EFFETTO DIRETTO IN GENERALE

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1 L EFFETTO DIRETTO DELLE NORME DELL UNIONE PROF.SSA CELESTE PESCE

2 Indice 1 EFFETTO DIRETTO IN GENERALE L EFFETTO DIRETTO DELLE DIRETTIVE BIBLIOGRAFIA di 19

3 1 Effetto diretto in generale Occorre considerare il modo di essere e di operare degli atti comunitari all interno dei sistemi giuridici nazionali ed in particolare di quello italiano, vuoi sotto il profilo dell incidenza sulle posizioni giuridiche individuali, vuoi sotto il profilo della loro posizione rispetto alle norme nazionali. Al riguardo, rilevano i due caratteri fondamentali del diritto comunitario, che soprattutto ne qualificano il rapporto con il diritto nazionale: l effetto diretto e il primato 1. L effetto diretto risiede nell idoneità della norma comunitaria a creare diritti ed obblighi direttamente ed utilmente in capo ai singoli, non importa se persone fisiche o giuridiche, senza cioè che lo Stato eserciti quella funzione di diaframma che consiste nel porre in essere una qualche procedura formale per riversare sui singoli gli obblighi o i diritti prefigurati da norme «esterne» al sistema giuridico nazionale. In termini pratici, poi, l effetto diretto si risolve nella possibilità, per il singolo, di far valere direttamente dinanzi al giudice nazionale la posizione giuridica soggettiva vantata in forza della norma comunitaria; per l amministrazione, di far sì che il singolo adempia agli obblighi sanciti dalla norma comunitaria e/o goda direttamente e immediatamente dei diritti che quella norma gli attribuisce. Dell effetto diretto possono essere provviste le norme dei trattati o di un atto comunitario; nonché le disposizioni di accordi stipulati dalla Comunità con Paesi terzi e le decisioni degli organi così istituiti. Non sono mancati i tentativi di distinguere la nozione di effetto diretto da quella di applicabilità diretta. La prima, in particolare, rappresenterebbe l idoneità della norma comunitaria a creare in capo ai singoli diritti invocabili direttamente dinanzi al giudice nazionale. L applicabilità diretta, invece, costituirebbe una qualità di quegli atti, in particolare i regolamenti, le cui norme non richiedono, per produrre effetti, alcun provvedimento interno ulteriore. In altre parole, le due nozioni corrisponderebbero ad una diversità di accento: con l applicabilità diretta si rileva una qualità della norma, con l effetto diretto se ne coglie l incidenza sulla posizione giuridica del 1 Né l effetto diretto, né il primato sono caratteristiche esclusive del diritto comunitario, rinvenendosi anche nel diritto internazionale; la differenza è che nel diritto comunitario le norme provviste di effetto diretto o altrimenti denominate (self-executing è il termine più usato per le norme internazionali) sono molto più diffuse. La differenza più rilevante, inoltre, non è collegata alle qualità della norma, bensì alla conseguenza che si fa derivare dall effetto diretto della norma esterna sui poteri del giudice comune di risolvere il contrasto eventuale con una norma nazionale, contrasto che non sia possibile risolvere in via interpretativa. Ciò, peraltro, dipende più in generale dalla costruzione del rapporto tra l ordinamento nazionale e le norme esterne, come si dirà meglio nelle pagine che seguono. 3 di 19

4 singolo, che non è necessariamente il destinatario della norma. La distinzione, peraltro, non trova un reale riscontro nella giurisprudenza, che utilizza indifferentemente le due espressioni per designare le norme comunitarie che creano a vantaggio dei singoli posizioni giuridiche soggettive direttamente tutelabili in giudizio 2. D altra parte, si tratta di intendersi sulla sostanza, che si realizza quando la posizione giuridica di un soggetto è direttamente tributaria della norma comunitaria, sì che diventa secondario identificare questa situazione con questa o quella denominazione della norma: self-executing, direttamente applicabile, autoapplicativa, direttamente efficace o provvista di effetto diretto. Più rilevante è, piuttosto, individuare le conseguenze che ciascun ordinamento giuridico interno trae dalla caratteristica in questione nel costruire il rapporto con la norma e i poteri attribuiti al giudice nazionale per risolvere l eventuale conflitto. Dell effetto diretto sono provviste tutte le disposizioni comunitarie che siano sufficientemente chiare e precise e la cui applicazione non richieda l emanazione di ulteriori atti comunitari o nazionali, di esecuzione o comunque integrativi. Né è necessario, perché l effetto si produca in capo ai singoli, che la norma sia ad essi formalmente destinata. Possono infatti essere provviste di effetto diretto anche norme indirizzate agli Stati membri, in quanto ad essi impongono un obbligo di fare o di non fare, ma la cui osservanza si collega comunque ad un diritto del singolo. Ad esempio, sono provviste di effetto diretto quelle norme del Trattato che hanno scandito la realizzazione del mercato comune, imponendo agli Stati l abolizione degli ostacoli alla libera circolazione delle merci e delle persone, nonché dei capitali 3. Del resto, la giurisprudenza sull effetto diretto è nata proprio con riguardo ad una norma l art. 30 del TFUE (allora art. 12, poi 25 TCE) palesemente rivolta agli Stati membri, nella celebre sentenza Van Gend en Loos 4. La Corte, affermata l esigenza di verificare l idoneità della norma a 2 V. Kziber, C-18/90, sent. 31 gennaio 1991, Racc. p. I-199, punti 15, 19 e Corte cost., sent. 13 luglio 2007, n In senso contrario, da lasciare increduli, Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2005, n. 4207, in Foro it., 2008, III, c. 188, con riguardo agli artt. 49 e 63 TFUE (allora artt. 43 e 56 TCE), nonché al principio di non discriminazione in base alla nazionalità (art. 15TFUE, allora art. 12 TCE). 4 26/62, sent. 5 febbraio 1963, Racc. p. 1. Ricordiamo per comodità la originaria formulazione dell attuale art. 30 TFUE: «Gli Stati membri si astengono dall introdurre tra loro nuovi dazi doganali all importazione e all esportazione o tasse di effetto equivalente e dall aumentare quelli che applicano nei loro rapporti commerciali reciproci». A distanza di oltre un cinquantennio e con una giurisprudenza, comunitaria e nazionale, assolutamente consolidata ed univoca, l effetto diretto dell art. 30 non sorprende più nessuno, così come quello di altre norme che siano formulate allo stesso modo. All epoca, però, non erano molti ad intravedere, dietro una chiara obbligazione degli Stati e in particolare dietro l ipotesi della sua inosservanza, un diritto dei singoli che neppure sono menzionati nella norma, per giunta un diritto azionabile direttamente dinanzi al giudice nazionale. 4 di 19

5 produrre effetti diretti alla luce non solo del tenore letterale ma anche della sua finalità, rilevò in primo luogo che il Trattato non si è limitato alla creazione di obblighi reciproci degli Stati membri e che si è invece inteso realizzare «un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati hanno rinunziato, anche se in settori limitati, ai loro poteri sovrani, ordinamento che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri ma anche i loro cittadini». Ne consegue che i diritti attribuiti ai singoli dal diritto comunitario possono essere anche una «contropartita» di precisi obblighi imposti agli Stati membri o alle istituzioni comunitarie, nel senso che un divieto chiaro e incondizionato dello Stato corrisponde ad un diritto del singolo alla sua osservanza. In definitiva, il singolo può far valere questo diritto, che gli deriva dal diritto comunitario, davanti al giudice nazionale 5. È appena il caso di specificare che la norma comunitaria provvista di effetto diretto obbliga alla sua applicazione non soltanto il giudice ma tutti gli organi dell amministrazione nazionale, da quelli dello Stato centrale a quelli degli enti territoriali, quali la Regione e il Comune, anche in forza dell obbligo di leale collaborazione sancito dall art. 4, n. 3, del TUE. Come più volte hanno affermato sia la Corte di giustizia, sia la nostra Corte costituzionale, sarebbe contraddittorio, infatti, 5 Non manca nella sentenza in esame un richiamo al preambolo del Trattato, in cui sono menzionati i popoli, così come alla partecipazione dei singoli alle attività comunitarie attraverso il Parlamento ed altri organi rappresentativi, nonché al meccanismo del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, per l interpretazione delle norme comunitarie, da parte del giudice nazionale: con la deduzione che quelle norme possono essere invocate dai cittadini davanti ai giudici nazionali. Subito dopo, e come conseguenza naturale, la Corte rileva che «il diritto comunitario, indipendentemente dalle norme emananti dagli Stati membri, nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, attribuisce loro dei diritti soggettivi». E tali diritti dei singoli sussistono anche come «contropartita» dei precisi obblighi imposti ai singoli stessi, agli Stati membri o alle istituzioni comunitarie. Passando alla lettura dell art. 30 (ripetiamo, allora 12), la Corte rileva un divieto chiaro e incondizionato, cui non fa riscontro alcuna facoltà degli Stati di subordinarne l efficacia o la portata ad un provvedimento interno; dunque l art. 25 «è per sua natura perfettamente atto a produrre direttamente degli effetti sui rapporti giuridici intercorrenti fra gli Stati membri ed i loro amministrati». Di fronte, poi, all argomento che la mancata osservanza di un obbligo da parte dello Stato sarebbe comunque e sufficientemente sanzionata attraverso la procedura d infrazione che la Commissione può attivare contro lo Stato, la Corte risponde che, se le garanzie contro la violazione dell art. 30 fossero limitate alla procedura d infrazione, «i diritti individuali degli amministrati rimarrebbero privi di tutela giurisdizionale diretta»: dunque collega giustamente il livello sostanziale con quello processuale, ancorando significativamente il tema dell effetto diretto a quello della tutela giurisdizionale piena per i diritti vantati dai singoli in forza di norme comunitarie (ibidem). Successivamente, la Corte preciserà ancor meglio il rilievo in parola, cogliendo la differenza di oggetto, di scopo e di effetti tra la garanzia che si realizza con la procedura d infrazione e quella che invece il singolo può realizzare utilizzando meccanismi giurisdizionali più diretti a protezione dei propri diritti e rispetto ad un caso concreto (Molkerei Zentrale, 28/67, sent. 4 aprile 1968, Racc. p. 191). Nel senso, dopo aver ribadito che il Trattato ha istituito un ordinamento giuridico proprio, integrato con quello degli Stati membri, che «nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, il diritto comunitario è altresì volto a creare diritti che entrano a far parte del loro patrimonio giuridico; questi diritti sorgono non solo nei casi in cui il Trattato espressamente li menziona, ma anche in relazione agli obblighi che il medesimo impone in maniera ben definita ai singoli, agli Stati membri e alle istituzioni comunitarie», v. Courage e Crehan, C-453/99, sent. 20 settembre 2001, Racc. p. I-6297, punto di 19

6 ammettere che i singoli possano invocare dinanzi al giudice nazionale le norme comunitarie provviste di effetto diretto allo scopo di farne censurare la mancata applicazione da parte dell amministrazione e nello stesso tempo negare che la stessa amministrazione sia tenuta ad applicare quelle norme, all occorrenza, come vedremo anche meglio in seguito, disapplicando le norme nazionali confliggenti 6. La nozione di effetto diretto e la possibilità di rilevarne la presenza in numerose norme del Trattato così come negli atti comunitari hanno trovato ampio, continuo ed ormai incontestato riconoscimento nella giurisprudenza della Corte di giustizia e delle giurisdizioni nazionali. I requisiti richiesti sono sempre quelli individuati nella pronuncia appena richiamata sull art. 30 TFUE: la norma deve essere chiara, precisa e suscettibile di applicazione immediata, dunque non condizionata ad alcun provvedimento formale dell autorità nazionale 7. Tali caratteristiche possono essere presenti, oltre che beninteso nelle norme del Trattato, anzitutto nei regolamenti, che in principio regolano direttamente una fattispecie, senza che occorra alcun provvedimento ulteriore, salvo eccezioni espressamente prefigurate e facilmente identificabili 8. Ciò non vuol dire che le disposizioni di un regolamento siano tutte provviste dell effetto diretto. Un regolamento, infatti, può ben contenere una o più disposizioni che impongono o vietano un comportamento agli Stati membri, obbligandoli ad adottare le normative 6 Commissione c. Italia, 48/71, sent. 13 luglio 1972, Racc. p. 529, punto 7; Costanzo, 103/88, sent. 22 giugno 1989, Racc. p. 1839, punti 28-33; Commissione c. Italia, C-101/91, sent. 19 gennaio 1993, Racc. p. I-191, punto 24; Ciola, C- 224/97, sent. 29 aprile 1999, Racc. p. I-2517, punto 26 e seguenti; Larsy, C-118/00, sent. 28 giugno 2001, Racc. p. I- 5063, punti 52-53; Melgar, C-438/99, sent. 4 ottobre 2001, Racc. p. I-6915, punto 32; Consorzio Industrie Fiammiferi, C-198/01, sent. 9 settembre 2003, Racc. p. I-8055, punti Sul punto, nella giurisprudenza italiana, Corte cost., sent. 11 luglio 1989, n. 389; Corte cost., sent. 18 aprile 1991, n. 168; Corte cost., sent. 10 novembre 1994, n. 384 (sia pure incidentalmente); Cons. Stato, Sez. IV, 29 ottobre 1991, n. 864, in Cons. Stato 1991, I, 1481; Cons. Stato, sez. VI, 29 marzo 2001, n. 1872, in Rep. Foro Ital., voce Sanitario, 2001, n. 340; Cons. Stato, sez. VI, 23 maggio 2006, n. 3072, in Foro amm-cons. Stato, 2006, p. 1543; TAR Campania, sez. Salerno, 3 maggio 2001, n. 436; Cons. Stato, sez. II, parere 10 maggio 2000, n. 487/00, Min. Lavori pubblici, in Foro It. 2003, III, c. 289; TAR Veneto, 1 o giugno 2001, n. 1373; TAR Lazio, sez. III, 10 agosto 2001, n. 6985; A. Milano, 5 luglio 2005, in Giur. it., 2006, p. 541; Cass. 9 luglio 2004, n , in Foro it., 2004, I, c (secondo la quale, «il giudice italiano (al pari della pubblica amministrazione) è obbligato a non applicare la normativa nazionale contrastante con una direttiva comunitaria incondizionata e precisa.»). Per un caso di inerzia di una Regione quanto alla corretta trasposizione di una direttiva, inerzia considerata come inadempimento dello Stato, v. Commissione c. Italia, C-33/90, sent. 13 dicembre 1991, Racc. p. I-5987, punti Muller, 10/71, sent. 14 luglio 1971, Racc. p. 723; Van Duyn, 41/74, sent. 4 dicembre 1974, Racc. p. 1337; Defrenne I, 43/75, sent. 8 aprile 1976, Racc. p. 455; Ratti, 148/78, sent. 5 aprile 1979, Racc. p. 1629, punto 23; Becker, 8/81, sent. 19 gennaio 1982, Racc. p. 53, punto 25; Inter-Huiles, 172/82, sent. 10 marzo 1983, Racc. p. 555; Francovich, 6 e 9/90, sent. 19 novembre 1991, Racc. p. I-5357; Pfeiffer e a., C /01, sent. 5 ottobre 2004, punti 103 e Corte cost., sent. 26 ottobre 1995, n. 461; Cass., 22 luglio 1995, n. 8044, in Giust. civ. 1996, I, p di 19

7 diverse e ulteriori eventualmente necessarie per la sua attuazione 9. Se, come di regola si verifica, il regolamento è applicabile immediatamente ed è provvisto di effetto diretto, ogni ulteriore misura è superflua e non può in alcun modo condizionarne la piena efficacia. Ciò vale anche rispetto all indicazione espressa della copertura finanziaria, che in Italia è necessaria perché una qualsiasi legge o atto amministrativo possa ricevere concreta applicazione. Ad esempio, nel caso di un regolamento che prevedeva la corresponsione da parte dello Stato membro di un premio in denaro per l abbattimento di mucche da latte, rifiutato ad un allevatore con l argomento che non vi era stato un provvedimento interno di copertura finanziaria, la Corte ribadì che la norma era provvista di effetto diretto e doveva dunque ricevere immediata e corretta applicazione 10. Dell effetto diretto sono provviste poi le decisioni, sia quelle rivolte ai singoli, sia all occorrenza quelle rivolte ad uno Stato membro. Come si è già detto per una norma del Trattato che obbliga gli Stati, così non è affatto escluso che anche l obbligo imposto da una decisione ad uno Stato membro, quando quest ultimo non vi abbia correttamente adempiuto, determini in capo ai singoli una situazione giuridica soggettiva da far valere direttamente dinanzi al giudice nazionale. Nella giurisprudenza della Corte non è infatti mancato il rilievo che negare ai singoli la possibilità di far valere i diritti che da quell atto conseguono sarebbe incompatibile con la forza obbligatoria conferita dal Trattato alla decisione, anche se il comportamento è imposto ad uno o più Stati membri In tal caso, si pone il problema di sapere se, una volta dichiarata l incompatibilità di una normativa nazionale con un regolamento comunitario che non contiene la disciplina materiale e completa del rapporto, la posizione del singolo sia di totale libertà fino a quando non venga adottata una nuova normativa nazionale compatibile con il regolamento comunitario; oppure non vi può essere soluzione di continuità tra una normativa (pur incompatibile) e l altra (compatibile). Ciò assume rilievo soprattutto quando i comportamenti che interessano siano penalmente rilevanti. V. Kuhn, C-289/91, sent. 2 agosto 1993, Racc. p. I-4439; X, C-60/02, sent. 7 gennaio 2004, Racc. p. I-651, punto Leonesio, 93/71, sent. 17 maggio 1972, Racc. p. 287: «(...) detti regolamenti attribuiscono il diritto di esigere il pagamento del premio, senza che lo Stato membro possa invocare le proprie leggi e la propria prassi amministrativa per opporsi al pagamento» (punto 19). 11 Grad, 9/70, sent. 6 ottobre 1970, Racc. p. 825, punto 5. In Hansa Fleisch, C-156/91, sent. 10 novembre 1992, Racc. p. I-5567, si ribadisce che «sarebbe in contrasto con la forza obbligatoria attribuita dall art. 189 alla decisione l escludere, in generale, la possibilità che l obbligo da essa imposto sia fatto valere dagli eventuali interessati» (punto 12). Peraltro, il singolo può far valere la decisione solo quando lo Stato abbia omesso di applicarla o la applichi in modo erroneo ed alla scadenza del termine eventualmente concesso allo Stato per adempiere (punti 19-20). Sicuramente provvista di effetto diretto è ad esempio la decisione della Commissione che dichiara l incompatibilità di un aiuto statale ai sensi e per gli effetti degli artt. 107 e 108 TFUE. In senso opposto, quindi errato, Cons. Stato, sez. VI, 24 gennaio 1989, n. 30, in Foro Amm. 1989, p. 186; con approccio corretto, invece, Cons. Stato, sez. V, 6 aprile 1991, n. 452, in Cons. Stato, 1991, I, p. 659; nonché Cons. Stato, sez. V, 31 luglio 1991, n. 1074, ibidem, p. 1171; Cass., 28 ottobre 2005, n , in Fallimento, 2006, p. 1162; Cass., 10 novembre 2006, n , in Rep. Foro it., voce Unione 7 di 19

8 2 L effetto diretto delle direttive Più complesso è il problema dell effetto diretto quando si tratta delle disposizioni di una direttiva, cui la giurisprudenza ha pure attribuito tale qualità 12. Se è vero che questo atto si rivolge ad uno o più Stati membri, imponendo loro un risultato da realizzare nelle forme che sceglieranno, è vero anche, come si è già sottolineato, che nella prassi non mancano direttive che contengono disposizioni con le caratteristiche tipiche delle norme provviste di effetto diretto, cioè precise e non condizionate per la loro applicazione ad alcun intervento delle autorità nazionali. L ipotesi non va identificata in tutto e per tutto con quella delle direttive c.d. dettagliate o particolareggiate, che di fatto impongono uno specifico comportamento per realizzare certi obiettivi. In altri termini, non è che una direttiva sia provvista di effetto diretto in quanto dettagliata o particolareggiata, poiché a quel fine non rileva il grado di dettaglio, bensì che la norma non sia condizionata per la sua applicazione ad alcun atto delle autorità nazionali; tanto è vero che, come sopra accennato, anche le disposizioni dettagliate di un regolamento, ma che non abbiano queste caratteristiche, non sono provviste dell effetto diretto. Il problema si pone evidentemente solo per le ipotesi di mancata o non corretta o intempestiva attuazione di tali direttive, nel termine e con i provvedimenti nazionali prescritti 13. Nell ipotesi di attuazione corretta e puntuale, infatti, il problema degli eventuali effetti diretti della direttiva non si pone, dal momento che i singoli ne saranno comunque investiti attraverso i provvedimenti nazionali di attuazione 14, anche se in ogni caso la posizione giuridica dei singoli va già ancorata alla disposizione comunitaria, che costituisce anche la chiave di interpretazione delle norme nazionali 15. Invero, l attribuzione dell effetto diretto a determinate disposizioni contenute in direttive si europea e Consiglio d Europa, 2006, n Lo stesso è a dirsi per le raccomandazioni CECA: Busseni, C-221/88, sent. 22 febbraio 1990, Racc. p. I-495, punto Vaneetveld c. Le Foyer, C-316/93, sent. 3 marzo 1994, Racc. p. I-763, punto 16 e seguenti; Cass., 1 o febbraio 2000, n. 1099, in Nuova giur. civ. comm., 2001, p. 151; Cass., 1 o agosto 2001, n , in Corr. Giuridico, 2002, p Commissione c. Belgio, 102/79, sent. 6 maggio 1980, Racc. p. 1473; Becker, 8/81, sent. 19 gennaio 1982, Racc. p. 53; Felicitas, 270/ 81, sent. 15 luglio 1982, Racc. p. 2771, punti 23-26, conclusioni Slynn, p Felicitas, sopra citata ; Mazzalai, 111/75, sent. 20 maggio 1976, Racc. p. 657; Von Colson, 14/83, sent. 10 aprile 8 di 19

9 fonda sugli stessi argomenti utilizzati con riguardo a norme del Trattato rivolte agli Stati membri, ovvero: a) un preciso obbligo dello Stato ha come contropartita un diritto del singolo; b) l art. 288 TFUE non esclude che atti diversi dal regolamento producano gli stessi effetti; c) la portata dell obbligazione imposta allo Stato sarebbe ridotta se i singoli non ne potessero far valere l efficacia e i giudici nazionali non potessero prenderla in considerazione, com è confermato dal meccanismo del rinvio pregiudiziale 16. Ne consegue che, ancora una volta sulla base del criterio che vuole la sostanza prevalere sulla forma, occorre esaminare caso per caso «se la natura, lo spirito e la lettera della disposizione di cui trattasi consentano di riconoscerle efficacia immediata nei rapporti fra gli Stati membri e i singoli» 17. Ciò vuol dire che anche le disposizioni di una direttiva sono provviste di effetto diretto quando hanno un contenuto precettivo sufficientemente chiaro e preciso, tale da non essere condizionato se non formalmente ed a fini di certezza all emanazione di atti ulteriori 18. Peraltro, non si può trascurare un elemento che emerge con sufficiente chiarezza dalla prassi e cioè che l effetto diretto, più che essere costruito come una qualità intrinseca della direttiva, come sarebbe normale e come si verifica per le disposizioni del Trattato e per i regolamenti, risulta collegato ad un intento per così dire di tipo pedagogico, addirittura sanzionatorio, qual è quello di ovviare, per quanto possibile, alle negligenze e ai ritardi degli Stati membri nell adempimento puntuale e corretto degli obblighi loro imposti da una direttiva. In tale prospettiva, l effetto diretto è stato concepito ed in fatto è una vera e propria sanzione per gli Stati inadempienti, nella misura in cui attribuisce al giudice nazionale, eventualmente attraverso la cooperazione anche del giudice comunitario, il compito perché tacerlo, sostitutivo di quello del legislatore di realizzare 1984, Racc. p. 1891, punto Grad, sopra citata, punto 6; Ratti, sopra citata, punti Van Duyn, 41/74, sent. 4 dicembre 1974, Racc. p. 1337, punto Carpaneto Piacentino, 231/87 e 129/88, sent. 17 ottobre 1989, Racc. p. 3233, punto 30. In termini analoghi, cfr. CIA Security Int., C-194/94, sent. 30 aprile 1996, Racc. p. I-2201, punto 42; Fantask, C-188/95, sent. 2 dicembre 1997, Racc. p. I-6783, punto 54; Modelo, C-56/98, sent. 29 settembre 1999, Racc. p. I-6427, punto 33; Linneweber et Akritidis, C-453/02 e C-462/02, sent. 17 febbraio 2005, Racc. p. I V. anche, nel senso che «una norma comunitaria è incondizionata se sancisce un obbligo non soggetto ad alcuna condizione né subordinato, per quanto riguarda la sua osservanza o i suoi effetti, all emanazione di alcun atto delle istituzioni delle Comunità o degli Stati membri (...) una norma è sufficientemente precisa per poter essere invocata da un singolo ed applicata dal giudice allorché sancisce un obbligo in termini non equivoci», Regione Lombardia, C-236/92, sent. 23 febbraio 1994, Racc. p. I-483, punti Numerose sono poi le pronunce di giudici italiani; fra le tante, Cons. Stato, sez. VI, 14 aprile 2008, n. 1596, in Foro amm.-cons.stato, 2008, p. 1193; TAR Lazio, 9 novembre 1988, in Foro amm., 1989, p. 2450; TAR Umbria, 31 maggio 2007, n. 472, in Foro amm.-tar, 2007, p. 2367; Cass., 20 marzo 1996, n. 2369, in Foro it. 1996, I, c. 1665; Cass., 25 febbraio 2004, n. 3762, in Rep. Foro it., voce Unione europea e Consiglio d Europa, 2004, n. 1130; Cass., 9 agosto 2006, n , in Giust. civ., 2006, I, p di 19

10 comunque lo scopo della direttiva in funzione della tutela delle posizioni giuridiche individuali in ipotesi lese dal comportamento dello Stato. Ciò è ben evidente nelle concrete implicazioni dell effetto diretto attribuito a disposizioni di una direttiva, sulle quali è opportuno soffermarsi. Le disposizioni provviste di effetto diretto di una direttiva non tempestivamente o non correttamente trasposta possono essere fatte valere dal singolo solo nei confronti dello Stato e non anche di altri individui, proprio in quanto il fondamento di tale effetto è stato ricondotto non ad una qualità intrinseca dell atto, quanto all esigenza di impedire che lo Stato inadempiente possa opporre ai singoli, giovandosene, il proprio inadempimento rispetto a norme fondamentali del Trattato (artt. 4, n. 3, TUE e 288 TFUE). Tale limitazione è comunemente definita con l espressione effetto diretto verticale, che vale a sottolineare la invocabilità della direttiva da parte dei singoli solo nei confronti dello Stato. La giurisprudenza della Corte ha poi progressivamente precisato la nozione di effetto diretto verticale delle disposizioni di una direttiva, dandogli la maggiore ampiezza possibile: ad esempio, riconoscendo l invocabilità della direttiva nei confronti di enti territoriali 19, di autorità incaricate di mantenere l ordine pubblico anche se indipendenti dallo Stato, di autorità che offrono servizi sanitari pubblici 20 ; e più in generale nei confronti di ogni «organismo che, indipendentemente dalla sua forma giuridica, sia stato incaricato, con un atto della pubblica autorità, di prestare, sotto il controllo di quest ultima, un servizio di interesse pubblico e che dispone a questo scopo di poteri che eccedono i limiti di quelli risultanti dalle norme che si applicano nei rapporti fra singoli» 21. La stessa giurisprudenza ha invece escluso l effetto diretto orizzontale delle disposizioni di una direttiva, cioè la possibilità per il singolo di far valere la norma anche nei confronti di soggetti privati, siano essi persone fisiche o giuridiche 22. L argomento utilizzato dalla giurisprudenza 19 Costanzo, 103/88, sent. 22 giugno 1989, Racc. p Marshall I, 152/84, sent. 26 febbraio 1986, Racc. p Foster, C-188/89, sent. 12 luglio 1990, Racc. p. I-3313, punto 20; Collino e Chiappero c. Telecom Italia, C- 343/98, sent. 14 settembre 2000, Racc. p. I-6659, punto 23 (ivi anche la conferma che «gli amministrati, quando sono in grado di far valere una direttiva nei confronti dello Stato, possono farlo indipendentemente dalla veste nella quale questo agisce, come datore di lavoro o come pubblica autorità. In entrambi i casi è infatti opportuno evitare che lo Stato possa trarre vantaggio dalla sua inosservanza del diritto comunitario»: punto 22). La stessa formulazione si ritrova in Cass., 23 gennaio 2002, n. 752, in Giur. it., 2002, c V., in particolare, Faccini Dori, C-91/92, sent. 14 luglio 1994, Racc. p. I-3325, punti 21-25; Corte Inglès, C- 192/94, sent. 7 marzo 1996, Racc. p. I-1281, punto 15 e seguenti; Wells, C-201/02, sent. 7 gennaio 2004, Racc. I-723, punto 56; QDQ Media, C-235/03, sent. 10 marzo 2005, Racc. p. I-1937, punto 16. Numerose sono poi le pronunce di giudici italiani: Cass., 15 maggio 1995, n. 5289, in Giust. civ., 1995, I, p. 2977; Cass., 27 febbraio 1995, n. 2275, in Giur. it. 1996, I, 1, c. 100; Cass., 25 febbraio 2004, n. 3762, in Rep.Foro it., voce Unione europea e Consiglio 10 di 19

11 comunitaria per limitare il riconoscimento dell effetto diretto alla sua sola dimensione verticale è fondato sulla formulazione testuale dell art. 288 TFUE, in base alla quale la direttiva vincola solo lo Stato o gli Stati cui è rivolta 23. E la Corte di giustizia ha in particolare rilevato che estendere la giurisprudenza sull effetto diretto anche «all ambito dei rapporti tra singoli significherebbe riconoscere in capo alla Comunità il potere di emanare norme che facciano sorgere con effetto immediato obblighi a carico di questi ultimi, mentre tale competenza le spetta solo laddove le sia attribuito il potere di adottare regolamenti». Tale argomento testuale, peraltro, finisce con il contraddire con ogni evidenza l effetto diretto tout court e non solo l effetto diretto orizzontale, poiché anche l imposizione di obblighi agli Stati membri dovrebbe essere operata con gli strumenti, le modalità e gli effetti stabiliti dal Trattato: tra i quali non figura l effetto diretto della direttiva, verticale o orizzontale che sia. Né appare decisivo il rilievo che le direttive non necessariamente sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell Unione europea, per cui non possono che vincolare i soli soggetti cui sono notificate. L orientamento della giurisprudenza, d altra parte, non appare mutato dopo che il Trattato di Maastricht ha esteso l obbligo di pubblicazione alle direttive rivolte all insieme degli Stati membri, anche se l argomento non è stato più ripreso per direttive pubblicate successivamente. L effetto diretto verticale è in via di principio solo unilaterale, nel senso che al singolo che fa valere il proprio diritto lo Stato non può opporre la mancata trasposizione della direttiva di cui si è reso inadempiente. Relativamente all ipotesi di una direttiva che comporti un obbligo per il singolo, lo Stato non potrebbe farlo valere prima della trasposizione, la direttiva per sua natura non potendo imporre, in base all art. 288 del Trattato e a differenza di una norma del Trattato, obblighi in capo ai d Europa, 2004, n. 1130; Cass. 16 ottobre 2006, n. 1023, ivi, 2006, n. 1023; Cass. 9 novembre 2006, n , in Corr. Giuridico, 2007, p La limitazione all effetto diretto solo verticale non è applicabile nell ipotesi in cui un singolo invochi, nell ambito di un rapporto orizzontale, la non applicabilità di una norma nazionale adottata senza rispettare le procedure imposte da una direttiva comunitaria, peraltro già trasposta nell ordinamento interno. In tale ipotesi, infatti, viene in rilievo un vizio procedurale sostanziale che impone al giudice nazionale la disapplicazione della norma nazionale così viziata. Sul punto, v. Unilever c. Central Food, C-443/98, sent. 26 settembre 2000, Racc. p. I-7535, punti 50-51; e già CIA Security Int., C-194/94, sent. 30 aprile 1996, Racc. p. I-2201, punto 40 e seguenti. 23 Faccini Dori, sopra citata. Nel caso Daihatsu (C-97/96, sent. 4 dicembre 1997, Racc. p. I-6843), si chiedeva alla Corte se una normativa nazionale che consentisse solo ad alcuni soggetti e non a tutti gli interessati di chiedere l irrogazione di sanzioni in caso di mancato rispetto degli obblighi di pubblicità dei conti annuali, sanciti dalla prima direttiva societaria, fosse compatibile con la direttiva stessa; e se fosse provvista di effetto diretto. La Corte ha dato l interpretazione della norma, dichiarando l incompatibilità della normativa nazionale, ma ha escluso di doversi pronunciare sull effetto diretto, in quanto la norma comunque non avrebbe potuto esser fatta valere nei confronti dei singoli, non potendo una direttiva creare obblighi a loro carico (punto 24 e seguenti). 11 di 19

12 singoli indipendentemente da una legge interna che vi abbia dato corretta e tempestiva attuazione 24 ; in particolare non potrebbe determinare o aggravare la responsabilità penale del singolo 25. In realtà, la logica dell effetto solo verticale, che vuole impedire allo Stato di trarre vantaggio dal proprio inadempimento, richiederebbe comunque una verifica in ordine alle conseguenze se favorevoli o sfavorevoli che l adempimento dell obbligo del singolo comporta in capo allo Stato, considerando che l obbligo del singolo potrebbe essere collegato anche ad un interesse dell Unione; e ciò almeno al di fuori dell ipotesi di responsabilità penale. Diversa è, comunque, l ipotesi che la direttiva costituisca un applicazione di un principio generale del diritto comunitario, in quanto l effetto diretto, anche orizzontale, deriva dal principio e non dalla direttiva 26. La costruzione che limita l effetto diretto alla dimensione verticale è da sempre alquanto contestata; ed invero non appare molto convincente, risolvendosi quasi in una petizione di principio. Le conseguenze poco ortodosse di un tale approccio, in particolare le discriminazioni che esso è suscettibile di produrre e di fatto produce, sono peraltro evidenti. Basti pensare, ad esempio, che nel caso di un rapporto di lavoro, cui inerisca una direttiva comunitaria in parte provvista di effetto diretto, sarà favorito, sotto il profilo della tutela giurisdizionale diretta, il dipendente di un ente pubblico rispetto al dipendente di un azienda privata, poiché solo nei confronti del datore di lavoro pubblico potrà farsi valere la direttiva; o che, nell ipotesi di una direttiva sulla televisione, questa può essere fatta valere nei confronti di un azienda pubblica e non anche di un azienda privata 27. Una tale costruzione implicherebbe, inoltre, che finché una direttiva non sia stata correttamente trasposta nel diritto nazionale lo Stato membro inadempiente non potrebbe eccepire la tardività di un azione giudiziaria avviata nei suoi confronti da un singolo al fine della tutela dei diritti ad esso riconosciuti dalle disposizioni di tale direttiva. Solo a partire dal momento della sua corretta trasposizione, infatti, il singolo sarà in grado di conoscere adeguatamente e con la dovuta certezza 24 Marshall I, sopra citata, punto 48; Arcaro, C-168/95, sent. 26 settembre 1996, Racc. I-4705, punto 36; Procura Torino c. X, C-74 e 129/95, sent. 12 dicembre 1996, Racc. p. I-6609, punto 23; Perino, C-18/00, ordinanza 19 settembre 2001, non pubblicata, punto 22; RAS, C-233/01, ordinanza 24 ottobre 2002, Racc. p. I-9411, punto 19; Beuttenmüller, C-102/02, sent. 29 aprile 2004, Racc. p. I-5405, punto Berlusconi e a., C-387, 391, 403/02, sent. 3 maggio 2005, Racc. p. I-3565, punto 70 e seguenti. Nello steso senso, Corte cost., sent. 28 gennaio 2010, n. 28, punto Mangold, C-144/04, sent. 22 novembre 2005, Racc. p. I-9981, punto 74 e seguenti; Kücükdeveci c. Swedex, C- 555/07, sent. 19 gennaio 2010, punto 46 e seguenti. In quest ultima sentenza, per la prima volta la Corte di giustizia ha utilizzato la Carta dei diritti fondamentali di Nizza come normativa dotata dello stesso rango dei Trattati. 27 È ciò che ha sancito Trib. Roma, 4 giugno 1996, I sez. civ., giugno 1996, n. 9700, in Riv. It. Dir. Pub. Com., 1997, p, 475. Si tratta poi di verificare se le discriminazioni che si possono così determinare trovino rimedio attraverso l applicazione del principio di eguaglianza sancito dall art. 3 della Costituzione. 12 di 19

13 la portata dei diritti che gli sono conferiti dalla direttiva e dunque, in definitiva, nella condizione di poter valutare se ricorrere o meno al giudice. Ed è appunto in questo senso che la Corte si era pronunciata in una prima occasione, nel caso Emmott 28, con una soluzione in armonia con la giurisprudenza relativa ai limiti «comunitari» all autonomia procedurale degli Stati membri, limiti che entrano in gioco ogniqualvolta le regole procedurali nazionali siano tali da privare di effettività o comunque ridurre la portata dei diritti vantati dai singoli in forza del diritto comunitario, anche di una direttiva non ancora trasposta o non correttamente trasposta. Alcune successive pronunce, relative pure a termini sanciti da procedure nazionali, hanno tuttavia notevolmente ridimensionato la portata della sentenza Emmott, nella misura in cui si è confinata la soluzione ivi adottata alla sola ipotesi in cui la decadenza dei termini privi totalmente il ricorrente della possibilità di far valere il diritto attribuitogli dall ordinamento comunitario 29. In definitiva, la giurisprudenza sull effetto diretto solo verticale delle direttive pone qualche problema; d altra parte, la circostanza che l effetto diretto non sia stato costruito come connotazione intrinseca dell atto è un vizio d origine che non poteva dare risultati migliori. Non mancano poi le pronunce della stessa Corte di giustizia nelle quali di fatto è stato attribuito l effetto diretto orizzontale ad una direttiva, ad esempio quella sulla parità uomo-donna sull accesso e le condizioni di lavoro, ora collegandola in una valutazione d insieme all art. 157 del TFUE, ora senza alcuna allusione esplicita al problema C-208/90, sent. 25 luglio 1991, Racc. p. I Alcuni giudici nazionali hanno fatto applicazione del principio sancito nella pronuncia in questione, poi, come diremo subito, superato dalla stessa Corte di giustizia: App. Firenze, 5 luglio 1996, in Foro it. 1996, I, c. 2894; Commissione tributaria II grado Milano, 30 marzo 1995, Montedison, ibidem, 1996, III, c Johnson, C-410/92, sent. 6 dicembre 1994, Racc. p. I-5483, punto 26; e già Steenhorst-Neerings, C-338/91, sent. 27 ottobre 1993, Racc. p. I-5475, punti Sotto tale profilo, peraltro, la giurisprudenza in parola contraddice, magari inconsapevolmente, il principio affermato nel ben noto caso Simmenthal (106/77, sent. 9 marzo 1978, Racc. p. 629). In tale occasione, infatti, la Corte ritenne censurabile il sistema italiano nella misura in cui ritardava, ma non escludeva totalmente, la possibilità per il singolo di vedere soddisfatta la sua pretesa in base al diritto comunitario. V. in argomento, sulla limitazione della portata della sentenza Emmott, Edis c. Ministero Finanze, C-231/96, sent. 15 settembre 1998, Racc. p. I-4951, punti 46-49; Fantask e a., C-188/95, sent. 2 dicembre 1997, Racc. p. I-6783, punto 42 e seguenti; Ansaldo, C , sent. 15 settembre 1998, Racc. p. I-5025, punti 13-23; Aprile II, C-228/96, sent. 17 novembre 1998, Racc. p. I-7141, punto 35 e seguenti. Ancora in tema di termine per la richiesta di rimborso di tributi indebitamente versati, un altra precisazione operata dalla Corte è nel senso che quando la domanda di rimborso non si collega all effetto diretto di una direttiva non recepita correttamente ma ad una norma del trattato, è legittimo un termine nazionale che abbia l effetto di «impedire, in tutto o in parte, il rimborso di dette tasse»: Haar Petroleum, C- 90/94, sent. 17 luglio 1997, Racc. p. I-4085, punti 52-53; Texaco, C-114 e C-115/95, sent. 17 luglio 1997, Racc. p. I- 4263, punti V. per la prima ipotesi Boetel, C-360/90, sent. 4 giugno 1992, Racc. p. I-3589; per la seconda, tra le numerose, Webb, C-32/93, sent. 14 luglio 1994, Racc. p. I-3567; Dekker, C-177/88, sent. 8 novembre 1990, Racc. p. I-3941, punto 13 di 19

14 Va infine ricordato che dell effetto diretto possono essere provviste anche le disposizioni contenute in accordi stipulati dalla Comunità con Paesi terzi, sempre che, beninteso tenuto conto dell oggetto e della natura dell accordo, dal testo, dall oggetto e dalla natura della disposizione si possa rilevare una situazione giuridica soggettiva chiara e precisa, senza alcuna subordinazione all adozione di un atto ulteriore 31. Lo stesso dicasi per le decisioni degli organi misti istituiti da tali accordi 32. La Corte non ha mai voluto viceversa sottoscrivere la tesi dell effetto diretto delle norme dell OMC, nonostante le numerose sollecitazioni in senso contrario, soprattutto da quando l accordo GATT è stato sostituito dall accordo OMC 33. La motivazione è incentrata sulla natura e la portata dell accordo, la cui osservanza sarebbe fondata più sulla reciproca convenienza e dunque sul criterio del negoziato che non sulla vincolatività delle norme come tali, anche per effetto del 14 e punto 23 specificamente («L art. 6 della direttiva conferisce alle vittime di discriminazioni diritti che possono venir invocati dinanzi al giudice»); Draehmpaehl, C-180/95, sent. 22 aprile 1997, Racc. p. I Nella giurisprudenza nazionale non mancano le pronunce che hanno espressamente o in fatto attribuito effetti orizzontali alle direttive, v., ad esempio, in riferimento alla direttiva 85/577 sulla vendita fuori dei locali commerciali, Pret. Milano, sez. Rho, 14 novembre 1991, in Foro it., 1992, I, c. 1599; in relazione alla direttiva 75/129 sui licenziamenti collettivi, Pret. Torino 19 marzo 1984, Foro it., 1984, I, c. 2640; con riguardo alla direttiva 76/207 sulla parità uomo-donna nel lavoro, Cass., 3 febbraio 1995, n. 1271, in Nuova Giur. Civ., 1995, p. 837: «le direttive comunitarie, una volta rimaste inattuate (...) devono ritenersi direttamente applicabili, nei limiti in cui le loro disposizioni siano, da un punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, senza che un diverso regime di efficacia sia configurabile relativamente ai rapporti tra privati». In generale, peraltro, la giurisprudenza, soprattutto di legittimità, ha seguito l orientamento della Corte di giustizia; fra le numerose, Corte cost., sent. 18 aprile 1991, n. 168; per la giurisprudenza di legittimità, alle sentenze richiamate nella nota 261, adde, Cass., 5 aprile 1995, n. 3974, in Foro it., 1997, I, c. 3663; Cass., 20 novembre 1997, n , in Foro it., 1998, I, 444; Cass., 22 novembre 2000, n , in Giust. civ., 2001, I, p. 2466; Cass., 25 febbraio 2004, n. 3762, in Rep. Foro it., voce Unione europea e Consiglio d Europa, 2004, n V. tra le altre, Yousfi, C-58/93, sent. 20 aprile 1994, Racc. p. I-1353, punto 16; Kziber, C-18/90, sent. 31 gennaio 1991, Racc. p. I-199, punto 15; Demirel, 12/86, sent. 30 settembre 1987, Racc. p. 3719, punto 14; Kupferberg, 104/81, sent. 26 ottobre 1982, Racc. p. 3641, punti 24-27; El Yassini, C-416/96, sent. 2 marzo 1999, Racc. p. I-1209, punto 25 e punto 47 e seguenti; Malgorzata Jany, C-268/99, sent. 20 novembre 2001, Racc. p. I-8615, punto 25 e seguenti. Per le diverse conseguenze da trarre in argomento dalla natura e dall oggetto dell accordo, in particolare dalla differenza tra l accordo CE-Turchia e quello CE-Marocco, v. in particolare El-Yassini, sopra citata, punto 33 e seguenti. La Corte ha sempre escluso che disposizioni del GATT, prima, e dell accordo istitutivo dell OMC, poi, siano provviste di effetto diretto: Christian Dior, C-300 e 302/98, sent. 14 dicembre 2000, Racc. p. I-11307, punti 44-45; Schieving-Nijstad, Racc. p. I-5851, punti In Hermès, C-53/96, sent. 16 giugno 1998, Racc. p. I-3603, punto 35, la Corte ha sorprendentemente escluso di essere stata chiamata a pronunciarsi sulla questione. 32 Sevince, C-192/89, sent. 20 settembre 1990, Racc. p. I-3461, punti 14-15; Taflan-Met, C-277/94, sent. 10 settembre 1996, Racc. p. I-4085, punto 26 e seguenti; Surul, C-262/96, sent. 4 maggio 1999, Racc. p. I-2685, punto 60 e seguenti. 33 V., per un quadro d insieme del problema e per un apertura nel senso dell effetto diretto di talune norme OMC, le nostre conclusioni in Hermès, sopra citata; Portogallo c. Consiglio, C-149/96, sent. 23 novembre 1999, Racc. p. I-8395, punto 42 e seguenti; Christian Dior, C-300 e 302/98, sopra citata, punti 43-45; OGT Fruchthandelsgesellschaft, C- 307/99, ordinanza 2 maggio 2001, Racc. p. I-315, punto 22 e seguenti; Biret International, C-93/02 P, sent. 30 settembre 14 di 19

15 meccanismo di soluzione delle controversie; d altra parte, l attribuzione dell effetto diretto è esclusa in molti Paesi contraenti, con la conseguenza che mancherebbe la pur necessaria reciprocità; infine, ed è questa la reale motivazione, il controllo giurisdizionale, anche del giudice comunitario, priverebbe le istituzioni «politiche» della Comunità del margine di manovra di cui dispongono le altre parti contraenti 34. Quid per le norme comunitarie prive di effetto diretto? Per le norme dei Trattati e in genere convenzionali, il problema beninteso non si pone, nella misura in cui il loro vigore si collega ai meccanismi di adattamento propri di ciascun Paese membro; così come normalmente non si pone per i regolamenti e le decisioni, nella misura in cui sono direttamente applicabili. Diverso è il caso delle direttive. Anzitutto, se trasposta, la direttiva è un parametro di legittimità dell atto di trasposizione, utilizzabile anche dal singolo in giudizio 35. È stato in particolare precisato che l effetto utile della direttiva sarebbe attenuato se al singolo fosse preclusa tale possibilità ed al giudice nazionale di considerarlo quale elemento del diritto comunitario in sede di accertamento del rispetto, da parte del legislatore nazionale, dei limiti di discrezionalità fissati dalla direttiva 36. Inoltre, in una controversia tra singoli relativa ad obblighi contrattuali, il giudice deve disapplicare la normativa nazionale afflitta da un vizio sostanziale in contrasto con la direttiva 37. Quando, viceversa, nonostante il termine di trasposizione sia trascorso, la direttiva non sia stata trasposta, va ribadito quanto già in precedenza rilevato, dunque che essa non potrà essere utilizzata in quanto tale dal singolo, se non nei confronti dello Stato o di un ente pubblico oppure attraverso l espediente, ove possibile, della interpretazione conforme. In tale contesto, pertanto, si tratta non di 2003, Racc. p. I-10497, punto 52 e seguenti; Merck Genéricos, C-431/05, sent. 11 settembre 2007, punto 35 e seguenti. 34 Portogallo c. Consiglio, sopra citata, punti 42-47; Léon van Parys, C-377/02, sent. 1 marzo 2005, Racc. p. I- 1465, punto 42 e seguenti. Peraltro, la Corte ha affermato, nel caso di una norma procedurale dell accordo TRIPs allegato all accordo OMC, in particolare sulle azioni cautelari, che, quando si tratta di settori cui sono applicabili norme OMC e la Comunità non abbia ancora legiferato, il diritto comunitario non impone ma neppure esclude che un sistema giuridico interno riconosca l effetto diretto di quella norma; al contrario, quando la Comunità abbia già legiferato il giudice nazionale è tenuto in forza del diritto comunitario ad applicare le norme nazionali alla luce del testo e delle finalità di quella norma: Christian Dior, sopra citata, punto 45 e seguenti; Merck Genéricos, sopra citata, punto Lo stesso dicasi quando il contenuto di una direttiva venga in tutto o in parte «recepito» da un regolamento; anche in tal caso, ovviamente, beneficia dell effetto diretto: Tombesi e a., C-304/94 e altre, sent. 25 giugno 1997, Racc. p. I-3561, punto Kraaijveld e a., C-72/95, sent. 24 ottobre 1996, Racc. p. I-5403, punto 56; Linster, C-287/98, sent. 19 settembre 2000, Racc. p. I-6917, punto 32; Waddenvereniging et Vogelsbeschermingvereniging, C-127/02, sent. 7 settembre 2004, Racc. p. I-7405, punto Unilever Italia, C-443/98, sent. 26 settembre 2000, Racc. p. I-7535, punto 45 e seguenti, dove la Corte richiama e precisa l orientamento manifestato in CIA Security Int., C-194/94, sent. 30 aprile 1996, Racc. p. I-2201, punto 54 e seguenti. 15 di 19

16 un parametro di legittimità, ma di una chiave ermeneutica, anche se il risultato potrebbe essere non molto diverso 38. La direttiva non trasposta può viceversa costituire, in presenza di determinate condizioni ed in particolare quando non lascia margini di discrezionalità, un parametro di legittimità del comportamento di uno Stato, nonché di una legge o di un atto amministrativo, come tale utilizzabile dalla Commissione e dalla Corte di giustizia nel contesto di una procedura d infrazione. Ciò va inteso almeno nel già evidenziato senso pedagogico che lo Stato membro non può opporre la mancata trasposizione, e dunque il proprio inadempimento, all accertamento della violazione di un obbligo chiaro, preciso ed incondizionato sancito dalla direttiva a carico dello Stato stesso 39. La possibile conseguenza è l accertamento, oltre che della mancata trasposizione in spregio all art. 288 TFUE, anche dell illegittimità della normativa nazionale rispetto alla normativa comunitaria: precisamente quella contenuta nella direttiva non trasposta. Tale illegittimità, pertanto, mentre non può incidere sulla posizione giuridica dei singoli, potrà eventualmente costituire il fondamento per una loro azione di responsabilità patrimoniale nei confronti dello Stato inadempiente 40. In definitiva, una direttiva, anche se sprovvista di effetto diretto, alla scadenza del termine stabilito e pur se non trasposta entro tale termine, entra sotto ogni profilo a far parte del diritto dell Unione e dunque condiziona la normativa nazionale che disciplina la stessa materia 41. Ne consegue che, al di là dell illecito costituito dalla mancata trasposizione entro il termine, quella direttiva costituisce un parametro di legittimità della legge nazionale con essa contrastante, rilevabile a mezzo di una procedura di infrazione. Il risultato dell eventuale accertamento dell incompatibilità da parte della Corte di giustizia sarà l inapplicabilità della legge nazionale da parte del giudice e dell amministrazione, ove non fosse possibile l interpretazione conforme. Sul piano interno, il contrasto di una legge nazionale con una direttiva priva di effetto diretto e non trasposta nei termini stabiliti, come si vedrà anche meglio in seguito, potrà essere sottoposto alla 38 Questa è stata sostanzialmente la posizione espressa (invero un po rapidamente) dalla Corte in Océano Groupo Editorial, C /98, sent. 27 giugno 2000, Racc. p. I-4941 sopra citata, punti 30-32; la sollecitazione dell avvocato generale Saggio era invece nel senso che la direttiva potrebbe comunque integrare un parametro di legittimità, indipendentemente dalla trasposizione e dall effetto diretto. 39 Commissione c. Germania, C-431/92, sent. 11 agosto 1995, Racc. p. I-2189, punto 23. Si tratta di un caso, peraltro molto peculiare, in cui si è fatto valere una sorta di effetto diretto verticale relativamente al rapporto tra Commissione e Stato membro. 40 Nel senso che anche in presenza di una direttiva non trasposta i singoli devono ricevere comunque una tutela, all occorrenza il risarcimento dei danni, v. ad esempio Toegel, C-76/97, sent. 24 settembre 1998, Racc. p. I-5357, punto 21 e seguenti. 41 Kücükdeveci c. Swedex, C-555/07, sent. 19 gennaio 2010, punto di 19

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