Le Aree Protette: COME SI PROTEGGE?
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1 Le Aree Protette: COME SI PROTEGGE? Eleonora Bianchi Parco Regionale del Beigua marzo 2010
2 Iniziative di tutela di Flora e Fauna Esempi di successo: il LUPO La distruzione e frammentazione degli habitat naturali e la persecuzione da parte dell uomo ha provocato l estinzione della specie in un ampia porzione degli areali originari. Attualmente il lupo mostra segni di ripresa in varie parti d Europa, riconquistando gradualmente nuove parti del suo areale. Da una stima di circa 100 esemplari rimasti nei primi anni 70 nell Appennino centrale si è passati a una attuale popolazione di lupi, con un areale di distribuzione che occupa dalla catena appenninica dalla Calabria alle Alpi Marittime e anche la catena alpina almeno fino alla Svizzera. Molti Parchi hanno contribuito negli anni a diverse iniziative di tutela, spesso finanziate con progetti comunitari (Life Natura, Life+). Nonostante l espansione geografica e demografica, il lupo in Italia continua ad essere una specie minacciata a causa del conflitto con l uomo (bracconaggio) e della presenza di cani randagi.
3 Iniziative di tutela di Flora e Fauna Esempi di successo: l ABETE DEI NEBRODI L Abies nebrodensis è una specie endemica di cui sono rimasti trenta esemplari distribuiti in una ristretta area del Parco Regionale delle Madonie. Tra i fattori più condizionanti il recupero del piccolo nucleo c'è l'assai ridotta fertilità del suolo, il rischio di incendi e il possibile inquinamento genetico conseguente all'ibridazione con l'abete comune. Sono stati oggetto di un importante progetto di conservazione avviato nel 2001 dal parco naturale delle Madonie e finanziato dall'unione europea (Life Natura). Il progetto persegue il mantenimento dell'integrità genetica della specie, della conservazione e della gestione in situ della popolazione e del suo incremento complessivo, anche mediante appositi interventi ex situ. In concreto si effettua la riproduzione di nuove piantine di abete dei Nebrodi da seme in un vivaio, la graduale eliminazione degli abeti "esotici" nell'area, la realizzazione di una banca dati e di un centro informazioni.
4 Convenzioni internazionali L unione europea e gli stati membri hanno assunto impegni a livello internazionale atti a proteggere gli animali le piante e i paesaggi tipici di questa parte del mondo sottoscrivendo una serie di convenzioni. Convenzione di Ramsar, per la tutela delle zone umide di importanza internazionale (1971) Convenzione di Parigi per la tutela del patrimonio culturale e naturale mondiale (UNESCO -1972) Convenzione di Washington (CITES), che regolamenta e controlla il commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (1973); Convenzione di Barcellona per la protezione dell'ambiente marino e la regione costiera del Mediterraneo (1976); Convenzione di Bonn, che riguarda la conservazione e la gestione delle specie migratorie (1979); Convenzione di Berna, per la conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale (1979); Convenzione delle Alpi, che interessa la conservazione degli ambienti alpini (1991); Convenzione di Rio de Janeiro (CBD) (che tutela la diversità biologica, e regolamenta l'uso sostenibile delle risorse naturali (1992); Convenzione di Helsinki protezione dei corsi d acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali (1992) Convenzione di Firenze per la tutela del paesaggio europeo (Firenze, 2000)
5 Convenzione di Rio de Janeiro (CBD) che tutela la diversità biologica, e regolamenta l'uso sostenibile delle risorse naturali (Rio, 1992) Approvata durante l'unced 1992 di Rio de Janeiro, è stata ratificata da 192 Paesi, tra cui 'Italia, con la Legge n. 124 del 14 febbraio La CBD non ha una lista di specie da proteggere ma si prefigge tre obiettivi: 1. la conservazione della diversità biologica; 2. l'uso sostenibile dei suoi elementi; 3. la giusta ed equa divisione dei benefici dell'utilizzo delle risorse genetiche. Per raggiungerei suoi obiettivi promuove la cooperazione tra Paesi tramite il diffondersi delle informazioni, l'accesso alle risorse finanziarie per i Paesi in via di sviluppo e il trasferimento delle tecnologie ecologicamente compatibili. La Convenzione pone particolare enfasi al concetto della sostenibilità e al principio dell'approccio ecosistemico, che considera la comunità umana come parte integrante degli ecosistemi e dei meccanismi che li regolano e non come "elemento disturbatore" dell'equilibrio naturale come la visione Il programma della convenzione programmi tematici sono: Biodiversità agricola Biodiversità delle zone aride e sub-umide Biodiversità forestale Biodiversità delle acque interne Biodiversità marina e costiera Biodiversità delle isole aree di lavoro trasversali sono: Accesso e divisione dei benefici Specie aliene Articolo 8(j): conoscenze tradizionali, innovazioni e pratiche Diversità biologica e turismo Cambiamenti climatici e diversità biologica Economia, commercio e incentivi Approccio ecosistemico Strategia globale per la conservazione delle piante Iniziativa di tassonomia globale Valutazione d'impatto Responsabilità e risarcimento Indicatori Aree protette Educazione e sensibilizzazione Uso sostenibile della biodiversità
6 Convenzione di Ramsar La Convenzione di Ramsar è uno dei primi trattati intergovernativi ad occuparsi della conservazione della biodiversità e l unico focalizzato su un unico ecosistema, le zone umide, con altissimo grado di biodiversità e habitat vitale per gli uccelli acquatici. Quali obiettivi specifici dell'accordo, le Parti si impegnano a: designare le zone umide di importanza internazionale del proprio territorio elaborare e mettere in pratica programmi che favoriscano l'utilizzo razionale delle zone umide; creare delle riserve naturali nelle zone umide, incoraggiare le ricerche, gli scambi di dati e pubblicazioni relativi alle zone umide, alla loro flora e fauna; aumentare, con una gestione idonea ed appropriata il numero degli uccelli acquatici, invertebrati, pesci ed altre specie nonché della flora; promuovere delle conferenze; valutare l'influenza delle attività antropiche nelle zone attigue alla zona umida, consentendo le attività eco-compatibili. In Italia sono state individuate attualmente 50 aree Ramsar.
7 Convenzione di Washington (CITES) La Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie Minacciate (CITES) rappresenta oggi il più importante trattato esistente sulla conservazione delle specie selvatiche minacciate di estinzione dal commercio internazionale. Lo strumento principale in vigore per l attuazione della CITES è il Decreto 8 luglio 2005, n. 176: il Ministero dell Ambiente, il Corpo Forestale, il Ministero delle Attività Produttive e l Agenzia delle Dogane, hanno regolamentato i controlli sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali selvatiche minacciate di estinzione e tutte le procedure da seguire in area doganale. Convenzione di Berna I principali obiettivi della Convenzione sono: tutelare la flora e la fauna selvatiche e i loro habitat naturali promuovere la cooperazione tra gli stati dare particolare attenzione alla conservazione delle specie di flora e fauna elencate in Allegato I e II e alla protezione delle specie di fauna in Allegato III proibire metodi di uccisione, cattura e altri metodi di sfruttamento (elencati in Allegato IV) La Convenzione di Berna coordina l azione dei Paesi contraenti nell adozione di standard comuni e di politiche volte ad un utilizzo sostenibile della biodiversità. L implementazione della Convenzione si svolge attraverso l adozione di Raccomandazioni e Risoluzioni da parte del Comitato Permanente che si riunisce ogni anno e che coordina le attività di specifici gruppi di esperti e l organizzazione di numerosi seminari
8 Convenzione di Barcellona La Convenzione di Barcellona è lo strumento giuridico e operativo del Piano d Azione delle UN per il Mediterraneo. L Italia l ha ratificata nel 1979 con la legge 30/1979. Alla Convenzione aderiscono ad oggi tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, cui si aggiunge come membro l Unione Europea. L attuazione della Convenzione avviene mediante una serie di Protocolli tecnici (es. il protocollo relativo alle Aree Specialmente Protette e la Biodiversità in Mediterraneo). Accordo PELAGOS Francia, Italia e Principato di Monaco hanno siglato l Accordo per il Santuario Pelagos per la creazione nel Mediterraneo del Santuario per i Mammiferi Marini, finalizzato alla protezione di un area pelagica (Mar Ligure e Tirreno settentrionale) di concentrazione di numerose specie di cetacei e in particolare della balenottera comune e del capodoglio.
9 Convenzione di Bonn La Convenzione di Bonn relativa alle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica è stata ratificata in Italia con legge 25 gennaio 1983, n. 42. Le nazioni comprese nell areale delle specie migratorie in allegato I si impegnano a: conservare e ripristinare quegli habitat che risultano importanti per rimuovere il pericolo di estinzione di tali specie. Prevenire, rimuovere compensare o minimizzare gli effetti avversi delle attività o gli ostacoli che impediscono seriamente o ostacolano la migrazione della specie. Prevenire, ridurre o controllare i fattori che mettono in pericolo o che sono passibili di provocare ulteriore danno per le specie, anche attraverso lo stretto controllo dell introduzione, o il controllo e l eliminazione, di specie esotiche già introdotte. Proibire il prelievo di animali appartenenti a tali specie (salvo le necessarie deroghe). Le specie contenute nella convenzione sono soggette a specifici Accordi internazionali, che risultano una modalità attuativa della convenzione. Tra gli Accordi fino ad ora stipulati riguardano il nostro Paese: AEWA (link: (African-Eurasian Waterbirds Agreement), riguarda un grande numero di specie di uccelli acquatici migratori per la cui conservazione è necessaria l attivazione di azioni concertate fra gli Stati che ospitano popolazioni nidificanti, quelli che ospitano le specie durante le migrazioni e gli Stati che ospitano le popolazioni svernanti in Africa. EUROBATS (link: (Agreement on the Conservation of Bats in Europe) Accordo sulla conservazione dei pipistrelli in Europa: ha come obiettivo quello di ridurre i rischi per la conservazione di 37 specie europee di pipistrelli, derivanti dal degrado e dal disturbo dei siti di popolamento. ACCOBAMS (link: (Agreement on the Conservation of Cetaceans In the Black Sea, Mediterranean Sea and contiguous Atlantic area) Accordo per la conservazione dei cetacei nel Mediterraneo, nel Mar Nero e nelle contigue aree atlantiche.
10 Normativa Comunitaria per la biodiversità Direttiva 92/43/CEE del Consiglio relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, detta Direttiva Habitat Direttiva 79/409/CEE del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici, detta Direttiva Uccelli Direttiva Uccelli 2009/147/EC La nuova direttiva sulla conservazione degli uccelli selvatici unisce in un unico provvedimento legislativo la precedente direttiva e tutti i relativi atti di modifica.
11 Altre Normative Comunitarie L'approccio ecosistemico è alla base della Direttiva quadro sulle acque (Direttiva 2000/60/CE) e della Direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino (Direttiva 2008/56/CE): entrambe puntano a conseguire un buono stato degli ecosistemi, tenendo conto delle pressioni cumulative. Altri benefici sono derivati e si presume possano derivare dall'attuazione della legislazione incentrata sulla riduzione di alcuni inquinanti, dall'impegno a integrare meglio le problematiche della biodiversità in altri settori, come la politica comune della pesca dopo la riforma del 2002, e dalle maggiori opportunità finanziarie a favore della biodiversità previste da varie politiche dell'ue, in particolare la politica agricola comune (PAC).
12 Normativa nazionale Recepimento e attuazione a livello nazionale della direttiva Uccelli Legge n. 157 dell'11 febbraio 1992 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. Legge 3 ottobre 2002, n. 221 Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione dell'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE. Decreto 5 Luglio 2007 Ministero dell'ambiente e della tutela del Territorio e del Mare. Elenco delle zone di protezione speciale (ZPS) classificate ai sensi della direttiva 79/409/CEE.
13 Normativa nazionale Recepimento e attuazione a livello nazionale della direttiva Habitat Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche. Decreto del Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio 3 settembre 2002 Linee guida per la gestione dei siti della Rete Natura 2000 Decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n.120 Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997 n. 357, concernente attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche. Decreto del Ministero dell'ambiente 22 gennaio 2009 Modifica del decreto 17 ottobre 2007, concernente i criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e Zone di Protezione Speciale (ZPS). Decreto del Ministero dell'ambiente 30 marzo 2009 Secondo elenco aggiornato dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica alpina in Italia ai sensi della direttiva 92/43/CEE. Decreto del Ministero dell'ambiente 30 marzo 2009 Secondo elenco aggiornato dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica continentale in Italia ai sensi della direttiva 92/43/CEE. Decreto del Ministero dell'ambiente 30 marzo 2009 Secondo elenco aggiornato dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea in Italia ai sensi della direttiva 92/43/CEE.
14 Direttiva UCCELLI (79/409/CEE) Mira alla conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri. Si prefigge la protezione, la gestione e la regolazione di tali specie e ne disciplina lo sfruttamento. Contenuti 1. Obiettivo: mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli ad un livello che corrisponde alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative; 2. controllare l'attività venatoria; 3. vietare il ricorso a qualsiasi mezzo di cattura e di uccisione che possa portare all'estinzione di una specie; 4. inviare annualmente alla Commissione, una relazione in applicazione dell'art.9 della Direttiva (deroghe); Falco della Regina (Falco eleonorae) 5. incoraggiare ricerche e lavori per la protezione, gestione e utilizzazione delle specie poste in allegato; 6. trasmettere alla Commissione, ogni tre anni, in applicazione dell'art.12 circa lo stato di attuazione della Direttiva.
15 Direttiva UCCELLI La Direttiva Uccelli riconosce la perdita e il degrado degli habitat come i più gravi fattori di rischio per la conservazione degli uccelli selvatici; si pone quindi l'obiettivo di proteggere gli habitat delle specie elencate nell'allegato I e di quelle migratorie non elencate che ritornano regolarmente, attraverso una rete coerente di Zone di Protezione Speciale (ZPS) che includano i territori più adatti alla sopravvivenza di queste specie. La Direttiva invita gli Stati membri ad adottare un regime generale di protezione delle specie, che includa una serie di divieti relativi a specifiche attività di minaccia diretta o disturbo; si vieta anche il commercio di esemplari vivi o morti o parti di essi, con alcune eccezioni per le specie elencate nell'allegato III. La Direttiva riconosce la legittimità della caccia per le specie elencate in Allegato II e fornisce indicazioni per una caccia sostenibile. In particolare, vieta l'uso di metodi di cattura o uccisione di massa o non selettivi, ed in particolare quelli elencati nell'allegato IV.
16 Allegati della Direttiva UCCELLI ALLEGATO I: SPECIE SOGGETTE A SPECIALI MISURE DI CONSERVAZIONE ALLEGATO II: SPECIE DI CUI PUÒ ESSERE AUTORIZZATA LA CACCIA IN TUTTA L UNIONE O IN ALCUNI STATI ALLEGATO III: SPECIE DI CUI PUÒ ESSERE AUTORIZZATO IL COMMERCIO IN TUTTA L UNIONE O IN ALCUNI STATI ALLEGATO IV: MEZZI DI CATTURA VIETATI ALLEGATO V: AREE PRIORITARIE PER LA RICERCA
17 DIRETTIVA HABITAT (92/43/CEE) relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. Scopi La conservazione e la salvaguardia della biodiversità mediante l'adozione delle misure necessarie per mantenere e ripristinare gli habitat naturali (zone terrestri e marine) e la tutela delle specie di flora e fauna selvatiche nel territorio della Comunità. Le misure adottate tengono conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali. Contenuti La Direttiva stabilisce norme per la gestione dei siti Natura 2000 e la valutazione d'incidenza (art 6), il finanziamento (art 8), la sorveglianza e l'elaborazione di rapporti nazionali sull'attuazione delle disposizioni della Direttiva (articoli 11 e 17). Riconosce inoltre l'importanza degli elementi del paesaggio che svolgono un ruolo di connessione ecologica per la flora e la fauna selvatiche (art. 10).
18 I principi della Direttiva HABITAT La costituzione di una rete di siti Natura 2000, sia a terra che a mare, finalizzati a proteggere habitat e specie (articoli da 3 a 10) elencati rispettivamente negli allegati I e II Applicazione di una rigorosa tutela su tutto il territorio alle specie dell Allegato IV e V (articoli da 12 a 16) Monitoraggio e reporting (articoli 11 e 17)
19 Allegati della Direttiva Habitat ALLEGATO I TIPI DI HABITAT NATURALI DI INTERESSE COMUNITARIO LA CUI CONSERVAZIONE RICHIEDE LA DESIGNAZIONE DI AREE SPECIALI DI CONSERVAZIONE ALLEGATO II SPECIE ANIMALI E VEGETALI D'INTERESSE COMUNITARIO LA CUI CONSERVAZIONE RICHIEDE LA DESIGNAZIONE DI ZONE SPECIALI DI CONSERVAZIONE ALLEGATO III CRITERI DI SELEZIONE DEI SITI ATTI AD ESSERE INDIVIDUATI QUALI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA E DESIGNATI QUALI ZONE SPECIALI DI CONSERVAZIONE ALLEGATO IV SPECIE ANIMALI E VEGETALI DI INTERESSE COMUNITARIO CHE RICHIEDONO UNA PROTEZIONE RIGOROSA ALLEGATO VI METODI E MEZZI DI CATTURA E DI UCCISIONE NONCHÉ MODALITÀ DI TRASPORTO VIETATI ALLEGATO V SPECIE ANIMALI E VEGETALI DI INTERESSE COMUNITARIO IL CUI PRELIEVO NELLA NATURA E IL CUI SFRUTTAMENTO POTREBBERO FORMARE OGGETTO DI MISURE DI GESTIONE
20 Le Regioni biogeografiche L'Unione Europea è suddivisa in 9 regioni biogeografiche, ambiti territoriali con caratteristiche ecologiche omogenee, indipendentemente dai confini politicoamministrativi. Le Liste dei Siti di Importanza Comunitaria vengono adottate per regione biogeografica. Le 9 regioni biogeografiche sono: Atlantica, Continentale, Alpina, Mediterranea, Boreale, Macaronesica, Pannonica, Steppica e regione del Mar Nero. Il territorio italiano è interessato dalle regioni Alpina, Continentale e Mediterranea.
21 La rete Natura 2000 E la rete di aree istituita dalla direttiva Habitat per la conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, costituita dalle Zone di Protezione Speciale (ZPS) e dall insieme delle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) istituite dagli Stati Membri. Ad oggi sono stati individuati 2288 Siti di Importanza Comunitaria (SIC), e 597 Zone di Protezione Speciale (ZPS); di questi, 321 sono siti di tipo C, ovvero SIC coincidenti con ZPS. SIC e le ZPS coprono complessivamente il 20% circa del territorio nazionale.
22 Il processo di istituzione della Rete Natura 2000 Le ZPS sono formalmente designate al momento della trasmissione dei dati alla Commissione Europea e pubblicate con decreto dal Ministero dell'ambiente. Il processo che sta portando alla designazione delle Zone Speciali di Conservazione si articola in 3 fasi: 1. ogni Stato membro ha individuato siti denominati Siti di Importanza Comunitaria proposti (psic) - che ospitano habitat e specie elencati negli allegati I e II della Direttiva. 2. Sulla base delle liste nazionali dei psic la Commissione, ha adottato le liste dei Siti di Importanza Comunitaria (SIC), una per ogni regione biogeografica 3. Gli Stati membri stanno designando tutti i siti come "Zone Speciali di Conservazione"
23 Codifica relazioni territoriali tra SIC e ZPS gradienti di sovrapposizione: da totalmente separate a completamente sovrapposte
24 La rete Natura 2000 nei 27 Stati Membri Ad oggi la Rete Natura 2000 comprende SIC e 5242 ZPS in tutta Europa, corrispondenti a più del 17 % della superficie europea. I siti marini sono in via di designazione; attualmente solo circa il 6% dei SIC e il 10% delle ZPS sono a mare. Fonte: European Topic Centre on Biological Diversity (ETC/BD), 2009.
25 La rete Natura 2000 in Italia ZPS: 597 SIC : 2288 Fonte: Natura 2000 database, Ministero dell Ambiente 2009
26 La rete Natura 2000 in Italia
27 Beigua: SIC e ZPS Nel PR Beigua sono presenti: 26 habitat di interesse comunitario 14 specie di uccelli di All. I Dir. Uccelli 13 specie di Allegato II Dir. Habitat Sono inoltre presenti specie vegetali endemiche e specie minacciate, per alcune delle quali la Regione Liguria ha proposto l'inclusione nell'all. II della Direttiva Habitat. La posizione geografica e le caratteristiche fanno del sito un importante punto di passo per gli uccelli migratori (es. Falco pecchiaiolo e il Biancone). 32 IT Foresta della Deiva - Torrente Erro 38 IT Rocca dell'adelasia 39 IT Foresta Cadibona 40 IT A-B-C Fondali Varazze - Albisola 64 IT Pian della Badia (Tiglieto) 71 IT Beigua - Monte Dente - Gargassa - Pavaglione 80 IT A-B-C Fondali Arenzano - Punta Ivrea 7. ZPS Beigua - Turchino
28 Valore delle aree seminaturali Sono aree in cui la presenza dell uomo ha contribuito a stabilire un equilibrio ecologico e che risultano particolarmente sensibili ad eventuali modificazioni delle modalità d uso. Molti habitat agricoli e seminaturali e le specie animali che ad essi si sono adattati nel corso di millenni di storia devono il loro equilibrio al mantenimento di pratiche agricole e pastorali tradizionali. La gestione dei siti Natura 2000 che contengono tali habitat deve evitare sia l affermazione di metodi intensivi di sfruttamento, sia l abbandono delle pratiche agricole tradizionali. Esse racchiudono al loro interno non solo risorse naturali, ma anche possibilità di sviluppo socio-economico per le comunità in essa insediate.
29 Esempi di pratiche agro-colturali da incentivare per il mantenimento degli habitat seminaturali agricoli impianto di siepi, filari, boschetti manutenzione dei muretti a secco creazione di margini erbosi ai bordi dei campi realizzazione di stagni permanenti e temporanei conversione di seminativi in prati permanenti aratura ritardata delle stoppie mantenimento invernale delle stoppie mantenimento dell acqua e creazione di canaline di rifugio nelle risaie sostegno al pascolo estensivo sostegno al biologico (ma non all agricoltura integrata) Abbattimento uso di prodotti chimici Sostituzione di coltivazione da foraggio ad elevato impatto ambientale (es. mais) con coltivazioni più favorevoli alla biodiversità (es. erba medica)
30 Misure di conservazione Secondo l Art. 6 della direttiva Habitat le misure di conservazione necessarie possono consistere in: (Par. 1) Piani di gestione, specifici o integrati ad altri piani di sviluppo, da predisporre all'occorrenza, qualora, cioè, gli strumenti di pianificazione e gestione del territorio già presenti non siano sufficienti a garantire una gestione del sito conforme agli obiettivi della direttiva Habitat; (Par. 3) Valutazione di incidenza, procedimento al quale è necessario sottoporre qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze significative su un sito Natura 2000, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti e tenuto conto degli obiettivi di conservazione del sito.
31 La Valutazione di Incidenza La valutazione d'incidenza è il procedimento di carattere preventivo al quale è necessario sottoporre qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze significative su un sito della rete Natura La valutazione di incidenza, se correttamente realizzata ed interpretata, costituisce lo strumento per garantire, dal punto di vista procedurale e sostanziale, il raggiungimento di un rapporto equilibrato tra la conservazione soddisfacente degli habitat e delle specie e l'uso sostenibile del territorio. Si applica sia agli interventi che ricadono all'interno delle aree Natura 2000 (o in siti proposti per diventarlo), sia a quelli che pur sviluppandosi all'esterno, possono comportare ripercussioni sullo stato di conservazione dei valori naturali tutelati nel sito.
32 Definizioni: incidenza significativa - si intende la probabilità che un piano o un progetto ha di produrre effetti sull'integrità di un sito Natura 2000; la determinazione della significatività dipende dalle particolarità e dalle condizioni ambientali del sito. incidenza negativa - si intende la possibilità di un piano o progetto di incidere significativamente su un sito Natura 2000, arrecando effetti negativi sull'integrità del sito, nel rispetto degli obiettivi della rete Natura incidenza positiva - si intende la possibilità di un piano o progetto di incidere significativamente su un sito Natura 2000, non arrecando effetti negativi sull'integrità del sito, nel rispetto degli obiettivi della rete Natura valutazione d'incidenza positiva - si intende l'esito di una procedura di valutazione di un piano o progetto che abbia accertato l'assenza di effetti negativi sull'integrità del sito (assenza di incidenza negativa). valutazione d'incidenza negativa - si intende l'esito di una procedura di valutazione di un piano o progetto che abbia accertato la presenza di effetti negativi sull'integrità del sito. integrità di un sito - definisce una qualità o una condizione di interezza o completezza nel senso di "coerenza della struttura e della funzione ecologica di un sito in tutta la sua superficie o di habitat, complessi di habitat e/o popolazioni di specie per i quali il sito è stato o sarà classificato".
33 Il procedimento di valutazione d incidenza lo screening: processo che identifica le possibili incidenze su un sito Natura 2000 di un piano o un progetto, singolarmente o congiuntamente ad altri piani o progetti, e che porta alla decisione di procedere alla valutazione d incidenza qualora tali incidenze risultino significative in relazione agli obiettivi di conservazione del sito; la valutazione vera e propria: analisi dell incidenza sull integrita del sito Natura 2000 del piano o del progetto, singolarmente o congiuntamente ad altri piani o progetti, nel rispetto della struttura e della funzionalita del sito e dei suoi obiettivi di conservazione e l individuazione di eventuali misure di mitigazione; la definizione di soluzioni alternative: processo che esamina modi alternativi di raggiungere gli obiettivi del progetto o del piano evitando incidenze negative sull integrita del sito natura 2000; la definizione di misure di compensazione: qualora non esistano soluzioni alternative e nei casi in cui, per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, e necessario che il progetto o il piano vengano comunque realizzati, devono essere individuate azioni in grado di bilanciare in modo proporzionato le incidenze negative previste. Il passaggio da una fase alla successiva non e obbligatorio, bensi consequenziale alle informazioni e ai risultati ottenuti. Ogni conclusione raggiunta durante la procedura progressiva di valutazione deve essere motivata e documentata.
34 Il procedimento della Valutazione di incidenza Il pp è connesso alla gestione del sito? NO Il pp può avere incidenze significative sul sito? NO SI L autorizzazione può essere concessa NO SI SI (compensazione) SI Obiettivi di conservazione del sito Il pp inciderà negativamente sul sito? SI NO Ci sono imperanti motivi di interesse pubblico? Riesaminare il pp SI (mitigazione) Ci sono soluzioni alternative? NO Il pp incide su habitat e/o specie prioritari? SI Ci sono benefici ambientali o per la salute umana? NO L autorizzazione non può essere concessa NO
35 Le misure compensative Le misure compensative mirano a controbilanciare l impatto negativo di un progetto ed a fornire una compensazione che corrisponde esattamente agli effetti negativi sull habitat di cui si tratta. Costituiscono «l ultima risorsa»: sono usate soltanto quando le altre salvaguardie fornite dalla direttiva non sono efficaci ed è stata comunque presa la decisione di esaminare un progetto/piano con un effetto negativo su un sito Natura Le misure compensative possono comprendere: ricreazione di un habitat su un sito nuovo o ampliato, da inserire in Natura 2000; miglioramento di un habitat su parte del sito o su un altro sito Natura 2000 in maniera proporzionale alla perdita dovuta al progetto; proposta, in casi eccezionali, di un nuovo sito nell ambito della direttiva Habitat.
36 Altri strumenti di valutazione a supporto delle decisioni La valutazione di incidenza si applica nell ambito dei siti Natura 2000 e va ad integrare altre procedure di valutazione ambientale da effettuare su tutto il territorio previste dalla normativa europea: La Valutazione di impatto ambientale (VIA) prevista dalla Direttiva 85/337/CEE si applica ai progetti di opere La Valutazione ambientale strategica (VAS) prevista dalla Direttiva 2001/42/CE si applica a Piani e Programmi Tutti i piani da sottoporre a VAS richiedono la valutazione d'incidenza. Quando non vi sono gli estremi per sottoporre il progetto alla VIA o il piano alla VAS, in caso di possibile interferenza con i siti di Natura 2000, la valutazione di incidenza deve comunque essere realizzata. Il processo di valutazione è strutturato in una evidenziazione delle alternative (fase ex ante), nel supporto alle decisioni (fase in itinere) e nel monitoraggio delle scelte pianificatorie (fase ex post)
37 Partecipazione al processo di Applicazione di VIA-VAS e Valutazione di Incidenza Il Club Alpino Italiano partecipa al processo di applicazione delle procedure di valutazione ambientale presentando osservazioni alla Pubblica Amministrazione competente in materia di VIA, VAS o Valutazione di Incidenza, in modo da ricercare sempre il più alto grado possibile di tutela dell ambiente, in un ottica di sviluppo sostenibile. Ambito di applicazione: progetti di opere per le quali è prevista la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e/o la Valutazione di Incidenza (nelle aree di Natura 2000), nel caso di opere che possono produrre effetti considerevoli sull ambiente Esempio: VIA di un impianto idroelettrico nel Parco Regionale della Alpi Apuane Piani e programmi per i quali è prevista la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) e/o la Valutazione di Incidenza (nelle aree di Natura 2000) e che possono produrre effetti considerevoli sull ambiente Esempio: VAS del Piano Territoriale del Parco Nazionale d Abruzzo Sono escluse dalla procedura le opere (o piani) di rilevanza internazionale Esempio: TAV in Val di Susa
38 Il piano di gestione E uno strumento di pianificazione del territorio finalizzato a tutelare la natura tenendo conto anche dei fattori socio-economici locali. Il piano descrive il sito individua i vincoli e le minacce stabilisce gli obiettivi e le priorità sceglie le strategie stabilisce la tempistica individua i costi le fonti di finanziamento Viene redatto dall amministrazione competente per la gestione del sito, mentre la Regione o la Provincia Autonoma sono gli organi competenti per l adozione dei piani di gestione.
39 Iter logico-decisionale per la scelta del Piano Inventario previsioni normative riferite al sito Il sito e interno o esterno ad un area naturale già protetta? Interno Esterno Gli strumenti di protezione esistenti sono sufficienti a mantenere in uno stato di conservazione soddisfacente gli habitat e le specie per i quali il sito e stato individuato? SI Il sito non richiede specifiche misure di conservazione NO Il piano di gestione e necessario rispetto alle misure di conservazione obbligatorie e agli strumenti di pianificazione già esistenti? NO SI SI E possibile integrare le misure di conservazione e gli strumenti di pianificazione già esistenti? Il piano di gestione è necessario NO
40 Integrazione delle misure di conservazione con la pianificazione ai diversi livelli di governo del territorio L eventuale piano di gestione di un sito è strettamente collegato alla funzionalità dell habitat e alla presenza della specie che ha dato origine al sito stesso. Ciò significa che se eventualmente l attuale uso del suolo e la pianificazione ordinaria non compromettono tale funzionalità, il piano di gestione si identifica unicamente nella necessaria azione di monitoraggio. C è comunque necessità di integrare l insieme delle misure di conservazione con la pianificazione ai diversi livelli di governo del territorio secondo quanto previsto dall art. 6, paragrafo 1, direttiva Habitat.
41 Struttura di un piano di gestione Descrizione biologica del paesaggio circostante Descrizione socioeconomica del paesaggio circostante SITO NATURA 2000 INVENTARIO Descrizione fisica del sito Descrizione biologica del sito Descrizione socioeconomica del sito Descrizione valori archeologici, architettonici, culturali del sito Possibili impatti Atlante dell uso del territorio stato1 Tipologia del sito Esigenze ecologiche -Obiettivi (particolare attenzione ad habitat e specie della Direttiva) Indicatori di stato proposti stato 2 Linee guida di conservazione stato n PIANO DI GESTIONE (nell ambito degli strumenti di gestione territoriale esistenti) STRATEGIA Azioni Progetti
42 Lo stato di attuazione della gestione dei siti Natura 2000 Dal 2 Rapporto Nazionale sull attuazione della Direttiva Habitat (2007) emerge che: Per 132 SIC è stato predisposto un PdG specifico Per 597 SIC è in preparazione un PdG specifico Per 364 SIC non è stato predisposto un PdG specifico e gli obiettivi di conservazione sono stati inclusi in altri strumenti di pianificazione territoriale (Piani di gestione di aree protette, Piani paesistici, Piani di assestamento forestale, ecc.) Per 213 SIC è stato individuato un Ente gestore, con modalità diverse nelle Regioni. Alcune Regioni li hanno identificati con DGR, altre affidano la gestione dei siti Natura 2000 a Enti di gestione di aree protette, alle Comunità montane, alle Province.
43 Indicatori del Piano di gestione L uso di opportuni indicatori deve rispondere a due esigenze fondamentali di informazione: se la superficie occupata dall habitat o le dimensioni delle popolazioni della specie sono stabili se la struttura e le funzioni specifiche necessarie al mantenimento a lungo termine dell habitat/specie sono presenti e se ne è prevedibile la loro presenza in un futuro I sette gruppi di indicatori individuati dal Ministero dell Ambiente: Complessità e organizzazione del mosaico territoriale Assetto floristico e vegetazionale Assetto forestale Assetto faunistico Assetto idrobiologico Fattori di disturbo e di alterazione ambientale Assetto socioeconomico
44 Esempi di indicatori per il Piano di gestione Superficie protetta (ha e %) Superficie forestale Frammentazione (es. km strade/ha di bosco) Perdita di biodiversità forestale (ha specie esotiche piantate /sup forestale) Perdita di habitat (es. perdita di habitat per key species migratori, carnivori) Pressione venatoria (es. capi abbattuti/1000 ha, ha di territorio chiusi alla caccia/sup totale) Ecotoni fluviali: es. Km di argini artificiali
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