SPL a rilevanza economica: la disciplina dell art. 4, D.L. n. 138/2011 è contraria alla Costituzione. Si torna al post referendum giugno 2011

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1 pubblici locali - Disciplina SPL a rilevanza economica: la disciplina dell art. 4, D.L. n. 138/2011 è contraria alla Costituzione. Si torna al post referendum giugno 2011 di Giancarlo Astegiano Magistrato della Corte dei conti - Sez. reg. contr. Piemonte... Con la sentenza n. 199 del 20 luglio 2012, la Corte costituzionale ha dichiarato l illegittimità costituzionale dell articolo 4 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sia nel testo originario che in quello risultante dalle successive modificazioni, espungendo dall ordinamento la recente disciplina che riguardava la gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica Premessa Il referendum che si è svolto il 12 e 13 giugno 2011 aveva ad oggetto la richiesta di abrogazione dell art. 23-bis del D.L. n. 112 del 2008 che disciplinava le modalità di affidamento e gestione di tutti i servizi pubblici locali a rilevanza economica (quali, ad esempio, il trasporto pubblico, lo smaltimento dei rifiuti urbani, i parcheggi) e non solo dell acqua (come affermato genericamente, in molti casi), ad esclusione dei settori della distribuzione di gas naturale e di energia elettrica, del trasporto ferroviario regionale e della gestione delle farmacie comunali (1). In conseguenza dell approvazione del quesito referendario è stato abrogato l art. 23 bis e, conseguentemente, è mutato il quadro di riferimento per la gestione dei servizi pubblici a rilevanza economica. Infatti, come noto, con la norma abrogata il legislatore aveva delineato una disciplina organica del settore dei servizi a rilevanza economica, disponendo in modo esplicito, sia pure generico, l abrogazione parziale dell art. 113 del Tuel nelle parti incompatibili. L esito referendario ha comportato, altresì, l abrogazione del D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168, emanato in in attuazione dell articolo 23 bis, con la conseguenza che anche tutte le norme contenute nel Regolamento attuativo appena emanato sono venute meno. A seguito dell abrogazione dell art. 23 bis sono sorte numerose incertezze in ordine alla disciplina applicabile in concreto alla gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica. Al fine di fornire un quadro normativo ed organico, il legislatore è intervenuto con un intervento legislativo complesso adottato nell ambito del con D.L. n. 138 del 13 agosto 2011, conv. dalla legge n. 148 del 2011 (2). L articolo 4 del decreto, più volte successivamente modificato ed integrato, ha ridisegnato in modo completo ed organico la disciplina Note: (1) Con decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2011, n. 113 recante Abrogazione, a seguito di referendum popolare, dell articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, e successive modificazioni, nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 325 del 2010, in materia di modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, è stata dichiarata l abrogazione, a seguito di referendum popolare, dell art. 23-bis del D.L. n. 112 del (2) D.L. 13 agosto 2011, n. 138, recante Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n /

2 ... relativa alle modalità di affidamento dei servizi a rilevanza economica, ad alcuni aspetti inerenti alla loro gestione (ad es. incompatibilità), alle procedure ed agli adempimenti che gli Enti locali avrebbero dovuto adottare (ad es. delibera quadro) e alla scadenza degli affidamenti in corso, non compatibili con le nuove regole. La regolamentazione contenuta nell art. 4 è stata disegnata sulla falsariga dell art. 23 bis, riprodotto in larga parte, con l espressa previsione che la stessa non si applicasse al servizio idrico. Il legislatore ha ritenuto che questa esclusione fosse sufficiente per rispettare la volontà popolare che si era espressa in sede referendaria per l abrogazione dell art. 23 bis. I ricorsi delle Regioni Numerose Regioni hanno contestato la conformità dell intervento normativo ad alcune delle previsioni contenute nella Costituzione proponendo ricorso alla Corte costituzionale I giudizi di legittimità sono stati promossi con autonomi ricorsi da numerose Regioni, Puglia, Lazio, Marche, Emilia-Romagna, Umbria e Regione autonoma dalla Sardegna, che hanno sostenuto che l art. 4 violasse gli articoli 5, 75, 77, 114, 117 e 118 della Costituzione, nonché gli articoli 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna). I ricorsi di tutte le Regioni, ad eccezione di quello proposto della Regione autonoma della Sardegna, hanno dedotto la violazione dell art. 75 Cost., in quanto l art. 4 del D.L. n. 138 (ed in particolare i commi 1, 8, 9 10, 11, 12 e e 33) avrebbe riprodotto l art. 23 bis, oggetto dell abrogazione referendaria, nonché parti significative delle norme di attuazione della medesima (3), introducendo una regolamentazione che avrebbe reso ancora più limitate le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, di gestione in house di quasi tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica. In questo modo, secondo la prospettazione delle Regioni ricorrenti, si sarebbe violato il divieto di riproposizione della disciplina formale e sostanziale oggetto di abrogazione referendaria, previsto dall art. 75 Cost., e si avrebbe avuta una conseguente lesione indiretta delle competenze costituzionali regionali in materia di servizi pubblici locali. La Regione Puglia ha contestato anche la legittimità dell intervento legislativo effettuato con decreto legge, ritenendo che a seguito dell abrogazione referendaria dell art. 23 bis del D.L. n. 112 del 2008 non vi sarebbe stata alcuna lacuna normativa poiché sarebbe stata immediatamente applicabile la normativa comunitaria di settore. La sentenza n. 199 della Corte costituzionale Con la sentenza del 20 luglio 2012, n. 199 la Corte costituzionale ha dichiarato la contrarietà alla Costituzione dell art. 4 del D.L. n. 138, sia nella versione originaria sia in quella emendata ed integrata, in più occasioni, dal legislatore. A quest ultimo proposito, il giudice delle leggi ha evidenziato, preliminarmente, che anche se dopo la proposizione dei ricorsi da parte di numerose Regioni, l art. 4 del D.L. n. 138 del 2011 aveva subìto numerose modifiche, l interesse alla decisione di costituzionalità non era venuto meno (4). In proposito, la Corte costituzionale ha ritenuto che le modifiche sopravvenute al testo originario dell art. 4 abbiano avuto quale effetto primario quello di limitare ulteriormente le ipotesi di affidamento diretto dei servizi pubblici locali (come risulta, in specie, dall introduzione della previsione della possibilità di affidamenti diretti solo per i servizi di valore inferiore a euro: comma 13; previo parere obbligatorio dell Autorità garante della concorrenza e del mercato che può pronunciarsi «in merito all esistenza di ragioni idonee e sufficienti all attribuzione di diritti di esclusiva»: comma 3; con espressa previsione della prevalenza della normativa in questione sulle normative di settore: comma 34; con la previsione dell esercizio del potere sostitutivo del Governo nel caso di inottemperanza a quanto previsto dalla normativa in questione: comma 32-bis) e, pertanto, siano state idonee a confermare il contenuto prescrittivo dell art. 4 del D.L. n. 138, comprimendo in modo ancora più significativo le sfere di competenza regionale. La Corte, quindi, richiamando il principio di effettività della tutela costituzionale ha esteso l esame di Note: (3) Si tratta, come si è accennato in Premessa, del D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168, recante Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a norma dell articolo 23-bis, comma 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (4) In particolare per effetto dell art. 9, comma 2, lettera n), della legge 12 novembre 2011, n. 183, recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2012, dell art. 25 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito, con modificazioni, dall art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, nonché dell art. 53, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, Misure urgenti per la crescita del Paese. Estremamente significativa è la circostanza che il sindacato di costituzionalità è stato esteso ad un decreto legge, ancora in corso di conversione in Parlamento /2012

3 ..... costituzionalità anche alle norme successive che hanno modificato o, comunque, integrato il testo originario dell art. 4 del D.L. n Svolta questa premessa, il giudice delle leggi ha rilevato che la disciplina posta dall art. 23 bis del D.L. n. 112 del 2008 si caratterizzava per il fatto che dettava una normativa generale di settore, diretta restringere rispetto al livello minimo stabilito dalle regole concorrenziali comunitarie, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, di gestione in house dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, consentite solo in casi eccezionali ed al ricorrere di specifiche condizioni. Sulla base di questa premessa relativa alle finalità perseguite dal legislatore con l art. 23 bis, la Corte costituzionale ha evidenziato che con la richiamata consultazione referendaria detta normativa veniva abrogata e si realizzava, pertanto, l intento referendario di «escludere l applicazione delle norme contenute nell art. 23-bis che limitano, rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, quelle di gestione in house di pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica (ivi compreso il servizio idrico)» (sentenza n. 24 del 2011) e di consentire, conseguentemente, l applicazione diretta della normativa comunitaria conferente. A seguire, ha confrontato la ratio ed il contenuto dell art. 4 del D.L. n. 138 con l art. 23 bis e con l esito della consultazione referendaria, specificando, in proposito, che l art. 4, nonostante fosse intitolato Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall Unione europea, ha dettato una disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica che non solo è contraddistinta dalla medesima ratio di quella abrogata, in quanto opera una drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti in house, al di là di quanto prescritto dalla normativa comunitaria, ma è anche letteralmente riproduttiva, in buona parte, di svariate disposizioni dell abrogato art. 23-bis e di molte disposizioni del regolamento attuativo del medesimo art. 23-bis contenuto nel D.P.R. n. 168 del 2010 La nuova normativa, secondo il giudice delle leggi, ha limitato in modo significativo le possibilità di ricorrere all affidamento diretto dei servizi (analisi di mercato e comunque se il valore del servizio era inferiore a euro, nel testo originariamente adottato e a euro, nel testo vigente del comma 13). La Corte costituzionale ha ritenuto la norma illegittima poiché la compressione della possibilità di ricorrere all affidamento diretto si verifica a prescindere da qualsivoglia valutazione dell ente locale, oltre che della Regione, ed anche - in linea con l abrogato art. 23-bis - in difformità rispetto a quanto previsto dalla normativa comunitaria, che consente, anche se non impone (sentenza n. 325 del 2010), la gestione diretta del servizio pubblico da parte dell ente locale, allorquando l applicazione delle regole di concorrenza ostacoli, in diritto o in fatto, la «speciale missione» dell ente pubblico (art. 106 TFUE), alle sole condizioni del capitale totalmente pubblico della società affidataria, del cosiddetto controllo analogo (il controllo esercitato dall aggiudicante sull affidatario deve essere di contenuto analogo a quello esercitato dall aggiudicante sui propri uffici) ed infine dello svolgimento della parte più importante dell attività dell affidatario in favore dell aggiudicante. Inoltre, la Corte ha rilevato che la disciplina contenuta nell art. 4 del D.L. n. 138 del 2011 ha riprodotto, sia a livello di principi che testualmente, numerose disposizioni contenute nell abrogato art. 23 bis del D.L. n. 112 del 2008 (5) e nel Regolamento di attuazione dell art. 23 bis. Esposte le predette considerazioni, la Corte costituzionale ha affermato che, nonostante l esclusione dall ambito di applicazione della nuova disciplina del servizio idrico integrato, risulta evidente l analogia, talora la coincidenza, della disciplina contenuta nell art. 4 rispetto a quella dell abrogato art. 23-bis del D.L. n. 112 del 2008 e l identità della ratio ispiratrice, ed ha evidenziato che l art. 4 del D.L. n. 138 viola, quindi, il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare desumibile dall art. 75 Cost., secondo quanto già riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale poiché il vincolo conseguente all abrogazione referendaria si giustifica, alla luce di una interpretazione unitaria della trama costituzionale ed in una prospettiva di integrazione degli strumenti di democrazia diretta nel sistema di democrazia rappresentativa delineato dal dettato costituzionale, al solo fine di impedire che l esito della consultazione popolare, che costituisce esercizio di quanto previsto dall art. 75 Cost., venga posto nel nulla e che ne venga vanificato l effetto utile, senza che si sia determinato, successivamente all abrogazione, alcun mutamento né del quadro politico, né delle circo- Nota: (5) La Corte, in via esemplificativa, richiama esplicitamente il comma 3 dell art. 23-bis del D.L. n. 112 del 2008 recepito in via di principio dai primi sette commi dell art. 4 del D.L. n. 138 del 2011, in tema di scelta della forma di gestione del servizio; del comma 8 dell art. 23-bis del D.L. n. 112 del 2008 che dettava una disciplina transitoria analoga a quella dettata dal comma 32 dell art. 4 del D.L. n. 138 del 2011; così come del comma 10, lettera a), dell art. 23-bis del D.L. n. 112 del 2008, dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 325 del 2010, sostanzialmente riprodotto dal comma 14 dell art. 4 del D.L. n. 138 del /

4 ... stanze di fatto, tale da giustificare un simile effetto. Peraltro, il giudice delle leggi ha concluso mettendo in luce che il vincolo all intervento del legislatore non è assoluto ma è limitato solo alla riproduzione della norma abrogata in sede referendaria, potendo intervenire legittimamente dettando una diversa disciplina che individui una nuova regolamentazione di settore. Alcune considerazioni in ordine alla sentenza della Corte costituzionale L intervento della Corte costituzionale è stato netto ed ha riguardato uno dei punti nodali dell azione governativa e legislativa che negli ultimi anni ha riguardato il complesso settore dei servizi pubblici locali a rilevanza economica. Gli interventi normativi si sono susseguiti e non sono stati mai risolutivi, forse perché si tratta di un settore diffuso su tutto il territorio che presenta un profondo intreccio fra disciplina economica ed esigenze delle collettività e delle amministrazioni locali. Nell ultimo anno, a seguito dell introduzione dell art. 4 del D.L. n. 138 era stata avviata una complessa operazione che avrebbe dovuto condurre ad una riduzione del perimetro di intervento del settore pubblico e, nel contempo, ad una concentrazione delle rimanenti gestioni pubbliche di alcuni servizi. La Corte costituzionale non ha ritenuto illegittima, in via di principio, la riduzione delle gestioni pubbliche e la concentrazione di alcune di esse, ma solo l imposizione dell obbligo di procedere in quella direzione alle Amministrazioni locali e regionali, senza che queste ultime potessero procedere ad un autonoma valutazione. In sostanza, il giudice delle leggi ha inteso valorizzare l autonomia e la discrezionalità delle scelte regionali e locali, da svolgersi all interno della cornice prevista dal diritto comunitario. In linea di principio si tratta di un intento condivisibile, anche se l esperienza degli ultimi anni ha evidenziato che senza una previsione legislativa cogente difficilmente le Amministrazioni locali procedono ad un effettiva esternalizzazione delle gestioni, preferendo mantenere un controllo non solo sulla qualità e modalità di erogazione dei servizi ma anche sullo stesso soggetto che lo eroga (gestioni in house). La censura svolta dalla Corte costituzionale in relazione all art. 4 del D.L. n. 138 ha riguardato principalmente la riproduzione delle norme contenute nell art. 23 bis, oggetto di abrogazione referendaria, ma ha toccato anche un altro aspetto meritevole di attenzione. Il giudice delle leggi ha contestato l introduzione di una disciplina riferita alla gestione dei servizi secondo la modalità dell in house che sia più restrittiva di quella che si evince dalle regole comunitarie. In relazione al primo aspetto è sufficiente osservare che, come ha rilevato la Corte, il legislatore può intervenire a dettare una nuova disciplina a seguito di abrogazione referendaria di una norma, ma non può limitarsi a riprodurre la disposizione oggetto del quesito referendario poiché, in caso contrario, la volontà popolare verrebbe aggirata. Ed è evidente che l art. 4 sia nella formulazione letterale che nello spirito riprendeva, sia pure con alcuni adattamenti, l impianto dell art. 23 bis. Un nuovo intervento legislativo, ancor oggi possibile, dovrebbe superare completamente quell impostazione, tenendo conto sia delle indicazioni referendarie che della sentenza n Quanto al secondo aspetto, la Corte costituzionale sembra affermare la liceità delle gestioni di servizi pubblici locali a rilevanza economica che avvengano in house, secondo le regole risultanti dal diritto comunitario. Anche questo aspetto non potrà essere trascurato nel caso di un intervento legislativo. Tuttavia fin d ora è bene rilevare che deve trattarsi di gestioni che avvengano secondo un reale modello in house, che presenti in concreto le caratteristiche individuate dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e che, in particolare, sia presente un effettivo controllo analogo da parte dell ente locale conferente che, in base, alle esperienze di questi anni, sembra essere, in molti casi, più teorico che pratico. Le conseguenze sulla gestione dei servizi locali a rilevanza economica Dopo l intervenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale dell art. 4 del D.L. n. 138 del 2011 ritornano gli stessi dubbi che si erano presentati subito dopo l abrogazione referendaria dell art. 23 bis su quale sia la disciplina applicabile in relazione alla gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica. Innanzitutto la caducazione dell art. 4 implica, ovviamente, che tutti gli adempimenti previsti dalla norma in questione e le scadenze delle gestioni in essere non abbiano più alcun effetto e che le attuali gestioni possono procedere sino alla loro naturale scadenza, sempre che si tratti di affidamenti conformi al diritto comunitario. Peraltro, gli Enti che hanno avviato procedure di dismissione di servizi o concentrazione di attività, /2012

5 ..... così come previste dall art. 4, possono proseguirle purché non si pongano in contrasto con la disciplina comunitaria o con altre norme. Infatti, come accennato sopra, con la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell art. 4 è stato eliminato l obbligo di dismissione ma non la facoltà liberamente valutabile ed adottabile dai singoli Enti. Al fine di iniziare a delineare il nuovo quadro di riferimento bisogna ricordare che la Corte costituzionale nella sentenza la quale aveva dichiarato l ammissibilità del referendum svolto nel giugno 2011 aveva precisato che a seguito dell abrogazione referendaria dell art. 23 bis non deriva, in tema di regole concorrenziali relative ai servizi pubblici locali di rilevanza economica, né una lacuna normativa incompatibile con gli obblighi comunitari né l applicazione di una normativa contrastante con il suddetto assetto concorrenziale minimo inderogabilmente richiesto dall ordinamento comunitario. Infatti, dall abrogazione dell art. 23-bis, da un lato, non conseguirebbe alcuna reviviscenza delle norme abrogate da tale articolo (...) dall altro, conseguirebbe l applicazione immediata nell ordinamento italiano della normativa comunitaria (meno restrittiva rispetto a quella oggetto di referendum, Corte Cost. n. 325/10) relativa alle regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica per l affidamento della gestione di servizi pubblici di rilevanza economica (6). La posizione espressa dalla Corte costituzionale è chiara, ma occorre rilevare che l art. 23 bis al comma 11 disponeva che l articolo 113 del testo unico delle leggi sull ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, è abrogato nelle parti incompatibili con le disposizioni di cui al presente articolo. Il legislatore non aveva disposto l abrogazione di tutto l art. 113 o di norme specifiche ma in modo implicito aveva stabilito l eliminazione delle sole disposizioni incompatibili con quelle introdotte dalla nuova disciplina organica. A seguito del referendum che ha abrogato l art. 23 bis del D.L. n.112, prima, e dell intervenuta dichiarazione di incostituzionalità dell art. 4 del D.L. n. 138, poi, gli Enti locali sono tenuti ad applicare la disciplina comunitaria e le norme contenute nell art. 113 che non erano state abrogate (implicitamente) nel In linea generale, può ritenersi sin d ora che gli Enti locali possano procedere ai nuovi affidamenti dei servizi pubblici a rilevanza economica: a società di capitali individuate attraverso l espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica nelle quali sia precisato in modo puntuale anche l oggetto dell affidamento (senza l obbligo che una quota minima o massima del capitale sia detenuta dal socio pubblico o da quello privato); a società a capitale interamente pubblico a condizione che l ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo (effettivo) a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l ente o gli enti pubblici che la controllano (società che operino in house). In sostanza, con l abrogazione dell art. 4 del D.L. n. 138 (e dell art. 23 bis), le gestioni in house che nell ultimo periodo erano viste con crescente sfavore dal legislatore potranno tornare a rivestire un ruolo importante e centrale, sempreché le Amministrazioni locali ritengano opportuno mantenerle, anche in relazione alla complessa situazione finanziaria che caratterizza questo periodo. Il quadro è sicuramente incerto e forse anche un poco confuso e dovrà essere approfondito in sede dottrinale, operativa, giurisprudenziale e, forse, legislativa (nei limiti ormai tracciati in modo netto dalla sentenza n. 199), anche per i riflessi che l abrogazione dell art. 4 è destinata ad avere sul ruolo e sui compiti delle società a partecipazione pubblica, oggetto di numerosi interventi diretti a favorire processi di dismissione o di liquidazione. Nota: (6) Corte cost, 26 gennaio 2011, n /

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