METODI MATEMATICI PER L INGEGNERIA ELETTRONICA Corso Facoltativo di 5 Crediti Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Elettronica

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1 METODI MATEMATICI PER INGEGNERIA EETTRONICA Corso Facoltativo di 5 Crediti Corso di aurea Specialistica in Ingegneria Elettronica Cornelis VAN DER MEE Dipartimento di Matematica e Informatica Università di Cagliari Viale Merello 9, 913 Cagliari (studio, (FAX cornelis@bugs.unica.it

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3 Indice I EQUAZIONI DEA FISICA MATEMATICA 3 1 Coordinate ortogonali Separazione delle variabili II SPAZI DI BANACH E DI HIBERT 13 1 Spazi di Banach Spazi di Hilbert Basi ortonormali in spazi di Hilbert Applicazioni Operatori lineari Spettro di un operatore lineare Operatori lineari autoaggiunti e unitari III Funzioni Test, Distribuzioni e Applicazioni 33 1 Funzionali ineari Funzioni Test Distribuzioni Trasformata di Fourier Trasformata di Fourier negli spazi 1 e Trasformata di Fourier in S (R n Distribuzione in un Dominio IV PROBEMI A CONTORNO 49 1 Equazione di aplace Equazione di aplace nel disco Equazione di aplace nella sfera Equazione di aplace nel cilindro Equazione di Helmholtz Equazione di Helmholtz sull Intervallo Equazione di Helmholtz sul Rettangolo Equazione di Helmholtz sul Disco e sulla Sfera

4 3 Equazioni delle onde e del calore Equazioni delle onde e del calore per uno spettro di autovalori Alcuni esempi Quando esiste lo spettro continuo Impostazione generale V EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER 79 1 Equazione di Schrödinger Equazione di Schrödinger Radiale Il buco di potenziale Oscillatore armonico Atomo d idrogeno Equazione di Schrödinger Periodica Bibliography 94 1

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6 Capitolo I EQUAZIONI DEA FISICA MATEMATICA 1 Coordinate ortogonali Partendo dalle coordinate cartesiane x = (x 1, x, x 3, sia u = (u 1, u, u 3 una trasformazione delle variabili in R 3, dove u j = u j (x 1, x, x 3 (j = 1,, 3 sono funzioni di classe C e la matrice Jacobiana è invertibile (per x in un aperto di R 3. Derivando le variabili x 1, x, x 3 rispetto alle nuove variabili u 1, u, u 3 otteniamo 3 x i dx i = du j. u j Quindi la distanza al quadrato tra due punti vicini tra loro è dove ds = j=1 3 dx i = i=1 g kl = 3 j=1 3 i,j=1 x j u k x j u l g ij du i du j, è la cosiddetta metrica. a trasformazione si dice ortogonale se la metrica {g kl } 3 k,l=1 è una matrice diagonale, cioè se le righe della matrice Jacobiana x 1 x x 3 u 1 u 1 u 1 x 1 x x 3 J = u u u x 1 x x 3 u 3 u 3 u 3 3

7 sono ortogonali. In altre parole, la trasformazione si dice ortogonale se In tal caso dove g kl = 3 j=1 x j u k x j u l =, k l. ds = 3 (h i du i, i=1 ( 3 ( 1/ xj h k =, k = 1,, 3. u k j=1 Si vede facilmente che la matrice diag (1/h 1, 1/h, 1/h 3 J è ortogonale (cioè, U 1 = U T e quindi det U { 1, +1}. Dunque det J = h 1 h h 3. Per ogni punto (u 1, u, u 3 delle nuove coordinate per cui det J, passano tre superfici u i = costante (i = 1,, 3. In questo punto definiamo il vettore e i di lunghezza 1 normale alla superficie u i = costante e nella direzione in cui cresce u i. In tal caso i tre vettori e 1, e, e 3 formano un sistema di coordinate cartesiane tale che e 1 (e e 3 >. Il gradiente di ψ ha la forma ψ = 3 j=1 1 h j ψ u j e j, la divergenza della funzione V = V 1 e 1 + V e + V 3 e 3 a valori vettoriali ha la forma [ V 1 = (V 1 h h 3 + (V h 3 h 1 + ] (V 3 h 1 h, h 1 h h 3 u 1 u u 3 e il rotore di V ha la forma [( 1 (h3 V 3 V = (h ( V (h1 V 1 h 1 e 1 + (h 3V 3 h e h 1 h h 3 u u 3 u 3 u ( 1 (h1 V 1 + (h ] 3V 3 h 3 e 3. u 3 u 1 Quindi l operatore di aplace = = 4 3 j=1 x j

8 si rappresenta nella seguente forma: [ ( 1 h h 3 ψ ψ = + ( h3 h 1 ψ h 1 h h 3 u 1 h 1 u 1 u h u + ( h1 h u 3 h 3 ψ u 3 ]. Esempi: a. Coordinate Cilindriche: x = r cos θ, y = rsen θ, z = z. dove r, θ < π, z R. Allora h r = 1, h θ = r, h z = 1. In tal caso ψ = ψ r + 1 ψ r ψr + 1 ψ r θ + ψ z. (I.1 Sostituendo per ψ una funzione ψ = ψ(r, θ che non dipende da z si trova l operatore di aplace in coordinate polari: ψ = ψ r + 1 ψ r ψr + 1 ψ r θ. (I. b. Coordinate Sferiche: x = rsen ϕ cos θ, y = rsen ϕsen θ, z = r cos ϕ, dove r, ϕ [, π], θ [, π. Allora h r = 1, h ϕ = r, h θ = rsen ϕ. In tal caso ψ = ψ r + ψ r ψr + 1 ψ r sen ϕ θ + 1 r sen ϕ ϕ ( sen ϕ ψ. (I.3 ϕ Introducendo la nuova variabile ξ = cos ϕ [ 1, 1] (tale che dξ = sen ϕ dϕ, 1 ξ = sen ϕ otteniamo 1 ψ = ψ r + ψ r ψr + 1 ψ r (1 ξ θ + 1 ( (1 ξ ψ. (I.4 r ξ ξ c. Coordinate Parabolico-cilindriche (vedi [9]: x = c (u v, y = cuv, z = z, dove u R, v, z R, e c è una costante positiva. Allora h u = h v = c u + v, h z = 1. In tal caso ψ = ( 1 ψ c (u + v u + ψ + ψ v z. (I.5 1 Usando le coordinate ortogonali (r, θ, ξ direttamente si trovano le espressioni h r = 1, h θ = r 1 ξ e h ξ = (r/ 1 ξ. 5

9 d. Coordinate Ellittico-cilindriche (vedi [9]: x = c cosh u cos v, y = c senh u sen v, z = z, dove u >, v [, π], z R, e c è una costante positiva. Allora { h u = h v = c cosh u sen v + senh u cos v = c senh u + sen v, h z = 1. In tal caso ψ = ( 1 ψ c [senh u + sen v] u + ψ + ψ v z. (I.6 Separazione delle variabili 1. Separazione in Coordinate Cartesiane. Consideriamo l equazione di Helmholtz ψ + k ψ = in tre variabili (x, y, z per k nel dominio [, a] [, b] [, c]. Ponendo ψ(x, y, z = X(xY (yz(z, dove X(x, Y (y e Z(z sono di classe C, si trova = ψ ψ + k = X (x X(x + Y (y Y (y + Z (z Z(z + k. In tal caso esistono tre costanti k x, k y e k z tali che X (x X(x + k x = Y (y Y (y + k y = Z (z Z(z + k z =, dove k x + k y + k z = k.. Separazione in Coordinate Polari. Consideriamo l equazione di Helmholtz ψ + k ψ = in due variabili (x, y per k nel dominio D = { (x, y : } x + y, 6

10 dove (, +. Ponendo ψ(r, θ = R(rΘ(θ, dove R(r e Θ(θ sono funzioni di classe C in r (, e θ R con Θ(θ+π = Θ(θ, si trova = ψ ψ + k = 1 [ d R R(r dr + 1 ] dr + 1 d Θ r dr r Θ(θ dθ + k, oppure [ r d R R(r dr + 1 r ] dr + k r + 1 d Θ dr Θ(θ dθ =. espressione precedente è la somma costante di una funzione di r (che non dipende da θ e una funzione di θ (che non dipende da r. Dunque i due termini devono essere costanti. Proposizione I.1 Sia Θ(θ una funzione di classe C, non banale, tale che 1 Θ(θ d Θ = C, Θ(θ + π Θ(θ. dθ Allora C = m per qualche m =, 1,, e { costante, m = Θ(θ = cost 1 cos mθ + cost sen mθ, m = 1,, 3,. Dimostrazione. Per C < si ha la soluzione generale Θ(θ = c 1 cosh(θ C + c senh (θ C. Sostituendo Θ(θ + π Θ(θ e le formule d addizione { cosh(α + β = cosh α cosh β + senh α senh β risulta senh (α + β = senh α cosh β + cosh α senh β, c 1 cosh(θ C + c senh (θ C [ = c 1 cosh(π C + c senh (π ] C cosh(θ C [ + c 1 sinh(π C + c cosh(π ] C senh (θ C, 7

11 dove θ (, π è arbitrario. Quindi [ 1 cosh(π C senh (π C senh (π C 1 cosh(π C ] [ c1 c ] = [ ], implicando c 1 = c =, poichè il determinante del sistema (1 cosh(π C <. D altra parte, per C > troviamo la soluzione generale Θ(θ = c 1 cos(θ C + c sen (θ C. Nella stessa maniera risulta il sistema [ 1 cos(π C sen (π C sen (π C 1 cos(π C ] [ c1 c ] = [ ] con determinante (1 cos(π C. Il determinante si annulla se e solo se C = m per m N. In tal caso tutti gli elementi della matrice si annullano e quindi le costanti c 1 e c sono arbitrarie. Infine, per C = troviamo la soluzione generale Θ(θ = c 1 + c θ. In tal caso Θ(θ + π Θ(θ implica c =. Sostituendo 1 d Θ Θ(θ dθ d R dr = m per m =, 1,,, otteniamo + 1 r dr dr + [k m r ] R(r = con le condizioni al contorno R( + finito e R( =. Se invece della condizione di Dirichlet ψ D si considera la condizione di Neumann ψ n D, risultano le condizioni al contorno R( + finito e R ( =. Per k = si trova l equazione di Eulero r R (r + rr (r m R(r = con soluzione generale { c 1 + c log r, m = R(r = c 1 r m + c r m, m = 1,, 3,. a condizione che R( + sia finito, implica c =. In tal caso R( per ogni >, eccetto nel caso banale c 1 = c =. Quindi per k = non ci sono soluzioni non banali. Purtroppo, se studiamo l equazione di Helmholtz con la π Dimostrazione alternativa per C < : Θ(θ dθ = C π Θ (θθ(θ dθ = [ ] π C Θ (θθ(θ + C π Θ (θ dθ <, poichè il primo termine dell ultima parte si annulla per ragioni di periodicità, C < e Θ (θ. Contraddizione. 8

12 condizione di Neumann, risulta la soluzione non banale costante se m = ; per m = 1,, 3, non ci sono soluzioni non banali. Per k > si ponga ρ = kr. In tal caso risulta l equazione di Bessel d R dρ + 1 dr ρ dρ + (1 m ρ R(ρ =. Quest equazione ha una singola soluzione linearmente indipendente limitata se ρ +. Con un opportuna normalizzazione questa soluzione si chiama J m (ρ, la cosiddetta funzione di Bessel di ordine m. 3. Separazione in Coordinate Sferiche. Consideriamo l equazione di Schrödinger ψ + k ψ = V ( x + y + z ψ nelle variabili (x, y, z per k >, dove il potenziale V dipende soltanto dalla variabile r = x + y + z. È compreso il caso dell equazione di Helmholtz (V. Ponendo ψ(r, θ, ϕ = R(rS(θ, ϕ, dove R(r e S(θ, ϕ sono funzioni di classe C in r (, + e (θ, ϕ R (, π, si trova facilmente = ψ ψ + k V = 1 [ d R R(r dr + ] dr r dr [ 1 1 S + r S(θ, ϕ sen ϕ θ + 1 ( sen ϕ S ] + k V (r. sen ϕ ϕ ϕ Quindi e 1 S sen ϕ θ + 1 sen ϕ d R dr + r dr dr + ( sen ϕ S ϕ = CS(θ, ϕ ϕ (k Cr R(r = V (rr(r, dove C è una costante. equazione differenziale per S(θ, ϕ ha soltanto una soluzione non banale per certi valori della costante C. Per tali valori di C le funzioni S(θ, ϕ sono multipli delle cosiddette funzioni sferiche. Consideriamo ora l equazione per S(θ, ϕ. Ponendo S(θ, ϕ = Θ(θΦ(ϕ, si trova 1 1 sen ϕ Θ(θ d Θ dθ d Φ(ϕ sen ϕ dϕ ( sen ϕ dφ + C =. dϕ 9

13 Come di solito, 1 d Θ Θ(θ dθ = m, dove m =, 1,,. Utilizzando la trasformazione X(ξ = Φ(arccos ξ, ξ = cos ϕ arriviamo all equazione differenziale ( d (1 ξ dx + (C m X(ξ =. dξ dξ 1 ξ Quest equazione si chiama l equazione per le funzioni associate di egendre. e sue soluzioni non banali limitate se ξ ±1 esistono soltanto per C = l(l + 1 dove l = m, m+1, m+,. Nel caso particolare m = si ottiene l equazione di egendre ( d (1 ξ dx + l(l + 1X(ξ =, dξ dξ dove l =, 1,,. Ritorniamo all equazione per R(r con C = l(l + 1: d R dr + r ( dr dr + k R(r = V (r + dove m = l, l + 1,, l, l 1, l. l(l + 1 R(r, r 4. Separazione in Coordinate Parabolico-Cilindriche. equazione di aplace in coordinate parabolico-cilindriche (u, v, z (anche dette coordinate paraboliche ha la forma (I.5. Sostituendo otteniamo ψ(u, v, z = U(uV (vz(z ( 1 U (u c (u + v U(u + V (v + Z (z V (v Z(z =. Se richiediamo che Z(z sia limitata, risulta ( 1 U (u c (u + v U(u + V (v = Z (z V (v Z(z = λ, dove λ è una costante. Dunque U (u + (µ λ c u U(u =, V (v (µ + λ c u V (v =, 1

14 dove µ è un altra costante. Introducendo le variabili ξ = u cλ e η = v cλ, dove ξ R e η, e ponendo µ = (ν + 1cλ otteniamo Studiamo ora l equazione U (ξ + (ν + 1 ξ U(ξ =, V (η (ν η V (η =. u + (ν + 1 z u =, (I.7 dove u, z e ν non hanno più lo stesso significato come prima. Sostituendo u = e z / v, (I.8 risulta l equazione v zv + νv =. (I.9 Per ν =, 1,,... la (I.9 si dice equazione differenziale di Hermite. e soluzioni della (I.7 si dicono funzioni parabolico-cilindriche. 11

15 1

16 Capitolo II SPAZI DI BANACH E DI HIBERT In questo capitolo si introducono gli spazi di Banach e di Hilbert, gli operatori lineari e loro spettro. 1 Spazi di Banach Consideriamo noto il concetto di spazio vettoriale X rispetto ad un campo di scalari F che supponiamo uguale a R (numeri reali oppure a C (numeri complessi. Quindi in X sono state definite l addizione X X X e la moltiplicazione scalare F X X con le solite proprietà aritmetiche. Uno spazio normato X è uno spazio vettoriale su cui è definita una norma : X R con le seguenti proprietà: a. ϕ per ogni ϕ X; (positività b. ϕ = se e solo se ϕ = ; (definitezza c. αϕ = α ϕ per α F e ϕ X; (omogeneità d. ϕ + ψ ϕ + ψ per ϕ, ψ X. (disuguaglianza triangolare Dalle (c-(d segue subito che e. ϕ ψ ϕ ψ per ϕ, ψ X. Per distanza tra ϕ e ψ si intende la ϕ ψ. Uns successione {ϕ n di elementi di X è detta convergente al vettore ϕ X se lim n ϕ n ϕ =, ossia se, per ogni ε >, esiste un intero n(ε tale che ϕ n ϕ < ε per ogni n > n(ε. 13

17 Una successione {ϕ n } di elementi di uno spazio normato X si dice successione di Cauchy se per ogni ε > esiste un intero n(ε tale che ϕ n ϕ m < ε per n, m > n(ε, ossia se lim n,m ϕ n ϕ m =. a norma in X si dice completa se ogni successione di Cauchy in X è convergente in X. Uno spazio normato con norma completa si dice spazio di Banach. Siano X e Y due spazi normati, U X e f : U Y. Allora f si dice continua in ψ U se {f(ϕ n } converge a f(ϕ in Y per ogni successione {ϕ n } in U che converge a ϕ. a funzione f si dice continua se è continua in ogni punto ϕ U. Discutiamo ora alcuni esempi di spazi di Banach, trascurando la dimostrazione della completezza della norma. 1. Per ogni sottoinsieme chiuso e limitato Ω di R n, 1 sia C(Ω lo spazio vettoriale di tutte le funzioni scalari (reali o complesse continue in Ω. Allora la funzione : Ω R, f = max z Ω introduce una norma completa in C(Ω. f(x,. Per ogni sottoinsieme limitato Ω di R n, sia C(Ω lo spazio vettoriale di tutte le funzioni scalari (reali o complesse continue e limitate in Ω. Allora la funzione : Ω R, f = sup z Ω introduce una norma completa in C(Ω. f(x, 3. Sia Ω un sottoinsieme misurabile in R n. Con (Ω si indica lo spazio vettoriale di tutte le funzioni al quadrato sommabili (nel senso di ebesgue in Ω, dove due funzioni per cui i valori sono diversi soltanto in un sottoinsieme di Ω di misura zero, vengono considerate uguali. Allora la funzione : (Ω R, è una norma completa in (Ω. ( 1/ f = f(x dx, Ω 1 In generale, per ogni spazio compatto di Hausdorff Ω In generale, per ogni spazio di Tychonoff Ω, cioè per ogni sottospazio di uno spazio compatto di Hausdorff. 14

18 4. Sia 1 p <. Sia Ω un sottoinsieme misurabile in R n. Con p (Ω si indica lo spazio vettoriale di tutte le funzioni sommabili alla potenza p-esima (nel senso di ebesgue in Ω, dove due funzioni per cui i valori sono diversi soltanto in un sottoinsieme di Ω di misura zero, vengono considerate uguali. Allora la funzione p : p (Ω R, è una norma completa in p (Ω. ( 1/p f p = f(x dx p, Ω 5. Sia l lo spazio vettoriale di tutte le succesioni {x n } scalari (reali o complesse per cui la serie x n è convergente. Allora la funzione : l R, ( 1/ {x n } = x n, è una norma completa in l. 6. Sia 1 p <. Sia l p lo spazio vettoriale di tutte le succesioni {x n } scalari (reali o complesse per cui la serie x n p è convergente. Allora la funzione p : l p R, è una norma completa in l p. ( 1/p {x n } p = x n p, Per un elemento ϕ di uno spazio normato X e r >, l insieme B(ϕ; r = {ψ X : ϕ ψ < r} è definito la sfera aperta di raggio r e centro ϕ. Un sottoinsieme U si dice aperto se per ogni ϕ X esiste r > (che dipende da ϕ tale che B(ϕ; r U. Dato il sottoinsieme U di X, la parte interna U di U è l insieme aperto più grande di X contenuto in U. Un sottoinsieme U di X si dice chiuso se esso contiene tutti i limiti di tutte le successioni con termini in U e limiti in X. Dato il sottoinsieme U di X, la sua chiusura U è il sottoinsieme chiuso più piccolo di X che contiene U. Dato il sottoinsieme U di X, la frontiera U di U è l insieme dei punti di X che possono essere il limite sia di una succesione in U sia di una successione in X \ U. Si dimostra facilmente che U = U (X \ U. 15

19 Un sottoinsieme U di X si dice limitato se il diametro diam(u = sup{ ϕ ψ : ϕ, ψ X} è finito. In tal caso esiste r > (con r 1 diam(u tale che U B(ϕ; r per un opportuno vettore ϕ X. Un sottoinsieme D di X si dice denso in X se ogni vettore ϕ X è il limite di una successione con termini in D. Uno spazio di Banach si dice separabile se ha un sottoinsieme denso finito o infinito numerabile. Spazi di Hilbert Sia X uno spazio vettoriale reale o complesso (cioè, F = R oppure F = C. Allora una funzione (, : X X F soddisfacente le seguenti proprietà: a. (ϕ, ϕ, (positività b. (ϕ, ϕ = se e solo se ϕ =, (definitezza c. (ϕ, ψ = (ψ, ϕ per ogni ϕ, ψ X, (simmetria d. (αϕ + βψ, χ = α(ϕ, χ + β(ψ, χ per α, β F e ϕ, ψ, χ X, (linearità è definita prodotto scalare (oppure prodotto interna, oppure, nel caso F = C, prodotto sesquilineare. Nella (c il soprasegno indica il coniugato complesso se F = C. Dalle (c-(d segue subito che e. (χ, αϕ + βψ = α(χ, ϕ + β(χ, ψ per α, β F e ϕ, ψ, χ X. Ogni prodotto scalare induce la cosiddetta norma indotta ϕ = (ϕ, ϕ. Inoltre vale la disuguaglianza di Schwartz 3 (ϕ, ψ ϕ ψ per ϕ, ψ X, che è un uguaglianza se e solo se ϕ e ψ sono proporzionali. a disuguaglianza di Schwartz implica la disuguaglianza triangolare 4 ϕ + ψ ϕ + ψ, ϕ, ψ X. 3 Dim: Sia ξ un numero complesso di modulo 1 tale che ξ(ϕ, ψ = (ϕ, ψ e sia χ = ξψ. In tal caso χ = ψ, mentre per ogni t R si ha ϕ + tχ = ϕ + t(ϕ, χ + t χ. Quindi il discriminante di questo polinomio reale quadrato è non positivo. Dunque 4(ϕ, χ 4 ϕ χ e quindi (ϕ, ψ ϕ ψ. 4 Dim: ϕ + ψ = ϕ + ψ + Re(ϕ, ψ ϕ + ψ + ϕ ψ = ( ϕ + ψ. 16

20 Uno spazio vettoriale con prodotto scalare si chiama spazio pre-hilbert. Uno spazio pre-hilbert con norma indotta completa si dice spazio di Hilbert. Uno spazio di Hilbert soddisfa all identità del parallelogramma ϕ + ψ + ϕ ψ = ( ϕ + ψ. Vice versa, se la norma di uno spazio di Banach soddisfa all identità del parallologramma, essa è la norma indotta di uno spazio di Hilbert. Il prodotto scalare può essere espresso nella norma tramite la cosiddetta formula di polarizzazione: (ϕ, ψ = { 1 4 ψ ϕ ψ, F = R 1 4 ψ ϕ ψ + i ϕ + iψ i ϕ iψ, F = C. Discutiamo ora alcuni esempi di spazi di Hilbert. 1. Sia Ω un sottoinsieme misurabile in R n. Con (Ω si indica lo spazio vettoriale di tutte le funzioni al quadrato sommabili (nel senso di ebesgue in Ω, dove due funzioni per cui i valori sono diversi soltanto in un sottoinsieme di Ω di misura zero, vengono considerate uguali. Allora la funzione (, : (Ω (Ω C, ( 1/ (f, g = f(xg(x dx, Ω è un prodotto scalare in (Ω che induce la solita norma.. Sia l lo spazio vettoriale di tutte le succesioni {x n } scalari (reali o complesse per cui la serie x n è convergente. Allora la funzione (, : l l C, ( 1/ ({x n }, {y n } = x n y n, è un prodotto scalare in l che induce la solita norma. 3 Basi ortonormali in spazi di Hilbert Consideriamo prima uno spazio vettoriale di dimensione N con prodotto scalare. Tale spazio ha una base ortonormale {ϕ n } N di vettori di lunghezza 17

21 1 ortogonali tra loro. Partendo da una base (i.e., sistema linearmente indipendente massimale {ψ n } N qualsiasi, si può costruire una base ortonormale utilizzando il processo di Gram-Schmidt: ϕ 1 = ϕ 1 ϕ 1 ϕ = ψ (ψ, ϕ 1 ϕ 1 ψ (ψ, ϕ 1 ϕ 1 ϕ 3 = ψ 3 (ψ 3, ϕ 1 ϕ 1 (ψ 3, ϕ ϕ ψ 3 (ψ 3, ϕ 1 ϕ 1 (ψ 3, ϕ ϕ. ϕ N = ψ N (ψ N, ϕ 1 ϕ 1... (ψ N, ϕ N 1 ϕ N 1 ψ N (ψ N, ϕ 1 ϕ 1... (ψ N, ϕ N 1 ϕ N 1. È facile controllare induttivamente che ϕ j è ortogonale ai vettori ϕ 1,..., ϕ j 1 e ha norma 1 (j = 1,,..., N. Per trovare la base ortonormale {ϕ n } N dalla base {ψ n } N in modo non iterativo, si consideri la matrice di Gram Sostituendo ϕ n = G = {(ψ n, ψ m } N n,m=1. n c nk ψ k, ϕ m = k=1 m c ml ψ l, e richiedendo che (ϕ n, ϕ m = δ nm (essendo δ nm la delta di Kronecker, otteniamo n m c nk c ml (ψ k, ψ l. k=1 l=1 In altre parole, si cerchi una matrice sottotriangolare C = (c nm N n,m=1 tale che CGC = I, dove I è la matrice identità e C è la trasposta coniugata di C. Quindi bisogna trovare una matrice sottotriangolare (con trasposta coniugata tale che vale la cosiddetta fattorizzazione di Cholesky G = e poi invertire la : C = 1. Per ottenere un risultato unico si richiede che 11 sia positivo. Appena trovata una base ortonormale {ϕ n } N, si ottengono subito le cosiddette identità di Parseval: N ϕ = (ϕ, ϕ n, (ϕ, ψ = l=1 N (ϕ, ϕ n (ϕ n, ψ. 18

22 Consideriamo ora uno spazio di Hilbert separabile X a dimensione infinita. Estraendo da un sottoinsieme denso e infinito numerabile D un sistema di vettori linearmente indipendente massimale e applicando il processo di Gram-Schmidt senza fermarsi ad un indice superiore N, si ottiene una base ortonormale e infinita numerabile {ϕ n }. D altra parte, l insieme di tutte le combinazioni lineari dei vettori di una base ortonormale infinita numerabile di X è denso in X. Concludiamo dunque che uno spazio di Hilbert separabile a dimensione finita viene caratterizzato dall esistenza di una base ortonormale infinita numerabile. Data una base ortonormale {ϕ n } in X, risultano le identità di Parseval: Inoltre, vale lo sviluppo nel senso che ϕ = (ϕ, ψ = lim N ϕ = (ϕ, ϕ n, (ϕ, ϕ n (ϕ n, ψ. (ϕ, ϕ n ϕ n N ϕ (ϕ, ϕ n ϕ n =. Introducendo la successione crescente di sottospazi E N = span{ϕ 1,..., ϕ N } di dimensione N, si può leggere quest ultima relazione limite nella seguente maniera: a distanza (ortogonale tra ϕ e il sottospazio E N tende a zero se N. 5 Quindi N ϕ (ϕ, λ n λ n definisce la proiezione ortogonale di ϕ in E N. Dato lo spazio di Hilbert separabile X con base ortonormale {ϕ n }, si definisce la trasformazione lineare U : X l da Uϕ = {(ϕ, ϕ n }, 5 Sia N λ nϕ n un vettore arbitrario in E N e F (λ 1,..., λ N = ϕ N λ nϕ n la distanza tra ϕ e E N al quadrato. Si può dimostrare che il minimo viene assunto per λ n = (ϕ, ϕ n (n = 1,..., N. 19

23 ossia Uϕ è la successione dei coefficienti (ϕ, ϕ n vista come vettore in l. Allora, applicando la definizione della norma in l, Uϕ = (ϕ, ϕ n = ϕ, secondo l identità di Parseval. Si verifica facilmente che U definisce una corrispondenza biunivoca tra X e l. Costruendo la U per X = l e la sua base ortonormale canonica, si vede subito che U coincide con la trasformazione identità in l. Concludiamo che, tranne una trasformazione unitaria della base ortonormale, esiste un singolo spazio di Hilbert separabile. 4 Applicazioni 1. In X = ( π, π le funzioni ϕ n (x = 1 π e inx, n Z, formano una base ortonormale. Data una funzione f ( π, π e introducendo i suoi coefficienti di Fourier c n = 1 π π π f(xe inx dx, si vede subito che c n = (π 1/ (ϕ, ϕ n per n Z. Secondo l identità di Parseval segue f = π c n, ossia n= 1 π f(x dx = π π n= c n. Inoltre, vale la convergenza della sua serie di Fourier f(x = n= c n e inx nel senso che π lim N π N f(x c n e inx dx =.

24 . In X = ( π, π le funzioni ϕ (x = 1 π, ϕ c n(x = cos(nx π, ϕ s n(x = sin(nx π, n = 1,, 3,..., formano una base ortonormale. Data una funzione f ( π, π e introducendo i suoi coefficienti di Fourier a n = 1 π f(x cos(nx dx, n =, 1,,..., π π b n = 1 π π π f(x sin(nx dx, n = 1,, 3,..., si applichi l identità di Parseval per trovare l uguaglianza 1 π f(x dx = a + π π ( an + b n. Inoltre, vale la convergenza della sua serie di Fourier nel senso che π lim N π f(x = a + (a n cos(nx + b n sin(nx f(x a N (a n cos(nx + b n sin(nx dx =. 3. Sia X = ( 1, 1. Applicando il processo di Gram-Schmidt al sistema {ψ n } n= dove ψ n (x = x n, si ottengono le versioni normalizzate dei polinomi di egendre. Infatti, moltiplicando questi polinomi da costanti positive tali che hanno il valore 1 in x = 1, risultano i soliti polinomi di egendre P n (x = 1 n (n! ( d dx n (x 1 n soddisfacenti 1 P n (xp m (x dx = 1 n + 1 δ nm. Data una funzione f ( 1, 1 e definendo i coefficienti β l = l f(xp l (x dx, l =, 1,,..., 1

25 Tabella II.1: I polinomi ortogonali classici Nome dei polinomi I w(x egendre ( 1, 1 1 Chebyshev di 1 a specie ( 1, 1 (1 x 1/ Chebyshev di a specie ( 1, 1 (1 x 1/ egendre associati ( 1, 1 (1 x m per m = 1,, 3,... Jacobi ( 1, 1 (1 x α (1 + x β con α, β > 1 Gegenbauer o ultrasferici ( 1, 1 (1 x λ con λ > 1 aguerre (, x α e x per α > 1 Hermite (, e x otteniamo l identità di Parseval e lo sviluppo nel senso che lim f(x dx = 1 f(x = l= β l P l (x l= l + 1 β l f(x β l P l (x l= dx =. 4. Sia I un intervallo della retta reale e w una funzione positiva quasi ovunque su I tale che I x n w(x dx < (n =, 1,,.... Applicando il processo di Gram-Schmidt al sistema {ψ n } n= dove ψ n (x = x n, si ottengono i polinomi ortogonali {p n } n= rispetto al peso w, dove il grado di pn è uguale ad n e i coefficienti principali sono tutti positivi. Data una funzione f (I; w dx e definendo i coeffienti c n = f(xp n (xw(x dx, n =, 1,,..., otteniamo l identità di Parseval f(x w(x dx = e lo sviluppo I I f(x = c n n= c n p n (x n=

26 convergente nel senso che lim N I 5 Operatori lineari N f(x c n p n (x n= w(x dx =. Siano X e Y due spazi di Banach. Un applicazione T : X Y si dice operatore lineare se T (λ 1 x 1 + λ x = λ 1 T (x 1 + λ T (x, x 1, x X, λ 1, λ F, dove F = R oppure F = C. Molto spesso scriviamo T x invece di T (x. Gli esempi principali degli operatori lineari sono le matrici n m (come rappresentazioni degli operatori lineari da F m in F n e gli operatori differenziali lineari. immagine di tale T è l insieme Im (T = {T x : x X}; quest insieme è un sottospazio lineare di Y. Il kernel di T è il sottospazio lineare di X definito da Ker T = {x X : T x = }. Un operatore lineare T : X Y si dice invertibile se è una corrispondenza biunivoca tra X e Y. Proposizione II. Un operatore lineare T : X Y è invertibile se e solo se Im T = Y e Ker T = {}. Dimostrazione. Se T è invertibile, si ha ovviamente Im T = Y e Ker T = {}. D altra parte, se Im T = Y e Ker T = {}, per ogni y Y l equazione T x = y ha almeno una soluzione x X (poichè Im T = Y. Se ci fossero x 1, x X tali che T x 1 = T x = y, allora T (x 1 x = T x 1 T x = e quindi x 1 x = (poichè Ker T = {} e x 1 = x. Quindi la soluzione x X dell equazione T x = y è unica per ogni y Y. Siano X e Y spazi di Banach. Un operatore lineare T : X Y si dice limitato se sup T x < +. In tal caso il numero x =1 T = sup T x = sup x X, x =1 x X T x x si dice norma di T. Se X = F n (dove F = R oppure F = C ha dimensione finita, ogni operatore lineare T : X Y è limitato. 3

27 a. Sia {e 1,, e n } la base canonica di F n. Allora ogni operatore limitato T : F n Y può essere rappresentato come ( n n T x i e i = x i T e i. i=1 Se si applica ad una matrice, la norma si chiama norma spettrale. 6 Utilizzando questa rappresentazione, si dimostri la limitatezza di T. b. Siano X, Y, Z tre spazi di Banach e siano T : X Y e S : Y Z due operatori lineari limitati. Allora ST : X Z è un operatore lineare limitato e ST S T. Si dimostri questo fatto. Proposizione II.3 Siano X, Y spazi di Banach e sia T : X Y un operatore lineare. e seguenti affermazioni sono equivalenti: a. T è un operatore limitato. b. T : X Y è una funzione uniformemente continua. c. T : X Y è una funzione continua. d. T : X Y è continua in. Dimostrazione. [(a= (b] Per x 1, x X si ha grazie alla limitatezza di T : T x 1 T x T x 1 x. Quindi, se x 1 x < (ε/ T, allora T x 1 T x < ε. Allora T è uniformemente continuo. [(b= (c= (d] Ovvio. [(d= (a] Sia T continuo in. Allora esiste δ > tale che x < δ implica T x < 1. Quindi per qualsiasi x X con x = 1 si ha (δ/x < δ e dunque (δ/ T x = T (δ/x < 1. Allora x = 1 implica T x < (/δ. Di conseguenza T è limitato con norma (/δ. Consideriamo adesso lo spazio normato (X, Y di tutti gli operatori lineari e limitati da X in Y, dove X e Y sono spazi di Banach. Scriviamo (X se X = Y. Se X = F m e Y = F n (per F = R o F = C, (X, Y coincide con lo spazio delle matrici n m. Proposizione II.4 Siano X, Y spazi di Banach. Allora (X, Y è uno spazio di Banach. Dimostrazione. Sia {T n } una successione di Cauchy in (X, Y. In altre parole, per ogni ε > esiste ν N tale che T n T m < ε per n, m > ν. 6 a norma spettrale di una matrice è uguale al suo numero singolare più grande. i=1 4

28 Per x X abbiamo la successione di Cauchy {T n x} in Y. Per x = questo è chiaro. Per x si ha: per ogni ε > esiste ν N tale che T n x T m x < ε x se n, m > ν, mentre ε x è una costante positiva arbitraria. Siccome Y è uno spazio completo, esiste, per ogni x X, un vettore T x Y tale che lim n T n x T x =. Si dimostra facilmente che T è un operatore lineare. Inoltre, per quel ν = ν(ε si ha T n x T x ε x se n > ν (calcolando il limite se m. Quindi per un opportuno n > ν si ha T x T n x T x + T n x (ε + T n x, x X, implicando la limitatezza di T. Inoltre, siccome per ogni ε > esiste ν N tale che T n x T x ε x se n > ν, si ha T n T se n. In altre parole, {T n } è convergente in (X, Y. Discutiamo due esempi. a. Sullo spazio l 1 definiamo l operatore A come (Ax i = a i,j x j, x = (x n, j=1 dove {a i,j i,j=1 è una matrice infinita. Allora A è limitato se i=1 A = sup j N i=1 j=1 a i,j < +. i=1 Infatti, sotto questa condizione abbiamo Ax 1 = (Ax i a i,j x j A x j = A x 1. Abbiamo infatti trovato il valore esatto della norma di A, ma questo non verrà dimostrato. b. Sullo spazio (G e per qualsiasi funzione misurabile limitata h su G definiamo l operatore M da j=1 (Mf(x = h(xf(x, x G. Allora hf è misurabile se f è misurabile. Inoltre, hf = h(xf(x dx h f(x dx = h f, G dove h = sup x G h(x. Quindi M è limitato su (G. Si dimostra nella stessa maniera che M è limitato su 1 (G. In entrambi i casi h è un maggiorante della norma di M. Infatti h è il valore esatto della norma, ma questo non verrà dimostrato. 5 G

29 Finora tutte le dimostrazioni sono state abbastanza elementari. Il prossimo teorema non è facile da dimostrare e richiede una certa proprietà topologica (quella di Baire degli spazi metrici completi. Teorema II.5 Siano X, Y spazi di Banach e sia T (X, Y invertibile. Allora l operatore inverso T 1 (Y, X. Il prossimo teorema fornisce un algoritmo per dimostrare l invertibilità di un operatore limitato e per calcolare (almeno in principio la sua inversa. operatore inverso verrà costruito come la somma della cosiddetta serie di Neumann che generalizza la serie geometrica. Abbiamo bisogno dell operatore d identità I X (oppure I se non c è pericolo di confusione su uno spazio di Banach X: Si definisca I X x = x per ogni x X. Teorema II.6 Sia X uno spazio di Banach e sia T (X. invertibile se I T < 1. In tal caso Allora T è T 1 = (I T j, j= dove (I T = I X e la serie è convergente nella norma di (X. Dimostrazione. Consideriamo le somme parziali S n = I + (I T + (I T + + (I T n = n (I T j. j= Si vede subito (o quasi subito che T S n = S n T = S n (I T S n = S n S n+1 + I. (II.1 Adesso facciamo la stima [Vedi l esercizio 1.9] n+p n+p S n+p S n = (I T j I T j j=n+1 j=n+1 I T n+1 1 I T, ciò implica che {S n } è una successione di Cauchy in (X. Dalla Proposizione II.4 segue l esistenza di S (X tale che S n S se n. Calcolando il limite in (II.1 se n, otteniamo T S = ST = S (I T S = S S + I. Di conseguenza T S = ST = I, cioè S = T 1. 6

30 Dalla serie di Neumann si ottiene facilmente se I T < 1. T I T Corollario II.7 Siano X, Y spazi di Banach, T, S (X, Y e T invertibile. Se T S < 1 T 1, allora S è invertibile. In altre parole, l insieme degli operatori invertibili in (X, Y è aperto in (X, Y. Dimostrazione. Ovviamente, T 1 S (X. Inoltre, I X T 1 S = T 1 [T S] T 1 T S < T 1 T 1 1 = 1 implica (secondo il teorema precedente che T 1 S è invertibile. In tal caso S è invertibile. 6 Spettro di un operatore lineare Sia X uno spazio di Banach complesso e sia T (X. Per ogni λ C consideriamo gli operatori lineari λ T (cioè, λi X T scritto male. Studiamo l invertibilità di λ T al variare di λ. Il numero λ C si dice autovalore di T se esiste x X tale che (λ T x = (cioè, tale che T x = λx. Il vettore x si chiama un corrispondente autovettore. In tal caso Ker (λ T = {x X : (λ T x = } è l insieme di tutti gli autovettori corrispondenti all autovalore λ, più il vettore zero. a definizione generalizza quella per le matrici quadrate. Infatti, come per le matrici quadrate l esistenza dell autovettore x X tale che T x = λx implica che λ T non è invertibile. Per le matrici quadrate T basta risolvere l equazione det(λ T = per trovare tutti gli autovalori di T. Nel caso di uno spazio X a dimensione infinita la situazione è molto più complicata. Sia X uno spazio di Banach complesso e sia T (X. Il numero complesso λ appartiene allo spettro di T, σ(t, se λ T NON è invertibile. Quindi tutti gli autovalori di T appartengono allo spettro di T. Il numero complesso λ appartiene al risolvente di T, ρ(t, se λ T è invertibile. Dunque ρ(t è il complementare di σ(t. Teorema II.8 Sia T (X. Allora lo spettro σ(t di T è un sottoinsieme chiuso e limitato di C, mentre il risolvente ρ(t di T è un aperto non limitato. 7

31 Dimostrazione. Sia λ ρ(t. Se µ λ < (λ T 1 1, allora µ ρ(t. Questo segue subito dal Corollario II.7, poichè (µ λi X = (µ T (λ T. Quindi ρ(t è un aperto in C. Se λ > T, λ 1 T < 1 implica l invertibilità dell operatore λ T = λ(i X λ 1 T. Inoltre (λ T 1 = 1 λ j= T j λ j = j= T j λ j+1, (II. dove la serie è convergente nella norma di (X. Quindi lo spettro è un insieme chiuso contenuto nella palla di centro zero e raggio T. Utilizzando il teorema di iouville dell analisi complessa e il teorema di Hahn-Banach dell analisi funzionale, si può dimostrare che lo spettro di un operatore lineare limitato non è mai vuoto. Quindi il suo risolvente non è mai l intero piano complesso. Sia r(t, il raggio spettrale di T, il minimo di tutti gli r per cui la serie (II. è assolutamente convergente per ogni λ C con λ > r. Allora r(t T e σ(t è contenuto nel disco di centro e raggio r(t. Infatti quel disco è il disco di centro più piccolo che contiene lo spettro di T. Utilizzando l espressione per il raggio di convergenza di una serie di potenze, troviamo r(t = lim n T n 1/n. Sia T (X. a formula C = σ(t ρ(t rappresenta una partizione del piano complesso in due insiemi disgiunti. Adesso discutiamo un ulteriore suddivisione di C in quattro insiemi due a due disgiunti. a. Se λ T è invertibile, λ ρ(t. Altrimenti, λ σ(t. b. Se Ker (λ T = {}, Im (λ T è un sottospazio lineare denso in X e Im (λ T X, si ha λ σ c (T. Tali punti λ appartengono allo spettro continuo di T. In tal caso ogni x X si può approssimare da vettori (λ T z per qualche z X. Purtroppo esistono x X tale che l equazione (λ T z = x non ha nessuna soluzione z X. c. Se Ker (λ T = {} e Im (λ T è un sottospazio NON denso in X, si ha λ σ r (T [lo spettro residuo di T ]. d. Se Ker (λ T {}, λ è un autovalore di T. insieme degli autovalori si scrive come σ p (T [inglese: point spectrum]. Gli autovettori corrispondenti all autovalore λ sono tutti i vettori in Ker (λ T \ {}. Abbiamo ottenuto la partizione C = ρ(t σ c (T σ r (T σ p (T }{{} σ(t 8

32 del piano complesso in quattro insiemi due a due disgiunti. Per determinare lo spettro continuo più facilmente, dimostriamo il seguente lemma. emma II.9 Sia T (X. Sia σ ap (T 7 l insieme di tutti i λ tali che (λ T x n per un opportuna successione {x n } con x n = 1. Allora σ p (T σ c (T σ ap (T σ(t. Dimostrazione. Dimostriamo prima che σ p (T σ c (T σ ap (T. Se λ σ p (T e x X è un corrispondente autovettore, prendiamo x n = (x/ x per ogni n N. In tal caso (λ T x n = per ogni n N. Ne segue che λ α ap (T. Quindi σ p (T σ ap (T. Se λ / σ ap (T, esisterebbe ε > tale che (λ T x ε se x = 1. In tal caso si ha (λ T x ε x, x X. Quindi λ non è un autovalore di T. Se y Im (λ T, esiste un unico vettore x X tale che (λ T x = y. In tal caso (λ T 1 y ε 1 y, y Im (λ T. (II.3 Se Im (λ T non è denso in X, ne segue che λ σ r (T. Se Im (λ T è denso in X, la stima (II.3 si estende ad y X per continuità, e dunque λ ρ(t. In altre parole, C \ σ ap (T ρ(t σ r (T, oppure σ p (T σ c (T σ ap (T. Se λ ρ(t, esistono M, m > tali che M x (λ T x m x per ogni x X (infatti, M = λ T e m = (λ T 1 1. Quindi se {x n } è una successione con x n = 1, non si ha (λ T x n. Quindi λ / σ ap (T. Ne segue che σ ap (T σ(t. 7 Operatori lineari autoaggiunti e unitari Discutiamo ora gli operatori lineari su uno spazio di Hilbert. Sia X uno spazio di Hilbert e sia T (X. Si definisce l operator aggiunto T dall uguaglianza (T x, y = (x, T y, x, y X. Utilizzando l esercizio 1.3 si dimostra facilmente che T = sup T x = sup < T x, y > x =1 x = y =1 Quindi T (X e T = T. = sup < x, T y > = sup T y = T. x = y =1 y =1 7 insieme si dice approximate point spectrum. 9

33 1.8. Si dimostrino le seguenti proprietà: (λt = λt [(λt = λt in uno spazio di Hilbert reale], (T + S = T + S, (T S = S T, (T = T. Sia X uno spazio di Hilbert e sia T (X. classi di operatori lineari: Introduciamo le seguenti a. Gli operatori autoaggiunti: T = T. b. Gli operatori unitari: T invertibile e T 1 = T. c. Gli operatori normali: T T = T T. Osserviamo che gli operatori autoaggiunti e unitari sono ambedue normali Sia X uno spazio di Hilbert complesso e sia T (X. Si dimostri che T è autoaggiunto se e solo se (T x, x è un numero reale per ogni x X. Si consiglia sviluppare il prodotto scalare (T (x + iy, x + iy per x, y X, utilizzando che (T z, z R per z = x, z = y e z = x + iy. Il risultato non vale in uno spazio di Hilbert reale. Teorema II.1 Sia T (X un operatore autoaggiunto. Allora Inoltre, σ r (T =. σ(t {(T x, x : x = 1} R. Dimostrazione. Sia λ σ p (T σ c (T. Secondo il emma II.9 esiste una successione {x n } in X tale che x n = 1 (n N e (λ T x n se n. Allora la stima ((λ T x n, x n (λ T x n x n con x n = 1 implica che λ (T x n, x n = ((λ T x n, x n, n. (II.4 Siccome (T x n, x n R per n N, segue λ R. Dunque σ p (T σ c (T R. Sia λ σ r (T. Siccome Im (λ T è un sottospazio lineare non denso in X, esiste x X tale che ((λ T z, x = per ogni z X. In tal caso segue, per z = x, (T x, x λ = (x, x R. Quindi σ r (T R. Da questo fatto si trova per ogni z X = ((λ T z, x = (z, (λ T x, e quindi (λ T x = mentre x. Risulta che λ σ p (T. Siccome σ p (T R, si ha λ σ p (T. Contraddizione. Segue allora che σ r (T =. 3

34 Infine, σ(t = σ p (T σ c (T e la relazione (II.4 [dove x n = 1 per ogni n N] implicano che lo spettro di T è contenuto nell intervallo chiuso e limitato più piccolo che contiene l insieme {(T x, x : x = 1}. Infatti, sia {(T x, x : x = 1} [m, M]. Allora m x (T x, x M x, x X. Dunque per ogni x X { λ > M : (λ M x ((λ T x, x (λ m x λ < m : (m λ x ((T λx, x (M λ x. Di conseguenza, se λ R\[m, M], non esiste nessuna successione {x n } tale che x n = 1 (n N e (λ T x n. Quindi σ(t [m, M]. Si può infatti dimostrare che per un operatore lineare autoaggiunto l insieme {(T x, x : x = 1} è l intervallo chiuso e limitato reale più piccolo che contiene lo spettro di T. In particolare, gli estremi di quell intervallo appartengono a σ(t. Purtroppo la dimostrazione non è elementare. Teorema II.11 Sia T (X un operatore autoaggiunto. Allora il suo raggio spettrale coincide con la sua norma: r(t = T. Dimostrazione. Sia T (X autoaggiunto. Allora T x = (T x, T x = (T x, x T x x, x X, dove è stata applicata la disuguaglianza di Schwartz. Passando all estremo superiore per gli x X con x = 1 si ottiene T T e dunque [Vedi l esercizio 1.9] T = T. Questo implica T n 1/n = T, n N. Passando al limite se n si trova r(t = T. Passiamo ora agli operatori unitari. Utilizzando la formula di polarizzazione si può dimostrare che un isometria (cioè, un operatore lineare U su uno spazio di Hilbert X tale che Uϕ = ϕ per ogni ϕ X ha la proprietà e quindi la proprietà (Uϕ, Uψ = (ϕ, ψ, ϕ, ψ X, (U Uϕ, Uψ = (ϕ, ψ, ϕ, ψ X. 31

35 Quest ultimo implica che U è un isometria in X se e solo se U U = I X. Nella stessa maniera si vede che un operatore U ha la proprietà che U è un isometria se e solo se UU = I X. Conclusione: U è un operatore unitario se e solo se U e U sono ambedue isometrie se e solo se U è un isometria invertibile. Siccome in tal caso anche U n e U n = (U 1 n sono isometrie (n = 1,, 3,... se U è unitario, risulta Di conseguenza, e quindi σ(u {z C : z = 1}. U n = U n = 1, n = 1,, 3,.... r(u = r(u 1 1, 3

36 Capitolo III Funzioni Test, Distribuzioni e Applicazioni In questo capitolo discuteremo le distribuzioni, le funzioni test e loro applicazioni principali. Il motivo principale per introdurre le distribuzioni nella seconda metà degli anno 4 è stato la giustificazione rigorosamente matematica della funzione delta di Dirac utilizzata in fisica teorica. Secondo i libri di testo in fisica la funzione δ(x x è una funzione con valori uguali a zero per x x, con il valore + per x = x e tale che l integrale δ(x x dx = 1. Una tale funzione non si puo inquadrare nell ambito delle funzioni misurabli, poichè essa si annulla quasi ovunque ma il suo integrale è uguale a 1. D altra parte, se f(x è una funzione, si ha f(xδ(x x = f(x. Quindi si potrebbe inquadrare la funzione delta di Dirac come l applicazione lineare f f(x applicata ad un opportuna classe di funzioni test f. Siccome deve avere senso il valore della f nel punto x, la f deve essere almeno continua. Una possibile descrizione della funzione delta è la sua rappresentazione come caso limite di una successione {δ n } di funzioni δ n abbastanza regolari tali che lim n f(xδ n (x x dx = f(x per un opportuna classe di funzioni test f. Per esempio, se il dominio della funzione delta fosse la retta reale, ci sarebbero le seguenti possibilità: a. δ n (x = n per x < 1 n e δ n(x = per x > 1 n ; b. δ n (x = 1 π n 1 + n x ; 33

37 n c. δ n (x = π e nx ; d. δ n (x = n per x < 1, δ n n(x = n per 1 x 1 e δ n n n(x = per x > 1. n Osserviamo che 1 δ n (x x ha una peak per x = x, tende all infinito se x = x, 3 tende a zero se x x, e 4 verifica δ n(x dx = 1. 1 Funzionali ineari Sia X uno spazio di Banach reale o complesso (cioè F = R o F = C. Un applicazioni lineare Φ : X F tale che Φϕ cost. ϕ, ϕ X, si dice funzionale lineare continuo in X. Utilizzando Φ = sup Φϕ ϕ =1 per normalizzare i funzionali lineari continui si ottiene uno spazio di Banach X, il cosiddetto spazio duale. Se X = F n ha dimensione finita n, esiste una corrispondenza biunivoca tra i funzionali lineari (continui e i vettori ψ F n, dove Φϕ = (ϕ, ψ = { n k=1 ϕ kψ k, F = R, n k=1 ϕ kψ k, F = C. per ϕ = (ϕ 1,..., ϕ n e ψ = (ψ 1,..., ψ n. Inoltre, se la norma è quella euclidea, si ha Φ = ψ. Di conseguenza, X ha la stessa struttura di X. Se X è uno spazio di Hilbert, esiste un analoga corrispondenza biunivoca tra i funzionali lineari continui Φ in X e i vettori di X. Secondo il Teorema di Rappresentazione di Riesz (Riesz representation theorem, per ogni Φ X esiste ψ X tale che Φϕ = (ϕ, ψ, ϕ X. Inoltre, Φ = ψ. Generalmente X non ha la stessa struttura di X se X è uno spazio di Banach separabile. 34

38 Funzioni Test Sia D(R n lo spazio vettoriale di tutte le funzioni ϕ : R n C di classe C che si annullano fuori di un insieme limitato. Allora gli elementi di D(R n si chiamano funzioni test. Per esempio, ( 1 exp, x < a ϕ(x = x a, x a, dove x = (x 1,..., x n R n. Si vede facilmente che a. D(R n è uno spazio vettoriale; b. Se ϕ D(R n, allora appartiene a D(R n. D α ϕ = α 1 x α αn x αn n ϕ, α = (α 1,..., α n, Si dice che una successione {ϕ m } m=1 converge a ϕ in D(R n se esiste un insieme limitato K tale che ϕ m (x = per ogni x R n \ K (qualunque sia m e se D α ϕ m (x D α ϕ(x uniformemente in x K, qualunque sia il multiindice α = (α 1,..., α n. Spesso la terminologia funzione test viene utilizzata per gli elementi di uno spazio vettoriale S(R n più esteso di D(R n. Poniamo (1 + x β = (1 + x 1 β 1... (1 + x n βn, x=(x 1,..., x n R n, β =(β 1,..., β n. Allora una funzione ϕ : R n C appartiene ad S(R n se essa è di classe C e (1 + x β (D α ϕ(x tende a zero se x, qualunque siano i multiindici α, β. Si vede facilmente che a. S(R n è uno spazio vettoriale; b. Se ϕ S(R n, allora appartiene a S(R n. D α ϕ = α 1 x α αn x αn n ϕ, α = (α 1,..., α n, Si dice che una successione {ϕ m } m=1 converge a ϕ in S(R n se, per ogni insieme limitato K, (1 + x β (D α ϕ m (x (1 + x β (D α ϕ(x uniformemente in x K, qualunque siano i multiindici α = (α 1,..., α n e β = (β 1,..., β n. È chiaro che D(R n S(R n 1 (R n (R n. a vera sorpresa è che D(R n sia un sottospazio lineare denso in 1 (R n e in (R n. 35

39 3 Distribuzioni Una funzione misurabile f : R n C si dice localmente sommabile se converge finito l integrale f(x dx per ogni regione limitata E in E Rn. insieme di tutte le funzioni localmente sommabili è uno spazio vettoriale: 1 loc(r n. Essenzialmente una distribuzione è un funzionale lineare: Per una distribuzione f e una funzione test ϕ si consideri il prodotto scalare (inglese: pairing (f, ϕ = f(xϕ(x dx. R n Purtroppo, invece di considerare due funzioni f, ϕ (R n si prendano una distribuzione f in uno spazio vettoriale più esteso e una funzione test ϕ in uno spazio vettoriale più ristretto tali che lim (f, ϕ m = (f, ϕ m per ogni successione {ϕ m } m=1 che converge a ϕ. Più precisamente, D (R n è l insieme di tutti i funzionali lineari f in D(R n tali che lim (f, ϕ m = (f, ϕ m per ogni successione {ϕ m } m=1 in D(R n che converge a ϕ. Identificando f 1 loc(r n con il funzionale lineare ϕ (f, ϕ = f(xϕ(x dx = f(xϕ(x dx, R n K dove K è una regione limitato K fuori della quale si annulla la ϕ, si vede facilmente che (R n 1 loc(r n D (R n. Ovviamente D (R n è uno spazio vettoriale. In modo analogo si definisce S (R n come l insieme di tutti i funzionali f in S(R n tali che lim m (f, ϕ m = (f, ϕ per ogni successione {ϕ m } m=1 in S(R n che converge a ϕ. Ovviamente S (R n è uno spazio vettoriale tale che (R n S (R n D (R n. Purtroppo esistono funzioni localmente sommabili non contenute in S (R n. Per esempio, e x appartiene ad 1 loc(r n ma non appartiene a S (R n. Fortunatamente le distribuzioni che importano alle applicazioni principali, appartengono a S (R n (e quindi a D (R n. 36

40 Una successione {f m } m=1 in D (R n (risp., in S (R n converge a ϕ se lim (f m, ϕ = (f, ϕ m per ogni ϕ D(R n (risp., per ogni ϕ S(R n. Discutiamo ora alcuni esempi. a. Dato il punto x R n, il funzionale ϕ ϕ(x appartiene a S (R n (e quindi a D (R n, poichè per una successione {ϕ m } m=1 convergente a ϕ in S(R n si ha ϕ m (x ϕ(x. Questa distribuzione si chiama la distribuzione delta di Dirac: (δ x, ϕ = ϕ(x. b. Dato x R, il funzionale ϕ ϕ(x dx x appartiene a S (R (e quindi a D (R, poichè per una successione qualsiasi {ϕ m } m=1 convergente a ϕ in S(R si ha x ϕ m (x dx x ϕ(x dx. Questa distribuzione si chiama la funzione di Heaviside: (H x, ϕ = x ϕ(x dx = Si vede facilmente che H( x 1 loc(r. H(x x ϕ(x dx. c. Una funzione localmente sommabile tale che per un certo m f(x (1 + x m dx < +, appartiene a S (R n. Per due funzioni f, ϕ S(R n, cioè per due funzioni f, ϕ : R n C di classe C che si annullano rapidamente se x, abbiamo (D α f, ϕ = ( 1 α (f, D α ϕ, 37

41 qualunque sia il multiindice α = (α 1,..., α n e per α = α α n. Infatti, per dimostrarlo si facciamo α 1 integrazioni per parti rispetto alla variabile x 1, α integrazioni per parti rispetto alla variabile x, ecc. Ad ogni integrazione per parti si guadagna un meno e ci sono α integrazioni per parti in tutto. Tale formula si può ora utilizzare per definire D α f per f D (R n e ϕ D(R n [oppure: per f S (R n e ϕ S(R n ]. a derivazione D α f non è quella classica. Tale derivazione si chiama derivazione debole. 1 a derivazione debole è una trasformazione lineare continua nel seguente senso: Se {f m } m=1 è una successione che converge a f S (R n (risp., a f D (R n, allora {D α f m } m=1 converge a D α f S (R n (risp., a D α f D (R n. Ciò è chiaro, poichè (D α f m, ϕ = ( 1 α (f m, D α ϕ ( 1 α (f, D α ϕ = (D α f, ϕ, qualunque sia la funzione test ϕ. Per esempio, calcoliamo ora la derivata debole H x della funzione di Heaviside H x, dove x R. Infatti, per ϕ S(R si ha (H x, ϕ = (H x, ϕ = e quindi x ϕ (x dx = [ϕ(x] x=x = ϕ(x = (δ x, ϕ, H x = δ x, essendo la distribuzione delta di Dirac. Purtroppo, non vale la relazione d dx H(x x = δ(x x in modo classico, poichè la derivata classica non esiste per x = x. 4 Trasformata di Fourier 4.1 Trasformata di Fourier negli spazi 1 e Sia f : R n C una funzione sommabile. Allora l integrale (di ebesgue ˆf(ξ def = F [f](ξ = f(xe i(ξ,x dx, ξ R n, è assolutamente convergente e ˆf(ξ f 1, dove f 1 = f(x dx è la norma 1 di f. In tal caso si definisce una funzione ξ ˆf F [f](ξ = ˆf(ξ 1 Tecnicamente i due pairing (D, D e (S, S conducono a due derivazioni deboli diversi, ma in pratica non c è alcuna differenza, poichè le nostre distribuzioni appartengono a S (R n. 38

42 su R n che si chiama la trasformata di Fourier della f. Segue che ˆf(ξ è continua in ξ R n. Proposizione III.1 Sia f 1 (R n. Allora F [f](ξ è continua in ξ R n e tende a zero se ξ +. Siano f, g 1 (R n. Allora F [f], F [g] (R n. In tal caso risulta per f, g 1 (R n [ ] ( ˆf, g = f(xe i(x,ξ dx g(ξ dξ [ ] = f(x g(ξe i(ξ,x dξ dx = (f, ĝ; (III.1 [ ( ˆf, g c = = [ f(x ] f(xe i(x,ξ dx g(ξdξ ] g(ξe i(ξ,x dξ dx = (f, ĝ( ξ c. (III. Inoltre, (, c è il prodotto scalare complesso di (R n, mentre (, è quello reale. Siano f, g 1 (R n. Allora il prodotto di convoluzione (f g(x = f(yg(x y dy = f(x yg(y dy conduce ad una funzione f g 1 (R n. Segue che f g = g f, (f g h = f (g h, dove f, g, h 1 (R n. Applicando la trasformazione z = x y con y fissato si ha ( F [f g](ξ = f(yg(x y dy e i(x,ξ dx ( = f(ye i(y,ξ g(ze i(z,ξ dy dz = ˆf(ξĝ(ξ. (III.3 In altre parole, la trasformata di Fourier manda 1 (R n con il prodotto di convoluzione in C(R n con il prodotto algebrico usuale. Consideriamo ora la trasformata di Fourier su (R n. a seconda parte si chiama il emma di Riemann-ebesgue. 39

43 Teorema III.13 (di Plancherel. Sia f 1 (R n (R n. Allora 1 (π ˆf(ξ dξ = f(x dx. n (III.4 Inoltre, F ammette un estensione lineare ad (R n che soddisfa (III.4 per ogni f (R n ed è un operatore invertibile su (R n. Dimostrazione. Prima diamo la dimostrazione per n = 1. Sia f una funzione continua e regolare a tratti con supporto in ( π, π. Allora la serie di Fourier di f converge uniformemente ad f in x [ π, π]: f(x = a + = a + (a n cos(nx + b n sin(nx ( an ib n e inx + a n + ib n e inx = dove c n = (1/π π π f(xe inx dx = (π 1 ˆf(n e π π f(x dx = π = π ( a n= + ( a n + b n c n = 1 π n= n= ˆf(n. c n e inx, Siccome c n [e ixt f] = (π 1 ˆf(n + t per ogni n Z, t R e f(x = e ixt f(x, risulta f(x dx = 1 = 1 π n= f(x dxdt 1 ˆf(n + t dt = 1 π ˆf(ξ dξ. Se f ha supporto compatto in R, si scelga c > tale che g(x = c 1/ f(cx ha supporto in ( π, π. In tal caso f(x dx = = 1 π g(x dx ĝ(ξ dξ = 1 π ˆf(ξ dξ. 4

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