I Test di Funzionalità Vestibolare

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1 I Test di Funzionalità Vestibolare Modugno G.C., Brandolini C. In: Il danno vestibolare post-traumatico. Aspetti clinico-diagnostici e medico-legali; Editor Carlo Giordano. Edizioni Minerva Medica 2007, Concetti introduttivi La scelta di quali siano i test strumentali più idonei in ambito medico-legale al fine di caratterizzare, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo, la funzionalità dei riflessi a genesi vestibolare (riflesso vestibolo-oculomotore - RVO, riflesso vestibolo-spinale - RVS), ha da sempre rappresentato un problema particolarmente dibattuto (1-9). Purtroppo, l evoluzione delle conoscenze in ambito di clinica e fisiopatologia vestibolare e l applicazione estensiva delle tecnologie elettronico-informatiche, anche in ambito di vestibolometria strumentale, ha paradossalmente complicato ulteriormente i termini del problema. Si e infatti assistito alla nascita di nuove procedure strumentali che hanno ulteriormente arricchito la pletora dei test di funzionalità vestibolare attraverso cui il clinico ha da sempre avvalorato la presenza di sintomi della sfera vestibolare e formulato un orientamento diagnostico. In effetti, quest ultimo non nuovo problema può trovare la soluzione, già precedentemente proposta e, come si vedrà più avanti, personalmente rielaborata, di selezionare i test da adottare in funzione dei risultati della preliminare indagine anamnestico-semeiologica (5) od in funzione della tipologia dei sintomi (7-9). Più complessa, per contro, risulta la soluzione dei problemi concettuali che emergono dalla ricaduta in ambito clinico delle più recenti acquisizioni in tema di fisiopatologia e clinica del sistema vestibolare (si pensi all evoluzione del concetto di compenso vestibolare) o che derivano dalla necessità di diagnosticare associazioni patologiche o di escludere la presenza di nuove entità morbose su cui l evento lesivo (il trauma, nel caso della patologia traumatica del sistema vestibolare) potrebbe aver agito solamente come elemento rilevatore (si pensi alla patologia da deiscenza della capsula labirintica od alla sindrome dell acquedotto vestibolare largo). Facendo riferimento al problema di come si siano evolute le conoscenze sul compenso vestibolare che, come e noto, rappresenta il complesso fenomeno neuro-biologico in grado di annullare od attenuare i sintomi vestibolari insorti dopo un evento lesivo che ha interessato una o più stazioni delle vie vestibolari, e paradigmatico rilevare come il superamento di consolidate acquisizioni di tipo clinico (10-14), tale da giustificare il più appropriato termine di Sostituzione Vestibolare (15-17), non si e tradotto in una rivalutazione e/o nuova definizione dei criteri strumentali utilizzati in ambito medico-legale per riconoscere lo stato di efficiente compensazione dopo una lesione vestibolare monolaterale irreversibile. In altri termini ancora oggi potrebbe accadere che nel contesto di una valutazione peritale, il rilievo semeiologico emerso dall effettuazione di un test roto-acceleratorio, che e stato da sempre considerato il test strumentale ideale per l idonea valutazione quantitativa del compenso vestibolare, possa non essere in grado di documentare la presenza di una alterazione funzionale irreversibile (e forse non suscettibile di compensazione ) dei riflessi vestibolari in grado di giustificare, in specifiche condizioni di attività motoria, l insorgenza di sintomi della sfera vestibolare. Potrebbe d altronde accadere anche la condizione contraria per la quale il test rotatorio possa far emergere un pattern 1

2 semeiologico compatibile con una condizione di inefficiente compensazione centrale nel contesto di un quadro clinico paucisintomatico (o addirittura normale) giustificato dall azione vicariante degli altri sistemi sensoriali (visivo, propriocettivo, ecc.) che partecipano alla funzione dell equilibrio attraverso l incremento di altre attività riflesse, seppur meno importanti rispetto al RVO ed al RVS. Questi esempi, che peraltro ricordano come non sia mai conveniente in corso di valutazione peritale ricorrere ad una sola tipologia di test strumentale, permettono infatti di sottolineare come il problema della caratterizzazione quantitativa dell efficienza del compenso vestibolare centrale debba considerarsi ancora del tutto aperto. Forse, proprio sulla base di questa considerazione, e possibile spiegare la sempre più ampia diffusione della posturografia statica e dinamica in ambito medico-legale (18-27) che, come e noto, non si prefigge la finalità di quantificare l efficienza funzionale dei riflessi a genesi vestibolare, ma piuttosto quella di valutare con quale modalità operativa o strategia motoria il paziente affetto da patologia della sfera vestibolare sia in grado di utilizzare al meglio i diversi sottosistemi sensoriali preposti al controllo dell equilibrio durante semplici perturbazioni, indotte strumentalmente, dell assetto posturale. D altronde, questa tendenza di affidare alla valutazione posturometrica dinamica la valutazione del grado di compensazione raggiunto dopo la deafferentazione monolaterale si osserva recentemente anche nel campo della sperimentazione scientifica (28) anche se non risulta ancora chiaro se tale scelta sia imputabile a fattori di tipo pratico (risparmio di tempo e costi, non disponibilità di altri test strumentali, ecc.) piuttosto che a considerazioni di tipo concettuale. Ritornando al problema iniziale, già con l avvento della tecnica di registrazione elettronistagmografica ci si rese conto di come proprio la valutazione peritale, indipendentemente dal tipo di test vestibolare adottato, avrebbe potuto trarre dei vantaggi innegabili correlati essenzialmente al valore aggiunto che questo tipo di tecnica avrebbe potuto fornire in termini di oggettività del rilievo, possibilità di documentazione e soprattutto confrontabilità con ulteriori valutazioni nel tempo (1). In effetti anche l avvento delle più moderne tecniche di registrazione ormai ampiamente diffuse quali la video-oculografia analogica e la video-oculografia digitale ad infrarosso (tralasciando la tecnica di registrazione ad induzione magnetica mediante search coil che pur offrendo innegabili vantaggi su tutti i fronti e relegata, per motivi di invasività, ai laboratori di ricerca) ha consentito di mantenere e sicuramente potenziare tali caratteristiche. Pur considerando comunque che l elettronistagmografia si e storicamente affermata soprattutto per il vantaggio innegabile di consentire una più idonea quantificazione dei test strumentali per la valutazione dei RVO e di quelli oculo-oculomotori, e utile inoltre sottolineare come questa metodologia di pura registrazione dei movimenti oculari (come pure le sue sorelle più giovani) può trasferire queste importanti caratteristiche (oggettività del rilievo, documentabilità e confrontabilità) anche all indagine semeiologica non strumentale che riveste, come e noto, un ruolo sicuramente prioritario rispetto all indagine strumentale per la diagnosi di specifici quadri patologici (si pensi alla labirintolitiasi) che possono frequentemente insorgere dopo un evento traumatico. Se comunque le tecniche di acquisizione e registrazione dei movimenti oculari hanno potuto offrire un valore aggiunto anche ai moderni test semeiologici propri della bed-side examination e solo con l avvento della analisi digitale dei segnali che e stato possibile raggiungere l obiettivo finale dell oggettività della quantificazione, lasciando all esperto la sola interpretazione soggettiva dei risultati dei test, almeno fino a quando sistemi esperti, alberi decisionali o complessi algoritmi propri dell intelligenza artificiale (Neural Network) non si sostituiranno (speriamo mai!) alla mente umana pur essendo generati dalla stessa. 2

3 Da queste considerazioni si evince come per descrivere, seppur in maniera sintetica, le caratteristiche salienti, le potenzialità diagnostiche, i limiti ed i vantaggi dei principali test vestibolari che hanno mostrato il maggior grado di diffusione superando pertanto la fase di validazione clinico-sperimentale, sia opportuno fare sempre riferimento al contesto metodologico nel quale possono essere effettuati in quanto sarà proprio in funzione di tale contesto che si potranno ottenere risultati più o meno attendibili. Nella tab. 1 ho pertanto cercato di classificare i diversi test vestibolari proprio in funzione delle caratteristiche metodologiche con cui possono essere effettuati. E ovvio comunque che alcune metodologie di indagine strumentale come la posturografia (statica o dinamica), lo studio dei potenziali evocati vestibolari miogenici (VEMPs) o lo studio della verticale soggettiva, sfruttando segnali di output completamente differenti e basandosi su uno specifico assetto metodologico non possono essere direttamente paragonati ai test di funzionalità vestibolare che si basano sul segnale oculografico. Prima di entrare nel merito dei singoli test di funzionalità vestibolare, e utile considerare come alcuni di questi non solo permettono di ricavare informazioni quantitative sulla funzione dei riflessi vestibolari, ma possono consentire di confermare un ipotesi diagnostica o meglio ancora, come nel caso del nistagmo da scuotimento cefalico, fornire elementi che indicano la persistenza nel tempo di una condizione di asimmetria funzionale tra gli emisistemi recettoriali dei due lati. Un ulteriore precisazione concerne i test che studiano l efficienza dei soli riflessi oculooculomotori (test dei movimenti saccadici, test otticocinetico, test di inseguimento lento o pursuit oculare); pur essendo ampiamente noti i rapporti funzionali esistenti tra i nuclei vestibolari e le stazioni neurali del sistema visivo extra genicolo-striato, questi test, infatti, non possono essere considerati test di funzionalità vestibolare. L utilità pratica di questi deriva dal fatto che una qualche alterazione degli stessi in corso di valutazione peritale può rappresentare un elemento topodiagnostico di centralità del danno vestibolare. Solo del tutto recentemente d altronde (29-33) sono stati sviluppati sistemi commerciali con specifici protocolli di stimolazione e routine di analisi quantitativa per analizzare le interazioni visuo-vestibolari (se si esclude ovviamente il test di soppressione visiva). In effetti una sorta di analisi dell interazione visuo-vestibolare viene elaborata anche nelle routines della posturografia dinamica standardizzata da Nashner e coll. per l assetto commerciale (34) anche se, come e noto, la via finale comune dei sistemi posturografici e rappresentata da un segnale che solo molto lontanamente e correlabile con i riflessi a genesi vestibolare (in realtà nelle prime versioni sperimentali venivano analizzate le modificazioni temporali del segnale elettromiografico prelevato dai muscoli dell arto inferiore). Nonostante questi limiti, la posturografia dinamica pur non potendo essere considerato un test di funzionalità vestibolare, consente di valutare, seppur in maniera indiretta e forse grossolana, il modo con cui un soggetto e in grado di integrare le informazioni propriocettive, visive e vestibolari per mantenere l equilibrio posturale. La specifica modalità di valutazione e rappresentazione grafica dei risultati ha favorito inoltre l individuazione di pattern di risposta più frequentemente correlati ad una condizione di simulazione o di esagerazione da parte del soggetto in esame (22-27). Certo può apparire paradossale che nell arsenale dei test vestibolari possano coesistere metodologie di analisi così differenti tra loro ma non si deve dimenticare che il vestibologo, per motivi legati soprattutto alla estrema complessità anatomo-funzionale dell apparato vestibolare, ha da sempre dovuto convivere con due differenti ma ugualmente vantaggiose modalità di rapportarsi con il paziente, scegliendo di volta in volta un atteggiamento analitico piuttosto che uno rivolto a cogliere sinteticamente (eventualmente basandosi su poche manovre semeiologiche) la reale essenza del problema e viceversa. L evoluzione delle conoscenze in ambito fisiopatologico ha oggi raggiunto un tale livello di approfondimento che, in via teorica, oggi sarebbe possibile, con 3

4 un approccio di tipo analitico, e facendo ricorso a specifiche modalità di analisi strumentale (alcune delle quali in verità appartengono ancora al mondo della sperimentazione scientifica) conoscere il grado di funzionalità di tutti i recettori vestibolari (maculari ed ampollari). Se comunque la possibilità (e la necessità) di effettuare l analisi selettiva recettoriale di ogni emisistema vestibolare rappresenta un dato ormai sufficientemente acquisito non così si può dire per un aspetto concettuale, a mio avviso ben più importante, rappresentato dal fatto che il meccanocettore vestibolare può avere un comportamento diverso in funzione del range frequenziale entro cui opera (in altri termini e possibile analizzare la sua risposta in frequenza). Se infatti risulterebbe ormai assurdo pensare di analizzare il meccanocettore cocleare senza fare riferimento alla caratteristica frequenziale dello stimolo usato (si pensi all esame audiometrico) non viene spontaneo, per contro, considerare che lo stesso tipo di procedimento potrebbe (se non dovrebbe) applicarsi anche al meccanocettore vestibolare. D altronde, e solo nella valutazione longitudinale di un paziente affetto da un danno irreversibile recettoriale che spesso ci si rende conto di come i test basati sull erogazione di stimoli ad alta frequenza (come ad esempio il test di Halmagyi) consentono di ottenere delle risposte permanentemente patologiche rispetto ai test che stimolano i recettori nel range delle basse frequenze (come per esempio avviene nel test rotatorio sinusoidale). Oggi e noto che questa apparente incongruenza di comportamento e giustificata dal fatto che solo nel primo caso viene effettuata una stimolazione di tipo fisiologico in grado di evidenziare per sempre (indipendentemente dall instaurarsi di un più o meno efficiente compenso vestibolare centrale) la presenza di un danno vestibolare irreversibile. Ciò non significa che sia concettualmente erroneo utilizzare ancora il test strumentale sicuramente più diffuso e standardizzato rappresentato dal test calorico che, come e noto, e in grado di eccitare i soli recettori canalari nel range delle basse frequenze di stimolazione. Tale test infatti e l unico, come si vedrà in seguito, in grado di fornire informazioni, seppur indirette, sullo stato funzionale dei nuclei vestibolari basandosi su una stimolazione non fisiologica. Il vantaggio di considerare che il meccanocettore vestibolare e funzionalmente stato concepito per operare nel range della alte frequenze di stimolazione risulterà comunque evidente sia nella fase di interpretazione dei risultati ottenibili dai diversi test strumentali (35) sia in fase di valutazione del danno, soprattutto se ad una alterazione di tipo periferico si associa una alterazione funzionale dei centri di integrazione degli input sensoriali. Un ultima considerazione concerne il ruolo diagnostico dei test di funzionalità nella valutazione del danno vestibolare. Al termine di una valutazione semeiologico strumentale del paziente affetto da sintomi della sfera vestibolare, si dovrebbe essere in grado, da un punto di vista teorico, di esprimere un giudizio su cinque condizioni: a) esiste una alterazione funzionale irreversibile a livello recettoriale? ; b) esiste una alterazione funzionale reversibile a livello recettoriale? C) esiste una alterazione funzionale delle vie vestibolari centrali?; d) quale grado di compensazione centrale e presente?; e) ci si trova di fronte ad una simulazione od ad una esagerazione?. Fermo restando che la possibile (e non infrequente) libera associazione tra tali condizioni può configurare quadri patologici particolarmente complessi e difficilmente diagnosticabili e indiscutibile che la valenza diagnostica dei test di funzionalità vestibolare concerne essenzialmente i primi due aspetti. Mentre per gli aspetti legati alla quantificazione del fenomeno di compensazione centrale sono valide le argomentazioni accennate in precedenza (che saranno peraltro trattate più in specifico in seguito), e noto infatti che la definizione di uno stato di alterazione funzionale delle vie vestibolari centrali (quale, ad esempio, potrebbe instaurarsi nella sindrome post-concussionale cronica) si basa su elementi ancora sostanzialmente incerti. Forse e stato proprio quest ultimo elemento che ha condizionato la difficile elaborazione dei 4

5 criteri con cui oggi e possibile individuare, essenzialmente grazie alle tecniche posturografiche, i pattern semeiologici dei simulatori o di chi, forse anche inconsciamente, tende ad esagerare una condizione di disagio funzionale reale. Purtroppo l estrema difficoltà nel realizzare stimolatori meccanici idonei per lo studio dei potenziali evocati vestibolari neurogeni non ha consentito di sviluppare esaurientemente nell uomo questa nuova tecnica che avrebbe forse potuto esprimere le sue massime potenzialità proprio nell individuazione di pattern inequivocabilmente correlati ad una alterazione funzionale centrale (36). I moderni test semeiologici Con tale termine si vuole intendere un gruppo di test appartenenti alla moderna semeiologia non strumentale (Bed-Side Examination). In realtà, se quasi tutti sono realmente dei test non strumentali, in quanto non e necessario disporre di alcuna attrezzatura per evocare la specifica reazione nistagmica od oculare su cui si basa la loro valutazione, solo alcuni possono essere adeguatamente ed attendibilmente interpretati senza l ausilio di alcun presidio strumentale (comprendendo l occhiale di Frenzel). La facile reperibilità ed il relativo basso costo di un sistema di registrazione video-oculografica analogica ad infrarosso consente oggi di potenziare la sensibilità diagnostica di tali test e può rappresentare, nel contesto di una valutazione peritale, una condizione quasi irrinunciabile. E possibile comunque utilizzare anche metodi di analisi quantitativa più sofisticati che, seppure essenzialmente in ambito sperimentale, si sono dimostrati particolarmente utili per evitare false interpretazioni dei dati (37). Anche se non possono essere considerati in senso stretto dei test di funzionalità vestibolare (in quanto solo in alcuni casi e possibile ricavare informazioni dirette sulla funzione recettoriale), essi consentono di svelare le due principali condizioni fisio-patologiche che sono alla base della maggior parte dei quadri clinici vestibolari comprese le forme post-traumatiche: lo stato di asimmetria funzionale del RVO conseguente ad una lesione monolaterale e lo stato di disfunzione recettoriale (e non di lesione) inteso come comportamento funzionale anomalo dello stesso rispetto a sollecitazioni di tipo fisiologico. Appartengono al primo gruppo il test vibratorio, il test di Halmagyi (e la sua variante di recente definizione denominata Head Heave Test), il test di iperventilazione e la ricerca del nistagmo da scuotimento cefalico (Head Shaking Test o HST). E possibile invece classificare nel secondo gruppo le manovre semeiologiche per la diagnosi della labirintolitiasi ed il test della fistola. Anche se non e questa la sede per una trattazione specifica ed approfondita di questi test e utile ricordare che non in tutti i casi si e giunti ad una condivisa metodologia di effettuazione ed interpretazione dei risultati. Comunque, anche se esistono ancora margini di discussione sul loro significato clinico, non vi e dubbio che l esecuzione di alcuni di essi (test vibratorio, test di Halamgyi, HST, Manovre diagnostiche per la labirintolitiasi) debba considerarsi un atto semeiologico obbligatorio prima dell esecuzione di altri test strumentali più standardizzati. Il test vibratorio si e imposto solo di recente come utile metodo in grado di svelare una condizione di asimmetria funzionale tra i due emisistemi vestibolari. Anche se sono ancora limitati gli studi rivolti a definire la sensibilità e specificità diagnostica del test (38-45) e non si e ancora giunti ad una interpretazione univoca e condivisa dei diversi e numerosi rilievi semeiologici ottenibili, la semplice esecuzione del test e la sua ottima tollerabilità ne fanno prevedere una rapida diffusione su larga scala. Il test consiste nell applicare uno stimolo vibratorio a bassa frequenza (circa 100 Hz) alla regione mastoidea ed osservare, con occhiali di Frenzel o mediante 5

6 video-oculografia, la reazione oculomotoria indotta. In estrema sintesi, la risposta oculomotoria più frequente e rappresentata dall insorgenza di un nistagmo, non particolarmente intenso, ma ben evidenziabile, più frequentemente prevalentemente orizzontale, ad insorgenza quasi immediata e con caratteristiche quantitative costanti durante l applicazione dello stimolo (nistagmo per-stimolatorio). La direzione di questa attività nistagmica, che solitamente non varia in funzione del lato stimolato, indicherebbe il lato dell emisistema vestibolare funzionalmente più efficiente essendo espressione della prevalente attività eccitatoria recettoriale indotta dallo stimolo vibratorio (in altri termini lo stimolo vibratorio, pur raggiungendo gli organi recettoriali di entrambi i lati, sarebbe in grado di svelare uno stato di asimmetria funzionale inducendo uno stato di eccitazione prevalentemente nel lato più attivo). In effetti, l estrema eterogeneità delle possibili risposte (nistagmo di tipo verticale o rotatorio, risposte post-stimolatorie, movimenti oculari tonici e non nistagmici, risposte che variano in funzione del lato stimolato, ecc.), evocabili anche in funzione di una variazione dell assetto di stimolazione (posizione eretta vs posizione supina, stimolazione in altre regioni craniche, ecc.), suffragata dai pochi contributi sull argomento oltre che da osservazioni di tipo personale, indica quasi sicuramente che lo schema interpretativo proposto può spiegare solo in parte i fenomeni osservabili e che molto probabilmente il test vibratorio e anche in grado di svelare uno stato di disfunzione recettoriale, classificandosi pertanto anche tra i test del secondo gruppo. Purtroppo non e possibile, allo stato attuale delle ricerche, trarre delle conclusioni definitive sulla valenza clinica del test anche se, in termini concettuali, non bisogna dimenticare che si basa su una stimolazione ad altissima frequenza per quello che e considerato il range di risposta vestibolare e non si esclude che possa rappresentare anche un valido metodo per esplorare la funzione dei recettori maculari. Per ora e più prudente basarsi sul dato consolidato basato sull interpretazione fisiopatologica del rilievo semeiologico più frequente (nistagmo per-stimolatorio) che già consente, a mio avviso, di considerare il test vibratorio un valido metodo di screening. Se pertanto l assenza di risposta indicherebbe un sostanziale equilibrio funzionale tra gli emisistemi vestibolari, l insorgenza di un attività nistagmica rappresenta un valido elemento per indagare in maniera più approfondita la funzionalità vestibolare. Il test di Halmagyi (Head Thrust Test), come verrà ricordato più avanti, rappresenta il metodo non strumentale più semplice per ricavare informazioni sull efficienza del RVO nel range delle alte frequenze e fonda la sua validazione clinica su solide basi sperimentali (46-52). In effetti, può essere considerato un test rotatorio del tutto particolare in quanto riproduce le caratteristiche qualitative dei movimenti naturali di rotazione del capo (che in termini fisici possono essere rappresentati da una rapida successione di due picchi accelerativi di entità molto elevata e di segno opposto). Si tratta, molto sinteticamente, di osservare il comportamento del RVO durante l effettuazione di movimenti del capo che devono avere caratteristiche di rapidità ed imprevedibilità. La rapidità può essere limitata dallo stato di contrazione dei muscoli cervicali, mentre l imprevedibilità può essere raggiunta solamente con l utilizzo dei movimenti passivi. Anche se, in via teorica, con questo test può essere esplorata la funzionalità dei recettori ampollari verticali solitamente ci si limita allo studio del RVO sul piano orizzontale: non e sempre agevole, comunque, senza l ausilio di strumentazione idonea (videoregistrazione), osservare con chiarezza la risposta di tipo patologico. Quest ultima si caratterizza per l assenza del movimento di rotazione del bulbo oculare con finalità compensatoria e cioè effettuato in direzione opposta a quello del capo. L esaminatore, pertanto, considerata la rapidità del movimento, osserverà che i bulbi oculari, al termine della rotazione del capo, rimangono sull asse sagittale del paziente (in altri termini hanno seguito la rotazione del capo) e non sono invece ruotati in direzione opposta, come in caso di normalità, mantenendo cioè inalterata la direzione della mira rispetto alle fasi precedenti del movimento. In effetti, non sempre e agevole osservare questo rapido fenomeno 6

7 durante la fase per-rotatoria dello stimolo (53) (può accedere infatti che il soggetto patologico, disturbato dall effetto di scivolamento delle immagini sul campo visivo tenda a chiudere gli occhi) e pertanto, sul versante clinico, si tende ad utilizzare come elemento rilevatore di una ridotta efficienza del RVO la presenza di uno o più movimenti saccadici correttivi (diretti in senso opposto alla direzione del capo) che frequentemente sono evidenziabili al termine della rotazione del capo (54) ma che vanno interpretati come una risposta post-rotatoria di natura extra-vestibolare. Come verrà ricordato più avanti, anche se lo stimolo rotatorio e in grado di eccitare entrambi i lati, questo test consente di esplorare la funzionalità del RVO di un singolo emisistema sfruttando l asimmetrica espressione quantitativa della polarità funzionale del recettore ampollare, che come e noto rappresenta il substrato fisiologico della seconda legge di Ewald. La rotazione verso destra permetterà pertanto di esplorare l emisistema destro e viceversa. La ricerca del nistagmo da scuotimento cefalico (NSC) o per utilizzare una denominazione anglosassone l Head Shaking Test, rappresenta un antico ed ulteriore agevole metodo per ricavare utili informazioni sullo stato di asimmetria funzionale del RVO. In questo caso, le informazioni che e possibile ricavare sono comunque qualitativamente più rilevanti in quanto la presenza stessa di un nistagmo da scuotimento presuppone una periodo temporale più o meno lungo tra l insorgenza della lesione vestibolare e lo sviluppo di questa alterazione oculomotoria. Questo elemento, assieme al dato, emerso da studi clinico-sperimentali (55-58), di una modificazione temporale sostanzialmente stereotipata delle caratteristiche quanti/qualitative del NSC, rappresenta la base concettuale che consente di utilizzare questo test per valutare l efficienza del compenso vestibolare. Il NSC può essere condotto facendo compiere al soggetto in esame (solitamente in ortostatismo) un numero variabile (10-20) di vigorose rotazioni del capo con una frequenza di 1-2 Hz sul piano orizzontale (od anche verticale). La risposta tipica e caratterizzata dall insorgenza, il più delle volte quasi immediata, di un attività nistagmica più o meno intensa che si esprime in prevalenza sul piano di stimolazione utilizzato seguita solitamente, con una latenza di pochi secondi, da una seconda fase meno intensa e di durata maggiore diretta in senso opposto. Non e infrequente comunque osservare dei comportamenti differenti della risposta oculomotoria caratterizzati da notevole latenza, notevole intensità e durata anche dopo una stimolazione di breve durata o da un nistagmo che si esprime prevalentemente su un piano diverso rispetto a quello di stimolazione (cross-coupled). La direzione della risposta primaria non e necessariamente correlata alla direzione di un pregresso nistagmo spontaneo (in altri termini il NSC non rappresenta la slatentizzazione di un nistagmo latente). Anche se e sempre meglio adottare gli occhiali di Frenzel o la video-oculografia per osservare le diverse caratteristiche del NSC, una reazione particolarmente intensa può essere ben osservata anche senza l ausilio di alcuna strumentazione in quanto non viene inibita totalmente dalla fissazione. Sono state ampiamente studiate le relazioni quantitative esistenti tra i diversi parametri (ampiezza, frequenza, intensità, e durata delle diverse fasi) del nistagmo evocabile e l intensità dello stimolo rotatorio, ma non sono del tutto condivisi i criteri interpretativi come pure i valori di sensibilità e specificità diagnostica da attribuire alle diverse condizioni patologiche studiate (59-71). Recentemente e stata inoltre rivalutata la risposta del NSC in funzione di una posizione non ortostatica del paziente (72-73). In effetti e possibile riscontrare in letteratura studi di correlazione clinico-semeiologica, a volte basati su criteri metodologici non sempre condivisibili (74-75), dai quali sembrerebbe emergere un giudizio non positivo sulla reale valenza diagnostica del NSC anche in funzione del fatto ben noto che il NSC e riscontrabile anche nei soggetti normali (o almeno ritenuti tali). In linea generale, si ritiene che la presenza del NSC, pur rilevando la presenza di un alterazione funzionale del RVO, non consente di ricavare dati attendibili per differenziare tra una diagnosi di 7

8 alterazione di tipo centrale o di tipo periferico tranne quando si sia in presenza di risposte non tipiche (cross-coupled o di reazioni particolarmente intense) che vengono solitamente considerate (ma non in senso assoluto) espressione di un danno di tipo centrale. IL NSC rappresenta pertanto un indice aspecifico di alterazione funzionale del RVO che può associarsi ad una lesione periferica o centrale. Anche se per comprendere pienamente il significato clinico del NSC sarebbe opportuno fare riferimento ai contributi di chi, a mio avviso, ha avuto il merito di fornire, seppure in chiave modellistica, l interpretazione fisiopatologica più convincente del NSC (76-79), e utile infatti ricordare, anche in questa sede, che il NSC può esprimere tre diverse condizioni patologiche quali: a) la presenza di una asimmetria della dinamica cupolare recettoriale (disfunzione) tra i due emisistemi vestibolari; b) la presenza di una asimmetria della funzionalità del RVO (lesione); c) la presenza di una asimmetria funzionale tra i gruppi neurali che costituiscono il cosiddetto Velocity Storage Mechanisms il cui significato funzionale, in realtà non pienamente compreso, e quello di accumulare (circuito integratore) il segnale proveniente dalle periferia per generare, al termine dello stimolo, una risposta oculomotoria in senso opposto di significato compensatorio. Nelle prime due condizioni e possibile solitamente osservare una modificazione nel tempo delle caratteristiche del NSC che possono esprimere o il ripristino di una disfunzione recettoriale (scomparsa del NSC) o la diversa espressione quantitativa del compenso vestibolare. In questo caso si osserverà la comparsa iniziale di un NSC diretto verso il nistagmo spontaneo seguita da una fase di assenza di ogni reazione oculomotoria (compenso completo). Una possibile successiva fase di NSC diretto in senso opposto, indicherebbe infine una condizione di supercompensazione (58). Anche il test di iperventilazione e in grado di rivelare la condizione di asimmetria funzionale vestibolare anche se non sono stati ancora pienamente chiariti gli aspetti fisiopatologici legati alla sua insorgenza. Purtroppo tale test non e sempre tollerato dal paziente e pertanto, anche se e in grado di fornire utili informazioni topodiagnostiche (80-83), viene considerato un test complementare. Per quanto concerne invece i test che consentono di definire una condizione disfunzionale dei recettori labirintici, e utile, in primo luogo, fare alcune considerazione sulle manovre diagnostiche (manovre di posizionamento) per la labirintolitiasi che, come e ampiamente noto, rappresenta una frequente patologia vestibolare post-traumatica. La prima di queste riguarda la possibilità che tali manovre possano indurre risposte oculomotorie non tipiche rispetto ai canoni diffusamente condivisi soprattutto per quanto concerne le caratteristiche temporali della risposta nistagmica. Questa evenienza, peraltro non particolarmente frequente, pur non escludendo la presenza di forme particolarmente rare di interessamento canalare anche plurimo e/o bilaterale (84-86), potrebbe infatti essere sostenuta da altri quadri patologici per i quali la manovra di posizionamento non rappresenta l elemento rilevatore specifico (come per la labirintolitiasi), ma condiziona solamente l occorrenza di peculiari sollecitazioni di tipo meccanico che possono raggiungere il labirinto membranoso o, più semplicemente, permette di modificare il rapporto spaziale tra i recettori vestibolari ed il vettore gravitazionale (interazione otolitico-canalare) o di variare l assetto posturale cranio-cervicale. Per quanto concerne la prima evenienza, si ricorda il dato già segnalato di come la manovra di Hallpike possa rappresentare uno stimolo atto a produrre una risposta stereotipata del canale semicircolare superiore in caso di deiscenza dello stesso (87). Per dirimere questo tipo di dubbio, e comunque sufficiente rivalutare le risposte oculomotorie in funzione di una diversa modalità di effettuazione delle manovre (maggiore lentezza) o fare ricorso ai test di stimolazione meccanica (test della fistola, ecc.) (88). E ovvio infatti che l induzione della medesima reazione oculomotoria dopo una manovra di posizionamento effettuata con particolare lentezza deve fare insorgere il 8

9 sospetto di una patologia diversa dalla labirintolitiasi come ad esempio una patologia della cerniera atlanto-occipitale od un conflitto neurovascolare. La seconda considerazione concerne invece la peculiare modalità di stimolazione labirintica delle manovre diagnostiche. Si tratta infatti di una stimolazione di tipo rotatorio che, limitatamente alla manovra di Hallpike utilizzata per la diagnosi della labirintolitiasi del canale semicircolare posteriore, può difficilmente essere meccanicamente riprodotta se non con specifiche apparecchiature (37). In effetti rispetto alla manovra di Pagnini, utilizzata per la diagnosi di labirintolitiasi del canale semicircolare laterale, la manovra di Hallpike raggiunge un grado di complessità maggiore in quanto si tratta di una rotazione eccentrica rispetto al piano dei canali verticali stimolati. Il tentativo di esplorare la funzione labirintica nei pazienti affetti da labirintolitiasi con i tradizionali test rotatori modificando opportunamente l orientamento del capo in funzione del tipo di interessamento canalare ha d altronde fornito risultati incostanti se non francamente contraddittori (89-96) che però devono essere tenuti in debita considerazione durante la valutazione strumentale del paziente affetto da questa patologia. Anche se il più delle volte la labirintolitiasi può essere considerato infatti un quadro patologico a prognosi totalmente favorevole, non e infrequente rilevare casi nei quali si assiste alla persistenza di sintomi della sfera vestibolare anche molto tempo dopo (mesi) la risoluzione del pattern semeiologico che ha permesso di caratterizzarne la diagnosi per i quali e consigliabile indicare una valutazione strumentale che, come si vedrà in seguito, dovrebbe contemplare test strumentali rivolti anche ad acquisire informazioni sulla funzionalità dei recettori maculari. La persistenza della labirintolitiasi per un tempo sufficientemente lungo (anche per un errore diagnostico) potrebbe d altronde condizionare l intervento di fenomeni di compensazione o di adattamento (evidenziabili eventualmente anche con la sola insorgenza di un nistagmo da scuotimento cefalico (69)) in grado di prolungare lo stato dei sintomi anche in presenza di una totale restitutio ad integrum recettoriale. Gli altri test che consentono di rilevare una disfunzione recettoriale hanno in comune l intento di indurre sintomi o segni della sfera vestibolare (eventualmente in associazione a sintomi della sfera cocleare) dopo una variazione pressoria a carico dell orecchio interno. Questa può essere indotta per via esterna (orecchio medio) e/o per via interna (cavità cranica) attraverso l esecuzione di semplici manovre che può effettuare l esaminatore (manovra di Politzer, compressione cervicale, posizione di Trendelemburg, ecc.) od il paziente stesso (manovra di Valsalva). La recente definizione anatomo-patologica della sindrome da deiscenza della capsula labirintica (97) ha imposto d altronde una ridefinizione dei criteri di lettura del pattern oculomotorio inducibile da questi test che, per l idonea differenziazione dalla fistola perilinfatica, devono pertanto prevedere l attenta analisi qualitativa del nistagmo evocato. Una risposta nistagmica complessa nella quale prevalgono le componenti rotatorie e verticali e infatti più frequentemente riscontrabile nella sindrome da deiscenza del canale semicircolare superiore. L utilizzo di metodiche di rilevazione ed analisi automatica del nistagmo (eventualmente associate a tecniche di somministrazione controllata dello stimolo pressorio) potrà inoltre consentire l idonea caratterizzazione temporale della reazione nistagmica che presenta solitamente, in entrambi i quadri patologici, due fasi con direzione opposta ed ampiezza diverse in funzione della maggiore espressione dello stimolo eccitatorio (98). Il Test Calorico Rappresenta senza dubbio il test più diffuso e standardizzato per valutare la funzionalità del RVO. Il suoi maggiori limiti, insiti nel fatto che sfrutta uno stimolo non fisiologico agente essenzialmente sul recettore ampollare del CSL e che esplora il RVO nel range delle basse 9

10 frequenze, vengono ampiamente compensati dalla intuitiva interpretazione dei risultati e dal fatto che l applicazione unilaterale dello stimolo, modificando lo stato di equilibrio funzionale tra i complessi nucleari vestibolari dei due lati, consente di acquisire informazioni sulla modalità con cui il sistema nervoso centrale modula le afferenze dalla periferia. Anche se la standardizzazione del test (99) prevede la stimolazione sia inibitoria (30 ) che eccitatoria (44 ) di entrambi i lati in successione (test bitermico con acqua od aria), sono stati proposti altri protocolli che prevedono un solo tipo di stimolo (eccitatorio od inibitorio) o si basano sull erogazione simultanea o quasi simultanea (in rapida successione) dello stimolo termico per la cui trattazione specifica si rimanda a due recenti lavori di revisione sull argomento (100, 101). Come e noto, lo stimolo termico consente di modificare lo stato fisico dei liquidi labirintici (variazione della densità e della temperatura), elementi in grado di influire sullo stato funzionale dei recettori ampollari (e forse anche maculari) attraverso la generazione di moti convettivi o per una stimolazione termica diretta a livello sub-cupolare (recettoriale). In entrambi i casi, la somministrazione di stimoli termici di differente entità, sfruttando la polarità funzionale dei recettori canalari, consente di ottenere risposte nistagmiche di segno funzionalmente opposto. E ovvio comunque che l entità e la caratterizzazione qualitativa della risposta nistagmica dipende non solo dall intensità dello stimolo (che si esprime in termini differenziali rispetto alla temperatura corporea) ma anche e soprattutto dall orientamento spaziale del soggetto in esame. La particolare posizione e disposizione anatomica dei canali semicircolari durante la posizione supina con il capo anteflesso di circa 30 spiega infatti la direzione prevalentemente orizzontale della risposta nistagmica post-calorica espressione di una stimolazione prevalente del canale semicircolare laterale che risulta orientato verticalmente e più vicino rispetto al condotto uditivo esterno. Il test calorico può essere valutato con tutte le tecniche di rilevazione del nistagmo (dalla semplice osservazione con occhiali di Frenzel fino alla tecnica video-oculografica digitale) dalle quali dipenderà ovviamente l accuratezza, l attendibilità e la variabilità intra/intersoggettiva dei parametri numerici di analisi. La valutazione della risposta si basa sul confronto dell entità della reazione nistagmica tra i due lati, a parità di tipologia di stimolo, in uno specifico periodo temporale (cosiddetto di culmination, che solitamente occorre dal 60 al 90 secondo dall inizio della stimolazione termica). Ciò dipende dal fatto che la reazione nistagmica post-calorica e caratterizzata da uno specifico andamento temporale (giustificato essenzialmente da fattori legati al tempo per il trasferimento e dissipazione dell energia termica) che prevede una fase di iniziale incremento dei parametri quantitativi della risposta seguita da una successiva fase di decremento. Si e discusso per anni (e si fa ancora) su quale sia il parametro più sensibile tra i diversi possibili (ampiezza della fase lenta o rapida, frequenza, velocità della fase lenta o rapida, durata della fase lenta e rapida, durata totale, ecc.) o se sia utile, e questo vale anche per gli altri test in grado di valutare la funzionalità del RVO, utilizzare anche i cosiddetti parametri non convenzionali della risposta nistagmica (come il ritmo, l integrale della risposta, la costante di tempo dell inviluppo temporale, ecc.) ( ). Forse l aspetto più interessante di questo filone di ricerche nistagmometriche risiede nel fatto che molto probabilmente la variabilità di ogni parametro e influenzata principalmente da una specifica espressione funzionale e pertanto l analisi multiparametrica della risposta nistagmica potrebbe essere in grado non solo di valutare l effettiva efficienza del riflesso vestibolo-oculomotore, ma anche di valutare l influenza della modulazione centrale della risposta periferica (109), elemento, quest ultimo, particolarmente utile nella valutazione delle disfunzioni vestibolari di tipo centrale. E ovvio comunque che solo una tecnica sofisticata (ma oggi non particolarmente costosa) di rilevazione e quantificazione computerizzata del test calorico e in grado di procedere a questo tipo di analisi. 10

11 Considerando comunque che il parametro della frequenza (seppure in misura minore rispetto a quello della VAFL) e sufficientemente correlato all entità della risposta labirintica recettoriale, anche l utilizzo della semplice osservazione diretta mediante occhiali di Frenzel (con la quale tale parametro può essere agevolmente valutato) consente una valutazione attendibile del test. Una considerazione di estrema importanza, relativa all analisi quantitativa delle risposte, concerne l aspetto della variabilità (sia interindividuale che intraindividuale) delle stesse. Se infatti e noto che molto probabilmente la maggiore componente di tale variabilità dipende dai fattori che condizionano il trasferimento dell energia termica nell orecchio interno (grado di pneumatizzazione, vasoattività della cute del condotto uditivo, grandezza ed estensione dei seni venosi, variabili morfometriche delle strutture della rocca petrosa, posizione del paziente, ecc.), non bisogna dimenticare che una componente sicuramente minore, ma non per questo meno significativa, deriva da variabili di tipo metodologico, soprattutto legate ai metodi di rilevazione e quantificazione della risposta. Per esempio, e intuibile come una valutazione quantitativa basata sull applicazione di algoritmi di analisi automatica o semiautomatica del nistagmo (anche indipendentemente dal metodo di rilevazione) sarà in grado di ottenere una quantificazione più attendibile di quella ottenuta con una lettura manuale del tracciato nistagmico, che si basa su criteri soggettivi (se non altro relativi alla scelta delle scosse nistagmiche su cui effettuare l analisi quantitativa.). E noto infatti che il vantaggio dei metodi di analisi computerizzate dei pattern nistagmici deriva, non tanto dalla maggiore precisione della quantificazione (che peraltro dipende ampiamente dal grado di efficienza dell algoritmo di riconoscimento automatico delle scosse nistagmiche e dalle caratteristiche qualitative del segnale d ingresso), ma soprattutto dalla costanza di utilizzo dei criteri di analisi e dalla possibilità di effettuare analisi complesse sui parametri non convenzionali della risposta sopraelencati. Prima ancora dell avvento di tali tecniche di quantificazione, il tentativo di ridurre la variabilità intrinseca dei parametri di risposta del test calorico mediante il processo di normalizzazione delle risposte, ha portato alla definizione delle formule di Jongkees, che rappresentano ancora oggi il più semplice ed intuitivo metodo per interpretare il risultato del test (110). Come e noto, da tali semplici formule (per le quali possono essere utilizzati diversi parametri, quali la frequenza o la VAFL), e possibile ricavare due indici con i quali e possibile quantificare, non solo il grado di equilibrio funzionale tra i due emisistemi vestibolari recettoriali, ma anche il grado di prevalenza unidirezionale delle risposte nistagmiche. Quest ultimo parametro, forse meno immediato da comprendere, ma potenzialmente molto utile sul piano pratico (vedi oltre), consente di valutare la presenza ed il grado di un eventuale asimmetria funzionale tra i complessi nucleari vestibolari che, anche indipendentemente dalla presenza in atto di un input asimmetrico dalla periferia, potrà concretizzarsi con una prevalenza delle risposte verso un determinato lato. Anche gli indici di Jongkees sono comunque soggetti ad una variabilità intrinseca alla metodica e, in funzione di un atteggiamento più o meno restrittivo, vengono considerati patologici se superano, in termini assoluti, il valore del 20% o del 30%. Se la definizione di questi indici complessi ha indubbiamente aiutato il clinico ad interpretare il risultato del test calorico, questo consente a volte di osservare pattern semeiologici che meritano una particolare valutazione qualitativa o che impongono una certa cautela nella valutazione finale, non essendo stati ancora sufficientemente chiariti nei loro aspetti concettuali. La prima di queste condizioni e rappresentata dalla presenza di un attività nistagmica spontanea insorta acutamente dopo un deficit recettoriale, elemento che condizionerà l instaurarsi del compenso vestibolare. In tale contesto, l esecuzione sequenziale del test calorico, oltre a permettere l'individuazione del lato patologico (ipofunzionante), consente di verificare la progressiva tendenza alla riduzione, a volte fino quasi ai limiti di normalità, degli indici di Jongkees 11

12 che risulteranno inizialmente alterati. Tale tendenza all attenuazione dell asimmetria funzionale documentabile nelle primissime fasi dello scompenso vestibolare (sempre che l entità del nistagmo spontaneo non sia tale da mascherare completamente la risposta allo stimolo termico anche del lato considerato sano come ad es. nei casi di pseudo-areflessia), essenzialmente imputabile alla riduzione della reflettività del lato sano (indotta come e noto, secondo la Shut- Down ipotesi, dall incremento dell attività inibitoria cerebellare sul gruppo nucleare del lato sano) ed alla attenuazione del nistagmo spontaneo, e infatti considerata l espressione del progressivo instaurarsi del compenso centrale. In pratica, l'effettuazione di un test calorico bitermico durante la fase cosiddetta "cronica" di compenso (dopo almeno un mese dall'evento acuto) può documentare tre evenienze possibili: a) persistenza di un evidente asimmetria funzionale tra i due lati; b) netta riduzione di tale asimmetria; c) una condizione di sostanziale equilibrio funzionale tra i due lati. La corretta valutazione del significato clinico di questi tre possibili pattern di risposta deve basarsi sull analisi di due importanti fattori rappresentati dal grado di attenuazione del nistagmo spontaneo ed dal grado di riduzione, in senso globale (cioè valutando sia lo stimolo inibitorio che quello eccitatorio) della reflettività del lato sano: le ultime due condizioni, infatti, potrebbero essere espressione di uno stato di ripristino funzionale tardivo del lato leso (in questo caso la reflettività vestibolare del lato sano non dovrebbe risultare ridotta rispetto al controllo in fase acuta) oppure di uno stato di compensazione più o meno efficiente (in questo caso sia la reflettività del lato sano che quella del lato leso risulterebbero ridotte realizzando un quadro di iporeflessia vestibolare). Se la valutazione del test calorico fosse effettuata a notevole distanza di tempo dall'evento acuto, l utilizzo di un terzo indice, che valutasse il grado di prevalenza quantitativa dello stimolo inibitorio rispetto a quello eccitatorio sulla reflettività del lato sano (111), potrebbe rappresentare un ulteriore elemento interpretativo. E noto infatti che nelle prime fasi del compenso vestibolare, oltre alla presenza di una prevalenza unidirezionale del nistagmo verso il lato sano (spiegabile in funzione della presenza di un nistagmo spontaneo di tipo deficitario), l inibizione dell attività tonica nei nuclei vestibolari del lato sano giustificherà una prevalenza dello stimolo eccitatorio su quello inibitorio: in questa condizione, infatti, considerando il basso livello di attività tonica presente nel nucleo deafferentato, lo stimolo inibitorio sul lato sano ridurrà ulteriormente l asimmetria tonica tra i nuclei vestibolari dei due lati (determinando pertanto una reazione nistagmica post-calorica di bassa entità) rispetto a quanto invece accadrebbe in presenza di uno stimolo eccitatorio (44 ). Con l instaurarsi del fenomeno di compensazione, si assiste ad una graduale attenuazione della prevalenza unidirezionale del nistagmo oppure ad una sua inversione (verso il lato leso). Quest'ultima condizione, definita anche di "sovracompensazione", evidenziabile nei termini di una prevalenza dello stimolo inibitorio su quello eccitatorio sul lato sano, indicherebbe l occorrenza di due elementi: a) il parziale ripristino dell'attività tonica nel complesso nucleare deafferentato, che potrebbe raggiungere un livello complessivamente anche più elevato rispetto al lato sano (in altri termini, l inibizione del complesso nucleare del lato sano mediante la stimolazione con acqua fredda, consentirebbe di conoscere il grado di attività tonica raggiunto dal complesso nucleare deafferentato); b) la capacità del complesso nucleare del lato leso di modulare la propria attività tonica, in funzione dell'informazione giunta, attraverso le vie commissurali, dal complesso nucleare del lato sano, anche fino ai livelli di normalità (recruitment od over-recruitment). Un altra condizione semeiologica che merita una rivalutazione concettuale e rappresentata dal riscontro di una prevalenza unidirezionale isolata (non associata alla presenza di un deficit recettoriale in atto od alla presenza di un attività nistagmica) che, seppur raramente, può rappresentare anche l unico parametro patologico di una valutazione strumentale. Erroneamente a quanto si e ritenuto in passato, come e emerso da un recente contributo centrato su tale argomento ( ), e stato proposto che tale alterazione, molto più 12

13 frequentemente associata ad una patologia periferica (come ad esempio la labirintolitiasi), possa esprimere una asimmetria funzionale dinamica tra i nuclei vestibolari instauratasi principalmente per la presenza di uno stato di ipofunzione o di disfunzione periferica (si pensi al contenuto quasi rivoluzionario che potrebbe derivare da quest ultimo dato, visto che solitamente si ritiene che i fenomeni di compensazione possano solo intervenire per ovviare la condizione di ipofunzione persistente e non quella di disfunzione transitoria). L alterazione isolata di questo parametro, pertanto, oltre a rappresentare solitamente una condizione transitoria, indica quasi inequivocabilmente uno stato di insufficiente compenso centrale. Sicuramente meno definiti sono i criteri attraverso i quali e possibile diagnosticare una condizione di sofferenza funzionale centrale delle strutture vestibolari. Se si esclude infatti il rilievo della già citata isolata prevalenza unidirezionale del nistagmo, e doveroso ricordare il rilievo dell iper-reflessia bilaterale (espressione di una possibile lesione cerebellare in grado di ridurre la fisiologica influenza inibitoria che tale struttura mantiene sull attività tonica dei nuclei vestibolari) e l osservazione di reazioni nistagmiche non congruenti rispetto a quanto previsto dal modello teorico. Nel primo caso, e stato giustamente osservato (114) come una vivace espressione delle reazioni post-caloriche può rappresentare anche una condizione di assoluta normalità e pertanto tale rilievo deve essere considerato patologico con un più elevato indice di probabilità solo in presenza di altre alterazioni della sfera centrale. Questa alterazione, comunque, seppur con una bassa incidenza (7%), e stata persistentemente rilevata anche a distanza di 12 mesi dall insorgenza di un colpo di frusta (115). Per quanto concerne invece il secondo aspetto e utile rilevare che solo la presenza di reazioni nistagmiche espresse prevalentemente su un piano verticale od obliquo, anziché orizzontale, consente di definire la presenza del cosiddetto nistagmo pervertito il cui significato patologico non e comunque certo (116,117). L evenienza infatti di una reazione nistagmica espressa prevalentemente sul piano orizzontale, ma di segno opposto a quello che ci si attenderebbe, può infatti verificarsi, seppur molto raramente, in alcune condizioni patologiche di tipo periferico, peraltro agevolmente diagnosticabili nella fase anamnestico-semeiologica della valutazione peritale, quali ad esempio: a) la presenza di un deficit canalare acuto associato ad un nistagmo spontaneo di tipo deficitario particolarmente vivace; la stimolazione inibitoria del lato sano (in grado di generare una reazione nistagmica diretta verso il lato opposto) potrebbe essere in grado solamente di attenuare e non di invertire l attività nistagmica spontanea diretta verso il lato stimolato, costituendo pertanto una condizione di pseudo-areflessia. In effetti questo tipo di pattern può agevolmente essere svelato dai sistemi di analisi computerizzata in grado di visualizzare l inviluppo temporale della reazione post-calorica, dal quale potrà emergere un andamento a corda molle della rappresentazione grafica. b) la presenza di una labirintolitiasi del canale orizzontale per la quale si potrebbe verificare l insorgenza di una reazione nistagmica da spostamento otolitico anche per piccole rotazioni del capo indotte dall attivazione del riflesso vestibolo-collico per effetto della stimolazione calorica (quasi mai, infatti, si utilizzano specifici tutori in grado di contrastare la seppur lieve rotazione del capo sull asse longitudinale del corpo indotta dallo stimolo termico). c) la presenza di una fistola del canale semicircolare laterale creata da un processo infiammatorio. In questo caso, la stimolazione termica, effettuata nonostante la presenza di una perforazione timpanica al solo fine di conoscere il grado di funzionalità residuo del lato stimolato, potrebbe agire come stimolo meccanico (flusso di acqua diretto sull area della fistola) in grado di generare risposte nistagmiche, seppur transitorie, di segno opposto a quello previsto. 13

14 Si ricorda infine che il test calorico si presta particolarmente all effettuazione del test di soppressione visiva basato sul confronto tra l attività nistagmica rilevata prima e durante la fissazione oculare. Da tale confronto, e possibile ottenere un indice che esprime il grado di inibizione del RVO indotto dall attivazione del ROO. Come ho precedentemente accennato, questo e il più semplice metodo per valutare l interazione visuo-vestibolare basata sull attivazione del VOR (il test di Romberg per contro valuta l interazione visuo-vestibolare basata sull attivazione del RVS) e per indagare la presenza di alterazioni di tipo centrale. Alla luce di queste considerazioni, si evince come le potenzialità diagnostiche del test calorico sono particolarmente estese soprattutto se non si rinuncia, per motivi di tempo, alla tecnica di stimolazione bitermica e se si utilizzano strumenti di raccolta ed analisi automatica multiparametrica del segnale oculografico in grado di fornire una sintetica rappresentazione grafica del risultato finale. Forse, pur considerando i limiti della metodica, il maggior vantaggio deriva, non tanto dalla agevole topodiagnosi di lato (elemento che può emergere anche da altri testi di funzionalità vestibolare), ma dalla modalità con cui e possibile seguire e valutare il fenomeno di compensazione o di ripristino funzionale del danno vestibolare. In effetti, se si considerano le notevoli potenzialità diagnostiche delle nuove metodologie vestibolometriche, potrebbe sembrare razionale la scelta di ridurre i tempi (migliorando così anche il grado di accettazione del test) mediante la sistematica applicazione dello stimolo simultaneo eventualmente rinunciando ad una delle due stimolazioni. A nostro avviso, comunque, e per le ragioni sopraesposte, il test calorico bitermico rappresenta ancora oggi una metodologia irrinunciabile, soprattutto nell ambito di una valutazione peritale. Il Test Rotatorio Non vi e' dubbio che in ambito clinico i tradizionali metodi di valutazione quantitativa del RVO, basati sull'applicazione di stimolazioni roto-acceleratorie, hanno trovato, nell'ultimo ventennio, una minore diffusione. I motivi di tale condizione sono noti da tempo ( ) e riconducibili fondamentalmente agli alti costi delle attrezzature ed ad una rivalutazione concettuale della reale "valenza" clinica di tali test nell'iter diagnostico-terapeutico del paziente vertiginoso. E stato infatti più volte rimarcato come la valutazione di una eventuale asimmetria del RVO sia più agevolmente evidenziabile attraverso l'effettuazione del test calorico. Oltre a questa importante considerazione, i principali motivi che hanno limitato la diffusione dei test rotatori sono stati la difficile soluzione dei problemi essenzialmente riconducibili agli aspetti metodologici propri dei test rotatori (la difficile scelta tra i diversi protocolli di stimolazione proposti, l'assoluta necessità di dover disporre di precisi sistemi controllo della sedia rotatoria e di sofisticati sistemi di lettura ed analisi automatica o semiautomatica del segnale oculografico e la scarsa standardizzazione su larga scala dei parametri di stimolazione e di valutazione quantitativa del RVO). Per quanto concerne il primo aspetto, e noto che i test rotatori tradizionali si possono differenziare fondamentalmente in funzione del tipo di accelerazione utilizzata nel protocollo di stimolazione. In estrema sintesi, è possibile distinguere tra i test ad accelerazione costante, quelli ad accelerazione sinusoidale ed infine quelli ad accelerazione impulsiva (la cosiddetta reazione d arresto). In effetti, solo lo stimolo sinusoidale può essere considerato uno stimolo realmente fisiologico in quanto le variabili fisiche coinvolte nei movimenti naturali attivi o passivi del corpo tendono a riprodurre sollecitazioni del capo che seguono le leggi del moto, se non proprio armonico, almeno periodico. Sarà estremamente improbabile, in altri termini, riprodurre in 14

15 natura, se non con l intervento di attrezzature specifiche, la legge del moto ad accelerazione costante od uno stimolo impulsivo come quello utilizzato nella reazione di arresto. Oltre a queste importanti considerazioni concettuali, e forse più utile ricordare che il tipo di accelerazione utilizzata condiziona necessariamente altri importanti fattori metodologici che giustificano, come si vedrà più avanti, una differente modalità di valutazione ed interpretazione del tracciato. Così ad esempio mentre i test ad accelerazione costante e quelli ad accelerazione sinusoidale prevedono l analisi della reazione nistagmica quasi sempre durante l applicazione dello stimolo (reazione per-rotatoria), la reazione di arresto si basa sull analisi della risposta nistagmica che avrà luogo solo al termine dell applicazione dello stimolo (reazione post-rotatoria). Anche se non e questa la sede per descrivere nei particolari i diversi protocolli di stimolazione proposti nelle diverse epoche storiche, e utile considerare che nella pratica clinica vengono prevalentemente utilizzati il test rotatorio sinusoidale ed il test impulsivo. Il test ad accelerazione costante, infatti, anche se ritenuto particolarmente utile (123) per analisi quantitative dei parametri numerici che consentono di verificare come la variazione temporale della velocità del bulbo oculare sia correlata, con una precisa relazione matematica, alla variazione del segnale accelerativo d ingresso (soglia, costante di tempo, tempo di indicazione, ecc.), non ha trovato, soprattutto per motivi di ordine pratico, un ampia diffusione in ambito clinico. Il test sinusoidale o pendolare si basa sull erogazione di uno stimolo ad accelerazione (e velocità) variabile ed ha, almeno in via teorica, il vantaggio di poter consentire una più agevole un analisi in frequenza del RVO, sempre che il protocollo di stimolazione preveda un congruo numero di periodi di stimolazione con valori di accelerazione crescenti o decrescenti. Come per tutte le relazioni tra segnali di ingresso ed uscita che seguono un andamento periodico, i principali parametri quantitativi sono il guadagno (inteso come rapporto tra il valore massimo di velocità dello stimolo ed il valore massimo della VAFL) e la fase (intesa come distanza temporale, espressa in gradi, tra il tempo di occorrenza del picco di velocità del segnale di input rispetto al tempo di occorrenza del picco di velocità oculare). Il valore del guadagno può ovviamente oscillare tra 0 ed 1 dove i valori prossimi all unità esprimono la piena efficienza del riflesso. E meno intuitivo, per contro, comprendere il significato della fase che, per quanto concerne il RVO, dovrebbe sempre avvicinarsi al valore di 180 per esprimere l ottimale e fisiologico rapporto di controfase tra la posizione della testa e quella del bulbo oculare durante la rotazione del capo. Analizzando separatamente e rapportando (con l ausilio del processo di normalizzazione) i valori del guadagno e della fase calcolati in ogni singolo semiperiodo (rotazione oraria vs rotazione antioraria), e possibile calcolare gli indici di preponderanza unidirezionale anche se in questo caso, a differenza di quanto avviene nel test calorico, non e possibile distinguere il contributo di ogni singolo emisistema vestibolare (in altri termini non e possibile calcolare l indice di prevalenza canalare). Per quanto concerne l interpretazione dei risultati e utile ricordare che mentre l alterazione associata del guadagno e della fase può esprimere un deficit di funzionalità del RVO, l alterazione isolata della fase può esprimere un alterazione della sola dinamica cupolare, come e stato osservato in corso di labirintolitiasi (89-96). La necessità di utilizzare sedie rotatorie controllate elettronicamente non ha permesso, per ovvi motivi di tipo meccanico-inerziale, l impiego di frequenze di stimolazione particolarmente elevate (superiori ai 2 Hz) nei protocolli di stimolazione più diffusi (124). Nonostante ciò, il test rotatorio sinusoidale rappresenta un valido metodo per studiare il RVO nel range delle basse e medie frequenze di stimolazione. Il maggiore svantaggio, per contro, oltre alla relativa lunga durata ed alla complessità computazionale del segnale di uscita e rappresentato dalla ripetibilità e prevedibilità dello stimolo che possono dare origine a fenomeni di adattamento in grado di influire, anche notevolmente, sulla funzionalità del RVO. Anche con questo tipo di test, infine, e possibile analizzare l interazione visuo-vestibolare cercando di quantificare l entità della riduzione 15

16 della risposta per-rotatoria indotta dalla fissazione di una mira luminosa solidale con il moto della sedia (test di soppressione visiva) oppure di valutare le variazioni del guadagno del RVO durante una contemporanea stimolazione del sistema otticocinetico. Il test impulsivo valuta la risposta nistagmica post-impulsiva indotta da una rapida decelerazione che segue una stimolazione rotatoria a velocità costante mantenuta per un periodo sufficientemente lungo (almeno di 3-5 minuti). Questo tipo di test, storicamente proposto da Barany, e' il meno fisiologico tra i test rotatori tradizionali, ma presenta le caratteristiche di stimolazione più simili a quelle utilizzate dal test di Halmagyi: elevata intensità, breve durata, bassa prevedibilità. Negli anni Ottanta, grazie allo sviluppo di sedie rotatorie con motori a controllo elettronico ed alla diffusione della nistagmometria computerizzata, questo classico test e' stato più volte sottoposto a verifica clinico-sperimentale ( ) ed e' stato oggetto di interessanti contributi che ne hanno evidenziato anche nuove potenzialità diagnostiche. Anche recentemente, Maire e van Melle (129), utilizzando un sistema di acquisizione ed analisi di tipo commerciale, hanno verificato la validità diagnostica di questo test nella valutazione a distanza delle proprietà dinamiche del RVO in un campione di pazienti affetti da deficit vestibolare di varia entità. Per quanto concerne le caratteristiche quantitative dello stimolo, e' utile sottolineare che la recente realizzazione e produzione di motori a controllo digitale (di relativo basso costo) hanno permesso di risolvere molte problematiche connesse ai vecchi sistemi. Oggi e' infatti possibile ottenere tempi di arresto dell'ordine dei msec. con un controllo temporale efficiente della velocità istantanea di rotazione (il controllo digitale consente anche di gestire l'ampiezza di rotazione con risoluzioni dell'ordine dei decimi o centesimi di grado): a ciò consegue una minore variabilità intersoggettiva dei parametri di stimolazione in funzione della variabilità della massa corporea del soggetto in esame. Molte problematiche, ancora non del tutto risolte, caratterizzano invece la fase di valutazione finale del test, che si basa fondamentalmente sulla quantificazione della costante di tempo (Tc). Tale parametro, seppure di non immediata comprensione da parte del clinico, si riferisce ad una misura del tempo di decadimento, tipicamente esponenziale, anche se non regolare, della VAFL conseguente alla reazione d'arresto. In termini pratici, la Tc corrisponde al tempo (in secondi) in cui si verifica una riduzione del 63% del valore massimo di VAFL (VAFLm), che si registra tipicamente delle primissime fasi della reazione post-impulsiva. Senza entrare nel merito di considerazioni di ordine metodologico circa i diversi metodi proposti per quantificare in maniera idonea la Tc (algoritmi di interpolazione, filtraggi, ecc), e' intuibile come la corretta quantificazione di tale parametro dipenda essenzialmente dalla corretta quantificazione della VAFLm. Quest'ultima, d'altronde, rappresenta un altro importante parametro di valutazione del test, attraverso il calcolo del guadagno (Gain) che si ottiene rapportando il valore della VAFLm con quello della velocità di rotazione costante della sedia rotatoria pre-impulso. Il grado di asimmetria dinamica del VOR viene pertanto valutato attraverso il confronto tra la Tc o il gain delle reazioni post-impulsive nella stimolazione bilaterale. Purtroppo sono molti e sufficientemente chiariti (130) i fattori, legati sia ai metodi di rilevazione e calcolo automatico del segnale elettrooculografico sia a fattori metodologici legati alle sedie rotatorie, che limitano la valutazione attendibile di questi parametri numerici. Non bisogna comunque dimenticare che la reazione d arresto, oltre a rappresentare uno stimolo in termini frequenziali più elevato di quello dei test sinusoidali (sempre che vengano utilizzate velocità di rotazione particolarmente elevate e tempi di arresto particolarmente ridotti) consente di acquisire importanti informazioni sulla dinamica del sistema endolinfatico-cupolare o sullo stato di attività funzionale delle stazioni nucleari centrali attraverso l analisi di altri fattori, quali il rilievo di un diverso comportamento rispetto al tipico decadimento esponenziale della reazione 16

17 nistagmica post-impulsiva (131) od il rilievo di una asimmetrica espressione quantitativa delle seconde fasi nistagmiche (di senso opposto alla reazione post-impulsiva) che solitamente insorgono a breve distanza dal termine della reazione primaria. Il decadimento temporale della risposta post-impulsiva, infine, non impedisce di valutare ugualmente l interazione visuovestibolare utilizzando la fissazione oculare od una stimolazione otticocinetica ( ). Per quanto concerne l interpretazione dei risultati dei test rotatori tradizionali e ampiamente noto come questi possano essere vantaggiosamente utilizzati per verificare il progressivo instaurarsi nel tempo di un efficiente compenso vestibolare centrale, corrispondente sostanzialmente ad una condizione di equilibrio funzionale (risposta simmetrica) tra le reazioni nistagmiche dei due lati, dopo un evento lesivo monolaterale ( ). Nelle primissime fasi del compenso vestibolare si osserva, infatti, una netta asimmetria tra la reazione nistagmica perrotatoria (nel caso di una stimolazione armonica o con accelerazione costante) verso il lato sano rispetto a quella verso al lato leso (a sfavore di quest'ultima) che tende alla riduzione progressiva fino ad una condizione di equilibrio, solitamente in concomitanza con la riduzione del nistagmo spontaneo deficitario. Un analogo comportamento si registra anche utilizzando stimoli ad accelerazione impulsiva (non eccessivamente elevati), osservando la variazione temporale dell'asimmetria di risposta tra i due lati. La valutazione del comportamento della costante di tempo, inoltre, può fornire utili informazioni sull integrità delle stazioni vestibolari centrali che sono responsabili di una riduzione significativa della stessa ed in sostanziale equilibrio tra le due reazioni post-impulsive (135). Questa peculiare tipologia di comportamento, rispetto a quanto e possibile osservare con il test calorico, è stata, per anni, attribuita principalmente al differente modo di stimolazione dei due test (monolaterale e non fisiologico nel test calorico rispetto a quello fisiologico e bilaterale nel test rotatorio). Gli studi effettuati su popolazioni di soggetti deafferentati, nei quali la risposta nistagmica in senso bidirezionale poteva essere generata da un solo emisistema vestibolare, avevano d'altronde mostrato un comportamento del tutto sovrapponibile ( ). Questo tipo di comportamento ha costituito, per più di un ventennio, il "codice" interpretativo per valutare il risultato dei test strumentali e di conseguenza il grado di compenso vestibolare raggiunto dopo deficit recettoriale unilaterale. In altri termini, si è ritenuto che solo l assente o notevole riduzione (rispetto al lato sano) dell eccitabilità allo stimolo termico potesse rappresentare l unico elemento, non solo per individuare con certezza il lato responsabile dello scompenso funzionale vestibolare, ma anche per documentare una condizione di perdita definitiva di funzione recettoriale. Il tentativo di studiare il VOR in un range frequenziale di stimolazione più fisiologico per i recettori vestibolari (superiore ai due Hz) che, negli anni 80 era stato perseguito (140,141) attraverso l'espediente di provocare una stimolazione vestibolare di tipo roto-acceleratorio mediante movimenti volontari (cosiddetti "attivi") del capo con l evidente vantaggio di evitare l'uso di dispositivi di stimolazione elettromeccanica particolarmente costosi e comunque poco idonei a somministrare stimolazioni di forte intensità e breve durata, ha portato all inizio degli anni 90 ad un esperienza (47), che a mio avviso, può considerarsi storica, non solo per aver rivoluzionato uno dei concetti classici di fisiologia vestibolare, ma anche per aver influito significativamente sullo sviluppo delle nuove metodologie d indagine strumentale finalizzate essenzialmente alla valutazione quantitativa del VOR. Halmagyi e Curthoys basandosi sull'applicazione di stimoli roto-acceleratori di elevata intensità, breve durata e limitata ampiezza applicati al solo segmento cefalico in pazienti affetti da deficit vestibolare periferico, dimostrarono che un test rotatorio così concepito era in grado si svelare, anche a lunga distanza di tempo, 17

18 un asimmetria del VOR congruente con il lato deficitario, rispettando pertanto la validità della seconda legge di Ewald. Questa linea di ricerca ha indubbiamente portato a risultati particolarmente interessanti anche da un punto di vista pratico ( ): oggi e' possibile distinguere i metodi che utilizzano stimolazioni indotte non prevedibili (i cosiddetti movimenti "passivi" - Head impulse) (146, 148, 149) da quelli che si basano su stimolazioni volontarie, solitamente di tipo sinusoidale, che hanno lo svantaggio teorico di non essere esenti da fenomeni di adattamento ( ): questi ultimi sono comunque i soli presenti sul mercato. Non e' ancora chiaro, come già da altri precedentemente sottolineato (4), quale possa essere nel prossimo futuro l'effettivo ruolo di tali test dal punto di vista pratico. Concettualmente, la principale conseguenza dell esperienza dei vestibologi Australiani è stata quella di riconsiderare, in tutti i suoi aspetti, il concetto di compenso vestibolare fino a riformulare una nuova ipotesi interpretativa definita con il termine di sostituzione vestibolare (15-17). Se, anche a distanza di molto tempo, l applicazione di un adeguato stimolo al paziente affetto da un deficit vestibolare monolaterale è sempre in grado di svelare un alterazione significativa del VOR, è evidente come il miglioramento significativo (od anche la scomparsa) dei sintomi riferiti dal paziente dipende non tanto dalla compensazione del deficit dinamico del VOR (per sempre presente ed assimilabile ad una cicatrice permanente ) ma dall acquisibile capacità di sopperire al deficit attivando una diversa strategia comportamentale in grado di utilizzare altri riflessi, funzionalmente equivalenti ma adeguatamente potenziati od adattati alle specifiche circostanze. E particolarmente esplicativo l esempio riportato in più circostanze dagli stessi Autori relativo al soggetto che, nel tentativo di ruotare il capo verso il lato leso, evita inconsciamente movimenti rapidi oppure utilizza una strategia peculiare basata sull eliminazione dell input visivo mediante l ammiccamento o sull attivazione del sistema saccadico. Lo stesso soggetto, se sottoposto, anche a distanza di anni dall evento lesivo, ad una rotazione rapida passiva (e pertanto non prevedibile) verso il lato leso (test di Halmagyi) segnalerebbe, infatti, una condizione di disagio dovuta allo scivolamento del campo visivo indotto dall inefficace attivazione del VOR (i riflessi oculo-oculomotori, infatti, non sono, in tali circostanze, in grado di promuovere movimenti oculari compensatori adeguati). Purtroppo, allo stato attuale delle conoscenze, non si conosce il motivo per il quale alcuni soggetti non sono in grado di attivare pienamente ed efficientemente questo tipo di strategie e pertanto riportano la persistenza dei sintomi anche a notevole distanza di tempo dall evento lesivo. L utilizzo di raffinati test strumentali, d altronde, non ha finora permesso di individuare, su larga scala, peculiari tipologie di comportamento tra i pazienti con ridotta compensazione. Da queste importanti considerazioni si evince come i risultati dei test rotatori tradizionali, che analizzano il RVO nel range delle basse e medie frequenze, debbano essere interpretati con molta cautela soprattutto se il fine principale e quello di esprimere un giudizio sulla efficienza del compenso centrale. La condizione ideale sarebbe poter disporre di una strumentazione commerciale in grado di effettuare l analisi selettiva del RVO, ricavando pertanto il contributo di ogni recettore ampollare, mediante l impiego di brevi stimoli lineari molto simili a quelli utilizzati per il test di Halmagyi. Anche se questo tipo di strumentazione e per ora disponibile solo nei laboratori di ricerca, e utile comunque ricordare che, almeno in via teorica, la somministrazione di uno stimolo particolarmente elevato (reazioni d arresto da velocità di rotazione di almeno /s.), variando opportunamente la posizione del capo (89,150), potrebbe rappresentare il metodo ideale per tentare l analisi selettiva del RVO senza rinunciare allo studio dei fenomeni nistagmici post-stimolatori che, come e noto, possono suggerire utili informazioni sulla condizione delle strutture vestibolari centrali. 18

19 Un ultima considerazione concerne i test rotatori che studiano l interazione otoliticocanalare attraverso lo spostamento laterale del soggetto rispetto all asse di rotazione (Off- Vertical-Axis-Rotation). Questa modalità di stimolazione genera un vettore di accelerazione lineare proporzionale all accelerazione centrifuga indotta dalla rotazione della sedia e stimola tonicamente il recettore maculare. Questo tipo di test, utilizzato essenzialmente in ambito di ricerca, e in grado di fornire indirettamente informazioni sullo stato di attività funzionale maculare attraverso lo studio delle modificazioni di del RVO (151). In conclusione, la maggiore sensibilità inequivocabilmente emersa dalle recenti acquisizioni in campo clinico-sperimentale, rende, senza dubbio, più accurati e raffinati i metodi di valutazione del RVO basati sulla stimolazione roto-acceleratoria rispetto al test calorico. D'altro canto, alcune caratteristiche svantaggiose comuni (necessità di sistemi di controllo sofisticati delle periferiche di input/output, alto grado di complessità computazionale richiesto dai sistemi di analisi della risposta oculografica, scarsa standardizzazione dei parametri di valutazione da adottare e la non immediatezza con cui e' possibile trarre le informazioni più utili ai fini di un uso clinico-routinario) spiegano come ancora oggi si preferisca spesso ricorrere al test calorico come primo metodo di valutazione strumentale del grado di asimmetria dinamica del VOR. Lo studio dei VEMPs E indubbio che la diffusione su larga scala di questo nuovo metodo di analisi strumentale ha permesso, almeno in parte, di migliorare la valutazione quantitativa dei riflessi a genesi maculare (vestibolo-collico, otolitico-oculare) che era prima possibile solo tramite l effettuazione di complicati test strumentali (Test rotatori eccentrici) o di metodiche di valutazione soggettiva della funzione otolitica (test della verticale soggettiva) ( ). Come e stato ampiamente riportato ( ), pur trattandosi di un indagine funzionale non nuova (159), solo di recente sono stati ben sistematizzati i criteri metodologici e valutati i vantaggi clinico-pratici della metodica ( ). L aspetto sicuramente più interessante dei VEMPs deriva dalla peculiarità dello stimolo, che può essere di tipo acustico (per via aerea o per via ossea) o meccanico (head tapping), e dal significato funzionale della risposta miogenica (fasica di tipo inibitorio). Questi elementi spiegano la relativa semplicità con cui e possibile ottenere delle registrazioni attendibili ma anche i limiti di tipo metodologico che derivano principalmente dal fatto di dover presupporre, da un lato la pervietà e l integrità del sistema trasmissivo (almeno per quanto concerne lo stimolo acustico per via aerea che peraltro rappresenta la modalità di analisi più diffusa) e dall altro la collaborazione attiva da parte del paziente nel mantenere un livello costante di contrazione nel distretto muscolare analizzato (solitamente rappresentato dai muscoli sternocleidomastoidei). Da un punto di vista metodologico, e utile ricordare molto sinteticamente (e limitatamente ai VEMPs da stimolo acustico per via aerea) le caratteristiche salienti di questa metodica elettrofisiologica che ovviamente necessita di un amplificatore di segnali biologici dotato di funzione di sommazione (average) delle risposte e di un sistema di sincronizzazione tra la fase di stimolazione e quella di analisi: a) lo stimolo acustico deve essere particolarmente intenso (superiore ai 120 db SPL) sottoforma di un click o di un Tone-Burst, eventualmente filtrato (logon), centrato su un tono a bassa frequenza (250Hz) e ripetuto con una frequenza di 4-5 Hz fino ad ottenere una risposta miogenica che rappresenta la sommazione di stimoli; b) l amplificazione non deve essere eccessiva (50 micronvolt/div.) trattandosi di segnali particolarmente ampi e la finestra temporale di analisi può essere impostata sui msec. per l idonea visualizzazione del complesso primario che occorre normalmente entro i primi 30 msec dall inizio dello stimolo; c) per meglio riconoscere le componenti significative del tracciato 19

20 elettrofisiologico e sempre conveniente effettuare il re-test ed eventualmente ridurre la finestra del filtro passa banda sui KHz; d) i VEMPs possono essere registrati simultaneamente da entrambi i lati con stimolo binaurale oppure è possibile registrare in successione le risposte dei due lati utilizzando uno stimolo monoaurale. Trattandosi di un potenziale di natura miogenica, e intuibile come l entità della risposta dipenda dalla massa e dal grado di attività muscolare volontaria che il soggetto riesce a mantenere durante l effettuazione del test; questa caratteristica spiega l ampia variabilità interindividuale dei parametri quantitativi della risposta (anche considerando il processo di normalizzazione ottenibile rapportando l entità della risposta all entità del grado di contrazione isotonica valutabile sul tracciato interferenziale) ed il motivo per cui, da un punto di vista clinico, l interpretazione dei risultati si basa essenzialmente sul criterio presenza/assenza del cosiddetto complesso primario che corrisponde ad una deflessione bifasica (p1, n2) con tempi di latenza rispettivamente di 13 e 23 millisecondi circa. L impossibilità di individuare con certezza risposte in grado di differenziare la condizione di areflessia piuttosto che quella di ipofunzione recettoriale limita certamente la valenza diagnostica di questo test, anche se non si esclude che in futuro il criterio differenziativo possa emergere da una diversa espressione delle latenze o della soglia di detezione dei VEMPs. L analisi di quest ultimo parametro, d altronde, rappresenta un momento irrinunciabile nella fase di analisi delle risposte in quanto è stato ampiamente documentato come l individuazione di una soglia di detezione particolarmente ridotta (fino a db SPL) rappresenti un elemento fortemente indicativo di riduzione dell impedenza dell orecchio interno, solitamente associata a patologia da deiscenza della capsula labirintica o ad altre patologie di tipo malformativo (87,162). La riduzione della soglia di detezione potrebbe infine rappresentare un elemento utile per confermare il sospetto diagnostico di fistola perilinfatica (163). A tale proposito, inoltre, e utile ricordare che una condizione di riduzione d impedenza dell orecchio interno può concretizzarsi anche con una soglia normale dei VEMPs in presenza di un deficit uditivo trasmissivo. Da queste considerazioni, si evince pertanto come il deficit trasmissivo, che spesso interviene dopo traumi dell orecchio, non rappresenta una limitazione assoluta all effettuazione dei VEMPs. Ritornando al significato funzionale del test, sembra che la stimolazione per via aerea rappresenti uno stimolo selettivo per il solo sacculo, mentre quella per via ossea condizioni una risposta in parte generata anche dall utricolo. Non e comunque possibile, allo stato attuale delle ricerche, prevedere gli sviluppi applicativi futuri di questa nuova possibilità di analisi selettiva del recettore maculare (164). L estrema tollerabilità e rapidità di esecuzione sono caratteristiche che fanno dei VEMPs un indispensabile indagine di screening che a mio avviso dovrebbe entrare di diritto a far parte dei test strumentali di una valutazione peritale soprattutto per una migliore definizione topografica del danno o disfunzione periferica (concussione labirintica, labirintolitiasi post-traumatica, deiscenza post-traumatica del canale semicircolare superiore, fistola perilinfatica post-truamatica, ecc.). Considerazioni conclusive Data la complessità funzionale del vestibolo, e ovvio che la valutazione della sua funzione non può che essere approssimativa anche seguendo un approccio particolarmente analitico. D altronde, il rischio di sopravvalutare o sottovalutare i risultati di uno specifico test semeiologico è sempre presente quando la valutazione si basa sull effettuazione di un numero limitato di test. Un approccio razionale finalizzato a raggiungere il miglior risultato con il minimo sforzo, è pertanto quello di selezionare i test in funzione delle fasi preliminari dell indagine anamnestico- 20

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