PROGETTO CELIACHIA INTRODUZIONE. Cosa è la celiachia

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1 PROGETTO CELIACHIA INTRODUZIONE Cosa è la celiachia La celiachia è un intolleranza permanente al glutine, sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, kamut, orzo, segale, spelta e triticale. L incidenza di questa intolleranza in Italia è stimata in un soggetto ogni 100/150 persone. I celiaci potenzialmente sarebbero quindi 400 mila, ma ne sono stati diagnosticati intorno ai 65 mila. Ogni anno vengono effettuate cinque mila nuove diagnosi ed ogni anno nascono nuovi celiaci, con un incremento annuo del 9%. Per curare la celiachia, attualmente, occorre escludere dalla dieta alcuni degli alimenti più comuni, quali pane, pasta, biscotti e pizza, ma anche eliminare le più piccole tracce di farina da ogni piatto. Questo implica un forte impegno di educazione alimentare. Infatti l assunzione di glutine, anche in piccole dosi, può causare danni. La dieta senza glutine, condotta con rigore, è l unica terapia che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute. Il glutine è una proteina contenuta in alcuni cereali: frumento, farro, orzo, segale, avena. Seguire una dieta senza glutine significa evitare alimenti contenenti questi cereali e i loro derivati. Si possono utilizzare invece altri tipi alimenti quali: riso, mais, miglio, manioca ed altri. Molte industrie alimentari hanno messo in commercio alimenti senza glutine sempre più gradevoli: farine che sostituiscono quella di grano, pane, pasta, biscotti, dolci, cracker, grissini, fette biscottate, merende. La dieta del celiaco risulta così varia ed equilibrata nonostante l esclusione del glutine. Nel soggetto geneticamente predisposto l introduzione di alimenti contenenti glutine, quali pasta, pane, biscotti o anche tracce di farina ricavata da cereali vietati, determina una risposta immunitaria 1

2 abnorme a livello dell intestino, cui consegue una infiammazione cronica con scomparsa dei villi intestinali. Importanti e qualche volta irreversibili le malattie determinate da una diagnosi tardiva: osteoporosi, infertilità, aborti ripetuti, bassa statura nei ragazzi, diabete mellito, tiroidite autoimmune, alopecia, epilessia con calcificazioni cerebrali e il temutissimo linfoma intestinale. Non sempre la celiachia si presenta in modo palese. Infatti le sue forme cliniche possono essere molteplici. La forma tipica ha come sintomatologia diarrea e arresto di crescita (dopo lo svezzamento), quella atipica si presenta tardivamente con sintomi prevalentemente extraintestinali (ad esempio anemia), quella silente ha come peculiarità l assenza di sintomi eclatanti e quella potenziale (o latente) si evidenzia con esami sierologici positivi ma con biopsia intestinale normale. La diagnosi di celiachia si effettua mediante dosaggi sierologici: gli AGA (anticorpi antigliadina di classe IgA e IgG), gli EMA (anticorpi antiendomisio di classe IgA). Recentemente è stato messo a punto un nuovo test per il dosaggio di anticorpi di classe IgA, gli Antitransglutaminasi. Per la diagnosi definitiva di celiachia è però indispensabile una biopsia dell intestino tenue con il prelievo di un frammento di tessuto, dall esame istologico del quale è possibile determinare l atrofia dei villi intestinali.. Da un recente studio, durato 2 anni, è emersa l'ipotesi che l'innesco della malattia autoimmune possa avvenire, su soggetti geneticamente predisposti (HLA DQ2/DQ8), in seguito a una comune infezione con rotavirus con risposta verso la proteina «Vp7» del rotavirus (un comune virus che causa enterite 2

3 nei bambini; il 90% degli italiani nella propria vita ne è entrato in contatto). La proteina glutine viene endocitata dagli enterociti (le cellule dell'intestino tenue, deputate alla digestione e assorbimento dei cibi) e viene frammentata nel citoplasma in peptidi più piccoli. Alcune frazioni proteiche alcool-solubili vengono esposte sulla superficie cellulare tramite il complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) di I classe. Questi complessi molecolari sono "controllati" dalla popolazione dei linfociti T citotossici che "sbagliano" il loro bersaglio riconoscendo come non-self i peptidi (che infatti sarebbero innocui) e inducono l'apoptosi dell'enterocita. Così facendo, l'enterocita ucciso riversa nel lume intestinale tutto il suo contenuto, tra cui la gliadina stessa (ci sono Anticorpi anti-gliadina: AGA) e gli enzimi intracellulari come la TransGlutamminasi che di norma sta all'interno della cellula e quindi non sono stati "conosciuti" dal sistema immunitario. L'enzima TransGlutamminasi è attaccato dalle IgA, che lo riconoscono come non-self, sbagliando una seconda volta (ci sono infatti gli Anticorpi anti-transglutamminasi, anti-ttg). Per finire, la membrana basale resta scoperta, e vengono prodotti anche Anticorpi anti-endomisio (EMA). Quel che deriva è che la mucosa intestinale piano piano va in atrofia. I villi si appiattiscono (in senso cranio-caudale) e le cripte iperproliferano per compensare; gli enterociti assumono una forma cuboidale anziché cilindrica e aumentano i linfociti nel lume intestinale. Tutto ciò determina un malassorbimento ingravescente, che va riconosciuto e compensato quanto prima, tenendo presente che la mucosa intestinale si ricostruisce in almeno 6 mesi, da quando viene intrapresa una dieta priva di glutine. Le manifestazioni cliniche sono assai varie: alcuni soggetti presentano un quadro classico di malassorbimento con diarrea, perdita di peso e carenze nutritive multiple, altri, invece, riferiscono uno o più sintomi cronici spesso estranei all apparato digerente. Sono comuni disturbi quali crampi, debolezza muscolare, formicolii, emorragie, gonfiore alle caviglie, dolori ossei, facilità alle fratture, alterazioni cutanee, afte, 3

4 disturbi psichici; molto frequente è l anemia da carenza di ferro. Infine esistono soggetti che non lamentano sintomi o nei quali i disturbi sono talmente modesti da non richiedere l intervento del medico; vengono diagnosticati solo perché nell ambito familiare c è un altro membro affetto da celiachia. Non raramente alla celiachia sono associate malattie quali il diabete, l artrite reumatoide, l epatite cronica attiva, alterazioni della tiroide, la dermatite erpetiforme. Osteoporosi e Malattia Celiaca Malgrado la prima descrizione di alterazioni dell'omeostasi ossea in pazienti affetti da malattia celiaca (MC) risalga a circa 70 anni fa, tale argomento è stato affrontato in maniera sistematica solo di recente. Negli ultimi 5 anni, infatti, nella letteratura internazionale è possibile reperire un numero di studi pubblicati in extenso superiore a 50 e, attualmente, l'in-tegrità morfo-funzionale dell'osso è considerato un problema clinico rilevante in pazienti affetti da questa condizione. Un particolare impulso allo studio dei disordini metabolici a carico dell'osso è stato offerto dalla possibilità di quantificare la perdita di massa ossea in modo preciso e non invasivo mediante la recente introduzione nella pratica clinica della densitometria ossea. Prevalenza dell'osteopatia metabolica nella malattia celiaca La prevalenza della osteopenia nei celiaci adulti non trattati può essere dedotta solo da un numero relativamente esiguo di studi, che abbiano utilizzato le moderne tecniche diagnostiche. Sebbene tali studi non siano omogenei per quanto concerne la selezione dei pazienti e dei controlli e sebbene vi siano lievi differenze 4

5 nei metodi di indagine utilizzati, tutti tranne uno concordano sul fatto che una perdita di massa ossea è presente in più del 75% dei pazienti adulti. Questo rende la MC una delle condizioni che più frequentemente predispongono ad osteopatia metabolica. In due studi la perdita di massa ossea correlava con il pattern di presentazione clinica. Sebbene in pazienti asintomatici, diagnosticati in quanto parenti di primo grado di celiaci noti e in pazienti con MC subclinica, diagnosticati sulla base della presenza di sintomi lievi, transitori ed apparentemente non correlati a tale condizione, la prevalenza della osteopatia metabolica e la severità del danno osseo fossero inferiori rispetto a pazienti con chiari sintomi di malassorbimento, queste erano comunque maggiori rispetto ai corrispondenti controlli sani. Questi risultati sono stati confermati da un recente studio eseguito su una serie di pazienti affetti da dermatite erpetiforme non trattata i quali mostravano alterazioni della massa ossea simili a quelle di celiaci con malattia silente o subclinica, confermando, quindi, che il grado di malassorbimento è un determinante maggiore della perdita ossea nella MC. Per quanto riguarda la MC dell'infanzia, nonostante un importante studio abbia dimostrato una significativa riduzione del contenuto minerale osseo in pazienti non trattati rispetto a controlli trattati, al momento non sono disponibili dati di prevalenza. Meccanismi di sviluppo del danno osseo Diversi lavori indicano che il malassorbimento intestinale gioca un ruolo fondamentale nella patogenesi dell'osteopatia metabolica. L'assorbimento attivo di calcio si verifica nel duodeno e nel digiuno prossimale, che rappresentano i segmenti intestinali più danneggiati nella MC. La presenza di livelli di calcio sierico inferiori alla norma nei pazienti 5

6 non trattati e l'escrezione urinaria di calcio bassa dopo pasto, ma normale a digiuno, suggeriscono la presenza di alterazioni a carico di tale funzione. La valutazione diretta dell'assorbimento di calcio mediante studio della cinetica del 47C o mediante il test di assorbimento dello stronzio stabile, il quale correla fedelmente con il trasporto intestinale del calcio, ha confermato che la MC si accompagna a malassorbimento di calcio. Altri fattori responsabili della presenza di un bilancio negativo del calcio in questa malattia sono rappresentati da un ridotto introito alimentare, probabilmente mediato dal concomitante deficit secondario di lattasi, una maggiore escrezione fecale di calcio endogeno, dovuta verosimilmente ad un aumento della secrezione intestinale e/o ad un diminuito riassorbimento e conseguente precipitazione nel lume intestinale con formazione di saponi. La conseguente ipersecrezione di paratormone (PTH) costituisce una risposta compensatoria. Alti livelli di PTH nel siero sono stati confermati, nei celiaci non trattati, da molti studi: tale rilievo riveste particolare importanza fisiopatologica in quanto il PTH promuove il riassorbimento osseo e contribuisce ad incrementare l'attività dell'enzima 1-idrossilasi renale, con conseguente aumento della sintesi di 1,25 vitamina D. La stimolazione del trasporto attivo di calcio intestinale mediato dalla 1,25 vitamina D rappresenta, tuttavia, un meccanismo di compenso inefficace nella MC poiché, sebbene gli enterociti esprimano un numero normale di recettori per la vitamina D, essi, a causa della loro immaturità, contengono bassissimi livelli di calbindina, una proteina legante il calcio vitamina D-dipendente. Al contrario, il contenuto enterocitario di calmodulina, una proteina legante il calcio vitamina D indipendente, che media molti degli effetti intracellulari del calcio, non è diminuito e, quindi, alterazioni di questa 6

7 sostanza non rappresentano un meccanismo responsabile del malassorbimento di calcio. La riduzione dei livelli di vitamina D sierica possono essere dovuti non solo al ridotto assorbimento, al ridotto introito con la dieta ed alla ridotta esposizione solare, ma anche alla minore emivita plasmatica del suo metabolita, secondario alla sua iperstimolata trasformazione in 1,25 vitamina D, mediata dall'aumento del PTH. Va sottolineato che paradossalmente gli alti livelli di 1,25 vitamina D hanno un effetto deleterio sul metabolismo osseo, essendo essi stessi causa di riassorbimento osseo. Recenti studi hanno valutato l'entità del turnover osseo nella MC mediante misurazione della fosfatasi alcalina sierica o dell'escrezione urinaria di idrossiprolina. Più recentemente, invece, si sono rese disponibili le metodiche biochimiche per la misurazione di marker bioumorali più sensibili e specifici. Mediante l'utilizzo di tali nuovi marker, la MC è risultata essere caratterizzata da un pattern di rimodellamento con aumentata sintesi ossea che, tuttavia, si dimostra incapace di compensare l'aumen-tato riassorbimento. La significativa correlazione tra PTH ed osteocalcina, un marker di neoformazione ossea, e tra il PTH e il telopeptide COOH-terminale del collagene di tipo I (ICTP) sierico, un marker del riassorbimento osseo suggeriscono che il responsabile dell'accellerato riassorbimento osseo sia l'aumento del PTH sierico. Molto recentemente, l'attenzione si è focalizzata sul potenziale ruolo patogenetico, nella osteopatia metabolica della MC, degli aumentati livelli sierici di citochine proinfiammatorie. È stato dimostrato, infatti, che queste citochine agiscono come fattori favorenti il riassorbimento osseo a livello locale. In particolare, l'interleuchina-6 gioca un ruolo chiave nel riassorbimento osseo essendo capace di reclutare nel sangue i precursori degli osteoclasti, le cellule dell'osso responsabili del riassorbimento, e di indurre la loro differenziazione e la loro attivazione, risultando in un'aumentata attività osteoclastica. È quindi 7

8 interessante che nei celiaci non trattati i livelli serici di IL-6 si correlino inversamente con i valori di BMD lombare e direttamente con PTH e con ICPT. A conferma di tale ipotesi patogenetica, in pazienti subclinici tutti gli indici biochimici del metabolismo e del rimodellamento osteo-minerale presentano alterazioni degli indici sierici di gravità intermedia rispetto ai celiaci con malassorbimento franco ed a volontari sani. Infine, l'osteopatia metabolica nella MC dell'infanzia è caratterizzata da anomalie sieriche del tutto simili a quelle riscontrate nell'adulto e quindi, verosimilmente, presenta gli stessi meccanismi fisiopatogenetici alla base. Conseguenze cliniche La conseguenza più comune ed importante dell'osteopatia metabolica nella MC è rappresentata dall'aumento del rischio di fratture ossee e dalla conseguente deformità indotta. Poiché nella MC la gravità dell'o-steopatia metabolica non correla con la presenza di dolore di tipo osseo, non esistono indicatori clinici che siano predittivi dei livelli di densità minerale ossea e, quindi, la misurazione diretta dei livelli di massa ossea mediante la densitometria è obbligatoria nel predire il rischio di frattura. Tal rischio aumenta di un fattore pari a 2 per ogni diminuzione di 8

9 densità minerale ossea pari ad una unità di deviazioni standard, che è l'unità di misura adottata per esprimere tali valori. Tuttavia, sebbene il verificarsi di fratture nella MC rappresenti un aspetto clinico di particolare attenzione, al momento, oltre a due studi preliminari e, fra l'altro, discordanti fra di loro, un solo lavoro in extenso è disponibile su questo argomento. Da tali studi risulta evidente come in pazienti con malattia celiaca le fratture di Colles siano le forme più comuni (43-45). Inoltre, rispetto alla popolazione generale paragonabile per sesso ed età, nei celiaci è evidente un aumentato rischio di frattura solo a livello dello scheletro periferico. Di particolare interesse, anche da un punto di vista fisiopatogenetico, risultano i dati relativi alla maggiore età alla diagnosi ed al maggiore ritardo diagnostico in pazienti con fratture rispetto a quelli che non presentano fratture ed il fatto che la maggior parte di tali eventi avvenga prima della diagnosi o in pazienti con scarsa aderenza alla dieta priva di glutine. Nella MC refrattaria, che richiede non solo una dieta priva di glutine ma anche massicce dosi di steroidi, una ulteriore complicazione dell'osteopatia metabolica può essere rappresentata dall'osteonecrosi ischemica della testa del femore. Prevenzione e trattamento L'effetto della dieta priva di glutine sulla densità minerale ossea fu inizialmente desunto da una serie di studi eseguiti su celiaci in trattamento. Tali studi presentano differenze fra loro in termini di criteri di inclusione, metodiche utilizzate, durata ed aderenza alla dieta priva di glutine. Tuttavia, essi mostrano una minore prevalenza dell'osteopatia metabolica rispetto ai pazienti non trattati e suggeriscono che la dieta priva di glutine sia in grado di normalizzare la massa ossea in un 9

10 certo numero di casi. Dati più accurati sono stati ottenuti mediante studi prospettici longitudinali; i risultati di un nostro studio durato due anni confermano ed ampliano il trend positivo osservato in corso di dieta priva di glutine nel breve periodo. Tutti gli studi concordano sul fatto che la dieta priva di glutine migliora il difetto di massa ossea nella maggior parte dei pazienti adulti, ma solo in una minoranza i livelli di densità minerale ossea vengono normalizzati. L'adesione alla dieta e la conseguente regressione delle lesioni intestinali sono ovviamente fattori cruciali nel determinare la risposta metabolica a livello osseo. Uno studio preliminare ha riportato che l'assorbimento frazionato di 45C è ridotto in celiaci trattati, sebbene nessuna correlazione fosse stata riscontrata tra adesione alla dieta e persistenza delle lesioni intestinali. L'entità del recupero di massa ossea non appare correlato al sesso, all'età del paziente alla diagnosi, alla gravità dell'osteopatia metabolica di base ed alla severità della malnutrizione, ma non tutti gli studi effettuati concordano su questi aspetti. È molto interessante il risultato di un recente lavoro il quale ha mostrato come alti livelli di attività osteosintetica alla diagnosi, suggeriti da elevate concentrazioni sieriche di propeptide del procollagene di tipo I, sono predittivi di un soddisfacente recupero di massa ossea dopo dieta priva di glutine. L'identificazione di un marker predittivo del miglioramento osseo indotto dalla dieta può essere utile nel selezionare alla diagnosi quei pazienti che necessitano, oltre alla dieta priva di glutine, della somministrazione dei farmaci attivi sul metabolismo osteo-minerale. Un modo empirico per selezionare la terapia farmacologica appropriata potrebbe essere quello di basarsi sulle caratteristiche cliniche del paziente: terapia ormonale sostitutiva in donne con amenorrea o menopausa precoce, vitamina D in pazienti anziani o 10

11 durante i mesi invernali, supplementi di calcio in quei pazienti con ridotto introito alimentare di calcio. In letteratura esistono scarse informazioni fra l'altro non sufficientemente controllate, relativamente al trattamento farmacologico dell'osteopatia metabolica nella MC e sono riportati risultati conflittuali sul-l'efficacia delle supplementazioni in calcio o vitamina D. Ovviamente la densitometria ossea rappresenta un utilissimo ausilio nel selezionare quei pazienti in cui una terapia più aggressiva con difosfonati deve essere somministrata. Per quanto riguarda la prevenzione dell'osteopatia metabolica, la dimostrazione che nei pazienti non trattati la densità minerale ossea non correla con l'età alla diagnosi potrebbe condurre alla conclusione errata che la diagnosi precoce ed il trattamento tempestivo della MC non siano utili. Al contrario, la diagnosi e il trattamento dovrebbero essere ancora più precoci di quanto non avvenga attualmente. Infatti, è stato mostrato che nei bambini con MC l'incre-mento annuale di massa ossea in corso di dieta priva di glutine è significativamente maggiore di quello di bambini sani e che pazienti nei quali la MC è stata diagnosticata nell'infanzia e che da allora seguono una rigorosa dieta priva di glutine, mostrano livelli di densità minerale ossea simili a quella di controlli sani. In conclusione, quindi, le alterazioni del metabolismo osteo-minerale rappresentano un importante problema in pazienti con malattia celiaca. La definizione sul piano scientifico degli aspetti ancora oscuri di tale problema clinico potrà senza dubbio condurre ad una riduzione del rischio di frattura e, conseguentemente, ad un miglioramento della qualità di vita del paziente. PROGETTO Ci si propone di effettuare uno screening su un campione significativo della popolazione abruzzese di soggetti affetti da malattia celiaca allo scopo di creare un data-base utile per successivi studi e, in 11

12 particolare, necessario per uno studio di confronto con dati ricavati dalle statistiche nazionali. MATERIALI E METODI Verranno arruolati per lo studio in questione 60 soggetti residenti in Abruzzo, in buona salute, di ambo i sessi affetti da malattia celiaca certificata con diagnosi effettuate come da metodiche standard, con almeno un anno di dieta priva di glutine (GFD). I suddetti verranno valutati con le tradizionali misure antropometriche e sottoposti ad analisi della composizione corporea mediante metodica DXA e BIA (FM, FFM, Lean, BMC, BMD, T score, Z score, TBW, ECW, ICW, BcM); verranno sottoposti altresì a misurazione del metabolismo basale mediante calorimetria indiretta allo scopo di valutare la corrispondenza di quest ultimo ai parametri standard della popolazione di riferimento per sesso ed età. I risultati delle misurazioni verranno analizzate statisticamente e sottoposti a confronti con dati nazionali. Verranno utilizzate le seguenti strumentazioni: DXA lunar GE BIA STA 101 Akern Calorimetro da definire Bilancia pesapersone professionale SECA Stadiometro Nastro metrico per la rilevazione delle circonferenze 12

13 I risultati dei lavori e le relative conclusioni verranno pubblicati e discussi in occasioni di incontri professionali da definire. RESPONSABILI DEL PROGETTO:.. 13

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