Gruppo di ricerca: Bruno Bracalente. Massimo Cossignani. Andrea Ricci

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1 Gruppo di ricerca: Bruno Bracalente Massimo Cossignani Andrea Ricci

2 INDICE 1. ANALISI DEL CONTESTO PRODUTTIVO 1.1 Contesto generale 1.2 Dinamica socio economica e del mercato del lavoro 1.3 Caratteristiche strutturali delle imprese e del lavoro 1.4 Ammortizzatori sociali 1.5 Domanda di lavoro e qualifiche richieste dalle imprese 1.6 Conclusioni 1.7 Abstract 2. LA FORMAZIONE CONTINUA FINANZIATA 2.1 La formazione continua finanziata con risorse pubbliche 2.2 Gli strumenti utilizzati 2.3 Conclusioni 2.4 Abstract 3. ANALISI DEGLI SPAZI OPERATIVI DI FONDIMPRESA 3.1 Nota introduttiva sulla metodologia 3.2 Le imprese raggiunte 3.3 I lavoratori beneficiari 3.4 La formazione erogata 3.5 La penetrazione di Fondimpresa nel tessuto produttivo regionale 3.6 Conclusioni 3.7 Abstract 4. RICOGNIZIONE DEI FABBISOGNI FORMATIVI ESPRESSI INTERCETTATI DA FONDIMPRESA 4.1 Nota introduttiva 4.2 Ricostruzione dei fabbisogni formativi espressi intercettati da Fondimpresa 4.3 Un approfondimento sulla rilevanza dei fabbisogni formativi intercettati 4.4 Conclusioni 4.5 Abstract 5. RICOGNIZIONE DEI FABBISOGNI FORMATIVI INESPRESSI 5.1 Nota introduttiva 5.2 Metodologia di indagine e fonti di informazioni 5.3 I principali risultati delle interviste ai testimoni privilegiati 5.4 Discussione dei risultati e conclusioni 5.5 Abstract 6. SINTESI E CONCLUSIONI 6.1 Analisi del grado di copertura operativo di Fondimpresa 6.2 Suggerimenti propositivi 6.3 Il fabbisogno espresso 6.4 Il fabbisogno inespresso BIBLIOGRAFIA Il Rapporto Umbria

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4 1. ANALISI DEL CONTESTO PRODUTTIVO 1.1 Contesto generale Per dimensione demografica ed economica l Umbria è una delle regioni più piccole del paese. La popolazione residente è di circa 895 mila abitanti, le imprese attive sono poco più di 80 mila, gli occupati sono 360 mila, di cui 255 mila dipendenti, il Prodotto interno lordo a prezzi correnti ammonta a circa 22 miliardi di euro e le esportazioni a circa 3.4 miliardi di euro. Per popolazione, imprese attive e occupati l Umbria rappresenta tra l 1.4 e l 1.5% dei corrispondenti aggregati nazionali; per Prodotto interno lordo tale percentuale si colloca invece tra l 1.3 e l 1.4%; per esportazioni l incidenza sull aggregato nazionale si riduce ulteriormente a circa l 1%. Da questi pochi dati si rileva immediatamente che per livello di sviluppo, misurato tramite il Pil per abitante, l Umbria si colloca al di sotto della media nazionale (nel 2013 di oltre 8 punti percentuali) e che ciò è dovuto essenzialmente ad una minore produttività, compensata solo in parte da tassi di occupazione tradizionalmente più elevati, ma negli ultimi anno soltanto lievemente maggiori della media italiana. Il valore aggiunto per occupato nel 2013 è infatti 11 punti percentuali sotto la media italiana, il che non è tanto conseguenza di una composizione settoriale orientata verso i settori a bassa produttività, quanto dipendente da più bassi livelli di produttività settore per settore, con alcune eccezioni quali l agricoltura, le industrie dell energia gas e acqua e, tra le manifatturiere, l industria tessile e abbigliamento, che presentano livelli di valore aggiunto per unità di lavoro di oltre il 10% superiori ai corrispondenti valori medi nazionali. La più bassa produttività settoriale riflette una composizione del sistema delle imprese di ogni settore, con le eccezioni segnalate in cui quelle meno efficienti e produttive sono in proporzione più numerose rispetto alla corrispondente composizione media del paese, mentre quelle più strutturate e a maggiore produttività ed efficienza sono al contrario troppo poco numerose. Tra le conseguenze di questa non favorevole composizione vi è, come riflesso della bassa produttività media, una composizione dell occupazione dipendente più orientata verso le basse qualifiche, e quindi basse remunerazioni, tipica delle numerosissime imprese a bassa produttività, e un evidente mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Da tale mismatch derivano a loro volta rilevanti fenomeni di sottoccupazione, in particolare dei giovani formati nello sviluppato sistema regionale di istruzione e formazione, e quindi un basso rendimento dell investimento in capitale umano (Bracalente 2010 e Bracalente, Pompei e Ricci 2013). La modesta dimensione media delle imprese, la cui frammentazione peraltro è frutto di una rilevante vivacità imprenditoriale, la propensione alla innovazione e in particolare alla spesa per ricerca limitata alle imprese più strutturate, la scarsa apertura ai mercati globali e il peso molto rilevante del mercato locale, l insufficiente offerta di servizi alle imprese, sono i fattori che, nelle attuali condizioni della competizione globale, limitano il potenziale di sviluppo della regione. Il Rapporto Umbria

5 1.2 Dinamica socio economica e del mercato del lavoro L Umbria è una delle regioni italiane che più ha sofferto le conseguenze della prolungata crisi iniziata nel Rispetto alla media italiana (posta pari a 100), dal 2007 al 2011 il Pil per abitante a prezzi correnti della regione ha perso quasi 6 punti percentuali, passando da 94.5 a Le sue difficoltà economiche sono tuttavia antecedenti, come dimostra il progressivo allontanamento del Pil per abitante della regione dal livello medio del Paese, verificatosi in tutto il periodo successivo al 2000, con un lieve recupero nel 2012 e nel 2013 (Figura 1.1). Figura Andamento del Pil per abitante dell'umbria dal 2000 al Numeri indici, Italia = ,0 98,0 96,0 94,0 92,0 90,0 88, A tale deterioramento hanno contribuito sia una più vivace dinamica demografica che, soprattutto, una più grave stagnazione economica. Quanto alla prima causa, dal 2002 al 2014 in Umbria la popolazione residente è aumentata dell 8.2% contro il 6.5% medio dell intero Paese. La crescita della popolazione residente è stata tra le più elevate in Italia per effetto di rilevanti flussi di immigrazione, che fanno dell Umbria la seconda regione italiana (dopo l Emilia Romagna) quanto a incidenza della popolazione immigrata dall estero sulla popolazione residente complessiva (il 10% nella media del triennio ). Quanto alla peggiore dinamica economica, va rilevato che dal 2007 al 2011 il Prodotto interno lordo regionale in termini reali è diminuito, in media annua, del 2.3% contro il -1.1% dell Italia, mentre secondo le stime Svimez (i dati Istat si fermano al 2011) nel triennio successivo ( ) la diminuzione del Pil umbro sarebbe stata della stessa entità di quella media nazionale, pari a -1.6% annuo. In termini di variazione cumulata, dal 2007 al 2014 il Pil Umbro si sarebbe dunque ridotto di oltre il 13% contro il 9% della media italiana. A questa peggiore performance ha contribuito in particolare sia la maggiore contrazione del valore aggiunto dell industria manifatturiera, energia e estrattiva, sia la minore crescita dei servizi, in particolare dei servizi finanziari e alle imprese (Figura 1.2).

6 Agricoltura Manifatturiere, ener., miner. Costruzioni Commercio, trasporti, alberghi e rist. Credito, assic., serv. imprese Altri servizi pubblici e privati In complesso 10,0 0,0 Figura Variazioni percentuali valore aggiunto (valori concatenati) in Umbria e in Italia per settore di attività -10,0-20,0-30,0 Umbria Italia Dal 2007 al 2011, il valore aggiunto dell industria manifatturiera ha registrato una contrazione del 21.9%, contro -11.5% della media italiana, e risultati notevolmente più negativi rispetto all industria nazionale in particolare nei settori alimentare, meccanica, metallurgia, gomma plastica e lavorazione minerali non metalliferi. In controtendenza si è mossa invece l industria tessile e abbigliamento, che in Umbria ha visto un incremento di valore aggiunto (del 2.6%) mentre a livello nazionale ha registrato una contrazione del 9.3%, e più in generale il complesso dell industria leggera: legno, carta ed editoria (-2.9% contro -11.3% della media italiana); mobili e industrie manifatturiere varie (-6.5% contro -20.3%). Anche il valore aggiunto dei servizi ha risentito della crisi in misura complessivamente un po maggiore della media italiana (-1.7% cumulato dal 2007 al 2011, contro -1% dell Italia) e in misura molto diversa tra i principali comparti, con i servizi più qualificati (attività finanziarie, immobiliari, professionali e servizi alle imprese in genere) che hanno visto una caduta del 5.2%, contro -0.2 dell Italia, mentre i servizi commerciali, trasporto alberghi e ristoranti hanno registrato un incremento di valore aggiunto dell 1.2% contro il -3.2% a livello nazionale. Le conseguenze della crisi sono state rilevanti, oltre che sul sistema delle imprese, che ha subito un ridimensionamento, anche sul mercato del lavoro e sulle condizioni economiche delle famiglie. Il tasso di occupazione resta maggiore della media italiana, ma il vantaggio, che in passato era sufficiente a compensare gran parte della minore produttività, e quindi a mantenere il Pil per abitante su livelli prossimi alla media del Paese, si è ridimensionato. In termini di occupazione presente nel territorio economico della regione (quella che genera il Pil), il vantaggio rispetto alla media del paese già nel 2007 era di soli 1.3 punti percentuali (1.2 nel 2013). Per quanto riguarda l occupazione della popolazione residente, dopo una prima forte contrazione immediatamente successiva all inizio della crisi, ve ne è stata una seconda nel 2012, quando è parallelamente cresciuto notevolmente il numero di disoccupati e quindi il tasso di disoccupazione (Figure 1.3 e 1.4), fino a raggiungere livelli mai toccati prima nell ultimo ventennio (l 11.3% nel 2014; il 16% quello dei giovani di anni). Il Rapporto Umbria

7 Figura Tasso di disoccupazione anni in Umbria e in Italia. Anni 2007 e Umbria Italia Il tasso di occupazione della popolazione residente (15-64 anni; Figura 1.5) è passato dal 64.6 del 2007 a 61.0 del 2014 (da 58.6 a 55.7 in Italia), essenzialmente per effetto di una forte contrazione di quello giovanile (25-34 anni; Figura 1.6) che ha perso più di 12 punti percentuali (dal 77.9 del 2007 al 65.3 del 2014), restando peraltro più elevato di circa 6 punti percentuali rispetto alla media italiana 1. Figura Tasso di disoccupazione anni in Umbria e in Italia. Anni 2007 e Umbria Italia 1 Nei secondo trimestre 2015 si è tuttavia verificata una evidente inversione di tendenza, che ha riportato il tasso di occupazione della popolazione di anni a quota 63% e il tasso di disoccupazione al di sotto del 10%.

8 Figura Tasso di occupazione anni in Umbria e in Italia. Anni 2007 e Umbria Italia Figura Tasso di occupazione anni in Umbria e in Italia. Anni 2007 e Umbria Italia Nonostante la contrazione dei livelli occupazionali, la produttività del lavoro del sistema umbro ha subito un ulteriore notevole allontanamento in negativo dai già modesti standard nazionali. Il divario dalla media italiana del valore aggiunto per occupato (Figura 1.7) è infatti passato dai 7.7 punti percentuali del 2007 (in termini assoluti 4.4 migliaia di euro di valore aggiunto per occupato a prezzi correnti: 52.8 Umbria; 57.2 Italia) ai circa 11 punti percentuali del 2013 (in termini assoluti 6.5 migliaia di euro di valore aggiunto per occupato: 53.4 Umbria; 59.9 Italia). Figura Valore aggiunto per occupato in Umbria e in Italia. Anni 2007 e 2013 (migliaia di euro) 62,0 60,0 58,0 56,0 54,0 52,0 50,0 48, Umbria Italia Il Rapporto Umbria

9 Le inedite difficoltà del mercato del lavoro, combinate con le storiche basse remunerazioni medie del lavoro dipendente (quasi 9 punti percentuali sotto la media italiana nel 2013) legate alla bassa produttività, si sono tradotte in altrettanto inedite difficoltà economiche delle famiglie. La spesa per consumi delle famiglie è diventata minore della media italiana (nel 2007 era molto maggiore: Figura 1.8), ed è cresciuta la percentuale di famiglie umbre sotto la soglia di povertà relativa, in controtendenza rispetto alla lieve riduzione osservata nella media del Paese, rispetto alla quale resta tuttavia minore di oltre due punti percentuali (Figura 1.9). Peraltro, a seguito della forte diminuzione della spesa pubblica, quella delle pubbliche amministrazione per consumi individuali (istruzione, sanità, servizi sociali) si è ormai allineata alla media italiana, così come si sono pressoché allineati i livelli di reddito disponibile delle famiglie. Figura Spesa media mensile delle famiglie in Umbria e in Italia. Anni 2007 e Umbria Italia Figura Percentuale di famiglie in condizione di povertà relativa in Umbria e in Italia. Anni 2007 e Umbria Italia

10 1.3 Caratteristiche strutturali delle imprese e del lavoro Composizione settoriale e dimensionale delle imprese Rispetto alla composizione media del Paese, l Umbria si caratterizza (Tabella 1; Figura 1.10) per una maggiore incidenza di imprese attive appartenenti al settore agricoltura e attività connesse (nel 2013: 21% Umbria, 15% Italia), a cui corrisponde una minore incidenza di quasi tutti gli altri settori (escluso il credito e assicurazioni), in particolare per quanto riguarda il commercio (25.1% contro 27.4%), che risente di una composizione interna al settore caratterizzata dalla prevalenza della grande distribuzione, e i servizi alle imprese (11% contro 13.3%). L evoluzione recente (dal 2011 al 2013) mostra una diminuzione di imprese attive nel complesso lievemente più marcata della media italiana (-1.9% contro -1.7%), in particolare nella provincia di Perugia (-2%). Il fenomeno è particolarmente accentuato per i settori costruzioni e trasporti, entrambi con tassi di diminuzione maggiore del 5% (soprattutto nella provincia di Perugia) e più accentuati rispetto alla media italiana (Tabella 1a; Figura 1.11). Elevati tassi di diminuzione si osservano anche per le imprese dei settori agricoltura (-4.6%) e attività manifatturiere energia e minerarie (-3.3% in Umbria, ma -4.4% nella provincia di Terni), sebbene in questo caso siano minori rispetto al complesso del Paese. In crescita, sempre quanto a numero di imprese attive, risultano invece i settori alberghi e ristoranti (+3.8%, soprattutto nella provincia di Perugia: +4.2%), credito e assicurazioni (+3.4%, soprattutto nella provincia di Terni: +6.7%), servizi alle imprese (+2.1%) e, sebbene in lievissima misura, anche il settore del commercio (+0.1), ma soltanto nella provincia di Perugia (+0.3%). Va peraltro sottolineato che, ad esclusione dei servizi alle imprese, tutti questi settori terziari fanno registrare performance migliori della media italiana. Tali dinamiche settoriali differenziate hanno ovviamente un po modificato la composizione settoriale delle imprese attive nel triennio considerato (Tabella 1), con una riduzione del peso relativo soprattutto dei settori agricoltura (dal 21.6% del 2011 al 21% del 2013) e costruzioni (da 15.4% a 14.8%), mentre le attività manifatturiere hanno visto una diminuzione di peso relativo piuttosto contenuta (da 10.4% a 10.2%). Al contrario, nella composizione settoriale delle imprese attive umbre è aumentato il peso relativo di tutti i settori dei servizi ad esclusione dei trasporti: nel complesso +1.3 punti percentuali. Si tratta, peraltro, dello stesso aumento di peso percentuale osservato nel complesso del Paese, talché il divario negativo dell Umbria resta immutato, pari a 5.5 punti percentuali (nel 2013: Umbria 53.9%, Italia 59.4%). Figura Composizione percentuale delle imprese attive in Umbria e in Italia per sezione Ateco Anno % 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% Umbria Italia Altri settori Servizi alle imprese Credito e assicurazioni Trasporti e spedizioni Alberghi e ristoranti Commercio Costruzioni Manifatturiere, ener., miner. Agricoltura Il Rapporto Umbria

11 Agricoltura Manifatturiere, ener., miner. Costruzioni Commercio Alberghi e ristoranti Trasporti e spedizioni Credito e assicurazioni Servizi alle imprese Altri settori In complesso 8,0 6,0 4,0 2,0 0,0-2,0-4,0-6,0-8,0 Figura Variazioni percentuali delle imprese attive per sezione Ateco 2002 e provincia Perugia Terni Umbria Italia La composizione per classi di addetti delle imprese umbre, riportata nelle Tabelle 2 e 2a e nella Figura 1.12, rispecchia (vedi nota metodologica) quella del censimento Come si vede, anche dopo la crisi la distribuzione resta fortemente sbilanciata verso le micro imprese: delle quasi 84 mila imprese attive umbre a fine 2013, quelle con meno di 10 addetti sono il 95% e, in particolare, quelle fino a 5 addetti sono quasi il 90% (74840 sulle complessive: 89.6%). Incidenze di micro imprese (fino a 5 addetti) ancor più rilevanti si registrano in agricoltura e in molti settori dei servizi, in particolare servizi alle imprese (che comprendono gli studi professionali), credito e assicurazioni (che comprende le piccole attività ausiliarie), altri settori dei servizi (lavoratori autonomi nei settori dell insegnamento, delle professioni sanitarie e attività assistenziali, dei servizi alle famiglie, ecc.), commercio. Le minori incidenze di micro imprese si riscontrano invece nei settori dell industria manifatturiera (70.5%), negli alberghi e ristoranti (83%) e nei trasporti (83.8%). Figura Composizione percentuale delle imprese per classe di addetti e sezione Ateco Anno % 80% 60% 40% 20% 0% Agricoltura manifatturiere, ener., Costruzioni miner. Commercio Alberghi e Trasporti ristoranti e Credito spedizioni e assicurazioni Servizi alle imprese Altri settori In complesso e oltre

12 L incidenza delle imprese medie e grandi (con oltre 50 addetti) è di conseguenza piuttosto limitata: tra le imprese attive in Umbria, ve ne sono soltanto 423, di cui 58 con almeno 250 addetti. Come evidenzia la Figura 1.13, all industria in senso stretto (attività manifatturiere, energia, estrattive) appartiene più della metà delle imprese con almeno 50 addetti (222 su 423), il che corrisponde al 2.6% delle imprese del settore (contro lo 0.5% del complesso dei settori). Altri settori con una incidenza relativamente elevata di imprese con almeno 50 addetti sono l agricoltura (15.1%, ma soltanto lo 0.4% delle imprese del settore) e il commercio (11.1%, ma soltanto lo 0.2% del settore). Figura Composizione percentuale delle imprese con 50 addetti e oltre per sezione Ateco Anno ,6 1,7 5,7 4,7 1,9 15,1 Agricoltura Manifatturiere, ener., miner. Costruzioni 11,1 Commercio Alberghi e ristoranti 4,7 Trasporti e spedizioni 52,5 Credito e assicurazioni Servizi alle imprese Altri settori Composizione del lavoro dipendente per qualifiche, età e tipologia contrattuale I lavoratori dipendenti non agricoli risultanti dall archivio INPS sono , di cui maschi e femmine (Tabella 3). Di essi il 61.5% (circa 120 mila) sono operai (si veda anche la Figura 1.14), incidenza che sale di molto, a quasi il 70%, per i maschi (Figura 1.15) e che invece scende notevolmente, a poco più del 50%, per le femmine (Figura 1.16). Il 30.2% dei lavoratori è poi costituito da impiegati (quasi 59 mila), ma in questo caso l incidenza percentuale sale per le femmine (al 41.8%), mentre scende per i maschi (al 21.2%). Le altre qualifiche sono numericamente meno rilevanti: 1.8% di quadri (circa 3500), 0.4% di dirigenti (circa 800), 6.2% di apprendisti. Il Rapporto Umbria

13 Estrattive Manifatturiere Energia gas e acqua Costruzioni Commercio e riparazioni Alberghi e ristoranti Trasporti e comunicazioni Credito e assicurazioni Immobiliari, inform. e Istruzione Sanità e ass. sociale Altri servizi In complesso Estrattive Manifatturiere Energia gas e acqua Costruzioni Commercio e riparazioni Alberghi e ristoranti Trasporti e comunicazioni Credito e assicurazioni Immobiliari, inform. e Istruzione Sanità e ass. sociale Altri servizi In complesso Figura Composizione percentuale dei dipendenti per qualifica e sezione Ateco Anno In complesso 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% Apprendisti Dirigenti Quadri Impiegati Operai Figura Composizione percentuale dei dipendenti per qualifica e sezione Ateco Anno Maschi 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% Apprendisti Dirigenti Quadri Impiegati Operai

14 Estrattive Manifatturiere Energia gas e acqua Costruzioni Commercio e riparazioni Alberghi e ristoranti Trasporti e comunicazioni Credito e assicurazioni Immobiliari, inform. e Istruzione Sanità e ass. sociale Altri servizi In complesso Figura Composizione percentuale dei dipendenti per qualifica e sezione Ateco Anno Femmine 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% Apprendisti Dirigenti Quadri Impiegati Operai La composizione dei lavoratori dipendenti per qualifiche ovviamente varia molto da settore a settore (peraltro, l articolazione settoriale in questo caso è un po più disaggregata rispetto a quella utilizzata per le analisi precedenti). Si rileva in particolare una incidenza di operai e assimilati sensibilmente più elevata nei settori estrazione di minerali (71.7%), attività manifatturiere (72.1%), costruzioni (76.9%), alberghi e ristoranti (84.5%). Al contrario, l incidenza degli impiegati è notevolmente maggiore nei settori produzione e distribuzione di energia elettrica (52.3%), credito e assicurazioni (68.6%), attività immobiliari, informatica e servizi alle imprese (42.7%), istruzione e sanità e assistenza sociale (rispettivamente, 94.3% e 44.3%). I quadri costituiscono una quota molto rilevante (27.3%) dei dipendenti del settore credito e assicurazioni (dove sono praticamente assenti gli operai e assimilati), mentre altre percentuali maggiori della media si osservano nei settori produzione e distribuzione di energia, gas e acqua (3.6% del totale dei dipendenti del settore) e trasporti (2.7%). Nei settori produzione e distribuzione di energia gas e acqua e credito e assicurazioni si hanno anche le incidenze più elevate di dirigenti: rispettivamente, 1.7% e 1.1% dei dipendenti dei due settori; complessivamente il 13% dei 706 dirigenti umbri. La maggior parte dei dirigenti è tuttavia concentrata nell industria manifatturiera (il 56% del totale). Gli apprendisti, infine, costituiscono una quota rilevante dei dipendenti soprattutto nei settori alberghi e ristoranti (10.1%), costruzioni e commercio e riparazioni (in entrambi l 8.6%), altri servizi pubblici sociali e personali (8.3%). Percentuali significative si hanno tuttavia anche nelle attività manifatturiere (5.8%) e nelle attività immobiliari, informatiche e servizi alle imprese (4.9%). Come in parte già rilevato a proposito degli operai, l articolazione dei dipendenti per qualifiche presenta spiccate peculiarità di genere. In primo luogo va sottolineata la netta prevalenza di dipendenti di sesso maschile per quanto riguarda sia i quadri (72% dei 3439 quadri complessivi), sia e soprattutto i dirigenti (quasi il 90% dei 706 dirigenti complessivi). Tra i dipendenti di sesso maschile i dirigenti rappresentano infatti lo 0.6% del totale, mentre per le donne l analoga percentuale si ferma a 0.1. Come era nelle attese, le donne prevalgono invece nettamente nelle qualifiche impiegatizie: 41.8% delle dipendenti complessive, contro il 21.2% dei dipendenti di sesso maschile, mentre questi ultimi tornano a prevalere tra gli operai (69.8%, contro 50.7%). Gli apprendisti, infine, sono rappresentati in egual misura: 6.2% dei dipendenti maschi e 6.3% delle dipendenti femmine. In particolare nel settore del credito e assicurazioni i quadri e i dirigenti sono a netta prevalenza maschile, costituendo, rispettivamente, il 37.2% e l 1.9% del totale dei dipendenti maschi del settore, mentre tra le dipendenti femmine le stesse qualifiche rappresentano, rispettivamente, soltanto il 17.3% Il Rapporto Umbria

15 Estrattive Manifatturiere Energia gas e acqua Costruzioni Commercio e riparazioni Alberghi e ristoranti Trasporti e comunicazioni Credito e assicurazioni Immobiliari, inform. e serv. Istruzione Sanità e ass. sociale Altri servizi In complesso e lo 0.2%. Ma sebbene con percentuali e differenze meno vistose, lo stesso avviene per quasi tutti i settori, uniche eccezioni i trasporti per quanto riguarda i quadri (4.6% tra le dipendenti di sesso femminile, contro il 2.1% tra quelli di sesso maschile) e le costruzioni sia per i quadri che per i dirigenti (ma le percentuali sono in ogni caso minime). Le qualifiche operaie sono anch esse a prevalenza maschile, ma in diversi settori costituiscono una frequente modalità di impiego anche per le donne, in particolare nei settori alberghi e ristoranti (84.6% dell occupazione femminile dipendente del settore, percentuale analoga a quella degli uomini), attività manifatturiere (64.8%, contro il 75.4% dei maschi), commercio e riparazioni (43.3%, contro il 60.2%), attività immobiliari, informatica e servizi alle imprese (43.3% contro 62.3%). In diversi settori le donne hanno invece accesso quasi esclusivamente, o in misura largamente prevalente, alle mansioni impiegatizie: estrazione di minerali (93.7% dell occupazione dipendente femminile del settore, contro il 15.3% per i maschi); produzione e distribuzione di energia, gas e acqua (94.9%, contro il 46.2% per i maschi); costruzioni (86%, contro 7.6%); credito e assicurazioni (79% contro 58.3%), trasporti (77.1% contro 21.2%). Per la qualifica di apprendista, infine, nei diversi settori le opportunità appaiono abbastanza equamente ripartite tra i due generi (con eccezioni di scarsa rilevanza). Dalla composizione per età dei lavoratori dipendenti (Tabella 4 e Figura 1.17) si rileva che nel 2013 un terzo sono giovani (fino a 34 anni), circa il 30% della classe intermedia anni e per oltre un terzo della classe più anziana (45 anni e oltre). Analizzata per settori, la composizione per età è più orientata verso i giovani soprattutto nel settore alberghi e ristoranti (oltre il 50% di giovani fino a 34 anni) e negli altri servizi pubblici, sociali e personali (oltre il 40%). Al contrario i settori che più li penalizzano sono produzione e distribuzione di energia, gas e acqua (13.3% di giovani fino a 34 anni), trasporti (18.5%) e credito e assicurazioni (18.8%). Figura Composizione percentuale dei dipendenti per età e settore Ateco Anno % 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% Fino a 24 Va tuttavia osservato che questa composizione è cambiata radicalmente a seguito della crisi che, come mostrano chiaramente la Tabella 5 e la Figura 1.18, ha drammaticamente penalizzato i giovani a vantaggio delle classi più anziane. La classe di età fino a 24 anni ha infatti perso più di un terzo della sua consistenza (da del 2009 a poco più di del 2013) e quella successiva (25-34 anni) quasi il 20% (da a 39800), complessivamente oltre 15 mila occupati dipendenti in meno in quattro anni. In sensibile calo è risultata anche la classe intermedia (35-44 anni): -6.6%, che corrisponde a meno 3700 dipendenti. Al contrario, i dipendenti delle classi più anziane sono aumentati complessivamente di 6600

16 Estrattive Manifatturiere Energia gas e acqua Costruzioni Commercio e riparazioni Alberghi e ristoranti Trasporti e comunicazioni Credito e assicurazioni Immobiliari, inform. e serv. Imprese Istruzione Sanità e ass. sociale Altri servizi In complesso unità, ovvero dell 11.9%: +9.5% la classe anni; +43.7% la classe 60 e oltre, dato su cui ha influito notevolmente l allungamento dell età pensionabile. 150,0 Figura Variazioni percentuali dei dipendenti per classe di età e sezione Ateco ,0 50,0 0,0-50,0-100,0 Fino e oltre In compl Tra i settori di maggiore consistenza occupazionale, quelli in cui la contrazione dell occupazione giovanile è stata più marcata sono le costruzioni (-62.4% per la classe fino a 24 anni e per quella da 25 a 34 anni), le attività manifatturiere (rispettivamente, -47.5% e -25.5%), il credito e assicurazioni (- 41.1% e -22.4%). Al contrario, i settori in cui è stato più forte l incremento di occupazione nelle classi di età superiori sono stati le attività immobiliari, informatica e servizi alle imprese (+30% per la classe di età anni e % per la classe 60 e oltre), il commercio e riparazioni (+20% e +45.3%), gli alberghi e ristoranti (+15.4% e +51.9%), la sanità e assistenza sociale (+29.6% e +68.8%), gli altri servizi pubblici, sociali e personali (+21.8% e +60.5%). Le tabelle 6 e 6a consentono di confrontare, per provincia, le incidenze per macrosettore di attività degli occupati (alle dipendenze) rilevati annualmente dall Istat tramite la Rilevazione sulle Forze di lavoro con quelle relative alle procedure di assunzione rilevate dalle amministrazioni provinciali. Nella Tabella 6 e nella Figura 1.19 sono riportate le composizioni percentuali degli occupati alle dipendenze per provincia e a confronto con la composizione media regionale e del Paese, così come risultano dalla Rilevazione sulle forze di lavoro del Come si vede, tali composizioni percentuali che sono relative ai lavoratori dipendenti residenti non differiscono sensibilmente tra loro e rispetto alla media italiana. La provincia di Perugia (e di conseguenza l Umbria nel suo complesso, di cui costituisce i tre quarti dei residenti) si caratterizza per una incidenza un po maggiore dell industria (30.6%, contro il 28.9 della media nazionale), e in lieve misura anche dell agricoltura (2.6% contro 2.4%), a cui fa riscontro una incidenza minore dei servizi (66.8% contro 68.7%). Il contrario si rileva per la provincia di Terni, dove i servizi raggiungono il 71%, mentre l occupazione alle dipendenze nell industria, a seguito di un lunghissimo periodo di deindustrializzazione, si ferma al 27.4%. Il Rapporto Umbria

17 Figura Composizione percentuale degli occupati alle dipendenze per macrosettore di attività e provincia 100% 80% 60% 40% Servizi Industria Agricoltura 20% 0% Perugia Terni Umbria Italia Nella Tabella 6a sono invece classificate, con la medesima articolazione per provincie e per macrosettori, le procedure di assunzione rilevate dalle amministrazioni provinciali (vedi anche Figura 1.20) che, a differenza della rilevazione Istat, considerano come unità di rilevazione non il lavoratore ma le singole assunzioni, che per lo stesso lavoratore possono essere ripetute più volte nel corso dell anno. A confronto con la tabella precedente, si osservano, come era nelle attese, incidenze percentuali molto maggiori nei due macrosettori, agricoltura e servizi, nei quali è più frequente il ricorso a contratti temporanei (in particolare in agricoltura). Per i servizi ciò è vero soprattutto per la provincia di Perugia, dove il rapporto tra procedure di assunzione e occupati alle dipendenze è molto maggiore che nella provincia di Terni. Figura Composizione percentuale delle procedure di assunzione per macrosettore di attività e provincia 100% 80% 60% 40% 20% 0% Perugia Terni Umbria Servizi Industria Agricoltura Per quanto riguarda le tipologie contrattuali (Tabella 7 e Figura 1.21), nel complesso delle attività economiche il tempo indeterminato rappresenta l 87% dei quasi 165 mila contratti di lavoro dipendente nei settori extra agricoli, mentre a tempo determinato è il 12.5%, pari a unità (il restante 0.5%, poco più di 800 unità, ha un contratto di lavoro stagionale). Percentuali più elevate di tempo determinato, e anche di lavoro stagionale, si rilevano per il settore alberghi e ristoranti (24.2% di tempo determinato e 2.5% di stagionali) e per la maggior parte degli altri settori terziari, con una punta massima del 74.2% di tempo determinato nel caso delle attività di istruzione.

18 Estrattive Manifatturiere Energia gas e acqua Costruzioni Commercio e riparazioni Alberghi e ristoranti Trasporti e comunicazioni Credito e assicurazioni Immobiliari, inform. e serv. Imprese Istruzione Sanità e ass. sociale Altri servizi In complesso Estrattive Manifatturiere Energia gas e acqua Costruzioni Commercio e riparazioni Alberghi e ristoranti Trasporti e comunicazioni Credito e assicurazioni Immobiliari, inform. e serv. Imprese Istruzione Sanità e ass. sociale Altri servizi In complesso Figura Composizione percentuale dei dipendenti per tipologia contrattuale e sezione Ateco Anno % 80% 60% 40% 20% 0% Tempo indeterminato Tempo determinato Stagionale Le variazioni dei dipendenti per tipologie contrattuali, riportate nella Tabella 7a e nella Figura 1.22, mostrano chiaramente che, in proporzione, la crisi ha interessato molto più marcatamente i dipendenti a tempo determinato, che nel quadriennio sono complessivamente diminuiti del 9.2%, contro una diminuzione del 6.8% dei dipendenti a tempo indeterminato (i pochi stagionali del 2009 sono invece quasi raddoppiati: +89.9%). 20,0 0,0 Figura Variazioni percentuali dei dipendenti per tipologia contrattuale e sezione Ateco ,0-40,0-60,0-80,0 Tempo indeterminato Tempo determinato In complesso Il Rapporto Umbria

19 Tempo indeterminato Tempo determinato Apprendistato Lavoro interinale, somministrazione Occasionale, progetto, altro In complesso Da notare, in particolare, che nel settore delle costruzioni la crisi ha colpito duramente entrambe le tipologie contrattuali, ma in controtendenza rispetto al resto dei settori, ha colpito ancora di più il tempo indeterminato (-31.4% contro -24% di contratti a tempo determinato). In assoluto, la contrazione più rilevante di contratti a tempo determinato si è avuta tuttavia nell industria manifatturiera (-1232, pari a -27.3%), seguita dal settore istruzione (quasi mille contratti a tempo determinato in meno, -26.6%). In controtendenza, ovvero con contratti a tempo determinato in aumento, si sono invece mossi i settori trasporti (+20.3%), attività immobiliari e servizi alle imprese (+16.9%), alberghi e ristoranti (+8.4%). Questi ultimi due settori hanno peraltro parallelamente registrato anche un aumento dei contratti a tempo indeterminato (+4.6% il primo; +5.9% il secondo). Per quanto riguarda le procedure di assunzione rilevate dalle amministrazioni provinciali, la Tabella 7b (dove peraltro l articolazione delle tipologie contrattuali è maggiore), che oltre ai dati assoluti del 2013, mostra anche le variazioni , si osserva (vedi anche la Figura 1.23) che nel complesso le variazioni negative più consistenti di sono avute nella provincia di Terni (-9.2%, contro il -3.8% della provincia di Perugia), soprattutto per effetto di rilevanti contrazioni delle collaborazioni occasionali, a progetto, ecc. (-23.3% nella provincia di Terni, contro il -8.4% di Perugia) e dell apprendistato (-28.1% a Terni, -5.2% a Perugia). Secondo i dati delle amministrazioni provinciali, nella provincia di Perugia si sarebbe invece registrata una fortissima contrazione delle procedure di assunzione a tempo indeterminato (-38.6%, contro il -5.7% di Terni) a cui avrebbe corrisposto un altrettanto forte aumento di lavoro interinale e simili (+46.6%, contro il +5% di Terni). 50,0 Figura Variazioni percentuali delle procedure di assunzione per tipologia contrattuale e provoncia 30,0 10,0-10,0-30,0-50,0 Perugia Terni Umbria

20 1.4 Ammortizzatori sociali Nel 2014 l Umbria ha registrato, rispetto all anno precedente, una forte diminuzione delle ore autorizzate di Cassa Integrazione Guadagni (-25.2%), essenzialmente per effetto della contrazione delle componenti in deroga (-41.1%) e straordinaria (-30.9%), mentre le ore di CIG ordinaria sono diminuite soltanto del 5% (Banca d Italia 2015). Come si vede dalla Figura 1.24, il calo è stato molto più rilevante in Umbria che nella media del Paese, dove la variazione delle ore complessive si è fermata a -6%; ha inoltre riguardato tutti i settori di attività e anche questo segna una differenza rispetto alla media italiana. In particolare, ha riguardato in misura rilevante il commercio, dove le ore di CIG (in deroga) in Umbria si sono dimezzate, mentre nella media italiana sono aumentate dell 1.7%, seguito dai trasporti e comunicazioni (-24.1%, Italia +9.9%) e dall industria in senso stretto (-22.8%, Italia -8.8%), mentre nell edilizia la contrazione si è limitata al 13% (Italia -4.9%). Figura Variazioni percentuali delle ore autorizzate di Cassa integrazione in Umbria e in Italia per settore di attività 20,0 10,0 0,0-10,0-20,0-30,0-40,0-50,0 Manifatturiere, ener., miner. Edilizia Trasporti e comunicazioni Commercio, servizi, vari In complesso Umbria Italia Il Rapporto Umbria

21 1.5 Domanda di lavoro e qualifiche richieste dalle imprese L interruzione nel 2015 della prolungata stagnazione del mercato del lavoro, che come si è già detto è stata segnalata dalle più recenti rilevazioni Istat sulle forze di lavoro, era pienamente prevista dalle indagini del sistema informativo Excelsior sulla domanda di lavoro delle imprese (Unioncamere 2015). Per il 2015 le imprese umbre hanno infatti previsto un forte incremento delle assunzioni in tutti i settori e in tutte le classi dimensionali, con la parziale eccezione delle grandi imprese (Figura 1.25). Nel complesso, rispetto al 2014 in Umbria le assunzioni non stagionali sono state previste in aumento del 38.8% (contro il 29.9% della media italiana), dalle 4490 del 2014 alle 6230 del Figura Variazioni percentuali delle assunzioni previste dalle imprese in Umbria per settore di attività e classe dimensionale 180,0 160,0 140,0 120,0 100,0 80,0 60,0 40,0 20,0 0,0 La previsione di ripresa delle assunzioni è particolarmente marcata nel settore delle costruzioni, che è uno dei settori più colpiti dalla crisi, dove le assunzioni previste passano da 260 a 690 (+165.4%), mentre gli altri settori si attestano intorno al più 30%, dal 24.7% del commercio al 36.8% dell industria. Sotto il profilo dimensionale, la crescita delle assunzioni previste nelle microimprese di 1-9 dipendenti supera il 75% (da 1420 nel 2014 a 2510 nel 2015), seguono le medie imprese ( dipendenti) con una crescita del 44.4% (da 540 a 780) e le imprese medio-piccole (10-49 dipendenti) per le quali la crescita si attesterebbe sul 30% (da 1020 a 1330), mentre le grandi imprese (250 dipendenti e oltre) secondo le loro previsioni per il 2015 vedrebbero un aumento di assunzioni rispetto al 2014 limitato al 5.9%. Le professioni più richieste dalle imprese emergono dalla composizione per grandi gruppi professionali delle nuove assunzioni previste (vedi Figura 1.26, dove la composizione relativa all Umbria è messa a confronto con quella media italiana). Prevalgono le professioni commerciali e di servizi, che costituiscono il 30.5% del totale (concentrate particolarmente nel settore commercio, dove rappresentano oltre tre quarti del totale settoriale), seguite dagli operai specializzati, con il 17.3% (assunzioni previste concentrate in particolare nelle costruzioni, dove rappresentano due terzi del totale) e dalle professioni non qualificate, con il 15.7% (concentrate in particolare negli altri servizi, dove costituiscono quasi un quarto del totale).

22 Figura Composizione percentuale delle assunzioni non stagionali previste dalle imprese per il 2015 in Umbria e in Italia per grandi gruppi professionali 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% Umbria Italia Profes. non qualif. Conduttori imp. macch Operai specializzati Profes. comm. e serv. Impiegati Professioni tecniche Profes. intel. e scient. Dirigenti Da rilevare che tutti e tre questi gruppi di professioni più richieste dalle imprese umbre hanno una incidenza sul totale maggiore rispetto alle corrispondenti incidenze rilevate a livello nazionale, che sono pari a 26.6% per le professioni commerciali e di servizi, a 16.1% per gli operai specializzati e a 12.2% per le professioni non qualificate. Ne consegue che, rispetto alla media italiana, le imprese umbre richiedono più professioni poco qualificate e meno professioni qualificate. Dalle professioni intellettuali e scientifiche, che in Umbria pesano per il 4.7% sul totale delle assunzioni previste, mentre nella media italiana raggiungono il 7.4%, alle professioni tecniche (Umbria 11.9%, Italia 14.2%), fino alle professioni impiegatizie (Umbria 9%, Italia 11.2%). La composizione delle figure professionali richieste dalle imprese ovviamente si riflette sulla composizione per titolo di studio (Figura 1.27). In Umbria le imprese prevedono infatti di assumere, come in passato, meno laureati della media italiana (10.7% contro 15.3%) e più personale senza nessuna formazione (32% contro 28.3%). Figura Composizione percentuale delle assunzioni non stagionali previste dalle imprese per il 2015 in Umbria e in Italia per titolo di studio 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% Umbria Italia Nessuna formaz. Qualifica profes. Diploma Laurea Il Rapporto Umbria

23 1.6 Conclusioni La lunga crisi che ha colpito l economia umbra, in misura ancora maggiore del resto del Paese, ha aggravato i limiti strutturali del suo sistema produttivo, che da sempre hanno un denominatore comune nella bassa produttività, che infatti si è in media ulteriormente allontanata in negativo dai già bassi livelli medi italiani. La bassa produttività media regionale, peraltro, se in parte è legata alla frammentazione del sistema delle imprese (incidenza elevatissima di micro imprese e insufficienti connessioni sistemiche), non sembra invece collegabile alla composizione settoriale, almeno per quanto riguarda l industria manifatturiera. E da questo punto di vista significativo che nell ambito dell industria manifatturiera regionale i risultati migliori siano stati conseguiti, sotto il profilo settoriale, dal tessile abbigliamento, che in Umbria presenta (unico tra i settori manifatturieri) complessivamente un consistente vantaggio di produttività del lavoro rispetto alla media nazionale, evidentemente per effetto della presenza in tale settore di imprese di qualità capaci di competere nel mercato internazionale. In altri settori manifatturieri, dove pure operano imprese fortemente competitive, hanno invece con ogni evidenza prevalso le performance negative delle componenti più deboli. Nell ambito del composito terziario regionale, dove pure si sono confermati e approfonditi gli storici limiti strutturali, la lettura per comparti suggerisce che a reggere meglio (anche a confronto con le tendenze nazionali) è la componente commercio, trasporti, attività ricettive, rispetto ai servizi a più elevato contenuto di conoscenza, come i servizi alle imprese, che già relativamente sottodimensionati, durante la crisi hanno mostrato una dinamica molto peggiore della media italiana. Per quanto i tassi di occupazione e di disoccupazione si mantengano ancora su livelli migliori rispetto alla media italiana (e lo stesso vale per l incidenza della povertà relativa), in questi anni è emerso chiaramente che una persistente bassa produttività, oltre a indebolire la competitività del sistema produttivo e a limitare i livelli di reddito dei lavoratori (che infatti in Umbria percepiscono redditi unitari mediamente di molto minori della media italiana), tende a ridimensionare anche il benessere economico del complesso della popolazione residente. Livelli di benessere che in Umbria sono stati sempre superiori agli standard medi del Paese, ma che da qualche anno mostrano segni di cedimento, come dimostrano l andamento dei livelli dei consumi delle famiglie e le conseguenti tendenze segnalate dagli indicatori di povertà. La composizione dell occupazione dipendente per qualifiche è in stretta relazione con queste caratteristiche strutturali del sistema produttivo regionale, mentre quella per titolo di studio evidenzia rilevanti fenomeni di sottoccupazione. In particolare, la composizione che privilegia le qualifiche inferiori, che è all origine della molto minore retribuzione media dei lavoratori dipendenti in Umbria, si conferma e si consolida negli stessi fabbisogni dichiarati dalle imprese per l immediato futuro, che rispetto alla media italiana continuano a richiedere meno professioni qualificate e di conseguenza più bassi titoli di studio. Il che tende a perpetuare e proiettare in avanti il tradizionale mismatch tra lavoro domandato dalle imprese e qualificazione dell offerta, che ovviamente riguarda soprattutto il segmento giovanile del mercato del lavoro. La ripresa che si è manifestata in quest ultimo periodo, che si sta traducendo in miglioramenti degli indicatori del mercato del lavoro, compreso il lavoro giovanile e dei laureati, per avviare un effettivo recupero delle molte posizioni perse dall economia regionale nel corso dell ultimo decennio dovrà dunque accompagnarsi a un deciso miglioramento qualitativo del sistema delle imprese e in particolare a un più consistente investimento nelle loro risorse umane..

24 1.7 Abstract Per livello di sviluppo, misurato tramite il Pil per abitante, l Umbria si colloca circa 8 punti percentuali al di sotto della media nazionale, essenzialmente a causa di una minore produttività del lavoro compensata solo in piccola parte da tassi di occupazione un po più elevati della media italiana. Almeno nell ambito dell industria manifatturiera, la minore produttività del lavoro del complesso del sistema umbro (11 punti percentuali il divario rispetto alla media italiana) non è peraltro conseguenza di una meno favorevole composizione settoriale (orientata verso i settori in generale considerati a bassa produttività), quanto dipendente da più bassi livelli di produttività settore per settore, con alcune limitate eccezioni. La più bassa produttività settoriale generalmente riflette una composizione del sistema delle imprese in cui quelle meno efficienti e produttive sono in proporzione più numerose rispetto alla corrispondente composizione media del Paese, mentre quelle più strutturate e a maggiore produttività ed efficienza sono al contrario troppo poco numerose. Nell ambito del terziario, invece, l Umbria presenta soprattutto un problema di composizione per comparti, poiché prevale, rispetto alla composizione media italiana, la componente commercio, trasporti, attività ricettive, rispetto ai servizi a più elevato contenuto di conoscenza, come i servizi alle imprese, che risultano sottodimensionati. I limiti strutturali appena ricordati sono spesso legati alla persistente frammentazione dimensionale delle imprese (anche dopo la lunga crisi, le micro imprese fino a 5 addetti continuano a rappresentare quasi il 90% del totale), alla loro insufficiente connotazione sistemica, a una propensione agli investimenti in innovazione mediamente contenuta in quanto in gran parte limitata alle poco numerose imprese più strutturate. Sebbene la dimensione in termini di addetti non sia sempre determinante, non è irrilevante, a questo proposito, che tra le poco più di 83 mila imprese attive, in Umbria le imprese medie e grandi (con oltre 50 addetti) sono poco più di 400. Di queste più della metà appartengono all industria in senso stretto, mentre altri settori con una incidenza relativamente elevata di imprese medie e grandi sono l agricoltura e il commercio, in quest ultimo caso in seguito al consistente rafforzamento della grande distribuzione, proseguito anche nel corso della crisi economica. Queste caratteristiche strutturali, e i relativi limiti di competitività dell economia regionale, si sono approfonditi per effetto della prolungata crisi, che non solo ha colpito l Umbria in misura maggiore rispetto al resto del Paese, ma ha anche agito in direzione di un ulteriore allontanamento dagli standard nazionali delle caratteristiche strutturali da cui dipende la produttività, e quindi la competitività, del sistema produttivo. L industria in senso stretto ha registrato una contrazione molto maggiore della media italiana, in particolare in settori forti dell industria regionale, quali l alimentare, la meccanica, la metallurgia, la gomma plastica e lavorazione dei minerali non metalliferi. Lo stesso è avvenuto per il complesso dei servizi, ma in particolare per quelli a maggiore qualificazione, mentre il cosiddetto terziario tradizionale è cresciuto, in controtendenza rispetto all andamento medio nazionale. Alle ricordate caratteristiche strutturali del sistema produttivo umbro si associa una composizione dell occupazione dipendente più orientata verso le basse qualifiche, e quindi basse remunerazioni, tipica delle numerosissime imprese a bassa produttività. Peraltro, l articolazione dei dipendenti per qualifiche presenta spiccate peculiarità di genere, con una netta prevalenza di dipendenti di sesso maschile per quanto riguarda sia i quadri, sia e soprattutto i dirigenti. Le donne prevalgono invece nettamente nelle qualifiche impiegatizie, in particolare in alcune settori, come l estrazione di minerali, la produzione e distribuzione di energia, gas e acqua, le costruzioni, il credito e le assicurazioni, i trasporti, tutti settori nei quali le donne hanno accesso quasi esclusivamente alle mansioni impiegatizie. Le qualifiche operaie sono anch esse a prevalenza maschile, ma in diversi settori costituiscono una frequente modalità di impiego anche per le donne, in particolare nei settori alberghi e ristoranti, attività manifatturiere, commercio e riparazioni, attività immobiliari, informatica e servizi alle imprese. Il Rapporto Umbria

25 Anche sotto il profilo dell età dei lavoratori si osservano rilevanti peculiarità con riferimento all occupazione giovanile, molto ridotta in alcuni settori quali il credito e assicurazioni, i trasporti e la produzione e distribuzione di energia, gas e acqua, mentre le maggiori opportunità di impiego per i giovani si osservano nel settore ricettivo-turistico. Peraltro, anche in Umbria la crisi ha penalizzato essenzialmente i giovani, che quando hanno un lavoro sono in genere titolari di contatti a tempo determinato, largamente i più ridimensionati a seguito della crisi, in particolare nell industria manifatturiera. vantaggio delle classi di età più anziane. Dal 2009 al 2013 la classe di età fino a 24 anni ha infatti perso più di un terzo della sua consistenza e quella successiva (25-34 anni) quasi il 20%, complessivamente oltre 15 mila occupati dipendenti in meno in quattro anni; in sensibile calo è risultata anche la classe intermedia (35-44 anni), mentre i dipendenti delle classi più anziane sono aumentati di quasi il 12%, in particolare la classe 60 e oltre, su cui ha influito notevolmente l allungamento dell età pensionabile. Si è dunque acuito il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro che caratterizza da tempo il mercato del lavoro umbro e da cui derivano rilevanti fenomeni di sottoccupazione (che la crisi ha spesso trasformato in disoccupazione), in particolare dei giovani formati nello sviluppato sistema regionale di istruzione e formazione, e quindi un basso rendimento dell investimento in capitale umano. La composizione del lavoro dipendente che privilegia le qualifiche inferiori si conferma e si consolida negli stessi fabbisogni dichiarati dalle imprese per l immediato futuro, che rispetto alla media italiana continuano a richiedere meno professioni qualificate e di conseguenza più bassi titoli di studio. Il che tende a perpetuare e proiettare in avanti quel mismatch tra lavoro domandato dalle imprese e qualificazione dell offerta, che è stato appena ricordato e che riguarda essenzialmente il segmento giovanile del mercato del lavoro umbro. La ripresa che si è manifestata anche in Umbria in quest ultimo periodo, che si sta traducendo in miglioramenti degli indicatori del mercato del lavoro, compresa una drastica diminuzione delle ore di cassa integrazione, per avviare un effettivo recupero delle molte posizioni perse dall economia regionale nel corso dell ultimo decennio dovrà dunque accompagnarsi a un deciso miglioramento qualitativo del sistema delle imprese e in particolare a un più consistente investimento nelle loro risorse umane.

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