Lezione P6 Il delitto di maltrattamenti e figure delittuose affini

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1 Lezione P6 Il delitto di maltrattamenti e figure delittuose affini Sommario: 1. Il reato di maltrattamenti di cui all art. 572 c.p L interesse tutelato La materialità del reato di maltrattamenti Il fenomeno del c.d. mobbing Il rapporto con i reati che possono comporre o aggravare il reato di maltrattamenti I Rapporti con reati diversi da quelli che possono comporre o aggravare il reato di maltrattamenti Il rapporto con il reato di abuso di mezzi di correzione Il rapporto con il reato di atti persecutori I rapporti con altri reati. 1. Il reato di maltrattamenti di cui all art. 572 c.p. Il reato ci maltrattamenti di cui all art. 572 c.p. ha natura di reato abituale c.d. proprio, che consiste nella ripetizione di condotte che possono essere non punibili, ed a forma libera, potendosi perfezionare mediante la realizzazione di diversi comportamenti. Il reato è integrato (solo) quando si accerti l esistenza di una condotta abituale che realizzi una serie di episodi lesivi dell integrità fisica o morale, della libertà o del decoro delle persone della famiglia ovvero di soggetti sottoposti all altrui autorità, nei confronti dei quali viene posta in essere una condotta di sopraffazione sistematica, in modo tale da rendere abitualmente dolorose e mortificanti le relazioni tra il soggetto attivo e la vittima. Nel concetto di maltrattamenti possono, dunque, rientrare sia le aggressioni fisiche in senso stretto (percosse o lesioni) sia in genere quegli atti di disprezzo, vilipendio e sopruso, tali da incidere in modo significativo sul patrimonio morale del soggetto passivo che a causa della reiterazione di simili condotte nel corso del rapporto familiare subisce un apprezzabile sofferenza morale o fisica. Di contro sporadici litigi o episodi di violenza o prevaricazione morale, del tutto occasionali, non costituiscono un abituale azione vessatoria rilevante per il reato in esame, richiedendosi che il maltrattamento raggiunga un minimo di gravità e di costanza nell arco 325

2 lezioni e sentenze di diritto penale parte speciale di un tempo stimato. La valutazione di questo minimo è necessariamente relativa e dipende dall insieme di fattori che caratterizzano il singolo rapporto familiare, dettati soprattutto dalla durata del maltrattamento e dai suoi effetti fisici e mentali. Il reato sussiste ogniqualvolta l atteggiamento attenti alla libertà e dignità umana creando deliberatamente sentimenti di paura, d angoscia e d inferiorità nella vittima. Pertanto, al fine di delimitare i confini della figura di reato occorre procedere ad una rigorosa e puntuale valutazione volta ad accertare, caso per caso, se sussista in concreto un effettiva lesione dei diritti della parte offesa tutelati dalla norma incriminatrice, rischiandosi, altrimenti, di far trascendere l ambito di applicazione della sanzione penale oltre i necessari e naturali limiti riservati dal legislatore (nell opera di perimetrazione della fattispecie penale in esame, la Suprema Corte ha di recente affermato che affinché sussista il reato di maltrattamenti in famiglia occorre che sia accertata una condotta abitualmente lesiva della integrità fisica e del patrimonio morale della persona offesa, che, a causa di ciò, versa in una condizione di sofferenza, precisando che il reato non è perfezionato nel caso in cui il soggetto passivo non ne è stato intimorito, ma solo scosso, esasperato o caricato emotivamente, Cass., , n , nel caso di specie, inoltre, non è stata raggiunta la prova dell abitualità della condotta lesiva del soggetto attivo, che in un arco di tempo di tre anni aveva dato luogo ad alcuni limitati episodi di ingiurie, minacce e percosse ). Il reato di cui all art. 572 c.p. è, come accennato, a forma libera e può essere integrato non soltanto da condotte commissive, ma anche da condotte omissive. Ciò implica che può rientrare tra le condotte omissive idonee a integrare il reato de quo la condotta della persona che costantemente si disinteressi del minore affidato alle sue cure e alla sua vigilanza (Cass , n. 3419) L interesse tutelato Si ritiene che il reato sussista ogniqualvolta la condotta del reo attenti alla libertà e dignità umana creando deliberatamente sentimenti di paura, d angoscia e d inferiorità nella vittima. Dunque, l oggetto della tutela apprestata dall art. 572 c.p. non è solo l interesse dello Stato a salvaguardare la famiglia (pur intesa in senso lato) come lascerebbe intendere la collocazione sistematica 326

3 Lezione P6. Il delitto di maltrattamenti della norma incriminatrice, ma è anche, più specificamente, l interesse del soggetto passivo al rispetto della sua personalità nello svolgimento di un rapporto fondato su vincoli familiari o sull autorità o su specifiche ragioni di affidamento che lo legano a una persona in posizione di preminenza ovvero, se si tratta di infraquattordicenne, anche nell ambito di un semplice rapporto di frequentazione comunque instaurato con l agente (Cass., Sez. VI, , n. 3419, cit.). A fronte di questa prima impostazione, c è un altra parte della dottrina e della giurisprudenza che vede nell integrità psicofisica del soggetto passivo il bene giuridico protetto (in giurisprudenza, Cass. 9 gennaio 1992; Cass. 16 ottobre 1990). Si tratta, in ogni caso, di interessi sottesi a beni c.d. comprimibili, caratterizzati dalla suscettibilità a subire una lesione protratta nel tempo. Infatti, nella nozione di maltrattamenti rientrano i fatti lesivi dell integrità fisica e del patrimonio morale del soggetto passivo, che rendano abitualmente dolorose le relazioni familiari, e manifestantisi mediante le sofferenze morali che determinano uno stato di avvilimento o con atti o parole che offendono il decoro e la dignità della persona ovvero con violenze capaci di produrre sensazioni dolorose. ancorché tali da non lasciare traccia. A tal fine ciò che rileva è l abitualità della condotta, che caratterizza e unifica i diversi atti vessatori, avvinti nel loro svolgimento, da un unica intenzione criminosa di ledere l integrità fisica o il patrimonio morale del soggetto passivo La materialità del reato di maltrattamenti Il reato abituale di maltrattamenti, come si è detto, si caratterizza per la sussistenza di una serie di fatti, per lo più commissivi, ma anche omissivi, i quali isolatamente considerati potrebbero costituire reato (ingiurie, percosse o lesioni lievi o lievissime, comunque procedibili solo a querela) ovvero potrebbero non costituire reato (atti di infedeltà, di umiliazione generica, vessazioni, procurata angoscia ecc.) ma acquistano rilevanza penale per effetto della loro reiterazione nel tempo. La fattispecie di cui all art. 572 c.p. si perfeziona allorché si realizza un minimo di tali condotte (delittuose o meno) collegate da un nesso di abitualità. La condotta abituale illecita, oltre a presentarsi libera nelle forme di manifestazione, può essere caratterizzata da periodi di normalità 327

4 lezioni e sentenze di diritto penale parte speciale durante i quali non vi sia lesione del bene protetto (Cass , n ; Cass ). Del resto, proprio l individuazione, nell ambito di svolgimento della condotta, di periodi nei quali il bene giuridico protetto non subisce una lesione immediata, consente di distinguere il reato abituale da quello permanente (nel quale, invece, l interesse protetto viene leso con continuità, senza interruzioni, per tutta la protrazione della condotta). È significativa sul punto l immagine, proposta in dottrina (MANTOVANI), per la quale mentre il reato permanente si presenterebbe, visivamente, come una linea continua priva di interruzioni, il reato abituale andrebbe immaginato come una teoria di segmenti, separati ed in rapida successione tra loro. Il delitto di maltrattamenti dunque, quale reato abituale, non resta escluso se nel tempo considerato vi siano parentesi di normalità nella condotta dell agente e di accordo con i familiari. Un intervallo di tempo tra una serie e l altra di episodi lesivi della integrità fisica o morale del soggetto passivo non fa venir meno l esistenza del reato, ma può dar luogo, come per ogni reato a condotta plurima, alla continuazione (in questi casi, normalmente, il momento di separazione tra le due condotte integranti le fattispecie in continuazione è costituito da un fatto esterno (si pensi all arresto o alla condanna del reo per lo stesso reato); diversamente potrebbe apparire arbitrario separare in due una condotta che, per le peculiarità sue proprie, continuerebbe a manifestarsi in modo unitario). Il reato di maltrattamenti in famiglia configura un ipotesi di reato necessariamente abituale, per il quale la reiterazione nel tempo delle azioni e delle omissioni offensive costituisce presupposto costitutivo ed imprescindibile della fattispecie. E ciò perché i fatti singolarmente lesivi dell integrità fisica o psichica del soggetto passivo - i quali tra l altro, come si è detto, non necessariamente configurano, singolarmente considerati, ipotesi di reato - solo se valutati nel loro complesso si traducono in una condotta di sopraffazione sistematica e programmata tale da rendere la convivenza particolarmente dolorosa, rilevante ai fini dell integrazione della fattispecie (cfr. Cass , n , per cui comportamenti volgari, irriguardosi e umilianti, caratterizzati da una serie indeterminata di aggressioni verbali ed ingiuriose abitualmente poste in essere dall imputato nei confronti del coniuge, possono configurare il reato di maltrattamenti quando essi realizzino un regime di vita avvilente e mortificante (nella specie la Corte ha ritenuto che le condotte del marito evidenziavano l esistenza di un programma criminoso diretto a ledere l integrità 328

5 Lezione P6. Il delitto di maltrattamenti morale della moglie, perché valutate unitariamente evidenziavano l esistenza di una volontà finalizzata a rendere disagevole e, per quanto possibile, penosa l esistenza del coniuge, tanto da costringerla a cercare riparo attraverso i figli) Il fenomeno del c.d. mobbing La previsione normativa di cui all art. 572 c.p. proprio perché apparentemente allargata anche a contesti estranei all ambito familiare [Chiunque, maltratta..., o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l esercizio di una professione o di un arte...], è stata richiamata per apprestare tutela penale a figure particolari, come il c.d. mobbing. Con tale locuzione si individuano i comportamenti violenti e/o vessatori che si verificano sul posto di lavoro attraverso atti, parole, gesti, scritti vessatori, persecutori, intenzionali, che arrecano offesa alla dignità ed all integrità psico-fisica di una persona, fino a metterne in pericolo l impiego o degradare il clima aziendale. Nella prassi, si è soliti distinguere tra un mobbing c.d. gerarchico ed un mobbing c.d. ambientale, laddove, nel primo caso, gli abusi sono commessi dai superiori gerarchici della vittima, la quale viene destinata a mansioni chiaramente punitive o particolarmente umilianti; nel secondo caso, le prevaricazioni sono poste in essere agli stessi colleghi della vittima, i quali, di fatto, tendono ad isolarla dal contesto lavorativo, a privarla apertamente dell ordinaria collaborazione, dell usuale dialogo e del rispetto. Nonostante gli ampi sforzi della giurisprudenza penalistica tesi a delineare gli elementi caratterizzanti questa fattispecie, allo stato molteplici sono ancora le difficoltà di inquadrare in una precisa figura incriminatrice quelle condotte che, sotto il profilo fattuale, si pongono in pregiudizio dei diritti costituzionali sopra richiamati. Gli atti vessatori commessi sul posto di lavoro in danno del lavoratore possono, a seconda della natura e dell intensità, integrare, a seconda dei casi, il reato di minaccia (art. 612 c.p.), di atti persecutori (art. 612-bis c.p., altra fattispecie abituale), di molestia (art. 660 c.p.), di violenza privata (art. 610 c.p.), di ingiuria (art. 594 c.p.) ovvero di maltrattamenti (art. 572 c.p.) e, nei casi più gravi, di percosse (art. 581 c.p.) o lesioni (art. 582 c.p.). Dipende dall atteggiarsi in concreto 329

6 lezioni e sentenze di diritto penale parte speciale del comportamento mobbizzante, sicché non si può ritenere che il reato di maltrattamenti sia l unica fattispecie penale idonea a sanzionare siffatti comportamenti (si veda, Cass. del 21 dicembre 2010, n , che, nel caso esaminato, ha ritenuto che la condotta vessatoria e denigratoria, con atti moralmente violenti e psicologicamente minacciosi, del capo-officina verso il lavoratore, integrasse il reato di violenza privata e non di maltrattamenti in famiglia poiché mancava lo stato di particolare soggezione morale e psicologica). Al riguardo, va segnalato che secondo un certo indirizzo le pratiche persecutorie realizzate ai danni del lavoratore dipendente e finalizzate alla sua emarginazione (c.d. mobbing ) possono integrare il delitto di maltrattamenti in famiglia esclusivamente qualora il rapporto tra il datore di lavoro e il dipendente assuma natura parafamiliare, in quanto caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell altra, dalla fiducia riposta dal soggetto più debole del rapporto in quello che ricopre la posizione di supremazia: non a caso l art. 572 c.p. è rubricato maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli (Cass. 22 novembre 2011, n ; 13 gennaio 2011, n. 685; Cass., Sez. VI, 26 giugno 2009, n ; in senso sostanzialmente analogo, Trib. Milano, Gup, , per cui la caratteristica fondamentale del reato di cui all art. 572 c.p. è quella di reprimere non la generica discriminazione contro il lavoratore dipendente, né tantomeno la sistematica violazione dei doveri contrattuali di rispetto della sua integrità fisica e morale, ma lo stravolgimento di un peculiare rapporto personale fra superiore e un subordinato, in un ambito che per dimensioni e rapporti di quotidianità può essere assimilato ad una famiglia, sicché il bene giuridico tutelato dall art. 572 c.p.... è ben più corposo e delicato della sola, anche se grave, violazione dei doveri contrattuali verso il dipendente e per questo motivo non può essere ravvisato nelle aziende di grandi dimensioni in cui il lavoratore presta, sostanzialmente, solo il suo tempo e le sue capacità intellettuali e fisiche ad un soggetto impersonale, ad una organizzazione complessa e articolata ). Stando ad una diversa impostazione, si prescinde dalla necessità che sussista un rapporto para-familiare. Si ritiene infatti che, in tema di reato di maltrattamenti, rientra nel rapporto d autorità di cui all art. 572 c.p. il rapporto intersoggettivo che si instaura tra datore di lavoro e lavoratore subordinato in quanto caratterizzato dal potere direttivo e disciplinare continuativo che la legge attribuisce al primo 330

7 Lezione P6. Il delitto di maltrattamenti nei confronti del secondo (cfr. Cass. 7 luglio 2008, n ; Cass. 29 agosto 2007, n , per cui è legittima la decisione con cui il G.u.p. dichiara non luogo a procedere in ordine al reato di lesioni personali volontarie aggravate dovute ad un alterazione del tono dell umore di un insegnante, riconducibile, secondo la prospettazione accusatoria, ad una condotta di mobbing posta in essere dal preside dell istituto, senza specificare i singoli atti lesivi e causativi di tale malattia, considerato che il fenomeno evocato presuppone una mirata reiterazione di plurimi atteggiamenti convergenti nell esprimere ostilità verso la vittima e preordinati a mortificare e a isolare il dipendente nell ambiente di lavoro; d altra parte, tale fenomeno, così come definito, appare più prossimo alla fattispecie di cui all art. 572 c.p. (maltrattamenti commessi da soggetto investito di autorità), la cui integrazione richiede, comunque, la ravvisabilità dei parametri di frequenza e durata nel tempo delle azioni ostili al fine di valutarne il complessivo carattere persecutorio e discriminatorio (nella specie non compiutamente contestati; Cass. 12 marzo 2001, n , per cui integra il delitto di maltrattamenti previsto dall art. 572 cod. pen., e non invece quello di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina (art. 571 cod. pen.), la condotta del datore di lavoro e dei suoi preposti che, nell ambito del rapporto di lavoro subordinato, abbiano posto in essere atti volontari, idonei a produrre uno stato di abituale sofferenza fisica e morale nei dipendenti, quando la finalità perseguita dagli agenti non sia la loro punizione per episodi censurabili ma lo sfruttamento degli stessi per motivi di lucro personale (fattispecie relativa a un datore di lavoro e al suo preposto che, in concorso fra loro, avevano sottoposto i propri subordinati a varie vessazioni, accompagnate da minacce di licenziamento e di mancato pagamento delle retribuzioni pattuite, corrisposte su libretti di risparmio intestati ai lavoratori ma tenuti dal datore di lavoro, al fine di costringerli a sopportare ritmi di lavoro intensissimi). 2. Il rapporto con i reati che possono comporre o aggravare il reato di maltrattamenti Assai rilevante ai fini della configurazione di un concorso apparente tra norme ovvero di un concorso di reati, appare il rapporto tra reato abituale e le singole fattispecie che ne costituiscono la struttura. Infatti, qualora, i singoli fatti configurino, autonomamente con- 331

8 lezioni e sentenze di diritto penale parte speciale siderati, ipotesi di reato, onde stabilire se vi sia concorso apparente tra norme o assorbimento nel reato di maltrattamenti ovvero ricorra l ipotesi del concorso di reati, bisogna avere riguardo alla struttura dei diversi reati, al peculiare elemento psicologico ed ai beni giuridici tutelati dalle norme incriminatici. A tale riguardo, in giurisprudenza si afferma che per la configurabilità del concorso apparente di norme (e la conseguente individuazione dell unica norma incriminatrice applicabile alla fattispecie), sarebbe sufficiente l identità del bene tutelato dalle diverse norme sanzionatrici, che quindi devono disciplinare tutte la stessa materia, secondo la locuzione utilizzata dall art. 15 c.p., che va intesa, non come identità della condotta, ma come identità del bene tutelato. Da queste premesse, esemplificando, non vi è concorso tra il reato di maltrattamenti e quelli di ingiuria, percosse e minacce in cui si concretano eventualmente i singoli atti di maltrattamento, trattandosi di condotte che offendono tutte lo stesso bene giuridico, ossia l integrità psicofisica del soggetto passivo, sicché le percosse, le minacce e le ingiurie restano assorbite nei maltrattamenti. Seguendo tale ragionamento la Suprema Corte (anche precedentemente alla decisione in commento) ha sostenuto che il reato di maltrattamenti in famiglia assorbe i delitti di percosse e minacce, anche gravi, sempre che tali comportamenti siano stati contestati come finalizzati al maltrattamento (Cass , n, 22790; Cass , n. 7043). Tuttavia, se si ritiene che il bene protetto dal comportamento complessivamente considerato sia la personalità dell individuo, si dovrebbe concludere per la sussistenza di un concorso reale di reati, poiché il singolo atto (percossa, ingiuria o minaccia) lede il diverso bene costituito dall integrità psicofisica. A ben vedere, per quanto riguarda le percosse, a prescindere dal bene giuridico protetto, è lo stesso legislatore a statuire che se la legge prevede la violenza come elemento costitutivo di un altro reato (nel nostro caso implicito) non si applica la norma che sanziona le percosse (cfr. art. 581, co. 2, c.p.). Se ciò è vero per la violenza fisica, si è sostenuto, a maggior ragione vale per la violenza verbale che si concreta in ingiurie o minacce, anche in considerazione della pena lieve prevista per tali reati (tra le altre, Cass e Cass ). Per quanto riguarda i reati che, ai sensi del secondo comma dell art. 572 c.p., aggravano il reato di maltrattamenti, ossia la 332

9 Lezione P6. Il delitto di maltrattamenti morte e le lesioni, se queste sono una conseguenza voluta dei maltrattamenti o l autore abbia accettato il rischio del loro verificarsi, concorreranno con il reato di maltrattamenti. Se, invece, sono una conseguenza non voluta determineranno solo un aumento di pena come previsto dall art. 571 c.p. Controversa è la natura di tali situazioni. Si discute invero se si tratti di circostanze aggravanti speciali, proprie cioè del delitto di maltrattamenti, ovvero di autonomi reati aggravati o qualificati dall evento (seguendo un impostazione sostanzialmente analoga, c è chi annovera la fattispecie di cui al secondo comma dell art. 571 c.p. nella categoria dogmatica dei delitti aggravati o qualificati dall evento e si interroga sulla sua natura: reato circostanziato (il che è dire che la morte o le lesioni sono circostanze aggravanti speciali) oppure figure autonome di reato). Tale questione, com è noto, assume rilevanza al fine dell operatività o meno del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all art. 69 c.p. Invero, accogliendo la prima tesi l evento che aggrava la pena, morte o lesioni, potrebbe essere eliso nel concorso con eventuali circostanze attenuanti, con la conseguenza che si applicherà la pena di cui al primo comma prevista per il reato base. Alla luce del regime di imputazione soggettiva delle circostanze aggravanti di cui all art. 59 c.p., qualora di acceda alla tesi della natura di reato circostanziato, e, alla luce del principio di colpevolezza (consacrato come principio di rango costituzionale dal giudice delle leggi, v., per prima, C. Cost 364/1988 e la successiva n. 1085/1988, per le quali gli elementi significativi della fattispecie devono essere posti a carico dell agente quantomeno a titolo di colpa, pena l incostituzionalità della norma incriminatrice) qualora si acceda alla tesi del reato autonomo, in cui la morte o le lesioni assumono la consistenza di evento, il nesso tra la condotta di maltrattamenti e la morte o le lesioni non può comunque esaurirsi solo sul piano oggettivo della causalità, dovendosi accertare, per applicare la pena più grave prevista dal secondo comma, in ogni caso che il verificarsi delle predette conseguenze era prevedibile da parte dell autore dei maltrattamenti, tenendo conto di tutte le circostanze in cui si è svolto il fatto concreto (cfr. Cass., Sez. VI, 18 marzo 2008, n che, aderendo alla tesi del reato circostanziato, assume che Anche in questo caso, in cui si tratta di accertare la sussistenza di un delitto aggravato dall evento morte per suicidio, si pone il problema della compatibilità con il principio di colpevolezza, così come deline- 333

10 lezioni e sentenze di diritto penale parte speciale ato dalla giurisprudenza costituzionale (Corte cost. n. 364/1988; n. 1085/1988) e dalla più attenta dottrina, per cui l evento ulteriore accollato all agente deve necessariamente ancorarsi a un coefficiente di prevedibilità concreta del rischio derivante dalla consumazione del reato base. In sostanza, per attribuire l evento più grave e non voluto al soggetto agente deve necessariamente postularsi la sua colpevolezza, altrimenti si rischia di incorrere nel divieto della responsabilità oggettiva statuito dall art. 27 Cost. commi 1 e 3. D altra parte, un differente approccio che prescindesse dalla verifica della prevedibilità dell evento non voluto e che, quindi, accettasse l ipotesi di una forma di responsabilità oggettiva, finirebbe per mettersi in aperto contrasto con il regime di imputazione soggettiva delle circostanze aggravanti previsto dall art. 59 c.p., comma 2, come modificato dalla L. 7 febbraio 1990, n. 3, art. 11. Il legislatore con questa riforma ha compiuto una scelta fondamentale, che porta ad escludere che per la operatività delle circostanze sia sufficiente la loro obiettiva esistenza, ritenendo invece necessaria l esistenza di un coefficiente psicologico di imputazione all autore, seppure richiedendo un legame meno intenso rispetto a quello necessario per gli elementi essenziali del reato ). Menzione a parte occorre fare per le lesioni comuni (lievi o lievissime). Secondo la dottrina maggioritaria e la giurisprudenza, in considerazione del fatto che al secondo comma dell art. 572 c.p. il legislatore ha regolato solo gli eventi ulteriori morte e lesioni gravi o gravissime, le lesioni comuni involontarie sono state considerate come conseguenza normale dei maltrattamenti e perciò vanno in questo delitti assorbite (Cass e Cass ). Per quanto riguarda invece le lesioni comuni volontarie non c è dubbio che concorrano con il delitto di maltrattamenti, agendo il soggetto non solo con l intenzione di maltrattare, ma anche di ledere la vittima. Del resto, non esiste una norma analoga alle percosse, ossia l art. 581, co. 2, c.p. che preveda l assorbimento delle più gravi lesioni comuni. 3. I Rapporti con reati diversi da quelli che possono comporre o aggravare il reato di maltrattamenti Studiati i rapporti con i reati che possono comporre o aggravare il reato di maltrattamenti, secondo quella che è la formulazione 334

11 Lezione P6. Il delitto di maltrattamenti dell art. 572 c.p., si rende opportuno un esame del rapporto tra il reato di maltrattamenti ed i reati che esulano dalla sua struttura Il rapporto con il reato di abuso di mezzi di correzione Il reato di abuso di mezzi di correzione (art. 571 c.p.) ed il reato di maltrattamenti in famiglia, per come formulati, presentano numerosi punti di contatto, tant è che non è sempre agevole stabilire se alcune condotte prevaricatrici debbano essere ricondotte nell una ovvero nell altra ipotesi delittuosa. Del resto, è lo stesso legislatore che avverte l esigenza di tenerle distinte prevedendo all art. 572 c.p. una clausola di riserva specifica ( fuori dei casi indicati nell articolo precedente ). In un primo momento, parte della dottrina e della giurisprudenza intendeva tale clausola nel senso che i maltrattamenti inflitti con il fine di correggere trovassero dimora nell art. 571 c.p., ritenendo che spartiacque tra le due fattispecie fosse solo l elemento soggettivo e cioè l animus corrigendi. Dunque, se la condotta reiterata di maltrattamenti era supportata da uno scopo correttivo o disciplinare, coloro che aderivano a questo indirizzo, ritenevano sussistere il meno grave reato di abuso dei mezzi di correzione. Negli ultimi anni è definitivamente prevalso l orientamento per cui la diversità tra i due reati risiede principalmente sul piano oggettivo, nel senso che si deve aver riguardo in primis alle modalità della condotta ed, in particolare, alle qualità del preteso mezzo correttivo o disciplinare impiegato e solo in un secondo momento all elemento soggettivo. Pertanto, se il mezzo correttivo o disciplinare impiegato non è lecito, si è sempre in presenza di un atto di maltrattamenti, se invece il mezzo correttivo o disciplinare impiegato è lecito, solo in questo caso occorrerà distinguere avendo riguardo all elemento psicologico: se l abuso del mezzo lecito è sorretto dall animus corrigendi ricorrerà il reato di cui all art. 571 c.p., mentre se l abuso del mezzo lecito è accompagnato dal dolo (unitario) di maltrattare, anche eventualmente in aggiunta all animus corrigendi, ricorrerà il reato di cui all art. 572 c.p. (cfr., tra le altre, Cass , n ; Cass., Sez. VI, , n ; Cass., Sez. VI, , n , per cui ai fini della distinzione tra il delitto di maltrattamenti (art. 572 c.p.) e quello di abuso di mezzi di correzione (art. 571 c.p.) non rileva 335

12 lezioni e sentenze di diritto penale parte speciale la finalità avuta di mira dal reo, sicché non importa se questi abbia agito per scopi ritenuti educativi; quel che rileva è unicamente la natura oggettiva della condotta, sicché non è configurabile il meno grave reato di abuso di mezzi di correzione quando i mezzi adoperati siano oggettivamente non compatibili con l attività educativa, come nel caso di percosse e maltrattamenti fisici e psicologici). Alla luce della giurisprudenza prevalsa negli ultimi anni in tema di differenza tra abuso dei mezzi di correzione e maltrattamenti, ciò che, allora, assume rilievo è il carattere abusivo o meno del mezzo correttivo utilizzato. Al riguardo, ormai da tempo la Suprema Corte ritiene che sono mezzi di correzione solo quelli che per loro natura sono a ciò destinati (rimproveri, punizioni o privazioni) e che non implicano il ricorso alla violenza fisica (come pugni, schiaffi, percorse con la verga o con la cintola ecc.; cfr. Cass ; Cass ). Ovviamente qualora la condotta violenta tenda volontariamente a provocare lesioni non ricorrerà l aggravante di cui al secondo comma dell art. 572 c.p. ma vi sarà un concorso tra il reato di maltrattamenti e quello di lesioni (tra le altre, Cass ; Cass , con riferimento alle lesioni lievi o lievissime che come quelle gravi o gravissime, le sole richiamate nel secondo comma, concorrono con i maltrattamenti se conseguenze volute, mentre restano assorbite nel reato di maltrattamenti se non volute, a differenza di quelle gravi o gravissime volute che, come detto, costituiscono un aggravante speciale dei maltrattamenti; in questo senso è anche la dottrina prevalente). Tale orientamento è in linea con i principi sanciti dalla Carta costituzionale in tema di famiglia, con il diritto di famiglia riformato, che pone al centro come individui da tutelare autonomamente i singoli componenti della famiglia stessa, e con i dettami della Convenzione di New York del sui diritti del fanciullo Il rapporto con il reato di atti persecutori E a tutti noto che l art. 7 co. 1 d.lgs. n. 11/2009 ha introdotto nel codice penale l art. 612-bis (rubricato Atti persecutori ) che prevede un delitto volto a punire quel fenomeno che va sotto il nome di stalking. Con tale terminologia (derivante dall inglese to stalk che letteralmente significa fare la posta ) si suole alludere a condotte di in- 336

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