fidei nostrae accomoda dixerunt, ab eis tanquam ab iniustis possessoribus in usum nostrum vindicanda sunt. Habent enim doctrinae gentilium quaedam simulata et superstitiosa figmenta, quae unusquisque nostrum de societate gentilium exiens, debet evitare». Et ideo Augustinus, qui doctrinis Platonicorum imbutus fuerat, si qua invenit fidei accommoda in eorum dictis, assumpsit ; quae vero invenit fidei nostrae adversa, in melius commutavit. Posuit autem Plato, sicut supra [a. praec.] dictum est, formas rerum per se subsistere a materia separatas, quas ideas vocabat, per quarum participationem dicebat intellectum nostrum omnia cognoscere; ut sicut materia corporalis per participationem ideae lapidis fit lapis, ita intellectus noster per participationem eiusdem ideae cognosceret lapidern. Sed quia videtur esse alienum a fide quod formae rerum extra res per se subsistant absque materia, sicut Platonici posuerunt, divino. E questa sua concezione era ormai universalmente accettata dai filosofi e dal teologi cristiani. L Aquinate nell articolo prendo posizione di fronte alla geniale Intuizione agostiniana, integrandola nel proprio sistema.

14 38 L A SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 5 separate da esse e senza la materia, come volevano i platonici; i quali, come riferisce Dionigi, sostenevano che «la vita per se stessa», o la «sapienza per se stessa», sono sostanze creatrici.1perciò S. Agostino, invece delle idee platoniche, ammise che nella mente divina esistono le ragioni di ogni cosa creata, e che in forza di tali ragioni tutti gli esseri ricevono la loiro forma, e l anima nostra conosce tutte le cose. Perciò quando si domanda se l anima umana conosca tutto nelle ragioni eterne, bisogna ricordare che due sono i sensi in cui si dice che una cosa è conosciuta in un altra. Primo, come inclusa in un oggetto conosciuto; nel modo cioè in cui chi guarda uno specchio vede in esso le cose che vi si specchiano. In tal senso l anima, nello stato della vita presente, non può vedere le cose nelle ragioni eterne ; ma questo è il modo in cui sono conosciute tutte le cose nelle ragioni eterne dai beati, i quali vedono Dio, e in lui tutte le cose. - Secondo, si può dire che una cosa è conosciuta in un altra in quanto quest ultima ne è il principio di conoscenza ; come se si dicesse che si vede nel sole quanto si vede per mezzo del sole. In tal senso bisogna dire che l anima conosce tutto nelle ragioni eterne, poiché in forza della loro partecipazione conosciamo tutte le cose. Infatti la stessa luce intellettuale che è in noi non è altro che un immagine partecipata della luce increata, in cui sono contenute le ragioni eterne. Perciò nei Salmi si legge : «Molti dicono : chi ci farà vedere il bene?» ; alla quale domanda cosi risponde il Salmista : «Qual sigillo è impressa su noi la luce del tuo volto, o Signore». Quasi per dire : Tutte le cose ci sono mostrate mediante il sigillo della luce divina che è in noi. Ma siccome per poter avere la cognizione delle cose materiali, oltre la luce intellettuale che è in noi, sono richieste anche le specie intellettive ricevute dalle cose, non abbiamo la conoscenza delle cose materiali mediante la sola partecipazione delle ragioni eterne, come volevano i platonici, i quali pensavano che la sola partecipazione delle idee bastasse alla conoscenza. Dice in proposito S. Agostino : < Ohe forse i filosofi, i quali insegnano con argomenti sicurissimi che tutte le cose temporali sono fatte secondo le ragioni eterne, hanno potuto scorgere in queste medesime ragioni, oppure desumere da esse, quanti siano i generi di animali e quali i semi dei singoli esseri? Non raggiunsero forse tali nozioni attraverso l indagine dei luoghi e dei tem pi?». Che poi S. Agostino, nell affermare che tutte le cose sono conosciute «n elle ragioni eterne», o «n ella verità incommutabile», non abbia inteso sostenere che queste ragioni sono conosciute direttamente, risulta da quanto scrive egli stesso nel libro Octoginta Irium quaestionum: «N o n ogni anima ragionevole, ma solo quella che è stata santa e pu ra», come è l anima dei beati, «è idonea a quella vistone», cioè alla visione mediante le ragioni eterne.2 E così sono evidenti le risposte da dare alle difficoltà. 1 II Card. Gaetano sente qui U dovere di richiamare l attenzione del lettore: «Nota che la sentenza di Platone è giudicata contrarla alla fede per due motivi. Primo, perchè Platone riteneva sussistenti non soltanto le essenze delle cose sensibili, e cioè l essenza del bue, del cavallo, del leone, ecc., ma anche la sapienza, la LA CONOSCENZA D ELL AN IM A 39 centes «per se vitam» aut «per se sapientiam» esse quasdam substantias creatrices, ut Dionysius dicit 11 cap. De Div. Noni. [lect. 4] ; ideo Augustinus, in libro Octoginta trium Quaest. [q. 46], posuit loco harum idearum quas Plato ponebat, rationes omnium creaturarum in mente divina existere, secundum quas omnia formantur, et secundum quas etiam anima humana omnia cognoscit. Cum ergo quaeritur utrum anima humana in rationibus aeternis omnia cognoscat, dicendum est quod aliquid in aliquo dicitur cognosci dupliciter. Uno modo, sicut in obiecto cognito ; sicut aliquis videt in speculo ea quorum imagines in speculo resultant. Et hoc modo anima, in statu praesentis vitae, non potest videre omnia in rationibus aeternis ; sed sic in rationibus aeternis cognoscunt omnia beati, qui Deum vident et omnia in ipso. - Alio modo dicitur aliquid cognosci in aliquo sicut in cognitionis principio ; sicut si dicamus quod in solo videntur ea quae videntur per solem. Et sic necesse est dicere quod anima humana omnia cognoscat in rationibus aeternis, per quarum participationem omnia cognoscimus. Ipsum enim lumen intellectuale quod est in nobis, nihil est aliud quam quaedam participata similitudo luminis increati, in quo eontinentur rationes aeternae. Unde in Psalmo 4,6-7 dicitur: «M u lti dicunt, Quis ostendit nobis bona?» cui quaestioni Psalmista respondet, dicens: «S i gnatura est super nos lumen vultus tui, Domine». Quasi dicat: P er ipsam sigillationem divini luminis in nobis, omnia nobis demonslrantur. Quia tamen praeter lumen intellectuale in nobis, exiguntur species intelligibiles a rebus acceptae, ad scientiam de rebus materialibus babendam; ideo non per solam participationem rationum aeternarum de rebus materialibus notitiam habemus, sicut Platonici posuerunt quod sola idearum participatio sufficit ad scientiam habendam. Unde Augustinus dicit, in 4 De Trin. [c. 16] : «Numquid quia pliilosophi documentis certissimis persuadent aeternis rationibus omnia temporalia fieri, propterea potuerunt in ipsis rationibus perspicere, vel ex ipsis colligere quot sint animalium genera, quae semina sdngulorum? Nonne ista omnia per locorum ac temporum historiam quaesierunt?». Quod autem Augustinus non sic intellexerit omnia cognosci «in rationibus aeternis», vel «in incommutabili ven tate», quasi ipsae rationes aeternae videantur, patet per hoc quod ipse dicit in libro Octoginta trium, Quaest. [loco cit.], quod «rationalis anima non omnis et quaelibet, sed quae sancta et pura fuerit, asseritur illi visioni», scilicet rationum aeternarum, «esse id o n ea»; sicut sunt animae beatorum. Et per haec patet responsio ad obiecta. vita e le altre perfezioni slm pliclter slmpllces... fuori di Dio. Secondo, perchè queste forme venivano considerate come creatrici: mentre la creazione spetta unicamente a Dio» (in h. a.). 2 Con ciò l Autore non pretende di attribuire senz altro a S. Agostino la teoria, aristotelica : egli sa di trattare con un platonico. Vuole soltanto sottolineare quet testi dai quali risulta che 11 grande Vescovo africano ha sentito le Insufficienze di una teoria, al cui motivi abitualmente si ispirava, ma di cui non si rese mai schiavo.

15 40 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 6 LA CONOSCÈNZA D ELL ANIM A 41 ARTICOLO 6 Se la cognizione intellettiva derivi dalle cose sensibili.1 S e m b r a che la conoscenza intellettiva non derivi dalle cose sensibili. Infatti: 1. S. Agostino insegna che «non bisogna aspettarsi una sincera verità dai sensi del corpo». E lo prova in due modi. Primo, dal fatto che (( quanto è oggetto dei sensi si trasforma ininterrottamente ; e ciò che è instabile non può essere percepito». Secondo, dal fatto che «possiamo avere l impressione delle immagini di tutto ciò che sentiamo mediante il corpo, anche quando le cose sono assenti dai sensi, p. es., nel sonno o nei momenti di alienazione; inoltre con i sensi non siamo capaci di discemere, se effettivamente sentiamo le cose sensibili, o le loro immagini fallaci. Ora, niente può dirsi percepito, se non viene distinto da ciò che è falso». Perciò S. Agostino conclude che non si deve aspettare la verità dai sensi. Ma la conoscenza intellettiva include la percezione della verità. Dunque non dobbiamo aspettare dai sensi la cognizione intellettiva. 2. S. Agostino scrive: «N on si creda che il corpo possa agire siullo spirito, mettendo lo spirito di fronte all azione del corpo in condizione di materia: poiché chi agisce è, sotto tutti gli aspetti, superiore a chi subisce l azione». E conclude che «n on il corpo produce l immagine del corpo nello spirito, ma lo spirito la produce in se stesso». Dunque la cognizione intellettiva non deriva dalle cose sensibili. 3. Gli effetti non possono oltrepassare la virtù della loro causa. Ora, la conoscenza intellettiva si estende al di là delle cose sensibili : abbiamo infatti l intellezione di cose non percepibili dai sensi. Dunque la cognizione intellettiva non deriva dalle cose sensibili. In c o n t r a r io: Il Filosofo dimostra che i sensi sono il principio di tutta la nostra conoscenza. R is p o n d o : Sulla presente questione tre furono le opinioni dei filosofi. 2 Democrito insegna, come riferisce S. Agostino, che «l unica causa di ogni nostra conoscenza consiste nel fatto che dai corpi, sui quali si volge il nostro pensiero, partono le immagini ed entrano nelle nostre anime». Anche Aristotele ricorda che Democrito spiegava la conoscenza «mediante immagini ed emanazioni». - La ragione di questa teoria sta nel fatto che tanto Democrito, quanto gli antichi naturalisti ritenevano che l intelletto non differisse dal senso, come attesta Aristotele. E siccome il senso viene alterato dall oggetto sensibile, ritenevano che ogni nostra conoscenza avvenisse solo mediante l alterazione prodotta dalle cose sensibili. E Democrito sosteneva che questa alterazione si produce mediante emanar zioni di immagini. 1 Dopo aver esclusa ogni altra fonte di conoscenza Intellettuale, si viene ad «sporre, non più in funzione di critica, ma di costruzione sistematica, la soluzione aristotelica : «Ogni nostra conoscenza comincia del sensi». ARTICULUS 6 Utrum intellectiva cognitio accipiatur a rebus sensibilibus. De Vertt., q. 10, a. 0 ; q. 19, a. 1j De Anima, a. 15 ; Quodlib. 8, q. 2, a. 1j Compend. Theol., cc. 81 ss. Ad s e x t u m s ic p r o c e d it u r. Videtur quod intellectiva cognitio non accipiatur a re±»us sensibilibus. Dicit enim Augustinus, in libro Octoginta trium Quaesl. [q. 9], quod «non est expectanda sinceritas veritatis a corporis sensibus». Et hoc probat dupliciter. Uno modo, per hoc quod «omne quod corporeus sensus attingit, sine ulla intermissione temporis commutatur: quod autem non manet, percipi non potest». Alio modo, per hoc quod «om nia quae per corpus sentdmus, etiam cum non adsunt sensibus, imagines tamen eorum patimur, ut in somno vel furore ; non autem sensibus discernere valemus utrum ipsa sensibilia, vel imagines eorum falsas sentiamus. Nihil autem percipi potest quod a falso non discemitur». Et sic concludit quod non est expectanda veritas a sensibus. Sed cognitio intellectualis est apprehensiva veritatis. Non ergo cognitio intellectualis est expectanda a sensibus. 2, P raetkrea, Augustinus dicit, 12 Super Gen. ad tilt. [c. 16] : «Non est putandum facere aliquid corpus in spiritum, tanquam spiritus corpori facienti materiae vice subdatur : omni enim modo praestantior est qui facit, ea re de qua aliquid fa'cit». Unde concludit quod «imaginem corporis non corpus in spirito, sed ipse spiritus in seipso facit». Non ergo intellectualis cognitio a sensibilibus derivatur. 3. P raeterea, effectus non se extendit ultra virtutem suae causae. Sed intellectualis cognitio se extendit ultra sensibilia: intelligimus enim quaedam quae sensru percipi non possunt. Intellectualis ergo cognitio non derivatur a rebus sensibilibus. S ed contra est quod Philosophus probat, 1 Metaphys. [c. 1, lect, 1], et in fine Poster. [2, c. 15, lect. 20], quod principium nostrae cognitionis est a sensu. R espondeo d ic e n d u m quod circa istam quaestionem triplex fuit philosophorum opinio. Democritus enim posuit quod «n u lla est alia causa cuiuslibet nostrae cognitionis, nisi cum ab his corporibus quae cogitamus, veniunt atque intrant imagines in animas nostras», ut Augustinus dicit in epistola sua ad Dioscorum [Epist. 118, c. 4], Et Aristoteles etiam dicit, in libro De Somn, et Vigil. [De Divin. per Somn., c. 2] quod Democritus posuit cognitionem fieri «p e r idola et defluxiones». - Et huius positionis ratio fuit, quia tam ipse Democritus quam alii antiqui Naturales non ponebant intellectum differre a sensu, ut Aristoteles dicit in libro De Anima [3, c. 3, lect. 4], Et ideo, quia sensus immutatur a sensibili, arbitrabantur oannem nostrano cognitionem fieri per solam immutationem a sensibilibus. Quam quidem immutationem Democritus asserebat fieri per imaginum defluxiones. a In sostanza, anche negli sviluppi successivi del pensiero filosofico, non si sono registrate altre soluzioni del problema, radicalmente diverse da quelle già indicate da S. Tommaso: sensismo, idealismo e «astraxionismo o realismo moderato»,

16 42 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 6 Piatone al contrario stabilì che l1intelletto è distinto dal senso, e che esso è una potenza immateriale, la quale nei suoi atti non si serve di un organo corporeo. E poiché ciò che è incorporeo non può essere alterato dalle cose corporee, pensò che la cognizione intellettiva non avviene mediante un alterazione dell' intelletto dovuta alle cose sensibili, ma per la partecipazione di forme intelligibili separate, come abbiamo spiegato. Pensava anzi che anche il senso fosse una facoltà capace di agire per se stessa. Sicché il senso, ridotto ad essere una potenza immateriale, non potrebbe essere trasmutato dalle cose sensibili ; ma sarebbero alterati soltanto gli organi della sensibilità, e da questa alterazione l anima sarebbe sollecitata a formare in se stessa le specie delle cose sensibili. Sembra che a una tale opinione voglia accennare S. Agostino, quando scrive : «Non è il corpo che sente, ma l anima per mezzo del corpo, del quale si serve come di messaggero, per formare in se stessa quanto le viene annunziato dal di fu ori». In conclusione, nella teoria platonica la conoscenza intellettiva non deriva dalla realtà sensibile ; anzi neppure quella sensitiva procede totalmente dalle cose sensibili; ma queste stimolerebbero l anima sensitiva a sentire, mentre i sensi stimolerebbero l'anim a intellettiva a intendere. Aristotele prese una via intermedia. Ammise con Platone che l intelletto è distinto dal senso. Ma negò che il senso possa avere la propria operazione indipendentemente dal corpo; cosicché la sensazione non è un atto della sola anima, bensì del composto. E affermò la stessa cosa di tutte le operazioni della parte sensitiva. Non essendosi trovata nessuna incongruenza ad ammettere che le cose sensibili, esistenti fuori dell anima, producano un effetto su tutto il composto [umano], Aristotele venne a concordare con Democrito nel ritenere che le operazioni della parte sensitiva sono causate dalle impressioni delle cose sensibili sui sensi ; però non mediante emanazioni, come pensava Democrito, ma mediante determinate operazioni. Democrito infatti supponeva che ogni operazione fosse prodotta da spostamenti o emanazioni di atomi, come si rileva da A ristotele. - Questi però riteneva che l intelletto ha una sua operazione indipendentemente dal corpo. Infatti nessuna realtà corporea può agire su di un essere incorporeo. Stando perciò ad Aristotele, non basta l azione dei corpi sensibili a causare l intellezione, ma si richiede qualche cosa di più nobile; perchè «l agente è sempre superiore al paziente», come egli si esprime. Però neppure si dica che l operazione intellettiva è in noi causata dal solo influsso di certi esseri superiori, come voleva Platone : ma l agente superiore e più nobile, che Aristotele denomina intelletto agente e di cui abbiamo già parlato, mediante l astrazione rende intelligibili in atto i fantasmi avuti per mezzo dei sensi. Perciò rispetto ai fantasmi l operazione intellettiva è causata dai sensi. Siccome però i fantasmi non hanno la capacità di agire siull intelletto possibile, ma devono diventare intelligibili in atto in forza dell intelletto agente, non si può affermare che la conoscenza sensitiva è la causa totale e perfetta della conoscenza intellettiva ; chè, anzi, in un certo senso, essa è la materia s>u cui la causa agisce. 1 1 II Dottore Angelico non sente 11 bisogno di dichiararsi per quest ultlma spiegazione, tanto gli appariva logica e naturale. Se vogliamo, essa presenta un» L A CONOSCENZA DELL A N IM A 43 Plato vero e contrario posuit intellectum differre a sensu ; et intellectum quidem esse virtutem immaterialem organo corporeo non utentem in suo actu. Et quia incorporeum non potest immutari a corporeo, posuit quod cognitio intellectualis non fit per immutationem intellectus a sensibilibus, sed per participationem formarum intelligibilium separatarum, ut dictum est [aa. 4, 5], Sensum etiam posuit virtutem quandam per se operantem. Unde nec ipse sensus, cum sit quaedam vis spiritualis, immutatur a sensibilibus : sed organa sensuum a sensibilibus immutantur, ex qua immutatione anima quodammodo excitatur ut in se species1sensibilium formet. Et hanc opinionem tangere videtur Augustinus, 12 Super Gen. ad litt. [c. 24], ubi dicit quod «corpus non sentit, sed anima per corpus, quo velut nuntio utitur ad formandum in seipsa quod extrinsecus nuntiatur». Sic igitur secundum Platonis opinionem, neque intellectualis cognitio a sensibili procedit, neque etiam sensibilis totaliter a sensibilibus rebus ; sed sensibilia excitant animam sensibilem ad sentiendum, et similiter sensus excitant animam intellectivam ad intelligendum. Aristoteles autem inedia via processit. Posuit enim [3 De Anima., c. 3, lect. 4] cum Platone intellectum differre a sensu. Sed sensum posuit propriam operationem non habere sine communicatione corporis; ita quod sentire non sit actus animae tantum, sed ooniuncti. Et similiter posuit. de omnibus operationibus sensitivae partis. Quia igitur non est inconveniens quod sensibilia quae sunt extra animam, causent aliqudd in coniunctum, in hoc Aristoteles cum Democrito concordavit, quod operationes sensitivae partis causentur per impressionem sensibilium in sensum : non per modum defluxionis, ut Democritus posuit, sed per quandam operationem. Nam et Democritus omnem actionem fieri posuit per influxionem atomorum, ut patet in 1 De Generat. [c. 8, lect. 21]. - Intellectum vero posuit Aristoteles [3 De Anima, c. 4, lect. 7] habere operationem absque communicatione corporis. Nihil autem corporeum imprimere potest in rem incorpoream. Et ideo ad causandam intellectualem operationem, secundum Aristotelem, non sufficit sola impressio sensibilium corporum, sed requiritur aliquid nobilius, quìa «agens est honorabilius patiente», ut ipse dicit [ibid., c. 5, lect. 10], Non tamen ita quod intellectualis operatio causet-ur in nobis ex sola impressione aliquarum rerum superiorum, ut Plato posuit: sed illud superius et nobilius agens quod vocat intellectum agentem, de quo iam supra [q. 79, aa. 3, 4] diximus, facit phantasmata a sensibus accepta intelligibilia in actu, per modum abstractionis cuiusdam, Secundum hoc ergo, ex parte phantasmatum intellectualis operatio a sensu causatur. Sed quia phantasmata non sufficiunt immutare intellectum possibilem, sed oportet quod fìant intelligibilia actu per intellectum agentem ; non potest dici quod sensibilis cognitio sit totalis et perfecta causa intellectualis cognitionis, sed magis quodammodo est materia causae. complessità, che potrebbe sembrare, a prima vista, una serie di complicazioni: due generi di potenze conoscitive, le irne sensitive le altre intellettive ; sdoppiamento dell intelletto in due facoltà distinte ; dipendenza oggettiva e non formale dell' intelletto dai sensi in tutta la sua attività di percezione e di riflessione. Tutto questo indispone facilmente del critici frettolosi, 1 quali hanno il torto di non ricordare che questa complessità di elementi è stata imposta dall insufficienza delle altre spiegazioni. Il sensismo e l idealismo sono spiegazioni unilaterali facilmente criticabili. L aristotelismo non si è fermato a criticare.

17 44 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, aa. 6-7 S o l u z io n e delle d if f ic o l t à : 1. S. Agostino con quelle parole vuol far capire che la verità non dobbiamo aspettarla totalmente dai sensi. E difatti si richiede il lume dell intelletto agente per conoscere l immutabile verità nelle cose mutevoli, e per distinguere la realtà delle cose dalle immagini di esse. 2. In quel passo S. Agostino non parla della cognizione intellettiva, ma di quella immaginaria. Poiché infatti, secondo la teoria platonica, l immaginativa ha un operazione che appartiene alla sola anima, S. Agostino, per dimostrare che i corpi non imprimono le loro immagini su quella facoltà, e che è l'anima stessa a far questo, u^ò lo stesso argomento che usa Aristotele per provare che l ' intelletto agente è un entità separata [dalla materia] ; cioè ohe «l agente è sempre superiore al paziente». E non vi è dubbio che, stando a questa teoria, bisognerebbe ammettere nell immaginativa, non solo una potenza passiva, ma anche una potenza attiva. Ma se ammettiamo con Aristotele che l atto della immaginativa appartiene al composto, non troviamo più difficoltà di sorta: un corpo sensibile infatti è al disopra degli organi sensitivi dell animale, per il fatto che rispetto ad essi si trova come un ente in atto di fronte a un ente in potenza ; esattamente come l oggetto colorato in atto sta alla pupilla, che è colorata solo potenzialmente. - Si potrebbe anche rispondere diversamente. Poiché, sebbene la prima alterazione dell immaginativa provenga dall azione degli oggetti sensibili, essendo appunto «la fantasia un moto che ha origine dal senso», come dice Aristotele, tuttavia si trova [ad avere] nell'uomo un operazione psichica, la quale, esercitandosi a scomporre e a ricomporre, forma varie immagini di cose non sempre percepite dai sensi.1 Ebbene le parole di S. Agostino potrebbero riferirsi a questa attività. 3. La conoscenza sensitiva non è la causa totale di quella intellettiva. Non fa quindi meraviglia che questa oltrepassi la sfera di quella sensitiva. L A CONOSCENZA D ELL AN IM A 45 A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod per verba illa Augustini datur intelligi quod veritas non sit totaliter a sensibus expectanda. Requie ritur enim lumen intellectus agentis, per quod immutabiliter veritatem in rebus mutabilibus cognoscamus, et discernamus ipsas res a similitudinibus rerum. Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod Augustinus ibi non loquitur de intellectuali cognitione, sed de imaginaria. Et quia, secundum Platonis opinionem, vis imaginaria habet operationem quae est animae solius ; eadem ratione usus est Augustinus ad ostendendum quod corpora non imprimunt suas similitudines in vim imaginariam, sed hoc facit ipsa anima, qua utitur Aristoteles [loco cit.] ad probandum intellectum agentem esse aliquid separatum, quia scilicet «agens est honorabilius patiente». Et procul dubio oportet, secundum hanc positionem, in vi imaginativa ponere non solum potentiam passivam, sed etiam activam. Sed si ponamus, secundum opinionem Aristotelis [1 De Anima, c. 1, lect. 2], quod actio virtutis imaginativae sit coniuncti, nulla sequitur difflcultas: quia corpus sensibile est nobilius organo animalis, secundum hoc quod comparatur ad ipsum ut ens in actu ad ens in potentia, sicut coloratum in actu ad pupillam, quae colorata est in potentia. - Posset tamen dici quod, quamvis prima immutatio virtutis imaginariae sit per motum sensibilium, quia «phantasia est motus factus secundum sensum», ut dicitur in libro 3 De Anima [e. li, lect, 6]; tamen est quaedam operatio animae in homine quaé dividendo et componendo format diversas rerum imagines, etia.rn qjiaé non sunt à sensibus acceptae. Et quantum ad hoc possunt a,ccipi verba Augustini.\ Ad t e r t iu m d ic e n d u m quócl/ sensitiva cognitio non/ est tota causa intellectualis cognitionis. Et ideo non est mirum si intellectualis cognitio ultra sensitivam se eictendit. ARTICOLO 7 Se l intelletto possa avere l intellezione attuale mediante le specie intelligibili che già possiede, senza volgersi ai fantasmi.3 ARTICULUS 7 Utrum intellectus possit actu intelligere per species intelligibiles quas penes se habet, non convertendo se ad phantasmata. Infra, <j. 89, a. 1; ì Seni., d. 20, q. 2, a. 2, ad 3 ; 3, d. 31, q. 2, a. 4 ; I Coni. Gent., cc. 73, 81 ; De Verlt., q. 10, a. 2, ad 7 j a. 8, ad 1 ; q. 19, a. 1j / Cor., c. 13, lect. 3 j De Mem. et remln., lect. 3. S e m bra che l intelletto possa avere l intellezione attuale mediante le specie intelligibili che già possiede, senza volgersi ai fantasmi. Infatti : 1. L intelletto ha l intellezione attuale mediante la specie intenzionale da cui è informato. Ora l intelletto in atto non è che l intellezione stessa. Perciò per avere l intellezione attuale bastano le specie intelligibili, senza bisogno di volgersi ai fantasmi. 2. Ha maggiore dipendenza l immaginativa dai sensi, che l intelletto dall immaginativa. Ora, questa può attualmente immaginare 1 Questa funzione non è da attribuirsi alla cogitativa, come pensa 11 P. J. Wétvért (SOM. Franc., La pensée ìiumalne, p. 234), essendo una caratteristica della immaginativa umana. Avicenna, anzi, aveva pensato addirittura di distinguere A d s e p t i m u m s ic p r o c e d it u r. Videtur quod intellectus possit actu intelligere per species intelligibiles quas penes se habet, non convertendo se ad phantasmata. Intellectus enim fìt in actu per speciem intelligibilem qua informatur. Sed intellectum esse in actu, est ipsum intelligere. Ergo species intelligibiles suffìciunt ad hoc quod intellectus actù intelligat, absque hoc quod ad phantasmata se convertat. 2. P raeterea, magis dependet imaginatio a sensu, quam intellectus ab imaginatione. Sed imaginatio potest imaginari actu, absentibus la fantasia dalla Immaginativa, proprio per questa sua funzione particolare. Distinzione che S. Tommaso crede invece superflua, come abbiamo già visto. Cfr. q. 78, a fantasma di cui si parla non è che l ' Immagine intenzionale della fantasia e delle altre facoltà sensitive interiori.

18 46 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 7 nell assenza degli oggetti sensibili. A più forte ragione quindi l intelletto potrà intendere senza volgersi ai fantasmi. 3. Non esistono fantasmi degli esseri immateriali, poiché l immaginativa non oltrepassa i limiti del tempo e dello spazio. Se dunque il, nostro intelletto non potesse avere un intellezione attuale senza volgersi ai fantasmi, ne seguirebbe la sua incapacità a conoscere qualsiasi oggetto immateriale. E ciò è falso in modo evidente ; poiché noi conosciamo e la verità stessa e Dio e gli Angeli. In c o n t r a r io: Il Filosofo insegna che «l anima niente conosce senza i fantasmi». R is p o n d o : E impossibile che il nostro intelletto nella vita presente, in cui è unito a un corpo passibile, possa avere un intellezione attuale senza volgersi ai fantasmi. Ne abbiamo due prove. Primo, essendo l intelletto una facoltà inorganica e immateriale, in nessuna maniera verrebbe Impedito nel suo atto dalla menomazione di un organo corporeo, se per la sua operazione non si richiedesse l atto d i una potenza organica. Ora, potenze organiche sono e i sensi, e la fantasia, e le altre facoltà della parte sensitiva. È evidente perciò che l intelletto per operare richiede l atto dell immaginativa e delle altre facoltà, non solo nell acquisto di nuove conoscenze, ma anche nell uso della scienza acquisita. Vediamo infatti che l uomo è reso incapace di intendere le cose conosciute, quando la lesione di un organo impedisce o l operazione dell immaginativa, come nei pazzi furiosi, o l operazione della memoria, coone nei dementi. - Secondo, ognuno può sperimentare in se stesso questo fatto : quando si sforza di intendere qualche cosa, si costruisce dei fantasmi a guisa di esempi, e in essi cerca di riscontrare quello che tenta di capire. Ii anche quando vogliamo spiegare una cosa a un altro, gli proponiamo degli esempi, dai quali egli possa formarsi delle immagini adatte per capire.1 E la ragione si è che la potenza conoscitiva deve essere proporzionata all oggetto conoscibile.2 Quindi, per l intelligenza angelica, totalmente separata dal corpo, oggetto proporzionato sono le sostanze intelligibili separate dalla materia, e mediante queste l angelo conosce anche le cose materiali. Invece, oggetto proprio dell intelletto umano unito al corpo sono le quiddità o nature, che hanno la loro sussistenza nella materia corporea ; e mediante queste quiddità delle cose visibili, l uomo può salire a una certa conoscenza delle cose invisibili. Ora, la nozione stessa di queste nature esige ohe esse abbiano concreta sussistenza in determinati individui ; e ciò non può verificarsi senza la materia. Così la nozione della natura della pietra richiede la sussistenza concreta di essa in questa determinata pietra ; e quella della natura del cavallo richiede la sussistenza concreta in un dato cavallo, e così via. Non si può quindi conoscere in maniera completa e vera la nat/ura della pietra, o di qualsiasi altro essere materiale, se non si conosce nella sua esistenza particolare e concreta. Ora, noi raggiungiamo il par- 1 L'articolo mira a completare la teoria aristotelica della conoscenza, di cui sono state poste le basi, accettando come unica fonte originaria la via del sensi. La psicologia sperimentale ha sostanzialmente confermato le induzioni dell'arlstotelisino Molti studiosi moderni non riescono ancora a comprendere la portata filosofica di certi problemi, ostinandosi a descrivere l'elaborazione dei dati sensibili fino alla loro graduale evoluzione in dati intelligibili ; senza riflettere che il LA CONOSCENZA D E LL A N IM A 47 sensibilibus. Ergo multo magis intellectus potest intelligere actu, non convertendo se ad phantasmata 3. P raeterea, incorporalium non sunt aliqua phantasmata: quia imaginatio tempus et continuum non transcendit. Si ergo intellectus noster non posset aliquid intelligere in actu nisi converteretur ad phantasmata, sequeretur quod non posset intelligere incorporeum aliquid. Quod patet esse falsum : intelligimus enim veritatem ipsam, et Deum et angelos. S ed contra est quod Philosophus dicit, in 3 De Anima [c. 7, lect. 12], quod «n ih il sine phantasmate intelligit anim a». R espondeo dicend um quod impossibile est intellectum nostrum, secundum praesentis vitae statum, quo passibili corpori coniungitur, aliquid intelligere in actu, nisi convertendo se ad phantasmata. Et hoc duobus indiciis apparet. Primo quidem quia, cum intellectus sit vis quaedam non utens corporali organo, nullo modo impediretur in suo actu per laesionem alicuius corporalis organi, si non requireretur ad eius actum actus alicuius potentiae utentis organo corporali. Utuntur autem organo corporali sensus et imaginatio et aliae vires pertinentes ad partem sensitivam. Unde manifestum est quod ad hoc quod intellectus actu intelligat, non solum accipiendo scientiam de novo, sed etiam utendo scientia iam acquisita, requiritur actus imaginationis et ceterarum virtutum. Videmus enim quod, impedito actu virtutis imaginativae per laesionem organi, ut in phreneticis ; et similiter impedito actu memorativae virtutis, ut in lethargicis ; impeditur homo a<b intelligendo in actu etiam ea quorum scientiam praeaccepit. - Secundo, quia hoc quilibet in seipso experiri potest, quod quando aliquis conatur aliquid intelligere, format aliqua phantasmata sibi per modum exemplorum, in quibus quasi inspiciat quod intelligere studet. Et inde est etiam quod quando alium volumus facere aliquid intelligere, proponimus ei exempla, ex quibus sibi phantasmata formare possit ad intelligendum. Huius autem ratio est, quia potentia cognoscitiva proportionatur cognoscibili. Unde intellectus angelici, qui est totaliter a corpore separatus, obiectum proprium est substantia intelligibilis a corpore separata ; et per huiusmodi intelligibilia materialia cognoscit. Intellectus autem humani, qui est coniunctus corpori, proprium obiectum est.quidditas sive natura in materia corporali existens ; et per huiusmodi naturas visibilium rerum etiam in invisibilium rerum aliqualem cognitionem ascendit. De ratione autem huius naturae est, quod in aliquo individuo existat, quod non est absque materia corporali : sicut de ratione naturae lapidis est quod sit in hoc lapide, et de ratione naturae equi quod sit in hoc equo, et sic de aliis. Unde natura lapidis, vel cuiuscumque materialis rei, cognosci non potest complete et vere, nisi secundum quod cognoscitur ut in particulari passaggio dall immagine all idea non può avvenire per uno sviluppo omogeneo, ma si richiede l intervento di una facoltà superiore sostanzialmente diversa dat 2 Questa consonanza metafisica tra oggetto e soggetto Immediato non è semplicemente un bei giuoco dialettico, come potrebbe sembrare a prima vista. Anche nel mondo delle scienze positive oggi si comincia a comprendere che il «fenomeno conoscenza» è condizionato in tutto e per tutto aua struttura del soggetto (cfr. Edmngton A., La filosofia della scienza fisica, Bari, 1941). Ma se l oggetto più Immediato della nostra mente non avesse una corrispondenza di struttura con la nostra psiche, la nostra cognizione non potrebbe mal essere oggettiva.

19 48 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, aa. 7-8 ticolare mediante il senso e l immaginativa. Perciò, affinchè l intelletto possa conoscere il proprio oggetto, è necessario che si volga ai fantasmi, e apprenda così la natura universale sussistente in ogni essere particolare. - Se invece oggetto proprio del nostro intelletto fossero le forme separate, oppure, se le nature delle cose sensibili avessero una loro sussistenza indipendentemente dagli esseri particolari, come volevano i platonici, non sarebbe necessario che il nostro intelletto, ogni volta che intende, si volgesse sempre ai fantasmi. ' S o l u z io n e delle d if f ic o l t à : 1. Le idee conservate nell intelletto possibile, quando non c è intellezione attuale, esistono in esso allo stato di abiti, come abbiamo spiegato. Perciò, la conservazione delle specie intelligibili non basta per l intellezione attuale, ma è necessario servirsene nella maniera che si confà alle cose di cui sono le specie ; le quali cose sono nature aventi la loro sussistenza in esseri particolari e concreti, 2. Il fantasma stesso è un immagine della cosa particolare ; perciò l immaginativa non ha bisogno, come l intelletto, di un altra immagine del particolare. 3. Gli esseri immateriali, di cui non si possono avere dei fantasmi, sono conosciuti da noi per analogia con i corpi sensibili, di cui abbiamo i fantasmi. Così noi conosciamo la verità [in astratto] nel considerare un oggetto qualsiasi di cui investighiamo la verità ; conosciamo Dio quale causa [prima], per via di eminenza e di negazione, come insegna Dionigi : e anche le altre sostanze immateriali, nella vita presente, non possiamo conoscerle se non per via di negazioni, o per una certa analogia col mondo dei corpi. Perciò, anche quando abbiamo una qualche idea di tali oggetti, che pure non possono avere fantasmi che li rappresentino, siamo nella necessità di rivolgerci ai fantasmi dei corpi. LA CONOSCENZA D ELL ANIM A 49 existens. Particulare autem apprehendimus per sensum et imaginationem. Et ideò necesse est ad hoc quod intellectus actu intelligat suum obiectum proprium, quod convertat se ad phantasmata, ut speculetur naturam universalem in particulari existentem. - Si autem proprium obiectum intellectus nostri esset forma separata ; vel si naturae rerum sensibilium subsisterent non in particularibus, secundum Platonicos ; non oporteret quod intellectus noster semper intelligendo converteret se ad phantasmata. A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod species conservatae in intellectu possibili, in eo existunt habitualiter quando actu non intelligit, sicut supra [q. 79, a. 6] dictum est. Unde ad hoc quod intelligamus in actu, non sufficit ipsa conservatio specierum ; sed oportet quod eis utamur secundum quod convenit rebus quarum sunt species, quae sunt naturae in particularibus existentes. A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod etiam ipsum phantasma est similitudo rei particularis: unde non indiget imaginatio aliqua alia similitudine particularis, sicut indiget intellectus. A d t e r t iu m dicend um quod incorporea, quorum non sunt phantasmata, cognoscuntur a nobis per comparationerri ad corpora sensibilia, quorum sunt phantasmata. Sicut veritatem intelligimus ex consideratione rei circa quam veritatem speculamur; Deum autem, ut Dionysius dicit [De Div. Nom., c. 1, lect. 3], cognoscimus ut causam, et per excessum, et per remotionem ; alias etiam incorporeas substantias, in statu praesentis vitae, cognoscere non possumus nisi per remotionem, vel aliquam comparationem ad corporalia. Et ideo cum de huiusmodi aliquid intelligimus, necesse habemus converti ad phantasmata corporum, licet ipsorum non sint phantasmata. ARTICOLO 8 Se l atto intellettivo del giudizio 1 sia ostacolato dall assopimento dei sensi. S e m b r a che l atto intellettivo del giudizio non sia ostacolato dall assopimento dei sensi. Infatti: 1. Le cose superiori non dipendono da quelle inferiori. Ora, il giudizio intellettivo è superiore al senso. Dunque tale atto non può essere ostacolato dall assopimento dei sensi. 2. Ragionare è un atto dell intelletto. Ora, i sensi nel sonno sono assopiti, come insegna Aristotele ; e tuttavia capita talvolta che uno si metta a ragionare nel sonno. Dunque l atto intellettivo del giudizio non viene ostacolato dah assopimento dei sensi. I n c o n t r a r io: Come dice S. Agostino, non si considera peccato quanto capita nel sonno' contro i buoni costumi. Così non sarebbe, 1 Ricordiamo per 1 non Iniziati che, secondo la filosofia scolastica, tre sono le operazioni della mente: semplice apprensione, giudizio, e raziocinio. La verità formalmente appartiene al giudizio, ed è per questo che 11 quesito proposto riveste un Importanza particolare. - Tutti concordano sostanzialmente nell'ammettere ARTICULUS 8 Utrum iudicium intellectus impediatur per ligamentum sensus. //-//, q. 154, a. 5; 3 Sent., d. 15, q. 2, a. 3, qc. 2, ad 2 ; De Verll., q.12, a. 3, ad lss. ; q. 28, a. 3, ad 6. Ad o c t a v u m s ic pr o c e d it u r. Videtur quod iudicium intellectus non impediatur per ligamentum sensus. Superius enim non dependet ab inferiori, Sed iudicium intellectus est supra sensum. Ergo iudicium intellectus non impeditur per ligamentum sensus. 2. P raeterea, syllogizare est actus intellectus. In somno autem ligatur sensus, ut dicitur in libro De Somn. et Vig. [c. 1, lect. 2] ; contingit tamen quandoque quod aliquis dormiens syllogizat. Ergo non impeditur iudicium intellectus per ligamentum sensus. S ed contra e st quod in dormiendo ea quae contra licitos mores contingunt, non imputantur ad peccatum ; ut Augustinus in 12 Suche per la sicurezza del nostro giudizio bisogna guardarsi dal sonno e da qualsiasi altro stato di alienazione dei sensi. Ma 11 motivo che fa preferire lo stato di veglia e di dominio attuale della propria sensibilità, deve essere ben definito ; perchè si possa risolvere qualsiasi obiezione a favore di una supervalutazione del subcosciente come fonte e criterio, di verità.

20 50 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 8 se l uomo nel sonno avesse il libero uso della ragione e dell intelligenza. Dunque l uso della ragione è impedito dall assopimento dei sensi. R isp o n d o : Come abbiamo già spiegato, oggetto proprio e proporzionato del nostro intelletto è la natura delle cose sensibili. Ora, non si può dare un giudizio perfetto di una cosa se non si conosce tutto quello che la riguarda, e specialmente se si ignora quello che ò il termine e il fine del giudizio. Infatti il Filosofo nota che, «come l opera è il fine delle scienze tecniche, così il line delle scienze naturali è principalmente ciò che si Vede con i sensi» : il fabbro, cioè, studia il coltello al solo scopo di produrre questo determinato coltello ; parimente, il naturalista studia la natura della pietra o del cavallo al solo scopo di conoscere l intima struttura delle cose sensibili. Ora, è evidente che il fabbro non avrebbe un perfetto giudizio [pratico] del coltello, se ignorasse il lavoro da compiere ; così pure le scienze naturali non potrebbero formulare giudizi perfetti sulle cose naturali, se ignorassero la realtà sensibile. Ma tutto ciò che noi adesso conosciamo intellettualmente, lo conosciamo per analogia dalle cose sensibili naturali. É dunque per noi impossibile formare un giudizio intellettivo perfetto, quando sono assopiti i sensi, con i quali conosciamo la realtà sensibile.1 S o l u z io n e d elle d iff ic o lt à : 1. Sebbene l intelletto sia superiore al senso, pure ha una certa dipendenza dai sensi, e i suoi oggetti immediati e principali hanno origine dal mondo sensibile. Perciò il giudizio dell intelletto è necessariamente ostacolato, quando i sensi sono assopiti. 2. Al dire di Aristotele i sensi rimangono assopiti nei dormienti, per lo sprigionarsi di certe evaporazioni ed esalazioni, E secondo l intensità di queste evaporazioni, i sensi possono essere più o meno bloccati. Infatti, quando l afflusso di questi vapori è intenso, restano assopiti non solo i sensi, ma anche l immaginativa, al punto che non si forma nessuna immaginazione o fantasma ; cosa che si riscontra in chi comincia a dormire dopo aver mangiato e bevuto in abbondanza. Se poi questo afflusso di vapori è più debole, si presentano i fantasmi, ma difformi e sconnessi, come nei febbricitanti. E se l afflusso suddetto è ancora più ridotto, i fantasmi si presentano ordinati, come suole accadere, soprattutto alla fine del sonno, alle persone sobrie e dotate di forte immaginazione. Se poi l afflusso di vapori è minimo, allora non soltanto resta libera l immaginativa, ma in parte anche il senso comune ; cosicché talora uno mentre dorme giudica che quanto vede è un sogno, distinguendo in qualche modo la realtà dalle apparenze. Però il senso comune in parte rimane assopito ; e quindi, sebbene distingua la realtà da certe apparenze, in altre s inganna. - In conclusione, il giudizio intellettivo è reso possibile nella misura in cui viene a destarsi il senso e l immaginativa, quindi mai completamente. Tanto è vero che chi ragiona nel sonno, quando si desta, si accorge sempre di essere incorso in qualche errore.3 1 II lettore accorto avrà notato, nel susseguirsi delle otto risposte, la graduale enucleazione di tutta una teoria della conoscenza intellettuale, nei suoi motivi fondamentali. L oggetto primario della nostra intellezione, la realtà corporea, ne è il punto di partenza e il punto di arrivo. Si osservi però la differenza tra tomismo e sensismo. S. Tommaso non intende restringere il campo dell indagine in- LA CONOSCENZA D E LL ANIM A 51 per Gen. ad litt, [c. 15] dicit. Hoc autem non esset si homo in dormiendo liberum usum rationis et intellectus haberet. Ergo impedit o rationis usus per ligamentum sensus. R espondeo d ic e n d u m quod, sicut dictum est [a. praec.], proprium obiectum intellectui nostro proportionatum est natura rei sensibilis. Iudicium autem perfectum de re aliqua dari non potest, nisi ea omnia quae ad rem pertinent cognoscantur ; et praecipue si ignoretur id quod est terminus et finis iudicii. Dicit autem Philosophus, in 3 De Caelo [c. 7], quod «sicut finis factivae scientiae est opus, ita naturalis scientiae finis est quod videtur principaliter secundum sensum» : faber enim non quaerit cognitionem cultelli nisi propter opus, ut operetur hunc particularem cultellum ; et similiter naturalis non quaerit cognoscere naturam lapidis et equi, nisi ut sciat rationes eorum quae videntur secundum sensum. Manifestum est autem quod non posset esse perfectum iudicium fabri de cultello, si opus ignoraret: et similiter non potest esse perfectum iudicium scientiae naturalis de rebus naturalibus, si sensibilia ignorentur. Omnia autem quae in praesenti statu intelligimus, cognoscuntur a nobis per comparationem ad res sensibiles naturales. Unde impossibile est quod sit in nobis iudicium intellectus perfectum, cum ligamento sensus, per quem res sensibiles cognoscimus. A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod, quamvis intellectus sit superior sensu, accipit tamen aliquo modo a sensu, et eius obiecta prima et principalia in sensibilibus fundantur. Et ideo necesse est quod impediatur iudicium intellectus ex ligamento sensus. A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod sensus ligatur in dormientibus propter evaporationes quasdam et fumositates resolutas, ut dicitur in libro De Somn. et Vig, [c. 3, lect. 5], Et ideo secundum dispositionem huiusmodi evaporationum, contingit esse ligamentum sensrus maius vel minus. Quando enim multus fuerit motus vaporum, ligatur non solum sensus, sed etiam imaginatio, ita ut nulla appareant phantasmata ; sicut praecipue accidit cum aliquis incipit dormire post multum cibum et potum. Si vero motus vaporum aliquantulum fuerit remissior, apparent phantasmata, sed distorta et inordinata ; sicut accidit in febricitantibus. Si vero adhuc magis motus sedetur, apparent phantasmata ordinata ; sicut maxime solet contingere in fine dormitionis, et in hominibus sobriis et habentibus fortem imaginationem. Si autem motus vaporum fuerit modicus, non solum imaginatio remanet libera, sed etiam ipse sensus communis ex parte solvitur ; ita quod homo iudicat interdum in dormiendo èa quae videt somnia esse, quasi diiudicans inter res et rerum similitudines. Sed tamen ex aliqua parte remanet seiisus communis ligatus; et ideo, licet aliquas similitudines discemat a rebus, tamen semper in aliquibus decipitur. - Sic igitur per modum quo sensus solvitur et imaginatio in dormiendo, liberatur et iudicium intellectus, non tamen ex toto. Unde illi qui dormiendo syllogizant, cum excitantur, semper recognoscunt se in aliquo defecisse. tellettuale ai dati della sensibilità, ma insiste solo nell affermare che ogni nostra indagine richiede l'esercizio attivo dei sensi ; poiché 1 dati di questi ultimi spesso offrono soltanto delle analogie e dei simboli all intelletto, che spazia al di là del mondo visibile. 3 Sebbene le spiegazioni stano piuttosto ingenue, non sono affatto disprezzabili le esperienze cui si accenna e che rivelano un sottile spirito di osservazione.

21 QUESTIONE 85 Procedimento e sviluppi dell intellezione. Veniamo ora a trattare del procedimento e degli sviluppi dell intellezione. Su tale argomento si pongono otto quesiti: 1. Se il nostro intelletto conosca astraendo le specie intelligibili dai fantasmi; 2. Se le specie intelligibili astratte dai fantasmi siano, per rispetto all intelligenza, l oggetto conosciuto, oppure il mezzo di cognizione ; 3. Se naturalmente il nostro intelletto conosca prima gli oggetti più universali; 4 Se il nostro intelletto possa conoscere simultaneamente più cose ; 5. Se il nostro intelletto conosca mediante processi di composizione e di divisione ; 6. Se l intelletto possa cadere in errore ; 7. Se uno possa intendere la stessa cosa meglio di un altro ; 8. Se il nostro intelletto conosca prima g l indivisibili che le cose divisibili. QUAESTIO 85 De modo et ordine intelligendi in octo arttculos divisa. Deinde considerandum est de modo et ordine intelligendi. Et circa hoc quaeruntur octo. Prim o: utrum intellectus noster intelligat abstraherido species a phantasmatibus. Secundo : utrum species intelligibiles abstractae a phantasmatibus, se habeant ad intellectum nostrum ut quod intelligitur, vel sicut id quo intelligitur. Tertio : utrum intellectus noster naturaliter intelligat prius magis universale. Quarto: utrum intellectus noster possit multa simul intelligere. Quinto : utrum intellectus noster intelligat componendo et dividendo. Sexto: utrum intellectus possit errare. Septimo: utrum unus possit eandem rem melius intelligere quam alius. Octavo: utrum intellectus noster per prius cognoscat indivisibile quam divisibile. ARTICOLO 1 Se il nostro intelletto intenda le cose corporee e materiali astraendole dai fantasmi.1 S embra che il nostro intelletto non conosca le cose corporee e m a teriali astraendole dai fantasm i. In fatti: 1. Un intelletto il quale intenda la realtà diversamente da quello che essa è, è falso. Ora, le forme delle cose materiali non esistono nello stato di astrazione dai singolari, le cui immagini rappresentative sono i fantasmi. Se dunque noi conosciamo le cose materiali astraendo le specie intelligibili dai fantasmi, avremo un errore nel nostro intelletto. 2. Le cose materiali sono entità fìsiche, nella cui definizione è inclusa la materia. Ora, non può dirsi conosciuta una cosa se si prescinde da ciò che rientra nella sua definizione. Perciò le cose materiali non possono essere conosciute prescindendo dalla materia. Ma la materia è principio di individuazione. P er conseguenza esse non possono essere conosciute mediante l astrazione dell universale dal particolare, che equivale all astrazione delle specie intelligibili dai fantasmi. 3. Aristotele insegna che i fantasmi stanno all anima intellettiva come i colori alla vista. Ora, l atto della visione non avviene mediante l astrazione di qualche specie intenzionale dai colori ; ma per il fatto che i colori producono un impressione nell occhio. Anche l intellezione dunque non avverrà per il fatto che si astrae qualche 1 Da tutti gli articoli della questione 84 traspariva già l esigenza di una mediazione tra 11 mondo sensibile concreto e U mondo degli Intelligibili, che si pre- ARTICULUS 1 Utrum intellectus noster intelligat res corporeas et materiales per abstractionem a phantasmatibus. Supra, q. 12, a. i ; 2 Cont. Geni., c. 77 ; 2 Melaphys., lect. 1. A d p r im u m sic proceditur. Videtur quod intellectus noster non intelligat res corporeas et materiales per abstractionem a phantasmatibus. Quicumque enim intellectus intelligit rem aliter quam sit, est falsus. Formae autem rerum materialium non sunt abstractae a particularibus, quorum similitudines sunt phantasmata. Si ergo intelligamus res materiales per abstractionem specierum a phantasmatibus, erit falsitas in intellecta nostro. 2. P raeterea, res materiales sunt res naturales, in quarum definiton e cadit materia. Sed nihil potest intelligi sine eo quod cadit in defìnitione eius. Ergo res materiales non possunt intelligi sine materia. Sed materia est individuationis principium. Ergo res materiales non possunt intelligi per abstractionem universalis a particulari, quod est abstrahere species intelligibiles a phantasmatibus. 3. P raeterea, in 3 De Anima [c. 7, lect, 12] dicitur quod phantasmata se habent ad animam intellectivam sicut colores ad visum. Sed visio non fìt per abstractionem aliquarum specierum a coloribus, sed per hoc quod colores imprimunt in visum. Ergo nec intelsentano come entità spirituali e universali all'analisi razionale. Aristotele è ricorso alla teoria dell astrazione ; teoria che il Dottore Angelico ha perfezionato e imposto autorevolmente nel campo della filosofìa cristiana. - È strano che gli editori della Leonina non abbiano ricordato nei II. pp. i commentari tomistici delle opere aristoteliche, specialmente quello sul De Anima. Quest ultima opera Infatti viene citata ben quattro volte nel corso dell esposizione.

22 54 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 1 cosa dai fantasmi, ma perchè i fantasmi producono un impressione nell intelletto. 4. Come Aristotele dimostra, nell anima intellettiva si trovano l intelletto possibile e l intelletto agènte. Ora, astrarre le specie intelligibili dai fantasmi non spetta all intelletto possibile, al quale invece spetta ricevere tali specie già astratte. E neppure sembra che spetti all intelletto agente, il quale sta ai fantasmi come la luce ai colori. E questa non astrae niente dai colori, ma piuttosto si irradia su di essi. Perciò in nessun modo possiamo conoscere astraendo dai fantasmi. 5. Il Filosofo sostiene che 1 «intelletto conosce le specie intelligibili nei fantasm i». Dunque non mediante l astrazione. I n contrario : Scrive Aristotele : «Quanto le cose sono separabili dalla materia, tanto hanno rapporto con l intelletto». È necessario quindi che le cose materiali siano conosciute in quanto vengono astratte dalla materia e dalle rappresentazioni materiali, quali sono i fantasmi. R ispo n d o : Come abbiamo già detto, l oggetto deve essere proporzionato alla facoltà conoscitiva. Ora, abbiamo tre ordini di facoltà conoscitive. Ci sono delle facoltà conoscitive che sono perfezioni di organi corporei, vale a dire i sensi. E quindi l oggetto di qualsiasi potenza sensitiva è una forma nella sua concreta esistenza materiale o corporea. E poiché la materia è principio di individuazione, ogni potenza della parte sensitiva può conoscere soltanto i singolari. - Esiste poi una facoltà conoscitiva come l intelletto angelico, la quale non è perfezione di un organo corporeo, e non è unita in nessun modo alla materia corporea,1 Oggetto quindi di questa facoltà conoscitiva sono le forme che sussistono separate dalla materia. Infatti, sebbene gli angeli conoscano anche le cose materiali, tuttavia le conoscono negli esseri immateriali, e cioè in se stessi o in Dio. - L intelletto umano si trova in una condizione intermedia : non è perfezione di un organo, però è facoltà di un anima, la quale è forma [sostanziale] di un corpo, come abbiamo dimostrato. Quindi è sua proprietà conoscere le forme che hanno una sussistenza individuale nella materia, ma non in quanto sono in una data materia. Ora, conoscere ciò che esiste in una data materia, non però come si trova in quella data materia, significa astrarre la forma dalla materia individuale, rappresentata dai fantasmi. Dunque è necessario concludere che il nostro intelletto conosce le cose materiali mediante l astrazione dai fantasmi, e che da una siffatta conoscenza delle cose materiali possiamo raggiungere una certa conoscenza delle cose immateriali. Al contrario gli angeli conoscono le cose materiali per mezzo di quelle immateriali. Platone invece, considerando la sola immaterialità dell intelletto umano, senza badare alla sua unione col corpo, conclude che le idee separate sono l oggetto della nostra intelligenza ; e che noi intendiamo non mediante l astrazione, ma piuttosto col partecipare le idee astratte, come abbiamo riferito in precedenza. S o l u z io n e d e lle d iff ic o lt à : 1. L astrazione può avvenire in due modi. Primo, mediante un processo di composizione e di scompo- 1 Per un filosofo puro l esistenza di creature spirituali è per lo meno un' Ipotesi discutibile. Per 1 filosofi medioevall, sla cristiani che arabi, l esistenza delle na- PROCEDIMENTO E S V ILU P P I D ELL IN TE LLE ZIO N E 55 ligere contingit per hoc quod aliquid abstrahatur a phantasmatibus, sed per hoc quod phantasmata imprimunt in intellectum. 4. P raeterea, ut dicitur in 3 De Anima [c. 5, lect. 10], in intellectiva anima sunt duo, scilicet intellectus possibilis, et agens. Sed abstrahere a phantasmatibus species intelligibiles non pertinet ad intellectum possibilem, sed recipere species iam abstractas. Sed nec etiam videtur pertimere ad intellectum agentem, qui se habet ad phantasmata sicut lumen ad colores, quod non abstrahit aliquid a coloribus, sed magis eis influit. Ergo nullo modo intelligimus ab^ strahendo a phantasmatibus. 5. P raeterea, Philosophus, in 3 De Anima [c. 7, lect. 12], dicit quod «intellectus intelligit species in phantasmatibus». Non ergo eas abstrahendo. S ed contha est quod dicitur in 3 De Anima [c. 4, lect. 8], quod «sicut res sunt separabiles a materia, sic circa intellectum sunt»* Ergo oportet quod materialia intelligantur inquantum a materia abstrahuntur, et a similitudinibus materialibus, quae sunt phantasmata. R espondeo d ic e n d u m quod, sicut supra [q. 84, a. 7] dictum est, obiectum cognoscibile proportionatur virtuti cognoscitivae. Est autem triplex gradus cognoscitivae virtutis. Quaedam enim cognoscit tiva virtus est actus organi corporalis, scilicet sensus. Et ideo obiectum cuiuslibet sensitivae potentiae est forma prout in materia cor* porali existit. Et quia huiusmodi materia est individuationis principium, ideo omnis potentia sensitivae partis est cognoscitiva particularium tantum. - Quaedam autem virtus cognoscitiva est quae neque est actus organi corporalis, neque est aliquo modo corporali materiae coniuncta, sicut intellectus angelicus. Et ideo huius virtutis cognoscitivae obiectum est forma sine materia subsistens: etsi enim materialia cognoscant, non tamen nisi in immaterialibus ea intuentur, scilicet vel in seipsis vel in Deo. - Intellectus autem humanus medio modo se habet : non enim est actus alicuius organi, sed tamen est quaedam virtus animae, quae est forma corporis, ut ex supra [q. 76, a. 1] dictis patet. Et ideo proprium eius est cognoscere formam in materia quidem corporali individualiter existentem, non tamen prout est in tali materia. Cognoscere vero id quod est in materia individuali, non prout est in tali materia, est abstrahere formam a materia individuali, quam repraesentant phantasmata. Et ideo necesse est dicere quod intellectus noster intelligit materialia abstrahèndo a phantasmatibus; et per materialia sic considerata in immaterialium aliqualem cognitionem devenimus, sicut e contra angeli per immaterialia materialia cognoscunt. Plato vero, attendens solum ad immaterialitatem intellectus Immani, non autem ad hoc quod est corpori quodammodo unitus, posuit obiectum intellectus ideas separatas ; et quod intelligimus, non quidem abstrahèndo, sed magis abstracta participando, ut supra [q. 84, a. 1] dictum est. A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod abstrahere contingit dupliciter. Uno modo, per modum compositionis et divisionis; sicut cum intelture angeliche era considerata, oltre che un articolo di fede, conclusione logica di indagini astronomiche e filosofiche, capace quindi di generare una certezza scieritiflca. (Cfr. voi. IV, pp , 162, ).

23 56 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 1 sizione, come quando arriviamo a conoscere che una cosa non è implicita in un altra, ovvero che è separata da essa. Secondo, mediante la semplice e assoluta considerazione dell intelletto, come quando intendiamo un oggetto, senza badare ad altro.1ora, astrarre ovvero separare con la mente, nel primo modo, delle cose che in realtà non sono divise, non è senza errore. Ma astrarre intellettualmente nel secondo modo cose che nella realtà non sono divise, non implica un errore. E ciò si vede chiaramente nelle cose sensibili. Infatti se noi apprendiamo o affermiamo il colore come non inerente al corpo colorato, oppure come realtà separata, avremo l errore nel pensiero o nella parola. Se invece consideriamo il colore nelle sue proprietà, senza pensare affatto al pomo colorato, oppure se esprimiamo a parole quanto abbiamo pensato in siffatto modo, non avremo errore nè di pensiero, nè di parola. Il pomo infatti non rientra nell essenza del colore; perciò niente impedisce di pensare il colore, senza pensare affatto al pomo. - In modo analogo, i costitutivi dell'essenza specifica di ogni essere corporeo, quale la pietra, l uomo, il cavallo, si possono concepire senza i princìpii individuanti, che non rientrano nell essenza della pietra. E questo equivale ad astrarre l universale dal particolare, ovvero la specie intelligibile dai fantasmi, ossia a concepire l essenza della specie, prescindendo dai principii individuali che sono rappresentati dai fantasm i.2 Perciò quando si dichiara falso l intelletto, il quale percepisce una cosa diversamente da quello che è, è vero qualora il diitersamente voglia riferirsi all oggetto conosciuto. Effettivamente l intelletto è in errore, quando ritiene che un oggetto ha un modo di essere diverso da quello che ha realmente. Perciò sarebbe falso l ' intelletto, se nell astrarre la specie della pietra dalla materia, la concepisse come realmente separata dalla materia, secondo la teoria di Platone. - L affermazione invece è falsa, se il diversamente viene riferito al soggetto conoscente. Infatti non c è errore nell ammettere che la maniera di intendere del soggetto conoscitivo è diversa dalla maniera di esistere del suo oggetto nella realtà: poiché l oggetto conosciuto si trova nel conoscente, non nella sua fisica concretezza, ma in maniera immateriale conforme alla natura dell intelletto. 2. Alcuni hanno pensato che la sola forma costituisca l essenza specifica delle cose naturali, cosicché la materia non ne farebbe parte. Se così fosse non si dovrebbe porre la materia nella definizione degli esseri fisici. Bisogna perciò ragionare diversamente, e distinguere due specie di materia : la materia come entità universale, e la materia designata o individuale. Materia universale sarebbero le carni e le ossa; materia individuale sarebbero queste carni e queste ossa. Ora, quando l intelletto astrae, separa la specie degli esseri fìsici dalla materia sensibile individuale, non già da quella universale. Astrae, p. ea, l essenza specifica dell uomo da queste carni e da queste ossa, le quali non rientrano nell essenza della specie, e sono invece parti integranti dell individuo, 1 Gli scolastici, seguendo il Gaetano, chiamano form ale 11 primo tipo di astrazione, mentre denominano totale il secondo. (Cfr. Joannes A. S. Thoma, Cursus phllosopnlcus thomlstlcus, Torino-Boma, 1930, p. 358). - Al nostri giorni si discute PROCEDIMENTO E S V ILU PPI D ELL IN TELLEZIO N E 57 ligimus aliquid non esse in alio, vel esse separatum ab eo. Alio modo, per modum simplicis et absolutae considerationis ; sicut cum intelli gimus unum, nihil considerando de alio. Abstrahere igitur per intellectum ea quae secundum rem non sunt abstracta, secundum primum modum abstrahendi, non est absque falsdtate. Sed secundo modo abstrahere per intellectum quae non sunt abstracta secundum rem, non habet falsitatem; ut in sensibilibus manifeste apparet. Si enim intelligamus vel dicamus colorem non inesse corpori coiorato, vel esse separatum ab eo, erit falsitas in opinione vel in oratione. Si vero consideremus colorem et proprietates eius, nihil considerantes de pomo colorato ; vel quod sic intelligimus, etiam voce exprimamus ; erit absque falsitate opinionis et orationis. Pomum enim non est de ratione coloris ; et ideo nihil prohibet colorem intelligi, nihil intelligendo de pomp. - Similiter dico quod ea quae pertinent ad rationem speciei cuiuslibet rei materialis, puta lapidis aut hominis aut equi, possunt considerar! sine principiis individualibus, quae non sunt de ratione speciei. Et hoc est abstrahere universale a particulari, vel speciem intelligibilem a phantasmatibus, considerare scilicet naturam speciei absque consideratione individualium principiorum, quae per phantasmata repraesentantur. Cum ergo dicitur quod intellectus est falsus qui intelligit rem aliter quam sit, verum est si ly aliter referatur ad rem intellectam. 'fune enim intellectus est falsus, quando intelligit rem esse aliter quam sit. Unde falsus esset intellectus, si sic abstraheret speciem lapidis a materia, ut intelligeret eam non esse in materia, ut Plato posuit. - Non est autem verum quod proponitur, si ly aliter accipiatur ex parte intelligentis. Est enim absque falsitate ut alius sit modus intelligentis in intelligendo, quam modus rei in existendo: quia intellectum est in intelligente immaterialiter, per modum intellectus ; non autem materialiter, per modum rei materialis. A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod quidam putaverunt quod species rei naturalis sit forma solum, et quod materia non sit pars speciei, Sed secundum hoc, in defìnitionibus rerum naturalium non poneretur materia. Et ideo aliter dicendum est, quod materia est duplex, scilicet communis, et signata vel individualis : communis quidem, ut caro et os ; individualis autem, ut hae cames et haec ossa. Intellectus igitur abstrahit speciem rei naturalis a materia sensibili individuali, non autem a materia sensibili communi. Sicut speciem hominis abstrahit ab bis carnibus et his ossibus, quae non sunt de ratione speciei, sed sunt partes individui, ut dicitur in 7 Metaphys. la legittimità di questa interpretazione scolastica (cfr. Régis L. M., «La philosophie de la nature. Quelques apories», in Etudes e Rech., cahier I, Ottawa, pp ; Thiel M., «D e abstractione,», in Slud. Anselm., 1938, pp ; Geiger L. B., «Abstractión et séparatlon d après S. Thomas», In II. Se. Pii. Théol,, 1947, pp. 3-40). 2 Le cinque difficoltà offrono all'autore l occasione di precisare il suo pensiero. In questa prima soluzione egli distingue nettamente due tipi di astrazione : l'uno, con riferimento alle condizioni reali dell'oggetto, si esprime nella seconda operazione della mente, cioè nel «giudizio» ; l'altro, che si riferisce alle condizioni soggettive del dato conoscitivo, 6 insito in ogni «semplice apprensione». - Platone ha confuso i due tipi di astrazione, col risultato logico di escludere la materia dall essenza degli esseri corporei. S. Tommaso dal canto suo afferma l astrattezza delle nostre nozioni di «fisica», di matematica e di metafisica. Ma soltanto a queste ultime riconosce l attitudine a trascendere la materia (ad 2).

24 58 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 1 come insegna Aristotele; cosicché l essenza può essere concepita senza di esse. Ma non si può astrarre intellettualmente l uomo dalle carni e dalle ossa in generale. Le sole entità matematiche possono essere astratte completamente dalla materia sensibile, non solo da quella individuale, ma anche da quella universale. Non però dalla materia intelligibile, almeno da quella universale, bensì soltanto da quella individuale. Materia sensibile è la materia dei corpi in quanto soggetto delle qualità percepibili dai sensi, come il calore, il freddo, la durezza, la morbidezza, e simili. Invece viene chiamata materia intelligibile la sostanza come quanta. Ora è chiaro che la quantità è inerente alla sostanza, prima delle qualità sensibili. Perciò i dati quantitativi, cioè numero, dimensioni e figura, che sono delimitazioni della quantità, si possono concepire senza le qualità sensibili, vale a dire si possono astrarre dalla materia sensibile. Ma non si possono concepire prescindendo dalla sostanza come quanta ; vale a dire, non si possono astrarre dalla materia intelligibile universale. Tuttavia i dati quantitativi si possono concepire senza questa o quella determinata sostanza, che è quanto dire : si possono astrarre dalla materia intelligibile individuale. Vi sono però dei dati che si possono astrarre anche da questa materia universale, p. es., l ente, l uno, la potenza, l atto, e simili, che possono esistere prescindendo da qualsiasi materia, come avviene per le sostanze im m ateriali.1 - Per non aver considerato quanto abbiamo detto sui due tipi di astrazione, Platone giunse ad ammettere l esistenza reale di quelle astrazioni che abbiamo visto dipendere dal nostro intelletto. 3. I colori hanno, nella materia corporea individuale, un esistenza analoga a quella che ricevono nella potenza visiva; e per questo possono imprimere la loro immagine nell occhio. Essendo invece i fantasmi immagini di cose concrete e individuali, esistenti in organi materiali, non hanno lo stesso grado di esistenza dell intelletto umano, come abbiamo dimostrato. Perciò non hanno la diretta capacità di produrre impressioni sull intelletto possibile. Ma in forza dell intelletto agente, che si volge verso i fantasmi, si forma nell intelletto possibile un immagine che rappresenta gli oggetti già riprodotti da quei fantasmi; però li rappresenta soltanto negli elementi costitutivi della specie. È in tal senso che la specie intelligibile si dice astratta dai fantasmi: non già che una forma numericamente identica prima si sia trovata nell' immaginativa e poi nell intelletto possibile ; come si trasferirebbe un corpo da un luogo a un altro.2 4. I fantasmi sono prima illuminati dall intelletto agente ; quindi, sotto l azione del medesimo, avviene l astrazione delle specie intelligibili. C è in questo un illuminazione, per il fatto che i fantasmi ricevono dall intelletto agente l attitudine all astrazione delle specie 1 Con quest ultimo rilievo si conclude la descrizione del tre gradi di astrazione, che formano tre ordini di scienze: nel primo abbiamo le scienze naturali, nel secondo le matematiche, nel terzo la metafisica. 2 L azione dell intelletto agente sui fantasmi si presenta cosi complessa e prohlematica, da giustificare le controversie sorte tra gli stessi discepoli dell'aqninate (cfr. CAietanus, Summa Theol., I, q. 79, a. 3, IX ; q. 85, a. 2, IX ; Ferrariensis in 1 Coni. Geni., c. 77, III ss.). - Ecco come S. Tommaso ha cercato egli stesso PROCEDIMENTO E S V ILU PPI D ELL IN TE LLE ZIO N E 59 [c. 10, lect. 10] ; et ideo sine eis considerari potest. Sed species hominis non potest abstrahi per intellectum a carnibus et ossibus. Species autem mathematicae possunt abstrahi per intellectum a materia sensibili non solum individuali, sed etiam communi ; non tamen a materia intelligibili communi, sed solum individuali. M a teria enim sensibilis dicitur materia corporalis secundum quod subiacet qualitatibus sensibilibus, scilicet calido et frigido, duro et molli, et huiusmodi. Materia vero intelligibilis dicitur substantia secundum quod subiacet quantitati. Manifestum est autem quod quantitas prius inest substantiae quam qualitates sensibiles. Unde quantitates, ut numeri et dimensiones et figurae, quae sunt teraninationes quantitatum, possunt considerari absque qualitatihus sensibilibus, quod est eas abstrahi a materia sensibili : non tamen possunt considerari sine intellectu substantiae quantitati subiectae, quod esset eas abstrahi a materia intelligibili communi. Possunt tamen considerari sine hac vel illa substantia ; quod est eas abstrahi a materia intelligibili individuali. Quaedam vero sunt quae possunt abstrahi etiam a materia intelligibili communi, sicut ens, unum, potentia et actus, et alia huiusmodi, quae etiam esse possunt absque omni materia, ut patet in substantiis immaterialibus. - Et quia Plato non consideravi quod dictum est, de duplici modo ahstractionis, omnia quae diximus abstrahi per intellectum, posuit abstracta esse secundum rem. A d t e r t iu m d ic e n d u m quod colores habent eundem modum existendi prout sunt in materia corporali individuali, sicut et potentia visiva : et ideo possunt imprimere suam similitudinem in visum. Sed phantasmata, cum sint similitudines individuorum, et existant in organis corporeis, non habent eundem modum existendi quem habet intellectus humanus, ut ex dictis [in corp.] patet : et ideo non possunt sua virtute imprimere in intellectum possibilem. Sed virtute intellectus agentis resultat quaedam similitudo in intellectu possibili ex conversione intellectus agentis supra phantasmata, quae quidem est repraesentativa eorum quorum sunt phantasmata, solum quantum ad naturam speciei. Et per hunc modum dicitur abstrahi species intelligibilis a phantasmatibus: non quod aliqua eadem numero forma, quae prius fuit in phantasmatibus, postmodum fìat in intellectu possibili, ad modum quo corpus accipitur ab uno loco et transfertur ad al te rum. Ad q u a r t u m dicend um quod phantasmata et illuminantur ab intellectu agente; et iterum ab eis, per virtutem intellectus agentis, species intelligibiles abstrahuntur. Illuminantur quidem, quia, sicut di definire 11 suo pensiero : «I corpi fisici, composti come sono di un unica materia, imprimono e subiscono l azione reciproca sullo stesso piano. Invece l'anima Intellettiva non può essere in potenza alle immagini di cose esistenti nei fantasmi cosi come si trovano in essi ; ma in quanto tali immagini sono elevabili a un grado superiore, cioè in quanto, astratte dalla concretezza della materia, sono rese attualmente intelligibili... Cosicché la priorità di efficacia nell azione non va attribuita ai fantasmi, bensì all intelletto agente. E per tale motivo Aristotele scrive che questo intelletto sta all' intelletto possibile come l'arte sta alla materia [grezza]. - Il caso è analogo a quello di un occhio, il quale, oltre ad essere diafano e pronto a ricevere i colori, avesse tanta luce da poter rendere attualmente visibili 1 colori stessi: come certi animali [notturni], che si dice siano capaci di illuminare sufficientemente con i loro occhi gli oggetti rispettivi» (1 Coni. G eni., c. 77).

25 60 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, aa. 1-2 intelligibili, come tutta la parte sensitiva acquista maggior vigore unendosi alla parte intellettiva. Ora, 1 intelletto agente astrae le specie intelligibili dai fantasmi, perchè in forza di tale intelletto possiamo accogliere nel nostro pensiero le nature specifiche delle cose, lasciando da parte le loro condizioni individuali, e da quelle specie viene posto in atto l intelletto possibile. 5. Il nostro intelletto, pur astraendo le specie intelligibili dai fantasmi, in quanto concepisce la natura delle cose nella sua universalità tuttavia la conosce nei fantasmi, come abbiamo già spiegato. PROCEDIMENTO E S V IL U PPI D ELL IN TELLEZIO N E 61 pars sensitiva ex coniunctione ad intellectivam effìcitur virtuosior, ita phantasmata ex virtù te intellectus agentis redduntur habilia ut aib eis intentiones intelligibiles abstrahantur. Abstrahit autem intellectus agens species intelligibiles a phantasmatibus, inquantum per virtutem intellectus agentis accipere po-ssumus in nostra consideratione naturas specierum sine individualibus conditionibus, secundum quarum similitudines intellectus possibilis informatur. A d q u i n t u m d ic e n d u m quod intellectus noster et abstrahit species intelligibiles a phantasmatibus, inquantum considerat naturas rerum in universali ; et tamen intelligit eas in phantasmatibus, quia non potest intelligere etiam ea quorum species abstrahit, nisi convertendo se ad phantasmata, ut supra [q. 84, a. 7] dictum est. ARTICOLO 2 Se le specie intelligibili astratte dai fantasmi siano l oggetto stesso della nostra intellezione.1 ARTICULUS 2 Utrum species intelligibiles a phantasmatibus abstractae, se habeant ad intellectum nostrum sicut id quod intelligitur. S Coni. Gent., c. 75 ; 4, c. 11 ; De Verit., q. 10, a. 9 ; De Spirti. Creai., a. 9, ad 8 ; Compcnd. Theal., c. 85 ; 3 De Anima, lect. 8. S e m b r a che le specie intelligibili astratte dai fantasmi siano l oggetto stesso della nostra intellezione. Infatti: 1. L oggetto attualmente conosciuto si trova nel soggetto conoscente; poiché l oggetto attualmente pensato si identifica con l intelletto attualmente pensante. Ma la cosa conosciuta si trova nell intelletto pensante solo mediante la specie intenzionale avuta per astrazione. Dunque tale, specie è l oggetto stesso del nostro atto intellettivo. 2. L oggetto pensato deve pur trovarsi in un dato soggetto, altrimenti non esisterebbe affatto. Ora esso non si trova nella realtà esistente fuori dell anima ; perchè questa realtà, essendo materiale, non può essere oggetto attuale d intellezione. Dunque rimane che tale oggetto deve trovarsi nell intelletto. E quindi esso non si distingue dalla specie intelligibile. 3. Scrive il Filosofo che «le parole sono i segni delle affezioni dell anima». Ora, le parole significano le cose pensate, poiché noi esprimiamo con la parola ciò che abbiamo compreso. Perciò le affezioni 1 Accertata l esistenza dei mezzi conoscitivi, immagini o concetti, sorge il problema della loro «intenzionalità». Infatti può sorgere il dubbio che la facoltà conoscitiva possa trovarsi chiusa In se medesima, e costretta a pensare il proprio pensiero, senza rappresentare una realtà esterna e oggettiva, che i filosofi moderni hanno denominato trascendente o trascendentale. - L'idealismo di questi ultimi secoli si è formalizzato in questo preconcetto: il salto verso la trascendenza sarebbe un postulato dogmatico, che razionalmente non si giustifica. Il pensiero umano rimarrebbe perciò prigioniero dell idea e delle impressioni soggettivo. S. Tommaso ha subodorato il pericolo idealista nel formulare il nostro quesito ; egli però non risponde in pieno e direttamente alle instanze dei moderni. L articolo, non bisogna dimenticarlo, ha direttamente di mira la conoscenza intellettiva degli esseri corporei ; e quindi non parla affatto di quegli intelligibili (sensazioni, immagini, idee), che sono effettivamente dei dati soggettivi. Inoltre l Autore della Somma prende come basi dì partenza 1 presupposti universalmente accettati dagli studiosi del suo tempo, e che la critica idealista, senza temere il paradosso e il ridicolo, non ha esitato invece a mettere in discussione. - Per una critica radicale di un radicale idealismo un buon tomista non può contentarsi di ripetere le parole del Maestro ; ma deve impegnare gli avversari a definire i loro concetti fon- A d s e c u n d u m sic p r o c e d it u r. Videtur quod species intelligibiles a phantasmatibus abstractae, se habeant ad intellectum nostrum sicut id quod intelligitur. Intellectum enim in actu est in intelligente : quia intellectum in actu est ipse intellectus in actu. Sed nihil de re intellecta est in intellectu actu intelligente, nisi species intelligibilis abstracta. Ergo huiusmodi species est ipsum intellectum in actu. 2. P raeterea, intellectum in actu oportet in aliquo esse : alioquin nihil esset. Sed non est in re quae est extra animam: quia, cum res extra animam sit materialis, nihil quod est in ea, potest esse intellectum in actu. Relinquitur ergo quod intellectum in actu sit in intellectu. Et ita nihil est aliud quam species intelligibilis praedicta. 3. P racterea, Philosophus dicit, in 1 Periherm. [c. 1, lect. 2], quod «voces sunt notae earum quae sunt in anima passionum». Sed voces significant res inteliectas : id enim voce significamus quod inteldamentali su quel fenomeno indescrivibile e inimitabile che è la conoscenza. E allora ci accorgiamo che molti filosofi si sono impegnati in un impresa disperata. Infatti essi pretendono di risolvere il problema critico in base a un evidenza dialettica e scientifica. Ma non si accorgono che ogni nostra evidenza scientifica st misura sulle evidenze Immeiiiate e spontanee, sorte dalla prima esperienza intellettiva. Ebbene una di queste evidenze è la certezza che i nostri mezzi conoscitivi, immagini e concetti, non si esauriscono in una introspezione soggettiva, ma sono essenzialmente intenzionali. Gli atti conoscitivi primordiali ci dànno l evidenza assoluta - superiore a tutte le convinzioni che possono nascere dall esercizio della dialettica - che noi abbiamo gettato un ponte verso l esterno. Se tale evidenza non dovesse essere sostanzialmente accettata (e ciò non potrebbe avvenire in forza di principii scientifici, i quali hanno bisogno di basarsi e di modeuarsi sulla medesima, ma solo in forza di una opzione arbitraria), non si avrebbe certo il diritto di formulare delle affermazioni filosofiche: si cadrebbe neuo scetticismo, e si dovrebbe rinunziare a qualsiasi attività teoretica. per un approfondimento del problema critico rimandiamo aue opere seguenti, e alla bibliografia In esse contenuta: Roland-Gosselin M. D., Essai d une ètude crltique de la connaissanee, Paris 1932; Jolivet r., Le thomisme et la critlque de la connaissanee, Parigi, 1933 ; t e s t a A., idealismo e rèalìsmo, Roma, 1938 ; VA» Riet G., L ' épistémologie tlinmiste. Lovanio, 1946.

26 62 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, à. 2 dell anima, e cioè le specie intelligibili, formano l oggetto dell intellezione attuale. I n contrario : L a specie intenzionale intellettiva sta all' intelletto, come la specie sensibile sta al senso. Ora, la specie sensibile non è ciò che viene percepito, ma il mezzo col quale il senso percepisce. Dunque la specie intelligibile non è l'oggetto dell atto intellettivo, ma il mezzo di cui si serve l intelletto per conoscere. R ispo n d o : Alcuni1 hanno pensato che le nostre potenze conoscitive possono conoscere soltanto le proprie impressioni ; il senso, p. es., non percepirebbe che le alterazioni del suo organo. In tale ipotesi l intelletto non intenderebbe altro che la propria impressione, cioè le specie intenzionali che ha ricevuto. Stando così le cose, dette specie sarebbero l oggetto stesso dell atto intellettivo. Una tale opinione risulta chiaramente falsa per due motivi. Primo, perchè l oggetto della nostra intellezione si identifica con l oggetto delle scienze. Se dunque noi conoscessimo soltanto le specie intenzionali presenti nell'anima nostra, ne seguirebbe che tutte le scienze non avrebbero per oggetto le cose reali esistenti fuori dell anima, ma soltanto le specie che sì trovano in essa. Difattì ì platonici, ì quali pensavano che le idee fossero intelligibili in atto, ritenevano che le scienze avessero per oggetto le idee. Secondo, perchè ne seguirebbe l errore di quei filosofi antichi, i quali affermavano che «la verità è ciò che sembra [ad ognuno]» ; e così sarebbero vere anche asserzioni contraddittorie.2 Infatti se una, facoltà non conosce che le piroprie impressioni, può dare un giudizio soltanto di queste. Un oggetto poi sembrerà [in un modo o in un altro] secondo le disposizioni della potenza conoscitiva. Perciò la potenza conoscitiva sarà portata a giudicare sempre il proprio oggetto, cioè le proprie impressioni secondo il loro modo di essere ; quindi tutti i suoi giudizi saranno veri. Se, p. es., il gusto non percepisce che la propria impressione, quando uno di gusto sano giudica che il miele è dolce, darà un giudizio vero ; ma darà un giudizio ugualmente vero un malato dal gusto corrotto, che lo giudica amaro; perchè, sia l uno che l altro giudica secondo le disposizioni del proprio gusto. E così ogni opinione e, in genere, ogni punto di vista, sarebbe ugualmente vero. E perciò necessario affermare che le specie intelligibili sono il mezzo di cui l intelletto si serva per conoscere. Eccone la prova. Come Aristotele insegna, ci sono due specie di operazioni: ve ne sono di quelle che rimangono neh agente stesso, come il vedere e 1* intendere, e ve ne sono altre che passano su di un oggetto esterno, come riscaldare e segare. Ma sia le une che le altre si esercitano secondo una data forma. E come la forma, secondo la quale si produce l azione transitiva, è un immagine o somiglianza del termine dell azione, il calore di ciò che scalda, p. es., è una somiglianza del calore prodotto, così la forma secondo la quale si produce l azione immanente deve essere un immagine o somiglianza dell oggetto. Dunque l immagine o somiglianza dell oggetto visibile è il mezzo di cui si serve la vista per vedere; e la somiglianza dell oggetto intelligibile, vai a dire l idea, è la forma, di cui si serve l intelletto per intendere. * * S. Tommaso aveva dinanzi a sè gli errori di Eraclito e di Protagora, secondo la relazione aristotelica (clr. 4 Melaph., c. 3, lect. 6; II, cc. 5, 6, lect. B). PROCEDIMENTO E S V ILU P P I D ELL IN TELLEZIO N E 03 ligim us. E rgo ipsae passìones anim ae, scilicet species intelligibiles, sunt ea quae intelliguntur in actu. S ed contra, species intelligibilis se habet ad intellectum, aicut species sensibilis ad sensum. Sed species sensibilis non est illud quod s e n titu r, sed magis id quo sensus sentit. Ergo species intelligibilis non est quod intelligitur actu, sed id quo intelligit intellectus. R espondeo d ic e n d u m quod quidam posuerunt quod vires cognoscitivae quae sunt in nobis, nihil cognoseunt nisi proprias passiones ; puta quod sensus non sentit nisi passionem sui organi. Et se- eundum hoc, intellectus nihil intelligit nisi suam pasisionem, idest speciem intelligibilem in se receptam. Et secundum hoc, species huiusmodi est ipsum quod intelligitur. Sed haec opinio manifeste apparet falsa ex duobus. Prim o quidem, quia eadem sunt quae intelligimus, et de quibus sunt scientiae. Si igitur ea quae intelligimus essent solum species quae sunt in anima, sequeretur quod scientiae omnes non essent de rebus quae sunt extra animam, sed solum de speciebus intelligibilibus quae sunt in anima; sicut secundum Platonico» omnes scientiae sunt de ideis, quas ponebant esse intellecta in actu [q. 84, a. 1], - Secundo, quia sequeretur error antiquorum dicentium quod «omne quod videtur est verum» [cfr. Aristot., i Mei., c. 5]; et sic quod contradictoriae essent simul verae. Si enim potentia non cognoscit nisi propriam passionem, de ea solum iudicat. Sic autem videtur aliquid, secundum quod potentia cognoscitiva afficitur. Semper ergo iudicium potentiae cognoscitivae erit de eo quod iudicat, scilicet de propria passione, secundum quod est; et ita omne iudicium erit verum. Puta si gustus non sentit nisi propriam passionem, cum aliquis habens sanum gustum iudicat mel esse dulce, vere iudicabit; et similiter si ille qui habet gustum infectum, iudicet mel esse amarum, vere iudicabit: uterque enim iudicat secundum quod gustus eius afficitur. Et sic sequitur quod omnis opinio aequaliter erit vera, et universaliter omnis acceptio. Et ideo dicendum est quod species intelligibilis se habet ad intellectum ut quo intelligit intellectus. Quod sic patet. Cum enim sit duplex actio, sicut dicitur 9 Metaphys. [c. 8, lect. 8], una quae manet in agente, ut videre et intelligere, altera quae transit in rem exteriorem, ut calefacere et secare; utraque fìt secundum aliquam formam. Et sicut forma secundum quam provenit actio tendens in rem exteriorem, est similitudo obiecti actionis, ut calor calefacien- 1;is est similitudo calefacti ; similiter forma secundum quam provenit actio manens in agente, est similitudo obiecti. Unde simililudo rei visibilis est secundum quam visus videt ; et similitudo rei intellectae, quae est species intelligibilis, est forma secundum quam intellectus intelligit. 2 Questa è esattamente la posizione di Protagora e di altri sofisti. Vedi citazioni della nota precedente, 3 L argomento può sembrare poco appropriato, perchè l'azione immanente è cosi diversa da quella transitiva. Ma c è un punto di somiglianza che non va trascurato: lo stato di potenzialità radicale del soggetto. La nostra facoltà intellettiva inizialmente è solo in potenza, come qualsiasi agente di ordine fisico. Ora, dalla potenza non si passa all'atto senza un elemento nuovo attuale: poiché il soggetto operante ha bisogno della form a (vale a dire della parte che si contrappone al subiectum in quanto subiectum) per attuarsi nell operazione. E tale forma non

27 64 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 2 Ma poiché l intelletto può riflettere su. se stesso, allora, in forza di questa riflessione, può conoscere la propria intellezione e quindi l idea di cui si serve. Perciò questa in un secondo tempo è anche oggetto d intellezione. Ma oggetto primario d intellezione è la realtà di cui l idea è un immagine o somiglianza. Tutto questo ha una riprova sulla convinzione degli antichi, i quali ritenevano che (cuna cosa si conosce mediante una cosa consimile». E ciò fino al-punto di credere che l anima conosce la terra esistente al di fuori, per mezzo della terra in essa contenuta; e così per gli altri oggetti. Ma se al posto della terra mettiamo l idea della terra, secondo la teoria di Aristotele, il quale die che» nell anima non vi è la pietra, ma l idea della pietra», avremo come conseguenza che l anima conosce le cose esistenti fuori di essa mediante dati intelligibili. Soluzio ne delle d iffico ltà: 1. L oggetto pensato si trova nell intelletto pensante con la sua immagine. E si dice che l oggetto pensato s identifica con l intelletto pensante, appunto perchè l immagine o somiglianza della cosa pensata diventa allora forma dell intelletto ; come l immagine della cosa sensibile diviene la forma del senso nell atto del sentire. Non ne segue perciò che la specie intelligibile sia l oggetto dell intellezione attuale, non essendo che una immagine dell oggetto. 2. L espressione, l oggetto pensato, contiene due elementi: l oggetto conosciuto e il fatto della sua conoscenza. Così pure, quando si parla dell universale astratto s intendono due cose: la natura stessa della cosa, e l astrazione o universalità [della medesima]. Orbene, la natura che diviene oggetto di conoscenza, di astrazione o di universalizzazione, esiste solo nei singolari concreti ; mentre l atto conoscitivo, l astrazione o universalizzazione si devono all intelletto. Una cosa simile la riscontriamo nei sensi. Infatti la vista percepisce il colore del pomo, senza il suo odore. Se allora ci si domanda dove sia il colore che si vede senza l odore, è chiaro che non può trovarsi altro che nel pomo ; ma il fatto che il pomo viene percepito senza l odore dipende dalla vista, in quanto vi è in essa l immagine del colore senza quello dell odore. Analogamente, il concetto di umanità non si trova in concreto che in questo o in quel dato uomo particolare, ma che l umanità venga percepita senza le condizioni individuanti, e cioè il fatto della sua astrazione, da cui deriva l universalità, proviene all umanità stessa proprio dall essere pensata dall intelletto, nel quale può trovarsi una rappresentazione della natura della specie, senza quella dei principii individuanti Due sono le operazioni che si producono nella parte sensitiva. Una avviene per semplice alterazione : e questa si compie per il solo fatto che il senso riceve l impressione dall oggetto sensibile. L altra si compie mediante una produzione, per il fatto cioè che l immaginativa si forma la rappresentazione di un oggetto assente, o addirittura, mai veduto. Ora, nell intelligenza queste due operazioni si trovano riunite. C è infatti da considerare prima di tutto la recezione dell intelletto possibile, dovuto al fatto che viene attuato dalla specie intelligibile. Una volta poi così attuato, passa a formare la definipuò dipendere ohe dall oggetto ; proprio perchè 11 soggetto è In potenza all'operazione. Questa necessaria derivazione della lorma dall'oggetto la si che essa non PROCEDIMENTO E S V ILU PPI D ELL IN TELLEZIO N E 65 Sed quia intellectus supra seipsum reflectitur, secundum eandem reflexionem intelligit et suum intelligere, et speciem qua intelligit. Et sic species intellectiva secundario est id quod intelligitur. Sed id quod intelligitur primo, est res cuius species intelligibilis est similitudo. Et hoc etiam patet ex antiquorum opinione, qui ponebant «simile simili cognosci». Ponebant enim quod anima per terrarh quae in ipsa erat, cognosceret terram quae extra ipsam erat ; et sic de aliis. Si ergo accipiamus speciem terra loco terrae, secundum doctrinam A ristotelis, qui dicit [3 De Anima, c. 8, lect. 13] quod «lap is non est in anima, sed species lapidis» ; sequetur quod anima per species intelligibiles cognoscat res quae sunt extra animam. A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod intellectum est. in intelligente per suam similitudinem. Et per hunc modum dicitur quod intellectum in actu est intellectus in actu, inquantum similitudo rei intellectae est forma intellectus ; sicut similitudo rei sensibilis est forma sensus in actu. Unde non sequitur quod species intelligibilis abstracta sit id quod actu intelligitur, sed quod ; sit similitudo eius. Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod, cum dicitur intellectum in actu, duo importantur : scilicet res quae intelligitur, et hoc quod est ipsum intelligi. Et similiter cum dicitur universale abstractum, duo intelliguhtur: scilicet ipsa natura rei, et abstractio seu universalitas. Ipsa igitur natura cui accidit vel intelligi vel abstrahi, vel intentio universalitatis, non est nisi in singularibus ; sed hoc ipsum quod est intelligi vel abstrahi, vel intentio universalitatis, est in intellectu. Et hoc possumus videre per simile in sensu. Visus enim videt colorem pomi sine eius odore. Si ergo quaeratur ubi sit color qui videtur sine odore, manifestum est quod color qui videtur, non est nisi in pomo ; sed quod sit sine odore perceptus, hoc accidit ei ex parte visus, inquantum in visu est similitudo coloris et non odoris. Similiter humanitas quae intelligitur, non est nisi in hoc vel in ilio homine : sed quod humanitas apprehendatur sine individualibus conditionibus, quod est ipsam abstrahi, ad( quod sequitur intentio universalitatis, accidit humanitati secundum quod percipitur ab intellectu, in cruo est similitudo naturae speciei, et non individualium principiorum. A d t e r t iu m d ic e n d u m quod in parte sensitiva invenitur duplex operatio. Una secundum solam immutationem: et sic perficitur operatio sensus per hoc quod ìmmutatur a sensibili. Alia operatio est formatio, secundum quod vis imaginativa format sibi aliquod idolum rei absentis, vel etiam nunquam visae. Et utraque haec operatio coniungitur in intellectu. Nam primo quidem considerato passio intellectus possibilis secundum quod informatur specie intelligibili. Qua quidem formatus, format secundo vel definitionem vel divisiopossa essere 11 termine dell operazione, ma soltanto il mezzo di cui si servirà il soggetto per operare. Nel caso specifico si tratterà di un' immagine o di un concetto che serve a presentare la realtà sensibile a un Intelligenza potenziale, ' facendola passare dalla potenza all atto. 1 L affermazione energica dell oggettività della nostra conoscenza non Xa dimenticare a S. Tommaso gli aspetti soggettivi della medesima; e lo vedremo anche meglio negli articoli seguenti. D altra parte, la stessa posslbultà, di distinguere così chiaramente 1 due aspetti del dato conoscitivo, presuppone la capacità di percepire la realtà oggettiva.

28 66 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, aa. 2-3 ziorte, a comporre o a contrapporre tra loro le idee ; e tutto ciò viene espresso dalla parola. I [singoli] termini, quindi, esprimono la definizione ; mentre l enunziato esprime il processo intellettivo di composizione e di contrapposizione. Perciò le parole non stanno a indicare le specie intelligibili, ma i mezzi che l intelletto forma in se stesso, per giudicare le cose esteriori. PROCEDIMENTO E S V ILU P P I D ELL IN TELLEZIO N E 67 nem vel compositionem, quaè per vocem significatur. Unde ratio quam significai homen, est definitio; et enuntiatio significat compositionem et divisionem intellectus. Non ergo voces significant ipsas species intelligibiles; sed ea quae intellectus sibi format ad iudicandum de rebus exterioribus. ARTICOLO 3 Se nella nostra conoscenza intellettiva i primi dati siano quelli più universali.1 ARTICU LU S 3 Utrum magis universalia sint priora in nostra cognitione intellectuali. / Poster., lect. 4 ; l Phystc., lect. 1. S e m b r a che nella nostra conoscenza intellettiva i primi dati non siano quelli più universali. Infatti: 1. Le entità prime e più note secondo natura sono posteriori e meno note rispetto a noi. Ora, le entità più universali hanno una priorità di natura ; poiché «è prima ciò che per esistere non è condizionato ad altro». Dunque i dati più universali non sono primi nella nostra conoscenza intellettiva. 2. Noi conosciamo gli esseri composti prima di quelli semplici. Ora, gli esseri più universali sono anche i più semplici. Dunque rispetto a noi essi sono posteriori. 3. Il Filosofo insegna che il definito è oggetto della nostra conoscenza prima che lo siano le parti della definizione. Ora, le nozioni più universali sono parti nella definizione di oggetti meno universali ; animale, p. es., entra come parte nella definizione di uomo. Quindi i dati più universali sono posteriori rispetto a noi. 4. Noi siamo costretti a risalire dagli effetti alle cause e ai principii. Ora, gli universali sono come altrettanti principii. Essi dunque non-sono i primi dati rispetto a noi. In c o n t r a r io: Aristotele insegna che «è necessario giungere ai singolari, partendo dagli universali». R ispo n d o : Il processo conoscitivo della nostra intelligenza si presenta sotto due aspetti. Primo, bisogna ricordare che la conoscenza intellettiva deriva in qualche modo da quella sensitiva. E poiché il senso percepisce i singolari, mentre l intelletto ha per oggetto gli universali, ne segue necessariamente che nella nostra conoscenza i singolari precedono gli universali. Secondo, si deve tener presente che il nostro intelletto passa dalla potenza all atto. Ma ogni ente che procede dalla potenza all atto, prima raggiunge l atto incompleto, che è intermedio tra la potenza e l atto, e quindi l atto perfetto. Ora, l atto perfetto che l intelletto ha di mira è la scienza perfetta, che ci fa conoscere le cose in modo distinto e determinato. Atto incompleto è la scienza imperfetta che ci fa conoscere le cose in modo generico e confuso : poiché un oggetto conosciuto in tal modo, in parte è conosciuto attualmente, e in parte 1 «Questo articolo, scrive il P. Wétiert, è forse 11 più profondo che S. Tommaso abbia scritto sulla, genesi della conoscenza inteuettuale. Esso basta a scagionarlo dall accusa di essere un dialettico, uno statico il quale non avrebbe nessuna idea della vita del pensiero. Di più, egli si oppone anticipatamente, in questo passo, A d t e r t iu m s ic p r o c e d it u r. Videtur quod magis universalia non sint priora in nostra cognitione intellectuali. Quia ea quae sunt priora et notiora secundum naturam, sunt posteriora et minus nota secundum nos. Sed universalia sunt priora secundum naturam : quia «prius est a quo non convertitur subsistendi consequentia» [Categ., c. 12], Ergo universalia sunt posteriora in cognitione nostri intellectus. 2. P raeterea, composita sunt priora quoad nos quam simplicia, Sed universalia sunt simpliciora. Ergo sunt posterius nota quoad nos. 3. P raeterea, Philosophus dicit, in 1 Physìc. [c. 1, lect. 1] quod definitum prius cadit in cognitione nostra quam partes definitionis. Sed universaliora sunt partes definitionis minus universalium, sicut animai est pars definitionis hominis. Ergo universalia sunt posterius nota quoad nos. 4. P raeterea, per effectus devenimus in causas et principia. Sed universalia sunt quaedam principia. Ergo universalia sunt posterius nota quoad nos, S ed contra e st quod dicitur in 1 Physic. [c. 1, lect. 1], quod «e x universalibus in singularia oportet devenire», R espondeo dicend um quod in cognitione nostri intellectus duo oportet considerare. Primo quidem, quod cognitio intellectiva aliquo modo a sensitiva primordium sumit. Et quia sensus est singularium, intellectus autem universalium ; necesse est quod cognitio singularium, quoad nos, prior sit quam universalium cognitio. Secundo, oportet considerare quod intellectus noster de potentia in actum procedit. Omne autem quod procedit de potentia in actum, prius pervenit ad actum incompletuim, qui est medius inter potentiam et actum, quam ad actum perfectum. Actus autem perfectus ad quem pervenit intellectus, est scientià completa, per quam distincte et determinate res cognoscuntur. Actus autem incompletus est scientia imperfecta, per quam sciutntur res indistincte sub quadam confusione: quod enim sic cognoscitur, secundum quid cognoal filosofi dell idea chiara [leggi Cartesio e cartesiani]. Credere che tutto è chiarezza, o per lo meno non accettare che le conoscenze chiare e distinte, è falsare la natura di questa intelligenza umana, che passa dalla potenza all atto, e che da principio " ha una scienza imperfetta, la quale può offrire soltanto una conoscenza indistinta e confusa» (op. cit., p. 248).

29 68 LA SOMMA TEOLOGICA, 1, q. 85,,a. 3 potenzialmente. Perciò il Filosofo afferma che «da principio abbiamo evidenza e certezza delle cose più confuse; in seguito conosciamo distinguendo i principii e gli elementi». È chiaro poi che conoscere un oggetto in cui sono contenute molte cose, senza una conoscenza appropriata di ciascuna di esse, è un conoscere in confuso. E in tal modo può essere conosciuto, sia il tutto universale in cui le parti si trovano potenzialmente, sia il tutto integrale: poiché tanto l uno che l altro possono essere conosciuti in confuso, senza che si conoscano distintamente le loro parti. Conoscere però distintamente quanto è contenuto in un tutto universale, equivale a conoscere una cosa meno universale. Per es., conoscere genericamente un animale corrisponde a conoscere un animale [soltanto] in quanto è animale. Invece conoscerlo distintamente equivale a conoscerlo in quanto è animale ragionevole o irragionevole, ossia a conoscere l uomo, o il leone. Al nostro intelletto, dunque, si presenta prima la conoscenza dell animale, che quella dell uomo. E ciò vale per qualsiasi nozione più universale in confronto con altre meno universali. 1 Del resto questo medesimo ordine si riscontra anche nel senso, poiché anche il senso passa dalla potenza all'atto, come l intelletto. Con i sensi infatti noi conosciamo prima i dati più comuni che quelli meno comuni, sia in ordine allo spazio che in ordine al tempo. In ordine allo spazio : difatti guardando qualche cosa che si avvicina, prima ci si accorge che è un corpo, e poi che è un animale ; e prima ci si accorge che è un animale, e poi che è un uomo ; prima che è un uomo, e poi che è Socrate o Platone. In ordine al tempo : infatti il bambino impara prima a distinguere tra l uomo e le altre cose, che tra uomo e uomo ; perciò Aristotele scrive che «i bambini da principio chiamano babbo tutti gli uomini ; in seguito imparano a fare distinzione tra lo r o». 2 La ragione di ciò è evidente. Chi infatti ha la cognizione indistinta di una cosa, è ancora in potenza a conoscerne il principio distintivo: chi conosce il genere, p. es., è in potenza a conoscere la differenza specifica. E perciò evidente che la cognizione indistinta si trova tra la potenza e l atto. In conclusione, la conoscenza dei singolari è per l uomo anteriore a quella degli universali ; precisamente come la conoscenza sensitiva è anteriore a quella intellettiva. Però, sia per i sensi come per l intelletto, la conoscenza dei dati più universali precede quella dei dati meno universali. S o l u z io n e d e lle d if f ic o l t à : 1. L universale si può considerare sotto due aspetti. Primo, in quanto la natura universale include la relazione di universalità. E siccome questa relazione di universalità, cioè il fatto che un unico e identico concetto dice ordine a molte cose, proviene dall astrazione intellettiva, è necessario che sotto tale aspetto l universale sia un dato posteriore. Perciò dice Aristotele 1 La dottrina, esposta In questo articolo e nell articolo 8 di questa medesima questione, serve a precisare 11 pensiero tomistico sulla dipendenza obiettiva dell intelletto dai sensi. Si noti bene che l ' intellezione non è da concepirsi come una graduale elaborazione delle immagini e delle impressioni subite dalla sensibilità: è un salto netto In un mondo nuovo, cioè nel mondo degli universali; è una conquista del reale attraverso la via dell astrazione. L astrazione più alta, e quindi I concetti più universali, non sono per noi delle conquiste difficili e la- PROCEDIMENTO E S V ILU PPI D ELL IN TELLEZIO N E 69 scitur in actu, et quodammodo in potentia. Unde Philosoplius dicit, in 1 Physic, [c.' 1, lect. 1], quod «sunt primo nobis manifesta et certa confusa magis ; posterius autem cognoscimus distinguendo distincte principia et elementa». Manifestum est autem quod cognoscere aliquid in quo plura conlinentur, sine hoc quod habeatur propria notitia uniuscuiusque eorum quae continentur in ilio, est cognoscere aliquid sub confusione quadam. Sic autem potest cognosci tam totum universale, in quo partes continentur in potentia, quam etiam totum integrale : utrumque enim totum potest cognosci in quadam confusione, sine hoc quod partes distincte cognoscantur. Cognoscere autem distincte id quod continetur in toto universali, est habere cognitionem de re minus communi. Sicut cognoscere animai indistincte, est cognoscere animai inquantum est animai ; cognoscere autem animai distincte, est cognoscere animai inquantum est animai rationale vel irrationale, quod est cognoscere hominem vel leonem. Prius igitur òccurrit intellectui nostro cognoscere animai quam cognoscere hominem: et eadem ratio est si comparemus quodcumque magis universale ad minus universale. Et quia sensus exit de potentia in actum sicut et intellectus, idem etiam ordo cognitionis apparet in sensu. Nam prius secundum sensum diiudicamus magis commune quam minus commune, et secundum locum et secundum tempus. Secundum locum quidem, sicut, cum aliquid videtur a remotis, prius deprehenditur esse corpus, quam deprehendatur esse animai ; et prius deprehenditur esse animai, quam deprehendatur esse homo ; et prius homo, quam Socrates vel Plato. Secundum tempus autem, quia puer a principio prius distinguit hominem a non homine, quam distinguat hunc hominem ab alio homine; et ideo «pu eri a principio appellant omnes viros patres, posterius autem determinant unumquemque», ut dicitur in / Physic. [c. 1, lect. 1]. Et huius ratio manifesta est. Quia qui scit aliquid indistincte, adhuc est in potentia ut sciat distinctionis principium ; sicut qui scit genus, est in potentia ut sciat differentiam. Et sic patet quod cognitio indistinctà media est inter potentiam et actum. Est ergo dicendum quod cognitio singularium est prior quoad nos quam cognitio universalium, sicut cognitio sensitiva quam cognitio intellectiva. Sed tam secundum sensum quam secundum intellectum, cognitio magis communis est prior quam cognitio minus communis. A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod universale dupliciter potest considerari. Uno modo, secundum quod natura universalis considerat o simul cum intentione universalitatis. Et cum intentio universalitatis, ut scilicet unum et idem habeat habitudinem ad multa, proveniat ex abstractione intellectus, oportet quod secundum hunc modum universale sit posterius. Unde in < De Anima [c. 1, lect. 1] diboriose ; ma sono 1 dati più immediati della nostra conoscenza intellettiva. Il generico forma il punto di partenza di ogni nostra indagine scientifica. 3 Ci sarebbe da domandarsi se effettivamente i due esempi addotti riguardino proprio la conoscenza sensitiva. Forse sarebbe più esatto parlare di percezione Immediata attraverso i sensi ; perchè il discernimento graduale delle cose non è una funzione specifica dell occhio, e neppure dei sensi interni, almeno nei casi Indicati. Ma qui S. Tommaso intende portare un esempio, non già imbastire una Prova,

30 70 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 3 che «l animale universale, o è niente, oppure è posteriore». Stando invece a Platone, il quale riteneva che gli universali sono sussistenti, l universale, anche sotto quest aspetto, sarebbe anteriore ai singolari ; i quali non sarebbero che partecipazioni degli universali sussistenti, cioè delle idee. - Secondo, si può considerare negli universali la stessa natura reale, p. es., l animalità o l umanità, come esistente nei singolari. E allora diciamo che vi è un doppio ordine di natura. Il primo è l ordine genetico o cronologico ; e in esso hanno una priorità gli esseri imperfetti è potenziali. I dati più universali sono quindi anteriori secondo la natura, stando a questa considerazione: e ciò risulta chiaramente nella generazione umana n in quella degli animali, poiché a detta di Aristotele, «p rim a è generato l animale, e poi l uom o». - Il secondo è l ordine di perfezione, o di finalità naturale; quello cioè per cui l atto, assolutamente parlando, è di sua natura prima della potenza, e la perfezione è prima di ciò che è imperfetto. In base a tale ordine i dati meno universali hanno una precedenza su quelli più universali; l uomo, p. es., ha la precedenza suu animale; poiché lo scopo cui tende la natura non è la generazione dell animale, ma quella dell uomo L universale più esteso può paragonarsi al meno esteso, sia come tutto, sia come parte. Come tutto', perchè neh universale più esteso, non solo è contenuto un determinato universale meno esteso, ma altri ancora; animale, p. es., non è sokanto l uomo, ma anche il cavallo. Come parte, perchè un universale più ristretto' include nella sua nozione non soltanto quel determinato universale, ma anche altri: l'uomo, p. es., non è soltanto animale, ma anche razionale. La nozione di animale, quindi, considerata in se stessa, precede quella di uomo nella nostra conoscenza ; noi però conosciamo l uomo prima di apprendere che animale fa parte della sua definizione. 3. Le parti [di un tutto] si possono conoscere in due modi. Primo, direttamente, prese in se stesse: e niente impedisce di conoscere così prima le parti che il tutto, le pietre, p. es., prima della casa. Secondo, in quanto sono parti di un tutto ; e allora è necessario conoscere il tutto prima delle parti ; infatti prima conosciamo confusamente la casa, e poi ne distinguiamo le singole parti. Perciò diciamo che gli elementi della definizione, considerati per se stessi, sono conosciuti prima del definito; altrimenti quest ultimo non potrebbe essere chiarito per mezzo di essi. Ma presi come parti della definizione vengono conosciuti dopo [il definito] ; abbiamo infatti la nozione confusa dell uomo, prima di riuscire a distinguere tutti gli elementi che entrano nella sua definizione.2 4. Se l universale viene considerato in quanto implica la relazione di universalità, allora è in qualche modo principio di conoscenza ; poiché l universalità scaturisce dal processo intellettivo, cioè dah astrazione. Non è detto però che ogni principio conoscitivo sia anche un principio ontologico, come pensava Platone ; poiché noi talora conosciamo la causa mediante gli effetti e la sostanza mediante gli accidenti. Quindi l universale preso in questo senso non 1 Se tutti gli studiosi di filosofia avessero tenuto presente questa distinzione, si sarebbero risparmiate tante polemiche e tante incomprensioni nel campo della gnoseologia. PROCEDIMENTO E S V IL U PPI D ELL IN TE LLE ZIO N E 71 citur quod «anim ai universale aut nihil est, aut posterius est». Sed secundum Platonem, qui posuit universulia subsistentia, secundum hanc considerationem universale esset prius quam particularia, quae secundum eum non sunt nisi per participationem universalium subsistentium, quae dicuntur ideae. - Alio modo potest considerari quantum ad ipsam naturam, scilicet animalitatis vel humanitatis, prout invenitur in particularibus. Et sic dicendum est quod duplex est ordo naturae. Unus secundum viam generationis et temporis : secundum quam viam, ea quae sunt imperfecta et in potentia, sunt priora. Et hoc modo magis commune est prius secundum naturam : quod apparet manifeste in generatione hominis et animalis; nani «prius generatur animai quam hom o», ut dicitur in libro 2 De Generat. Animai, [c. 3], Alius est ordo perfectionis, sive intentionis naturae ; sicut actus siinpliciter est prius secundum naturam quam potentia, et perfectum prius quam imperfectum. Et per hunc modum, minus commune est prius secundum naturam quam magis commune, ut homo quam animai: naturae enim intentio non sistit in generatione animalis, sed intendit generare hominem. A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod universale magis commune coniparatur ad minus commune ut totum et ut pars. Ut totum quidem, secundum quod in magis universali non solum continetur in potentia minus universale, sed etiam alia ; ut sub animali non solum homo, sed etiam equus. Ut pars autem, secundum quod minus commune continet in sui ratione non solum magis commune, sed etiam alia; ut homo non solum animai, sed etiam Tatlonale. Sic igitur animai consideratum in se, prius est in nostra cognitione quam homo ; sied homo est prius in nostra cognitione quam quod animai sit pars rationis eius. Ad t e r t iu m d ic e n d u m quod pars aliqua dupliciter potest cognosci. Uno modo absolute, secundum quod in se est : et sic nihil prohibet prius cognoscere partes quam totum, ut lapides quam domum. Alio modo, secundum quod sunt partes huius totius: et sic necesse est quod prius cognoscamus totum quam partes ; prius enim cognoscimus domum quadam confusa cognitione, quam distinguamus singulas partes eius. Sic igitur dicendum est quod defìnientia, absolute considerata, sunt prius nota quam defìnitum : alioquin non notifìcaretur defìnitum per ea. Sed secundum quod sunt partes defìnitionis, sic sunt posterius nota : prius enim cognoscimus hominem quadam confusa cognitione, quam sciamus distinguere omnia quae sunt de hominis ratione. Ad q u a r t u m d ic e n d u m quod universale, secundum quod accipitur cum intentione universalitatis est quidem quodammodo principium cognoscendi, prout intentio universalitatis consequitur modum intelligendi qui est per abstractionem. Non autem est necesse quod omne quod est principium cognoscendi, sit principium essendi, ut Plato existimavit: cum quandoque cognoscamus causam per effectum, et substantiam per accidentia. Unde universale sic acceptum, secundum sententiam Aristotelis, non est principium essendi, neque a II P. Bianche nota che questa dottrina ha dato origine alla denominazione dell'astrazione metafisica, detta comunemente astrazione totale ; sebbene non risulti che S. Tommaso abbia mai usato questa terminologia, e preferisca parlare di cmtracho totius e di abstractlo formae (cfr. Mélanges Thom., Parigi, 1924, pr. 247, 248).

31 72 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, aa. 3-4 è, secondo il pensiero di Aristotele, nè un principio ontologico nè una sostanza, - Se invece consideriamo la natura stessa del genere e della specie, in quanto si trova nei singolari, allora l universale ha, in un certo senso, carattere di principio formale rispetto ad essi : infatti il singolare si deve alla materia, mentre la natura della specie si desume dalla forma. La natura del genere però, confrontata alla natura della specie, ha piuttosto carattere di principio materiale: 1 poiché la natura del genere si desume d>a quello che è l elemento materiale della cosa; mentre la differenza specifica si desume da quello che ne è l elemento formale ; l animalità, p. es., si desume dall elemento sensitivo, la razionalità invece da quello intellettivo. Da ciò deriva che la natura ha di mira la specie, non l individuo, e neppure il genere : poiché la forma è il fine della generazione, la materia invece ha come fine la forma. Non è poi necessario che la conoscenza di qualsiasi causa o principio sia posteriore rispetto a noi ; poiché anche nell ordine delle cose sensibili talora possiamo conoscere effetti occulti per mezzo delle loro cause, mentre altre volte avviene il contrario. PROCEDIMENTO E S V ILU PPI D ELL IN TE LLE ZIO N E 73 substantia, ut patet in 7 Metaphys. [c. 13, lect. 13]. - Si autem consideremus ipsam naturam generis et speciei prout est in singularibus, sic quodammodo habet rationem principii formalis respectu singularium : nam singulare est propter materiam, ratio autem speciei sumitur ex forma. Sed natura generis com parato ad naturam speciei magis per modum materialis principii: quia natura generis sumitur ab eo quod est materiale in re, ratio vero speciei ab eo quod est form ale; sicut ratio animalis a sensitivo, ratio vero hominis ab intellectivo. Et inde est quod ultima naturae intentio est ad speciem, non autem ad individuum, neque ad genus : quia forma est finis generationis, materia vero est propter formam, Non autem oportet quod ouiuslibet causae vel principii cognitio sit posterior quoad nos: cum quandoque cognoscamus per causas sensibiles, effcctus ignotos; quandoque autem e converso. ARTICOLO 4 Se sia possibile conoscere molte cose simultaneamente.3 S e m bra che sia possibile conoscere molte cose simultaneamente. Infatti : 1. L intelletto è al disopra del tempo. Ora, la successione, cioè il prima e il dopo, è proprio del tempo. Quindi la conoscenza intellettiva non ha un prima e un dopo, ma è tutta simultanea. 2. Niente impedisce che forme diverse, ma non opposte, si trovino simultaneamente nel medesimo soggettò, come l odore e il colore in un pomo. Ma le idee non sono opposte tra loro. Perciò niente impedisce che un identico intelletto sia attuato da specie intellettive diverse. E quindi potrà conoscere simultaneamente più cose. 3. L intelletto può intendere simultaneamente un tutto, p. es., un uomo o una casa. Ora, in ogni tutto sono contenute molte parti. Dùnque l intelletto intende simultaneamente molte cose. 4. Non si può conoscere la differenza di una cosa da un altra, se simultaneamente non si conoscono entrambi, come dice Aristotele ; e la stessa ragione vale per qualsiasi altra comparazione. Ma il nostró intelletto conosce le differenze e le comparazioni reciproche delle cose. Dunque conosce simultaneamente più cose. 1 Materia e forma servono qui come semplici schemi teoretici, non come entità metafisiche. E chiaro infatti che gli elementi costitutivi del genere non sono potenziali altro che relativamente alla specie; ma in sostanza essi stessi derivano dalla forma non meno degli eleménti costitutivi della specie. Un uomo, per intendersi, deve la vita e la sensibilità più alla sua forma, cioè all anima, che alla materia (cfr. 5 Melaphys., c.. 6, lect 7). a Basta gettare uno sguardo sui II. pp. per accorgersi che S. Tommaso ritorna volentieri su questo argomento, che a prima vista potrebbe sembrare di poca importanza. Il quesito serve a definire con esattezza il concetto tomistico dell intellezione umana, In opposizione a quello agostiniano. Per S. Agostino il perfetto ARTICULU S 4 Utrum possimus multa simul intelligere. Supra, q. 12, a. 10; q. 58, a. 2 ; 8 Sent., d. 3, q. 3, a. 4 ; S, d. 14, a. 2, qc. 4;! Cont. Geni., c. 55; De Verlt., q. 8, a. 14; De Anima, a. 18, ad 5; Quodllb. 7, q. 1, a. 2. A d q u a r t u m s ic proceditur, Videtur quod possimus multa simul intelligere. Intellectus enim est supra tempus. Sed prius et posterius ad tempus pertinent. Ergo intellectus non intelligit diversa secundum prius et posterius, sed simul. 2. P raeterea, nihil prohibet diversas formas non oppositas simul eidem actu inesse, sicut odorem et colorem pomo. Sed species intelligibiles non sunt oppositae. Ergo nihil prohibet intellectum unum simul fieri in actu secundum diversas species intelligibiles. Et sic potest multa simul intelligere. 3. P raeterea, intellectus simul intelligit aliquod totum, ut hominem vel domum. Sed in quolibet toto continentur multae partes. Ergo intellectus simul multa intelligit. 4-, P raeterea, non potest cognosci differenza unius ad alterum, nisi simul utrumque apprehendatur, ut dicitur in libro 3 De Anima [c. 2, lect. 3] : et eadem ratio est de quacumque alia comparatione. Sed intellectus noster cognoscit differentiam et comparationem unius ad alterum. Ergo cognoscit multa simul. possesso intenzionale di un idiea è assicurato dalla sua presenza nell anima, anche se per il momento essa è racchiusa nella memoria. L attenzione dello spirito può volgersi verso le Idee in esso racchiuse, come l occhio di chi contempla una pluralità di oggetti investiti dalla luce del sole (cfr. / Sollloq., c. 8 ; 7 Confess., c. 10 ; I l De Gen. ad Hit., c. 31). Stando a questa concezione agostiniana dell'atto intellettivo, non si saprebbe come negare o come restringere la visione simultanea di molte idee, e il possesso attuale di un numero indefinito di nozioni. Ora questa possibilità indefinita e anche solo molteplice ha contro di sè l esperienza. Perciò S. Tommaso ha accettato senza riserve la tesi aristotelica sull argomento: «Si ha l intellezione di un unica cosa, mentre si ha la scienza di molte».

32 74 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 4 In contrario : Scrive Aristotele, che «si ha l intellezione di un unica cosa, mentre si ha la scienza di m o lte».1 R ispo n d o : L intelletto può intendere più cose in quanto formano un unità, non in quanto formano una pluralità ; vale a dire servendosi di una sola e non di più specie intenzionali. Infatti la portata di ogni operazione dipende dalla forma, che ne costituisce il principio. L intelletto dunque può intendere simultaneamente tutto quello che può conoscere con una sola specie intenzionale : Dio, infatti, può vedere simultaneamente tutte le cose, perchè le vede mediante quell unica realtà che è la sua essenza. Le,cose, invece, conosciute dal nostro intelletto mediante una pluralità di concetti, non sono da esso conosciute simultaneamente. E il motivo sta nel fatto che un identico soggetto non può rivestirsi simultaneamente di più forme di uno stesso genere e di specie diversa; è impossibile, p. es., che il medesimo corpo, sotto lo stesso rapporto sia colorato con colori diversi, o modellato in figure diverse. Ora, tutte le specie intelligibili sono di uno stesso genere, essendo tutte perfezioni dell unica potenza intellettiva ; anche se le cose che rappresentano siano di genere diverso. È dunque impossibile che il medesimo intelletto sia attuato simultaneamente da una pluralità di specie intelligibili, e possa così conoscere più cose in maniera attuale.2 S o l u z io n e d e lle d if f ic o l t à : 1. L intelletto è a.1 disopra di quel tempo che è la misura del moto delle cose materiali. Ma la stessa pluralità dei concetti causa una successione nelle operazioni intellettive, per cui una di esse è prima dell altra. S. Agostino chiama tempo questa successione, quando scrive che «D io muove attraverso il tempo la creatura sp iritu a le».3 2. Non solo forme opposte, ma neppure quelle di un medesimo genere, sebbene non opposte, possono trovarsi simultaneamente in un medesimo soggetto; come risulta dall esempio addotto dei colori e delle figure. 3. Le parti possono essere conosciute in due modi. Primo, in confuso, cioè in quanto sono incluse nel tutto : in tal caso le conosciamo mediante l unica forma del tutto; e così le possiamo conoscere simultaneamente. Secondo, con una conoscenza distinta, in modo che ciascuna sia conosciuta mediante la propria specie intenzionale ; e allora le parti non possono essere conosciute simultaneamente. 4. Quando l intelletto conosce la differenza e la comparazione di una cosa con un altra, conosce i due termini sotto l aspetto di un unica comparazione e di un unica differenza ; allo stesso modo che conosce le parti nel tutto, come abbiamo spiegato. PROCEDIMENTO E S V ILU PPI D ELL IN TE LLE ZIO N E 75 S ed contra est quod dicitur in libro 2 Topic. [c. 10], quod «intelligere est unum' solum, scire vero multa». R espondeo d ic e n d u m quod intellectus quidem potest multa intelligere per modum unius, non autem multa per modum multorum : dico autem per modum unius vel multorum, per unam vel plures species intelligibiles. Nani modus cuiusque actionis consequitur formam quae est actionis principium. Quaecumque ergo intellectus potest intelligere sub una specie, simul intelligere potest; et inde est quod Deus omnia simul videt, quia omnia videt per unum, quod est essentia sua. Quaecumque vero intellectus per diversas species intelligit, non simul intelligit. Et huius ratio est, quia impossibile est. idem subiectum perfici simul pluribus formis unius generis et diversarum specierum: sicut impossibile est quod idem corpus secundum idem simul coloretur diversis coloribus, vel figuretur diversis figuris. Omnes autem species intelligibiles sunt unius generis, quia sunt perfectiones unius intellectivae potentiae ; licet res quarum sunt species,. sint diversorum generum. Impossibile est ergo quod idem intellectus simul perficiatur diversis speciebus intelligibilibus, ad intelligendum diversa in actu. A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod intellectus est supra tempus quod est numerus motus corporalium rerum. Sed ipsa pluralitas specierum intelligibilium causai vicissitudinem quandam intelligibilium operationum, secundum quam una operatio est prior altera. Et hanc vicissitudinem Augustinus nominat tempus, cum dicit, 8 Super Gcn. ad litt. [cc. 20, 22], quod «Deus movet creaturam spiritualem per tempus». A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod non solum oppositae formae non possunt esse simul in eodem subiecto, sed nec quaecumque formae eiusdem generis, licet non sint oppositae; sicut patet per exemplum inductum [in corp.] de coloribus et figuris. A d t e r t iu m d ic e n d u m quod partes possunt intelligi dupliciter. Uno modo, sub quadam confusione, prout sunt in toto ; et sic cognoscuntur per unam formam totius, et sic simul cognoscuntur. Alio modo, cognitione distincta, secundum quod quaelibet cognoscitur per suam speciem : et sic non simul intelliguntur. A d q u a r t u m d ic e n d u m quod quando intellectus intelligit differentiam vel comparationem unius ad alterum, cognoscit utrumque differentium vel comparatorum sub ratione ipsius comparationis vel differentiae ; sicut dictum est [in resp. ad 3] quod cognoscit partes sub ratione totius. 1 Se teniamo presente qualche brano di S. Agostino sull argomento, possiamo scorgere facilmente quanto diverse fossero le «auctoritates» e quanto opportuni i chiarimenti di S. Tommnso. «Il maestro di due o di più discipline, quando non pensa a questa o a quell'altra, tuttavia le conosce. Ma possiamo noi dire correttamente: nuesto musico, pur conoscendo la musica, non ne ha l Intellezione, perchè non ci pensa; poiché adesso ha l'intellezione della geometria cui sta pensando? Evidentemente questa sentenza è assurda» (H De Trin lt., c. 9). - L'opposizione è forse meno drammatica di quanto potrebbe sembrare; perchè la co/jitatio di S. Agostino sostanzialmente coincide con V intellezione di Aristotele. Ma è anche vero che la teoria agostiniana sulla memoria, presa in tutto 11suo rigore, non poteva giustificare le tangibili differenze esistenti tra la scienza di una cosa e la sua Intellezione attuale. S. Agostino confessa candidamente il suo Imbarazzo a proposito deh'autocoscienza dell anima (cfr. 14 De Trlnlt., c. 8). 2 Ciò non toglie che l intelletto possa spostare con rapidità Inimitabile la sua attenzione da un oggetto a un altro, come ciascuno può sperimentare. 3 II testo è scelto a proposito, anche se il contesto Ideologico esigesse delle riserve ; poiché S. Agostino, nonostante l imposizione platonica della sua gnoseologia, non intendeva di rinnegare l esperienza, che In questo caso è tutta a favore di una successione degli atti conoscitivi. S. Tommaso approfitta della buona occasione per affermare una concordanza di pensiero che gli era particolarmente cara.

33 76 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 5 PRECEDIMENTO E S V ILU PPI D ELL IN TE LLE ZIO N E 77 ARTICOLO 5 Se il nostro intelletto conosca raffrontando e contrapponendo [i concetti].1 S e m bra che il nostro intelletto non conosca raffrontando e contrapponendo [i concetti]. Infntti: 1. Raffronto e contrapposizione implicano una pluralità di cose. Ora, il nostro intelletto non può conoscere più cose simultaneamente. Quindi non può conoscere per via di raffronto e di contrapposizione. 2. In ogni raffronto e contrapposizione [di concetti, cioè in ogni giudizio], si ha [col verbo] l indicazione del tempo presente, passato o futuro. Ma l intelletto prescinde dal tempo, come dalle altre condizioni individuanti. Dunque l intelletto non conosce formulando giudizi affermativi e negativi. 3. L intelletto conosce adeguandosi alla realtà. Ora, nella realtà non esistono raffronti e contrapposizioni ; poiché nella realtà esiste soltanto la cosa indicata dal predicato e dal soggetto, ed è un unica e identica cosa, se l enunziato è vero ; l uomo infatti è esattamente ciò che è un animale. Dunque l intelletto non può raffrontare e contrapporre [dei concetti]. In c o n t r a r io: Le parole stanno a indicare le operazioni dell intelligenza, come insegna il Filosofo. Ora, con la parola si esprimono raffronti e contrapposizioni. Ciò è evidente nelle proposizioni affermative e negative. Dunque l intelletto procede per via di raffronti e di contrapposizioni [di concetti]. R ispondo: E una necessità per l intelletto umano conoscere mediante raffronti e contrapposizioni di concetti. Infatti, dovendo esso passare dalla potenza all atto, ha una certa analogia con gli esseri soggetti alla generazione, i quali acquistano la loro perfezione, non in modo istantaneo, ma graduale. Così l intelletto umano non acquista subito alla prima apprensione una conoscenza perfetta dell oggetto ; ma da principio ne percepisce un aspetto, mettiamo la quiddità, che è l oggetto primario e proprio dell intelligenza, e in seguito conosce le proprietà, gli accidenti e le relazioni che ricoprono la quiddità. Si trova così costretto a raffrontare e a contrapporre le varie percezioni, e a passare da un raffronto, o da una contrapposizione, ad altri raffronti e ad altre contrapposizioni, cioè a ragionare.? Invece l intelletto divino e quello angelico si comportano come i corpi incorruttibili, i quali immediatamente fin da principio possiedono tutta la loro perfezione. Perciò l intelletto divino e quello angelico possiedono una conoscenza immediata e perfetta delle cose. E quindi nel conoscere l essenza di una cosa, ne apprendono simultaneamente tutti gli aspetti, che noi riusciamo a conoscere a forza di raffronti, di contrapposizioni e di ragionamenti. - In conclu- 1 II «componendo et dividendo» indica esattamente la funzione che riscontriamo nel giudizio: affermazione e negazione. Il pensiero umano si esercita in un continuo succedersi di raffronti e di contrapposizioni di conoelfi : raffronti e contrap- ARTICULUS 5 Utrum intellectus noster intelligat componendo et dividendo. Supra, q. 58, a. 4. Ad q u i n t u m s ic p r o c e d it u r. Videtur quod intellectus noster non intelligat componendo et dividendo. Compositio enim et divisio non est nisi multorum. Sed intellectus non potest simul multa intelligere. Ergo non potest intelligere componendo et dividendo. 2. P raeterea, omni compositioni et divisioni adiungitur tempus praesens, praeteritum vel futurum. Sed intellectus abstrahit a tempore, sicut etiam ab aliis particularibus conditionibus. Ergo intellectus non intelligit componendo et dividendo. 3. P raeterea, intellectus intelligit per assimilationem ad res. Sed compositio et divisio nihil est in rebus: nihil enim invenitur in rebus nisi res quae sign ificato per praedicatum et subiectum, quae est una et eadem si compositio est vera ; homo enim est vere id quod est animai. Ergo intellectus non componit et dividit, S ed contra, voces significant conceptiones intellectus, ut dicit Philosophus in i Perihem. [c. 1, lect. 2]. Sed in vocibus est compositio et divisio ; ut patet in propositionibus afflrmativis et negativis. Ergo intellectus componit et dividit. R éspondeo d ic e n d u m quod intellectus humanus necesse habet intelligere componendo et dividendo. Cum enim intellectus humanus exeat de potentia in actum, similitudinem quandam habet cum rebus generabilibus, quae non statim perfectionem suam habent, sed eam successive acquirunt. Et similiter intellectus humanus non statini in prima apprahensione capit perfectam rei cognitionem ; sed primo apprehendit aliquid de ipsa, puta quidditatem ipsius rei, quae est primum et proprium obiectum intellectus ; et deinde intelligit proprietates et accidentia et habitudines circumstantes rei essentiam. Et secundum hoc, necesse habet unum apprehensum alii componere vel dividere ; et ex una compositione vel divisione ad aliam procedere, quod est ratiocinari. Intellectus autem angelicus et divinus se habet sicut res incorruptibiles, quae statim a principio hahent suam totam perfectionem. Unde intellectus angelicus et divinus statim perfecte totam rei cognitionem habet. Unde in cognoscendo quidditatem rei, cognoscit de re simul quidquid nos cognoscere possumus componendo et dividendo et ratiocinando. - Et ideo intellectus humanus cognoscit posizioni che vengono poi formulati nelle proposizioni affermative o negative, mediante le quali ci esprimiamo. - Per chi desiderasse approfondire la questione indichiamo l opera del P. H o e n e n, La théorle du jugement d après S. Thomas d Aquin, Roma, Come si vede, la semplice apprensione non è davvero la scienza, per il Dottore Angelico. SI potrà parlare di scienza quando l Intelletto avrà sviluppato la sua potenzialità radicale nelle operazioni del giudizio e del raziocinio. Soltanto queste funzioni più complesse possono condurre la mente umana a un'indagine scientifica e a una perfetta adeguazione con la realtà. - Non deve Ingannare l'affermazione più volte ripetuta che l intelletto di primo acchito raggiunge la quiddità delle cose; perchè la quiddità è appresa inizialmente net suoi aspetti più generici, come si è visto nell articolo precedente.

34 78 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 5 sione, l intelletto umano conosce rapportando e contrapponendo i concetti, come pure conosce ragionando. Invece l intelletto di Dio e quello degli angeli conosce certamente queste operazioni, ma senza raffrontare o contrapporre concetti, e senza ragionamento, cioè mediante l intuizione della sola quiddità. S o l u z io n e d e lle d if f ic o l t à : 1. Il raffronto e la contrapposizione dei concetti avvengono in base a una differenza o a una somiglianza. Perciò l intelletto può conoscere più cose nel formulare giudizi affermativi e negativi, come, fa quando conosce una differenza o una somiglianza. 2. 1/ intelletto, pur astraendo ' il suo oggetto dai fantasmi, non compie un intellezione senza volgersi ai fantasmi, come abbiamo spiegato. Ebbene, i giudizi affermativi e negativi dell intelligenza implicano il tempo in quanto quesfultima si volge ai fantasmi L immagine intenzionale delle cose è ricevuta nell intelligenza secondo il modo di essere non delle cose ma dell intelletto. Quindi, nell oggetto vi è certamente qualche cosa che corrisponde al raffronto e alla contrapposizione dell intelligenza, ma questo qualche cosa non ha nell intelligenza lo stesso modo di essere che ha nella realtà. Infatti l oggetto proprio dell intelletto umano è l essenza delle cose materiali, sottoposte ai sensi e all immaginazione. Ora, nelle cose materiali esistono due composizioni. Innanzi tutto quella di forma e di materia : e ad essa corrisponde nell intelligenza il raffronto o composizione, per cui il tutto universale viene predicato di una sua parte. Infatti il genere viene desunto dalla materia universale, la differenza specifica dalla forma, e il singolare dalla materia individuale. L a seconda composizione è quella di accidente e di soggetto : e a questa seconda composizione reale corrisponde nell intelletto il raffronto che è implicito nella predicazione di un accidente relativamente al suo soggetto, come quando diciamo: l uomo è bianco. - Tuttavia il raffronto o composizione dell intelletto differisce dalla composizione reale : poiché gli elementi che entrano in composizione nella realtà sono diversi tra loro, invece la composizione fatta dall intelletto sta a indicare l identità dei concetti che entrano in composizione. L intelletto infatti non unisce fino al punto di pensare che l uomo è la bianchezza, ma afferma che l uomo è bianco, cioè che ha la bianchezza: uomo quindi e chi ha la bianchezza in concreto si identificano.2 Lo stesso si dica della composizione di forma e di materia: infatti animale indica un essere che ha la natura sensitiva, razionale un essere che ha quella intellettiva, uomo indica l essere che ha l una e l altra natura, Socrate poi un soggetto che ha tutte queste cose, e in più la materia individuale. Ora, è proprio questa [sostanziale] identità che permette al nostro intelletto di unire una cosa con l altra mediante la predicazione logica. 1 In ogni proposizione 11 verbo, che ha funzione di copula o di predicato, porta un indicazione definita di tempo (presente, passato o futuro). Ebbene, questa in dicazione non si riferisce al dato Intelligibile come tale, ma al dato concreto e sensibile presente nella fantasia o nella memoria. Non dobbiamo infatti dimenticare la complessità della nostra attività conoscitiva, In cui si fondono immagini e concetti, intelligenza e sensibilità. «Propriamente parlando, dice S. Tommaso, non il senso o l ' intelletto conoscono, ma l uomo per mezzo del senso e dell' intelletto» (De Verlt., q. 2, a. 6, ad 3). PROCEDIMENTO E S V ILU PPI D E LL IN TE LLE ZIO N E 79 componendo et dividendo, sicut et ratiocinando. Intellectus autem divinus et angelicus cognoscunt quidem compositionem et divisionem et ratiocinationem, non componendo et dividendo et ratiocinando, sed per intellectum simplicis quidditatis. A d p r im u m ergo dicend um quod compositio et divisio intellectus secundum quandam dìfferentiam vel comparationem fit. Unde sic intellectus cognoscit multa componendo et dividendo, sicut cognoscendo dìfferentiam vel comparationem rerum. À d s e c u n d u m d ic e n d u m quod intellectus et abstrahit a phantasmatibus ; et tamen non intelligit actu nisi convertendo se ad phantasmata, sicut supra [a. 1, et q. 84, a. 7] dictum est. Et ex ea parte qua se ad phantasmata convertit, compositioni et divisioni intellectus adiungitur tempus. A d t e r t iu m d ic e n d u m quod similitudo rei recipitur in intellectu secundum modum intellectus, et non secundum modum rei. Unde compositioni et divisioni intellectus respondet quidem aliquid ex parte rei ; tamen non eodem modo se habet in re, sicut in intellectu. Intellectus enim humani proprium obiectum est quidditas rei materialis, quae sub sensu et imaginatione cadit. Invenitur autem duplex compositio in re materiali. Prim a quidem, formae ad materiam : et buie respondet compositio intellectus qua totum universale de sua parte praedicatur; nam genus sumitur a materia communi, differentia vero completiva speciei a forma, particulare vero a materia individuali. Secunda vero compositio est accidentis ad subiectum : et buie reali compositioni. respondet compositio intellectus secundum quam praedicatur accidens de subiecto, ut cum dicitur, homo est albus. - Tamen differt compositio intellectus a compositione rei: nam ea quae componuntur in re, sunt diversa; compositio autem intellectus est signum identitatis eorum quae componuntur. Non enim intellectus sic componit, ut dicat quod homo est albedo ; sed dicit quod homo est albus, idest habens albedinem : idem autem est subiecto quod est homo, et quod est habens albedinem. Et simile est de compositione formae et materiae : nam animai significat id quod habet naturam sensitivam, rationale vero quod habet naturam intellectivam, homo vero quod habet utrumque, Socrates vero quod habet omnia haec cum materia individuali ; et secundum hanc identitatis rationem, intellectus noster unum componit alteri praedicando. 2 Oggetto immediato dell' Intelligenza umana non sono le astrazioni, ma gli astratti, cioè le cose. Questo va sottolineato bene, per rispondere a coloro che rimproverano al tomismo l incapacità a giustificare razionalmente la conoscenza intellettiva dei singolari. Essi dimenticano che il concetto, nato con l'astrazione totale, non perde nulla della sua intenzionalità, cioè della sua attitudine a presentare l'oggetto nella sua reale e concreta esistenza : perde soltanto il modo di essere dell'osgetto in quanto immagine, rappresentativa, per assumere quello del soggetto. E ciò è tanto vero, che in un secondo atto questa Intelligenza sviluppa in maniera esplicita tale intenzionalità dell'idea, affermando l esistenza o la non esistenza degli oggetti ad essa presentati. - Ecco le parole stesse di S. Tommaso in proposito: «Due sono gli elementi presenti in una cosa, la sua quiddità e la sua esistenza; e ad esse corrispondono due operazioni nell Intelletto. La prima, che 1 filosofi denominano formatto, serve ad apprendere la quiddità delle cose, ed è anche chiamata intelligenza degli indivisibili. La seconda afferra l esistenza delle cose, combinando delle affermazioni, poiché l'esistenza di cose composte di materia e forma, dalle quali parte [ l ' intelligenza umana],'si attua mediante una composizione di forma e di materia, o di accidente e di sostanza» (/ S e n i, d. 37, q. 1, a. 3).

35 80 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 6 PROCEDIMENTO E S V ILU PPI D ELL IN TELLEZIO N E 81 ARTICOLO 6 Se l intelletto possa ingannarsi.1 ARTICULUS 6 Utrum intellectus possit esse falsus. Supra, q. 17, a. 3 ; q. 58, a. 5 ; / Sent., d. 19, q. 5, a. 1, ad 7 ; t Coni. Cent., c. 59 ; 8, c. 108 ; De Verìt., q. 1, a. 12 ; / Periherm., lect. 3 j S De Anima, lect. 11 ; 6 Metaphys., lect. 4 ; 9, lect. 9. S e m b r a che l intelletto possa ingannarsi. Infatti : 1. Scrive il Filosofo che «i l vero e il falso si trovano nella mente». Ora, la mente non è che l intelletto, come si è già veduto. Dunque nell' intelletto può trovarsi l errore. 2. L opinare e il ragionare appartengono all intelletto. Ma in queste due funzioni può verificarsi l errpre, Dunque l intelletto può ingannarsi. 3. Il peccato ha luogo nella parte intellettiva. Ora, il peccato è connesso con un errore, poiché sta scritto che «sbagliano coloro i quali fanno il m ale». Dunque nell intelletto può trovarsi l'errore. I n contrario : Dice S. Agostino che «chi s inganna non comprende la cosa su cui s in gan n a».2 E anche il Filosofo dichiara che «l 'i n telletto è sempre giusto». R ispo n d o : Il Filosofo stabilisce qui un parallelismo tra l ' intelletto e i sensi. I sensi infatti non s ingannano circa l oggetto proprio: la vista, p. es., non s inganna sui colori; ma la cosa può accadere soltanto per accidens, cioè per un impedimento casuale dell'organo. Così il gusto dei febbricitanti giudica amare le cose dolci, perchè la lingua è impregnata di umori cattivi. Sui sensibili cornimi, ossia nel giudicare della grandezza, della figura, ecc., il senso può ingannarsi ; come quando giudica, p. es., che il sole ha il diametro di un piede, mentre è più grande della terra. S'inganna anche più facilmente intorno ai sensibili per a.ccidens, quando, p. es., giudica che il fiele sia miele per la somiglianza del colore.3 - E la ragione di ciò è evidente. Infatti ciascuna potenza per se stessa è ordinata al proprio oggetto. E come tali le potenze hanno sempre un identico modo di comportarsi. Perciò una potenza, finché perdura, non può fallire il suo giudizio intorno al proprio oggetto. Ora, l'oggetto proprio dell intelletto è la quiddità delle cose. E intorno alla quiddità delle cose, di suo, l ' intelletto non s inganna. Può invece ingannarsi sui dati annessi alla quiddità, scambiando l'uno con l altro, sia nel giudizio affermativo e negativo, sia nel raziocinio, Di conseguenza non può errare neppure a proposito di 1 II problema dell errore è affrontato a più riprese n e l l a Somma Teologica. G li fu già dedicata l intera q. 17 ; e In essa abbiamo trovato un articolo, che possiamo considerare quasi un duplicato rlel presente: «Utrum falsitas sit in intellectu». - S, Tommaso però ha cercato di non ripetersi ; e per tale motivo ha tralasciato qui di esporre 1 motivi meno immediati per la soluzione del quesito. Cfr. voi. II, pp Sul problema dell'errore vedi R o l a n d -G o s s e l in M. D., «La théorie thomiste de l'erreur» in Mélanges thomistes, Parigi, 1934, pp Le parole di S. Agostino possono servire a impostare il problema nel suo aspetto metafisico. Ogni errore, come ogni male, è un non essere, Ma qui si vuol considerare il problema da un punto di vista psicologico ; e allora l affermazione non è del tutto a proposito. - Del resto anche quando si insiste sul piano metafisico, S. Tommaso non si contenta di presentare l errore come semplice negazione, ma vuole che nella definizione stessa non sì dimentichi il soggetto : anche l er- Ad s e x t u m s ic pr o c e d it u r. Videtur quod intellectus possit esse falsus. Dicit enim Philosophus, in 6 Metaphys. [c. 4, lect. 4], quod «verum et falsum sunt in mente». Mens autem et intellectus idem sunt, ut supra [q. 79] dictum est. Ergo falsitas est in intellectu. 2. P raeterea, opimo et ratiocinatio ad intellectum pertinent. Sed in utraque istarum invenitur falsitas. Ergo potest esse falsitas in intellectu. 3. P raeterea, peccatum in parte intellectiva est. Sed peccatum cum falsitate est : «errant» enim «qui operai)tur malum», ut dicitur Prov., 14,22. Ergo falsitas potest esse in intellectu. S ed contra est quod dicit Augustinus, in libro Octoginta trium Quaest. [q. 32], quod «omnis qui fallitur, id in quo fallitur non intelligit». Et Philosophus dicit, in libro 3 De Anima [c. 10, lect. 15], quod «intellectus semper est rectus». R espondeo d ic e n d u m quod Philosophus, in 3 De Anima [c. 6, lect, 11], comparat, quantum ad hoc, intellectum sensui. Sensus enim circa proprium obiectum non decipitur, sicut visus circa colorem ; nisi forte per accidens, ex impedimento circa organum contingente, sicut cum gustus febrientium dulcia iudicat amara, propter hoc quod lingua malis humoribus est repleta. Circa sensibilia vero communia decipitur sensus, sicut in diiudicando de magnitudine vel figura; ut cum iudicat solem esse pedalem, qui tamen est maior terra. Et multo magis decipitar circa sensibilia per accidens ; ut cum iudicat fel esse mel, propter coloris stmilitudinem. - Et huius ratio est in evidenti. Quia ad proprium obiectum unaquaeque potentia per se ordinatur, secundum quod ipsa. Quae autem sunt huiusmodi, semper eodem modo se habent, Unde manente potentia, non deficit eius iudicium circa proprium obiectum. Obiectum autem proprium intellectus est quidditas rei. Unde circa quidditatem rei, per se loquendo, intellectus non fallituir. Sed circa ea quae circumstarit rei essentiam vel quidditatem, intellectus potest falli, dum unum ordinat ad aliud, vel componendo vel dividendo vel etiam ratiocinando. Et propter hoc etiam circa illas prorore è privazione di essere in un soggetto. Praticamente è la privazione di quella nozioni che sono richieste per la formulazione di un giudizio (cfr. I Cont. Gent., C. 76), 3 Non si tratta di giudizi emessi dai vari sensi specifici e propri, ma da tutte le facoltà interiori che concorrono alla percezione. Specialmente nell'ultimo caso è chiarissimo che il giudizio sui sensibili per accidens (vedi Diz. Tom.) è una funzione di ordine intellettivo. - S. Tommaso non intende negare che i sensi possano essere occasione di errore per l intelletto. Basterà meditare attentamente queste sue parole: «Il senso in rapporto all intelletto produce sempre in esso una persuasione vera circa la disposizione propria, non cosi circa la disposizione delle cose» (De Verit., q. 1, a. 11; cfr. I, q. 17, a. 2, ad 1). Ma qui si tratta di riaffermare l attitudine costituzionale dei sensi per certe determinate percezioni. Negando tale attitudine si aprirebbe fatalmente la via allo scetticismo.

36 82 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, aa. 6-7 quelle proposizioni che si conoscono appena conosciuto il valore dei termini, come nel caso dei primi principii : dai quali poi deriva infallibilità di verità e certezza scientifica alle stesse conclusioni. - Tuttavia l intelletto può ingannarsi, per accidens, sulla quiddità, allorché si tratta di esseri composti ; non già per causa degli organi [come nel caso dei sensi], poiché l intelletto è una facoltà che non si serve di organi, ma a causa della composizione che si richiede per formulare una definizione. La definizione di una cosa infatti è falsa applicata ad un altra; la definizione del circolo, p. es., è falsa per il triangolo. Inoltre la definizione può essere falsa in se medesima, per il fatto che è composta di termini incompatibili, quando, p. es., si pretende di definire una cosa in questi termini: animale ragionevole alato. E per questo non possiamo sbagliare trattandosi di entità semplici, nella cui definizione non può esserci composizione. In tal caso possiamo mancare [solo] nel non percepire totalmente, come si esprime Aristotele. S o l u z io n e d e lle d if f ic o l t à : 1, 2, 3. Il Filosofo ammette l'errore nella mente nell atto di formulare giudizi affermativi e negativi. - Lo stesso si dica in risposta alla seconda difficoltà, per le 'funzioni dell opinare e del raziocinare ; e in risposta alla terza per l errore di chi pecca, errore che consiste nell applicazione di un giudìzio al campo dell appetibile. - Ma nella semplice intuizione della quiddità delle cose, e di quanto è implicito in essa, l intelletto non s inganna mai. E questo è il senso dei testi riferiti dall argomento in contrario. PROCEDIMENTO E S V IL U P P I D ELL IN TELLEZIO N E 83 positiones errare non potest, quae statim cognoscuntur cognita terminorum quidditate, sicut accidit circa prima principia: ex quibus etiam accidit infallibilitas veritatis, secundum certitudinem scientiae, circa conclusiones. - Per accidens tamen contingit intellectum decipi circa quod quid est in rebus compositis ; non ex parte organi, quia intellectus non est virtus utens organo ; sed ex parte compositionis intervenientis circa definitionem, dum vel definitio unius rei est falsa de alia, sicut definitio circuii de triangolo, vel dum aliqua definitio in seipsa est falsa, implicans compositionem impossibilium, ut si accipiatur hoc ut definitio alicuius rei, animai ragionale alatum. Unde in rebus simplicibus, in quarum defìnitionibus compositio Intervenire non potest, non possumus decipi ; sed deficimus in totaliter non attingendo, sicut dicitur in 9 Metaphys. [c. 10, lect. 11], Ad p r im u m ergo d icend um quod falsitatem dicit esse Philosophus in mente secundum compositionem et divisionem. Et similiter dicendum est ad secundum, de opinione et ratiocinatione. Et ad tertium, de errore peccantium, qui consistit in applicatione ad appetibile. - Sed in absoluta consideratione quidditatis rei, et eorum quae per eam cognoscuntur, intellectus nunquam decipitur. Et sic loquuntur auctoritates in contrarium inductae. ARTICOLO 7 Se uno possa intendere una stessa cosa meglio di un altro.1 ARTICULUS 7 Utrum unam et eandem rem unus alio melius intelligere possit, Supra, q. 12, a. 6, ad 1; 4 Sent., d. 49, q. 2, a. 4, ad 1 ; De Verlt., q, 2, a. 2, ad 11. S e m b r a che uno non possa intendere meglio di un altro la stessa cosa. Infatti : 1. Dice S. Agostino : «Chi intende una cosa diversamente da quello che è, non la intende affatto. Perciò esiste senza dubbio un intelligenza perfetta di cui non ce n è un altra più eccellente ; e quindi non è passibile procedere all infinito nella conoscenza di una cosa, come non è possibile che uno la conosca meglio di un altro». 2. L intelletto nel suo operare è vero. Ora, essendo la verità una adeguazione o uguaglianza tra l intelletto e le cose, non comporta un più e un meno : parlando infatti con proprietà, non si può dire che una cosa è più o meno uguale. Dunque non si può affermare che una cosa viene capita di più o di meno. 3. L intelletto è ciò che vi è di più formale nell uomo. Ma una differenza nella forma causa una differenza di specie. Se dunque un uomo capisse più di un altro, bisognerebbe concludere che essi non sono di una medesima specie. I n c o n t r a r io: L esperienza dimostra che alcuni hanno un intellezione più profonda di altri; p. es., intende più profondamente chi è capace di riportare una data conclusione ai primi principii, o alle 1 II quesito si presta assai bene a precisare altri aspetti della conoscenza intellettiva, e a prevenire errori di interpretazione circa la teoria aristotelica. L'astra- Ad s e p t im u m sic proceditur. Videtur quod unam et eandem rem unus alio melius intelligere non possit. Dicit enim Augustinus, in libro Octoginta trium Quaest. [q. 32] : «Quisquis ullam rem aliter quam est intelligit non eam intelligit. Quare non est dubitandum esse perfectam intelligentiam, qua praestantior esse non possit ; et ideo non per infinitum ire quod quaelibet res intelligitur ; nec eam posse alium alio plus intelligere». 2. P raeterea, intellectus intelligendo verus est. Veritas autem, cum sit aequalitas quaedam intellectus et rei, non recipit magis et minus : non enim proprie dicitur aliquid magis et minus aequale. Ergo neque magis et minus aliquid intelligi dicitur. 3. P raeterea, intellectus est id quod est formalissimum in homine. Sed differentia formae causat differentiam speciei. Si igitur unus homo magis alio intelligit, videtur quod non sint unius spéciei. Sed contra est quod per experimentum inveniuntur aliqui aliis profundius intelligentes ; sicut profundius intelligit qui conclusionem zlone cl trasferisce in un mondo di concetti universali e di principii assoluti Qualcuno potrebbe perciò pensare a una sostanziale parificazione di tutte le intelligenze umane nell'atto della conoscenza. S. Tommaso respinge una spiegazione cosi Ingenua, fino al punto di ammettere una sostanziale diversità tra un anima e l'altra-.

37 84 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, aa. 7-8 cause prime, di uno il quale è capace di ricollegarla soltanto alle cause prossime. Rispondo : Che uno intende una cosa più di un altro si può prendere in due sensi. Primo, applicando l avverbio p iù all intellezione in rapporto all oggetto conosciuto. In questo senso non è possibile che uno intenda la stessa cosa più di un altro ; perchè se la conoscesse diversamente da come è, vale a dire migliore o peggiore, s ingannerebbe, e perciò non la conoscerebbe, come argomenta appunto S. Agostino. - Secondo, applicando il p iù all intellezione in rapporto al soggetto conoscente. In tal senso uno può intendere la stessa cosa meglio di un altro, se ha una maggiore capacità intellettiva ; come chi ha una potenza visiva più perfetta, vede meglio fisicamente le cose. Lo stesso avviene per l intelletto, in due maniere. Primo, per parte dell intelletto tnedesimo che può essere più perfetto. Infatti è evidente che quanto più il corpo è ben dispósto, tanto migliore è l anima che viene ad inform arlo,1 e ne abbiamo la riprova evidente negli esseri di specie diversa. L a ragione si è che l atto e la forma sono ricevuti nella materia in base alla recettività della medesima. Perciò, siccome tra gli stessi uomini alcuni hanno un corpo meglio disposto, ricevono un anima dotata di maggiore capacità intellettiva ; per questo Aristotele osserva, che «i soggetti dalla carnagione delicata sono meglio dotati di intelligenza». - Secondo, il fatto può verificarsi per parte delle facoltà inferiori, che l intelletto è costretto a usare per la sua attività. Infatti coloro che hanno l immaginativa, la cogitativa e la memoria meglio disposte, sono anche meglio portati all intellezione. S oluzione delle d iffico ltà: 1, 2. La soluzione della prima difficoltà è perciò evidente. - Lo stesso vale per la seconda : infatti la verità dell intelletto consiste appunto nell intendere le cose come sono. 3. Quella differenza di forma, che proviene soltanto dalla diversa disposizione della materia, non causa ima diversità specifica, ma soltanto numerica ; infatti la molteplicità e varietà degl individui dipende dalla diversa materia. PROCEDIMENTO E S V ILU PPI D ELL IN TELLEZIO N E 85 aliquam potest reducere in prima principia et causas primas, quam qui potest reducere solum in causas proximas. R espondeo d ic e n d u m quod aliquem intelligere unam et eandem rem magis quam alium, potest intelligi dupliciter. Uno modo, sic quod ly magis determinet actum intelligendi ex parte rei intellectae. Et sic non potest unus eandem rem magis intelligere quam alius: quia si intelligeret eam aliter esse quam sit, vel rnelius vel peius, falleretur, et non intelligeret, ut arguit Augustinus [loco cit.]. - Alio modo potest intelligi ut determinet actum intelligendi ex parte intelligentis. Et sic unus alio potest eandem rem melius intelligere, quia est melioris virtutis in intelligendo ; sicut melius videt visione corporali rem aliquam qui est perfectioris virtutis, et in quo virtus visiva est perfectior. Hoc autem circa intellectum contingit dupliciter. Uno quidem modo, ex parte ipsius intellectus, qui est perfectior. Manifestum est enim quod quanto corpus est melius dispositum, tanto meliorem sortitur animam: quod manifeste apparet in his quae sunt secundum speciem diversa. Cuius ratio est, quia actus et forma recipitur in materia secundum materiae capacitatem. Unde cum etiam in hominibus quidam habeant corpus melius dispositum, sortiuntur animam maioris virtutis in intelligendo: unde dicitur in 2 De Anima [c. 9, lect. 19] quod «m olles carne bene aptos mente videmus». - Alio modo contingit hoc ex parte inferiorum virtutum, quibus intellectus indiget ad sui operationem : illi enim in quibus virtus imaginativa et cogitativa et memorativa est melius disposita, sunt melius dispositi ad intelligendum. Ad p r im u m ergo patet solutio ex dictis. - Et similiter ad secu n d u m : veritas enim intellectus in hoc consistit, quod intelligatur res esse sicuti est. Ad t e r t iu m d ic e n d u m quod differentia formae quae non provenit nisi ex diversa dispositione materiae, non facit diversitatem secundum speciem, sed solum secundum numerum ; sunt enim diversorum individuorum diversae formae, secundum materiam diversificata». ARTICOLO 8 Se l intelletto conosca gl indivisibili prima delle cose divisibili.3 S e m bra che il nostro intelletto conosca g l indivisibili prima delle cose divisibili. Infatti: 1. Il Filosofo scrive che «n o i arriviamo all intellezione e alla scienza dalla conoscenza dei principii e degli elementi». Ora, gli 1 «A proposito della disuguaglianza delle nostre anime, avvertiva già 11 Gaetano, bisogna notare che sono contrari non soltanto quelli che confessano di dissentire da S. Tommaso, ma persino alcuni tomisti, fino al punto di sostenere che non sarebbe intenzione di S. Tommaso ammettere la disuguaglianza sostanziale delle anime umane. Eppure egli apertamente ciò Insegna, sia qui nel corpo dell articolo e nella soluzione dell ultima difficoltà, che nel ì Seni,, d. 32. Perciò, ARTICULUS 8 Utrum intellectus per prius intelligat indivisibile quam divisibile. Supra, q. 11, a. 2, ad 4; 3 De Anima, lect. 11. Ad o c t a v u m s ic p r o c e d it u r. Videtur quod intellectus noster per prius cognoscat indivisibile quam divisibile. Dicit enim Philosophus, in 4 Physic. [c. 1, lect. 1], quod «intelligim us et scimus ex principiorum et elementorum cognitione». Sed indivisibilia sunt trascurando costoro come altrettanti ciechi, volgiamo la nostra attenzione alle argomentazioni degli altri...» (in h. a.). a Si getta ora uno sguardo sulla struttura dialettica del nostri dati conoscitivi, per stabilire quale sla l ordine col quale si presentano alla nostra Intelligenza nel loro vari aspetti. Questa indagine serve anch essa a precisare la natura dell Intelletto umano, poiché noi non abbiamo altra via per conoscere le nostre facoltà conoscitive, all Infuori dell analisi accurata delle loro operazioni.

38 86 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 8 indivisibili sono i principii e gli elementi delle cose divisibili. Dunque g l indivisibili ci sono noti prima delle cose divisibili. 2. I termini posti nella definizione di una cosa sono conosciuti da noi in precedenza : poiché la definizione si compone «di dati anteriori e più noti», come dice Aristotele. Ora, l indivisibile si pone nella definizione [del divisibile, come il punto nella definizione] della linea: infatti Euclide1 insegna che «la linea è una lunghezza senza larghezza, le cui estremità sono due punti». Così pure troviamo l unità nella definizione del numero ; infatti «i l num ero», come dice Aristotele, «è una pluralità misurata dall unità». Dunque il nostro intelletto intende gli indivisibili prima delle cose divisibili. 3. «L e cose si conoscono mediante cose consimili». Ora, l indivisibile è più simile all intelletto che il divisibile, poiché «l intelletto è semplice», come Aristotele dimostra. Dunque l intelletto conoscerà prima l indivisibile. In c o n t r a r io: Scrive Aristotele che «l indivisibile si rivela come la privazione». Ora, la privazione non è conosciuta in maniera immediata. Dunque neppure l indivisibile. R is p o n d o : Nella vita presente il nostro intelletto ha come oggetto la quiddità delle cose materiali, che esso astrae dai fantasmi, come abbiamo già spiegato. E poiché siamo certi che l oggetto primario e diretto di una facoltà conoscitiva è l oggetto proprio della medesima, si può arguire in quale ordine l indivisibile sia conosciuto da noi, osservando il rapporto che esso ha con la quiddità suddetta. Come insegna Aristotele, un entità può essere indivisibile in tre modi. Primo, come il continuo [di estensione o di tempo], il quale è indivisibile perchè indiviso in atto, sebbene sia divisibile in potenza. E questo indivisibile è conosciuto da noi prima della sua divisione nelle varie parti ; poiché la conoscenza confusa precede la cognizione distinta, come abbiamo già notato. - Secoiido, indivisibile può dirsi una cosa considerata nella sua specie, la nozione di uomo, p. es. Anche in questo caso l indivisibile è conosciuto prima della divisione nelle sue parti essenziali, come si è spiegato sopra, e prima che l intelletto componga e divida con i suoi giudizi affermativi e negativi. E la ragione di ciò sta nel fatto che l intelletto conosce di per sé queste due serie di indivisibili, in qualità di oggetto proprio. - Terzo, vi è un indivisibile che è del tutto indivisibile, p. es,, il punto e l unità, che non sono divisibili, nè in atto, nè in potenza. E un tale indivisibile da noi non è conosciuto immediatamente, ma mediante la negazione della divisibilità. Difatti il punto si definisce in forma negativa : «ciò che non ha parti» ; così pure il concetto essenziale dell unità è di essere «in divisibile», come si esprime A ristotele. E questo perchè un indivisibile di tal genere si contrappone in qualche modo alla realtà corporea, la quiddità della quale costituisce l oggetto primo e immediato dell intelletto. Se invece il nostro intelletto conoscesse mediante la partecipazione di realtà indivisibili separate, come volevano i platonici, ne verrebbe che questi indivisibili sarebbero i primi oggetti dell intelligenza: i platonici infatti ritengono che 1 prime realtà sono anche le prime ad essere partecipate.a 1 E il celebre matematico greco, del sec. Ili a. C. La sua opera principale, Eiementi, In 13 libri, pare fosse una compilazione ricavata da opere più antiche PROCEDIMENTO E S V IL U PPI D ELL IN TELLEZIO N E 87 principia et elementa divisibilium. Ergo per prius sunt nobis nota indivisibilia quam divisibilia. 2. P raeterea, id quod ponitur in definitione alicuius, per prius cognoscitur a nobis: quia definitio est «ex prioribus et notioribus», ut dicitur in 6 Topic, [c. 4j. Sed indivisibile ponitur in definitione divisibilis, sicut punctum in definitione lineae : «linea» enim, ut Euclides dicit [Element., 1. 1], «est longitudo sìne latitudine, cuius extremitates sunt duo puncta». Et unitas ponitur in definitione numeri: quia «numerus est nmltitudo mensurata per unum», ut dicitur in 10 Metaphys. [c. 6, lect. 8], Ergo intellectus noster per prius intelligit indivisibile quam divisibile. 3. P raeterea, «simile simili cognoscitur». Sed indivisibile est magis simile intellectui quam divisibile : quia «intellectus est simplex», ut dicitur in 3 De Anima [c. 4, lect. 7, 9], Ergo intellectus noster prius cognoscit indivisibile. Sed contra e s t quod dicitur in 3 De Anima [c. 6, lect. 11], quod «indivisibile monstratur sicut privatio». Sed privatio per posterius cognoscitur. Ergo et indivisibile. R espo n deo d ic e n d u m quod obiectum intellectus nostri, secundum praesentem statusn, est quidditas rei materialis, quam a phantasmatibus abstrahit, ut ex praemissis [a. 1, et q. 84, a. 7] patet. Et quia id quod est primo et per se cognitum a virtute cognoscitiva, est proprium eius obiectum, considerari potest quo ordine indivisibile intelligatur a nobis, ex eius habitudine ad huiusmodi quidditatem. Dicitur autem indivisibile tripliciter, ut dicitur in 3 De Anima [c. 6, lect. 11]. Uno modo, sicut continuum est indivisibile, quia est indivisum in actu, licet sit divisibile in potentia. Et huiusmodi indivisibile prius est intellectum a nobis quam eius divisio, quae est in partes: quia cognitio confusa est prior quam distincta, ut dictum est [a. 3]. - Alio modo dicitur indivisibile secundum speciem, sicut ratio hominis est quoddam indivisibile. Et hoc etiam modo indivisibile est prius intellectum quam divisio eius in partes rationis, ut supra [ibid.] dictum est: et iterum prius quam intellectus componat et dividat, affirmando vel negando. Et huius ratio est, quia huiusmodi duplex indivisibile intellectus secundum se intelligit, sicut proprium obiectum. - Tertio modo dicitur indivisibile quod est omnino indivisibile, ut punctus et unitas, quae nec actu nec potentia dividuntur. Et huiusmodi indivisibile per posterius cognoscitur, per privationem divisibilis. Unde punctum privative definitur, «punctum est cuius pars non est» ; et similiter ratio unius est quod sit «indivisibile», ut dicitur 10 Metaphys. [c. 1, lect. 1]. Et huius ratio est, quia tale indivisibile habet quandam oppositionem ad rem corporalem, cuius quidditatem primo et per se intellectus accipit. Si autem intellectus noster intelligeret per participationem indivisibilium separatorum, ut Platonici posuerunt, sequeretur quod indivisibile huiusmodi esset primo intellectum : quia secundum Platonicos, priora prius participantur a rebus. 3 Per capire tutto il valore del tomismo nel campo della gnoseologia, sarebbe molto utile prospettare 1 problemi studiati nella q. 85 al sistemi filosofici che considerano S. Tommaso come un sorpassato. Allora ci accorgeremmo che essi, se presentano qualche difficoltà anche nella soluzione tomistica, si rivelano addirittura Insolubili per altre teorie filosofiche ; poiché le soluzioni tentate da certi sistemi

39 88 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 8 S o l u z io n e delle d if f ic o l t à : 1. N ell acquisto di una scienza non sempre i principii e gli elementi vengono per primi; poiché noi spesso partiamo dagli effetti sensibili per giungere alla conoscenza dei principii e delle cause intelligibili. Ma nella scienza già formata la cognizione degli effetti dipende sempre da quella dei principii e degli elementi: infatti al dire del Filosofo, «n o i riteniamo di avere la scienza di una cosa, quando sappiamo ricondurre i vari principii alle loro cause». 2. Il punto non è incluso nella definizione della linea in generale: è chiaro infatti che nella linea infinita e in quella circolare il punto esiste solo potenzialmente. Ma Euclide vuol definire il segmento di linea retta: per questo mette nella sua definizione il punto, come si mette il limite nella definizione di una cosa limitata. - L unità poi è la misura del numero : per questo entra nella definizione del numero misurato. Non entra però nella definizione delle cose divisibili, chè si verifica piuttosto il contrario. 3. L a somiglianza, mediante la quale si ha l ' intellezione, è la specie intenzionale dell oggetto presente nel soggetto. Perciò la priorità di una cosa nella cognizione non dipende dalla sua somiglianza di natura con la potenza conoscitiva, ma piuttosto dalla sua affinità con l oggetto [di essa] ; altrimenti la vista dovrebbe conoscere più l udito che i colori. PROCEDIMENTO E S V ILU PPI D ELL IN TE LLE ZIO N E 89 A d p r im u m ergo dicend um quod in accipiendo scientiam, non semper principia et elementa sunt priora: quia quandoque ex effectibus sensibilibus devenimus in cognitionem principio,rum et causarum intelligibilium. Sed in complemento scientiae, semper scientia effectuum dependet ex cognitione principiorum et elementorum : quia, ut ibidem dicit Philosophus, «tunc opinamur nos scire, cum principia possumus in causas resolvere». A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod punctum non ponitur in definitione lineae communiter sumptae : manifestum est enim quod in linea infinita, et etiam in circulari, non est punctum nisi in potentia. Sed Euclides definit lineam fìnitam rectam: et ideo posuit punctum in definitione lineae, sicut terminum in definitione terminati. - Unitas vero est mensura numeri: et ideo ponitur in definitione numeri mensurati. Non autem ponitur in definitione divisibilis, sed magis e converso. A d t e r t iu m d ic e n d u m quod similitudo per quam intelligimus, est species cogniti in cognoscente. Et ideo non secundum similitudinem naturae ad potentiam cognoscitivam est aliquid prius cognitum, sed per convenientiam ad obiectum : alioquin magis visus cognosceret auditum quam colorem. stione 85. Ed è tacile constatare che essa non ha il sostegno dell esperienza, e eh deriva da una concezione astratta e aprioristica del processo intellettivo. urtano contro la più elementare esperienza. - S. Tommaso si limita a ricostruire quale dovrebbe essere la soluzione platonica dell'ultimo problema della que-

40 QUESTIONE 88 Gli aspetti della realtà materiale conosciuti dal nostro intelletto.1 Passiamo ora a esaminare quali aspetti della realtà materiale conosca il nostro intelletto. SuH'argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se conosca i singolari ; 2. Se conosca cose infinite ; 3. Se conosca i contingenti ; 4. Se conosca le cose future. ARTICOLO 1 Se il nostro intelletto conosca i singolari.9 Sembra che il nostro intelletto conosca i singolari. Infatti: 1. Chi conosce un affermazione, conosce pure i termini che la compongono. Ora, il nostro intelletto conosce questa affermazione: Socrate è uom.o ; poiché spetta all intelletto formare le proposizioni. Perciò la nostra intelligenza conosce quel singolare che è Socrate. 2. L intelletto pratico guida nell operare. Ma le operazioni hanno per oggetto i singolari. Dunque l intelletto li conosce. 3. Il nostro intelletto conosce se medesimo. Ora, esso è un singolare, altrimenti non potrebbe avere operazione alcuna, poiché le operazioni sono proprie dei singolari. Dunque l intelletto conosce i singolari. 4. Una potenza superiore è capace di quanto può fare una potenza inferiore. Ora, il senso conosce i singolari. A maggior ragione quindi dovrà conoscerli l intelletto. I n c o n t r a r io: Il Filosofo insegna che «l universale viene conosciuto dalla ragione, il singolare dal senso». s R isp o n d o : Il nostro intelletto non è in grado di conoscere in modo diretto e immediato il singolare delle cose corporee. Lo deduciamo dal fatto che la radice della singolarità per le cose materiali è la materia individuale : mentre il nostro intelletto conosce, come abbiamo visto, astraendo l aspetto intelligibile da tale materia. Ma ciò che si astrae dalla materia individuale è un universale. Quindi J L'Autore non pretende di esaminare tutto ciò che l ' intelletto umano può conoscere nel mondo corporeo ; ma si ferma a considerare quegli aspetti che presentano una certa difficoltà. 2 Si è spesso rimproverato al tomismo l incapacità a dare una soluzione soddisfacente di questo problema (vedi, p. es., Rousselot P,, L'intcllectualism e de S Thomas, Parigi, 1936, pp ). L'accusa, a nostro parere, ha una sola spiegazione: si è troppo insistito nel presentare l astrazione come la fucina degli universali, trasformandola in una prigione dell' Intelligenza. Si è accantonato nel passato l aspetto plurivalente delle specie intenzionali. Oggi invece i tomisti più aggiornati fanno notare che le specie intelligibili, cioè i nostri concetti univer- QUAESTIO 86 Quid intellectus noster in rebus materialibus cognoscat in qualuor ariiculos divisa. D e i n d e c o n s i d e r a n d u m e s t q u i d i n t e l l e c t u s n o s t e r i n r e b u s m a t e r i a l i b u s c o g n o s c a t. Et circa hoc quaeruntur quatuor. Prim o : utrum cognoscat singularia. Secundo : utrum cognoscat infinita. Tertio : utrum cognoscat contingentia. Quarto : utrum cognoscat futura. ARTICULUS 1 Utrum intellectus noster cognoscat singularia. 3 Seni., d. 3, q. 3, a. 3, ad 1 ; 4, d. 50, q. 1, a. 3 ; I Coni. Gent., c. 65 ; De Verll,., q. 2, aa. 5, 6 j q. 10, a. 5 ; De Anima, a. 20 ; Quodlib. 7, q. 1, a. 3 ; 12, q. 8 ; Opusc. 29, De Prlncip, Indivld. ;.1 De Anima, lect. 8. Ad p r im u m sic proceditur. Videtur quod intellectus noster cognoscat singularia. Quicumque enim cognoscit compositionem, cognoscit extrema compositionis. Sed intellectus noster cognoscit hanc compositionem : Socrates est homo ; eius enim est propositionem formare. Ergo intellectus noster cognoscit hoc singulare quod est Socrates. 2. P raeterea, intellectus practicus dirigit ad agendum. Sed actus sunt circa singularia. Ergo cognoscit singularia. 3. P raeterea, intellectus noster intelligit seipsum. Ipse autem est quoddam singulare : alioquin non haberet aliquem actum ; actus enim singularium sunt. Ergo intellectus noster cognoscit singulare. 4. P raeterea, quidquid potest virtus inferior, potest superior. Sed sensus cognoscit singulare. Ergo multo magis intellectus.. Sed contra est quod dicit Philosophus, in 1 Pliysic. [c. 5, lect. 10], quod «universale secundum rationem est notum, singulare autem secundum sensum». R espondeo d icendum quod singulare in rebus materialibus intellectus noster directe et primo cognoscere non potest. Cuius ratio est, quia principium singularitatis in rebus materialibus est materia individualis : intellectus autem noster, sicut supra [q. 85, a. 1] dictum est, intelligit abstrahendo speciem intelligibilem ab huiusmodi masali, non servono soltanto a presentare la specie astratta di un essere fisico, ma servono insieme a rendere attuale un soggetto potenziale (vale a dire l intelletto possibile e, remotamente, l'anima umana), conservando inoltre una relazione vissuta con i dati della sensibilità, da cui vennero astratte. Ebbene, nel momento della riflessione questi aspetti dell unica specie intenzionale affiorano. Perciò la realtà singolare e materiale, sebbene non sia oggetto diretto dell intelligenza, lo diviene in un secondo tempo, per un atto dd riflessione. 3 La risposta di Aristotele, cosi come suona, non sarebbe davvero una buona soluzione del quesito. Infatti, nota S. Tommaso, «noi non potremmo conoscere il rapporto dell'universale còl particolare, se non ci fosse un unica potenza capace di conoscere l'uno e l'altro» (S De Anima, lect. 8, ed. Plrotta, n. 712).

41 92 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 86, aa. 1-2 il nostro intelletto ha una conoscenza diretta soltanto degli universali. E però in grado di conoscere i singolari indirettamente, mediante una riflessione ; poiché, come abbiamo già spiegato, anche dopo aver astratto le specie intelligibili, non può con esse passare all atto dell intellezione senza volgersi ai fantasmi, nei quali appunto vede le idee, come scrive Aristotele. Perciò l intelletto conosce direttamente l universale mediante le sue specie intelligibili; e indirettamente i singolari che sono rappresentati dai fantasmi. - E in tal modo può formare Ja proposizione: Socrate è uomo. E così è risolta anche la prima difficoltà. S o l u z io n e d e lle d if f ic o l t à : 2. La scelta di un azione concreta da compiere è, al dire di Aristotele, come la conclusione di un sillogismo, dovuta all intelletto pratico. Ora, da una proposizione universale non si può direttamente dedurre una conclusione singolare, ma bisogna prendere come termine medio una proposizione dai termini concreti e singolari. Perciò i dati dell intelletto pratico possono portare ad agire solo mediante una percezione del concreto, dovuta alla parte sensitiva, come dice Aristotele. 3. Il singolare non è intelligibile non perchè singolare, ma perchè materiale ; poiché solo l immaterialità rende le cose oggetto d intellezione. E quindi, se esiste un singolare immateriale, qual è appunto l intelletto, niente si oppone alla sua intelligibilità.1 4. Una potenza superiore è certamente capace di quanto può fare una potenza inferiore, ma in modo più eminente. Perciò, quello che è conosciuto dai sensi in modo materiale e concreto, vale a dire nella conoscenza diretta dei singolari, è conosciuto pure dall intelletto in modo immateriale e astratto, vale a dire nella conoscenza degli universali. CONOSCENZA UMANA DELLA R EALTÀ M ATER IALE 93 tei'ia. Quod autem a materia individuali abstrahitur, est universale. Unde intellectus noster directe non est cognoscitivus nisi universalium. Indirecte autem, et quasi per quandam reflexionem, potest cognoscere singulare : quia, sicut supra [q. 84, a. 7] dictum est, etiam postquam species intelligibiles abstraxit, non potest secundum eas actu intelligere nisi convertendo se ad phantasmata, in quibus species intelligibiles intelligit, ut dicitur in 3 De Anima [c. 7, lect Sic igitur ipsum universale per speciem intelligibilem directe intelligit ; indirecte autem singularia, quorum sunt phantasmata. - Et hoc modo format hanc propositionem, Socrates est homo. Unde patet solutio ad primum. A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod electio particularis operabilis est quasi conclusio syllogismi intellectus practici, ut dicitur in 7 Ethic. [c. 3, lect. 3], Ex universali autem propositione directe non potest concludi singularis, nisi mediante aliqua singulari propositione assumpta. Unde universalis ratio intellectus practici non movet nisi mediante particulari apprehensione sensitivae partis, ut dicitur in 3 De Anima [c. 11, lect. 16]. A d t e r t iu m d ic e n d u m quod singulare non repugnat intelligibilità ti inquantum est singulare, sed inquantum est materiale, quia nihil intelligitur nisi immaterialiter. Et ideo si sit aliquod singulare im materiale, sicut est intellectus, hoc non repugnat intelligibilitati. A d q uar tum dicendum quod virtus superior potest illud quod potest virtus inferior, sed eminentiori modo. Unde id quod cognoscit sensus materialiter et concrete, quod est cognoscere singulare directe, hoc cognoscit intellectus immaterialiter et abstracte, quod est cognoscere universale. ARTICOLO 2 Se il nostro intelletto possa conoscere cose infinite. * ARTICULUS 2 Utrum intellectus noster possit cognoscere infinita. De Veril., q. 2, a. 9 ; Comperici. Theol., c S e m bra che il nostro intelletto pòssa conoscere cose infinite. Infatti : 1. Dio sorpassa tutti g l infiniti. Ora, il nostro intelletto può conoscere Dio, come si è visto. Molto più dunque potrà conoscere tutti gli altri infiniti. 2. Il nostro intelletto è fatto per conoscere tanto i generi che le specie. Ma ci sono dei generi che hanno specie infinite, come il numero, la relazione e la figura. Quindi il nostro intelletto può conoscere cose infinite. 3. Se un corpo non impedisse all altro di occupare il medesimo spazio, non si potrebbe escludere la presenza di infiniti corpi in un sol luogo. Ora, una specie intelligibile non impedisce/a un altra di trovarsi nel medesimo intelletto ; poiché entrambi possono essere 1 Nella questione seguente vedremo gli sviluppi di questo principio. 5 II mondo materiale, tra gli altri suoi aspetti, sembra presentare al nostro Intelletto anche una certa serie di Infiniti : numeri, relazioni, figure geometriche, tempo... (Dio, che è un Infinito attuale e non potenziale, è qui ricordato solo per A d s e c u n d u m s ic pr o c e d it u r. Videtur quod intellectus noster possit cognoscere infinita. Deus enim excedit omnia infinita. Sed intellectus noster potest cognoscere Deum, ut supra [q. 12, a. 1] dictum est. Ergo multo magis potest cognoscere omnia alia infinita, 2. P raeterea, intellectus noster natus est cognoscere genera et species. Sed quorundam generum sunt infinitae species, sicut numeri, proportionis et figurae. Ergo intellectus noster potest cognoscere infinita. 3. P raeterea, si unum corpus non impediret aliud ab existendo in uno et eodem loco, nihil prohiberet infinita corpora in uno lòco esse. una necessità di ordine espositivo-didattico). Possiamo noi raggiungere intellettualmente delle realtà cosi indefinite in tutta la loro estensione? - L analisi tomistica fa rilevare chiaramente che l infinito della realtà materiale è soltanto potenziale, e ad esso corrisponde l illimitata potenzialità o virtualità della nostra intelligenza. Si potrebbe anche far osservare che si tratta di indefiniti non propriamente reali e fisici ; ma di infiniti matematici e immaginari, la cui illimitatezza è piuttosto il frutto di un astrazione.

42 94 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 86, a. 2 conosciute mediante un abito scientifico. Dunque niente impedisce che il nostro intelletto abbia la scienza abituale di oggetti infiniti. 4. Poiché l intelletto, come abbiamo dimostrato, non è una facoltà materiale e corporea, deve essere una potenza illimitata. Ma una potenza illimitata può estendersi a un infinità di cose. Perciò il nòstro intelletto può conoscere cose infinite. I n contrario : Aristotele afferma che «l infinito, in quanto infinito, è ignoto». R ispo n d o : Le facoltà sono proporzionate al proprio oggetto, e perciò è necessario che l intelletto abbia verso l infinito l identico rapporto che ha verso di esso l oggetto suo proprio, cioè la quiddità delle cose materiali. Ora, nel mondo corporeo non si trova una cosa che sia infinita in maniera attuale, ma solo in maniera potenziale, in quanto cioè [nella materia] può esservi un continuo succedersi di forme, come spiega Aristotele. Perciò anche nel nostro intelletto si riscontra l infinito potenziale, in quanto esso riceve un oggetto dopo l altro: infatti l intelletto non è mai così pieno di cognizioni da non poterne ricevere delle altre. Però la nostra intelligenza non può conoscere, nà in maniera attuale, nè in maniera abituale,1 oggetti infiniti. Non in maniera attuale, perchè il nostro intelletto può conoscere simultaneamente in tal modo soltanto ciò che è conoscibile mediante una sola idea. Ora un infinito non è rappresentato da un unica idea; altrimenti sarebbe un tutto unico e un entità definita e perfetta.2 P er questo non è possibile conoscere che prendendo una parte dopo l altra, come si può arguire dalla stessa definizione che ne dà Aristotele : «Infinito è quell essere a cui, togliendo una quantità, ne resta sempre dell altra da prendere». Cosicché per conoscere in maniera attuale un infinito, bisognerebbe enumerare distintamente tutte le siue parti : il che è assurdo. Per la stessa ragione non possiamo conoscere g li infiniti in maniera abituale. Infatti la conoscenza abituale è causata in noi dalla conoscenza attuale ; poiché, come dice Aristotele, mediante atti intellettivi, acquistiamo la scienza. Non potremmo quindi avere un abito conoscitivo di cose infinite che ce ne desse una nozione distinta, se non le avessimo prima considerate tutte con atti successivi di conoscenza ; il che è impossibile. Per conseguenza il nostro intelletto non può conoscere cose infinite, nè in maniera attuale, nè in maniera abituale, ma solo potenziale, come abbiamo spiegato. S o l u z io n e delle d iff ic o lt à : 1. Come abbiamo già spiegato, Dio è infinito, perchè è una forma non limitata da una qualsiasi materia: invece nella realtà materiale una cosa è infinita perchè manca di una qualsiasi determinazione di forma. E poiché, mentre la forma è intelligibile per se stessa, la materia priva di forma è inintelligibile, ne segue che l infinito materiale di suo è inintelligibile. Tuttavia quell infinito che è Dio, pur essendo intelligibile per se stesso, non è intelligibile per noi, data la limitatezza del nostro intelletto, il quale nello stato della vita presente ha una capacità naturale Ii- 1 La conoscenza abituale non è che la cognizione allo stato di abito scientifico, prima che esso si eserciti In una operazione. Conoscenza abituale è, p. es., la filosofia nel filosofo che non pensa alla sua materia. a II Gaetano nota che questa ragione potrebbe essere Infirmata, se non si te- CONOSCENZA UM ANA DELLA R E A LTÀ M ATER IALE 95 Sed una species intelligibilis non prohibet aliam ab existendo simul in eodem intellectu : contingit enim multa scire in habitu. Ergo nihil prohibet intellectum nostrum infinitorum scientiam habere in habitu. 4. P raeterea, intellectus, cum non sit.virtus materiae corporalis, ut supra [q. 76, a. 1] dictum est, videtur esse potentia infinita. Sed virtus infinita potest super infinita. Ergo intellectus noster potest cognoscere infinita. S ed contra est quod dicitur in 1 Physic. [c. 4, lect. 9], quod «infinitum, inquantum est infinitum, est ignotum». R espondeo d ic e n d u m quod, cum potentia proportionetur suo obiecto, oportet hoc modo se habere intellectum ad infinitum, sicut se habet eius obiectum, quod est quidditas rei materialis. In rebus autem materialibus non invenitur infinitum in actu, sed solum in potentia, secundum quod unum succedit alteri, ut dicitur in 3 Physic. [c. 6, lect. 10]. Et ideo in intellectu nostro invenitur infinitum in potentia, in accipiendo scilicet unum post aliud : quia nunquam intellectus noster tot intelligit, quin possit plura intelligere. Actu autem vel habitu non potest cognoscere infinita intellectus noster. Actu quidem non, quia intellectus noster non potest simul actu cognoscere nisi quod per unam speciem cognoscit. Infiriituin autem non habet unam speciem : alioquin haberet rationem totius et perfecti. Et ideo non potest intelligi nisi accipiendo partem post partem, ut ex eius definitione patet in 3 Physic. [c. 6, lect. 11] : est enim infinitum «cuius quantitatem accipientibus semper est aliquid extra accipere». Et sic infinitum cognosci non posset actu, nisi omnes partes eius numerarentur : quod est impossibile. Et eadem ratione non possumus intelligere infinita in habitu. In nobis enim habitualis cognitio causa tur ex actuali consideratione : intelligendo enim efficimur seientes, ut dicitur in 2 Ethic. [c. 1, lect. 1], Unde non possemus habere habitum infinitorum secundum distinctam cognitionem, nisi consideravissemus omnia infinita, numerando ea secundum cognitionis successionem : quod est impossibile. Et ita nec actu nec habitu intellectus noster potest cognoscere infinita, sed in potentia tantum, ut dictum est. Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod, sicut supra [q. 7, a. 1] dictum est, Deus dicitur infinitus sicut forma quae non est terminata per aliquam materiam : in rebus autem materialibus aliquid dicitur infìnitum per privationem formalis terminationis. Et quia forma secundum se nota est, materia autem sine forma ignota, inde est quod infinitum materiale est secundum se ignotum. Infinitum autem formale, quod est Deus, est secundum se notum ; ignotum autem quoad nos, propter defectum intellectus nostri, qui secundum statum praesentis vitae habet naturalem aptitudinem ad materialia cognoscenda. nesse presente lo scopo cui mira la dimostrazione. È vero Infatti che la divina essenza abbraccia nella sua Infinità 1 concetti adeguati di tutti gli infiniti potenziali ; e qualche cosa di analogo avviene nell anima umana di Cristo. Ma qui S. Tommaso intende parlare della conoscenza umana nello stato presente. E allora bisogna sottolineare la duplice funzione che un dato conoscitivo è chiamato a svolgere nell Intellezione, e cioè la funzione di causa e quella di oggetto. Ora, nessun infinito potenziale può «causare» nel nostro intelletto una nozione adeguata della sua Infinitezza ; poiché di attuale non ha che una sua parte (cfr. CAii- TANUS, In h. a. ).

43 96 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 86, aa. 2-3 mitata alla conoscenza delle cose materiali. Perciò, nella vita presente, noi possiamo conoscere Dio soltanto attraverso le sue creature materiali. Nella vita futura questa limitazione della nostra intelligenza sarà eliminata dalla gloria, e allora potremo vedere Dio nella sua essenza, senza però comprenderlo appieno. 2. Il nostro intelletto è fatto per conoscere le specie intelligibili astratte dai fantasmi. Perciò uno non può conoscere nè in maniera attuale nè in maniera abituale quelle specie dei numeri o delle figure, che non sono passate dalla immaginativa. Può averne semmai una conoscenza generica nei principii generali ; il che equivale a una conoscenza potenziale e confusa. 3. Se due o più corpi si trovassero nel medesimo spazio, non sarebbe necessario che vi entrassero uno dopo l altro, e permettessero così, con questa occupazione successiva, di enumerare distintamente i vari corpi occupanti. Invece le specie intelligibili entrano nel nostro intelletto l una dopo l altra: poiché non è possibile intendere più cose simultaneamente. È perciò necessario che le idee si trovino nel nostro intelletto in numero non infinito ma limitato. 4. Il nostro intelletto ha una conoscenza dell infinito proporzionata alla infinità che possiede come potenza. Infatti esso possiede una capacità in quanto non è limitato dalla materia corporea. Avendo inoltre la conoscenza degli universali, astratti dalla materia individuale, l intelletto non è limitato a conoscere un individuo determinato, ma di suo si estende a un infinità di individui. CONOSCENZA UMANA DELLA R E A LTÀ M ATER IALE 97 Et ideo in praesenti Deum cognoscere non possumus nisi per materiales effectus. In futuro autem tolletur defectus intellectus nostri per gloriami, et tunc ipsum Deum in sua essentia videre poterimus, tamen absque comprehensione. A d s e c u n d u m dicend um quod intellectus noster natus est cognoscere species per abstractionem a phantasmatibus. Et ideo illas species numerorum et figurarum quas quis non est imaginatus, non potest cognoscere nec actu nec habitu, nisi forte in genere et in principiis universalibus ; quod est cognoscere in potentia et confuse. A d t e r t iu m d ic e n d u m quod, si duo corpora essent in uno loco, vel plura, non oporteret quod successive subintrarent locum, ut sic per ipsam subintrationis successionem numerarentur locata. Sed species intelligibiles ingrediuntur intellectum nostrum successive : quia non multa simul actu intelliguntur. Et ideo oportet numeratas, et non infinitas species esse in intellectu nostro. A d q u a r t u m d ic e n d u m quod sicut intellectus noster est infinitus virtute, ita infinitum cognoscit. Est enim virtus eius infinita, secundum quod non term in ato per materiam corporalem. Et est cognoscitivui universalis, quod est abstractum a materia individuali, et per consequens non fin it o ad aliquod individuum, sed, quantum est de se, ad infinita individua se extendit. ARTICOLO 3 Se 1* intelletto conosca le cose contingenti. Sembra che l intelletto non conosca le c.ose contingenti. Infatti : 1. Scrive Aristotele che l intelletto, la sapienza e la scienza non hanno per oggetto le cose contingenti, ma quelle necessarie. 2. Leggiamo nella Fisica di Aristotele che «g li esseri i quali ora esistono ed ora non esistono sono misurati dal tempo». Ma l intelletto umano fa astrazione dal tempo come dalle altre condizioni materiali. Essendo dunque proprietà delle cose contingenti di esistere solo per un certo tempo, è chiaro che esse non possono essere conosciute dall intelletto. I n c o n t r a r io: Tutte le scienze risiedono nell intelletto. Ma esistono delle scienze che hanno per oggetto le cosè contingenti; p. es., le scienze morali, che trattano degli atti umani, soggetti al libero arbitrio ; e anche le scienze naturali, per quella parte che riguarda le cose generabili e corruttibili. Perciò l intelletto ha la capacità di conoscere le cose contingenti. R is p o n d o : Possiamo considerare le cose contingenti sotto due aspetti. Primo, nella loro contingenza. Secondo, in quanto includono 1 Platone ha avuto 11 grande merito di mettere In evidenza l aspetto necessario e assoluto delle nozioni Intellettive. Ma è anche vero che la realtà cui esse si riferiscono non è nel mondo delle Idee archetipo, ma nel mondo fisico contingente. Ora, possiamo noi raggiungere questa realtà nella sua contingenza? Se vogliamo. ARTICULUS 3 Utrum intellectus sit cognoscitivus contingentium. De Verit., q. 15, a. 2, ad 3 ; 6 Ethic., lect. 1. Ad t e r t iu m sic proceditur. Videtur quod intellectus non sit cognoscitivus contingentium. Quia, ut dicitur in 6 Ethic. [c. 6, lect. 5], intellectus et sapientia et scientia non sunt contingentium, sed necessariorum. 2. P raeterea, sicut dicitur in i Physic. [c. 12, lect. 20], «ea quae quandoque sunt et quandoque non sunt, tempore mensurantur». Intellectus autem a tempore abstrahit, sicut et ab aliis conditionibus materiae. Cum igitur proprium contingentium sit quandoque esse et quandoque non esse, videtur quod contingentia non cognoscantur ab intellectu. Sed contra, omnis scientia est in intellectu. Sed quaedam scientiae sunt de contingentibus ; sicut scientiae morales, quae sunt de actibus humanis subiectis libero arbitrio ; et etiam scientiae naturales, quantum ad partem quae tractat de generabilibus et corruptibilibus. Ergo intellectus est cognoscitivus contingentium. R espondeo dicend um quod contingentia dupliciter possunt considerari. Uno modo, secundum quod contingentia sunt. Alio modo, si rlpresenta qui il problema del singolari, e quindi non deve recare meraviglia 11 ritrovare la medesima conclusione: si ha la conoscenza Intellettiva, non diretta ma riflessa, della realtà contingente come tale. SI noti però che «nessuna cosa è tanto contingente da non Includere qualche aspetto necessario». Ecco perchè si dànno delle vere scienze intorno a cose contingenti.

44 98 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 86, aa. 3-4 un elemento necessario : poiché nessuna cosa è tanto contingente, da non includere qualche aspetto necessario. Il fatto, p. es., che Socrate corre di suo è contingente, ma il rapporto tra la corsa e il moto è necessario. Infatti, se Socrate corre, è necessario che si muova. L a contingenza però dipende dalla materia ; poiché è contingente quella cosa che è in potenza ad essere e a non essere ; e la potenzialità è della materia. Invece la necessità deriva dalla forma ; perchè ciò che deriva dalla forma si trova necessariamente in un dato essere. Inoltre, mentre la materia è principio di individuazione, l universale si desume, mediante l astrazione della forma, dalla materia concreta e particolare. Ora, abbiamo già dimostrato che l intelligenza ha per oggetto proprio e immediato gli universali ; come il senso ha per oggetto i singolari, i quali sono conosciuti indirettamente anche dall intelletto, come abbiamo già spiegato. Perciò le cose contingenti, in quanto contingenti, sono conosciute direttamente dai sensi, e indirettamente dall intelletto : i dati invece universali e necessari sono conosciuti [solo] dall intelletto. Perciò, se consideriamo l universalità dei dati scientifici, tutte le scienze hanno per oggetto il necessario. Se invece si considerano le cose in se stesse, allora avremo una scienza delle cose necessarie, e una scienza di quelle contingenti. In tal modo è evidente la soluzione da dare alle difficoltà. CONOSCENZA UMANA DELLA R EALTÀ M A TE R IA LE 99 secundum quod in eis aliquid necessitatis invenitur: nihil enim est adeo contingens; quin in se aliquid necessarium habeat. Sicut hoc ipsum quod est Socratem currere, in se quidem contingens est ; sed habitudo cursus ad motum est necessaria : necessarium enim est Socratem moveri, si currit. Est autem unumquodque contingens ex parte materiae : quia contingens est quod potest esse et non esse ; potentia autem pertinet ad materiam. Necessitas autem consequitur rationem formae: quia ea quae consequuntur ad formam, ex necessitate insunt. Materia autem est individuationis principium : ratio autem universalis accipitur secundum abstractionem formae a materia particulari. Dictum autem est supra [a. 1] quod per se et directe intellectus est universalium ; sensus autem singularium, quorum etiam indirecte quodammodo est intellectus, ut supra [ibid.] dictum est. Sic igitur contingentia, prout sunt contingentia, cognoscuntur directe quidem sensu, indirecte autem ab intellectu : rationes autem universales et necessariae contingentium cognoscuntur per intellectum. linde si attendantur rationes universales scibilium, omnes scientiae sunt de necessariis. Si autem attendantur ipsae res, sic quaedam scientia est de necessariis, quaedam vero de contingentibus. Et per hoc patet solutio ad obiecta. ARTICOLO 4 Se il nostro intelletto conosca le cose future. ARTICULUS 4 Utrum intellectus noster cognoscat futura. Supra, q. 57, a. 3 ; 11-11, q. 95, a. 1 ; q. 172, a. 1 ; I Sent., d. 38, a. 5, ad 2 ; 3, d. 7, q. 2, a. 2 ; S Coni. Geni., c. 154; De Verit., q. 8, a. 12; De Malo, q. 16, a. 7; Compend. Theol., cc. 133, 134; In Isaiam, c. 3. S e m b r a c h e i l n o s t r o i n t e l l e t t o c o n o s c a l e c o s e f u t u r e. I n f a t t i : 1. L intelletto umano conosce mediante specie intelligibili che prescindono dalle circostanze di tempo e di luogo, e quindi qualsiasi tempo è indifferente per esse. Ora, l intelletto può conoscere le cose presenti. Dunque può conoscere anche quelle future. 2. Quando l uomo è alienato dai sensi, può conoscere degli eventi futuri, come appunto riscontriamo nello stato di sonno e di esaltazione. Ora, in questa alienazione dai sensi, l intelletto ha maggior vigore. Perciò l intelletto di suo ha la capacità di conoscere il futuro. 3. La conoscenza intellettiva è superiore a quella di qualsiasi animale. Ora, ci sono degli animali che conoscono alcuni eventi futu ri; le cornacchie, p. es., quando gracchiano con insistenza, indicano che la pioggia è vicina. Dunque a maggior ragione può conoscere le cose future l intelligenza umana. I n c o n tra rio : Leggiamo nella Scrittura: «Grande miseria pesa sull uomo, perchè egli ignora il passato, e da nessuno può aver notizie del fu tu ro».1 1 La difficoltà di conoscere li futuro è sottolineata efficacemente da questo passodeli' Ecclesiaste, che nel testo ebraico è anche più forte: «Grande è l afflizione dell uomo, perchè egli Ignora ciò che accadrà, e chi gli dirà quando accadrà?». - Ma' Ad q u a r tu m sic proceditur. Videtur quod intellectus noster cognoscat futura. Intellectus enim noster cognoscit per species intelligibiles, quae abstrahunt ab hic et nunc, et ita se habent indifferenter ad omne tempus. Sed potest cognoscere praesentia. Ergo potest cognoscere futura. 2. P raeterea, homo! quando alienatur a sensibus, aliqua futura cognoscere potest ; ut patet in dormientibus et phreneticis. Sed quando alienatur a sensibus, magis viget intellectu. Ergo intellectus, quantum est de se, est cognoscitivus futurorum. _ 3. P raeterea, cognitio intellectiva hominis effìcacior est quam cognitio quaecumque brutorum animalium. Sed quaedam animalia sunt quae cognoscunt quaedam futura ; sicut comiculae frequenter crocitantes significant pluviam mox futuram. Ergo multo magis intellectus humanus potest futura cognoscere. Sed contra est quod dicitur Eccle. 8,6-7: «M ulta hominis afflictio, qui ignorat praeterita, et futura nullo potest scire nuntio». si tratta dei soli futuri contingenti, dei quali è lntessuta la vita umana, non del futuro più o meno necessario, legato all influsso di cause già esistenti e operanti. Nell nrtlco o invece il problema non è circoscritto, ma abbraccia 11 futuro in tutti I suoi aspetti.

45 100 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 86, a. 4 R is p o n d o : A proposito della conoscenza del futuro si impongono le medesime distinzioni fatte per la conoscenza delle cose contingenti. Infatti le cose future, in quanto legate al tempo, sono dei singolari, singolari che l intelletto conosce solo per riflessione, come abbiamo spiegato più sopra. Invece le ragioni formali delle cose future possono essere universali, e direttamente intelligibili ; e possono essere così oggetto di scienza. Ma se si parla genericamente della conoscenza del futuro, allora bisogna ricordare che le cose future si possono conoscere in due maniere : primo, in se stesse ; secondo, nelle loro cause. In se stesse le cose future non possono essere conosciute che da Dio, per il quale esse sono presenti, pur restando future in rapporto al succedersi de^ gli avvenimenti ; poiché il suo sguardo eterno si porta simultaneamente su tutto il corso del tempo, come abbiamo spiegato parlando della scienza di Dio. - Ma se consideriamo le cose future come preesistenti nelle loro cause, allora possono essere conosciute anche da noi. E se nelle loro cause sono così precontenute da derivarne per necessità, sono conosciute con certezza scientifica; è così che l astronomo prevede le eclissi future. Se invece sono precontenute nelle loro cause, in modo da derivare da esse non sempre, ma nella maggioranza dei casi, allora possono essere conosciute con una probabilità più o meno certa, secondo che le cause sono più o meno determinate a produrre l effetto. S o l u z io n e delle d if f ic o l t à : 1. L argomento portato vale per la cognizione dovuta alle ragioni formali e universali delle cause ; dalle quali ragioni si può ricavare una conoscenza del futuro proporzionata all intimità dei rapporti tra l effetto e la causa. 2. Secondo un opinione sostenuta da S. Agostino, l anima avrebbe una capacità divinatoria, per poter conoscere naturalmente il futuro ; cosicché quando si astrae dai sensi e ritorna in qualche modo in se stessa, viene a partecipare di questa conoscenza delle cose future.1 - Siffatta opinione sarebbe ragionevole, se si potesse ammettere che l anima raggiunge la conoscenza delle cose mediante la partecipazione delle idee, come ritenevano i platonici : poiché in tal caso l anima dovrebbe conoscere in forza della sua natura le cause universali di tutti gli effetti, pur essendone impedita dal corpo ; quindi verrebbe a conoscere il futuro tutte le volte che si astrae dai sensi. Ma siccome questo modo di conoscere non è affatto connaturale al nostro intelletto, il quale al contrario ricava la sua conoscenza dai sensi, non è davvero conforme alla natura dell anima conoscere il futuro in forza dell alienazione dai sensi, ma piuttosto per influsso di cause superiori, spirituali o materiali. Di cause spirituali, quando, p. es., l intelletto umano viene divinamente illuminato per il ministero di angeli, e allorché i fantasmi vengono così ordinati alla conoscenza di cose future ; oppure quando l intervento diabolico, come già si disse, produce un turbamento nella fantasia, per indicare eventi futuri conosciuti dai demoni. Ora, l anima è più disposta a ricevere tali impressioni delle cause spirituali quando è astratta dai sensi ; poiché allora diventa più affine alle sostanze spi- > La divinazione ha sempre appassionato la curiosità umana. Al nostri giorni si tenta persino di creare una scienza di certe manifestazioni che si presumono divinatorie, nella cosi detta metapsichica. - Nel medioevo la curiosità poteva dirsi anche pio puerile, e quindi l'aqulnate ha dovuto trattare ampiamente il prò- CONOSCENZA UM ANA DELLA R E A LTÀ M A TE R IA LE 101 RfiSPONDEO d ic e n d u m quod de cognitione futurorum eodem modo distinguendum est, sicut de cognitione contingentium. Nam ipsa futura ut sub tempore cadunt, sunt singularia, quae intellectus humanus non cognoscit nisi per reflexionem, ut supra [a. 1] dictum est. Rationes autem futurorum possunt esse universales, et intellectu perceptibiles : et de eis etiam possunt esse scientiae. Ut tamen communiter de cognitione futurorum loquamur, sciendum est, quod futura dupliciter cognosci possunt: uno modo, in seipsis ; alio modo, in suis causis. In seipsis quidem futura cognosci non possunt nisi a Deo ; cui etiam sunt praesentia dum in cursu rerum sunt futura, inquantum eius aeternus intuì tu-s simul fertur supra totum temporis cursum, ut supra [q. 14, a. 13] dictum est cum de Dei scientia agerétur. - Sed prout sunt in suis causis, cognosci possunt etiam a nobis. Et si quidem in suis causis sint ut ex quibus ex necessitate proveniant, cognoscuntur per certitudinem scientiae ; sicut astrologus praecognoscit eclipsim futuram. Si autem sic sint in suis causis ut ab eis proveniant ut in pluribus, sic cognosci possunt per quandam coniecturam vel magis vel minus certam, secundum quod causae sunt vel magis vel minus inclinatae ad effectus. Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod ratio illa procedit de cognitione quae fìt per rationes universales causarum, ex quibus futura cognosci possunt secundum modum ordinis effectus ad causam. A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod, sicut Augustinus dicit 12 Confess. [12 De Gen. ad litt., c. 13], anima habet quandam vim sortis, ut ex sui natura possit futura cognoscere : et ideo quando retrahitur a corporeis sensibus, et quodaminodo revertitur axl seipsam, fìt particeps notitiae futurorum. - Et haec quidem opinio rationabilis esset, si poneremus quod anima acciperet cognitionem rerum secundum participationem idearum, sicut Platonici posuerunt : quia sic anima ex sui natura cognosceret universales causas omnium effectuum, sed impeditur per corpus ; unde quando a corporis sensibus abstrahitur, futura cognoscit. Sed quia iste modus cognoscendi non est connaturalis intellectui nostro, sed magis ut cognitionem a sensibus accipiat ; ideo non est secundum naturam animae quod futura cognoscat cum a sensibus alienatur; sed magis per impressionem aliquarum causarum superiorum spiritualium et corporalium. Spiritualium quidem, sicut cum virtute divina ministerio angelorum intellectus humanus illuminatur, et phantasmata ordinantur ad futura aliqua cognoscenda ; vel etiam cum per operationem daemonum fìt aliqua commotio in phantasia ad praesignandum aliqua futura quae daemones cognoscunt, ut supra [q. 57, a. 3] dictum est. Huiusmodi autem impressiones spiritualium causarum magis nata est anima humana suscipere cum a sensibus alienatur: quia per hoc propinquior fìt substantiis spiritualibus, et magis libera ab exterioribus inquietudinibus. - Gontintilema, specialmente sotto l'aspetto morale. Non si è lasciato prendere la mano dal suo temperamento positivo, che lo avrebbe facilmente portato a negare certi fenomeni: ha cercato di vagliare bene l fatti, e ha saputo dettare del criteri di giudizio ancora sostanzialmente validi. Chi vuol conoscere appieno il suo pensiero, può leggere quanto egli ha scritto nella IM I, e precisamente negli otto articoli della q Qui egli si limita a considerare 11 problema sotto l aspetto psicologico e gnoseologico in maniera piuttosto sommarla.

46 102 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 86, a. 4 rituali, ed è più libera dai turbamenti esterni. - La stessa cosa può verificarsi per influsso di cause superiori materiali. È evidente infatti che i corpi superiori influiscono su quelli inferiori. Ora, le facoltà sensitive sono perfezioni di organi corporei ; ne segue che la fantasia può in qualche modo essere alterata dall influsso dei corpi celesti.1 E siccome questi corpi sono la causa di molti eventi futuri, si producono nell immaginazione fenomeni indicatori di taluni di essi. Tali indizi sono percepiti con maggiore facilità di notte da chi dorme, che di giorno da chi è sveglio. Scrive infatti Aristotele : «Le impressioni trasmesse di giorno sono più facili a dissolversi ; poiché l aria della notte è meno turbata, essendo le notti più tranquille. Le impressioni allora producono nel corpo delle sensazioni a causa del sonno, poiché i piccoli turbamenti interni sono meglio percepiti da chi dorme che da chi veglia. E questi turbamenti producono quelle immaginazioni dalle quali nasce la previsione del futuro». 3. Gli animali non hanno al disopra della fantasia una facoltà coordinatrice dei fantasmi, come invece l hanno gli uomini nella ragione ; perciò l immaginativa di questi animali segue totalmente l influsso dei corpi celesti. E così è più facile conoscere certi eventi futuri, come la pioggia e fenomeni consimili, dal comportamento degli animali, che da quello degli uomini, i quali si muovono dietro il consiglio della ragione. Per questo il Filosofo insegna che «certi uomini imprudentissimi talvolta sono sommamente previdenti ; poiché la loro intelligenza non è sovraccarica di preoccupazioni ; ma, trovandosi come deserta e vuota di tutto, quando viene mossa si lascia condurre secondo il m otore».3 1 Per la fisica antica Questi Influssi sarebbero stati molto più estesi ed efficaci di quanto noi possiamo Immaginare. Da essi sarebbero stati determinati 1 fenomeni metereologicl, la generazione degli animali, l alterazione degli elementi, ecc. CONOSCENZA UM ANA DELLA R EALTA M ATER IALE 103 git autem et hoc per impressionem superiorum causai-um corporalium. Manifestum est enim quod corpora superiora imprimunt in corpora inferiora. Unde cum vires sensitivae sint actus corporalium organorum, consequens est quod ex impressione caelestium corporum immutetur quodammodo phantasia. Unde cum oaelestia corposa sint causa multorum futurorum, fiunt in imaginatione aliqua signa quorundam futurorum. Haec autem signa magis pereipiuntur in nocte et a dormientibus, quam de die et a vigilantibus : quia, ut dicitur in libro De Somn. et Vigli. [De Divin. per Somn., c. 2], «qu ae deferuntur de die, dissolvuntur magis; plus est enim sane turbatione aer noctis, eo quod silentiores sunt noctes. Et in corpore faciunt sensum propter somnum: quia parvi motus interiores magis sentiuntur a dormientibus quam a vigilantibus. Hi vero motus faciunt phantasmata, ex quibus praevidentur futura». A d t e r t iu m d ic e n d u m quod ammalia bruta non habent aliquid srupra phantasiam quod ordinet phantasmata, sicut habent homines rationem ; et ideo phantasia brutorum animalium totaliter sequitur impressionem caelestem. Et ideo ex motibus huiusmodi animalium magis possunt cognosci quaedam futura, ut pluvia et huiusmodi, quam ex motibus hominum, qui moventur per consilium rationis. Unde Philosophus dicit, in libro De Somn. et Vigil. [ibid.], quod «quidam imprudentissimi sunt maxime praevidentes: nam intelligentia horum non est curis affecta, sed tanquam deserta et vacua ah omnibus, et mota secundum movens ducitur». Non per nulla l astrologia era la forma di divinazione più apprezzata presso 1 niedioevali. 1 Anche da questo brano risulta chiaramente che l astrologla era considerata dai contemporanei dell'aquinate come la prima fonte dell arte divinatoria.

47 QUESTIONE 87 In che modo l anima intellettiva conosca se stessa, e quanto in essa si trova.1 Vediamo in che modo l anima conosca se stessa e quanto in essa si trova. Su tale argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se conosca se stessa mediante la propria essenza ; 2. In che modo conosca i suoi abiti ; 3. Come l intelletto conosca il proprio atto ; 4. Come conosca l atto della volontà. Q U A ESTIO 87 Quomodo anima intellectiva seipsam, et ea quae sunt in ipsa, cognoscat tn qua tuoi* articulos divisa. Deinde considerandum est quom odo anim a intellectiva cognoscat seipsam, et ea quae in se sunt. Et circa hoc quaeruntur quatuor. P rim o : utrum cognoscat seipsam per suam essentiam. Secundo : quom odo cognoscat habitus in se existentes. Tertio: quomodo intellectus cognoscat proprium actum. Q uarto: quomodo cognoscat actum voluntatis. ARTICOLO 1 Se l anima intellettiva conosca se stessa mediante la propria essenza.3 Sembra che l anima intellettiva conosca se stessa mediante la propria essenza. Infatti: 1. S. Agostino' insegna che «la mente conosce se stessa per se stessa, perchè immateriale». 2. L angelo e l anima concordano nel genere di sostanza intellettiva, Ora, l angelo conosce se stesso mediante la propria essenza. Quindi anche l anima. 3. Come scrive Aristotele, «nelle cose prive di materia l intelletto si identifica con l oggetto conosciuto». Ma la mente umana è priva di materia, non essendo essa perfezione di un corpo, come si è visto. Dunque nella mente umana si identificano il soggetto e l oggetto di intellezione. Dunque essa conosce se stessa mediante la propria essenza. I n c o n t r a r io : Aristotele insegna che «l intelletto conosce se stesso come conosce le altre cose». Ora, queste le conosce non mediante la propria essenza, bensì mediante le loro immagini. Perciò non conosce se stesso mediante la propria essenza. R ispo n d o : Ogni cosa, direbbe il Filosofo, è conoscibile in quanto è in atto, non in quanto è in potenza: ogni cosa infatti partecipa l essere e la verità, che formano l oggetto della conoscenza, in proporzione della propria attualità. Ciò si rileva chiaramente nel mondo sensibile: la vista infatti non percepisce un oggetto che è potenzialmente colorato, ma soltanto ciò che è colorato in maniera attuale. Ed è altrettanto chiaro che l intelletto, quando conosce le cose materiali, le conosce soltanto per la loro attualità: tanto è vero che non può conoscere la materia prima se non in relazione alla forma, 1 Si passa a considerare la conoscenza che noi abbiamo delle cose spirituali. E si comincia con la questione delicatissima dell autocoscienza. Il problema è delicato, sia per la sua intrinseca difficoltà, sia per le polemiche suscitate tua gli atosi studiosi del pensiero tomistico. A R T IC U L U S 1 Utrum anima intellectiva seipsam cognoscat per suam essentiam. Supra, q. 14, a. 2, ad 3 ; 1 Cont. Gent., c. 75 ; 3, c. 46 ; De Verit., q. 8, a. 6 ; q. 10, a. 8 ; De Anima, a. 16, ad 8 ; S De Anima, lect. 6 ; S, lect. 9. A d p r im u m sic proceditur. V idetur quod an im a intellectiva seipsam cognoscat per suam essentiam. Dicit enim Augustinus, 9 De Trin. [c. 3], quod «m e n s seipsam novit per seipsam, quoniam est incorporea». 2. P raeterea, angelus et anim a hum ana conveniunt in genere in - tellectualis substantiae. Sed angelus intelligit seipsum per essentiam suam. E rgo et anim a humana. 3. P raeterea, «in his quae sunt sine materia, idem est intellectus et quod in telligitu r», ut dicitur 3 De Anima [c. 4, lect. 9]. Sed mens hum ana est sine m ateria : non enim est actus corporis alicuius, ut su p ra [q. 76, a. 1] dictum est. E rgo in mente h u m an a est idem intellectus et quod intelligitur. E rgo intelligit se per essentiam suam. Sed contra est quod dicitur in 3 De Anima, [ibid.], quod «intellectus intelligit seipsum sicut et a lia». Sed alia non intelligit per essentias eorum, sed per eorum similitudines. E rgo neque se intelligit per essentiam suam. R espondeo dicend u m quod unum quodque cognoscibile est secundum quod est in actu, et non secundum quod est in potentia, ut dicitur in 9 Metaphys. [c. 9, lect. 10]: sic enim aliquid est ens et veruni, quod sub cognitione cadit, prout actu est. E t hoc quidem manifesto apparet in rebus sensibilibus : non enim visus percipit coloratura in potentia, sed solum coloratum in actu. Et similiter intellectus m anifestimi est quod, inquantum est cognoscitivus rerum m aterialium, non cognoscit nisi quod est actu : et inde est quod non cognoscit a È il quesito più importante di tutta la questione, e intorno ad esso si concentrano tutti 1 principi! e i motivi principali della gnoseologia tomistica, nonché le polemiche alle quali abbiamo accennato nella nota precedente. - Oltre i II. pp. indicati dall edizione Leonina, srl tengano presenti i brani che seguono: infra, q. 93, a. 7, ad 4 ; / Sent., d. 3, q. 4, a. 5 ; 3 De Anima, lect. 9. Per una visione completa del problema non bisogna dimenticare quello che S. Tommaso dice a proposito dell autocoscienza nelle anime separate: infra, q. 89, a. 2 e li. pp.

48 106 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 87, a. 1 come dice Aristotele. Perciò tra le varie sostanze immateriali troviamo che ciascuna ha tanta capacità di essere intelligibile mediante la propria essenza, quanta ne possiede in ordine all'essere attuale in forza della medesima essenza. Ecco dunque che l essenza di Dio, atto puro e perfetto, è per se stessa e totalmente intelligibile in senso assoluto. Perciò Dio conosce mediante la propria essenza, non soltanto se stesso, ma tutte le cose. - L essenza dell angelo poi, pur facendo parte come atto degli esseri intellettuali, non è tuttavia un atto puro e perfetto. Perciò l intellezione dell angelo non si completa mediante la sola essenza propria : infatti, sebbene conosca se stesso mediante la propria essenza, non può tuttavia conoscere con essa tutte le cose, ma conosce le altre cose mediante le loro specie intenzionali. - L intelletto umano, finalmente, fa parte degli esseri intellettuali solo come qualche cosa d i potenziale, cioè come la materia prima fa parte delle cose sensibili : tanto è vero che vien denominato possibile. Perciò, considerato nella sua essenza, si presenta come un essere intelligibile potenziale. E quindi di suo ha la capacità di conoscere, non di venir conosciuto ; a meno che non diventi attuale. - Non per nulla i platonici ammisero una serie di esseri intelligibili al disopra delle varie intelligenze : l intelligenza infatti, secondo questa teoria, dovrebbe conoscere solo mediante una partecipazione degli intelligibili ; e chi Ticeve la partecipazione è inferiore a chi la comunica. Se quindi l intelletto umano fosse posto in atto da una partecipazione delle forme intelligibili separate, come volevano i platonici, esso conoscerebbe se stesso mediante una siffatta partecipazione di cose immateriali. Siccome però nello stato della vita presente è connaturale al nostro intelletto volgersi alle cose materiali e sensibili, come abbiamo già spiegato, ne segue che esso conosce se stesso in quanto è posto in atto dalle specie intenzionali astratte dal mondo sensibile mediante il lume dell intelletto agente ; e questo lume è insieme atto degli oggetti intelligibili e, per mezzo di essi, atto dell intelletto possibile. Dunque il nostro intelletto non conosce se stesso mediante la propria essenza, bensì mediante il proprio atto.1 E questo può avvenire in due modi. Primo, come cognizione [soggettiva] particolare; quando Socrate, p, es., o Platone, nel riflettere sulla propria cognizione, percepiscono di avere un anima intellettiva. Secondo, come cognizione [oggettiva] universale : quando studiamo la natura della mente umana analizzando l operazione dell intelletto. E vero però che il discernimento e l efficacia di questa cognizione, con la quale conosciamo la natura dell anima, ci deriva dal fatto che la luce della nostra intelligenza promana dalla verità divina, nella quale sono contenute le ragioni di tutte le cose, come si è visto. Scrive perciò S. Agostino : «Noi percepiamo la verità immutabile, dalla quale passiamo a definire perfettamente, per quanto ci è possibile, non quale sia la mente di ciascun uomo, ma quale debba essere secondo le ragioni sempiterne». - Tra le due maniere di conoscere c è però una [grande] differenza. Per la prima basta la sola presenza della mente, da cui proviene l atto mediante il quale conosce se stessa. Perciò si dice che conosce se stessa in forza della 1 Questa è la netta conclusione generale dell articolo, la quale non può e non deve essere attenuata dalle pericopl che seguono. Queste devono servire soltanto AUTOCOSCIÈNZA D ELL A N IM A 107 materiam primam nisi secundum proportionem ad formam, ut dicitur in ì Physic. [c. 7, lect. 13]. Unde et in substantiis immaterialibus, secundum quod unaquaeque earum se habet ad hoc quod sit in actu per essentiam suam, ita se habet ad hoc quod sit per suam essentiam intelligibilis. Essentia igitur Dei, quae est actus purus et perfectus, est simpliciter et perfecte secundum seipsam intelligibilis. Unde Deus per suam essentiam non solum seipsum, sed etiam omnia intelligit. - Angeli autem essentia est quidem in genere intelligibilium ut actus, non tamen ut actus purus neque completus, Unde eius intelligere non completar per essentiam suam : etsi enim per essentiam suam se intelligat angelus, tamen non omnia potest per essentiam suam cognoscere, sed cognoscit alia a se per eorum similitudines. - Intellectus autem humanus se habet in genere rerum intelligibilium ut ens in potentia tantum, sicut et materia prima se habet in genere rerum sensibilium : unde possibilis nominatur. Sic igitur in sua essentia consideratus, se habet ut potentia intelligens. Unde ex seipso habet virtutem ut intelligat, non autem ut intelligatur, nisi secundum id quod fit actu. Sic enim etiam Platonici posuerunt ordinem entium intelligibilium supra ordinem intellectuum : quia intellectus non intelligit nisi per participationem intelligibilis ; participans autem est Infra participatum, secundum eos. Si igitur intellectus humanus fieret actu per participationem formarum intelligibilium separatarum, ut Platonici posuerunt, per huiusmodi participationem rerum incorporearum intellectus humanus seipsum intelligeret. Sed quia connaturale est intellectui nostro, secundum statum praesentis vitae, quod ad materialia et sensibilia respiciat, sicut supra [q. 84, a. 7] dictum est ; consequens est ut sic seipsum intelligat intellectus noster, secundum quod fit actu per species a sensibilibus abstractas per lumen intellectus agentis, quod est actus ipsorum intelligibilium, et eis mediantibus intellectus possibilis. Non ergo per essentiam suam, sed per actum suum se cognoscit intellectus noster. Et hoc dupliciter. Uno quidem modo, particulariter, secundum quod Socrates vel Plato percipit se habere animam intellectivam, ex hoc quod percipit se intelligere. Alio modo, in universali, secundum quod naturam humanae mentis ex actu intellectus consideramus. Sed verum est quod iudicium et efficacia huius cognitionis per quam naturam animae cognoscimus, competit nobis secundum derivationem luminis intellectus nostri a ventate divina, in qua rationes omnium rerum continentur, sicut supra [q. 84, a. 5] dictum est. Unde et Augustinus dicit, in 9 De Trin. [c. 6]: «Intuem ur inviolabilem veritatem, ex qua perfecte, quantum possumus, definimus non qualis sit uniuscuiusque hcwninis mens, sed qualis esse sempitemis rationibus debeat». - Est autem differentia inter has duas cognitiones. Nam ad primam cognitionem de mente habendam, sufficit ipsa mentis praesentia, quae est principium actus ex quo mens percipit seipsam. Et ideo dicitur se cognoscere per suam praesentiam. Sed ad secundam di spiegazione, non di critica. Perciò dobbiamo ritenere che 11 Dottore Angelico nega recisamente una qualsiasi autocoscienza dell anima a prescindere da un atto intellettivo. E si noti bene che 1 principii aristotelici al quali si appella esigono rigorosamente tale conclusione.

49 108 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 87, a. 1 sua presenza.1 Per avere invece l altra cognizione della mente non basta la sua presenza ; ma si richiede un indagine diligente e sottile. Molti infatti ignorano la natura dell anima, e non pochi hanno errato in proposito. Per questo S. Agostino, parlando di tale ricerca, scrive : «La mente non cerchi di scorgere se stessa come cosa assente ; ma cerchi come presente di arrivare a discernere se stessa», cerchi cioè di conoscere la sua differenza dalle altre cose, vale a dire cerchi di conoscere la propria quiddità o natura. So lu z io n e delle d if f ic o l t à: 1. La mente conosce se stessa per se stessa, poiché arriva finalmente alla conoscenza di se medesima, sebbene ci arrivi mediante il proprio atto : essa stessa è oggetto di conoscenza, poiché essa stessa è oggetto del suo amore, come aggiunge S. Agostino medesimo.3 Una cosa infatti si può dine conosciuta per se stessa per due motivi: o perchè si arriva alla sua cognizione senza intermediari, come avviene per i primi principii per sè noti ; o perchè non è conoscibile per via indiretta [per accidens]. Il colore, p. es., direttamente soltanto è visibile, mentre la sostanza è visibile per via indiretta [per accidens]. 2. L essenza dell angelo si trova come atto nel genere delle realtà intellettuali, perciò può essere insieme intelletto conoscente e oggetto conosciuto. Per questo l angelo conosce la propria essenza senza intermediari. Non così l intelletto umano: il quale, o è totalmente in potenza rispetto agli oggetti intelligibili, come l intelletto possibile, oppure è atto di specie intelligibili astratte dai fantasmi, come è l intelletto agente. 3. L affermazione del Filosofo è universalmente vera per ogni intelletto. Infatti come il senso nell atto del sentire si identifica con l oggetto sensibile, perchè l immagine dell oggetto sensibile costituisce allora la sua forma di senso in atto ; così nell atto dell intendere l intelletto si identifica col suo oggetto, perchè l immagine intenzionale dell oggetto conosciuto costituisce allora la sua forma di intelletto in atto. E poiché l intelletto umano diviene attuale mediante l immagine conoscitiva del suo oggetto, dovrà essere conosciuto anch esso mediante l immagine che ne costituisce la forma. Perciò, dire che «nelle cose prive di materia l intelletto s identifica con l oggetto conosciuto», equivale ad affermare che «nelle cose attualmente conosciute l intelletto si identifica con l oggetto conosciuto» ; poiché un oggetto è conosciuto in maniera attuale per il fatto che è privo di materia. C è però da notare una differenza : la natura di alcuni esseri esclude la materia, come avviene per le sostanze separate, che noi chiamiamo angeli, ognuna delle quali è insieme conosciuta e conoscente. Esistono invece altri esseri che non escludono 1 Non è (tetto però che anche in questo caso l'autocoscienza possa prescìndere da un atto intellettivo previo, avente per oggetto una qualsiasi quiddità corporea. - SI può parlare impropriamente di cognizione Immediata de! soggetto conoscente, in quanto quest ultimo viene percepito nella stessa immagine eidetica, che serve per la conoscenza di un qualsiasi altro oggetto. - Anche qui è utile ricordare la plurivalenza delle specie intenzionali (cfr. Introd., nn. 6, 7). 2 Nelle opere giovanili (De Verit., q. 10, a. 8 ; / Seni., d. 3, q. h, a. 5) l Aquinate si era espresso in maniera più condiscendente per la tesi di S. Agostino. Ma risulta ben chiaro che i due massimi filosofi cristiani non concordano sull'argomento. 11 platonismo dell uno esigeva l autocoscienza immediata dell anima umana, l aristotellsmo dell altro richiedeva la negazione di ogni conoscenza anteriore a un atto intellettuale definito, esercitato sulla realtà sensibile. DI fronte all affer- AUTOCOSCIENZA D ELL A N IM A 109 cognitionem de mente habendam, non sufficit eius praesentia, sed requiritur diligéns et subtilis inquisitlo. Unde et multi naturam animae ignorant, et multi etiam circa naturam animae erraverunt. Propter quod Augustinus dicit, 40 De Trin. [c. 9], de tali inquisitione mentis : «Non velut absentem se quaerat mens cernere ; sed praesentem quaerat discernere», idest cognoscere differentiam suam ab aliis rebus, quod est cognoscere quidditatem et naturam suam. Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod mens seipsam per seipsam novit, quia tandem in sui ipsius cognitionem pervenit, licet per suura actum: ipsa enim est quae cognoscitur, quia ipsa seipsam amat, ut ibidem subditur. Potest enim aliquid dici per se notum dupliciter: vel quia per nihil aliud in eius notitiam devenitur, sicut dicuntur prima principia per se nota; vel quia non sunt cognoscibilia per accidens, sicut color est per se visibilis, substantia autem per accidens. Ad s e c u n d u m dicend um quod essentia angeli est sicut actus in genere intelligibilium, et ideo se habet et ut intellectus, et ut intellectum. Unde angelus suam essentiam per seipsum apprehendit. Non autem intellectus humanus, qui vel est omnino in potentia respectu intelligibilium, sicut intellectus possibilis ; vel est actus intelligibilium quae abstrahuntur a phantasmatibus, sicut intellectus agens. Ad t e r t iu m d ic e n d u m quod verbum illud Philosophi universaliter verum est in omni intellectu. Sicut enim sensus in actu est sensibile, propter similitudinem sensibilis, quae est forma sensus in actu ; ita intellectus in actu est intellectum in actu, propter similitudinem rei intellectae, quae est forma intellectus in actu. Et ideo intellectus humanus, qui fit in actu per speciem rei intellectae, per eandem speciem intelligitur, sicut per formam suam. Idem autem est dicere quod «in his quae sunt sine materia, idem est intellectus et quod intelligitur», ac si diceretur quod «in his quae sunt intellecta in actu, idem est intellectus et quod intelligitur» : per hoc enim aliquid est intellectum in actu, quod est sine materia. Sed in hoc est differentia, quia quorundam essentiae sunt sine materia, sicut substantiae separatae quas angelos dicimus, quarum unaquaeque et est intellecta et est intelligens: sed quaedam res sunt quarum essentiae mazlone inequivocabile d( S. Agostino, connessa con le speculazioni teologiche sul l Immagine di Dio nell'anima, S. Tommaso cercò di mettere bene in evidenza quanto poteva concedere dal suo punto di vista, senza sottolineare troppo quello che era costretto a negare. Un eventuale punto di contatto doveva trovarsi nella sua dottrina riguardante la memoria intellettiva. Infatti su tale argomento il Dottore Angelico si era ribellato all'aristotelismo ufficiale, che non ammetteva la conservazione nell intelletto delle specie intelligibili. Ebbene, la conoscenza abituale di quelle nozioni poteva offrire un mezzo conciliativo, almeno formale, tra la concezione agostiniana e quella aristotelica. Anche l anima, prima ancora di emettere un atto di intellezione, poteva considerarsi come un dato conoscitivo posseduto abitualmente da se medesima. «L a mente, prima di astrarre dai fantasmi, Ila la nozione abituale di se stessa, mediante la quale è in grado di percepire la propria esistenza» (De Verit., q. 10, a. 8, ad 1). - Ma l equivoco era patente. Come infatti, l'anima avrebbe potuto prender coscienza di una tale nozione? Un aristotelico era costretto a rispondere: Ricorrendo al fantasmi! Infatti, una nozione conservata nella memoria non può essere usata senza il ricorso a tale procedimento. S. Tommaso nella sua maturità pensò meglio di non Insistere nell equivoco, nelle opere seguenti negò recisamente la conoscenza abituale e Immediata dell'anima (cfr. Centi T. S., «L autocoscienza Immediata nel pensiero di S. Tommaso» In Sapienza, 1950, pp ).

50 110 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 87, aa. 1-2 la màteria dalla loro natura, ma soltanto dalle immagini che essi astraggono. È per questo che il Commentatore arriva a scrivere che l'affermazione riportata vale soltanto per le sostanze separate; poiché in èsse si applica in una maniera che non si può applicare per altre intelligenze, come abbiamo spiegato.1 AUTOCOSCIENZA D E LL ANIM A 111 non sunt sine materia, sed solum similitudines ab eis abstractae. Unde et Commentator dicit, in 3 De Anima [comment. 15], quod proposito inducta non habet veritatem nisi in substantiis separatis : verifìcatur enim quodammodo in eis quod non verifìcatur in aliis, ut dictum est [ad 2]. ARTICOLO 2 Se il nostro intelletto conosca immediatamente nella loro essenza gli abiti' dell anima. ARTICULU S 2 Utrum intellectus noster cognoscat habitus animae per essentiam eorum. S Sent., d. 83, q. 1, a. 2 ; De Verit., q. 10, a. 9 ; Quodllb. 8, q. 2, a. 2. S e m b r a che il nostro intelletto conosca immediatamente nella loro essenza gli abiti dell anima. Infatti: 1. Scrive S. Agostino : «Non si vede la fede nel cuore in cui si trova, come si vede l anima di un altro uomo dai movimenti del corpo ; tuttavia essa è ritenuta da una scienza certissima ed è gridata dalla coscienza». Ma la stessa ragione vale per tutti gli abiti dell anima. Perciò questi abiti non sono conosciuti mediante i loro atti, ma per se stessi. 2. Le cose materiali esistenti fuori dell anima sono conosciute per il fatto che vengono a trovarsi nell anima le loro immagini ; per questo si dice che sono conosciute mediante le loro immagini. Ora, gli abiti deh anima si trovano già nelfanima con la loro essenza. Dunque sono conosciuti in questa loro essenza. 3. «Ciò che causa in altri una data perfezione, deve possederla anch esso e in grado maggiore». Ora, l anima conosce le altre cose in forza dei suoi abiti e delle specie intelligibili. Questi ultimi dunque devono essere quanto mai direttamente conosciuti dall anima. I n c o n t r a r io: Gli abiti sono principii degli atti, come lo sono le potenze. Ora, secondo Aristotele, «gli atti e le operazioni logicamente sono prima delle potenze». Dunque, per la medesima ragione, sono prima anche degli abiti. Perciò gli abiti, come le potenze, si conoscono per mezzo dei loro atti. R isp o n d o : In qualche modo l abito si trova tra la pura potenza e l atto pieno. Ora, abbiamo già spiegato che niente si può conoscere, se non in quanto è in atto. L abito perciò, non avendo la pienezza dell atto, non ha neppure l attitudine ad esser conosciuto per se stesso, ma è necessario che sia conosciuto mediante il suo atto. E questo è vero, sia nel caso di chi percepisce di avere un abito per il fatto che compie l atto proprio di quell abito, sia nel caso di 1 Nonostante tutte queste precisazioni, non sono mancati studiosi, che hanno creduto di poter attribuire all'aquinate una conoscenza sperimentale deu anima con esclusione di qualsiasi specie intenzionale. - Accenniamo, per fili italiani, al tentativo in sè nobilissimo di don G. Zamboni, il quale pensava addirittura di riparare a una deficienza del tomismo di stretta osservanza, affermando l esperienza immediata dell atto esistenziale, proprio in questa autocoscienza di ordine intellettivo. L originalità di Zamboni è tutta qui: nella sua concezione dell'atto esistenziale In rapporto all autocoscienza. Ecco le sue parole: «Quando si parla di atto Al essere e dello sviluppo delia dottrina che ne deriva, dobbiamo guardarci dall astrattismo concettualista. Se lo pensiamo per concetti l atto di essere non è più lui ; resta un astratto. Per ragionarvi su, per sentirne le relazioni, bisogna tornare al concetto dell esperienza Immediata degli stati e degli atti, e, in essi, dell io ; cioè all atto di essere in esercizio, all atto di essere In atto attuale. - Ad s e c u n d u m sic proceditur. Videtur quod intellectus noster cognoscat habitus animae per essentiam eorum. Dicit enim Augustinus, 13 De Trin. [c. 1] : «Non sic videtur fides in corde in quo est, sicut anima alterius hominig ex motibus corporis videtur ; sed eam tenet certissima scientia, clamatque conscientia». Et eadem ratio est de aliis habitibus animae. Ergo habitus animae non cognoscuntur per actus, sed per seipsos. 2. P raeterea, res materiales, quae sunt extra animam, cognoscuntur per hoc quod similitudines èarum sunt praesentialiter in anima ; et ideo dicuntur per suas similitudines cognosci. Sed habitus animae praesentialiter per suam essentiam sunt in anima. Ergo per siuam essentiam cognoscuntur. 3. P raeterea, «propter quod unumquodque tale, et illud m a gis» [A r is t., 1 Poster., c. 2, lect. 6], Sed res aliae cognoscuntur ab anima propter habitus et species intelligibiles. Ergo ista magis per seipsa ab anima cognoscuntur. Sed contra, habitus sunt principia actuum, sicut et potentiae. Sed, sicut dicitur 2 De Anima [c. 4, lect. 6], «priores potentiis, secundum rationem, actus et operationes sunt». Ergo eadem ratione sunt priores habitibus. Et ita habitus per actus cognoscuntur, sicut et potentiae. R espondeo d ice n d u m quod habitus quodammodo est medium inter potentiam puram et purum actum. Iam autem dictum est [a. praec.] quod nihil cognoscitur nisi secundum quod est actu. Sic ergo inquantum habitus deficit ab actu perfecto, deficit ab hoc, ut non sit per seipsum cognoscibilis, sed necesse est quod per actum suum cognoscatur: sive dum aliquis percipit se habere habitum, per hoc Queste espressioni strane rivelano l lnesprlmibllltà a parole o a concetti, di questo intimo fondo della realtà» (La persona umana, Verona, 1940, p. 67). Tutte queste elucubrazioni sull autocoscienza tomisticamente concepita sono del tutto arbitrarle. Infatti per conoscere l atto esistenziale 11 tomismo ricorre a ben altri procedimenti. E non si tratta del tomismo del Commentatori, ma di S. Tommaso stesso. Ecco in sintesi come si arriva ad apprendere l'atto esistenziale, secondo il pensiero dell'angelico: 1) L esistenza è conosciuta Implicitamente nella semplice apprensione di un qualsiasi ente. (Non bisogna dimenticare che l'esse è l elemento formale e attuale dell ente, che ne permette l intelligibilità) ; 2) L esistere emerge nella riflessione che è alla radice di ogni giudizio ; 3) È conosciuto anch'esso come quiddità definita e distinta mediante il processo di astrazione; i) Pur essendo anteriore al giudizio esistenziale che diamo di noi stessi, il nostro concetto di esistenza acquista una concretezza definita nel momento in cui il soggetto conoscitivo riflette su se stesso ; si viene cioè a conoscere l esistenza di un individuo razionale e spirituale. - Prima però di affermare: io esisto, devo avere

51 112 L A SOMMA TEOLOGICA, I, q. 87, aa. 2-3 chi va alla ricerca della natura e della definizione di un abito, partendo dagli atti corrispondenti. La prima di queste cognizioni avviene per la presenza stessa dell abito ; poiché per il fatto stesso che l abito è presente causa l atto in cui viene subito percepito. Invece la seconda conoscenza dell abito avviene mediante un indagine accurata, come abbiamo già detto a proposito dell anim a.1 S o l u z io n e d e lle d if f ic o lt à : 1. Sebbene la fede non si conosca dai movimenti esteriori del corpo, tuttavia viene percepita da chi la possiede per mezzo dell atto interiore del cuore. L uomo infatti sa di aver la fede, solo perchè ha la percezione del suo credere. 2. [Inizialmente] gli abiti si trovano nel nostro intelletto non coma oggetto d intellezione (poiché nella vita presente oggetto del nostro intelletto è la natura delle cose materiali, come abbiamo già visto) ; ma come mezzi di cui l intelletto si serve per conoscere. 3. L assioma riportato, «ciò che causa in altri una data perfezione, deve possederla anch esso e in grado m aggiore», è Vero se si applica a cose dello stesso ordine, p. es., a uno stesso genere di causalità ; se è vero, mettiamo, che la salute è desiderabile per la vita, la vita sarà più desiderabile di essa. L assioma invece è falso se viene applicato a cose di ordine diverso: dall affermare, p. es., che la sanità dipende dalla medicina, non ne viene che la medicina sia più desiderabile di quella, poiché la sanità è qui posta nell ordine dei fini, mentre la medicina si trova in quello delle cause efficienti. Ebbene, se prendiamo due cose che rientrino direttamente nell ordine degli oggetti conoscitivi, allora quella di esse che serve a far conoscere l altra avrà una conoscibilità maggiore, come l hanno i principii rispetto alle conclusioni. Ma un abito non rientra nell ordine degli oggetti in quanto abito ; e quindi le cose possono essere conosciute mediante un abito, non perchè questo funge da mezzo conoscitivo, ma perchè serve al soggetto conoscente come disposizione o come forma nell atto della conoscenza: perciò l argomento non regge. AUTOCOSCIENZA D ELL A N IM A 113 quod percipit se producere actum proprium habitus ; sive dum aliquis inquirit naturam et rationem habitus, ex consideratione actus. Et prima quidem cognitio habitus fit per ipsam praesentiam habitus: quia ex hoc ipso quod est praesens, actum causat, in quo statini percipitur. Secunda autem cognitio habitus fit per studiosam in- quisitionem, sicut supra [ibid.] dictum est de mente. A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod, etsi fides non cognoscatur per exteriores corporis motus, percipitur tamen etiam ab eo in quo est, per interiorem actum cordis. Nullus enim fidem se habere scit, nisi per hoc quod se credere percipit. A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod habitus sunt praesentes in intellectu nostro, non sicut obiecta intellectus (quia obiectum intellectus nostri, secundum statum praesentis vitae, est natura rei materialis, ut supra [q. 84, a. 7 ; q. 85, a. 8 ; q. 86, a. 2] dictum est) ; sed sunt praesentes in intellectu ut quibus intellectus intelligit. A d t e r t iu m d ic e n d u m quod, cum dicitur, «Propter quod unumquodque, illud magis», veritatem habet, si intelligatur in his quae sunt unius ordinis, puta in uno genere causae : puta si dicatur quod sanitas est propter vitam, sequitur quod vita sit magis desiderabilis. Si autem accipiantur ea quae sunt diversorum ordinum, non habet veritatem: ut si dicatur quod sanitas est propter medicinam, non ideo sequitur quod medicina sit magis desiderabilis, quia sanitas est in ordine finium, medicina autem in ordine causarum efficientium. Sic igitur si accipiamus duo, quorum utrumque sit per se in ordine obiectorum cognitionis; illud propter quod aliud cognoscitur, erit magis notum, sicut principia conclusionibus. Sed habitus non est de ordine obiectorum, inquantum est habitus ; nec propter habitum aliqua cognoscuntur sicut propter obiectum cognitum, sed sicut propter dispositionem vel formam qua cognoscens cognoscit: et ideo ratio non sequitur. ARTICOLO 3 Se l intelletto conosca il proprio atto. ARTICULUS 3 Utrum intellectus cognoscat proprium actum. S Sent,, d. 23, q. 1, a. 2, ad 3 ; 1 Cont. Geni., e. 75 j De Verit., q. io, a. 9 ; f De Anima, lect. 0. S e m b r a che l intelletto non conosca il proprio atto. Infatti: 1. Propriamente si conosce ciò che è oggetto di una facoltà conoscitiva. Ora, l atto differisce dall oggetto. Dunque l intelletto non conosce il proprio atto. 2. Tutto ciò che si conosce si conosce mediante un atto. Se dunque l intelletto conoscesse il proprio atto, dovrebbe conoscerlo mediante un altro atto ; e questo con un altro ancora. Si avrebbe così un processo all infinito ; e cioè un assurdo evidente. 3. L intelletto sta al proprio atto, come il senso sta al suo. Ora, i sensi propri non sentono il proprio atto, ma questa percezione apun'idea di ciò che significa essere. Perciò il tomismo rigetta una mediazione sperimentale di questo concetto, poiché essa compromette il valore della metafisica, senza giovare alla soluzione del problema critico. A d t e r t iu m s ic pr o c e d it u r. Videtur quod intellectus non cognoscat proprium actum. Illud enim proprie cognoscitur, quod est obiectum cognoscitivae virtutis. Sed actus differt ab obiecto. Ergo intellectus non cognoscit suum actum. 2. P raeterea, quidquid cognoscitur, aliquo actu cognoscitur. Si igitur intellectus cognoscit actum suum, aliquo actu cognoscit illum ; et iterum illum actum alio actu. Erit ergo procedere in infinitum: quod videtur impossibile. 3. P raeterea, sicut se habet sensus ad actum suum, ita et intellectus. Sed sensus proprius non sentit actum suum, sed hoc pertinet 1 E Interessante notare che tutto il dottrinale dell artìcolo si appoggia su quello precedente. Il perfetto parallelismo giova perciò a precisare il pensiero dell Autore sul problema trattato in precedenza.

52 114 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 87, a. 3 partiene al senso comune, come insegna Aristotele. Dunque neppure l intelletto conosce il proprio atto. I n c o n t r a r io: S. Agostino afferma: «I o capisco di capire». R is p o n d o ; Come abbiamo già spiegato, ogni cosa è conoscibile in quanto è in atto. Ora, l ultima perfezione dell intelletto è la sua operazione : poiché questa non è un operazione [transitiva] che, per avere un termine estrinseco, viene ad essere compimento di un prodotto o di un opera, come la costruzione di-un edificio. Essa invece rimane nell operante, quale perfezione atto del medesimo, come dice Aristotele. Perciò la prima cosa che si conosce intorno all' intelligenza è precisamente la sua intellezione. Ma in questo lo varie, intelligenze si trovano in condizioni diverse. Vi è un intelletto, quello di Dio, il quale si identifica col suo atto conoscitivo. Perciò in Dio conoscere la propria intellezione e conoscere la propria essenza è la stessa cosa: appunto perchè l essenza di Dio si identifica con l intellezione. - Vi è un altro intelletto, quello degli angeli, che non si identifica con la loro intellezione, come si è visto, ma ha come primo oggetto la loro essenza. Perciò, sebbene per l angelo non sia logicamente la stessa cosa intendere la propria intellezione e intendere la propria essenza, tuttavia l angelo conosce simultaneamente le due cose con un unico atto. Infatti conoscere la propria essenza è propriamente perfezione di questa medesima essenza; d altra parte un oggetto si conosce unito alla sua perfezione mediante un solo atto. - C è finalmente un altro intelletto, quello dell uomo, il quale non si identifica con la sua intellezione, e il cui oggetto primario non è la propria essenza, ma qualche cosa di estrinseco, cioè la natura degli esseri corporei. Perciò questo è l oggetto che per primo viene conosciuto dall intelletto umano ; in secondo luogo viene conosciuto l atto stesso che serve per conoscere l oggetto ; e mediante questo atto si arriva a conoscere l intelletto medesimo, che ha la sua perfezione proprio nella conoscenza. Per tale motivo il Filosofo afferma che gli oggetti sono conosciuti prima degli atti, e gli atti prima delle potenze.1 S olu zio n e delle d iffico ltà: 1. Oggetto dell intelletto, cioè l ente o il vero, è un universale, il quale abbraccia anche l atto d intellezione. Perciò l intelletto può conoscere il proprio atto. Ma non come primo oggetto : perchè nello stato presente il primo oggetto del nostro intelletto non è un ente o un Vero qualsiasi, ma l ente e il vero visto nelle cose materiali, come abbiamo spiegato. Di qui si passa alla conoscenza di tutte le altre cose.3 2. L intellezione umana non costituisce l atto e la perfezione di quell essere materiale che è oggetto d intellezione: allora soltanto si potrebbe conoscere con un solo atto la natura dell essere materiale e la sua intellezione, come appunto si conoscono le cose insieme alla loro perfezione. Perciò l atto col quale 1 intelletto conosce la pietra è diverso da quello con cui conosce di conoscere la pietra, e così di seguito. D altra parte non c è difficoltà ad ammettere nell intelligenza un infinità potenziale, come abbiamo già spiegato. 1 Vengono Indicate cosi chiaramente le fasi di sviluppo della conoscenza riflessa, senza possibilità di equivoci : dall Intellezione Immediata delle nature corporee all atto Intellettivo, dau atto alla facoltà, dalla facoltà al soggetto pensante. AUTOCOSCIÈNZA D E LL ANIM A 115 ad sensum communem, ut dicitur in libro 3 De Anima [c. 2, lect. 2, 3]. Ergo neque intellectus intelligit actum suum. Sed contra est quod Augustinus dicit, 10 De Trin. [c. 11]: «In telligo me intelligere». R espondeo d ic e n d u m quod, sicut iam [aa. 1, 2] dictum est, unumquodque cognoscitur secundum quod est actu. Ultima autem perfectio intellectus est eius operatio : non enim est sicut actio tendens in alterum, quae sit perfectio operati, sicut aedificatio aedificati ; sed manet in operante ut perfectio et actus eius, ut dicitur in 9 Metaphys. [c. 8, lect. 8], Hoc igitur est primum quod de intellectu intelligitur, scilicet ipsum eius intelligere. Sed circa hoc diversi intellectus diversimode se habent. Est enim aliquis intellectus, scilicet divinus, qui est ipsum suum intelligere. Et sic in Deo idem est quod intelligat se intelligere, et quod intelligat suam essentiam : quia sua essentia est suum intelligere. - Est autem alius intellectus, scilicet angelicus, qui non est suum intelligere, sicut supra [q. 79, a. 1] dictum est, sed tamen primum obiectum sui intelligere est eius essentia. Unde etsi aliud sit in angelo, secundum rationem, quod intelligat se intelligere, et quod intelligat suam essentiam, tamen simul et uno actu utrumque intelligit: quia hoc quod est intelligere suam essentiam, est propria perfectio suae essentiae ; simul autem et uno actu intelligitur res cum sua perfezione. - Est autem alius intellectus, scilicet humanus, qui nec est suum intelligere, nec sui intelligere est obiectum primum ipsa eius essentia, sed aliquid extrinsecum, scilicet natura materialis rei. Et ideo id quod primo cognoscitur ab intellectu humano, est huiusmodi obiectum ; et secundario cognoscitur ipse actus quo cognoscitur^pbiectum ; et per actum cognoscitur ipse intellectus, cuius est perfectio ipsum intelligere. Et ideo Philosopbus dicit [2 De Anima, c. 4, lect. 6] quod obiecta praecognoscuntur actibus, et actus potentiis. A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod obiectum intellectus est comimune quoddam, scilicet ens et verum, sub quo comprehenditur etiam ipse actus intelligendi. Unde intellectus potest suum actum intelligere. Sed non primo : quia nec primum obiectum intellectus nostri, secundum praesentem statum, est quodlibet ens et verum ; sed ens et verum consideratum in rebus materialibus, ut dictum est [q. 84, a. 7] ; ex quibus in cognitionem omnium aliorum devenit. A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod ipsum intelligere humanum non est actus et perfectio naturae intellectae materialis, ut sic possit uno actu intelligi natura rei materialis et ipsum intelligere, sicut uno actu intelligitur res cum sua perfectione. Unde alius est actus quo intellectus intelligit lapidem, et alius est actus quo intelligit se intelligere lapidem, et sic inde. Nec est inconveniens in intellectu esse infinitum in potentia, ut supra [q. 86, a. 2] dictum est. 3 Gli scolastici posteriori distinguono tre oggetti formali per l'intelligenza umana, partendo dalla considerazione che 11 nostro intelletto può trovarsi In due condizioni assai diverse: nello stato di unione col corpo, e nello stato di separazione. Astrattamente considerato l Intelletto umano ha come oggetto formale comune l ente In quanto ente. Nello stato di unione col corpo ha come oggetto formale proprio la quiddità delle cose materiali, e cioè l ente corporeo. NeUo stato di separazione avrà come oggetto formale proprio l ente in quanto ente, con le limitazioni di un anima, fatta per animare un còrpo, e cioè per l unione sostanziale con un organismo.

53 116 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 87, aa I sensi propri hanno la sensazione In quanto subiscono un alterazione nei loro organi materiali da parte degli oggetti esterni. Infatti non è possibile che una cosa materiale si alteri da se stessa, ma deve essere alterata da un altra. Per questo l'atto dei sensi propri deve essere percepito dal senso comune. Ma l intelletto non conosce mediante l alterazione materiale di un organo: perciò il paragone non regge.1 AUTOCOSCIENZA D ELL ANIM A 117 A d t e r t iu m d ic e n d u m quod sensus proprius sentit secundum immutationem materialis organi a sensibili exteriori. Non est autem possibile quod aliquid materiale immutet seipsum ; sed unum immutatur ab alio. Et ideo actus sensus proprii percipitur per sensum communem. Sed intellectus non intelligit per materialem immutationem organi: et ideo non est simile. ARTICOLO 4 Se l intelletto conosca l atto della volontà. ARTICULUS 4 Utrum intellectus intelligat actum voluntatis. Supra, q. 82, a. 4, ad 1 ; S Seni., d. 23, q. 1, a. 2, ad 3. Sembra che l intelletto non conosca l atto della volontà. Infatti : 1. Nessuna cosa è conosciuta dall intelletto, se in qualche modo non si trova in esso. Ora, l atto della volontà non si trova nell intelligenza, trattandosi di potenze diverse. Dunque, l atto della volontà non è conosciuto dall intelletto.. 2. Gli atti sono specificati dagli oggetti. Ora, l oggetto della volontà differisce da quello dell intelletto. Quindi anche l atto della volontà è di specie diversa da quello che può essere oggetto dell intelligenza. Dunque non è conosciuto dall intelletto. 3. A l dire di S. Agostino, i moti dell anima non sono conosciuti «nè per mezzo di immagini, come i corpi ; nè per la loro presenza, come le airti ; ma per mezzo di certe nozioni». Ora, non sembra possibile che nell anima ci siano1altre nozioni oltre le essenze delle cose conosciute e le loro immagini. Perciò è impossibile che l intelletto conosca quei moti dell anima, che sono gli atti della volontà. I n contrario: S. Agostino afferma: «I o conosco di v o le re».3 R ispo n d o: Come abbiamo già visto, l atto della volontà è l inclinazione che accompagna la forma di ordine intellettivo, come l appetito naturale è l inclinazione che accompagna la forma di ordine naturale. Ora, ogni inclinazione è proporzionata al modp di essere del soggetto rispettivo. Perciò l inclinazione fìsica si trova fisicamente negli esseri fisici ; quella che corrisponde all appetito sensitivo si trova sensibilmente nel soggetto senziente. Parimente, l inclinazione intellettiva, che corrisponde all atto della volontà, si trova intellettualmente negli esseri intelligenti, come nel suo principio e soggetto proprio. Così si esprime anche il Filosofo, quando scrive che «la volontà è nella ragione». Ora, ciò che si trova intellettualmente in un soggetto intellettuale- è logicamente conosciuto da lui. Dunque l atto della volontà è conosciuto dall intelletto, sia perchè uno percepisce di volere, sia perchè conosce la natura di questo atto, e per conseguenza la natura dei suoi principii, cioè degli abiti e della facoltà. * Per la riflessione totale di una potenza si esige l Immaterialità. Ecco perchè l esperienza sicura della riflessione Intellettiva è una prova apodittica della spiritualità della nostra anima. a L espressione di S. Agostino non è soltanto una testimonianza autorevole, ma ale come argomento di esperienza. - S. Tommaso ha voluto spiegare razionai- Ad q u a r t u m s ic p r o c e d it u r. Videtur quod intellectus non intelligat actum voluntatis. Nihil enim cognoscitur ab intellectu, nisi sit aliquo modo praesens in intellectu. Sed actus voluntati^ non est praesens in intellectu: cum sint diversae potentiae. Ergo actus voluntatis non cognoscitur ab intellectu. 2. P raeterea, actus habet speciem ab obiecto. Sed obiectum voluntatis differt ab obiecto intellectus. Ergo et actus voluntatis speciem babet diversam ab obiecto intellectus. Non ergo cognoscitur ab intellectu. 3. P raeterea, Augustinus, in libro 10 Confess. [c. 17], attribuit affectionibus animae quod cognoscuntur «neque per imagines, sicut corpora ; neque per praesentiam, sicut artes ; sed per quasdam noti ones». Non videtur autem quod possint esse aliae noti ones rerum in anima, nisi vel essentiae rerum cognitarum, vel earum similitudines. Ergo impossibile videtur quod intellectus cognoscat affectiones animae, quae sunt actus voluntatis. S ed contra e st quod Augustinus dicit, 40 De Trin. [c. 11]: «In telligo me velie». R espondeo d ic e n d u m quod, sicut supra [q. 59, a. 1] dictum est, actus voluntatis nihil aliud est quam inclinatio quaedam consequens formam intellectam, sicut appetitus naturalis est inclinatio consequens formam naturalem. Inclinatio autem cuiuslibet rei est in ipsa re per modum eius. Unde inclinatio naturalis est naturaliter in re naturali ; et inclinatio quae est appetitus sensibilis, est sensibiliter in sentiente; et similiter inclinatio intelligibilis, quae est actus voluntatis, est intelligibiliter in intelligente, sicut in principio et in proprio subiecto. Unde et Philosophus hoc modo loquendi utitur in 3 De Anima [c. 9, lect. 14], quod «voluntas in ratione est». Quod autem intelligibiliter est in aliquo intelligente, consequens est ut ab eo intelligatur, Unde actus voluntatis intelligitur ab intellectu, et inquantum aliquis percipit se velie ; et inquantum aliquis cognoscit naturam huius actus, et per consequens naturam eius principii, quod est habitus vel potentia. mente questo fatto che è alla portata di tutti, in un articolo dove la finezza dell osservazione psicologica si trasforma in riflessione metafisica. 3 Due sono le maniere In cui possiamo conoscere intellettualmente l'atto della volontà : mediante la semplice esperienza volgare, o mediante l Indagine scientifica. Nell'un caso come nell altro il perfetto parallelismo esistente tra le varie specie di appetiti (vedi D iz. Tom.) assicura 11 possesso intellettivo della volizione.

54 118 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 87, a. 4 S o l u z io n e d e lle d if f ic o l t à : 1. L argomento portato sarebbe valido, se la volontà e l intelletto fossero non soltanto potenze diverse, ma appartenessero anche a soggetti diversi ; poiché allora ciò ohe avviene nella volontà sarebbe assente dall intelletto. Invece, essendo radicalmente le due facoltà nell unica sostanza dell anima, ed essendo l una come la radice dell altra, ciò che si trova nella volontà, viene a trovarsi in qualche modo anche nell intelletto. 2. Il bene e il vero, che sono rispettivamente oggetto della volontà e dell intelletto, sono razionalmente due cose distinte, tuttavia l una cosa è inclusa nell altra, come abbiamo già fatto osservare. Il vero infatti è una specie di bene, e il bene è una specie di vero. Perciò quel che appartiene alla volontà ricade nell intelletto -f e quello che appartiene all intelletto può ricadere nell ambito della volontà. 3. I moti dell anima sono presenti nell intelletto, non soltanto con la loro immagine, come i corpi, e neppure soltanto con la loro presenza nel soggetto come le a rti,1 ma come un essere derivato si trova nel suo principio il quale ne possieda la nozione. Perchè S. Agostino afferma che i moti dell anima stanno nella memoria mediante certe nozioni. 1 Leggi : abiti Intellettivi di scienze speculative o pratiche. Non possiamo contentarci di una conoscenza abituale della volizione, ma si richiede una conoscenza attuale. - Da notarsi che S. Agostino, nel passo Intorno al quale è imperniata la AUTOCOSCIENZA D ELL ANIM A 119 Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod ratio illa procederet, si voluntas et intellectus, sicut sunt diversae potentiae, ita etiam subiecto differrent : sic enim quod est in voluntate, esset absens ab intellectu. Nunc autem, cum utrumque radicetur in una substantia animae, et unum sit quodàmmodo principium alterius, consequens est ut quod est in voluntate, sit etiam quodàmmodo in intellectu. Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod bonum et verum, quae sunt obiecta voluntatis et intellectus, differunt quidem ratione, verumtamen unum eórum continetur sub aliò, ut supra [q. 16, a. 4, ad 1 ; q. 82, a. 4, ad 1] dictum est: nam verum est quoddam bonum, et bonum est quoddam verum. Et ideo quae sunt voluntatis cadunt sub intellectu ; et quae sunt intellectus possunt cadere sub voluntate. Ad t e r t iijm d ic e n d u m quod affectus animae non sunt in intellectu neque per similitudinem tantum, sicut corpora ; neque per praesentiam ut in subiecto, sicut artes; sed sicut principiatum in principio, in quo habetur notio principiati. Et ideo Augustinus dicit affectus animae esse in memoria per quasdam notiones. difficoltà, mostra chiaramente di non essere soddisfatto del termine nozione, al quale è stato costretto a ricorrere, per esprimere il suo pensiero: «Ecce in memoriae campis plenis innumerabilium rerum generibus, sive per imaglnes, sicut omnium corporum, sive per praesentiam, sicut artium, sive per nescio quas notiones vel notationes, sicut affectiones animi...».

55 QUESTIONE 88 Come l anima conosca le cose ad essa superiori. Rimane ora da studiare in che modo l'anima umana conosca le cose ad essa superiori, cioè le sostanze immateriali. Sulla questione si presentano tre quesiti : 1. Se l anima umana nella vita presente possa avere la conoscenza immediata delle sostanze immateriali che chiamiamo angeli ; 2. Se possa giungere a tale cognizione mediante la conoscenza delle cose materiali ; 3. Se Dio sia il primo oggetto della nostra conoscenza. QUAESTIO 88 Quomodo anima humana cognoscat ea quae supra se sunt in tres artlculos divisa. Deinde considerandum est quomodo anim a hum ana cognoscat ea quae supra se sunt, scilicet im m ateriales substantias. Et circa hoc quaeruntur tria. Prim o : utrum anima humana, secundum statum praesentis vitae, possit intelligere substantias immateriales quas angelos dicimus, per seipsas. Secundo : utrum possit ad earum notitiam pervenire per cognitionem rerum materialium. Tertio: utrum Deus sit id quod primo a nobis cognoscitur. ARTICOLO 1 Se l anima umana nella vita presente possa avere la conoscenza immediata 1 delle sostanze immateriali. S embra che l anima umana nello stato della vita presente possa avere la conoscenza immediata delle sostanze immateriali. Infatti:, 1. Scrive S. Agostino: «L a mente, come ricava le sue nozioni intorno alle cose materiali dai sensi del corpo, così le ricava da se stessa intorno agli esseri incorporei». Ora questi esseri non sono altro che le sostanze immateriali. Dunque la mente ha la percezione delle sostanze immateriali. 2. Ogni cosa diviene conosciuta mediante una cosa consimile. Ora la mente umana è più simile agli esseri immateriali che a quelli materiali, essendo essa immateriale, come abbiamo dimostrato sopra. Se dunque essa percepisce le cose materiali, molto più percepirà quelle immateriali. 3. I sensibili di somma intensità non sono percepibili in grado sommo da noi, perchè la loro intensità rovina i sensi. Invece l intensità di ordine intellettivo non rovina l intelletto, come dice Aris.totele. Perciò gli oggetti, che per se stessi sono sommamente in teiligibili, sono sommamente intelligibili anche per noi. Inoltre, siccome le cose materiali sono intelligibili solo perchè siamo noi a renderle attualmente intelligibili, astraendole dalla materia, è chiaro che quelle sostanze che per loro natura sono immateriali sono per se stesse più intelligibili. Queste perciò sono da noi meglio conosciute delle cose materiali. 4. Fa notare il Commentatore che se noi non potessimo conoscere le sostanze immateriali, «allora la natura avrebbe agito senza scopo ; formando degli esseri per se stessi conoscibili, che di fatto non sa.reb- 1 Abbiamo tradotto con questo aggettivo il «per seipsas» del testo latino ; ma è evidente che si tratta di una immediatezza, quale potrebbe essere quella della semplice apprensione. In sostanza, ci si domanda se l uomo, nello stato della vita presente, possa avere specie proprie e adeguate della realtà immateriale, senza bisogno di ricorrere al ragionamento e alle analogia tratte dalle cose corporee. - ARTICULU S 1 Utrum anima humana, secundum statum vitae praesentis, possit intelligere substantias immateriales per seipsas. f Coni. Geni., c. 60; S, cc ; De Verit., q. 10, a. 1 1 ; q. 18, a. 5, ad 7, 8; De Anima, a. 16 ; In De Trin., q. 6, a. 3 ; 2 Metaphys., lect. 1. Ad p r i m u m s ic pr o c e d it u r. Videtur quod anima humana, secundum statum vitae praesentis, possit intelligere substantias immateriales per seipsas. Dicit enim Augustinus, in 9 De Trin. [c. 3]: «Mens ipsa, sicut corporearum rerum notitias per sensus corporis colligit, sic incorporearum rerum per semetipsam». Huiusmodi autem sunt substantias immateriales. Ergo mens substantias immateriales intelligit. 2. P raeterea, simile simili cognoscitur. Sed magis assimilatur mens humana rebus immaterialibus quam materialibus: cum ipsa mens sit immaterialis, ut ex supradictis [q. 76, a. 1] patet. _Cum ergo mens nostra intelligat res materiales, multo magis intelligit res immateriales. 3. P raeterea, quod ea quae sunt secundum se maxime sensibilia, non maxime sentiantur a nobis, provenit ex hoc quod excellentiae sensibilium corrumpunt sensum. Sed excellentiae intelligibilium non corrumpunt intellectum, ut dicitur in 3 De Anima [c. 4, lect. 7], Ergo ea quae sunt secundum se maxime intelligibilia, sunt etiam maxime intelligibilia nobis. Sed cum res materiales non sint intelligibiles nisi quia facimus eas intelligibiles actu, abstrahendo a materia ; manifestum est quod magis sint secundum se intelligibiles substantiae quae secundum suam naturam sunt immateriales. Ergo multo magis intelliguntur a nobis quam res materiales. 4. P raeterea, Commentator dicit, in 2 Metaphys. [comm. 1], quod si substantiae abstractae non possent intelligi a nobis, «tu n c na- Quello che preoccupa l'autore non è semplicemente la negazione di una tale possibilità, bensì la costruzione di una teoria ragionevole intorno alla conoscenza umana degli esseri soprasensibili. Ma in nuesto primo articolo egli si ferma a confutare le opinioni false o pericolose, specialmente quella averroista. Soltanto il periodo storico in cui fu scritto può spiegare la completezza e la vivacità polemica dell articolo, contro la posizione di Averroè e del suoi seguaci.

56 122 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 88, a. 1 bero conosciuti da nessuno». Ora, niente in natura è senza scopo. Dunque le sostanze immateriali possono essere conosciute da noi. 5. L intelletto sta agli oggetti intelligibili, come il senso a quelli sensibili. Ma la nostra vista può vedere tutti i corpi, tanto quelli superni e incorruttibili, quanto quelli inferiori e corruttibili. Quindi il nostro intelletto potrà conoscere tutte le sostanze intellettive, anche quelle superiori e immateriali. I n contrario : Sta scritto : «Chi scruterà le cose che sono nei cieli?». Ora, le sostanze in parola stanno nei cieli, poiché si legge in S. Matteo: «I loro angeli in cielo...». Perciò le sostanze immateriali non si possono conoscere con l indagine umana. R is p o n d o : Secondo l opinione di Platone le sostanze immateriali non soltanto sono conosciute da noi, ma sonp il primo oggetto della nostra conoscenza. Infatti Platone riteneva che le forme immateriali sussistenti, che chiamava idee, fossero l oggetto proprio della nostra intelligenza, e quindi che fossero primieramente e direttamente conosciute da noi. Tuttavia la conoscenza dell anima sarebbe rivolta alle cose materiali, perchè l intelletto è unito alla fantasia e ai sensi. Perciò, quanto più l intelletto sarà purificato, tanto meglio percepirà la verità delle cose immateriali. Invece secondo il parere di Aristotele, più conforme all esperienza, nello stato della vita presente il nostro intelletto, ha un rapporto naturale all essenza delle cose materiali, così da non conoscere nulla, come abbiamo visto, senza volgersi ai fantasmi. E perciò evidente che, atteso il processo conoscitivo da noi sperimentato, non possiamo noi intendere primieramente e immediatamente le sostanze immateriali, estranee al dominio dei sensi e dell immaginazione. Ciò nonostante Averroé ritiene che al termine di questa vita l uomo possa giungere alla percezione di queste sostanze separate, in forza della partecipazione e dell unione nostra con una sostanza immateriale, chiamata da lui «intelletto agente», il quale, essendo appunto una sostanza separata, ha per natura la percezione delle sostanze separate. Perciò quando la nostra unione con esso sarà così perfetta da poter conoscere perfettamente per mezzo suo, allora anche noi percepiremo le sostanze separate ; così come ora conosciamo le cose materiali per l unione nostra con l intelletto possibile. - Ed ecco come egli concepisce la nostra unione con l intelletto agente. Siccome la nostra intellezione dipende dall intelletto agente e dagli oggetti pensati, e ciò è evidente quando veniamo a conoscere delle conclusioni in forza di principii già noti, è necessario che l intelletto agente abbia verso le cose pensate lo stesso rapporto, che ha l agente principale verso i suoi strumenti, oppure la forma verso la materia. Infatti sono questi i due modi secondo i quali un unica operazione può essere attribuita a due principii: o come l atto del segare che si attribuisce al falegname e alla sega, agente principale e strumento, o come il riscaldamento che si attribuisce al calore e al fuoco, forma e soggetto. In un modo o nell altro l intelletto agente sta alle cose pensate come la perfezione al soggetto perfettibile, e come l atto sta alla potenza. Ora, soggetto perfetto e perfezione sono entità simultanee in una data cosa ; come sono simultanei nella pupilla l oggetto attualmente visibile e la luce. Perciò avremo anche una infusione simultanea nell intelletto possibile e delle cose pensate e dell intelletto agente. E quante più sono le cose pensate che CONOSCENZA DELLE COSE SUPERIORI 123 tura otiose egisset : quia fecit illud quod est naturaliter in se intellectum, non intellectum ab aliquo». Sed nihil est otiosum sive frustra in natura. Ergo substantiae immateriales possunt intelligi a nohis. 5. P raeterea, sicut se habet sensus ad sensibilia, ita se habet intellectus ad intelligibilia. Sed visus noster potest videre omnia corpora, sive sint superiora et incorruptibilia, sive sint inferiora et corruptibilia. Ergo intellectus noster potest intelligere omnes substantias intelligibiles, et superiores et immateriales. S ed contra est quod dicitur Sap. 9,16 : «Quae in caelis sunt, quis investigabit?». In caelis autem dicuntur huiusmodi substantiae esso; secundum illud Matth. 18,10: «A n geli eorum in caelis» etc. Ergo non possunt substantiae immateriales per investigationem humanam cognosci. R espondeo dicenò um quod secundum opinionem Platonis, substantiae immateriales non solum a nobis intelliguntur, sed etiam sunt prima a nobis intellecta. Posuit enim Plato formas immateriales subsistentes, quas ideas vocabat, esse propria obiecta nostri intellectus : et ita primo et per se intelliguntur a nobis. Applicatur tamen animae cognitio rebus materialibus, secundum quod intellectui permiscetur phantasia et. sensus. Unde quanto magis intellectus fuerit depuratus, tanto magis percipit immaterialium intelligibilem veritatem. Sed secundum Aristotelis sententiam, quam magis experimur, intellectus noster, secundum statum praesentis vitae, naturalem respectum habet ad naturas rerum materialium ; unde nihil intelligit nisi convertendo se ad phantasmata, ut ex dictis [q. 84, a. 7] patet. Et sic manifestum est quod substantias immateriales, quae sub sensu et imaginatione non cadunt, primo et per se, secundum modum cognitionis nobis expertum, intelligere non possumus. Sed tamen Averroes, in Comment. Tertii De Anima [comm. 36 in digressione], ponit quod in fine in hac vita homo pervenire potest ad hoc quod intelligat substantias separatas, per continuationem vel unionem cuiusdam substantiae separatae nobis, quam vocat «in tellectum agentem», qui quidem, cum sit substantia separata, naturaliter substantias separatas intelligit. Unde cum fuerit nobis perfecte unitus, sic ut per eum perfecte intelligere possimus, intellipemus et nos substantias separatas ; sicut nunc per intellectum pos» sibilem nobis unitum intelligimus res materiales. - Ponit autem intellectum agentem sic nobis uniri. Cum enim nos intelligamus per intellectum agentem et per intelligibilia speculata, ut patet cum conclusiones intelligimus per principia intellecta; necesse est quod intellectus agens comparetur ad intellecta speculata vel sicut agens principale ad instrumenta, vel sicut forma ad materiam. His enim duobus modis attribuitur actio aliqua duobus principiis: principali quidem agenti et instrumento, sicut sectio artifici et serrae ; formae autem et subiecto, sicut calefactio calori et. igni. Sed utroque modo intellectus agens comparabitur ad intelligibilia speculata sicut perfectio ad perfectibile, et actus ad potentiam. Simul autem recipitur in aliquo perfectum et perfectio; sicut visibile in actu et lumen in pupilla. Simul igitur in intellectu possibili recipiuntur intellecta speculata et intellectus agens. Et quanto plura intellecta speculata recipimus, tanto magis appropinquamus ad hoc quod intellectus

57 124 L A SOMMA TEOLOGICA, I, q. 88, a. 1 riceviamo, tanto maggiormente ci avviciniamo alla nostra unione perfetta con l intelletto agente. Così, quando avremo conosciuto tutte le cose pensate, l intelletto agente sarà perfettamente unito a noi, e noi potremo conoscere per mezzo di esso tutte le cose, e materiali e immateriali. E in questo Averroè fa consistere l ultima felicità dell uomo. - Non ha importanza per la presente questione decidere se in tale stato di felicità, sia l intelletto possibile a conoscere le sostanze separate mediante l intelletto agente, come egli pensa, oppure, cosa che egli rimprovera ad Alessandro [di Afrodisia], se sia l uomo a conoscerle per mezzo dell intelletto agente ; poiché per Alessandro l intelletto possibile sarebbe corruttibile. Ora, tutta questa teoria non regge. Primo, perchè sarebbe per noi impossibile conoscere formalmente con l intelletto agente, se l intelletto fosse una sostanza separata: poiché ciò che serve all agente per agire formalmente è la sua forma e il proprio atto ; infatti ogni causa agente agisce in quanto è in atto. Del resto, lo abbiamo già dimostrato a proposito dell intelletto possibile. Secondo, se, stando all opinione suddetta, l intelletto agente fosse una sostanza separata, non si unirebbe a noi in maniera sostanziale; ma si unirebbe solo mediante la sua luce, partecipata alle varie intelligenze nell atto del pensare ; non già in ordine a tutte le altre operazioni dell intelletto agente, così da ricavarne la conoscenza delle sostanze immateriali. Così, quando vediamo i colori illuminati dal sole, non avviene una unione sostanziale tra noi e il sole, fino al punto di poter noi compiere le azioni del sole ; ma a noi si unisce solo la luce solare per la visione dei colori. Terzo, pur ammettendo che in tal modo l intelletto agente si unisca a noi con tutta la sua sostanza, tuttavia questi filosofi non possono ammettere che l intelletto agente si unisca a noi totalmente in funzione di uno o di due intelligibili soltanto, ma si unirà in funzione di tutti i nostri oggetti intelligibili. Ora, tutti questi nostri oggetti d intellezione [essendo cose sensibili] non raggiungono il valore e il grado dell intelletto agente, essendo cosa molto più grande conoscere delle sostanze separate, che tutti gli esseri materiali. Perciò è evidente che, pur conoscendo noi tutte le cose materiali, l intelletto agente non si unirebbe a noi in modo tale da farci conoscere anche le sostanze separate.1 Quarto, è ben difficile che nn uomo in questo mondo possa conoscere tutte le cose materiali ; cosicché nessuno, o pochissimi potrebbero arrivare alla felicità. Ora, questo urta contro il pensiero di A ristotele, il quale dice che la felicità è «u n bene comune, partecipabile da tutti coloro che non sono negati alla virtù». - Del resto non è ragionevole che il fine di tutta una specie sia raggiunto in pochi casi dagli esseri contenuti in quella specie. Quinto, Aristotele dice espressamente, che «la felicità consiste nell operazione della virtù più perfetta». E dopo aver elencato molte virtù, conclude affermando che l ultima felicità, la quale consiste nella conoscenza dei supremi intelligibili, appartiene alla virtù della sapienza, da lui considerata la prima delle scienze speculative. R i sulta così che per Aristotele l ultima felicità dell uomo consiste nella conoscenza delle sostanze separate, quale si può avere dalle scienze speculative, non già dalla compartecipazione a un intelletto agente secondo i sogni di certuni. CONOSCENZA DELLE COSE SUPERIORI 125 agens perfecte uniatur nobis. Ita quod cum omnia intellecta speculata cognoverimus, intellectus agens perfecte 'unietur nobis; et poterimus per eum omnia cognoscere materialia et immaterialia. Et in hoc ponit ultimam hominis felicitatem. - Nec refeirt, quantum ad propositum pertinet, utrum in ilio statu felicitatis intellectus possihilis intelligat substantias separatas per intellectum agentem, ut ipse sentit: vel, ut ipse imponit Alexandro [De Anima, loc. cit.], intellectus possibilis nunquam intelligat substantias separatas (propter hoc quod ponit intellectum possibilem corruptibilem), sed homo intelligat substantias separatas per intellectum agentem. Sed praedicta stare non possunt. Prim o quidem quia, si intellectus agens est substantia separata, impossibile est quod per ipsam formaliteir intelligamus : quia id quo formaliter agens agit, est forma et actus agentis; cum omne agens agat inquantum est actu. Sicut etiam siupra [q. 76, a. 1] dictum est circa intellectum possibilem. Secundo quia, secundum modum praedictum, intellectus agens, si est substantia separata, non uniretur nobis secundum suam substantiam ; sed solum lumen eius, secundum quod participatur in intellectis speculativis ; et non quantum ad alias actiones intellectus agentis, ut possimus per hoc intelligere substantias immateriales, Sicut dum videmus colores illuminatos a sole, non unitur nobis substantia solis, ut possimus actiones solis agere ; sed solum nobis unitur lumen solis ad visionem colorum. Tertio quia, dato quod secundum modum praedictum uniretur nobis substantia intellectus agentis, tamen ipsi non ponunt. quod intellectas agens totaliter uniatur nobis secundum unum intelligibile vel duo, sed secundum omnia intellecta speculata. Sed omnia intellecta speculata deficiunt a virtute intellectus agentis: quia multo plua est intelligere substantias separatas, quam intelligere omnia materialia. Unde manifestum est quod etiam intellectis omnibus materialibus, non sic uniretur intellectus agens nobis, ut possemus intelligere per eum substantias separatas. Quarto, quia intelligere omnia intellecta materialia vix contingit alicui in hoc mundo ; et sic nullus, vel pauci ad felicitatem pervenirent. Quod est contra Philosophum, in 1 Ethic. [c. 9, lect. 14], qui dicit quod felicitas est «quoddam bonum commune, quod potest pervenire omnibus non orbatis ad virtutem». - Est etiam contra rationem quod finem alicuius sperici ut in paucioriibus consequantur ea quae continentur sub specie. Quinto, quia Philosophus dicit expresse, in 1 Ethic. [c. 10, lect. 16], quod felicitas est «operatio secundum perfectam virtutem». Et enumeratis multis virtutibus, in Decimo, concludit [c. 8, lect. 12] quod felicitas ultima, consistens in cognitione maximorum intelligibilium, est secundum virtutem sapientiae, quam posuerat in Sexto [c. 7, lect. 6] esse caput scientiarum speculativarum. Unde patet quod Aristoteles posuit ultimam felicitatem hominis in cognitione substantiarum separatarum, qualis potest haberi per scientias speculativas: et non per continuationem intellectus agentis a quibusdam confictam. 1 Gl) argomenti che seguono sono da considerarsi come semplici argomenti dt autorità. Ma l autorità di Aristotele valeva per gli Averroisti più di qualsiasi ragione.

58 126 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 88, a. 1 Sesto, abbiamo già dimostrato che l intelletto agente non è una sostanza separata, ma una facoltà deiranima, che si estende in maniera attiva a quegli oggetti ai quali si estende in maniera recettiva l intelletto possibile. Infatti Aristotele insegna che l intelletto possibile «è la potenza a diventare tutte le cose», e l intelletto agente «la potenza a far diventare tutte le cose». Perciò questi due intelletti, nello stato della vita presente, si estendono ai soli oggetti materiali ; oggetti che l intelletto agente rende intelligibili in atto, e che sono ricevuti nell intelletto possibile. E quindi attualmente noi non raggiungiamo la conoscenza diretta delle sostanze immateriali, nè per mezzo dell intelletto possibile, nè per mezzo dell intelletto agente. S o luzione d elie d iffico ltà: 1. Da quel testo di S. Agostino si potrà desumere che in forza di se medesima la nostra mente può conoscere quello che arriva a sapere intorno agli esseri incorporei. E questo è così vero che gli stessi filosofi usano dire che la nostra cognizione dell anima è il punto di partenza per conoscere le sostanze separate. L anima infatti dalla conoscenza di se medesima giunge a quella conoscenza delle sostanze immateriali, che essa può raggiungere : ma non arriva davvero a conoscerle direttamente e perfettamente, conoscendo se stessa. 2. La somiglianza di natura non è una ragione sufficiente per conoscere ; altrimenti bisognerebbe dire con Empedocle che l anima, per conoscere tutte le cose, deve avere la natura di tutti gli esseri. Per la conoscenza si richiede che la somiglianza, o immagine, dell oggetto conosciuto venga a trovarsi nel conoscente come una sua forma. Ora, nello stato della vita presente il nostro intelletto possibile è fatto per ricevere le immagini delle cose materiali, astratte dai fantasmi: esso perciò conosce gli esseri materiali più delle sostanze immateriali. 3. Si esige una certa proporzione tra l oggetto e la potenza conoscitiva, come si esige tra atto e potenza, tra perfezione e perfettibile. Quindi la mancata percezione degli oggetti sensibili troppo intensi non dipende soltanto dal fatto che essi rovinano gli_ organi sensitivi, ma anche perchè sono sproporzionati alle facoltà sensitive. Così anche le sostanze immateriali sono sproporzionate, nello stato della vita presente, al nostro intelletto, il quale non è perciò in grado di percepirle. 4. L argomento del Commentatore per più di un motivo non regge. Primo, perchè anche se le sostanze separate non sono conosciute da noi, non ne viene che non siano conosciute da altre intelligenze : infatti sono conosciute da se medesime, e reciprocamente si conoscono tra di loro. - Secondo, perchè il fine delle sostanze separate non è quello di essere conosciute da noi. Ora, si dice senza scopo ciò che non raggiunge il fine per cui è creato. Quindi, anche ammettendo che le sostanze spirituali non sono conosciute da noi, non ne seguirebbe P inutilità della loro esistenza. 5. Il senso conosce in maniera identica tanto i corpi superiori che quelli inferiori, cioè per una trasmutazione prodotta nell organo dall oggetto sensibile. Invece non è identico il modo poi quale sono conosciute le sostanze materiali, percepite per via di astrazione, e le sostanze immateriali, che non possono essere conosciute da noi in questa maniera, non essendo esse rappresentabili dai fantasmi. CONOSCENZA DELLE COSE SUPERIO RI 127 Sexto, quia supra [q. 79, a. 4] ostensum est quod intellectus agens non est substantià separata, sed virtus quaedam animae, ad eadem active se extendens, ad quae se extendit intellectus possibilis receptive : quia, ut dicitur in 3 De Anima [c. 5, lect. 10], intellectus possibilis est «qu o est omnia fieri», intellectus agens «qu o est omnia tacere». Uterque ergo intellectus se extendit, secundum statum praesentis vitae, ad materialia sola ; quae intellectus acrens facit intelligibilia actu, et recipiuntur in intellectu possibili. Unde secundum statum praesentis vitae, neque per intellectum possibilem, neque per intellectum agentem, possumus intelligere substantias immateriales secundum seipsas. Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod ex illa auctoritate Augustini haberi potest quod illud quod mens nostra de cognitione incorporalium rerum accipere potest, per seipsam cognoscere possit. Et hoc adeo verum est, ut etiam apud philosophos dicatur quod scientia de anima est principium quoddam ad cognoscendum substantias separatas. P er hoc enim quod anima nostra cognoscit seipsam, pertingit ad cognitionem aliquam habendam de substantiis incorporeis, qualem «am contingit habere : non quod simpliciter et perfecte eas cognoscat, cognoscendo seipsam. A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod similitudo naturae non est ratio suffìciens ad cognitionem : alioquin oporteret dicere quod Empedocles dixit, quod anima esset de natura omnium, ad hoc quod omnia cognosceret [cfr. A r is t., 1 De Anima, c. 2, lect. 4], Sed requiritur ad cognoscendum, ut sit similitudo rei cognitae in cognoscente quasi quaedam forma ipsius. Intellectus autem noster possibilis, secundum statum praesentis vitae, est natus informari similitudinibus rerum materialium a phantasmatibus abstractis: et ideo cognoscit magis materialia quam substantias immateriales. Ad t e r t iu m d ic e n d u m quod requiritur aliqua proportio obiecti ad potentiam cognoscitivam, ut activi ad passivum, et perfectionis ad perfectibile. Unde quod excellentia sensibilia non capiantur a sensu, non sola ratio est quia corrumpunt organa sensibilia ; sed etiam quia sunt improportionata potentiis sensitivis. Et hoc modo substantiae immateriales sunt improportionatae intellectui nostro, secundum praesentem statum, ut non possint ab eo intelligi. Ad q u a r t u m d ic e n d u m quod illa ratio Commentatoris multipliciter deficit. Primo quidem, quia non sequitur quod, si substantiae separata non intelliguntur a nobis, non intelligantur ab aliquo intellectu: intelliguntur enim a seipsis, et a se invicem. - Secundo, quia non est finis substantiarum separatarum ut intelligantur a nobis. Illud autem otiose et frustra esse dicitur, quod non consequitur fìnem ad quem est. Et sic non sequitur substantias immateriales esse frustra, etiam si nullo modo intelligerentur a nobis. A d q u in t u m dicend um quod eodem modo' sensus cognoscit et superiora et inferiora corpora, scilicet per immutationem organi a sensibili. Non autem eodem modo intelliguntur a nobis substantiae materiales, quae intelliguntur per modum abstractionis ; et substantiae immateriales, quae non possunt sic a nobis intelligi, quia non sunt earum aliqua phantasmata.

59 128 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 88, a. 2 CONOSCENZA DELLE COSE SUPERIO RI 129 ARTICOLO 2 Se il nostro intelletto possa raggiungere la conoscenza delle sostanze immateriali, mediante la conoscenza delle cose materiali.1 ARTICULUS 2 Utrum intellectus noster per cognitionem rerum materialium possit pervenire ad intelligendum substantias immateriales. 4 S en t., a. 49, q. 2, a. 7, ad 12 ; S C ont. G ent., c. 41 ; De V erlt., q. 18; a. 5, ad 6 : De A nim a, a. 16; in De T rin., q. 6, aa. 3, 4; I Poster., lect. 41; De C ausis, lect. 7. S e m b r a c h e i l n o s t r p i n t e lle t t o possa r a g g i u n g e r e l a c o n o s c e n z a d e l l e sostanze i m m a t e r i a l i, m e d i a n t e l a c o n o s c e n z a d e l le c o s e m a t e r i a l i. I n f a t t i : 1. Scrive Dionigi che «non è possibile alla mente umana assurgere alla contemplazione immateriale delle gerarchie celesti, se non facendosi condurre per mano dalla realtà materiale». Resta dunque stabilito che le cose materiali ci possono condurre come per mano alla conoscenza delle sostanze immateriali. 2. La scienza risiede nell intelletto. Ora, abbiamo scienze e defl. nizioni intorno alle sostanze immateriali : infatti il Damasceno dà una definizione dell angelo ; e sempre sugli angeli vengono impartite delle lezioni, tanto nelle discipline teologiche, che in quelle filosofiche. Dunque noi possiamo conoscere le sostanze immateriali. 3. L anima umana appartiene al genere delle sostanze immateriali. Ebbene, essa può essere da noi conosciuta mediante l atto col quale si conosce la realtà materiale. Quindi noi potremo conoscere anche le altre sostanze immateriali mediante le loro operazioni sulla realtà materiale. 4. Partendo dagli effetti è impossibile comprendere la causa, solo se questa sorpassa i suoi effetti all infinito. Ma quest ultima prerogativa appartiene a Dio solo. Perciò le altre sostanze immateriali create possono essere conosciute da noi per mezzo delle cose materiali. In c o n t r a r io: Dionigi insegna che «le entità intelligibili non si possono apprendere mediante quelle sensibili, nè quelle semplici mediante quelle composte, nè le cose incorporee con quelle corporee». R isp o n d o : Come riferisce Averroè, un certo Avempace3 pensò che noi, attraverso la conoscenza delle sostanze materiali possiamo arrivare alla intellezione di quelle immateriali, in base ai soli principii della filosofìa. Infatti il nostro intelletto, essendo fatto per astrarre l essenza delle cose materiali dalla materia, se in tale essenza riscontrasse ancora qualche cosa di materiale, potrebbe nuovamente astrarre : e poiché tale processo non può ripetersi all infinito, arriverà finalmente a un essenza del tutto depurata dalla materia. Cioè verrà a conoscere una sostanza immateriale. L argomento sarebbe valido se le sostanze immateriali fossero le forme o le specie di questi esseri materiali, come pensavano i platonici. Ma scartata questa ipotesi, e stabilito invece che le sostanze i Dalla confutazione degli avversari si passa a esporre la teoria «ortodossa» sulla cognizione delle sostanze separate. S. Tommaso però è tanto preoccupato di confutare gli Arabi, da presentare le proprie conclusioni in tono negativo ; concedendo quasi a fatica e gradatamente una cognizione non perfetta di queste nature (rispondo), «una certa conoscenza» (ad 1), in base alla «negazione», o a certi loro rapporti col mondo corporeo» {ad 2) ; fino al punto di ammettere che Ad s e c u n d u m s ic pr o c e d itur. Videtur quód intellectus noster per cognitionem rerum materialium possit pervenire ad intelligendum substantias immateriales. Dicit enim Dionysius, 1 cap. Cael. Hier., quod «non est possibile humanae menti ad immaterialem illam sursum excitari caelestium hierarchiarum contemplationem, nisi secundum se materiali manuductione utatur». Relinquitur ergo quod per materialia manuduci possumus ad intelligendum substantias immateriales, 2. P raeterea, scientia est in intellectu. Sed scientiae et definitiones sunt de substantiis immaterialibus: definit enim Daimascenus angelum [2 De Fide Orth., c. 3] ; et de angelis aliqua documenta traduntur tam in theologicis quam in philosophicis disciplinis. Ergo substantiae immateriales intelligi possunt a nobis. 3. P raeterea, anima humana est de genere substantiarum immaterialium. Sed ipsa intelligi potest a nobis per actum suum, quo intelligit materialia. Ergo et aliae substantiae immateriales intelligi possunt a nobis per suos effectus in rebus materialibus. 4. P raeterea, illa sola causa per suos effectus comprehendi non potest, quae in infinitum distat a suis effectibus. Hoc autem solius Dei est proprium. Ergo aliae substantiae immateriales creatae intelligi possunt a nobis per res materiales. S ed contra e st quod Dionysius dicit, 1 cap. De Div. Nom. [lect. 1], quod «sensibilibus intelligibilia, et compositis simplicia, et corporalibus incorporalia apprehendi non possunt». R e spo n d e o d ic e n d u m quod, sicut Averroes narrat in 3 De Anima [comm. 36 in digressione], quidam Avempace nomine, posuit quod per intellectum substantiarum materialium pervenire possumus, secundum vera philosophiae principia, ad intelligendum substantias immateriales. Cum enim intellectus noster natus sit abstrahere quidditatem rei materialis a materia, si iterum in illa quidditate sit aliquid materiae, poterit iterato abstrahere : et cum hoc in infinitum non procedat, tandem pervenire poterit ad intelligendum aliquam quidditatem quae sit omnino sine materia. Et hoc est intelligere substantiam immaterialem. Quod quidem efflcaciter diceretur, si substantiae immateriales essent formae et species horum materialium, ut Platonici posuerunt. Hoc autem non posito, sed supposito quod substantiae immateria- «mediante le analogie tratte dalle cose materiali possiamo raggiungere delle nozioni positive, sia pur generiche e non specifiche, degli angeli» (ad 4). 2 Si tratta di Abtt B a h r, filosofo arabo-spagnolo del secolo XII. Dal tono col quale ne parla, sembra che al tempo di S. Tommaso non fossero ancora note nel mondo latino le opere di questo grande filosofo islamico. - Le teorie di Avempace sulla conoscenza delle sostanze immateriali, attraverso l unione progressiva con l intelletto agente trascendente, risultano molto affini a quelle averroistiche (cfr E n c. C. /., «Avempace»),

60 130 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 88, aa, 2-3 immateriali sona di tutt altra natura che le essenze corporee, allora, per quanto il nostro intelletto possa astrarre l essenza delle cose materiali dalla materia, non arriverà mai a un entità simile alla sostanza immateriale. Perciò attraverso le sostanze materiali non potremo mai perfettamente comprendere le sostanze immateriali. S o l u z io n e d elle d if f ic o l t à : 1. Dalle cose materiali noi possiamo salire a una certa conoscenza degli esseri immateriali, ma non a una conoscenza perfetta; poiché non esiste un.adeguato termine di paragone tra le cose materiali e quelle immateriali, e le similitudini prese talora dal mondo materiale per capire la realtà immateriale presentàno gravissime dissomiglianze, come nota Dionigi. 2. Quando nelle scienze si tratta degli esseri superiori, si procede soprattutto per via di negazione: Aristotele, p. es., ci dà una nozione dei corpi celesti mediante la negazione delle proprietà dei corpi' inferiori. Molt.o meno dunque potremo noi conoscere le sostanze immatèriali, fino al punto di comprenderne la quiddità : ma la scienza umana si limita a impartire insegnamenti intorno ad esse, servendosi della negazione, o di certi loro rapporti col mondo corporeo. 3. L anima umana conosce se stessa mediante la propria intellezione, che, essendo l atto specifico di essa, ne dimostra perfettamente la virtù e la natura. Questo atto però, e quant altro si trova nelle cose materiali, non può servire a conoscere perfettamente la virtù e la natura delle sostanze im m ateriali; poiché tutto questo non adegua la virtù delle medesime. 4. Le sostanze immateriali create non convengono certamente nel genere «naturale» con quelle corporee, poiché la potenza e la materia non vi si trovano nello stesso modo ; convengono invece nel genere logico, poiché anche le sostanze immateriali sonp comprese nel predicamento di sostanza, non essendo la loro essenza identica al loro essere. Dio al contrario non ha in comune con le cose materiali nè il genere naturale, nè il genere logico : Dio infatti in nessuna maniera è racchiuso in un genere, come fu già dimostrato. Perciò, mediante le analogie tratte dalle cose materiali, possiamo raggiungere delle nozioni positive, sia pur generiche e non specifiche, sugli angeli ; mentre non possiamo averne aifatto su D io.1 CONOSCENZA DELLE COSE SUPERIORI 131 les sint omnino alterius rationis a quidditatibus materialium rerum ; quantumcumque intellectus noster abstrahat quidditatem rei materialis a materia, nunquam perveniet ad aliquid simile substantiae immateriali. Et ideo per substantias materiales non possumus perfecte substantias immateriales intelligere. A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod ex rebus materialibus ascendere possumus in aliqualem cognitionem immaterialium rerum, non tamen in perfectam : quia non est suffìciens comparatio rerum materialium ad immateriales, sed similitudines si quae a materialibus accipiuntur ad immaterialia intelligenda, sunt multum dissimiles, ut Dionysius dicit, 2 cap. Cael. Hier. Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod de superioribus rebus in scientiis maxime tractatur per viam remotionis: sic enim corpora caelestia notificat Aristoteles [ / De Cacio et Mundo, c. 3, lect. 5, 6, 7] per negationem proprietatum inferiorum corporum. Unde multo magis immateriales substantiae a nobis cognosci non possunt, ut earum quìddìtates apprehendamus : sed de eis nobis in scientiis documenta traduntur per viam remotionis, et alicuius habitudinis ad res materiales. A d t e r t iu m d ic e n d u m quod anima humana intelligit seipsam per suum intelligere, quod est actus proprius eius, perfecte demonstrans virtutem eius et naturam. Sed neque per hoc, neque per alia quae in rebus materialibus inveniuntur, perfecte cognosci potesti immaterialium substantiarum virtus et natura: quia huiusmodi non adaequant earum virtutes. A d q u a r t u m d ic e n d u m quod substantiae immateriales creatae in genere quidem naturali non conveniunt cum substantiis materialibus, quia non est in eis eadem ratio potentiae et materiae: conveniunt tamen cum eis in genere logico, quia etiam substantiae immateriales sunt in praedicamento substantiae, cum earum quidditas non sit earum esse. Sed Deus non convenit cum rebus materialibus neque secundum genus naturale, neque secundum genus logicum : quia Deus nullo modo est in genere, ut supra [q. 3, a. 5] dictum est. Unde per similitudines rerum materialium aliquid afftrmàtive potest cognosci de angelis secundum rationem communem, licet non secundum rationem speciei ; de Dep autem nullo modo. ARTICOLO 3 Se Dio sia il primo oggetto conosciuto dalla mente umana.9 Sembra che Dio sia il primo oggetto conosciuto dalla mente umana. Infatti : 1. Quello in cui sono conosciute tutte le altre cose, "e in forza del quale giudichiamo di esse, è il primo oggetto della nostra cono* 1 Con questa espressione S. Tommaso intende negare soltanto la possibilità di avera su Dio nozioni positive specifiche e generiche, non già di escludere le analogie di proporzionalità propria tra Dio e le perfezioni delle cose create, che permettono di raggiungere una conoscenza positiva della divinità. Vedere in pròposito voi. I, pp a Stelano Gllson fa notare l Inconsistenza dell accusa tante volte ripetuta contro 1 fllosofl cristiani raedioevali, di porre Dio come oggetto naturale della nostra ARTICULUS 3 Utrum Deus sit primum quod a mente humana cognoscitur. in De Trin,, a. 1. a. 3. Ad te r t iu m sic pro ced itu r. Videtur quod Deus sit primum quod a mente humana cognoscitur. Illud enim in quo omnia alia cognoscuntur, et per quod de aliis iudicamus, est primo cognitum a nobis ; sicut lux ab oculo, et principia prima ab intellectu. Sed omnia in luce primae veritatis cognoscimus, et per eam de omnibus iudiintelligenza. «Fare di Dio l oggetto naturale della nostra conoscenza è, al contrario, una delle accuse che 1 fllosofl medioevali si lanciano cosi volentieri l uno contro l altro, precisamente perchè il peccato è cosi grave al loro occhi, che ciascuno si vanta di averne trionfato più completamente del proprio vicino» (Gn.- 80n E.; L'esprit de la philosophie médtévale, Parigi, 1944, p ). - Tale accusa

61 132 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 88, a. 3 scenza ; così è la luce per l'occhio, e i primi principii per l intelletto. Ora, noi conosciamo tutte le cose nella luce della prima verità, e in forza di essa le giudichiamo, come dice esplicitamente S. Agostino. Dunque Dio è il primo oggetto della nostra conoscenza. 2. «Chi causa in altri una data perfezione, deve possederla in grado m aggiore». Ma Dio è causa di ogni nostra cognizione, poiché è «la vera luce che illumina ogni uomo il quale viene in questo m ondo». Quindi Dio è l oggetto conosciuto da noi per primo e meglio di ogni altra cosa. 3. La prima cosa che si conosce in un immagine è il modello da cui dipende. Ora, a detta di S. Agostino, la nostra mente è un immagine di Dio. Perciò Dio è il primo oggetto che noi percepiamo nella nostra mente. In contrario : Nel Vangelo si legge : «Nessuno ha m ai visto Dio». 1 R i s p o n d o : L i n t e l l i g e n z a umana nello stato della vita presente non può conoscere le sostanze immateriali create, come si è visto ; molto meno, dunque, potrà conoscere l essenza della sostanza increata. Quindi, assolutamente parlando, dobbiamo dire che Dio non è il primo oggetto della nostra conoscenza, e dire piuttosto che arriviamo a conoscerlo attraverso le creature, secondo l espressione dell Apostolo : «Le cose invisibili di Dio, comprendendosi dalle cose fatte, si rendono visibili». Il primo oggetto conosciuto da noi nello stato della vita presente è invece la quiddità delle cose materiali, oggetto [proprio] del nostro intelletto, come più volte abbiamo spiegato. Sòluzione delle difficoltx: 1. Noi intendiamo e giudichiamo tutte le cose nella luce della prima verità, in quanto che la luce stessa della nostra mente, naturale e gratuita, non è che un impronta della prima verità, come abbiamo già visto. Siccome però per la nostra intelligenza questa stessa luce intellettuale non è l oggetto conosciuto, ma soltanto il mezzo per conoscere, molto meno potrà essere Dio l oggetto primo percepito dal nostro intelletto. 2. L aforisma riportato, «c h i causa in altri una perfezione deve possederla in grado m aggiore», vale per cose che rientrano nello stesso ordine [di causalità], come sopra abbiamo spiegato. Ora, Dio causa la conoscenza di tutte le cose, non come primo oggetto di conoscenza, ma come prima causa delle nostre capacità conoscitive. 3. Se nell anima nostra vi fosse un immagine perfetta di Dio, come il Figlio è l immagine perfetta del Padre, la nostra mente conoscerebbe subito Dio. Invece quell immagine è imperfetta. Quindi l argomento non regge. CONOSCENZA DELLE COSE SUPERIORI 133 camus; ut dicit Augustinus in libro 42 De Trin. [c. 2], et in libro De Vera Relig. [c. 31], Ergo Deus est id quod primo cognoscitur a nobis. 2. P raeterea, «propter quod unumquodque, et illud m agis» [A r is t., 4 Poster., c. 2, lect. 6], Sed Deus est causa omnis nostrae cognitionis : ipse enim est «lux vera, quae illuminat omnem hominem venientem in hunc mundum», ut dicitur Ioan. 1,9. Ergo Deus est id quod primo et maxime est cognitum nobis. 3. P raeterea, id quod primo cognoscitur in imagine, est exemplar quo imago formatur. Sed in mente nostra est Dei imago, ut Augustinus dicit [42 De Trin., cc. 4, 7], Ergo id quod primo cognoscitur in mente nostra est Deus. S ed contra est quod dicitur Ioan. 1,48: «Deum nemo vidit unquam». R espondeo d ic e n d u m quod, cum intellectus humanus, secundum statum praesentis vitae, non possit intelligere substantias immateriales creatas, ut dictum est [a. 1] ; multo minus potest intelligere essentiam substantiae increatae. Unde simpliciter dicendum est quod Deus non est primum quod a nobis cognoscitur ; sed magis per creaturas in Dei cognitionem pervenimus, secundum illud Apostoli ad Rom. 1,20: «Invisibilia Dei per ea quae facta sunt, intellecta, conspiciuntur». Primum autem quod intelligitur a nobis secundum statum praesentis vitae, est quidditas rei materialis, quae est nostri intellectus obiectum, ut multoties supra [q. 84, a. 7 ; q. 85, a. 8 ; q. 87, a. 2, ad 2] dictum est. A d p r im u m ergo dicend um quod in luce primae veritatis omnia intelligimus et iudicamus, inquantum ipsum lumen intellectus nostri, sive naturale sive gratuitum, nihil aliud est quam quaedam impressio veritatis primae, ut supra [q. 12, a. 2, ad 3 ; q. 84, a. 5] dictum est. Unde cum ipsum lumen intellectus nostri non se habeat ad intellectum nostrum sicut quod intelligitur, sed sicut quo intelligitur ; multo minus Deus est id quod primo a nostro intellectu intelligitur. A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod «Propter quod unumquodque, illud m agis», intelligendum est in his quae sunt unius ordinis, ut supra [q. 87, a. 2, ad 3] dictum est. Propter Deum autem alia cognoscuntur, non sicut propter primum cognitum, sed sicut propter primam cognoscitivae virtutis causam. A d t e r t iu m d ic e n d u m quod, si in anima nostra esset perfecta imago Dei, sicut Filius est perfecta imago Patris, statim mens nostra inteli igeret Deum. Est autem imago imperfecta. Unde ratio non sequitur. può essere invece rivolta agli (Mitologisti post-cartesiani ; ma essi sono più lontani dal tomismo (per lermarsi a uno dei tanti sistemi scolastici), che da qualsiasi altro sistema filosofico moderno. 1 Per ribadire questo assioma evangelico, la Chiesa dovette intervenire nel 1861, condannando sette proposizioni tratte dalle opere degli ontologisti (cfr. Denz., 1659 ss.). Il più noto tra i filosofi colpiti era Vincenzo Gioberti.

62 Q U E STIO N E 89 La conoscenza dell anima separata.1 Tratteremo ora della conoscenza che ha l anima separata [dal corpo]. Sono otto i quesiti da risolvere: 1. Se l anima separata dal corpo possa compiere atti d intellezione ; 2. Se conosca le sostanze separate ; 3. Se conosca tutta la realtà fìsica ; 4. Se conosca i singolari ; 5. Se nell anima rimangano gli abiti di scienza acquistati in vita ; 6. Se l anima possa servirsi di questi abiti ; 7. Se la lontananza nello spazio impedisca la conoscenza dell anima separata; 8. Se le anime separate dai corpi conoscano gli avvenimenti di questo mondo. Q U A E S T IO 89 De cognitione animae separatae in od o arliculos divisa. Deinde considerandum est de cognitione animae separatae. Et circa hoc quaeruntur octo. Primo : utrum anima separata a corpore possit intelligere. Secundo: utrum intelligat substantias separatas. Tertio: utrum intelligat omnia naturalia. Quarto: utrum cognoscat singularia. Quinto : utrum habitus scientiae hic acquisitae remaneat in anima separata. Sexto : utrum possit uti habitu scientiae hic acquisitae. Septimo : utrum distantia localis impediat cognitionem animae separatae. Octavo : utrum animae separatae a corporibus cognoscant ea quae hic aguntur. ARTICOLO 1 Se l anima separata possa avere l intellezione di qualche cosa. S em bra che l anima separata non possa avere l intellezione di nessuna cosa. Infatti: 1. Il Filosofo insegna che «l intellezione perisce in seguito alla perdita di un qualche organo interiore». Ora, tutti gli organi interiori dell uomo periscono con la morte. Dunque perisce anche l intellezione. 2. L anima umana, come abbiamo già visto, è impedita nella sua attività intellettiva dall inerzia dei sensi, e dalla perturbazione dell immaginativa. Ma si è anche detto che con la morte vengono distrutti totalmente e i sensi e l immaginazione. Dunque l anima dopo la morte non ha intellezione alcuna..3. Se l anima separata avesse la conoscenza intellettiva, bisognerebbe che conoscesse usando specie intenzionali. Ora, non può servirsi di specie innate, perchè inizialmente essa è «come una tavoletta in cui non c è scritto niente» ; e non può servirsi di specie direttamente astratte dalle cose, perchè manca degli organi dei sensi e dell immaginazione, che sono i mezzi necessari per l astrazione delle specie intenzionali. Neppure sarà in condizione di ricorrere alle specie intenzionali astratte in precedenza, perchè allora l anima del bambino non potrebbe conoscere niente dopo la morte. E neppure potrà servirsi di specie intenzionali, avute per infusione da D io; poiché una tale conoscenza non rientrerebbe nell ordine naturale di cui discutiamo, ma in quello della grazia. Dunque l anima separata dal corpo non può conoscer niente. In contrario : Dice il Filosofo che «se non esiste un operazione * A prima vista la questione potrebbe sembrare addirittura stratosferica, come certe curiosità degli scrittori medioevali. Ma S. Tommaso non si lascia trasportare ARTICULUS 1 Utrum anima separata aliquid intelligere possit. 3 Seni., d. 31, q. S, a. 4; 4, d. 50, q. 1, a. 1 ; ì Coni. Gent., a. 81 ; De Verit., q. 19, a. 1 j De Anima, a. 15 ; Quodlib. 3, a. 9, a. 1. A d p r i m u m sic proceditur. Videtur quod anima separata nihil omnino intelligere possit. Dicit enim Philosophus, in / De Anima [c. 4, lect. 10], quod.«intelligere corrumpitur, interius quodam corrupto». Sed omnia interiora hominis corrumpuntur per mortem. ETgo et ipsum intelligere corrumpitur. 2. Piueterea, anima humana impeditur ab intelligendo peir ligamentum sensus, et perturbata imaginatione, sicut supra [q. 84, aa. 7, 8] dictum est. Sed morte totaliter sensus et imaginatio corrumpuntur, ut ex supra [q. 77, a. 8] dictis patet. Ergo anima post mortem nihil intelligit. 3. P raeterea, si anima separata intelligit, oportet quod per aliquas species intelligat. Sed non intelligit per species innatas: quia a principio est «sicu t tabula in qua nihil est scriptum» [A rist., 3 De Anima, c. 4, lect. 9], Neque per species quas abstrahat a rebus: quia non habet organa sensus et imaginationis, quibus mediantibus species intelligibiles abstrahuntur a rebus. Neque etiam per species prius abstractas, et in anima conservatasi quia sic anima pueri nihil intelligeret post mortem. Neque etiam per species intelligibiles divinitus infiuxas: haec enim cognitio non esset naturalis, de qua nunc agitur, sed gratiae. Ergo anima separata a corpore nihil intelligit. Sed contra est quod Philosophus dicit, in '1 De Anima [c. 1, lect. 2], dalla fantasia ; e ce ne accorgiamo subito. Egli ha visto le difficoltà di una sopravvivenza dello spirito umano, specialmente per la sua teoria generale della conoscenza, e non ha voluto ignorarle. Le soluzioni da lui tentate, nella loro intrinseca ragionevolezza, sono una riprova a favore del suo sistema filosofico, e delle teorie psicologiche esposte nelle questioni precedenti.

63 136 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, a. 1 propria dell anima, non può avvenire che essa si separi». Ora invece avviene che essa si separa dal corpo. Dunque l anima ha una sua operazione specifica; e questa sarà principalmente l intellezione. Perciò l anima può conoscere intellettualmente nello stato di separazione dal corpo. R ispo n d o : La difficoltà della presente questione dipende dal fatto che l anima, finché è unita al corpo, non può intendere nulla senza volgersi ai fantasmi, come risulta dall esperienza. Se ciò non dipendesse dalla natura dell anima, ma solo dal fatto accidentale di essere legata al corpo, come pensavano i platonici, tutto si risolverebbe facilmente. Allora, una volta eliminato l impedimento del corpo, l anima ritornerebbe alla sua natura, cioè tornerebbe a percepire gli intelligibili puri, senza bisogno di volgersi ai fantasmi, come avviene per le altre sostanze separate. Però in questo caso non sarebbe unita al corpo a vantaggio dell anima stessa, poiché la sua intellezione sarebbe peggiore nello stato di unione che in quello di separazione; ma l unione avverrebbe solo a vantaggio del corpo: cosa irragionevole, essendo la materia subordinata alla forma, e non viceversa.1- Ma se ammettiamo che l anima deve alla propria natura l esigenza di conoscere volgendosi ai fantasmi, siccome la natura dell anima non muta per la morte del corpo, sembra logico che l anima non possa più conoscer nulla naturalmente, allorché non avrà più a disposizione dei fantasmi a cui volgersi. Per eliminare questa difficoltà bisogna riflettere che ogni cosa opera soltanto in quanto è in atto; perciò il modo di operare di ciascuna cosa corrisponde al modo di essere della medesima. Ora, è diverso il modo di essere dell anima quando è unita al corpo e quando ne è separata, sebbene resti identica la sua natura. L a sua unione col c.orpo però non è per essa accidentale, poiché l anima è unita al corpo in forza della sua natura ; così la natura del corpo leggero non muta quando dal suo luogo naturale passa a un altro che non gli compete per natura. Perciò, quando l anima si trova nel suo stato di unione col corpo, le compete il modo di intendere mediante la riflessione sui fantasmi delle cose corporee, presenti negli organi di senso ; quando invece sarà separata dal corpo, allora le competerà l intellezione che si effettua volgendosi alle cose che sono intelligibili per essenza, come avviene per le altre sostanze separate. Perciò l intellezione mediante la riflessione sui fantasmi è naturale per l anima, come lo è la sua unione col corpo: mentre l esistenza separata dal corpo non è conforme alla sua natura,2 così pure non è cosa naturale per l anima conoscere senza volgersi ai fantasmi. Quindi l anima è unita al corpo per avere un esistenza e un operazione conforme alla sua natura. Ma qui sorge una nuova difficoltà. L a natura infatti è sempre ordinata al meglio ; ora, è certamente meglio conoscere volgendosi alle cose essenzialmente intelligibili, che ai fantasmi ; Dio quindi avrebbe dovuto formare la natura dell anima in maniera da renderle naturale il processo conoscitivo più nobile, senza costringerla per questo alfunione col corpo. 1 I/Aqulnate ha combattuto la teoria platonica, non solo perchè contraria all esperienza, ma anche per questa sua Irragionevole Impostazione del rapporti tra anima e corpo. Qui non è soltanto questione di gnoseologia, ma di metafisica. LA CONOSCENZA D ELL A N IM A SEPARATA 137 quod «si non est aliqua operationum animae propria, non contingit ipsam separarti». Contingit autem ipsam separari. Ergo habet aliquam operationem propriam ; et maxime eam quae est intelligere. Intelligit ergo sine corpore existens. R espondeo d ic e n d u m quod ista quaestio difficultateon habet ex hoc quod anima, quandiu est corpori coniuncta, non potest aliquid intelligere nisi convertendo se ad phantasmata, ut per experimentum patet. Si autem hoc non est ex natura animae, sed per accidens hoc convenit ei ex eo quod corpori alligatur, sicut Platonici posuerunt, de facili quaestio solvi posset. Nam remoto impedimento corporis, rediret anima ad suam naturam, ut intelligeret intelligibilia simpliciter, non convertendo se ad phantasmata, sicut est de aliis substantiis separatis. Sed secundum hoc, non esset anima corpori uhita propteir melius animae, si peius intelligeret corpori unita quam.separata ; sed hoc esset sohrrn propter melius corporis : quod est irrationabile, cum materia sit propter formam, et non e converso. - Si autem ponamus quod anima ex sua natura habeat ut intelligat convertendo se ad phantasmata, cum natura animae per mortem corporis non mutefeur, videtur quod anima naturaliter nihil possit intelligere, cum non sint ei praesto phantasmata ad quae convertatur. Et ideo ad hanc difficultatem tollendam, considerandum est quod, cum nihil operetur nisi inquantum est actu, modus operandi uniuscuiusque rei sequitur modum essendi ipsius. Habet. autem anima alium modum essendi cum unitur corpori, et cum fuerit a corpore separata, manente tamen eadem animae natura ; non ita quod uniri corpori sit ei accidentale, sed per rationem suae naturae corpori unitur ; sicut nec levis natura mutatur cum est in loco proprio, quod est ei naturale, et cum est extra proprium locum, quod est ei praeter naturam. Animae igitur secundum illum modum essendi quo corpori est unita, competit modus intelligendi per conversionem ad phantasmata corporum, quae in corporeis organis sunt : cum autem fuerit a corpore separata, competit ei modus intelligendi per conversionem ad ea quae sunt intelligibilia simpliciter, sicut et aliis substantiis separatis. Unde modus intelligendi per conversionem ad phantasmata est animae naturalis, sicut et corpori uniri: sed esse separatum a corpore est praeter rationem suae naturae, et similiter intelligere sine conversione ad phantasmata est ei praeter naturam. Et ideo ad hoc unitur corpori, ut sit et operetur secundum naturam suam. Sed hoc rursus habet dubitationem. Cum enim natura semper ordinetur ad id quod melius est; est autem melior modus intelligendi per conversionem ad intelligibilia simpliciter, quam per conversionem ad phantasmata : debuit sic a Deo institui animae natura, ut modus intelligendi nobilior ei esset naturalis, et non indigeret corpori propter hoc uniri. 2 L espressione della Somma Teologica,» praeter naturam», corrisponde a quella usata nel libro i della Contra Genllles (c. 79), «contra naturam». In quest'ultimo caso la (rase è più forte anche perchè lo stato anormale dell anima separata serve a comprovare razionalmente la risurrezione finale dei corpi. «Niente che è contrario alla natura può durare in perpetuo ; quindi l anima non resterà sempre divisa dal corpo» (cfr. Summa Contra Gentlles, trad. Puccettl, Torino, 1930 voi. 2 p. 591).

64 138 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, a. 1 Dobbiamo perciò considerare che, sebbene l intellezione mediante gli intelligibili superiori sia più nobile di quella che sa può avere ricorrendo ai fantasmi, tuttavia quel primo processo intellettivo per le capacità dell anima sarebbe risultato meno perfetto. Eccone la spiegazione. La virtù intellettiva presente nelle sostanze intellettuali si deve a una partecipazione della luce divina. Questa luce, dunque, è una e semplice nel primo principio; ma quanto più le creature intellettuali sono distanti da esso, tanto maggiormente quella luce si suddivide e si diversifica, come accade per le linee che si allontanano dal centro. Avviene così che Dio conosce tutte le cose mediante la sua sola essenza ; mentre le sostanze intellettuali più alte, conoscono servendosi di un certo numero di forme intenzionali. Tuttavia queste ultime sono meno numerose, più universali e più efficaci come rappresentazioni delle cose, a causa della maggiore capacità intellettiva dei soggetti in cui si trovano. Le forme intenzionali poi, che si trovano nelle sostanze intellettive più basse, sono più numerose, meno universali e meno efficaci come rappresentazioni delle cose, perchè i loro soggetti non raggiungono la virtù intellettiva delle sostanze superiori. Se dunque le sostanze inferiori ricevessero delle forme intenzionali in quella universalità in cui si trovano nelle sostanze superiori, non avendo esse una virtù intellettiva corrispondente, non ne ricaverebbero una conoscenza perfetta delle cose, ma soltanto generica e confusa. Il fatto si può constatare in qualche modo anche negli uomini ; infatti chi ha una intelligenza modesta non arriva a farsi un idea chiara delle cose mediante i concetti più universali avuti da persone meglio dotate, ma bisogna spiegargli le cose una per una. - Ora, è evidente che neil ordine di natura le anime umane sono le sostanze intellettuali più basse. E ciò era richiesto dalla perfezione dell universo, affinchè non mancassero le varie gerarchie degli esseri. Perciò, se le anime umane fossero state create da Dio per avere un intellezione come quella delle sostanze separate, non avrebbero avuto una conoscenza perfetta, ma confusa e generica. Quindi, affinchè potessero avere una conoscenza perfetta e appropriata delle cose, fu loro data una struttura naturale fatta per l unione col corpo, e per ricavare dalle cose sensibili una conoscenza appropriata delle medesime ; come capita alla gente ignorante che ha bisogno di esempi sensibili per capire una nozione sciehtiflca.1 E evidente perciò che l anima è unita al corpo a proprio vantaggio, e per conoscere mediante i fantasmi ; tuttavia può esistere separata dal corpo, e avere un processo intellettivo diverso. S o l u z io n e delle d if f ic o l t à : 1, 2. Se si analizzano attentamente le parole del Filosofo, vediamo che esse sono legale all ipotesi, da lui fatta in precedenza, secondo la quale l intellezione sarebbe un atto del composto [di anima e corpo] come la sensazione. Egli infatti non aveva ancora dimostrato la differenza tra l intelletto e il senso. Si potrebbe anche rispondere che egli parla di quell intellezione che è legata alla riflessione sui fantasmi. - Anche la Seconda di'/jìcoltà parte da questo tipo di conoscenza. 1 La soluzione del problema ha posto in luce un aspetto del fatto conoscitivo, che ordinariamente viene trascurato. Si pensa spesso che la conoscenza somigli mollo a ima ripresa fotografica ; e invece non si tratta di impressione, quanto LA CONOSCENZA D E LL A N IM A SEPARATA 139 Considerandum est igitur quod, etsi intelligere per conversionem ad superiora sit simpliciter nobilius quam intelligere per conversionem ad phantasmata ; tamen ille modus intelligendi, prout erat possibilis animae, erat imperfectior, Quod sic patet. In omnibus enim substantiis intellectualibus invenitur virtus intellectiva per influentiam divini luminis. Quod quidem in primo principio est unum et simplex ; et quanto magis creaturae intellectuales distant a primo principio, tanto magis dividitur illud lumen et diversiflcatur, sicut accidit in lineis a centro egredientibus. Et inde est quod Deus per unam suam essentiam omnia intelligit; superiores autem intellectualium substantiarum, etsi per plures formas intelligant, tamen intelligunt per pauciores, et magis universales, et virtuosiores ad comprehensionem rerum, propter efficaciam virtutis intellectivae quae est in eis ; in inferioribus autem sunt formae plures, et minus universales, et minus efficaces ad comprehensionem rerum, inquantum deficiunt a virtute intellectiva superiorum. Si ergo inferiores substantiae haberent formas in illa universalitate in qua habent superiores, quia non sunt tantae efficaciae in intelligendo, non acciperent per eas perfectam cognitionem de rebus, sed in quadam communitate et confusione. Quod aliqualiter apparet in hominibus : nam qui sunt debilioris intellectus, per universales conceptiones magis intelligentium non accipiunt perfectam cognitionem, nisi eis sdngula in speciali explicentur. - Manifestum est autem inter substantias intellectuales, secundum naturae ordinerai, infimas esse animas humanas. Hoc autem perfectio universi exigebat, ut diversi gradus in rebus essent. Si igitur animae humanae sic essent institutae a Deo ut intelligerent per modum qui competit substantiis separatis, non haberent cognitionem perfectam, sed confusam in communi. Ad hoc ergo quod perfectam et propriam cognitionem de rebus habere pòssent, sic naturaliter sunt institutae ut corporibus uniantur, et sic ab ipsis rebus sensibilibus propriam de eis cognitionem accipiant ; sicut homines rudes ad scientiam induci non possunt nisi per sensibilia exempla. Sic ergo patet quod propter melius animae est ut corpori uniatur, et intelligat per conversionem ad phantasmata ; et tamen esse potest separata, et alium modum intelligendi habere. Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod, si diligenter verba Philosophi discutiantur, Philosophus hoc dixit ex quadam suppositione prius [loco cit. in arg.] facta, scilicet quod intelligere sit quidam motus coniuncti, sicut et sentire: nondum enim differentiam ostenderat inter intellectum et sensum. Vel potest dici quod loquitur de ilio modo intelligendi qui est per conversionem ad phantasmata. - De quo etiam procedit secunda ratio. piuttosto di percezione. Quello che più conta non è l Immagine, l impressione o l idea ; poiché questi sono soltanto mezzi nell operazione conoscitiva. Quello che soprattutto bisogna considerare è l'utilizzazione di questi mezzi da parte di quell atto vitale e indescrivibile, che permette al conoscente il possesso intenzionale dell'oggetto. Questo atto sarà più o meno intenso, più o meno profondo, a seconda della natura del conoscente. Si comprende allora come possa non giovare a un intelligenza più modesta l immagine eidetica universalissima di cui si serve un intelligenza superiore; come non possono giovare a un ignorante le formule algebriche di un matematico.

65 140 L A SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, aa L anima separata non intende servendosi di specie intenzionali innate, nè di specie avute per astrazione diretta, e neppure di quelle sole che conserva, come la difficoltà vorrebbe far credere ; ma servendosi di quelle che le vengono infuse e comunicate dalla luce divina, di cui l anima diventa partecipe, come le altre sostanze separate, sebbene in grado inferiore. Cosicché appena cessa di mirare verso il mondo corporeo, subito si volge verso le realtà superiori. Tuttavia non si dica che la sua conoscenza non è naturale, perchè da Dio dipende l infusione non soltanto della luce di grazia, ma anche della luce [intellettiva] naturale. L A CONOSCENZA D ELL A N IM A SEPARATA 141 A d te r t iu m d ic end um quod anima separata non intelligit per species innatas ; nec per species quas tunc abstrahìt ; nec solum per species con^ervatas, ut obiectio probat : sed per species ex influentia divini lumiais participatas, quarum anima fìt particeps sicut et aliae substantiae separatae, quamvis inferiori modo. Unde tam cito cessante conversione ad corpus, ad superiora convertitur. Nec tamen propter hoc cognitio non est naturalis: quia Deus est auctor non solum influentiae gratuiti luminis, sed etiam naturalis. ARTICOLO 2 Se l anima separata conosca le sostanze separate.1 S em bra che l anima separata non conosca le sostanze separate. Infatti : 1. E più perfetta l'anima, quando è unita al corpo, che quando ne è separata; poiché l anima è per essenza una parte della natura umana ; e ogni parte è perfetta quando sta nel suo tutto. Ma l anima umana quando è unita al corpo non conosce le sostanze separate, come abbiamo visto. Molto meno, dunque, le conoscerà nello stato di separazione dal corpo. 2. Ogni oggetto viene conosciuto, o in forza della sua presenza, o in forza di una sua specie intenzionale. Ora, le sostanze separate non possono essere conosciute dall anima, nè con la loro presenza, perchè soltanto Dio penetra così nell anima ; nè per mezzo di specie intenzionali ricavate per astrazione dagli angeli, essendo gli angeli più semplici dell'anima. In nessun modo dunque l anima separata può conoscere le sostanze separate. 3. Alcuni filosofi hanno pensato che l ultima beatitudine dell uomo consista nella conoscenza delle sostanze separate. Se, quindi, l anima nello stato di separazione potesse conoscere tali sostanze, raggiungerebbe la beatitudine per il solo fatto che si separa dal corpo. Il che è inammissibile. In c o n t r a r io: Le anime separate conoscono le altre anime separate ; infatti il ricco posto nell inferno vide Lazzaro e Abramo. * Dunque esse vedono anche i demoni e gli angeli. R is p o n d p : S. Agostino insegna che «la nostra mente ricava da se medesima la scienza delle cose spirituali», cioè dalla conoscenza di se medesima, come abbiamo visto. Partendo perciò dalla conoscenza che l anima separata ha di se stessa, possiamo desumere in che modo conosce le altre sostanze separate. Ora, si è detto che l anima, fino a che è unita al corpo, esplica la sua attività intellettiva volgendosi ai fantasmi. Per conseguenza essa è in grado di 1 «Sostanze separate» sono propriamente gli angeli. Ma qui si parla in genere della conoscibilità degli spiriti creati, a cominciare dall anima stessa nello stato di separazione dal suo corpo. 2 La parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro fa le spese di una buona metà degli argomenti in contrario che troveremo nella questione. È facile comprenderne il perchè. In essa si descrivono gli atti conoscitivi di un'anima sepa- ARTICULUS 2 Utrum anima separata intelligat substantias separatas. S Coni. Geni., c. 45 : De Anima, a. 17 ; Quodlib. 3, q. 9, a. 1. A d s e c u n d u m sic proceditur. Videtur quod anima separata non intelligat substantias separatas. Perfectior enim est anima corpori coniuncta, quam a corpore separata: cum anima sit naturaliter pars humanae naturae ; quaelibet autem pars perfectior est in suo toto. Sed anima coniuncta corpori non intelligit substantias separatas, ut supra [q. 88, a. 1] habitum est. Ergo multo minus cum fuerit a corpore separata. 2. P r a e t e r e a, omne quod cognoscitur, vel cognoscitur per sui praesentiam, vel per suam speciem. Sed substantiae separatae non possunt cognosci ab anima per suam praesentiam : quia nihil illabitur animae nisi solus Deus. Neque etiam per aliquas species quas anima ab angelo abstrahere possit: quia angelus simplicior est quam anima. Ergo nullo modo anima separata potest cognoscere substantias separatas. 3. P raeterea, quidam philosophi posuerunt in cognitione separatarum substantiarum consistére ultimami hominis felicitatem. Si ergo anima separata potest intelligere substantias separatas, ex sola sua separatione consequitur felicitatem, Quod est inconveniens. Sed contra est quod animae separatae cognoscunt alias animas separatas ; sicut dives in inferno positus vidit Lazarum et Abraham, Lue. 16,23. Ergo vident etiam et daemones et angelos animae separatae. R espondeo dicend um quod, sicut Augustinus dicit in 9 De Trin. [c. 3] : «Mens nostra cognitionem rerum incorporearum per seipsam accipit», idest cognoscendo seipsam, sicut supra [q. 88, a. 1, ad 1] dictum est. Per hoc ergo quod anima separata cognoscit seipsam, accipere possumus qualiter cognoscit alias substantias separatas. Dictum est autem [a. praec. ; q. 84, a. 7] quod quandiu anima corpori rata, la quale non è stata elevata alla cognizione soprannaturale per mezzo del lumen gloriae, che appartiene ai beati. Gli atti conoscitivi dei trapassati che si trovano in Paradiso non interessano, quando vogliamo indagare sulla condizione naturale della intelligenza umana nello stato di separazione. - Va tenuto presente che per molti esegeti, antichi specialmente, il racconto evangelico non sarebbe semplicemente una parabola, ma una narrazione storica. Di qui il suo valore di prova teologica. D altra parte è bene non dimenticare che l argomento in contrarlo di suo non è un argomento che l Autore considera valido senza riserva alcuna.

66 142 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q, 89, aa. 2-3 conoscere se medesima solo in quanto ha un intellezione attuale mediante una specie intellettiva astratta dai fantasmi : ed è così che conosce se stessa mediante il suo atto, come abbiamo spiegato. Ma una volta separata dal corpo l'anima non conoscerà più volgendosi ai fantasmi, bensì volgendosi a quelle entità che sono intelligibili per se stesse, e quindi conoscerà se stessa in se stessa.1 - Ora è comune a tutte le sostanze separate «conoscere conforme alla loro natura, tanto ciò che è al disopra di esse, quanto ciò che è al disotto» ; infatti una cosa è conosciuta perchè viene a trovarsi nel conoscente ; d altra parte ciò che è ricevuto segue le condizioni del soggetto ricevente. Ora, la condizione di natura dell anima separata è inferiore a quella delle nature angeliche, mentre è conforme a quella delle altre anime separate. Perciò l anima ha una conoscenza perfetta delle anime separate, degli angeli invece 1 ha imperfetta e difettosa, fermandoci sempre alla sola conoscenza naturale. Per la conoscenza invece nello stato di gloria è diverso. So lu z io n i: delle d iffic o ltà: 1. L anima nello stato di separazione è certamente più imperfetta, se si considera che i suoi legami col corpo sono naturali ; però sotto un certo aspetto ha una maggiore libertà di intellezione, perchè il peso e le occupazioni del corpo impediscono una intellezione perfettamente pura, 2. L anima separata conosce gli angeli per mezzo di specie intenzionali infuse in essa da Dio. Queste tuttavia non arrivano a una perfetta rappresentazione di essi, perchè la natura dell anima è inferiore a quella dell angelo. 3. L ultima felicità dell uomo non consiste nella conoscenza delle sostanze separate, quali che siano, ma di Dio soltanto, il quale non può esser veduto che nell ordine della grazia. Così pure è una grande felicità, anche se non l ultima, conoscere le altre sostanze separate, se però si tratta di una conoscenza perfetta. Ma abbiamo visto ora che l anima separata non può conoscerle perfettamente con la sua cognizione naturale, LA CONOSCENZA D E LL A N IM A SEPARATA 143 est unita, intelligit convertendo se ad phantasmata. Et ideo nec seipsam potest intelligere nisi inquantum fit actu intelligens per speciem a phantasmatibus abstractam: sic enim per actum suum intelligit seipsam, ut supra [q. 87, a. 1] dictum est. Sed cum fuerit a corpore separata, intelliget non convertendo se ad phantasmata, sed ad ea quae sunt secundum se intelligibilia : unde seipsam per seipsam intelliget. - Est autem commune omni substantiae separatae quod «intelligat id quod est supra se, et id quod est infra se, per modum suae substantiae» [De Causis, prop. 8, lect. 8] : sic enim intelligitur aliquid secundum quod est in intelligente; est autem aliquid in altero per modum eius in quo est. Modus autem substantiae animae separatae est infra modum substantiae angelicae, sed est conformis modo aliarum animarum separatarum. Et ideo de aliis animabus separatis perfectam cognitionem habet ; de angelis autem imperfectam et defìcientem, loquendo de cognitione naturali animae separatae. De cognitione autem gloriae est alia ratio. A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod anima separata est quidem imperfectior, si consideretur natura qua communicat cum natura corporis: sed tamen quodàmmodo est liberior ad intelligendum, inquantum per gravedinem et occupationem corporis a puntate intelligentiae impeditur. Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod anima separata intelligit angelos per similitudines divinitus impressas. Quae tamen deficiunt. a perfecta repraesentatione eorum, propter hoc quod animae natura est inferior quam angeli. Ad t e r t iu m d ic e n d u m quod in cognitione substantiarum separatarum non quarumoumque, consistit ultima hominis felicitas, sed solius Dei, qui non potest videri nisi per gratiam. In cognitione vero aliarum'substantiarum separatarum est magna felicitas, etsi non ultima, si tamen perfecte intelligantur. Sed anima separata naturali cognitione non perfecte eas intelligit, ut dictum est [in corp.]. ARTICOLO 3 Se l anima separata conosca tutta la realtà fisica. Sembra che l anima separata conosca tutta la realtà fìsica. Infatti : 1. Nelle sostanze separate si trovano le ragioni di tutte le cose fìsiche. Ma le anime separate conoscono tali sostanze. Dunque esse conoscono tutta la realtà fisica. 2. Chi conosce gli intelligibili più alti, a maggior ragione conoscerà gli intelligibili meno elevati. O ra'l anima nello stato di separazione conosce le sostanze separate, che sono gli intelligibili più elevati. Dunque a maggior ragione potrà conoscere tutti gli esseri fisici che sono intelligibili meno alti. 1 I tomisti si sono preoccupati di precisare che In questo caso l anima non ha bisogno di una specie impressa, distinta da se medesima ; perchè ogni forma di ordine Intellettuale, che sia sussistente, è per ciò stesso autocosciente (cfr. 7, q. 66, a. I ; De Verlt., q. 8, a. 6; 1 Coni. Gent., c. 98, ecc.). E vero che l'intelletto non ARTICULU S 3 Utrum anima separata omnia naturalia cognoscat. De Anima, a. 18. Ad t e r t iu m s ic p r o c e d it u r. Videtur quod anima separata omnia naturalia cognoscat. In substantiis enim separatis sunt rationes omnium rerum naturalium. Sed animae separatae cognoscunt substantias separatas. Ergo cognoscunt omnia naturalia. 2. P raeterea, qui intelligit magis intelligibile, multo magis potest intelligere minus intelligibile. Sed anima separata intelligit substantias separatas, quae sunt maxima intelligibilium. Ergo multo magis potest intelligere omnia naturalia, quae sunt minus intelligibilia. è l anima stessa, però è da notarsi che in una natura attualmente intelligibile, l intelletto non risulta facoltà in potenza, ma in atto, attuata cioè dalla stessa natura intelligibile in cui è radicata, «magisque intimius formatus illa quam quacutnque intentionali specie» (C a j e t a n u s, in I, q. 56, a. 1, n. IX). In sostanza, nello stato di separazione l anima si trova nella condizione di un angelo.

67 144 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, aa. 3-4 In contrario : La conoscenza naturale è più forte nei demoni che nelle anime separate. Ora, i demoni non conoscono tutta la realtà fisica ; ma apprendono molte cose mediante una lunga esperienza, come afferma S. Isidoro. Quindi neppure le anime separate conoscono tutta la realtà fisica. 2. Inoltre : se l anima, appena separata dal corpo, conoscesse tutte le cose del mondo fisico, sarebbe inutile lo studio degli uomini per l acquisto delle scienze naturali. Ma ciò è irragionevole. Dunque l anima separata non può conoscere tutta la realtà fìsica. R isp o n d o : Abbiamo già detto che nello stato di separazione l anima conosce come gli angeli, per mezzo di specie intenzionali dovute all infusione della luce divina. Siccome però la natura dell'anima è inferiore a quella dell angelo, al quale un tal modo di conoscere è connaturale, l anima separata per mezzo di quelle specie non raggiunge una conoscenza perfetta delle cose, ma una cognizione piuttosto generica e confusa.1 In forza, quindi, di tali specie intenzionali, l anima separata sta alla conoscenza imperfetta e confusa della realtà fisica, come gli angeli in forza delle medesime stanno alla conoscenza perfetta. Ora, gli angeli per mezzo di quelle specie possiedono una conoscenza perfetta di tutti gli esseri fìsici ; poiché, al dire di S. Agostino, tutto ciò che Dio crea nella sua realtà fìsica, lo crea pure nelle intelligenze angeliche. Perciò le anime separate avranno una conoscenza, non certa e appropriata, ma generica e confusa, di tutta la realtà fìsica. S o l u z io n e d elle d if f ic o l t à : li Neppure gli angeli conoscono tutta la realtà fisica mediante la loro natura, ma si servono di un certo numero di specie intenzionali, come fu già dimostrato. Perciò dal fatto che l'anima conosce in qualche modo le sostanze separate, non ne segue che conosca tutti gli esseri del mondo fìsico. 2. Come l anima separata non conosce perfettamente le sostanze separate, così non conosce perfettamente neppure tutte le cose naturali, ma le conosce in confuso, come abbiamo spiegato. 3. S. Isidoro parla della cognizione delle cose future, che nè gli angeli nè i demoni, nè le anime separate possono conoscere direttamente, ma soltanto nelle loro cause, o mediante una rivelazione d i vina. Noi invece parliamo qui della conoscenza degli esseri fìsici. 4. La conoscenza che acquistiamo quaggiù con lo studio è appropriata e perfetta; quella dell aldilà invece è confusa. Non ne viene perciò che l applicazione allo studio sia inutile. LA CONOSCENZA D ELL A N IM A SEPARATA 145 S ed contra, in daemonibus magis viget naturalis cognitio quam in anima separata. Sed daemones non omnia naturalia cognoscunt ; sed multa addiscunt per longi temporis experientiam, ut Isidorus dicit [1 Sententiarum, c. 10]. Ergo neque animae separatae omnia naturalia cognoscunt. P raeterea, si anima statim cum est separata, omnia naturalia cognosceret, frustra homines studerent ad rerum scientiam capessendam. Hoc autem est inconveniens. Non ergo anima separata omnia naturalia cognoscit. R espondeo d ic e n d u m quod, sicut supra [a. 1, ad 3] dictum est, anima separata intelligit per species quas recipit ex influentia divini luminis, sicut et angeli: sed tamen, quia natura animae est infra naturam angeli, cui iste modus cognoscendi est connaturalis, anima separata per huiusmodi species non accipit perfectam rerum cognitionem, sed quasi in communi et confusam, Sicut igitur se habent angeli ad perfectam cognitionem rerum naturalium per huiusmodi species, ita animae separatae ad imperfectam et confusam. Angeli autem per huiusmodi species cognoscunt cognitione perfecta omnia naturalia: quia omnia quae Deus fecit in propriis naturis, fecit in intelligentia angelica, ut dicit Augustinus, 2 Super Gen. ad litt. [c. 8], Unde et animae separatae de omnibus naturalibus cognitionem habent, non certam et propriam, sed communem et confusam. A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod nec ipse angelus per suam substantiam cognoscit omnia naturalia, sed per species quasdam, ut supra [q. 55, a. 1 ; q. 87, a. 1] dictum est. Et ideo non propter hoc sequitur quod anima cognoscat omnia naturalia, quia cognoscit quoquo modo substantiam separatam. A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod, sicut anima separata non perfecte intelligit substantias separatas, ita nec omnia naturalia perfecte cognoscit, sed sub quadam confusione, ut dictum est [in corp.]. A d t e r t iu m d icend um quod Isidorus loquitur de cognitione futurorum ; quae nec angeli nec daemones nec animae separatae cognoscunt, nisi vel in suis causis, vel per revelationem divinam. Nos autem loquimur de cognitione naturalium. Ad q u a r t u m d ic e n d u m quod cognitio quae acquiritur hic per studium, est propria et perfecta ; illa autem est confusa, Unde non sequitur quod studium addiscendi sit frustra. ARTICOLO 4 Se l anima separata conosca i singolari.3 ARTICULUS 4 Utrum anima separata cognoscat singularia. 4 Sent., d. 50, q. 1, a. 3 j De Verlt., q. 19, a. 8 ; De Anima, a. 20. S em bra che l anima separata non conosca i singolari. Infatti: 1. Come si è visto, nell anima separata non rimane altra potenza conoscitiva che l intelletto. Ora, l intelletto non può conoscere i sin- Ad q u a r t u m sic proceditur. Videtur quod anima separata non cognoscat singularia. Nulla enim potentia cognoscitiva remanet in anima separata nisi intellectus, ut ex supra [q. 77, a. 8] dictis patet. 1 II principio risolutivo è quello elaborato con tanta maestria neu articolo primo della questione, che deve essere perciò considerato un elemento chiave della gnoseologia tomistica. a Se vogliamo, l'articolo non è che un appendice del precedente. Anche qui Infatti si parla della conoscenza del mondo fisico ; ma la realtà materiale, nella sua concretezza, presenta difficoltà particolarissime per chi, come S. Tommaso, con-

68 146 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, a. 4 golari, secondo una tesi dimostrata in precedenza. Dunque l'anima separata non conosce i singolari. 2. E più determinata la conoscenza, la quale ha per oggetto i singolari, che quella avente per oggetto delle cose universali. Ma l anima separata non può conoscere in maniera determinata neppure le specie degli esseri fìsici. Molto meno dunque può conoscere i singolari. 3. Se conoscesse ì singolari senza servirsi dei sensi, per questo dovrebbe conoscerli tutti. Ora, è certo che tutti non li conosce. Dunque non ne conosce alcuno. I n contrario : Leggiamo in S. Luca che il ricco posto nell inferno diceva: «H o cinque fratelli». R is p o n d o : Le anime separate conoscono dei singolari, ma non tutti. Anzi, neppure tutti quelli del presente. Per comprendere ciò bisogna considerare che l intelletto può conoscere in due modi. Primo, mediante l astrazione dai fantasmi: e si è già visto che questo modo non permette all intelletto di conoscere direttamente, ma solo indirettamente, i singolari. Secondo, mediante un infusione di specie intenzionali da parte di Dio : e questo modo dà all intelletto la facoltà di conoscere i singolari. Infatti, come Dio conosce tutti gli universali e tutti i singolari nella propria essenza, la quale è appunto causa di tutti i principii delle cose universali e di quelle singolari, come abbiamo già spiegato, così le sostanze separate possono conoscere i singolari mediante specie intenzionali, che sono immagini partecipate dell essenza divina.1 V i è però questa differenza tra gli angeli e le anime : gli angeli dalle specie suddette ricavano una conoscenza perfetta e appropriata delle cose, le anime separate invece ne ricavano una conoscenza confusa. Perciò gli angeli per il vigore della loro intelligenza sono in grado di conoscere, servendosi di tali idee, non soltanto la natura specifica delle cose, ma anche i singolari contenuti nelle varie specie. Invece le anime separate, servendosi delle idee infuse, possono conoscere soltanto quei singolari, in rapporto ai quali hanno una certa determinazione ; e questa può dipendere, o da una conoscenza precedente, o da una disposizione affettiva, o da un rapporto naturale, o da una disposizione divina. Infatti tutto quello che viene ricevuto in un soggetto assume in esso una determinazione, conforme al modo di essere del ricevente.a S o l u z io n e delle d if f ic o lt à : 1. L intelletto non può conoscere i singolari mediante il processo di astrazione. Ma, come si è visto, non è questo il modo di conoscere dell anima separata. 2. La cognizione dell anima separata viene ristretta a quelle specie e a quegli individui, verso i quali essa ha determinati rapporti, come abbiamo spiegato sopra. 3. L anima separata non ha uguali rapporti verso tutti i singolari, ma verso alcuni ha dei rapporti ohe non ha con altri. Perciò non è indifferente a conoscere tutti i singolari. LA CONOSCENZA D E LL A N IM A SEPARATA 14? Sed intellectus non est cognoscitivus singularium, ut supra [q. 86, a. 1] habitum est. Ergo anima separata singularia non cognoscit. 2. P raeterea, magis est determinata cognitio qua cognoscitur aliquid in singulari, quam illa qua cognoscitur aliquid in universali. Sed anima separata non habet determinatam cognitionem de speciebus rerum naturalium. Multo igitur minus cognoscit singularia. 3. P raeterea, si cognoscit singularia, et non per sensum, pari ratione omnia singularia cognosceret. Sed non cognoscit omnia singularia. Ergo nulla cognoscit. S ed contra e st quod dives in inferno positus dixit: «H abeo quinque fratres», ut habetur Lue. 16,25, R espondeo d ic e n d u m quod animae separatae aliqua singularia cognoscunt, sed non omnia, etiam quae sunt praesentia. Ad cuius evidentiam, considerandum est quod duplex est modus intelligendi. Unus per abstractionem a phantasmatibus : et secundutm istum modum singularia per intellectum cognosci non possunt directe, sed indirecte, sicut supra [q. 86, a. 1] dictum est. Alius modus intelligendi est per influentiam specierum a Deo : et per istum modum intellectus potest singularia cognoscere. Sicut enim ipse Deus per suam essentiam, inquantum est causa universalium et individualium principiorum, cognoscit omnia et universalia et singularia, ut supra [q. 14, a. 11 ; q. 57, a. 2] dictum est ; ita substantiae separatae per species, quae sunt quaedam participatae similitudines illius divinae essentiae, possunt singularia cognoscere. In hoc tamen est differentia inter angelos et animas separatas, quia angeli per huiusmodi species habent perfectam et propriam cognitionem de rebus, animae vero separatae confusam. Unde angeli, propter effìcaciam sui intellectus per huiusmodi species non solum naturas rerum in speciali cognoscere possunt, sed etiam singularia sub speciebus contenta. Animae vero separatae non possunt cognoscere per huiusmodi species nisi solum singularia illa ad quae quodammodo determinantur, vel per praecedentem cognitionem, vel per aliquam affectionem, vel per naturalem habitudinem, vel per divinarci ordinationem : quia omne quod recipitur in aliquo, determinatur in eo secundum modum recipientis. A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod intellectus per viam abstractionis non est cognoscitivus singularium. Sic autem anima separata non intelligit, sed sicut dictum est [in co-rp.]. A d s e c u n d u m dicend um quod ad illarum rerum species vel individua cognitio animae separatae determinatur, ad quae anima separata habet aliquam determinatam habitudinem, sicut dictum est [ibid.j. Ad t e r t iu m d ic e n d u m quod anima separata non se habet aequaliter ad omnia singularia, sed ad quaedam habet aliquam habitudinem quam non habet ad alia. Et ideo non est aequalis ratio ut omnia singularia cognoscat. cede all intelletto una cognizione soltanto riflessa delle cose sensibili. Queste difficoltà vengono presentate senza sottintesi all inizio dell articolo, e giustificano una trattazione a parte del problema. 1 Le anime separate vengono perciò a trovarsi in una condizione analoga a quella naturale degli angeli, come è facile riscontrare da guanto fu detto sopra nel voi. IV, q. 55, a. 2 ; q. 57, a La conclusione va accolta col più grande rispetto, anche se non possiamo impegnarci in una difesa apodittica della sua validità, per l intrinseca difficoltà della materia. È quanto di meglio si possa rispondere alla curiosità di chi è preoccupato delie con dizioni di vita dei trapassati. A questa conclusione si riallaccia quella deu a. 8.

69 148 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, a. 5 LA CONOSCENZA D ELL ANIM A SEPARATA 149 ARTICOLO 5 Se nell anima separata rimangano gli abiti scientifici acquistati in vita. S e m b r a che nell anima separata non rimangano gli abiti scientifici acquistati in vita. Infatti: 1. Scrive l Apostolo: «L a scienza perirà». 2. In questo mondo ci sono uomini di minore bontà che superano nella scienza altri più buoni, i quali ne sono privi. Allora, se l abito della scienza restasse nell anima anche dopo morte, ne verrebbe che alcuni meno buoni, nella vita futura, sarebbero superiori ad altri più buoni. E questo non è ammissibile. 3. Le anime separate avranno la scienza delle cose dall infusione del lume divino. Se, dunque, la scienza acquistata quaggiù rimanesse nell anima separata, ne seguirebbe la presenza di due forme della stessa specie nel medesimo soggetto. Il che è impossibile. 4. Il Filosofo osserva che «l abito è una qualità difficilmente mutabile ; ma la scienza talvolta perisce, o per malattia, o per altre cause del genere». Ora, non esiste in questa vita una mutazione così forte come quella che si verifica con la morte. E perciò evidente che l abito della scienza viene distrutto. In contrario : Scrive S. Girolamo in una lettera a Paolino : «Im pariamo sulla terra quella scienza che conserveremo in cielo». R ispo n d o : A lcu ni1 hanno pensato che gli abiti scientifici non risiedono nell intelletto, ma nelle facoltà sensitive, e cioè nell immaginativa, nella cogitativa e nella memoria, e che l intelletto possibile non sia in grado di conservare le sue specie intenzionali. Ora, se questa teoria fosse vera, ne verrebbe che, alla distruzione del corpo, seguirebbe la distruzione degli abiti scientifici acquistati in vita. Siccome però la scienza ha sede nell intelletto, il quale, al dire di Aristotele, è «i l luogo delle idee», bisogna concludere che gli abiti scientifici in parte risiedono nelle suddette facoltà sensitive, in parte nell intelletto medesimo. E ciò si può rilevare dagli atti stessi con i quali si acquistano gli abiti scientifici: infatti, come insegna Aristotele, «gli abiti sono simili agli atti con i quali si acquistano». Ora, gli atti intellettivi, con i quali si acquista la scienza nella vita presente, avvengono per il volgersi che fa l intelletto verso i fantasmi, presenti nelle suddette facoltà sensitive. E da questi atti deriva all intelletto possibile una certa abilità a pensare mediante le specie così ricevute ; e alle suddette facoltà inferiori deriva una certa attitudine a far sì che l intelletto, volgendosi ad esse, possa considerare gli oggetti intelligibili con maggiore facilità.3 Ora, poiché gli atti intellettivi si producono principalmente e formalmente nell intelletto stesso, mentre vengono a trovarsi solo ma- 1 Essi sono stati espressamente nominati alla q. 79, a. 6. SI tratta di Avicenna e dei suol seguaci, che attribuirono ad Aristotele stesso, non senza motivo, la negazione della memoria intellettiva (cfr. voi. V, pp ). ARTICULUS 5 Utrum habitus scientiae hic acquisitae remaneat in anima separata. I -I l, q. 67, a. 2 ; 4 Sent., d. 50, q. 1, a. 2 ; Quodllb. 12, q. 9, a. I ; I Cor., c. 13, lect. 3. Ad q u t n t u m s ic pr o c e d it u r. Videtur quod habitus scientiae hic acquisitae non remaneat in anima separata. Dicit enim Apostolus 1 ad Cor. 13, S : «Scientia destruefcur». 2. P raeterea, quidam rrtinus boni in hoc mundo scientia pollent, aliis magis bonis carentibus scientia. Si ergo habitus scientiae permaneret etiam post mortem in anima, sequeretur quod aliqui minus boni etiam in futuro statu essent potiores aliquibus magis bonis. Quod videtur inconveniens. 3. P raeterea, animae separatae habebunt scientiam per influentiam divini luminis. Si igitur scientia. hic acquisita in anima separata remaneat, sequetur quod duae erunt formae unius speciei in eodem subiecto. Quod est impossibile. 4. P raeterea, Philosophus dicit, in libro Praedicament. [c. 6], quod «habitus est qualitas diffìcile mobilia ; sed ab aegritudìne, vel ab aliquo huiusmodi, quandoque corrumpitur scientia», Sed nulla est ita fortis immutatio in hac vita, sicut immutatio quae est per mortem. Ergo videtur quod habitus scientiae per mortem corrumpatur. Sed contra est quod Hieronymus dicit, in Epistola ad Paulinum [ Epist. 53]: «Discamus in terris, quorum scientia nobis perseveret in caelo». R espondeo dicendum quod quidam posuerunt habitum scientiae non esse in ipso intellectu, sed in viribus sensitivis, scilicet imaginativa, cogitativa et memorativa ; et quod species intelligibiles non conservantur in intellectu possibili. Et si haec opinio vera esset, sequeretur quod, destructo corpore, totaliter habitus scientiae hic acquisitae destrueretur. Sed quia scientia est in intellectu, qui est «locus specierum», ut dicitur in 3 De Anima [c. 4, lect. 7] ; oportet quod habitus scientiae hic acquisitae partim sit in praedictis viribus sensitivis, et partimi in ipso intellectu. Et hoc potest considerari ex ipsis actibus ex quibus habitus scientiae acquiritur: nam «habitus sunt similes actìbus ex quibus acquiruntur», ut dicitur in 2 Ethic. [c. 1, lect. 1], Actus autem intellectus ex quibus in praesenti vita scientia acquiritur, sunt per conversionem intellectus ad phantasmata, quae sunt in praedictis viribus sensitivis. Unde per tales actus et ipsi intellectui possibili acquiritur facultas quaedam ad considerandum per species susceptas ; et in praedictis inferiorihus viribus acquiritur quaedam habilitas ut facilius per conversionem ad ipsas intellectus possit intelligibilia speculari. Sed sicut actus intellectus principaliter quidem et formaliter est in ipso intellectu, materialiter autem et 3 La fisiologia moderna ha confermato pienamente questa dottrina e queste osservazioni relative agli abiti. «Già a p rio ri dobbiamo ammettere nel fenomeno psicologico deira. e dell'abitudine una diretta, intrinseca compartecipazione, strumentale dell'organismo fìsico, In particolare del sistema nervoso. E, Intatti, la fi-

70 150 LA SOMMA TEOLOGICA, 1, q. 89, a. 5 terialinente e sotto forma di predisposizioni nelle facoltà inferiori, 10 stesso si dovrà dire a proposito degli abiti. Perciò quegli elementi degli abiti di scienza, che risiedono nelle facoltà inferiori, non rimangono nell anima separata; mentre dovranno necessariamente rimanere quelli che hanno sede nell intelletto. Infatti, come insegna Aristotele, sono due i modi in cui può perire una forma: primo, direttamente, quando cioè viene distrutta dal suo contrario, come il caldo dal freddo. Secondo, indirettamente, cioè in seguito alla distruzione del soggetto in cui si trova. Ora, è evidente che la scienza presente nell intelletto umano non può perire in seguito alla distruzione del suo soggetto, poiché l intelletto è incorruttibile, come abbiamo già dimostrato. Parimente, le specie intelligibili presenti nell intelletto possibile non possono essere distrutte da un loro contrario: poiché un dato intenzionale di ordine intellettivo non ha contrari ; e questo specialmente se consideriamo la semplice apprensione con la quale si percepisce la quiddità delle cose. Se invece consideriamo le operazioni con le quali la mente formula giudizi affermativi e negativi, oppure imbastisce ragionamenti, allora si verifica una contrarietà nell intelletto, in quanto in una proposizione o in un argomento la falsità si presenta come 11 contrai io della verità. In questo caso può succedere che la scienza sia distrutta dal suo contrario, cioè quando uno è sviato dalla scienza della verità per colpa di un ragionamento sbagliato. Per questo il Filosofo stabilisce che sono due le maniere con le quali la scienza può essere direttamente distrutta : cioè la dimenticanza, che dipende dalle facoltà mnemoniche, e l'errore, che dipende da un ragionamento sbagliato. Ma questo non può avvenire nell anima separata. Dunque bisogna concludere che gli abiti scientifici, per quanto risiedono nell intelletto, rimangono nell anima separata. S o l u z io n e delle d if f ic o l t à : 1. Nel passo citato l Apostolo parla degli atti e non degli abiti di ordine conoscitivo.1 Difatti come dimostrazione aggiunge: «O ra io conosco parzialmente». 2. Uno meno buono può avere benissimo una statura fìsica superiore a quella di uno più buono ; così pure niente proibisce che uno meno buono abbia nella vita futura degli abiti conoscitivi, di cui un altro più buono è sprovvisto. Ma questo è niente in paragone delle altre prerogative che i m igliori possiederanno. 3. Le due scienze in parola hanno caratteri essenzialmente diversi. Quindi non ne segue nessuna incongruenza.2 4. L argomento è valido per quegli elementi dell'abito scientifico, che dipendono dalle facoltà sensitive. LA CONOSCENZA D ELL A N IM A SEPARATA 151 dispositive in inferioribus viribus, idem etiam dicendum est de habitu. Quantum ergo ad id quod aliquis praesentis scientiae habet in inferioribus viribus, non remanebit in anima separata: sed quantum ad id quod habet in ipso intellectu, necesse est ut remaneat. Quia, ut dicitur in libro De Longitudine et Brevitate Vitae [c. 2], dupliciter corrumpitur aliqua forma : uno modo, per se, quando corrumpitur a suo contrario, ut calidum a frigido ; alio modo, per accidens, scilicet per corruptionem subiecti. Manifestum est autem quod per corruptionem subiecti, scientia quae est in intellectu humano, corrumpi non potest: cum intellectus sit incorruptibilis, ut supra [q. 79, a. 2, ad 2 ; cfr. q. 75, a. 6] ostensum est. Similiter etiam nec per contrarium corrumpi possunt species intelligibiles quae sunt in intellectu possibili: quia intentioni intelligibili nihil est contrarium; et praecipue quantum ad simplicem intelligentiam, qua intelligitur quod quid est, Sed quantum ad operationem qua intellectus componit et dividit, vel etiam ratiocinatur, sic invenitur contrarietas in intellectu, secundum quod falsum in propositione vel in argumentatione est contrarium vero. Et hoc modo interdum scientia corrumpitur per contrarium, dum scilicet aliquis per falsami argumentationem abducitur a scientia veritatis. Et ideo Philosophus, in libro praedicto [loco cit.], ponit duos modos quibus scientia per se corrumpitur: scilicet oblivionem, ex parte memorativa^, et deceptionem, ex parte argumentationis falsae. Sed hoc non habet locum in anima separata. Unde dicendum est quod habitus scientiae, secundum quod est in intellectu, manet in anima separata. Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod Apostolus non loquitur ibi de scientia quantum ad habitum, sed quantum ad cognitionis actum. Unde ad huius probationem inducit [loco cit. v. 12] : «Nunc cognosco ex parte». Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod, sicut secundum staturam corporis aliquis minus bonus erit maior aliquo magis bono ; ita nihil prohibet aliquem minus bonum habere aliquem scientiae habitum in futuro, quem non habet aliquis magis bonus. Sed tamen hoc quasi nullius momenti est in comparatione ad alias praerogativas quas meliores habebunt. A d t e r t iu m d ic e n d u m quod utraque scientia non est unius rationis. Unde nullum inconveniens sequitur. A d q u a r t u m d ic e n d u m quod ratio illa procedit de corruptione scientiae quantum ad id quod habet ex parte sensitivarum virium. Biologia e la chimica cl fanno vedere la realtà di tale correlazione psico somatica, dimostrandoci l'esistenza di particolari zone corticali e sottocortlcall in cui è possibile localizzare il meccanismo senso-motorio di molti atti simbolici " istintivi o non istintivi, ma automatizzatisi in forza di una continua ripetizione... Possiamo quindi ammettere che ogni forma di allenamento abitudinario, dal più bassi organici a quelli più elevati nel campo delle nostre attività d ordine psicologico, sia sempre un fenomeno di natura mista, fìsio-psicologico, come cl dimostra l osservazione del loro modificarsi o addirittura perdersi in rapporto a danneggiamento organico o funzionale del sistema nervoso (intossicazione, stanchezza, ecc.) o in rapporto a particolari stati passionali negativi dell individuo (dolore, disperazione, paura, ecc.)» (Enc. C. voi. I, p. 89). 1 Questa semplice osservazione serve a completare la dottrina deh'articolo. L'abito di scienza, cosi come è posseduto attualmente, perchè possa esercitarsi, richiede la riflessione sui fantasmi, come abbiamo già notato (cfr. q. 84, a. 7). Questo esercizio caratteristico della nostra scienza nello stato presente non potrà certo perdurare dopo la morte. Perciò sono pienamente giustificate le parole dell'apostolo : «La scienza perirà». - Ma S. Tommaso si riservava di trattare a parte l argomento neh articolo che segue. 2 II Card. Gaetano entra qui in polemica con Giovanni Duns Scoto, 11 quale trova contraddittoria l ammissione di due scienze, infusa e acquisita, circa il medesimo oggetto (In i Sent,, d. 45, q. 2). Il Gaetano spiega: «Scoto pensa che la specie infusa rappresentativa della pietra abbia la pietra per oggetto adeguato, come la specie acquisita della pietra. Noi invece diciamo che l oggetto adeguato della specie infusa è qualche cosa di più universale, che abbraccia la pietra e molte altre cose: perciò si tratta di nozioni di ordine diverso» (in h. a.).

71 152 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, a. 6 L A CONOSCENZA D ELL A N IM A SEPARATA 153 ARTICOLO 6 Se gli atti della scienza acquistata in questo mondo rimangano nell anima separata. Sembra che nell anima separata non rimangano gli atti della scienza acquistata in questo mondo. Infatti : 1. Dice il Filosofo che dopo la dissoluzione del corpo l anima «n è ricorda, nè am a». Ora, ricordare significa ripensare le cose che uno aveva conosciuto in precedenza. Dunque l anima separata non può avere l atto della scienza acquistata in vita. 2. Le specie intelligibili non saranno più efficaci nell anima separata che nell anima unita al corpo. Ebbene, noi ora non possiamo intendere per mezzo di tali specie senza volgerci ai fantasmi, come abbiamo già dimostrato. Perciò non potrà farlo neppure l anima separata. E quindi essa non potrà compiere l atto intellettivo, mediante le specie intelligibili acquistate in vita. 3. Il Filosofo insegna che «gli abiti rendono gli atti [rispettivi] simili agli atti con i quali si acquistano». Ora, in questa vita noi acquistiamo gli abiti scientifici con gli atti dell intelletto che si volge ai fantasmi. Quindi tali abiti non possono rendere i loro atti diversi da quelli. D altra parte atti del genere non sono possibili all anima separata. Perciò l anima separata non potrà esercitare nessun atto 'della scienza acquistata quaggiù. IN c o n t r a r io: Al ricco caduto nell inferno Abramo risponde: «R i cordati che tu ricevesti la tua parte di beni durante la vita». R ispo nd o : N ell atto si devono considerare due aspetti: la sua specie e il suo modo di prodursi. La specie si desume dall oggetto al raggiungimento del quale tende l atto della potenza conoscitiva, mediante la specie intenzionale che è una rappresentazione dell oggetto ; il modo invece dipende dalla virtù dell agente. Così, che uno veda una pietra deriva dal fatto che l immagine della pietra è nel suo occhio ; mentre il vederla in modo nitido dipende dalla forza visiva dell occhio. - Ebbene, una volta dimostrato che neh'anima separata rimangono le specie intelligibili, e, posto che lo stato di tale anima non è identico a quello attuale, ne viene di conseguenza che l anima separata è in grado di ripensare le cose conosciute in precedenza, servendosi dei concetti acquistati quaggiù ; non è però in grado di farlo nella stessa maniera, cioè volgendosi ai fantasmi, ma nella maniera che si conviene a un anima separata. E quindi l atto della scienza acquistata quaggiù rimane nell anima separata, ma il modo non è identico. 1 So luzione delle difficoltà : 1. Il Filosofo parla di reminiscenza, avendo di mira quegli elementi della memoria che si devono alla parte sensitiva, non già a quegli elementi che fanno attribuire la memoria all intelletto, secondo le spiegazioni date. 2. Il modo diverso di conoscere non proviene dalla diversa effìca- 1 ri P. L. Janssens alla conclusione dell'articolo fa seguire questo corollario: «Secondo la dottrina esposta nella soluzione k dell articolo 3, le anime separate. ARTICU LU S 6 Utrum actus scientiae hic acquisitae inaneat in anima separata. 3 Sent., d. 31, q, 2, a, 4 j 4, d. 50, a. 1, a. 8. A d se x tu m sic proceditur. Videtur quod actus scientiae hic acquisitae non maneat in anima separata. Dicit enim Philosophus, in / De Anima [c. 4, lect. 10], quod corrupto corpore, anima «neque reminiscitur neque am at». Sed considerare ea quae prius aliquis novit, est reminisci. Ergo anima separata non potest habere actum scientiae quam hic acquisivit. 2. P raeterea, species intelligibiles non erunt potentiores in anima separata quam sint in anima corpori unita. Sed per species intelligibiles non possumus modo intelligere, nisi convertendo nos super phantasmata, sicut supra [q. 84, a. 7] habitum est. Ergo nec anima separata hoc poterit. Et ita nullo modo per species intelligibiles hic acquisitas anima separata intelligere poterit. ' 3. P raeterea, Philosophus dicit, in 2 Ethic. [c. 1, lect. 1], quod «h a bitus similes actus reddunt actibus per quos acquiruntur». Sed habitus scientiae hic acquiritur per actus intellectus convertentis se supra phantasmata. Ergo non potest alios actus reddere. Sed tales actus non competunt animae separatae. Ergo anima separata non habebit aliquem actum scientiae hic acquisitae. Sed contra est quod Lue. 16, 25 dicitur ad divitem in inferno positum: «Recordare quia recepisti bona in vita tua». R espondeo dicend um quod in actu est duo considerare : scilicet speoiem actus, et modum ipsius. Et species quidem actus consideratur ex obiecto in quod actus cognoscitivae virtutis dirigitur per speciem, quae est obiecti similitudo: sed modus actus pensatur ex virtute agentis. Sicut quod aliquis videat lapidem, contingit ex specie lapidis quae est in oculo: sed quod acute videat, contingit ex virtute visiva oculi. - Cum igitur species intelligibiles maneant in anima separata, sicut dictum est [a. praec.] ; status autem animae separatae non sit idem sicut modo est: sequitur quod secundum species intelligibiles hic acquisitas, anima separata intelligere possit quae prius intellexit ; non' tamen eodem modo, scilicet per conversionem ad phantasmata, sed per modum convenientem animae separatae. Et ita manet quidem in anima separata actus scientiae hic acquisitae, sed non secundum eundem modum. A d p r im u m ergo dicendum quod Philosophus loquitur de reminiscentia, secundum quod memoria pertinet ad partem sensìtivam: non autem secundum quod memoria est quodammodo in intellectu, ut dictum est [q. 79, a. 6]. A d se c u n d u m dicend um quod diversus modus intelligendi non proin forza delle specie loro Infuse, hanno una conoscenza soltanto confusa degli esseri fisici. Niente perciò impedisce che l anima separata si serva, da una parte delle predette specie per avere un panorama più ampio e sintetico, dall altra degli abiti scientifici acquisiti in vita per raggiungere una conoscenza più nitida fino al singolari» (J a n s s e n s L., Tractatus De Homine, P. I, Roma, 1918, p. 582).

72 154 L A SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, aa. 6-7 eia delle specie intelligibili, ma dallo stato diverso dell anima nel compiere l atto intellettivo. 3. Gli atti con i quali l abito si acquista sono simili agli atti causati dagli abiti quanto alla specie dell atto, non quanto al modo di prodursi. Infatti operare cose giuste, ma non nel modo [connaturale a chi è] giusto, cioè con letizia, causa l abito della giustizia politica,1 mediante la quale operiamo poi con letizia. LA CONOSCENZA D ELL A N IM A SEPARATA 156 venit ex diversa virtute specierum, sed ex diverso statu animae intelligentis. A d t e r t iu m d ic e n d u m quod actus per quos acquiritur habitus, sunt simile actibus quos habitus causant, quantum ad speciem actus: non autem quantum ad modum agendi. Nam operari iusta, sed non iuste, idest delectabiliter, causat habitum iustitiae politicae, per quem delectabiliter operamur. ARTICOLO 7 Se la lontananza impedisca la cognizione dell anima separata. ARTICULUS 7 Utrum distantia localis impediat cognitionem animae separatae. 4 Seni., d. 50, q. 1, a. 4. S e m bra che la lontananza impedisca la cognizione dell'anima separata. Infatti: 1. Scrive S. Agostino che «le anime dei morti si trovano in un luogo, dove non possono sapere quello che accade qui tra n oi». Sanno invece quello che accade presso di loro. Perciò la distanza impedisce la conoscenza dell anima separata. 2. S. Agostino nel De Divinatione Daemonum afferma che «i demoni possono annunziare cose a noi ignote, per la celerità dei loro movimenti». Ora, l agilità nel muoversi non servirebbe a niente, se la lontananza non impedisse al demonio di conoscere. A maggior ragione, dunque, la distanza impedirà la cognizione dell anima separata, che per natura è inferiore al demonio. 3. Chi è lontano nello spazio è come chi è lontano nel tempo. Ora, la lontananza nel tempo impedisce la cognizione all anima separata : questa infatti non conosce il futuro. Perciò anche la lontananza nello spazio impedisce all anima separata di conoscere. In c o n t r a r io: Leggiamo nel Vangelo che il ricco epulone «m entre era nei tormenti, alzando gli occhi, vide da lungi Àbram o». Dunque la lontananza non impedisce la cognizione dell anima separata. R is p o n d o : Alcuni ritenevano che l anima separata conoscesse i singolari astraendoli dalla realtà sensibile. Se ciò fosse vero, si potrebbe asserire che la distanza locale impedisce la conoscenza dell anima separata: infatti allora bisognerebbe, o che le cose sensibili agissero sull anima separata, o che questa agisse sulle cose sensibili; e nell uno come nell altro caso si richiederebbe una distanza, determinata. - Ma una simile ipotesi è insostenibile ; perchè l astrazione delle immagini dalle cose sensibili viene fatta attraverso i sensi [esterni] e le altre potenze sensitive, che in maniera attuale non rimangono nell anima separata. Questa invece conosce i singolari per un infusione di idee da parte del lume divino, il quale è indifferente alla vicinanza e alla lontananza. Perciò la lontananza in nessun modo può impedire la cognizione dell anima separata. S o l u z io n e delle d if f ic o l t à : 1. Quando S. Agostino scrive che le anime dei morti dal luogo dove sono non possono conoscere le cose nostre, non vuole far credere che la lontananza sia la ragione di tale ignoranza. Ci può essere invece un altro motivo, come vedremo. 1 La giustizia politica non è che la giustizia legale, ordinata al bene comune ; che a sua volta è la giustizia generale, ovvero giustizia sic et simpliciter. Vedremo Ad s e p t i m u m s ic p r o c e d it u r. Videtur quod distantia localis impediat cognitionem animae separatae. Dicit enim Augustinus, in libro De Cura prò Mortuis agenda [c. 13] quod «animae mortuorum ibi sunt, ubi ea quae hic lìunt scire non possunt». Sciunt autem ea quae apud eos aguntur. Ergo distantia localis impedit cognitionem animae separatae. 2. P raeterea, Augustinus dicit, in libro De Divinatione Daemonum [c. 3], quod «daemones, propter celeritatem motus, aliqua nobis ignota denuntiant». Sed agilitas motus ad hoc nihil faceret, si distantia localis cognitionem daemonis non im pedirei Multo igitur magis distantia localis impedit cognitionem animae separatae, quae est inferior secundum naturam quam daemon. 3. P raeterea, sicut distat aliquis secundum locum, ita secundum tempus. Sed distantia temporis impedit cognitionem animae separatae: non enim cognoscunt futura. Ergo videtur quod etiam distantia secundum lócum animae separatae cognitionem impediat. S ed contra est quod dicitur Lue. 16, 23, quod dives, «cum esset in tormentis, elevans ooulos suos, vidit Abraham a longc». Ergo distantia localis non impedit animae separatae cognitionem. R espondeo d ic e n d u m quod quidam posuerunt quod anima separata cognosceret singularia abstrahendo a sensibilibus. Quod si esset verum, posset dici quod distantia localis impediret animae separatae cognitionem : requtreretur enim quod vel sensibilia agerent in animam separataci, vel anima separata in sensibilia; et quantum ad utrumque, requireretur distantia determinata, - Sed praedicta positio est impossibilis; quia abstra.ctio specierum a sensibilibus fìt mediantibus sensibus et aliis potentiis sensitivis, quae in anima separata actu non manent. Intelligit autem anima separata singularia per influxum specierum ex divino lumine, quod quidem lumen aequaliter se habet ad propinquum et distans. Unde distantia localis nullo modo impedit animae separatae cognitionem. Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod Augustinus non dicit quod propter hoc quod ibi sunt animae mortuorum, ea quae hic sunt videre non possunt, ut localis distantia huius ignorantiae causa esse credatur: sed hoc potest propter aliquid aliud contingere, ut infra [a. s.] dicetur. a suo tempo come S. Tommaso giustifica queste denominazioni (//-//, q. 58, aa. 5-7).

73 156 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, aa Nel passo riportato S. Agostino parla secondo l opinione di chi riteneva che i demoni fossero' uniti per natura a dei corpi: e secondo tale opinione essi avrebbero dovuto avere anche le potenze sensitive, la cui funzione esige una distanza determinata. Egli accenna espressamente a questa opinione nel medesimo libro ; benché sembri parlarne più a titolo di citazione che di asserzione, come risulta da quanto scrive nel De Civitate Dei. 3. Le cose future, che sono lontane nel tempo, non sono enti in atto. Quindi non sono conoscibili in se stesse ; perchè nella misura che un essere manca di entità, manca di conoscibilità. Invece le cose lontane nello spazio sono enti in atto, e quindi sono per se stesse conoscibili. Perciò la lontananza nello spazio e la lontananza nel tempo non sono sullo stesso piano. LA CONOSCENZA D E LL A N IM A SEPARATA 157 Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod Augustinus ibi loquitur secundum opinionem illam qua aliqui posuerunt quod daemones habent corpora naturaliter sibi unita: secundum quam positionem, etiam potentias sensitivas habere possunt, ad quarum cognitionem requiritur determinata distantia. Et hanc opinionem etiam in eodem libro [cc. 3 ss.] Augustinus expresse tangit : licet eam magis recitando quam asserendo tangere videatur, ut patet per ea quae dicit 21 libro De Civ. Dei [c. 10], Ad te r t iu m dicend um quod futura, quae distant secundum tempus, non sunt entia in actu. Unde in seipsis non sunt cognoscibilia : quia sicut deficit aliquid ab entitate, ita deficit a cognoscibilitate. Sed ea quae sunt distantia secundum locum, sunt entia in actu, et secundum se cognoscibilia. Unde non est eadem ratio de distantia locali, et de distantia temporis. ARTICOLO 8 S e le a n im e s e p a r a t e c o n o s c a n o g l i a v v e n im e n t i d i q u e s t o m o n d o. ARTICULUS 8 Utrum animae separatae cognoscant ea quae hic aguntur , q. 83, a. k, ad 2 ; i Seni., d, 45, q. 3, a. 1, ad i, 2 ; d. 50, q. 1, a. 4, ad 1 j De Verlt., q. 8, a. 2, ad 12 ; q. 9, a. 6, ad 5 ; De Anima, a. 20, ad 3. S e m b r a che le anime separate conoscano gli avvenimenti di questo mondo. Infatti: 1. Se non le conoscessero non se ne curerebbero. Invece esse se ne preoccupano; poiché leggiamo nel Vangelo queste parole [del ricco epulone]: «H o cinque fratelli... per avvertirli di queste cose, affinchè non abbiano anch essi a venire in questo luogo di torm enti». Dunque le anime separate conoscono quello che accade tra noi. 2. Spesso i morti appariscono ai vivi, nel sonno o nella veglia, e li avvisano di quanto avviene quaggiù ; come Samuele che apparve a Saul. La cosa non sarebbe possibile, se essi non conoscessero i fatti nostri. Dunque i morti conoscono quello che accade in questo mondo. 3. Le anime separate certamente conoscono le cose che accadono presso di loro. Ora, se non conoscessero ciò che accade presso di noi, la loro carenza di cognizione dovrebbe essere attribuita alla lontananza. Ma questo l abbiamo escluso nell articolo precedente. I n co n trario : Sta scritto : «Che i suoi figli siano onorati ovvero inonorati, egli [il defunto] lo ignora». 1 R ispo n d o : Se si considera la conoscenza naturale, di cui ora parliamo, bisogna dire che le anime dei morti ignorano quello che avviene in questo mondo. E possiamo ricavarne la prova dalle cose già dette. Infatti l anima separata conosce i singolari per il fatto che in qualche modo è in relazione con essi, sia per le tracce di cognizioni o volizioni antecedenti, sia per una disposizione divina. Ora, le anime dei morti, per disposizione divina e per il loro modo di essere, sono segregate dal consorzio dei viventi e aggregate a» Più che da questo passo del libro di Giobbe, il problema è sorto dalle parole imbarazzanti di S. Agostino, a proposito dell apparente disinteressamento di quella Santa che lu sua madre nei propri riguardi (cfr. S. Augustinus, De cura prò mortuis agenda, c. 13). - Se è una esagerazione quella di negare che le anime dei A d o c t a v u m s ic p r o c e d it u r. Videtur quod animae separatae cognoscant ea quae hic aguntur. Nisi enim ea cognoscerent, de eis curam non haberent. Sed habent curam de his quae hic aguntur ; secundum illud Lue. 16, 28 : «Habeo quinque fratres, ut testificetur illis, ne et ipsi veniant in hunc locum tormentorum». Ergo animae separatae cognoscunt ea quae hic aguntur. 2. P raeterea, frequenter mortui vivis apparent, vel dormientibus vel vigilantibus, et eos admonent de iis quae hic aguntur ; sicut Samuel apparuit Sauli, ut habetur 1 Reg. 28, 11 ss. Sed hoc non esset si ea quae hic sunt non cognoscerent. Ergo ea quae hic aguntur cognoscunt. 3. P raeterea, animae separatae cognoscunt ea quae apud eas aguntur. Si ergo quae apud nos aguntur non cognoscerent, impediretur earum cognitio per localem distantiam. Quod supra [a. praec.] nega tum est. S ed contra e st quod dicitur Iob. 14,21 : «Sive fuerint filii eius nobiles, sive ignobiles, non intelliget». R espondeo d ic e n d u m quod, secundum natural&m cognitionem, de qua nunc hic agitar, animae mortuorum nesciunt quae hic aguntur. Et huius ratio ex dictis [a. 4] accipi potest. Quia anima separata cognoscit singularia per hoc quod quodàmmodo determinata est ad illa, vel per vestigium alicuius praecedentis cognitionis seu affectionis, vel per ordinationem divinam. Animae autem mortuorum, secundum ordinationem divinam, et secundum modum essendi, segregatae sunt a conversatione viventium, et coniunctae conversationi beati abbiano la conoscenza di quanto avviene in questo mondo, è una cosa ridicola pretendere, come fa lo spiritismo contemporaneo, che le anime del trapassati abbiano una specie di onniscienza sugli eventi umani, sia per il presente, come per il futuro. I massimi Dottori della Chiesa sono nettamente contrari a questa credulità puerile, che mescola gli interessi terreni con le realtà più sublimi, U mondo dell'animalità più triviale col regno degli spiriti disincarnati.

74 158 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, a. 8 quello delle sostanze spirituali separate dal corpo. Quindi ignorano le vicende di quaggiù. - Questa è la ragione che ne dà S. Gregorio : «I morti non sanno come si svolge la vita di coloro che vivono corporalmente dopo di essi ; perchè la vita dello spirito è lontana dalla vita della carne ; e come gli esseri corporei e quelli incorporei differiscono nel genere, così sono distinti per la conoscenza». Sembra che anche S. Agostino accenni a questo quando dice che «le anime dei morti non si mescolano alle vicende dei viventi». Riguardo però alle anime dei beati non c è accordo tra S. Gregorio e S. Agostino. Infatti S. Gregorio continua nel passo citato: «N o n bisogna però pensare lo stesso delle anime sante, poiché, vedendo esse intimamente la chiarezza di Dio onnipotente, non si può credere assolutamente che rimanga fuori qualche cosa ignorato da esse». - Invece S. Agostino afferma espressamente che «i morti, anche se santi, non sanno quello che fanno i vivi ed i loro figli». E questa affermazione è riportata dalla Glossa a proposito di quel passo di Isaia: «Abram o non ci conobbe». E lo conferma col fatto che egli non veniva più consolato nella tristezza da sua madre, come quando ella era in vita ; nè riteneva possibile che fosse diventata più crudele in una vita più felice. Ricorda ancora in proposito che il Signore promise al re Giosia di farlo morire prima di vedere i mali imminenti al suo popolo. - Però S. Agostino parla in forma dubitativa; difatti aveva premesso la frase: «ciascuno prenda come vuole quello che dico». Invece S. Gregorio asserisce, come è evidente da quell espressione: «non si può credere assolutamente...». Sembra più giusto ritenere con S. Gregorio che le anime dei santi, ammessi alla visione di Dio, conoscano tutti gli avvenimenti attuali di questo mondo.1esse infatti sono -equiparate agli angeli : riguardo ai quali anche S. Agostino afferma che non ignorano quello che avviene presso i vivi. Però, siccome esse hanno un adesione perfettissima alla giustizia divina, non si rattristano per le vicende dei vivi, e non vi partecipano, se non nei casi in cui lo esigono le disposizioni di quella divina giustizia. S o l u z io n e delle d iffic o lt à : 1. Le anime dei morti possono curare le cose dei vivi, pur ignorandone le condizioni. Anche noi infatti abbiamo cura dei morti, procurando loro dei suffragi, senza conoscerne la condizione. - Del resto i defunti possono conoscere i fatti dei vivi indirettamente, sia per mezzo delle anime che giungono ad essi da questo mondo, sia per mezzo degli angeli o dei demoni ; sia ancora «per una rivelazione dello spirito di D io», come dice S. Agostino, 2. Le apparizioni dei morti, qualunque esse siano, possono avvenire, o per il fatto che una speciale disposizione di Dio vuole l intervento di certe anime nelle vicende dei vivi, e la cosa si deve allora annoverare tra i miracoli di Dio; oppure queste apparizioni si devono all iniziativa degli angeli buoni o cattivi, anche all insaputa dei morti. Del resto S. Agostino fa notare che la stessa cosa capita anche ai vivi, i quali, senza saperlo, possono apparire nel sonno ad altri v iv i.2 - Perciò sul fatto del Profeta Samuele possiamo affermare che egli apparve per una rivelazione divina, come dice 1 Ec- 1 «La devozione dei fedeli propende di più senza confronti, a favore di S. Gregorio Magno. E con essa sembra concordare, pur appartenendo a un altro genere LA CONOSCENZA D ELL A N IM A SEPARATA 159 spiritualium substantiarum quae sunt a corpore separatae. Unde ea quae apud nos aguntur ignorant. - Et hanc rationem assignat Gregorius in 12 M oralium [c. 21], dicens: «M ortui vita in carne viventium post eos, qualiter disponatur, nesciunt: quia vita spiritus longe est a vita carnis ; et sicut corporea atque incorporea diversa sunt genere, ita sunt distincta cognitione». Et hoc etiam Augustinus videtur tangere in libro De Cura prò Mortuis agenda [cc. 13, 16], dicens quod «animae mortuorum rebus viventium non intersunt». Sed quantum ad animas beatorum, videtur esse differentia in ter Gregorium et Augustinum. Nam Gregorius ibidem subdit: «Quod tamen de animabus sanctis sentiendum non est: quia quae intus omnipotentis Dei claritatesm vident, nullo modo credendum est quod sit foris aliquid quod ignorent». - Augustinus vero, in libro De Cura prò Mcrrtuis agenda [c. 13], expressie dicit quod «nesciunt mortui, etiam sancti, quid agant vivi et eorum fìlii», ut habetur in glossa [interlin.], super illud, «Abraham nescivit nos», Isaiae 63,16. Quod quidem conflrmat per hoc quod a matre sua non visitabatur, nec in tristitiis consolabatur, sicut quando vivebat ; nec est probabile ut sit facta vita feliciore crudelior. Et per hoc quod Dominus promisit Iosiae regi quod prius moreretur, ne videret mala quae erant populo superventura, ut habetur 4 Reg. 22, Sed Augustinus hoc dubitando dicit: unde praemittit, «u t volet, accipiat quisque quod dicam». Gregorius autem assertive : quod patet per hoc quod dicit, «nullo modo credendum est». Magis tamen videtur, secundum sententiam Gregorii, quod animae sanctorum Deum videntes, omnia praesentia quae hic aguntur cognoscant. Sunt enim angelis aequales: de quibus etiam Augustinus asserit [lito. cit., c. 15] quod ea quae apud vivos aguntur non ignorant. Sed quia sanctorum animae sunt perfectissime iustitiae divinae c.oniunctae, nec tristantur, nec rebus viventium se ingerunt, nisi secundum quod iustitiae divinae dispositio exigit. Ad p b i m u m ergo d ic e n d u m quod animae mortuorum possunt habere curam de rebus viventium, etiam si ignorent eorum statum; sicut nos curam habemus de mortuis, eis suffragia impendendo, quamvis eorum statum ignoremus. - Possunt etiam facta viventium non per seipsos cognoscere, sed vel per animas eorum qui hinc ad eos accedunt ; vel per angelos seu daemones ; ve] etiam «Spiriti! Dei revelante», sicut Augustinus in eodem libro [ibid.] dicit. A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod hoc quod mortui viventibus apparent qualitercumque, vel contingit per specialem Dei dispensationem, ut animae mortuorum rebus viventium intersint: et est inter divina miracula computandum. Vel huiusmodi apparitiones fìunt per operationes angelorum honorum vel malorum, etiam ignorantibus mortuis : sicut etiam vivi ignorantes aliis viventibus apparent in somnis, ut Augustinus dicit in libro praedicto [c. 10], - Unde et de Samuele dici potest quod ipse apparuit per revelationem divinam ; secundum hoc quod dicitur Eccli. 46, 23, quod «dormivit, et notum di cose, il culto dei Santi ; al quali, e in modo particolare alla B. Vergine Maria, raccomandiamo tutte le nostre cose, nell intima persuasione che essi non ignorano le umane vicende» (Janssens L., op. cit., p. 584). 2 In queste parole così sobrie e così sagge bisogna trovare la spiegazione degli stessi fatti medianici, quando essi superano le proporzioni dei fenomeni naturali.

75 160 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, a. 8 clesiastico : «Dopo la sua morte profetò e annunziò al re la sua fin e». Oppure, rifiutando l autorità dell 'Ecclesiastico, per il fatto che gli Ebrei non mettono quel libro tra le Scritture canoniche, si può pensare che quella apparizione fu dovuta a un intervento diabolico L ignoranza di cui si parla non proviene dalla lontananza, ma dalla ragione indicata nell articolo. * W Ecclesiastico è uno dei così detti libri deuterocanonici. Come si comprende anche dall accenno di S. Tommaso, fino a tutto il Medioevo questi libri del Vec- LA CONOSCENZA D E LL A N IM A SEPARATA 161 fecit regi fìnem vitae suae». Vel illa apparitio fuit procurata per daemones: si tamen Ecclesiastici auctoritas non recipiatur, proptor hoc quod inter canonicas scripturas apud Hebraeos non habetur. A d t e r t iu m d ic e n d u m quod ignorantia huiusmodi non contingit ex locali distantia, sed propter causam praedictam [in corp.]. ehio Testamento furono oggetto di controversia. Non tutti ne ammettevano la divina ispirazione, e quindi li escludevano dal Canone. La questione venne definita nel Concilio di Trento [ ], il quale diede l elenco completo dei libri ispirati, includendovi 1 Ecclesiastico, e gli altri libri in discussione (cfr. Denz., 784).

76 QUESTIONE 90 Creazione dell uomo: creazione dell anima.1 Passiamo ora a studiare la creazione dell uomo. Su tale argomento quattro sono i punti da considerare: primo, la produzione o creazione dell uomo ; secondo : il termine di questa creazione ; terzo : lo stato o condizione del primo uomo ; quarto : il luogo in cui fu posto. Tre sono gli aspetti della creazione che vanno esaminati: primo, le creazione dell uomo rispetto alfanima; secondo, la creazione del corpo dell uomo ; terzo, la creazione della donna. Sul primo di questi tre argomenti si pongono quattro quesiti: 1. Se l anima sia stata prodotta, o se faccia parte della sostanza stessa di Dio ; 2. Supposto che sia stata prodotta, si domanda se sia stata creata ; 3. Se sìa stata prodotta per mezzo di angeli ; 4. Se sia stata prodotta prima del corpo.3 QUAESTIO 90 De prima hominis productione quantum ad animam in quatuor articulos divisa. Post praemissa considerandum est de prima hominis productione. Et circa hoc consideranda sunt quatuor: primo considerandum est de productione ipsius hominis ; secundo, de fine productionis [q. 93] ; tertio, de statu et conditione hominis primo producti [q. 94] ; quarto, de loco eius [q. 102]. Circa productionem autem consideranda sunt tria : primo, de productione hominis quantum ad animam ; secundo, quantum ad corpus viri [q. 91] ; tertio, quantum ad productionem mulieris [q. 92]. Circa primum quaeruntur quatuor. Primo : utrum anima humana sit aliquid factum, vel sit de substantia ipsius Dei. Secundo : supposto quod sit facta, utrum sit creata. Tertio : utrum sit facta mediantibus angelis. Quarto: utrum sit facta ante corpus. ARTICOLO 1 Se l anima sia stata prodotta, o se faccia parte della sostanza atessa di Dio. S e m b r a che l anima non sia stata prodotta, ma che faccia parte della sostanza stessa di Dio. Infatti: 1. Sta scritto: «Form ò dunque il Signore Dio l uomo dal fango della terra, gli alitò in faccia lo spirito della vita, e l uomo divenne anima vivente». Ora, chi alita emette qualche cosa di se stesso. Quindi l anima, in forza della quale l uomo vive, fa parte della sostanza divina. 2. L anima è pura forma, come si è visto. Ma la forma è atto. Perciò l anima è atto puro: e questo è un attributo divino. Dunque l anima fa parte della sostanza divina. 3. Quelle entità che esistono e non differiscono in niente tra loro, sono identiche. Ora, Dio e l anima esistono e non differiscono in niente; poiché altrimenti dovrebbero avere elementi differenziali, e in tal caso cesserebbero di essere entità semplici. Dunque Dio e l anima umana sono la stessa cosa. I n c o n t r a r io: S. Agostino nel De origine animae elenca alcune teorie, che chiama «grandemente e apertamente perverse e contrarie alla fede cattolica» ; e la prima di esse è quella di coloro i quali 1 Passiamo cosi alla seconda parte del trattato. - Uno sguardo sommario allo schema da noi riprodotto a p. 14 pone subito in evidenza lo sviluppo logico del pensiero, per l ordine stesso delle questioni. Dallo studio della natura dell uomo si passa a quello riguardante le sue origini. Da buon medioevale e da scolastico perfetto S. Tommaso non parla propriamente di origini, ma di produzione, mettendo cosi l accento sulla causa efficiente estrinseca. Noi nel tradurre usiamo parlare di creazione, perchè in questo caso si tratta della prima produzione del- ARTICU LU S 1 Utrum anima sit facta, vel sit de substantia Dei. I Seni., d. 17, q. 1, a. 1: 2 Coni. Geni., c. 85 ; Compend. Theol., c. 94. Ad p r i m u m s ic pr o c e d it u r. Videtur quod anima non sit facta, sed sit de substantia Dei. Dicitur enim Gen. 2, 7 : «Formavit Deus hominem de limo terrae, et inspiravit in faciem eius spiraculum vitae, et factus est homo in animam viventem». Sed ille qui spirat, aliquid a se emittit. Ergo anima qua homo vivit, est aliquid de substantia Dei. 2. P raeterea, sicut supra [q. 75, a. 5] habitum est, anima est forma simplex. Sed forma est actus. Ergo anima est actus purus: quod est solius Dei. Ergo anima est de substantia Dei. 3. P raeterea, quaecumque sunt, et nullo modo differunt, sunt idem. Sed Deus et mens sunt, et nullo modo differunt : quia oporteret quod aliquibus differentiis differrent, et sic essent composita. Ergo Deus et mens humana idem sunt. S ed contra est quod Augustinus, in libro 3 De orìgine Animae [c. 15], enumerat quaedam quae dicit esse «multum aperteque perl uomo : ma il Dottore Angelico usa 11 termine creare In senso tecnico, cioè nel significato di produzione dal nulla. - Nel piccolo prologo vediamo che da buon aristotelico S. Tommaso articola 11 soggetto di indagine secondo le quattro cause: 1) la creazione dell uomo in se stessa [causalità efficiente] ; 2) 11 termine finale Intrinseco di tale creazione, che è l Immagine [causalità formale] ; 3) lo stato o condizione dell'uomo cosi creato, il suo destino immediato [causalità finale] ; 4) il luogo dove l'uomo fu posto alla sua origine [causalità materiale], 1 Dall enunciazione dei quesiti si comprende bene che qui non si tratta della creazione delle anime individuali (grave questione che logicamente viene rimandata al trattato seguente, q. 118), ma della creazione della sola anima del primo uomo.

77 164 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 90, a. 1 insegnavano che «Dio non ha prodotto l anima dal niente, ma da se m edesim o».1 R is p o n d o : Dire che l anima fa parte della sostanza di Dio implica una manifesta assurdità;, L anima umana infatti, come abbiamo visto, spesso ha T intellezione solo in potenza ; riceve poi, sotto un certo aspetto, la conoscenza dalie cose, e possiede un complesso di facoltà: ora, tutte queste cose sono estranee alla natura di Dio, il quale è atto puro, non riceve niente da nessuno, e non ha in sè composizione alcuna, come fu già dimostrato a sup tempo. Siffatto errore sembra che derivi da due preconcetti degli antichi [filosofij.2 Infatti, i primi che cominciarono a studiare la natura delle'cose, non riuscendo a trascendere il campo dell immaginazione, ritenevano che la sola realtà fosse quella corporea. Dicevano perciò che Dio stesso sarebbe stato un corpo, concepito come elemento primordiale degli altri corpi. E siccome pensavano che l anima avesse la natura di quel corpo ritenuto da essi primordiale, ne seguiva logicamente che l anima doveva essere di natura divina. In base a questo preconcetto anche i Manichei credevano che Dio fosse una specie di luce materiale, e che una particella di questa luce, unita a un corpo, fosse l anima umana. - In un secondo tempo alcuni arrivarono a concepire una realtà immateriale, non però distinta dal corpo, ma quale forma di un corpo.3 In tal senso Varremo disse che «Dio è l anima che governa il mondo col moto e con la ragione», come riferisce S. Agostino. Alcuni perciò pensarono che l anima dell uomo fosse una parte di quell anima universale, come l uomo è una parte dell universo.4 E questo perchè non riuscivano a distinguere con la ragione i gradi delle sostanze spirituali, se non in base alle distinzioni dei corpi. - Ora, tutte queste concezioni sono inammissibili, come abbiamo dimostrato. Quindi è falso in maniera evidente che l anima faccia parte della sostanza di Dio. S o l u z io n e d elle d if f ic o l t à : 1, La parola alitare [o espirare] non va>presa in senso materiale: dire infatti che Dio espira equivale a dire che Dio crea lo spirito.5 Del resto anche l uomo che materialmente espira non emette qualche cosa della sua sostanza, ma qualche cosa di estrinseco. 2. Sebbene l anima sia per essenza una forma semplice, tuttavia non si identifica col suo essere, essendo anch essa un ente per partecipazione, come si è già dimostrato. Perciò non è atto puro, come Dio. 3. Parlando in senso proprio, le cose differenti sono tali in forza di qualche elemento differenziale determinato : perciò si parla di differenza dove esiste anche una somiglianza. Quindi le cose differenti dovranno in qualche modo essere composte ; poiché in forza di un dato elemento differiscono tra loro, e per un altro concordano. Cosicché, sebbene tutte le cose differenti siano diverse, non 1 Nessuna meraviglia quindi che la Chiesa abbia condannato ripetutamente queste pericolose infiltrazioni di panteismo. «Se qualcuno avrà detto o creduto che l'anima umana è parte ovvero sostanza di Dio, sia scomunicato». Così! Concilio di Toledo dell anno 400 (cfr. Denz., 31). Il Concilio Bracarerise del 561 condannò Manichei e Priscillìanisti per lo stesso motivo (cfr. Denz., 235 ; vedi anche ttìld., 348). 2 E torse un errore storico riscontrare nel manicheismo o nel priscillianismo le CREAZIONE D ELL ANIM A 165 versa, et fidei catholicae adversa» ; inter quae prim um est, quod quidam dixerunt «Deum anim am non de nihilo, sed de seipso fecisse». R espondeo d ic e n d u m quod dicere animam esse de substantia Dei, manifestam improbabilitatem continet. Ut enim ex dictis [q. 77, a. 2 ; q. 79, a. 2 ; q. 84, a. 6] patet, anima humana est quandoque intelligens in potentia, et scientiam quodammodo a rebus acquirit, et habet diversas potentias: quae omnia aliena sunt a Dei natura, qui est actus purus, et nihil ab alio accipiens, et nullam in se diversitatem liabens, ut supra [q. 3, aa. 1, 7 ; q. 9, a. 1] probatum est. Sed hic error principium habuisse videtur ex duabus positionibus antiquorum. Prim i enim qui naturas rerum considerare incoeperunt, imaginationem transcendere non valentes, nihil praeter corpora esse posuerunt. Et ideo Deum dicebant esse quoddam corpus, quod aliorum corporum iudicabant esse principium. Et quia animam ponebant esse de natura illius corporis quod dicebant esse principium, ut dicitur in / De Anima [c. 2, lect. 5], per consequens sequebatur quod anima essèt de natura Dei. Iuxta quam positionem etiam Manichaei, Deum esse quandam lucem corpoream existimantes, quandam pairtem illius lucis animam esse posuerunt corpori alligatam. - Secundo vero processimi fuit ad hoc, quod aliqui aliquid incorporeum esse apprehenderunt, non tamen a corpore separatum, sed corporis formam. Unde et Varrò dixit quod «Deus est anima mundum motu et ratione gubemans» ; ut Augustinus narrat, 7 De Civ. Dei [1. 4, c. 31]. Sic igitur illius totalis animae partem aliqui posuerunt animam hominis, sicut homo est pars totius mundi ; non valentes intellectu pertingere ad distinguendos spiritualium substantiarum gradus, nisi secundum distinctiones corporum. - Haec autem omnia sunt impossibilia, ut supra [q. 3, aa. 1, 8 ; q. 50, a..2, ad 4 ; q. 75, a. 1] probatum est. Unde manifeste falsum est animam esse de substantia Dei. A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod inspirare non est accipiendum corporaliter : sed idem est Deum inspirare, quod s p iritu m fa.cere. Quamvis et homo corporaliter spirans non emittat aliquid de sua substantia, sed de natura extranea. A d se c u n d u m d icend um quod anima, etsi sit forma simplex secundum suam essentiam, non tamen est suum esse, sed est ens per partieipationem ; ut ex supra [q. 75, a. 5, ad 4] dictis patet. Et ideo non est actus purus, sicut Deus. A d te r tiu m dic end um quod diflerens, proprie acceptum, aliquo differì : unde ibi quaeritur differentia, ubi est convenientia. Et propter hoc oportet differentia esse composita quodammodo : cum in aliquo differant, et in aliquo conveniant. Sed secundum hoc, licet omne tesi dei filosofi presocratici. È un fatto però che tutti 1 sistemi panteistici hanno dei motivi comuni, ed è principalmente a questo che voleva accennare S. Tommaso. E come prima fonte dell errore panteista viene Indicata giustamente la incapacità «a trascendere 11 campo della Immaginazione». 3 SI potrebbero ravvisare 1lineamenti di non pochi stoici e neoplatonici in questi accenni. 1 Erano questi gli errori ben noti degli gnostici e dei neoplatonici più recenti. 4 La narrazione biblica della creazione dell uomo, per il suo carattere popolare, doveva essere necessariamente antropomorfica. Ma chi volesse prenderla materialmente così come suona, si troverebbe nella necessità di attribuire a Dio un corpo con gli organi relativi. E siccome una tale concezione è assurda, deve considerarsi assurda anche la suddetta esegesi materiale e panteistica (cfr. Ceupp e n s F Quaestlones selectae ex hisloria primaeva, Torino-Roma, 1948, pp. 99, 100).

78 166 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 90, aa. 1-2 è detto, come insegna Aristotele, che tutte le cose diverse sono differenti. Infatti le cose semplici sono diverse per se stessere non differiscono davvero in forza di elementi componenti differenziali. L uomo e l asino, p. es., hanno le loro differenze nei due termini di razionale e irrazionale ; ma questi due concetti non differiscono per ulteriori differenze. CREAZIONE D ELL AN IM A 167 differens sit diversum, non tamen omne diversum est differens ; ut dicituir in 10 Metaphys. [c. 3, lect. 4], Nam simplicia diversa sunt seipsis: non autem differunt aliquibus differentiis, ex quibus componantur. Sicut homo et asinus differunt rationali et irrationali differentia, de quibus non est dicere quod ulterius aliis differentiis differant. ARTICOLO 2 Se l anima sia venuta all esistenza per creazione.1 ARTICULU S 2 Utrum anima sit producta in esse per creationem. Infra, q. 118, a. 2 ; ì Sent., d. 1, q. 1, a. 4 ; ì Coni. Geni., c. 87 ; De Verit., q. 27, a. 3, ad 9 ; De Pot., q. 3, a. 9 ; De Spint. Creai., a. 2, ad 8j Quodlib. 9, q. 5, a. 1 ; Compenti. Theol., c. 93 ; Opusc. 28, De Fato, c. 5 ; 37, De Quatuor Oppos., c. 4. S e m b r a che l anima non sia venuta all esisteaiza per creazione. Infatti : 1. Ciò che ha in sè qualche cosa di materiale viene tratto dalla materia. Ora, l anima ha qualche cosa di materiale, non essendo atto puro. Quindi l anima è stata tratta dalla materia. Dunque non è stata creata. 2. L atto di una determinata materia è sempre tratto dalla potenza della materia: infatti, essendo la materia la potenza all atto rispettivo, ogni atto dovrà esistere potenzialmente nella materia stessa. Ora, l anima è l atto della materia del nostro corpo, come risulta dalla sua definizione. Dunque l anima viene tratta dalla potenza della materia. 3. L anima è una forma. Se l anima, dunque, fosse prodotta per creazione, anche le altre forme dovrebbero esserlo ugualmente. E allora nessuna forma verrebbe all esistenza per generazione. Il che è inammissibile. In contrario : Sta scritto : «Dio creò l uomo a sua immagine». Ora, l uomo è immagine di Dio quanto all anima. Dunque l anima è venuta all esistenza per creazione. R ispo n d o : L anima ragionevole può esser.prodotta solo per creazione; cosa che non si verifica per le altre fonne. Ed eccone la ragione: 2 essendo il processo produttivo la via che porta all esistenza, a una cosa dovrà attribuirsi il divenire nel modo stesso che le si attribuisce l essere. Ora, si dice propriamente esistere ciò che possiede l esistenza in modo da sussistere in se medesimo : cosicché le sole sostanze si dicono propriamente e veramente enti. L accidente invece non possiede l essere, ma serve ad essere, ed è chiamato ente in questo senso; la bianchezza, p. es., si dice ente perchè per mezzo di essa alcune cose sono bianche. Per questo motivo Aristotele scrive che l accidente è «p iù cosa dell ente che ente». Questa è pure la condizione di tutte le altre forme non sussistenti. Perciò il divenire non compete in senso proprio a nessuna form a non sussistente ; ma sd dice che tali forme son prodotte in quanto vengono prodotti i rispettivi composti sussistenti. - Ora, l anima ragionevole è una forma sussistente, come abbiamo dimostrato. Quindi le com- 1 Anche la conclusione di questo articolo è materia di fede definita. Cosi infatti leggiamo nel simbolo di fede indirizzato dal papa S. Leone IX nel 1053 al vescovo Ad s e c u n d u m s ic p r o c e d it u r, Videtur quod anima non sit producta in esse per creationem. Quod enim in se habet aliquid materiale, fìt ex materia. Sed anima habet in se aliquid materiale: cum non sit actus purus. Ergo anima est facta ex materia. Non ergo est creata. 2. P raeterea, omnis actus materiae alicuius videtur educi de potentia materiae : cum enim materia sit in potentia ad actum, actus quilibet praeexistit in materia in potentia. Sed anima est actus materiae corporalis, ut ex óius definitione [cfr. A r is t., 2 De Anima, c. 1, lect. 1] apparet. Ergo anima educitur de potentia materiae. 3. P raeterea, anima est forma quaedam. Si igitur anima fìt per creationem, pari ratione omnes aliae formae. Et sic nulla forma exibit in esse per generationem. Quod est inconveniens. S ed contra e st quod dicitur Gen. 1,27 : «Creavit Deus hominem ad imaginem suam». Est autem homo ad imaginem Dei secundum animam. Ergo anima exivit in esse per creationem. R espo ndeo d ic e n d u m quod anima rationalis non potest fieri nisi per creationem : quod non est verum de aliis formis. Cuius ratio est quia, cum fieri sit via ad esse, hoc modo alicui competit fieri, sicut ei competit esse. Illud autem proprie dicitur esse, quod ipsum habet. esse, quasi in suo esse subsistens : unde solae substantiae proprie. et vere dicuntur entia. Accidens vero non habet esse, sed eo aliquid est, et hac ratione ens dicitur ; sicut albedo dicitur ens, quia ea aliquid est album. Et propter hoc dicitur in 7 Metaphys. [c. 1, lect. 1], quod accidens dicitur «m agis entis quam ens». Et eadem ratio est de omnibus aliis formis non subsistentibus. Et ideo nulli formae non subsistenti proprie competit fieri, sed dicuntur fieri per hoc quod composita subsistentia flunt. - Anima autem rationalis est di Antiochia; «Io credo... che l'ànima non è una porzione di Dio, ma che è stata, creata dal nulla» (D e n z., 348). 2 Nella Conira Gentiles (1. 2, c. 87) gli argomenti sono molteplici. Confrontando però i due testi, vediamo affiorare in questa breve perlcope tutti i motivi di quelle argomentazioni, ad eccezione di uno solo piuttosto singolare. «I l fine di una cosa deve corrispondere al suo principio, poiché un essere è perfetto quando si oongiunge al suo principio... Ora l anima umana raggiunge il fine e la perfezione quando trascende con la conoscenza e l amore tutto il creato, per giungere alla prima causa che è Dio. Dunque a luì essa deve il principio della sua origine».

79 168 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 90, aa. 2-3 pete in senso proprio, tanto l essere, quanto il divenire. E siccome non può derivare da una materia preesistente, nè corporea, perchè sarebbe allora di natura corporea, nè spirituale, perchè in tal caso le sostanze spirituali si trasmuterebbero le une nelle altre, è necessario concludere che viene prodotta solo per creazione. S o l u z io n e d e lle d if f ic o l t à : 1. Nell anima l elemento materiale è l essenza semplice della medesima, mentre l elemento formale è l esistenza partecipata: e questa accompagna necessariamente l essenza dell anima, perchè l esistenza è essenzialmente annessa alla forma. - S i avrebbe la stessa conseguenza anche se si ritenesse, come pensavano alcuni,1 che l anima è materia spirituale. Infatti una tale materia non dovrebbe essere in potenza ad altre forme, come ora avviene per la materia dei corpi celesti; altrimenti l anima sarebbe corruttibile. Perciò in nessun modo l anima può essere prodotta da una materia preesistente. 2. Dire che l atto vien tratto dalla potenza della materia, significa soltanto che un essere, il quale era prima in potenza, in seguito diviene attuale. Ora, siccome l essere dell anima intellettiva non dipende dalla materia corporea, ma è sussistente e oltrepassa la virtualità della materia, come abbiamo già spiegato, per questo l anima non può esser tratta dalla potenza della materia, 3. Abbiamo già spiegato che il caso deh anima intellettiva è diverso da quello delle altre forme. CREAZIONE D ELL A N IM A 169 forma subsistens, ut supra [q. 75, a. 2] habitum est. Unde sibi proprie competit esse et fieri. Et quia non potest fieri ex materia praeiacente, neque corporali, quia sic esset naturae corporeae ; neque spirituali, quia sic substantiae spirituales in invicem transmutarentur : necesse est dicere quod non fiat nisi per creationem. A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod in anima est sicut materiale ipsa simplex essentia, formale autem in ipsa est esse participatum: quod quidem ex necessitate simul est cum essentia animae, quia esse per se consequitur ad formam. - Et eadem ratio esset, si poneretur composita ex quadam materia spirituali, ut quidam dicunt. Quia illa materia non est in potentia ad aliam formam, sicut nec materia caelestis corporis: alioquin anima esset corruptibilis. Unde nullo modo anima potest fieri ex materia praeiacente. A n s e c u n d u m d ic e n d u m quod actum extrahi de potentia materiae, nihil aliud est quam aliquid fieri actu, quod prius erat in potentia. Sed quia anima rationalis non habet esse suum dependens a materia corporali, sed habet esse subsistens, et excedit capacitatemi materiae corporalis, ut supra [q. 75, a. 2] dictum est; propterea non educitur de potentia materiae. A d t e r t iu m d ic e n d u m quod non est simile de anima rationali, et de aliis formis, ut dictum est [in corp.]. ARTICOLO 3 Se l anima intellettiva sia prodotta immediatamente da Dio. S e m b r a che l anima intellettiva non sia prodotta immediatamente da Dio, ma per mezzo degli angeli. Infatti: 1. Nel mondo degli spiriti vige più ordine che in quello dei corpi. Ora i corpi inferiori sono prodotti da quelli superiori, come afferma Dionigi. Perciò anche gli spiriti inferiori, quali sono appunto le anime umane, son prodotti dagli spiriti superiori, che sono gli angeli. 2. Nelle cose principio e fine si corrispondono: infatti principio e fine di tutti gli esseri è Dio. Perciò il modo di promanare delle cose dal loro principio deve corrispondere al loro modo di tendere verso il fine. Ora, Dionigi insegna che «g li esseri infimi sono indirizzati [al fine] per mezzo dei prim i». Perciò gli esseri inferiori anche l esistenza la ricevono per tramite dei prim i; e cioè le anime per mezzo degli angeli. 3. «È perfetto ciò che può produrre un essere consimile», come dice Aristotele. Ora, le sostanze spirituali sono molto più perfette di quelle materiali. E siccome i corpi producono esseri della loro medesima specie, molto più gli angeli saranno in grado di produrre 1 Abbiamo già visto nei volumi precedenti, che fautori di questa dottrina al tempo dell Aquinate erano non pochi Maestri parigini, primo fra tutti S. Bonaventura (cfr. S. B o n a v e n t u r a, Jn 3 Sent., d. 17, a. l, q. 2). ARTICULU S 3 Utrum anima rationalis sit producta a Deo immediate. $ Sent., d. 18, q. 2, a. 2 ; Quodlil). 3, q. 3, a. 1 ; Opusc. 15, De Angelis, c. 10 j De Causis, lect. 3, 5. A d t e r t iu m s ic p r o c e d it u r. Videtur quod anima rationalis non sit producta a Deo immediate, sed mediantibus angelis. Maior enim ordo est in spiritualibus quam in corporalibus. Sed corpora inferiora producuntur per corpora superiora, ut Dionysius dicit, 4 cap. De Div. Nom. [lect. 3], Ergo et inferiores spiritus, qui sunt animae rationales, producuntur per spiritus superiores, qui sunt. angeli. 2. P raeterea, finis rerum respondet principio : Deus enim est principium et finis rerum. Ergo et exitus rerum a principio respondet reductioni rerum in finem. Sed «infim a reducuntur per prim a», ut Dionysius dicit [Eccles. Hier., c. 5], Ergo et infima procedunt in esse per prima, scilicet animae per angelos. 3. P raeterea, «perfectum est quod potest sibi simile facere», ut dicitur in 4 M eteor. [c. 3, lect. 4], Sed spirituales substantiae sunt multo magis perfectae quam corporales. Cum ergo corpora faciant sibi similia secundum speciem, multo magis angeli poterunt facere 3 Al luoghi paralleli Indicati nel testo latino bisogna aggiungere tutti quelli dell a. 2. Infatti per S. Tommaso la creazione è una prerogativa divina. Egli ha voluto insistere con un nuovo articolo sull argomento, per combattere l'emanazlonismo neoplatonico, che minacciava di Invadere ancora una volta l'occidente attraverso le dottrine dei filosofi arabi.

80 170 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 90, aa. 3-4 qualche cosa di inferiore a lla loro n atura specifica, q u a l è l anim a um ana. I n c o n tr a r io: La Genesi assicura, che «D io stesso alitò sulla faccia dell uomo lo spirito di vita». R ispo n d o : Pensarono alcuni1 che gli angeli, operando per delegazione divina, producono le anime umane. Ma questo è assolutamente impossibile e contrario alla fede. Infatti abbiamo visto che l anima umana non può essere prodotta che per creazione. Ora, Dio solo può creare. Infatti è prerogativa del solo primo agente operare senza presupposto alcuno : invece la causa seconda presuppone sempre qualche cosa dovuta al primo agente, come abbiamo già dimostrato. Ma chi produce un effetto presupponendo qualche cosa compie una trasmutazione j mentre soltanto Dio può compiere una creazione. E poiché l anima intellettiva non può derivare per trasmutazione da una qualsiasi materia, non potrà essere prodotta che immediatamente da Dio. E ciò risolve chiaramente le difficoltà. Infatti la causalità sui corpi consimili o inferiori, e l influsso dei corpi superiori sugli inferiori, avviene sempre mediante qualche trasmutazione. CREAZIONE D ELL ANIM A 171 aliquid infra se secundum speciem naturae, scilicet animam rationalem. S ed contra est quod dicitur Gen,, 2,7, quod Deus ipse «inspiravit in faciem hominis spiraculum vitae». R espondeo dicend um quod quidam posuerunt quod angeli, secundum quod operantur in virtute Dei, causant animas rationales. Sed hoc est omnino impossibile, et a fide alienum. Ostensum est enim [a. praec.] quod anima rationalis non potest produci nisi per creationem. Solus autem Deus potest creare. Quia solius primi agentis est agere, nullo praesupposito : cum semper agens secundum praesupponat aliquid a primo agente, ut supra [q. 65, a. 3] habitum est. Quod autem agit aliquid ex aiiquo praesupposito, agit transmutando. Et ideo nullum aliud agens agit nisi transmutando ; sed solus Deus agit creando. Et quia anima rationalis non potest produci per transmutationem alicuius materiae, ideo non potest produci nisi a Deo immediate. Et per hoc patet solutio ad obiecta, Nam quod corpora causant vel sibi similia vel inferiora, et quod superiora reducunt inferiora, totum hoc provenit per quandam transmutationem. ARTICOLO 4 Se l anima umana sia stata creata prima del corpo.3 ARTICULUS 4 Utrum anima humana fuerit producta ante corpus. Infra, q. 91, a. 4, ad 3, 5 ; q. 118, a. 3 ; t Seni., d. 17, q. 2, a. 2 j t Cont. Gcnt., cc. 83, 84 ; De Pot., q. 3, a. 10. S e m b r a che l anima umana sia stata creata prima del corpo. Infatti : 1. L opera della creazione ha preceduto quella della distinzione e deh abbellimento, come si è visto. Ora, l anima ha ricevuto l essere per creazione ; il corpo invece fu prodotto al termine dell opera di abbellimento. Dunque l anima umana è stata creata prima del corpo. 2. L anima intellettiva è più vicina agli angeli che alle bestie. Ebbene, gli angeli furono creati prima dei corpi, oppure subito da principio assieme alla materia ; invece il corpo dell uomo fu formato il sesto giorno, quando furono prodotte anche le bestie. Dunque l anima umana fu creata prima del corpo. 3. Principio e fine si corrispondono. Ora, l anima in fine rimane dopo il corpo. Dunque in principio fu creata prima del corpo. In contrario : L atto proprio si attua nella rispettiva potenza. Essendo dunque l anima l atto proprio del corpo, dovette essere prodotta nel corpo. R is p o n d o : Origene ammise che, non solo l anima del primo uomo, ma quelle di tutti gli uomini, sono state create, insieme con gli angeli, prima dei corpi: perchè riteneva che tutte le sostanze spirituali, tanto le anime che gli angeli, fossero uguali per condizione di natura, e differenti solo a motivo dei loro meriti. E per tale 1 S. Tommaso ha presente l emanazionismo di Avicenna, come risulta dal suo opuscolo De Substantiis separatis, cc. 10, 11 ; ma anche in S. Agostino egli può aver trovato accenni ad errori consimili (cfr. Aug., De hacresilnts, n. 59). 2 L articolo prende lo spunto dalle arditissime teorie di Origene e di S. Ago- A d q u a r t u m s ic ph o ceditur. V id etu r quod an im a hu m an a fu erit p ro d u cta an te corpus. Opus enim creatio n is praecessit opus distinction is et om atu s, ut supra [q. 66, a. 1 ; q. 70, a. 1] h abitu m est. Sed anim a p roducta est in esse p e r creation em ; corpus au tem factu m est in fine ornatus. E rgo an im a h om in is producta est ante corpus. 2. P raeterea, a n im a ra tio n a lis m a g is con ven it cum an gelis quam cum an im alib u s brutis. Sed a n geli creati fu eru n t an te corp ora, vel statim a p rin c ip io cum c o rp o ra li m a teria ; corp u s au tem h om in is form a tu m est sexto die, quando et bru ta a m m a lia sunt producta. E rg o an im a hom inis fu it creata ante corpus. 3. P raeterea, fin is p ro p ortion atu r p rin cipio. Sed anim a in fine rem an et post corpus. E rg o et in p rin cip io fu it creata ante corpus. S ed contra e st quod actus p ro p riu s fìt in p o ten tia p ro p ria. Cum e rg o an im a sit p ro p riu s actus corporis, a n im a p roducta est in corpore. R espondeo d ic e n d u m quod O rigen es posu it [/ P eri Archon, cc. 6 ss.l non solum an im am p rim i hom inis, sed an im as om n iu m hom inum ante corp o ra sim u l cum an gelis creatas ; p ro p ter hoc quod credid it om nes sp iritu al es substantias, tam an im as quam angelos, aequastino. Quelle del primo, condivise In seguito da Priscilllano, sono state espressamente condannate dalla Chiesa (cfr. Denz., 303) ; quelle del secondo, presentate con la modestia e la prudenza di un Santo, mettono In Imbarazzo i suoi discepoli. S. Tommaso cerca di interpretare le parole del grande maestro nel senso più ortodosso, e indica persino la via che logicamente dovrebbe tenere un agostiniano ad oltranza. Ma alla luce del suo pensiero filosofico queste teorie si mostrano «assolutamente insostenibili». Tuttavia è da ammirarsi la finezza con la quale ha avanzato una così grave riserva, facendola dipendere da due condizionali.

81 172 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 90, a. 4 motivo alcune di esse, come le anime degli uomini e quelle dei corpi celesti, sarebbero state legate ai corpi, altre invece sarebbero rimaste nella loro purezza, secondo le varie gerarchie. Abbiamo già confutato una tale opinione: perciò per il momento non ne parliamo. Anche S. Agostino dice che l anima del primo uomo fu creata con gli angeli prima del corpo, ma per un altra ragione. Egli cioè ritiene che nell opera dei sei giorni il corpo dell uomo non fu prodotto nella sua realtà attuale, ma nelle ragioni seminali; il che non può dirsi dell anima, poiché essa non fu prodotta da una materia preesistente, corporale o spirituale, e neppure poteva essere causata dalla virtù di una creatura. Sembrava perciò plausibile che fosse stata creata insieme agli angeli, nell opera dei sei giorni, nel tempo1in cui furono create tutte le cose ; in seguito poi si sarebbe piegata per volontà propria a governare un corpo. - Però egli non dice questo a modo di asserzione, come mostrano le sue stesse parole : «A meno che non si opponga l autorità della Scrittura, o l esigenza della verità, si può credere che l uomo sia stato creato nel sesto giorno, nel senso che la ragione seminale del corpo umano fu creata negli elementi del mondo, e che l anima fu creata essa stessa direttamente». 1 Una tale opinione si pptrebbe tollerare nella teoria di coloro, i quali ritengono che l anima possiede per se stessa una specie e una natura completa, e che essa non si è unita al corpo come forma di esso, ma solo come guida. Ma se l anima è unita al corpo come sua forma, e se è essenzialmente parte della natura umana, una tale opinione è assolutamente insostenibile. Infatti è evidente che Dio costituì gli esseri primordiali nello stato perfetto della loro natura, come richiedeva la specie di ciascuno di essi. Ora, l anima, essendo parte della natura umana, non ha la sua perfezione naturale che nell unione col corpo. Quindi non sarebbe stata ragionevole la sua creazione senza il corpo. A voler sostenere l opinione di S. Agostino sui giorni della creazione, si potrebbe dire che l anima umana ebbe una certa priorità sull opera dei sei giorni, se ci fermiamo a considerare il genere, cioè al fatto che l anima è simile agli angeli per la sua natura intellettiva ; ma direttamente essa fu creata insieme al corpo. - Stando invece agli altri Santi [Dottori], tanto l anima che il corpo del primo uomo furono prodotti nell opera dei sed giorn i.2 S o l u z io n e d e lle d if f ic o l t à : 1. Se la natura dell anima formasse una specie indipendente da richiedere una creazione a parte, allora l argomento porterebbe a concludere che all inizio l anima fu creata da sola. Ma siccome l anima è essenzialmente forma del corpo, non doveva essere creata separatamente, bensì nel corpo. 2. Analoga è la risposta alla seconda difficoltà. Infatti, se l anima per se stessa appartenesse a una specie, avrebbe la massima affinità con gli angeli. Essendo invece forma del corpo, appartiene come causa formale al genere degli animali. 3. Che l anima rimanga dopo il corpo dipende da quella deficienza del corpo che è la morte. Ma una tale deficienza non doveva verificarsi quando in principio l anima fu creata, 1 Vari furono 1 motivi che spinsero S. Agostino verso una tesi cosi strana. I motivi principali e dichiarati sono connessi con le difficoltà esegetiche dei primi ca- CREAZIONE D ELL ANIM A 173 les esse secundum suae naturae conditionem, sed solum merito distare ; sic ut quaedam earum corporibus alligarentur, quae sunt animae hominum vel caelestium corporum ; quaedam vero in sui puntate, secundum diversos ordines, remanerent. De qua opinione supra [q. 47, a. 2] iam diximus: et ideo relinquatur ad praesens. Augustinus vero, in 7 Super Gen. ad lìtt. [cc ], dicit quod anima pririii hominis ante corpus cum angelis est creata, propter aliam ràtionem. Quia scilicet ponit quod corpus hominis in illis operibus sex dierum non fuit productum in actu, sed solum secundum causales rationes : quod non potest de anima dici ; quia nec ex aliqua materia corporali aut spirituali praeexistente facta fuit, nec ex aliqua virtute creata produci potuit. Et ideo videtur quod ipsamet anima in operibus sex dierum, in quibus omnia facta fuerunt, simul cum angelis fuerit creata; et quod postmodum propria voluntate inclinata fuit ad corpus administrandum. - Sed hoc non dicit asserendo, ut eius verba demonstrant [loco cit., c. 24], Dicit enim: «Credatur, si nulla Scripturarum auctoritas seu veritatis ratio conti adicit, hominem ita factum sexto die, ut corporis quidem humani ratio causalis in elementis mundi, anima vero iam ipsa crearetur». Posset autem hoc utique tolerari secundum eos qui ponunt quod anima habet per se speciem et naturam completam, et quod non unitur corpori ut forma, sed solum ad ipsum administrandum. Si autem anima unitur corpori ut forma, et est naturaliter pars humanae naturae, hoc oinnino esse non potest. Manifestum est enim quod Deus primas res instituit in perfecto statu suae naturae, secundum quod uniuscuiusque rei species exigebat. Anima autem, cum sit pars humanae naturae, non habet naturalem perfectionem nisi secundum quod est corpori unita. Unde non fuisset conveniens animam sine corpore creari. Sustinendo ergo opinionem Augustini de operibus sex dierum, dici poterit quod anima humana pra.ecessit in operibus sex dierum secundum quandam similitudinem generis, prout convenit. cum angelis in intellectuali natura ; ipsa vero fuit creata simul cum corpore. - Secundum alios vero Sanctos, tam anima quam corpus primi hominis in operibus sex dierum sunt producta. Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod, si natura animae haberet integram speciem, ita quod secundum se crearetur, ratio illa procederei, ut per se in principio crearetur. Sed quia naturaliter est forma corporis, non fuit seorsum creanda, sed debuit creari in corpore. Et similiter est dicendum ad s e c u n d u m. Nam anima si per se speciem haberet, magis conveniret cum angelis. Sed inquantum est forma corporis, pertinet ad genus animalium, ut formale principium. Ad t e r t iu m d ic e n d u m quod animam remanere post corpus, accidit per defectum corporis, qui est mors. Qui quidem defectus in principio creationis animae, esse non debuit. pltoli della Genesi (cfr. 7 Super Gen, ad lilt. c. 28). Quelli non dichiarati sono invece connessi col suo platonismo. 3 Queste divergenze furono ampiamente illustrate da S. Tommaso stesao aua q. 66, a. 1 (cfr. voi. V, pp. 44 ss.).

82 366 INDICE ONOMASTICO R òsler A. 216, 223. R o u s s e l o t P. 90. R u f f i n i E. 179, 182, 335. S acra S c r it t u r a : Vecchio Testamento. Gen. (1, 26) : 189, 207, 269, 273 n - (1, 27): 167, 189, 215, 219, 221, 299, (1, 28) : (1, 30) : (1, 31) : 209-2, 7): 163, , 189, 245, (2, 8-9) : (2, 8-15) : 322 s. - (2, 10 ss.) : (2, 15) : 331, (2, 16) : 289, (2, 17): (2, 18): (2, 18-20): (2, 18-24) : 192 (2. 19) : 273-2, 20) : (2, 21) : 241, (2, 22): 201, 299, (2, 23) : (2, 24) : 195, (3, 16): 193, (3, 17 ss.): 331 -(3, 20): 193- (3, 22) : (4, 1) : (5, 24) : 330 s. - (9, 2-3): 271. Lev. (18, 6 ss.) : 197. Deut. (32, 4) : 175 s. 1 Re (28, 11 ss.): Re (2, 1-13) : 330 s. Gìob. (3, 13) : (14, 21) : 157. Sai. (4, 6) : 39 - (4, 7) : 39, (38, 7) : (48, 21) : , 5) : ( ) : 189. Prov. (3, 18) : (14, 22) : 81. Eccle. (7, 30) : 185, 241, 257, (8, 6-7) : 98 n. Sap. (9, 15) : 243, (9, 16) : (10, 2) : 283. Eccli. 160 n - (13, 19) : (17, 1) : (17, 5) : (46, 23): 159. Is. (40, 18) : (63, 16) : 159. Nuovo Testamento. Mal. (18, 10): (22, 30): 299 Luca (16, 23) : 141, (16, 25) : (16, 28) : 147, 157. Gìov. (1, 9) : (1, 18) : (20, 22) : 191. A tti (17, 26): 197. Rom. '1, 20) : 37, (5, 12) : 282 n - (5, 16-21) : (8, 29'; : (13, 1) : 275 n. 1a Cor. (11, 7) : 215, (11, 8-9) : (13, 8) : (13, 12) : (15, 45) : 191, (15, 46) : Cor. (3, 18) : 231. Gal. (5, 17) : 259. Ef. (4, 23-24) : (5, 32) : 199. Col. (1, 15) : (3, 10) : 221, 225 r Tim. (2, 12) : (2, 14) : Tim. (2, 5) : 265. Ap. (21, 4) : 283. S ergi G S ocrate 20, 68, 106. T e o f ilo di Antiochia (S.) 247. T e sta A. 61. T h i e l M. 57. U go di S. Vittore 200, 311 s. V a n R ie t G. 61. V arrone 164. V ir g il io 272 s. W é b e r t J. H, 66. Z a c c h i A. 179, 335. Z a m b o n i G. 8, 13, 110 s. Z o s im o (S.) 282 s. IN D IC E G E N E R A L E I ntroduzione I. «N ihil est in intellectu, quin prius fuerit in sensu»... 7 II. La plurivalenza intenzionale delle s p e c ie III. L origine d ell uomo e i suoi p r o b l e m i L. uom o : P ensiero e origini 14 A v v e rte n z e Questione L a conoscenza d ell anim a unita al corpo rispetto alle cose m ateriali ad essa i n f e r i o r i...16 Articolo 1. Se l anima conosca i corpi mediante l intelletto.. 16 Articolo 2. Se l anima conosca g li esseri corporei mediante la propria e s s e n z a Articolo 3. Se l anima conosca tutte le cose per m ezzo di idee i n n a t e...26 Articolo 4. Se le idee derivino n ell anim a dalle form e separate. 30 Articolo 5. Se l anima intellettiva conosca le cose m ateriali nelle ragioni e t e r n e Articolo 6. Se la cognizione intellettiva d erivi dalle coso sensibili 40 Articolo 7. Se l intelletto possa avere l intellezione attuale m e diante le specie in telligib ili che già possiede, senza volgersi ai f a n t a s m i Articolo 8. Se l atto intellettivo del giudizio sia ostacolato dall assopimento dei s e n s i Questione Procedim ento e sviluppi dell intellezione A rticolo 1. Se il nostro intelletto intenda le cose corporee e m ateriali astraendole dai f a n t a s m i Articolo 2. Se le specie intelligibili astratte dai fantasmi siano l oggetto stesso della nostra in t e lle z io n e Articolo 3. Se nella nostra conoscenza intellettiva i prim i dati siano quelli più u n iv e r s a li...66 A riicolo 4. Se sia possibile conoscere m olte cose simultaneamente 72 Articolo 5. Se il nostro intelletto conosca raffrontando e contrapponendo (i concetti]...76 A rticolo 6. Se l intelletto possa in g a n n a r s i...80 Articolo 7. Se uno possa intendere una stessa cosa m eglio di un a l t r o A rticolo 8. Se l intelletto conosca g l in divisib ili prim a delle cose d i v i s i b i l i p»<i.

83 368 INDICE GENERALE Questione Gli aspetti della realtà m ateriale conosciuti dal nostro i n t e l l e t t o... Articolo 1. Se il nostro intelletto conosca i singolari A rticolo 2. Se il nostro intelletto possa conoscere cose infinite Articolo 3. Se l intelletto conosca le cose contingenti A rticolo 4. Se il nostro intelletto conosca le cose future. Questione In che modo l anima intellettiva conosca se stessa, e quanto in essa si t r o v a... Articolo i. Se l anima intellettiva conosca se stessa mediante la propria e s s e n z a... Articolo 2. Se il nostro intelletto conosca immediatam ente nella loro essenza g li abiti d ell a n im a... A rticolo 3. Se l intelletto conosca il proprio atto. Articolo 4. Se l intelletto conosca l atto della volontà Questione Come l anima conosca le coso ad essa superiori Articolo 1. Se l anima umana nella vita presente possa avere la conoscenza immediata delle sostanze im m ateriali. Articolo 2. Se il nostro intelletto possa raggiungere la conoscenza delle sostanze im materiali, mediante la conoscenza delle cose m a t e r i a l i... Articolo 3. Se Dio sia il prim o oggetto conosciuto dalla mente u m a n a... Questione La conoscenza dell'anim a separata.... Articolo 1. Se l anima separata possa avere l ' intellezione di qualche c o s a Articolo 2. Se l anima separata conosca le sostanze separate. 140 Articolo 3. Se l anima separata conosca tutta la realtà fìsica. 142 Articolo 4. Se l anima separata conosca i singolari Articolo 5. Se n ell anima separata rimangano gli abiti scientifici acquistati in v i t a Articolo 6. Se g li atti della scienza acquistata in questo mondo rim angano n ell anim a s e p a r a t a A rticolo 7. Se la lontananza impedisca la cognizione dell anima separata Articolo 8. Se le anime separate conoscano gli avvenim enti di questo mondo Questione Creazione dell uomo: creazione dell anima Articolo 1. Se l anima sia stata prodotta, o se faccia parte della sostanza stessa di D i o... A rticolo 2. Se l anima sia venuta a ll esistenza per creazione. Articolo 3. Se l anima intellettiva sia prodotta immediatamente da D i o... Articolo 4. Se l anima umana sia stata creata prim a del corpo. Questione L origine del corpo del prim o uomo.... Articolo 1. Se il corpo del primo uomo sia stato formato col fango della t e r r a... Articolo 2. Se il corpo umano sia stato prodotto immediatamente da D i o... PAG. 91) INDICE GENERALE 360 A rticolo 3. Se al corpo dell uomo sia stata data una disposizione con ven ien te Articolo 4. Se nella Scrittura sia descritta convenientemente la produzione del corpo u m a n o Questione L origine della d o n n a Articolo 1. Se c era bisogno di produrre la donna nella prim a costituzione del m o n d o Articolo 2. Se era bene che la donna fosse tratta dall uomo Articolo 3. Se era conveniente che la donna fosse form ata dalla costola d ell u o m o Articolo 4. Se la donna fu form ata immediatamente da Dio Questione Fine e coronamento della creazione dell uomo Articolo 1. Se v i sia nell uomo l im m agine di Dio Articolo 2. Se l im m agine di Dio si trovi anche nelle creature irragion evoli 208 Articolo 3. Se l angelo più dell uomo sia a im m agine di Dio Articolo 4. Se l immagine di Dio si trovi in ogni singolo uomo. 214 Articolo 5. Se nell uomo vi sia l immagine di Dio secondo la trinità delle P e r s o n e... gi6 Articolo 6. Se l immagine dì Dio si trovi nell uomo soltanto in rapporto all anima in te lle ttiv a Articolo 7. Se l ' immagine di Dio nell'anima si fondi sugli atti. 226 Articolo 8. Se l immagine della Trinità divina si trovi nell anima solo in rapporto a quell'oggetto che è D io Artìcolo 9. Se sia conveniente distinguere la somiglianza dall immagine Questione Stato e condizione del primo uomo quanto all intelletto Articolo 1. Se il primo uomo abbia visto l essenza di Dio Articolo 2. Se Adamo nello stato di innocenza vedeva le essenze a n g e lic h e Articolo 3. Se il primo uomo possedesse la conoscenza di tutte le c o s e Articolo 4. Se l'uomo nello stato primitivo poteva essere ingannato Questione Cose concernenti la volontà del primo uomo, cioè la grazia e l i n n o c e n z a Articolo 1. Se il primo uomo sia stato creato in grazia Articolo 2. Se nel primo uomo vi erano le passioni dell anima. 258 Articolo 3. Se Adamo fosse dotato di tutte le virtù Articolo 4. Se le opere del primo uomo avessero minore efficacia di meritare che le n o s t r e Questione Il dominio dell uomo nello stato di innocenza Articolo 1. Se Adamo nello stato di innocenza aveva il dominio sugli a n i m a l i Articolo 2. Se l uomo aveva un dominio su tutte le altre creature 272 Articolo 3. Se gli uomini nello stato di innocenza sarebbero stati tutti u gu a li PAQ.

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