Parte Prima. nozione e fonti

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1 Parte Prima Il diritto amministrativo: nozione e fonti 1 È possibile enucleare una nozione unitaria di «pubblica amministrazione»? La «pubblica amministrazione» costituisce il complesso di tutte le strutture burocratiche di una collettività organizzata in forma di Stato e, pertanto, appare assai difficile enuclearne una nozione unitaria. Il termine «amministrazione», infatti, può essere inteso secondo due accezioni: in senso oggettivo, esso sta ad indicare la funzione amministrativa, quale cura concreta degli interessi pubblici e regolata da norme giuridiche; in senso soggettivo, equivale, invece, ad esprimere la sede dell attività amministrativa, ovvero il soggetto che svolge quell attività (GIANNINI). Tale ultimo concetto, viene identificato anche con le locuzioni di «amministrazione-apparato» e «amministrazione-organizzazione». La Costituzione fa proprio riferimento al concetto di amministrazione in senso soggettivo per disciplinare, pur senza darne precise definizioni, la materia dell organizzazione amministrativa. In particolare, al riguardo, occorre fare riferimento all art. 97 Cost., il quale dispone che i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo da assicurare il buon andamento e l imparzialità dell amministrazione.

2 6 Parte Prima 2 Qual è il modello di amministrazione pubblica che emerge dalla nostra Costituzione? Dalle disposizioni costituzionali che riguardano, direttamente o indirettamente, la P.A., è possibile desumere l esistenza di diversi modelli di amministrazione: quelli che discendono dagli artt. 95 e 97 Cost. In particolare, dall art. 95 Cost., che prevede la responsabilità dei Ministri per gli atti dei rispettivi dicasteri, si ricava una concezione dell amministrazione pubblica intesa come organizzazione strumentale rispetto al Governo (CASETTA). L art. 97, invece, prevede una riserva relativa di legge in materia di organizzazione degli uffici pubblici, e, di conseguenza, sembra voler sottrarre la P.A. al controllo politico del Governo e renderla indipendente dagli altri poteri dello Stato, assoggettandola, appunto, alla legge. Con riferimento a quest ultimo aspetto è possibile citare anche altre disposizioni costituzionali, come gli artt. 51 e 98 Cost., che tutelano la P.A ed i suoi dipendenti da eventuali influenze di tipo politico o di altro genere, nonché la norma racchiusa nell art. 97, comma 3, Cost., secondo cui «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvi i casi stabiliti dalla legge»; il modello di amministrazione delineato dagli artt. 5 e 114 e seguenti Cost., che fanno leva sul concetto di decentramento amministrativo, ulteriormente rafforzato a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, che consente a Regioni ed enti locali, «enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni», di porre in essere un proprio indirizzo politico amministrativo, anche non coincidente con quello statale. 3 Che si intende per «separazione tra indirizzo politico ed attività di gestione»? I diversi modelli di amministrazione delineati dalla Carta costituzionale sono tutti riconducibili al rapporto tra amministrazione, governo e politica. A questo proposito, si noti che, sebbene il momento amministrativo

3 Il diritto amministrativo: nozione e fonti 7 non sia totalmente estraneo al governo, non sempre appare netta la linea di demarcazione tra apparato amministrativo e politico. Nel tentativo di tracciare una distinzione bisognerebbe partire dal dettato dell art. 95 Cost., che prevede che il Governo esprime l indirizzo politico e amministrativo del Paese, ossia individua i fini a cui deve tendere l attività amministrativa. La pubblica amministrazione, a sua volta, non può essere disegnata come mero strumento di attuazione delle direttive del Governo: difatti, l amministrazione deve essere orientata al raggiungimento dei fini delineati in sede politica, e, allo stesso tempo, sottratta ai condizionamenti di tipo politico, dal momento che essa è tenuta ad agire secondo criteri di imparzialità, buon andamento e trasparenza. Se ne deduce che, pur essendo possibili momenti di interferenza, si tratta, in ogni caso, di una separazione molto sottile. In realtà, più che di «separazione» tra politica e amministrazione, sarebbe preferibile parlare di differenziazione in senso garantista fra i due ambiti; ossia evitare che l amministrazione finisca per diventare un semplice apparato servente del potere esecutivo. 4 Qual è la differenza tra funzione politica e funzione amministrativa? Lo Stato, come istituzione, si autolegittima e sopravvive per il perseguimento di determinati fini, aventi carattere generale, comuni a tutta la collettività che di esso fa parte. La realizzazione dei suddetti fini avviene attraverso varie fasi, comprendenti l individuazione di essi (funzione politica), il loro riconoscimento tra gli scopi dell attività statale (funzione legislativa), la loro concreta attuazione (funzione amministrativa) e, infine, la loro tutela (funzione giurisdizionale). Pertanto, mentre l individuazione dei fini generali dello Stato, in un determinato contesto storico, sociale e politico, costituisce oggetto della funzione politica, viceversa la realizzazione concreta di questi obiettivi individuati dal potere politico è affidata alla funzione amministrativa.

4 8 Parte Prima L attività amministrativa, inoltre, è caratterizzata da una discrezionalità più limitata rispetto a quella che caratterizza la funzione politica, la quale incontra l unico limite delle previsioni costituzionali. Infatti, la funzione amministrativa deve essere svolta non solo nel rispetto dei principi costituzionali, ma anche in armonia con la legge ordinaria e gli atti ad essa equiparati, e nell esercizio di tale funzione i soggetti pubblici emanano gli atti amministrativi. La funzione politica, invece, viene realizzata attraverso atti politici o di governo, che, per la loro natura, sono gli atti di suprema direzione dello Stato, liberi nel fine e non assimilabili alla categoria degli atti amministrativi. 5 Qual è la classificazione delle fonti del diritto nel nostro ordinamento, con particolare riferimento a quelle del diritto amministrativo? Con l espressione «fonte del diritto» si fa riferimento alla «sorgente» da cui ha origine la norma giuridica; le fonti, infatti, possono essere definite come gli atti e i fatti abilitati dall ordinamento a produrre diritto. Il sistema delle fonti nel nostro ordinamento si articola secondo un organizzazione gerarchica che, al vertice, vede la Costituzione e le leggi costituzionali, un gradino più in basso le fonti primarie, cioè la legge e gli atti aventi forza di legge, nonché le leggi delle Regioni; infine, troviamo le cd. fonti secondarie, comprendenti i regolamenti, tenuti a rispettare le disposizioni di rango superiore, che sono atti formalmente amministrativi, in quanto emanati da organi del Governo, ma sostanzialmente normativi, poiché contengono norme destinate ad innovare l ordinamento giuridico, e le ordinanze, le quali per essere fonti del diritto, devono creare statuizioni normative generali e astratte. Il nostro ordinamento, inoltre, a seguito dell adesione all Unione europea, permette l ingresso di fonti esterne, come gli atti dell UE e le norme del diritto internazionale; alcune norme europee, in particolare, come i regolamenti e le decisioni, entrano direttamente a far parte del nostro ordinamento (cd. norme self-executing) e, pertanto, si pone il delicato problema di inserire le stesse nell ambito della tradizionale gerarchia delle fonti: in particolare, vige il principio della preferenza comunitaria, in base al quale le norme europee vengono considerate su un gradino superiore rispetto alle norme interne.

5 Il diritto amministrativo: nozione e fonti 9 Altra categoria è quella delle cd. fonti non scritte, come la consuetudine, la prassi costituzionale e, tra le fonti di rango minore, la cd. prassi amministrativa; nonché le cd. norme interne della P.A., che si dirigono solo a coloro che fanno parte di una determinata amministrazione. Si ricordi, infine, che un terzo gruppo di fonti è dato da quelle derivanti dalle norme emanate dalle Regioni che, a seguito della modifica al Titolo V, Parte II, della Costituzione, hanno acquisito un carattere originario in luogo di quello ottriato (unilateralmente concesse dallo Stato-persona) previgente alla riforma della Carta. Alla luce di quanto asserito, oggi sui parla di un sistema multi-livello delle fonti che comporta numerose difficoltà per determinare la corretta gerarchia delle stesse. 6 Qual è il fondamento della potestà regolamentare? Le fonti «secondarie» del diritto comprendono tutti gli atti che sono espressione del potere normativo dell amministrazione statale e di altri enti pubblici. Esse si distinguono in regolamenti, statuti ed ordinanze e, in quanto atti amministrativi, sono soggetti alla legge e a tutti gli atti di pari grado e forza. Tra le fonti secondarie una posizione di spicco è rivestita dai regolamenti, atti formalmente amministrativi, in quanto emanati dal potere esecutivo, ma aventi forza normativa (sostanzialmente normativi), cioè contenenti norme destinate ad innovare l ordinamento giuridico. Il fondamento della potestà regolamentare è da ricondurre alla legge, la quale è l unica fonte che può attribuire detto potere, determinando l inserimento dei relativi atti nella gerarchia delle fonti. La principale norma attributiva è l art. 17 L. 400/1988 (Disciplina dell attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri). Secondo la giurisprudenza, inoltre, i regolamenti, in quanto atti amministrativi a contenuto normativo, non necessitano di specifica motivazione riguardo il loro contenuto. Lo stesso legislatore, infatti, nel prevedere il carattere generale dell obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi (art. 3 L. 241/1990), ha sottratto a detto obbligo gli atti normativi, considerati a motivo libero.

6 10 Parte Prima Il carattere non obbligatorio della motivazione, tuttavia, non esclude che gli atti normativi, e tra questi i regolamenti, possano essere sindacati sotto il profilo dell eccesso di potere, per la violazione del canone di logicità dell agire amministrativo. 7 Quali sono i limiti previsti in ordine all esercizio della potestà regolamentare? La potestà regolamentare incontra una serie di limiti. In particolare, i regolamenti: non possono mai derogare o contrastare con la Costituzione ed i principi in essa contenuti, né con le leggi ordinarie; non possono regolare materie riservate dalla Costituzione alla legge (ordinaria o costituzionale); non possono mai contrastare con il principio di irretroattività della legge; non possono contenere sanzioni penali (in base alla riserva di legge contenuta nell art. 25 Cost.); non possono regolare istituti fondamentali dell ordinamento. I regolamenti emanati da autorità inferiori, inoltre, non possono mai contrastare con i regolamenti emanati da autorità gerarchicamente superiori: ad esempio, i regolamenti ministeriali o interministeriali non potrebbero introdurre disposizioni contrastanti con quelli governativi. I regolamenti governativi non possono, inoltre, disciplinare, salvo espressa previsione della legge statale, materie di competenza normativa delle Regioni, ai sensi dell art. 117 Cost. 8 Cosa sono le ordinanze? Nel campo del diritto amministrativo, per «ordinanze» si intendono tutti quegli atti che creano obblighi o divieti ed in sostanza impongono ordini. Esse, per essere fonti del diritto, devono avere carattere normativo, e cioè creare delle regole generali ed astratte. Generalmente, si distingue tra: a) ordinanze previste dalla legge per casi eccezionali, di particolare gravità.

7 Il diritto amministrativo: nozione e fonti 11 Tra esse: i bandi militari; le ordinanze emesse dal Prefetto per tutelare la sicurezza e l ordine pubblico; le ordinanze speciali per la visita e la disinfezione delle case, per l organizzazione dei servizi e soccorsi medici e per le misure di prevenzione da adottare in concreto nei casi di malattie infettive a carattere epidemico; le ordinanze emesse dal Ministro dell interno, per la tutela della sicurezza e dell ordine pubblico, se la delibera del Consiglio dei Ministri sullo stato di pericolo pubblico ha valore per tutto il territorio nazionale (art. 216 T.U.L.P.S.); le ordinanze eccezionali in caso di calamità pubbliche e catastrofi nazionali, eventualmente previste da norme ad hoc emanate per far fronte ai singoli eventi calamitosi; b) ordinanze cd. di necessità ed urgenza. Sono quelle emanate da autorità amministrative espressamente investite di tale potere, per far fronte a situazioni di urgente necessità: la legge attribuisce il potere a determinati organi, ma non prevede anche i casi concreti in cui tale potere deve essere esercitato né pone limiti precisi al contenuto di tali ordinanze; sono le stesse autorità investite del potere che, di volta in volta, al verificarsi della situazione di necessità e finché questa perdura, provvedono, con singoli provvedimenti, a farvi fronte. Le ordinanze di necessità e di urgenza si caratterizzano in quanto: sono atti formalmente e sostanzialmente amministrativi; sono atipiche, in quanto la legge si limita ad indicare un autorità amministrativa alla quale viene attribuito il potere di porre in essere qualunque tipo di atto; presuppongono una necessità ed urgenza di intervenire; sono straordinarie, nel senso che il ricorso ad esse è possibile solo ove la situazione di pericolo non possa essere fronteggiata con atti tipici; la loro efficacia nel tempo è necessariamente limitata; trovano fondamento esclusivamente nella legge; debbono essere adeguatamente motivate e vanno pubblicizzate con mezzi idonei; non possono, in nessun caso, derogare a norme costituzionali o a principi generali dell ordinamento e disciplinare materie coperte da riserva assoluta di legge. 9 Qual è la differenza tra la consuetudine e la prassi amministrativa? La consuetudine è la tipica fonte del diritto non scritta: essa consiste nella ripetizione di un comportamento da parte di una generalità di persone, con la convinzione della giuridica necessità di esso.

8 12 Parte Prima Essa consta di due elementi essenziali: un elemento oggettivo: il ripetersi di un comportamento costante ed uniforme per un certo periodo di tempo (cd. diuturnitas o usus); un elemento soggettivo: la cd. opinio iuris ac necessitatis, cioè la convinzione della giuridica necessità del comportamento. La consuetudine non può innovare l ordinamento giuridico preesistente, ma può disciplinare materie o settori privi di regolamentazione; le norme consuetudinarie possono essere abrogate da successive consuetudini così come da leggi e da regolamenti. La prassi amministrativa, viceversa, si concretizza in un comportamento costantemente tenuto, ma in difetto della convinzione della sua obbligatorietà; essa non è una fonte del diritto, a differenza della consuetudine, e non apporta alcuna innovazione nell ordinamento giuridico. 10 Le norme interne della P.A. sono fonti del diritto? Tutte le pubbliche amministrazioni emanano norme relative al funzionamento dei loro uffici e alle modalità di svolgimento della loro attività, che danno luogo ad un «ordinamento amministrativo interno» distinto dall ordinamento giuridico generale, rilevante all esterno. Tali disposizioni, indirizzate soltanto a coloro che fanno parte di una determinata amministrazione, sono dette norme interne (ordini, istruzioni, regolamenti). Le circolari amministrative sono la categoria più importante e controversa di norme cd. interne. La circolare non è una figura autonoma di atto amministrativo, non può essere mai un atto a carattere normativo, ma è un mezzo di notificazione (o di comunicazione) di un atto amministrativo. Per quanto riguarda in particolare il regime giuridico delle norme interne, si possono evidenziare i seguenti aspetti essenziali: a) non sono fonti del diritto; b) non possono essere in contrasto con norme di legge, né con regolamenti o ordinanze;

9 Il diritto amministrativo: nozione e fonti 13 c) la loro violazione da parte di un organo amministrativo dà luogo al vizio di eccesso di potere: in tal caso le «norme interne» violate assumono indirettamente rilevanza esterna (per i terzi); d) la loro inosservanza da parte di funzionari o impiegati della P.A. può dar luogo, a seconda dei casi, a responsabilità civili, amministrative (disciplinari), contabili, o anche penali, nonché a forme di controllo repressivo-sostitutive.

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11 Parte Seconda Le situazioni giuridiche soggettive 11 Quali sono le situazioni giuridiche soggettive del diritto amministrativo? Le posizioni giuridiche soggettive costituiscono il complesso dei diritti, dei poteri e degli obblighi di cui un soggetto giuridico può essere titolare. Affinché tali situazioni siano concretamente riferibili ad un soggetto è, però, necessario che quest ultimo sia astrattamente idoneo ad esserne titolare: infatti, ogni soggetto di diritto rappresenta un centro unitario di imputazione di situazioni giuridiche. Non vi è, nell ordinamento giuridico, una definizione espressa di situazione giuridica soggettiva, e, pertanto, a tal fine, occorre fare riferimento alla teoria generale: una delle definizioni più rilevanti è quella che vede le situazioni giuridiche soggettive come le entità di base del rapporto giuridico, che sorgono in conseguenza di un fatto giuridico ovvero di un potere, qualificati da una norma (BELLOMO). Le situazioni giuridiche soggettive si distinguono in: attive, che comprendono il diritto soggettivo; il diritto potestativo; l interesse legittimo; l interesse semplice e gli interessi diffusi e collettivi; passive, comprendenti l obbligo, il dovere, l onere e la soggezione. Il riconoscimento di tali posizioni viene fatto dalle norme dell ordinamento stesso. 12 Come può essere definito il «diritto soggettivo»? Il diritto soggettivo viene tradizionalmente configurato come quella posizione giuridica soggettiva di vantaggio che l ordinamento giuridico conferisce ad un soggetto, riconoscendogli determinate utilità in

12 16 Parte Seconda ordine ad un bene, nonché la tutela degli interessi afferenti al bene stesso, in modo pieno ed immediato. Per quanto riguarda la tutela dei diritti soggettivi, in particolare, va detto che normalmente è rimessa al giudice ordinario e solo in casi tassativamente previsti (cd. giurisdizione esclusiva) al giudice amministrativo. In altri termini, nella posizione di diritto soggettivo l interesse sostanziale (utilità economico-sociale) è tutelato direttamente dalla legge, nel senso che è quest ultima a garantire il conseguimento di quella utilità e, solo nel caso in cui un terzo voglia frapporre ostacoli al godimento spettante al titolare del diritto, viene prevista la intermediazione dell autorità giudiziaria volta a sanzionare l illiceità del comportamento del terzo. Pertanto, si ha diritto soggettivo perfetto ogni qualvolta una norma cd. di relazione, rivolta a disciplinare comportamenti intersoggettivi, attribuisca ad un soggetto un potere diretto ed immediato per la realizzazione di un proprio interesse cui corrisponde necessariamente un obbligo facente capo a soggetti determinati ovvero alla collettività. L elemento caratterizzante di tali diritti sta, dunque, nella correlazione con uno o più obblighi altrui, e nella immediatezza e pienezza della tutela accordata dall ordinamento. 13 Quando un diritto viene definito «condizionato»? Si hanno diritti condizionati qualora l esercizio di essi è sottoposto a condizione, che può essere risolutiva o sospensiva. Si tratta evidentemente di ipotesi in cui l ordinamento consente, a determinate condizioni, il sacrificio o la limitazione di un diritto del singolo a vantaggio della collettività (si pensi, ad esempio, all esproprio di un terreno appartenente ad un singolo per costruirvi un autostrada). Si distinguono due figure di diritti condizionati: a) diritti sospensivamente condizionati (diritti in attesa di espansione per SANDULLI) il cui esercizio è inizialmente limitato da un ostacolo giuridico, per la cui rimozione è necessario un provvedimento amministrativo che consenta al diritto di espandersi ed acquistare la sua pienezza. È il caso del diritto di costruire sul proprio fondo, per il cui esercizio occorre il rilascio della concessione edilizia o quello del diritto all esercizio della professione, per il cui espletamento occorre l iscrizione nel relativo albo;

13 Le situazioni giuridiche soggettive 17 b) diritti risolutivamente condizionati (cd. fenomeno dell affievolimento dei diritti) che si hanno qualora il diritto, di fronte alla potestà riconosciuta alla P.A. di incidere su di esso, affievolisce ad interesse legittimo. La P.A., infatti, nel perseguimento dei suoi fini pubblici, può essere ostacolata da diritti di privati; in questi casi la legge può attribuirle il potere di sacrificare tali diritti individuali a vantaggio dell interesse collettivo, per cui i diritti stessi, davanti a tale potere, affievoliscono ad interessi legittimi. 14 Che cosa è l interesse legittimo? L interesse legittimo è una situazione giuridica soggettiva individuale che ha trovato riconoscimento nel nostro ordinamento con la L. 5992/1889, istitutiva della IV Sezione del Consiglio di Stato, quale giudice di quegli interessi sostanziali diversi dai diritti soggettivi che fino ad allora erano rimasti del tutto sforniti di tutela. In particolare, l interesse legittimo si «definisce come la situazione soggettiva di vantaggio, costituita dalla protezione giuridica di interessi finali che si attua non direttamente ed autonomamente, ma attraverso la protezione indissolubile ed immediata di un altro interesse del soggetto, meramente strumentale, alla legittimità dell atto amministrativo e soltanto nei limiti della realizzazione di tale interesse strumentale» (CASETTA). L interesse legittimo, inoltre, concerne anche la pretesa alla legittimità dell attività amministrativa, riconosciuta a quel soggetto che, rispetto ad un dato potere della P.A., si trovi in una particolare posizione differenziata rispetto agli altri soggetti (cd. posizione legittimante). I caratteri che contraddistinguono la figura dell interesse legittimo sono: la differenziazione, cioè è titolare di un interesse legittimo colui che, rispetto all esercizio di un potere pubblico, si trovi in una posizione differenziata rispetto a quella della generalità degli altri soggetti; la qualificazione, nel senso che la norma preordinata a disciplinare l esercizio del potere della P.A. per il perseguimento dell interes-

14 18 Parte Seconda se pubblico primario ha indirettamente preso in considerazione, e quindi protetto, un interesse sostanziale individuale connesso o coincidente con l interesse pubblico. L interesse legittimo concreta, quindi, (art. 113, comma 1, Cost.) una posizione: giuridica in quanto si sostanzia in un potere giuridico avente la struttura della pretesa; soggettiva, in quanto riconosciuta al singolo soggetto a tutela di un suo interesse materiale; sostanziale, in quanto preesiste alla eventuale lesione di essa; autonoma rispetto all azione giurisdizionale derivante dall eventuale lesione. 15 Quali sono le principali distinzioni che si è soliti fare nell ambito della categoria degli interessi legittimi? Gli interessi legittimi si distinguono, in base al criterio dell esistenza di un nesso giuridicamente rilevante tra l interesse legittimo e un sottostante interesse materiale, in due grandi categorie: 1) gli interessi sostanziali; 2) gli interessi formali o procedimentali. Gli interessi sostanziali, a loro volta, secondo il contenuto del potere attribuito al titolare nei confronti di una potestà amministrativa, si dividono in: interessi al procedimento o partecipativi, ossia gli interessi del privato a far valere le sue ragioni nel procedimento amministrativo; interessi all annullamento di un provvedimento lesivo di un interesse materiale giuridicamente protetto (interessi oppositivi); interessi allo svolgimento di un attività amministrativa (interessi pretesivi), cioè quelli fatti valere dal privato che intende ottenere una utilità dalla P.A. e vuole accrescere la propria sfera giuridica con l emanazione di un provvedimento a suo favore.

15 Le situazioni giuridiche soggettive Quali sono i principali criteri discretivi tra diritti soggettivi ed interessi legittimi? In merito vi sono varie teorie. La differenza tra le due posizioni, secondo GUICCIARDI, va riferita alla natura della norma di riferimento. L Autore, infatti, divide le norme in due categorie: a) norme giuridiche di relazione: regolano i rapporti tra la P.A. ed i cittadini, attribuendo diritti ed obblighi reciproci; esse tracciano la linea di demarcazione tra la sfera della P.A. e quella del cittadino e la loro violazione da parte della pubblica amministrazione comporta la lesione di un diritto soggettivo del cittadino; b) norme di azione: regolano l esercizio dei poteri della P.A., imponendole un determinato comportamento. Se la pubblica amministrazione viene meno a tale comportamento essa lede un interesse (legittimo o semplice) del cittadino. Un altro criterio di distinzione si fonda sulla natura vincolata o discrezionale dell attività esercitata: nei confronti di un atto vincolato il privato può vantare un diritto soggettivo perfetto; nei confronti di un atto discrezionale può vantare solo un interesse legittimo. Deve però precisarsi che, mentre è vera la seconda affermazione, non sempre lo è la prima, perché deve distinguersi a seconda che l attività sia vincolata da norme di relazione (cioè da norme attributive di diritti soggettivi al privato) ovvero da norme d azione (cioè da norme che regolano l azione amministrativa senza incidere sui rapporti intersoggettivi). In questa seconda ipotesi, l attività è vincolata, ma essendo tale non per tutelare in via immediata e diretta una posizione soggettiva del privato, quest ultimo non può vantare che un interesse legittimo (SANDULLI). Un terzo criterio, largamente utilizzato in giurisprudenza, si fonda sulla distinzione tra carenza assoluta e cattivo esercizio del potere. In particolare: nel caso di cattivo uso, da parte della P.A., del proprio potere discrezionale, sussistendo una norma di legge che le attribuisce il potere di emanare l atto, si avrà solo la lesione di un interesse legittimo, rappresentato dall interesse del privato a che la P.A., nella sua adozione, osservi i limiti, le forme ed il procedimento stabiliti dalla norma attributiva del potere (interesse che può essere tutelato solo in sede di giurisdizione amministrativa);

16 20 Parte Seconda nell ipotesi di carenza assoluta di potere, quando cioè manchi proprio il potere discrezionale della P.A. di interferire nella sfera giuridica del privato, ovvero non sussistano i presupposti di fatto che consentano l esercizio di tale potere, l atto amministrativo è considerato inidoneo ad incidere legittimamente sul diritto soggettivo del privato, che quindi sussiste nella sua integrità e può essere fatto valere davanti al giudice ordinario. Pertanto, tutte le volte che si lamenta il cattivo uso del potere da parte dell amministrazione, si fa valere un interesse legittimo e la giurisdizione è del G.A., mentre si ha una questione di diritto soggettivo e la giurisdizione è del G.O. quando si contesta la stessa esistenza del potere. In tal modo si è posto il collegamento seguente: carenza di poterediritto soggettivo, cattivo uso del potere-interesse legittimo. 17 L interesse legittimo è risarcibile? La tematica della risarcibilità o meno degli interessi legittimi è stata, per lungo tempo, oggetto di controversia sia in ambito dottrinario che giurisprudenziale. A fronte delle prime teorie che negavano la possibilità di risarcire gli interessi legittimi lesi, la dottrina e la giurisprudenza più recenti hanno modificato il precedente orientamento evidenziando che l art c.c. non fa espresso riferimento alle posizioni giuridiche tutelate, e che si può comunque configurare una volontarietà pur nel compimento di un attività amministrativa. Sulla scorta di queste considerazioni è stato introdotto nel nostro ordinamento il principio della risarcibilità degli interessi legittimi: dapprima ad opera della giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenza 500/1999), la quale ha precisato che per ottenere il risarcimento è necessario che la lesione dell interesse legittimo riguardi un bene della vita meritevole di tutela alla luce dell ordinamento positivo, e successivamente del legislatore. In particolare, con l art. 7 della L. 205/2000, si è affidata alla giurisdizione del giudice amministrativo, sia esclusiva che di legittimità, la cognizione di tutte le controversie risarcitorie nonché quelle relative agli altri diritti patrimoniali consequenziali. La questione, a seguito della emanazione del Codice del processo amministrativo, recato dal D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, ha tro-

17 Le situazioni giuridiche soggettive 21 vato un rinnovato assetto, attraverso la previsione di cui all art. 30 del Codice, che disciplina l azione di condanna innanzi al giudice amministrativo (le ulteriori azioni sono quella di annullamento e quella avverso il silenzio della P.A., rispettivamente ex artt. 29 e 31 del Codice medesimo). In particolare, l art. 30 cit. disciplina specificamente, nell ambito dell azione di condanna, l azione risarcitoria esperibile contro la P.A. per danni da illegittimo esercizio dell azione amministrativa (quindi, a tutela di interessi legittimi) nonché, nei casi di giurisdizione esclusiva, per danni da lesione di diritti soggettivi. 18 Quali sono gli interessi superindividuali? Gli interessi superindividuali si distinguono in interessi collettivi e interessi diffusi. In particolare: a) gli interessi diffusi (o adespoti) sono quelli comuni a tutti gli individui di una formazione sociale non organizzata e non individuabile autonomamente ed attengono a beni non suscettibili di fruizione differenziata; b) gli interessi collettivi (o di categoria) sono, invece, quelli che hanno come portatore un ente esponenziale di un gruppo non occasionale, della più varia natura giuridica (es.: ordini professionali, associazioni private riconosciute, associazioni di fatto), ma autonomamente individuabile. L interesse collettivo è: differenziato: in quanto fa capo ad un soggetto individuato e cioè ad una organizzazione di tipo associativo che si distingue tanto dalla collettività che dai singoli partecipanti; da ciò consegue che la lesione dell interesse collettivo legittima al ricorso solo l organizzazione e non i singoli che di essa fanno parte; qualificato: nel senso che è previsto e considerato, sia pure indirettamente, dal diritto oggettivo. La proliferazione sempre maggiore di nuovi gruppi organizzati e di associazioni di tipo internazionale ha notevolmente contribuito alla graduale trasformazione in interessi collettivi di alcuni diritti. Tra di essi si annoverano: a) l interesse alla tutela dell ambiente (art. 2 Cost.); b) il cd. diritto alla salute (art. 32 Cost.); c) l interesse del consumatore alla genuinità dei prodotti ed a un equo costo degli stessi.

18 22 Parte Seconda 19 Qual è il principale tratto distintivo fra gli interessi legittimi e gli interessi semplici? Mentre l interesse legittimo è la pretesa a che la P.A. eserciti in conformità della legge i suoi poteri discrezionali o vincolati, l interesse semplice è, invece, la pretesa a che la P.A., nell esercizio del suo potere discrezionale, si attenga a quei criteri di opportunità e di convenienza che afferiscono al cd. merito amministrativo, e che sono tutelati dalle norme non giuridiche di azione (cd. norme di buona amministrazione). Tali interessi, a differenza di quelli legittimi, ricevono tutela solo a livello amministrativo: proprio per tale motivo sono definiti anche interessi amministrativamente protetti. Soltanto eccezionalmente, e per casi tassativamente previsti, è ammessa la tutela giurisdizionale avverso atti viziati nel merito (cd. giurisdizione di merito), nel qual caso, però, gli interessi in questione assurgono al rango di veri e propri interessi legittimi (così SANDULLI ed OTTAVIANO; contra, la restante dottrina). Parte della dottrina (GALLI) sottolinea l inutilità della categoria degli interessi semplici, osservando che questi ultimi o presentano le caratteristiche tipiche degli interessi legittimi, qualora le norme del merito amministrativo siano eccezionalmente rilevanti ai fini del sindacato sull attività amministrativa, o sono sprovvisti ab imis di tutela e, in quanto tali, irrilevanti nell ipotesi in cui la violazione dei criteri di opportunità e convenienza dell azione amministrativa non risulti sanzionata. 20 Gli interessi di fatto possono essere ricondotti alla categoria degli interessi semplici? Gli interessi di fatto sono quegli interessi, non qualificati né differenziati, a che la P.A. osservi i doveri giuridici posti a suo carico ed a vantaggio della collettività non soggettivizzata. Gli interessi di fatto sono del tutto irrilevanti per il diritto e non ricevono alcuna tutela. Essi, in pratica, non sono interessi giuridici, e come tali non possono neanche legittimare la richiesta di accesso agli atti della P.A. (la L. 241/1990, infatti, richiede la titolarità di interessi giuridicamente rilevanti). Agli interessi semplici, pertanto, non appare possibile ricondurre la categoria degli interessi di fatto.

19 Le situazioni giuridiche soggettive 23 Esempio di interesse di fatto può essere l interesse a che le strade siano ben mantenute, ben illuminate etc.; l unica garanzia riconosciuta a tutela di tali interessi sta nell obbligo di «buona amministrazione» che grava sulla P.A. I privati, possono, con reclami, far rilevare queste mancanze alla P.A.; trattasi, però, di mere denunce, di cui la P.A. può non tener conto. Solo in casi eccezionali (e segnatamente nelle ipotesi tassative in cui l ordinamento accorda azioni popolari), i cittadini, uti singuli, possono esperire azioni a tutela di interessi di fatto. 21 Che si intende per class action? Il Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005) fornisce un nuovo modello di tutela degli interessi collettivi dei consumatori dinanzi al G.O. Invero, l art. 140bis D.Lgs. 206/2005, introdotto dalla L. 244/2007 (Legge finanziaria per il 2008), come a sua volta modificato dall art. 49, comma 1, L. 99/2009, prevede la cd. azione di classe, intesa quale «nuovo strumento generale di tutela nel quadro delle misure nazionali volte alla disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti, conformemente ai principi stabiliti dalla normativa comunitaria volti ad innalzare i livelli di tutela». In particolare, essa consente a chiunque sia titolare di un diritto uguale a quello di un numero indefinito di altre persone di agire in giudizio nell interesse proprio e di tutti gli altri componenti della classe che vogliano ottenere tutela giurisdizionale. Il rimedio è operativo dal 1 gennaio 2010 (dopo numerosi rinvii ad opera, da ultimo, del D.L. 78/2009, conv. in L. 102/2009). Il comma 2 dell art. 49 L. 99/2009 limita l applicazione della class action ai soli illeciti compiuti dopo l entrata in vigore della legge (16 settembre 2009). L azione di classe così normata è volta alla tutela dei diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti, i quali possono, anche dando mandato ad associazioni o comitati cui partecipano, agire per l accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno. L azione collettiva è esercitabile in tre settori: diritti contrattuali di una pluralità di consumatori che si trovano nella identica situazione nei confronti di una stessa impresa (contratti per servizi di fornitura, bancari, assicurativi, telefonici, finanziari); diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto (difettoso o pericoloso) nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere dalla previa esistenza di un contratto; diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.

20 24 Parte Seconda La class action così descritta, infine, si differenzia da quella introdotta dal D.Lgs , n. 198, concernente la class action nei confronti della pubblica amministrazione, finalizzata a correggere i disservizi presenti nell espletamento del servizio pubblico, garantendo il cittadino da qualsivoglia violazione degli standard di qualità, nonché degli obblighi indicati nelle Carte dei Servizi. Detta azione è esperibile nei confronti di tutte le amministrazioni pubbliche nonché delle Autorità amministrative indipendenti, sia da parte di cittadini singoli che di associazioni, nell ipotesi di lesione di interessi di interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità di utenti, derivante da inefficienze del servizio pubblico, come il mancato rispetto dei termini previsti o degli standard di qualità o mancata emanazione di atti amministrativi generali non aventi contenuto normativo.

21 Parte Terza L organizzazione amministrativa: lo Stato, le autonomie territoriali e gli enti pubblici 22 Che si intende per «Stato-amministrazione»? L espressione Stato costituisce un concetto complesso, suscettibile di essere inteso in molteplici accezioni. Per Stato-comunità si intende la comunità di persone costituente lo Stato, e cioè il popolo. Esso partecipa alla funzione politica mediante gli istituti di democrazia diretta (referendum, petizioni alle Camere, iniziativa popolare etc.) e mediante l esercizio del diritto di voto. Per Stato-governo si intende il complesso degli organi costituzionali, i quali sono espressione dello Stato-comunità, cioè agiscono in veste di organi super partes, nell interesse della comunità. Tali organi partecipano tutti, in varia misura, alle funzioni dello Stato (politica, legislativa, amministativa, giurisdizionale). Per Stato-amministrazione si intende lo Stato come ente pubblico o pubblica amministrazione, che agisce non super partes, ma inter partes, sullo stesso livello degli altri soggetti dell ordinamento (anche se con un relativo potere di supremazia su questi), come questi in ogni caso soggetto alla legge. Lo Stato-amministrazione rappresenta, pertanto, il più importante soggetto attivo dell ordinamento, essendo, come detto, la «persona giuridica pubblica per eccellenza», dotato di caratteristiche esclusive. Infatti, esso si configura come: ente sovrano, in quanto è sovraordinato a tutti gli altri soggetti, che operano nell ambito dell ordinamento; ente politico, poiché persegue fini di interesse generale; ente necessario e ad appartenenza necessaria, in quanto, da un lato, la sua esistenza è indispensabile per il perseguimento dei pubblici interessi e, dall altro, tutti i cittadini fanno parte di esso.

22 26 Parte Terza 23 Come si articola l organizzazione amministrativa dello Stato? Ogni ente di grandi dimensioni può essere organizzato secondo due formule organizzatorie contrapposte: accentramento, che comporta l attribuzione delle potestà decisionali esclusivamente agli uffici o organi centrali, con i quali gli uffici periferici si trovano in un rapporto di tipo gerarchico; decentramento, che comporta l attribuzione di potestà decisionali anche agli uffici periferici, con le conseguenti responsabilità. Nel nostro ordinamento, con il varo della Costituzione della Repubblica italiana, ha trovato accoglienza la formula del decentramento. Essa è enunciata dall art. 5 Cost. quale criterio-guida della legislazione e stigmatizzata, nelle sue concrete implicazioni, dal Titolo V della Parte II della Costituzione («Le Regioni, le Province, i Comuni») novellato profondamente dalla L. cost , n. 3. Gli Stati contemporanei, oltre che operare attraverso propri organi (cd. amministrazione diretta), possono anche avvalersi dei mezzi, degli organi e delle attività di altre persone giuridiche, alle quali viene riconosciuta, come visto, un ampia autarchia. Tale forma di amministrazione suole definirsi indiretta perché appartiene allo Stato solo negli effetti, mentre sotto l aspetto soggettivo essa è direttamente imputata alle persone giuridiche precedentemente menzionate, che sono considerate pubbliche per le potestà di cui risultano titolari (autarchia) e per i fini pubblici che perseguono. Diverso ancora è il caso dell affidamento di attività a società per azioni, il cui capitale può essere detenuto in tutto o in parte dallo Stato o da altri enti pubblici. L azionista pubblico, in tali soggetti, fa assumere all assemblea societaria le determinazioni dirette al perseguimento degli obbiettivi specifici che di volta in volta si prefigge di dover raggiungere per tutelare l interesse pubblico affidatogli. 24 Che si intende per «decentramento amministrativo»? Il concetto di «decentramento amministrativo» fa riferimento alla attuazione, sebbene con differente grado ed intensità, del pluralismo organizzativo ed istituzionale della amministrazione pubblica (BELLOMO). Il decentramento politico, invece, può essere considerato una forma di perfezionamento del decentramento amministrativo, attraverso il quale viene effettuata la concre-

23 L organizzazione amministrativa: lo Stato, le autonomie territoriali e gli enti pubblici 27 tizzazione del pluralismo delle autonomie di governo. Tipico esempio del decentramento politico è quello che viene previsto per gli enti locali, a cui è riconosciuta una autonomia politica gestionale (ad esempio, avere istituzioni elettive), nonché una autonomia organizzativa, fiscale e normativa. Il decentramento amministrativo, quale trasferimento di funzioni amministrative a enti dotati di poteri di governo, può presentarsi come: burocratico, laddove potestà decisionali e relative responsabilità vengano direzionate verso organi amministrativi periferici (è il caso dell organizzazione per Ministeri); istituzionale, nel caso in cui vi sia l assegnazione di funzioni amministrative a soggetti diversi dallo Stato, legati comunque ad esso da un rapporto di servizio; autarchico, laddove agli enti ed organi «decentrati» sia attribuita la capacità di porre in essere atti amministrativi dotati della stessa natura ed efficacia degli atti statali; federalista, caratterizzato da un massiccio trasferimento di funzioni agli enti territoriali (si è parlato, a riguardo, di decentramento invertito, in ragione della residualità delle funzioni riservate allo Stato, a sua volta strettamente collegato al principio di sussidiarietà, soprattutto quella verticale) (BELLOMO). 25 È vero che l organizzazione amministrativa italiana si caratterizza per la coesistenza di più modelli strutturali? Sì. L organizzazione amministrativa italiana si presenta come estremamente complessa. Infatti, come nella gran parte dei Paesi sviluppati, l amministrazione italiana è multi-organizzativa, nel senso che la varietà, l eterogeneità e l ampiezza delle pubbliche funzioni hanno fatto sì che essa perdesse il suo iniziale carattere unitario e che venissero introdotti modelli diversi e differenziati. In particolare, i modelli organizzativi prevalenti sono attualmente quattro: quello ministeriale, quello dell ente pubblico, quello dell Autorità amministrativa indipendente e quello del soggetto privato controllato. Tuttavia, all interno di ciascun modello pure è possibile identificare ul-

24 28 Parte Terza teriori differenziazioni, anche in virtù dei continui cambiamenti ed evoluzioni all interno della compagine dell organizzazione amministrativa. In particolare, il modello dell ente pubblico appare progressivamente in via di dispersione, soprattutto alla luce del processo di privatizzazione e di riordino degli enti pubblici, partito alla fine degli anni Settanta (tale processo ha avuto origine dalla L. 70/1975 sul parastato ed è culminato nel D.L. 78/2010, conv. in L. 122/2010, recante misure anticrisi). Il modello delle Autorità amministrative indipendenti, organi o enti aventi funzioni tutorie di interessi costituzionali in campi socialmente rilevanti, appare, viceversa, in continuo sviluppo. Sono, difatti, numerose autorità nel nostro ordinamento: Autorità per i servizi di pubblica utilità, Autorità garante della concorrenza e del mercato, Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Garante per la protezione dei dati personali (solo per citare quelle più conosciute). Infine, anche l ultimo modello del soggetto privato in controllo pubblico tende ad ampliarsi, a seguito della sempre più decisa affermazione di strumenti di diritto privato anche nel contesto dell organizzazione amministrativa. 26 Quali sono i principi e i criteri che reggono l organizzazione amministrativa italiana? Numerosi sono i principi e i criteri che reggono l organizzazione amministrativa italiana. In primo luogo, occorre citare il principio di sussidiarietà, che, introdotto per la prima volta dal diritto comunitario, oggi trova applicazione anche negli Stati membri: esso prevede che l istituzione superiore debba intervenire solo quando e nella misura in cui gli obiettivi dell azione prevista non possano essere realizzati dalle istituzioni poste al livello «più basso». Tale principio è stato costituzionalizzato a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, a proposito dei rapporti tra Stato, Regioni ed enti locali. Si tratta del principio della sussidiarietà verticale, ex art. 118, comma 2, Cost., al quale occorre accostare il concetto di sussidiarietà orizzontale, ex art. 118, comma 4, Cost., secondo cui sia lo Stato che gli altri enti territoriali sono invitati a favorire l autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale.

25 L organizzazione amministrativa: lo Stato, le autonomie territoriali e gli enti pubblici 29 Le amministrazioni pubbliche, inoltre, sono organizzate anche in base ad altri principi: esse devono tendere alla funzionalità rispetto ai compiti ed ai programmi di attività, nel perseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia, imparzialità ed economicità, il tutto nel contesto del raggiungimento del principio fondamentale del buon andamento, ex art. 97 Cost.; sono tenute a garantire la trasparenza e la pubblicità della propria azione, attraverso forme di partecipazione all attività stessa e di accesso agli atti e documenti della P.A. Ancora, nella prospettiva della progressiva informatizzazione delle attività e degli uffici amministrativi, devono assicurare un collegamento tra l attività degli uffici, e tra questi e i cittadini, mediante sistemi informatici e telematici. Infine, ai sensi dell art. 28 Cost., i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione dei diritti, e, in detti casi, la responsabilità si estende anche allo Stato e agli enti pubblici. 27 Qual è l attuale struttura dei Ministeri nel nostro ordinamento, alla luce dei più recenti interventi normativi in tal senso? Il Ministero è la ripartizione fondamentale dell amministrazione centrale italiana. Ogni Ministero, infatti, è competente per un ramo di attività amministrativa e per determinate materie ed affari spettanti allo Stato. In attuazione delle disposizioni della legge di delega n. 59 del 1997, una politica di riduzione del numero dei Ministeri e di accorpamento delle strutture statali per grandi aree d attività ha originariamente ispirato il D.Lgs. 300/1999. Il numero e la distribuzione di competenze tra i vari dicasteri hanno, però, subito variazioni a più riprese. In particolare, mentre il D.L , n. 181 (conv. in L. 233/2006) ha aumentato il numero dei dicasteri da 14 a 18 (per scorporo di nuovi Ministeri dai precedenti), il D.L , n. 85 (conv. in L. 121/2008) ha previsto una nuova riduzione. Gli attuali 13 Ministeri sono il risultato dell intervento dalla L , n. 172, che ha istituito il Ministero della salute. Occorre ricordare, inoltre, i Ministri senza portafoglio, che non sono a capo di un dicastero e svolgono le loro funzioni su delega del Presidente del Consiglio dei Ministri.

26 30 Parte Terza Il D.Lgs. 300/1999 costituisce la fonte di disciplina delle strutture ministeriali. Queste, in breve, le linee di fondo del riformato assetto organizzativo: nei Ministeri costituiscono strutture di primo livello, alternativamente, i dipartimenti o le direzioni generali; ad ogni dipartimento sono attribuiti compiti finali concernenti grandi aree di materie omogenee e i relativi compiti strumentali; ogni dipartimento è articolato in uffici dirigenziali generali; al di fuori dei dipartimenti possono esistere soltanto gli uffici di staff con funzioni di assistenza diretta all attività di indirizzo politico e di controllo di competenza del Ministro (gli attuali uffici di gabinetto). A capo di tali uffici può essere posto anche un dirigente estraneo all amministrazione; nei Ministeri non articolati in dipartimenti, le strutture di primo livello sono rappresentate dalle direzioni generali, le quali possono far capo ad un Segretario generale, organo di vertice burocratico, che opera alle dirette dipendenze del Ministro, che ha la funzione di collegamento fra il Ministro e la struttura amministrativa sottostante e di coordinamento dell azione amministrativa. 28 Qual è la ratio della istituzione dei Comitati interministeriali? I Comitati interministeriali sono organi collegiali, costituiti da più Ministri, istituiti per la cura di particolari settori dell amministrazione che esigono un coordinamento dell attività di più Ministeri. Le ragioni pratiche della costituzione dei Comitati di Ministri consistono nel progressivo aumento dei compiti dello Stato e quindi del numero dei Ministeri, e nel moltiplicarsi delle interferenze reciproche fra settori della P.A., per cui si è avvertita la necessità di un collegamento costante e stabile fra settori amministrativi. Principali Comitati interministeriali sono: a) il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), che svolge funzioni di coordinamento in materia di programmazione e di politica economica nazionale, nonché di co-

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