Lezione 6 29 ottobre. Mutamenti fonetici

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1 Lezione 6 29 ottobre Mutamenti fonetici I mutamenti fonetici regolari : gli esiti italiani delle vocali latine Le vocali latine possono essere lunghe o brevi. La norma generale è che le vocali lunghe sono stabili (e quindi danno in italiano la vocale corrispondente, es.: vēntus dà vento ) ); quelle brevi subiscono mutamenti, che ora analizzeremo; i dittonghi si chiudono e danno come esito una vocale semplice. In particolare: e breve ha come esito il dittongo /ie/ in sillaba aperta accentata. pĕdem piede vĕnis vieni pĕtra pietra u breve ha come esito /o/, soprattutto in finale di parola: - mŭrmŭràre -mormorare - mòdŭm modo - amicŭm amico Si spiega in questo modo il finale in o del singolare di molti nomi maschili. i breve ha come esito /e/ in sillaba aperta accentata. - vĭrginem vergine - vĭridem verde - sĭgnum segno o breve ha come esito il dittongo /uo/ in sillaba aperta accentata. - nŏvum nuovo - rŏta ruota - cŏr cuore i dittonghi /ae/ e /oe/ hanno come esito la vocale semplice /e/. - poena pena - praeda preda il dittongo /au/ ha come esito la vocale semplice /o/ - aurum oro - taurum toro - gaudere godere talora la vocale breve postonica (dopo l accento) cade. Tale fenomeno si chiama sincope. - vĭridem verde la vocale /i/ palatalizza, cioè diventa /g/, quando è seguita da vocale: la vocale i, come anche la u, è definita una semivocale, perché il suo suono, seguito da un altra vocale (ad esempio nella parola aiuto ), assume caratteristiche consonantiche, nel senso che la lingua si avvicina molto al palato, così da formare un suono molto vicino a g, in giardino : - iocus gioco - iustitia -giustizia - iam -già Ipotizza gli esiti italiani delle seguenti parole latine e individua le trasformazioni fonetiche subite.

2 Fǔndus, aurum, praesidium, cŭltus, cĭnerem, laetus, caelum, dŭlcem, iniuria, aetas, fĕra, pĭrum, dĕcem, aeternus; cǔlpa, dĭgnus, fŏcus, mǔltus, paucus, popǔlus, sĭlva, iǔgum. I mutamenti fonetici regolari : gli esiti italiani delle consonanti latine Anche alcuni fenomeni fonetici relativi alle consonanti si ripetono con una certa regolarità. Il primo e più importante è la caduta delle consonanti alla fine della parola (in modo assolutamente costante). Questo fenomeno interessa soprattutto le /s/, le /m/, le /n/ e le /t/, che sono le consonanti presenti alla fine delle desinenze, sia verbali che nominali. Qualche esempio: tempus diventa tempo, signum diventa segno, lumen diventa lume, vĭdet diventa vede (la /i/ è breve! E infatti vīdit diventa vide, perché la /i/ è lunga), etc... Vediamo ora gli altri fenomeni, partendo da quelli che si manifestano con più regolarità: Il nesso /ti/ seguito da vocale diventa /zi/ se preceduto da vocale, /z/ se preceduto da consonante. - prudentia prudenza - iustitia giustizia Talora la /l/ intervocalica, seguita da /i/ + vocale diventa /gl/ e la /n/ intervocalica, seguita da /i/ + vocale diventa /gn/. E anche questo un fenomeno di palatalizzazione. Alcuni esempi - folium foglio - consilium consiglio - ingenium ingegno I nessi /pl/, /fl/, /cl/, /gl/ hanno come esito /pi/, /fi/, /chi/, /ghi/. - planus piano - florem fiore - claudo chiudo - glacies ghiaccio Altri fenomeni che possono verificarsi sono i seguenti: Talora le labiali /p/ e /b/ possono diventare /v/, la dentale sorda /t/ può diventare /d/ e la gutturale sorda /c/ può diventare /g/ quando sono intervocaliche. Tale fenomeno si chiama sonorizzazione. Qualche esempio: - ripa riva - habere avere - litus lido - locus luogo Due consonanti contigue differenti possono diventare uguali alla seconda. Tale fenomeno si chiama assimilazione. Alcuni esempi - somnum sonno - actum atto - voluptas voluttà

3 Le consonanti /r/ e /n/, se compaiono in due sillabe consecutive possono diversificarsi. Tale fenomeno si chiama dissimilazione. - armarium armadio - venenum veleno Talora una consonante raddoppia. Tale fenomeno si chiama geminazione. - nŏcĕo nuoccio - femina femmina - publicus pubblico Anche per le consonanti si può verificare il fenomeno della sincope: la /n/ cade davanti a /s/ e la /g/ cade se intervocalica - mensem mese - magistra maestra Ipotizza gli esiti italiani delle seguenti parole latine (sono presenti anche verbi) e individua tutte le trasformazioni fonetiche subite. flumen, planus, mensura, poena, militia, pectinem, pectus, clarus, pluma, flatus, columna, noctem, plenus, lectus, iocus, faba, fabula, facies, filium, crassus, conscientia, doctus, experientia, familia, diligentia, prudentia, sapientia, sententia, tabula, vinea, nŏcere, claudere, corrŭmpere, placere, laedere, percǔtere, iacere, scribere, possĭdere, vĭdere. Tradizione diretta e tradizione colta La lingua si trasmette in una tradizione continua di generazione in generazione da parte della comunità dei parlanti. Le forme dell italiano che derivano dal latino mediante questa tradizione sono definite di derivazione diretta; in esse sono intervenuti, nel corso dei secoli, i mutamenti fonetici cui abbiamo accennato prima. Come abbiamo visto precedentemente, però, il latino convisse per molti secoli accanto all italiano come lingua della cultura; in questo modo avvennero dei trasferimenti da una lingua all altra, secondo un procedimento che ricorda l inserzione di termini inglesi (appartenenti ad esempio al linguaggio dell informatica) nell italiano moderno. La derivazione di questo tipo viene definita derivazione colta. Le parole che derivano in questo modo non hanno subito, se non per un minimo adeguamento formale, variazioni fonetiche, perché il loro uso è stato sottratto all uso continuo dei parlanti. I mutamenti fonetici riguardano solo la tradizione diretta: ad es. da plumbum deriva per via diretta piombo (trattamento del nesso /pl/), mentre l aggettivo plumbeo è evidentemente di derivazione colta. Così plebem (che vuol dire popolo minuto ) ha dato pieve (qui subentra anche la trasformazione della /b/ intervocalica) per via popolare, e plebe per via colta.

4 Spesso, come in questo caso, i due termini si sono differenziati nel significato: la pieve è, in italiano, la parrocchia di campagna (il luogo dove il popolo si raccoglieva nell alto medioevo), mentre la plebe è il popolo, se viene connotato in termini dispregiativi. In latino questa connotazione negativa non c è, c era solo una caratterizzazione sociale: i plebei sono gli abitanti di Roma che non possono essere ascritti alle tre tribù originarie, e che hanno fatto molta fatica a vedere riconosciuti i loro diritti. Una volta però che tali diritti furono conquistati, in nulla più si distinguono plebei e patrizi. La divisione che subentra è tra l aristocrazia patrizio-plebea che detiene il potere su base censitaria (eminentemente il possesso della terra), e il popolo che non può concorrere in termini economici con i ricchi proprietari terrieri. Fai due liste delle seguenti parole, una per quelle di derivazione diretta, una per quelle di derivazione colta Pianeta, complanare, piano flatulenza, fiato, floreale, florido, fiorire, clausura, chiusura, platea, piazza, pievano, plebeo, platano, Pleiadi, plantare, pianta, pianificazione, verecondia, vergogna, famiglia, familiare, filiale, figliare, consiliare, consigliare, maestro, magistrale, magistero, maestrale, freddo, frigido, mese, mensile. Cerca su un dizionario etimologico le parole latine da cui sono derivate le seguenti parole italiane. Indica quale tipo di derivazione è intervenuto. Orecchio, auricolare, raziocinio, ragione, piuma, implume, frode, fraudolento, corsa, cursore, povertà, pauperismo. Lingua letteraria e sermo vulgaris Non dobbiamo pensare al latino come a un sistema linguistico omogeneo; in esso è infatti operante, soprattutto nel lessico, una notevole differenziazione in registri linguistici appropriati al contesto comunicativo. Un fenomeno simile si riscontra del resto anche nell italiano, come in tutte le lingue moderne (dove distinguiamo la lingua della burocrazia, dello sport, dell informatica, della politica). In particolare era piuttosto netta la distinzione tra la lingua colta, usata nella letteratura e nelle occasioni formali (come le sedute del senato o le arringhe giudiziarie) e la lingua familiare, o sermo vulgaris. Qualche esempio chiarirà l entità del fenomeno: Italiano Latino colto Latino familiare Cavallo Equus Caballus Bello Pulcher Bellus Agnello Agnus Agnellus Casa Domus Casa Risulta evidente che, poiché la comunità dei parlanti si serviva, nella comunicazione quotidiana, del sermo vulgaris, è questa varietà linguistica che, per derivazione diretta, si è evoluta nelle diverse

5 lingue romanze. Notiamo in particolare che il sermo vulgaris preferiva le forme diminutive (agnellus invece di agnus), e sono proprio queste che si sono evolute nelle parole italiane. Viceversa, la maggior parte delle parole che sono inserite nell italiano per derivazione colta appartiene al latino colto. Ad esempio, se cavallo deriva da caballus, da equus derivano equino, equitazione, che appartengono a un registro linguistico più formale. E ancora: casa deriva da casa, ma domicilio deriva da domus.

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