Fiscal News La circolare di aggiornamento professionale
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- Luciana Barbieri
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1 Fiscal News La circolare di aggiornamento professionale N Cessione di quote societarie e cessione di azienda: possibile riqualificazione fiscale? A cura di Giovambattista Palumbo Categoria: Accertamento e riscossione Sottocategoria: Accertamento e controlli La CTR della Toscana, con la sentenza n. 1950/17/16 del ha ritenuto che l articolo 20 del DPR 131/86 consenta una riqualificazione dell operazione solo con riferimento agli effetti giuridici complessivi e non invece a quelli meramente economici. Le conseguenze giuridiche dell atto di cessione delle quote erano dunque, nel caso di specie, ben diverse da quelle derivanti da un ipotetica cessione di azienda. Secondo la CTR, in definitiva, non era possibile equiparare la vendita delle quote sociali alla vendita dell'azienda, se non in una dimensione altamente e puramente economica, che non è però quella presa in considerazione dalla norma tributaria in esame, la quale si riferisce espressamente agli effetti giuridici degli atti. IL CASO La Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con la sentenza n. 1950/17/16 del ha affrontato un tema sempre di grande interesse: la cessione elusiva di quote societarie in luogo della cessione d azienda. Nel caso di specie in data 20 giugno 2011 (le date sono importanti), previo conferimento di un ramo di azienda, era stata costituita da una Srl una società, di cui la stessa Srl era unica socia. Il 27 giugno 2011 la stessa srl cedeva la totalità delle quote della società neocostituita ad altra società, la quale aveva peraltro come rappresentante legale lo stesso della prima. 1
2 L Agenzia delle Entrate sottoponeva allora a tassazione le operazioni, considerate nella loro unitarietà, di costituzione della nuova società, di conferimento di ramo di azienda e di cessione dell intero capitale sociale, come se fossero un atto di cessione d azienda, con conseguente liquidazione dell imposta di registro su base proporzionale, anziché fissa. L Agenzia delle Entrate riteneva infatti di dover tener conto, ai sensi dell articolo 20 del DPR 131/86 (in base al quale occorre avere riguardo alla intrinseca natura e agli effetti giuridici degli atti, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente), della natura intrinseca dell'operazione, consistente in una cessione d azienda, come tale tassabile con imposta proporzionale. La Commissione Tributaria Provinciale, su ricorso del contribuente dichiarava la nullità dell avviso, osservando che il potere di riqualificazione, consentito dall articolo 20 citato doveva intendersi come limitato alla individuazione della sostanza giuridica dell'atto sottoposto a registrazione e non consentiva quindi la riqualificazione unitaria degli effetti economici di una serie concatenata di atti, poiché l imposta di registro si applica atto per atto, senza che possano assumere rilievo elementi estranei e, tanto meno la volontà delle parti. L'Agenzia delle Entrate proponeva allora appello contro tale pronuncia, lamentando, in sintesi, che il giudice di primo grado aveva disatteso la giurisprudenza del supremo collegio, secondo la quale l Amministrazione ha il potere, ai fini dell'applicazione dell imposta di registro, di dare rilievo preminente alla causa reale e alla regolazione degli interessi effettivamente perseguita dai contraenti, anche se mediante una pluralità di pattuizioni non contestuali. Costituitesi in giudizio le due società contribuenti sostenevano invece dal canto loro che l articolo 20 citato consente, in armonia con tutto il sistema impositivo del registro, di dare rilevanza agli effetti giuridici finali degli atti, e non già a quelli economici. Sulla base della norma di cui all art. 20, quindi, l Amministrazione potrebbe prescindere dal nomen juris attribuito all atto dalle parti, dovendo però limitarsi alla riqualificazione giuridica, senza poter attribuire rilievo alle vicende economiche eventualmente sottese, o ad elementi esterni rispetto all atto registrato. 2
3 Nel caso di specie, secondo le società contribuente, non era del resto possibile, in alcun modo, ravvisare nella cessione totalitaria di quote un atto avente l effetto giuridico finale del trasferimento oneroso di azienda, caratterizzato da tutt altra disciplina, in termini di divieto di concorrenza, regime dei pregressi debiti dell azienda, successione dei rapporti di lavoro, de1 tutto diversa rispetto all ipotesi di una cessione di quote sociali. La scelta delle parti di optare per una delle possibili fattispecie negoziali, invece che per un altra, non dipende quindi solo da una valutazione (de1 tutto legittima, in via di principio) del possibile risparmio fiscale, ma anche dalla profonda diversità degli effetti giuridici civilistici delle due fattispecie, che possono così comportare anche l esistenza del presupposto delle valide ragioni economiche. LA DECISIONE Evidenzia quindi la Commissione Tributaria Regionale che, nel caso di specie, la cessione di quote sociali era stata preceduta, ai fini della costituzione di una nuova società, dal conferimento di un ramo d azienda della società costituente; e dunque vi era stato un atto che aveva comportato il trasferimento della titolarità dell azienda stessa (dalla società conferente a quella conferitaria), il quale era stato regolarmente tassato (o avrebbe dovuto essere regolarmente tassato) secondo la sua natura. La pretesa dell'amministrazione di sottoporre, nuovamente, a tassazione la cessione delle quote sociali, come se si trattasse di un ulteriore trasferimento della titolarità della stessa azienda, non appariva quindi, già per questo motivo, fondata. La Commissione, inoltre, riteneva, in via di principio, persuasive le argomentazioni delle due contribuenti, in particolare sotto il profilo dell attinenza del citato articolo 20 ai soli effetti giuridici e non invece a quelli economici. Nel caso di specie, invece, le conseguenze giuridiche dell atto di cessione delle quote erano ben diverse da quelle derivanti da un ipotetica cessione di azienda, in quanto il soggetto cessionario non era divenuto, per effetto dell atto in questione, titolare dell azienda, ma solo socio del soggetto titolare, con dunque profonde differenze giuridiche rispetto all altra ipotesi. Secondo la CTR, in definitiva, non era possibile equiparare la vendita delle quote sociali alla vendita dell'azienda, se non in una dimensione altamente e puramente economica, che non è però quella presa in considerazione dalla norma tributaria in esame, la quale si riferisce espressamente agli effetti giuridici degli atti. L appello dell Amministrazione veniva quindi rigettato. 3
4 LA TESI DELL AGENZIA L Amministrazione aveva dunque interpretato la vicenda nel suo complesso alla luce del citato art. 20 DPR 131/86, evidenziando l unitarietà della causa reale sottesa agli stessi e concludendo quindi che i negozi erano funzionalmente connessi, dato il contributo parziale che ognuno aveva dato alla formazione progressiva di un unica fattispecie avente, a suo avviso, un unico effetto giuridico finale, ovvero il trasferimento d azienda. Dalla riqualificazione dell atto in cessione d azienda era dunque conseguita la liquidazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura prevista per detta fattispecie. La ricorrente, come visto, contestava invece l operato dell ufficio, ritenendo che l art. 20 DPR 131/86 non gli consentisse in realtà di interpretare un atto facendo riferimento ad altri atti (ovvero utilizzando elementi extratestuali), né di spingersi fino a superare la qualificazione civilistica data dai contraenti all operazione oggetto di contestazione. L ufficio, per parte sua, confermava la legittimità del proprio operato, ritenendo di avere correttamente applicato l art. 20 DPR 131/86 ed aver correttamente individuato quella che era la reale causa sottesa ai due negozi in questione. L ufficio aveva in pratica valutato il secondo atto di trasferimento delle quote come facente parte di un unica fattispecie a formazione progressiva, che comprendeva anche il primo atto e che aveva come scopo unico e finale quello di vendere il ramo d azienda. Detta operazione, consistita nella creazione ad hoc di una società, nel conferimento in essa di un ramo d azienda e nella successiva (e pressoché immediata) vendita delle quote sociali ad altra società aveva del resto consentito ai soggetti coinvolti di realizzare un risparmio di imposta, pari appunto alle imposte di registro ipotecaria e catastale che avrebbero dovuto essere pagate se le parti avessero concluso, anche formalmente, una vendita d azienda (o di ramo d azienda). Accade spesso del resto che, per diminuire l'imposizione fiscale complessiva, i soggetti interessati alla cessione di un immobile o, come nel caso di specie, di un azienda o di un suo ramo, anziché effettuare la cessione diretta della stessa, pongano in essere diversi negozi, tra loro funzionalmente collegati, in modo da produrre comunque l'effetto finale della cessione. Il conferimento di un azienda in una società e la successiva cessione delle relative partecipazioni determina, infatti, gli stessi effetti di una compravendita, ma consente un (illecito) risparmio di imposta. Per tali motivi l Ufficio, laddove si verifichi una tale fattispecie, riprende di solito a tassazione le imposte dovute sul valore dell azienda, in sostanza, ceduta agli altri proprietari, ai sensi dell art. 20 DPR 131/86. 4
5 L'art. 20 del DPR 131/86, rubricato interpretazione degli atti, dispone infatti espressamente che "L'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente". Detto articolo, la cui essenza è effettivamente antielusiva, realizza l esigenza di pervenire al prelievo d imposta in base al principio del substance over the form, al di là delle forme e formalità che le parti hanno posto in essere. Il prelievo pertanto, secondo la tesi seguita dall Amministrazione, deve attuarsi sulla base del fine pratico perseguito dai contraenti e l'indagine può quindi spingersi anche agli atti precedenti e successivi, sì da individuarne il fine pratico unitario, discendente dal collegamento funzionale dei diversi e distinti negozi. LA GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ Vero è che, al di là della sentenza della CTR in commento, la tesi della prevalenza dell aspetto formale a cui fanno sempre appello i contribuenti per cercare di dimostrare l effettività del negozio posto in essere in quanto rispondente alla volontà delle parti così formalizzata e, conseguentemente, l errata riqualificazione ed illegittima applicazione dell art. 20 è stata più volte respinta dalla giurisprudenza di legittimità. Già la Suprema Corte di Cassazione (la n del 23 novembre 2001) aveva a tal proposito chiarito la funzione antielusiva dell'art. 20 del testo unico, affermando che: la funzione antielusiva sottesa alla disposizione in esame, emerge dunque con chiarezza, mentre l'insistito richiamo all'autonomia contrattuale ed alla rilevanza degli effetti giuridici dei singoli negozi (e non anche di quelli economici, riferiti alla fattispecie globale), restando necessariamente circoscritto alla regolamentazione formale degli interessi delle parti, finirebbe per sovvertire gli enunciati criteri impositivi". In buona sostanza la Suprema Corte ha affermato il principio secondo cui l'amministrazione Finanziaria, ai sensi dell'art. 20 del T.U., deve applicare le imposte in base all'effetto pratico che è stato conseguito dal collegamento funzionale di più atti e contratti. Ciò significa che la messa in atto di diverse operazioni negoziali miranti a realizzare, attraverso effetti giuridici parziali, un unico effetto giuridico finale traslativo, costitutivo o dichiarativo, potrebbe comportare una sola qualificazione giuridica dell operazione complessiva e la sottoposizione ad imposta di registro in base alla natura dell'effetto giuridico (finale). L argomento è stato poi ulteriormente approfondito dalla Corte Suprema con la sentenza n del 6 aprile 2006, dove si ribadisce che l'accertamento dell'esistenza dell'elemento causale - definito come scopo economico sociale - 5
6 deve essere effettuato sul negozio o sui negozi collegati, nel loro complesso, e non con riferimento ai singoli negozi o alle singole prestazioni. Pertanto, per verificare l'esistenza della giustificazione socio-economica del negozio occorre valutare le attribuzioni patrimoniali conseguite dai due negozi nella loro reciproca connessione. Nella specie, quindi, l'esistenza della causa dei contratti collegati deve essere ricercata nell'intera operazione e non in ciascuna attribuzione patrimoniale separatamente considerata. Ancora la Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza 10273/2007, ha affermato che, in caso di applicazione dell art. 20 citato, il tema dell'indagine non consiste nell'accertare cosa le parti hanno scritto, ma cosa le stesse hanno effettivamente realizzato con il regolamento negoziale adottato e tanto non discende assolutamente dal contenuto della dichiarazione delle parti ). Anche con l Ordinanza n del la Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla questione dell elusività, ai fini dell imposta di registro, del conferimento d azienda seguito dalla cessione di partecipazioni della società conferitaria, confermando che l Amministrazione Finanziaria ha il potere di riqualificare detti atti come operazione unitaria di cessione d azienda con conseguente applicazione dell imposta in misura proporzionale anziché fissa. Nell occasione la Cassazione ha nuovamente sottolineato che la scelta compiuta dal legislatore con l art. 20 del DPR 131/86 di privilegiare, nella contrapposizione tra l intrinseca natura e gli effetti giuridici ed il titolo o la forma apparente di essi, il primo termine unitariamente considerato implica, assumendo un rilievo di fondo, che gli stessi concetti privatistici sull autonomia negoziale regrediscano a semplici elementi della fattispecie tributaria. Ciò comporta che, ancorché non possa prescindersi dall interpretazione della volontà negoziale secondo i canoni generali, nell individuazione della materia imponibile dovrà darsi la preminenza assoluta alla causa reale sull assetto cartolare con conseguente tangibilità, sul piano fiscale, delle forme negoziali, in considerazione della funzione antielusiva sottesa alla disposizione in parola, sicché l autonomia contrattuale e la rilevanza degli effetti giuridici dei singoli negozi (e non anche di quelli economici, riferiti alla fattispecie globale) restano necessariamente circoscritti alla regolamentazione formale degli interessi delle parti perché altrimenti finirebbero per sovvertire i detti criteri impositivi. Anche nella sentenza n del la Cassazione ha infine giudicato corretta, ai fini dell imposta di registro, la riqualificazione fiscale in cessione d azienda del conferimento d azienda in una società neocostituita con successiva cessione a terzi delle quote di partecipazione nella medesima società. 6
7 CONCLUSIONI Il focus su cui appuntare l attenzione, al di là degli esiti giurisprudenziali, sembra in realtà essere se nella pluralità di negozi posti in essere sia ravvisabile un unicum giuridico, strutturalmente e funzionalmente collegato al fine di produrre un effetto giuridico finale unitario. Il fatto poi che tutta l'operazione venga magari eseguita con una celerità e precisione cronometrica incide senz altro anche sulla valutazione soggettiva di tutta l'operazione. Sebbene infatti i comportamenti posti in essere realizzino effetti parziali che possono sembrare autonomi sotto il profilo civilistico, tuttavia gli atti posti in essere sarebbero in tal caso meramente strumentali rispetto all'effetto giuridico finale (e all illecito risparmio fiscale). La sola cosa che, dunque, il contribuente dovrebbe cercare di fare per smontare la ricostruzione dell Ufficio e le relative conseguenze giuridiche, è dimostrare che il fine pratico, la causa reale, al di là del sospetto derivante dalla ricostruzione e dai collegamenti negoziali evidenziati dall Ufficio, sia un altro, o comunque non sia quello evidenziato dall Ufficio e abbia una sua giustificazione economica. - Riproduzione riservata - 7
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