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1 CAMERA DEI DEPUTATI Commissione Finanze AC 1762 Delega al Governo per il riordino della normativa sulla tassazione dei redditi di capitale, sulla riscossione e accertamento dei tributi erariali, sul sistema estimativo del catasto fabbricati, nonché per la redazione di testi unici delle disposizioni sui tributi statali Corrado Faissola Presidente dell Associazione Bancaria Italiana Roma, 13 dicembre 2006

2 1. Il disegno di legge di Delega al Governo per il riordino della normativa sulla tassazione dei redditi di capitale, sulla riscossione e accertamento dei tributi erariali, sul sistema estimativo del catasto fabbricati, nonché per la redazione di testi unici delle disposizioni sui tributi statali delinea, all art. 1, una riforma di primario interesse per il settore bancario, quella della tassazione dei redditi di natura finanziaria. L impianto della riforma delineato dal disegno di legge appare armonico, ed i criteri e principi direttivi ivi dettati presentano quelle caratteristiche di completezza ed al tempo stesso di elasticità che dovrebbero consentire al legislatore delegato la costruzione di una normativa in grado di porre rimedio agli attuali aspetti di disomogeneità del nostro sistema fiscale, mantenendo allo stesso tempo alto il profilo di concorrenzialità fiscale dei nostri mercati finanziari. Ed è, pertanto, proprio in vista della prossima redazione dei decreti di attuazione che l Associazione raccoglie con particolare favore l opportunità oggi offerta di poter presentare le proprie osservazioni su di un argomento che forse più di altri ha formato oggetto di dibattito nei mesi scorsi, con forti implicazioni sia di ordine politico che prettamente tecnico. Ed è, quindi, sugli aspetti più di carattere tecnico-applicativo che vorremmo concentrare le nostre considerazioni, coerentemente con quello che è il ruolo di sostituti d imposta tenuti all applicazione del prelievo che le banche più di altri soggetti - svolgono nei confronti di tutte quelle famiglie italiane che affidano i propri risparmi al mondo degli intermediari finanziari. Vogliamo rammentare che nel nostro Paese il legislatore fiscale fa ormai totale affidamento sul sistema bancario per l assolvimento di oneri fiscali che dovrebbero, per loro natura, essere svolti direttamente dai contribuenti. Si tratta di una caratteristica che possiamo considerare tipicamente italiana, essendo difficile trovare ordinamenti che impongano agli intermediari mansioni altrettanto articolate e sofisticate. Il risultato è che oggi la grande maggioranza degli investitori persone fisiche rimane del tutto esonerata dallo svolgimento di qualsiasi incombenza di carattere fiscale. Non intendiamo, pertanto, valutare la riforma solo nell ottica della banca come emittente, né della banca come investitore. Prevale, invece, la preoccupazione, o meglio, l aspettativa, per una riforma che sia di agevole comprensione ed accettazione da parte della clientela, e che realizzi pienamente obiettivi quali quello della eliminazione delle disomogeneità di trattamento tra i diversi regimi ed i diversi strumenti finanziari. 2

3 2. Affrontiamo subito il delicato tema del livello dell aliquota domandandoci innanzitutto se la proposta misura del 20% risponda o meno ad una logica impositiva corretta sul piano tecnico. Crediamo che, per far questo, sia sufficiente muoversi sul piano del semplice confronto, verificando sul piano domestico il 20% sia una misura ragionevole rispetto alle aliquote di tassazione applicate agli altri redditi, sul piano internazionale, in che rapporto tale aliquota si ponga paragonando la tassazione dei redditi di natura finanziaria dei residenti italiani a quella prevista dai Paesi esteri per i propri cittadini. Si tratta di un esercizio piuttosto facile: - a livello italiano, ci limitiamo ad osservare che l aliquota del 20% si colloca al di sotto dell aliquota minima della scala IRPEF. - a livello estero, pur in presenza di una situazione quanto mai variegata stante la presenza di tanti regimi diversi quanti sono gli Stati, quanti sono i prodotti e quante sono le categorie di contribuenti dobbiamo rilevare che raramente il livello della tassazione si spinge a livelli inferiori a quello del 20%. Per non appesantire il discorso con quella che diventerebbe facilmente un arida elencazione di aliquote e di altri elementi descrittivi della fiscalità del risparmio, ci permettiamo di fare rinvio ad una breve nota nella quale abbiamo compendiato le principali caratteristiche della tassazione di interessi, dividendi e plusvalenze percepiti (direttamente o tramite UCITS) da persone fisiche residenti e non residenti, nei alcuni Stati UE (Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Olanda, Regno Unito, Spagna e Svezia). Una prova indiretta, ma significativa, di quanto appena rilevato la ritroviamo poi, nella stessa direttiva comunitaria sulla tassazione del risparmio. Quando si è trattato di stabilire l aliquota della ritenuta comunitaria applicabile sugli interessi degli investitori UE da parte di quei paesi tuttora ancorati al principio del segreto bancario, e che quindi non hanno inteso aderire al sistema di scambio automatico di informazioni nominative, il legislatore comunitario ha giudicato opportuno procedere per gradi, prevedendo per il primo periodo triennale una aliquota attenuata (il 15%), per passare poi nel triennio successivo ad una aliquota considerata media (proprio quella del 20%), destinata ad essere infine aumentata al 35% successivamente, quale segnale di disappunto rispetto alla mancata futura adozione di iniziative dirette al superamento del segreto bancario in tali Paesi. 3

4 3. Altra questione che riteniamo importante sul piano tecnico è quella connessa alla necessità di evitare segmentazioni del mercato. È fondamentale che il passaggio all aliquota del 20% non determini effetti negativi in termini di liquidità dei titoli e di trasparenza dei prezzi, lasciando al contempo intatto il trattamento dei redditi maturati prima della modifica. Conseguentemente, la variazione di aliquota: - dovrebbe riferirsi a tutti i prodotti di investimento del risparmio, senza distinguere tra emissioni di carattere pubblico o privato; - dovrebbe interessare sia prodotti di nuova emissione che quelli già in circolazione, ferma, comunque, rimanendo la tassazione preesistente per i proventi già accumulatisi, anche se corrisposti dopo l entrata in vigore della riforma. Siamo consapevoli delle implicazioni che una decisione in tal senso scelta comporta per le scelte di investimento già fatte dalle famiglie, che hanno investito facendo affidamento sui tassi netti da imposta calcolati secondo l attuale aliquota del 12,5%. Si tratta, nondimeno, di una strada obbligata, nel rispetto dei meccanismi di mercato. Tra l altro, non è da sottovalutare la circostanza che una diversa impostazione diretta a salvaguardare le vecchie emissioni rappresenterebbe un precedente quanto mai vincolante per lo stesso legislatore laddove dovessero essere annunciate, in prospettiva, ulteriori variazioni di aliquota. L aspettativa di un trattamento di riguardo per i titoli già in circolazione potrebbe facilmente distorcere i comportamenti dei risparmiatori nel periodo antecedente la nuova variazione. L impegno per la conservazione del vecchio livello di tassazione per i redditi dei vecchi titoli già maturati, al fine di limitare l impatto della tassazione più elevata ai soli redditi di nuova formazione, richiederà, poi, speciale attenzione nella scrittura delle norme di diritto transitorio; - non dovrebbero essere create distinzioni tra titoli a reddito fisso (obbligazioni, ecc.) e quelli a carattere partecipativo (azioni e assimilati). Con riferimento a questo aspetto va evidenziato che una soluzione intesa a riservare un trattamento differenziato tra i proventi derivanti da investimenti azionari - siano essi dividendi o capital gains - e quelli derivanti da altre tipologie di investimento risulterebbe oggi non più giustificabile sul piano giuridico, stante il confine ormai esiguo che separa le varie fattispecie di titoli dopo la riforma del diritto societario. 4

5 Il cenno appena fatto alle differenze sempre più sfumate che si riscontrano tra le diverse categorie di prodotti finanziari, ed alle conseguenti difficoltà di un loro inquadramento ai fini fiscali, induce ad una breve parentesi circa l esigenza di dare sistemazione all ordinamento non soltanto sul piano delle aliquote o delle metodologie impositive, ma anche sul piano più generale della semplificazione. Questo dovrebbe valere con riferimento alla necessità sia di affrancarsi da disposizioni inutili, obsolete o che si sovrappongono ad istituti fiscali sopravvenuti successivamente, sia di compattare fattispecie impositive per le quali non vi è più utilità di mantenere in essere distinzioni finalizzate essenzialmente ad applicare una diversa aliquota. Un esempio tra tanti, la categoria dei c.d. titoli atipici, che non ha più ragione di rimanere separata da quella generale dei titoli obbligazionari e similari. Le stesse finalità di semplificazione dovrebbero inoltre indurre ad eliminare distinzioni nei meccanismi di applicazione del prelievo che traggono origine dalla stratificazione della normativa nel tempo. In particolare, interventi in tale direzione dovrebbero consentire di rimediare alla penalizzazione che incide su particolari categorie di titoli a breve (come le commercial papers), tuttora soggetti a ritenuta alla fonte da parte dell emittente, in luogo del più efficiente regime previsti per le obbligazioni a maggiore diffusione (titoli di Stato, titoli emessi dalle banche e dalle società quotate, ecc.) che consente di distinguere ai fini dell applicazione del prelievo, tra persone fisiche (soggette) e società ed investitori esteri qualificati (non soggetti al prelievo alla fonte). Tale discriminazione costituisce un insormontabile ostacolo alla circolazione dei titoli a breve sui mercati internazionali, precludendo l'accesso ad una rilevante fonte di credito a breve per le imprese italiane (specialmente piccole e medie). Il mercato dei titoli a breve è, invece, molto sviluppato in altri paesi europei, grazie ad una legislazione che non penalizza la realizzazione di operazioni di cartolarizzazione di crediti a breve. Tali strutture di cartolarizzazione estere sono state utilizzate anche per operazioni con imprese italiane. Tuttavia, queste operazioni, complesse e costose, sono appannaggio degli operatori stranieri, già strutturati a livello internazionale per operazioni di cartolarizzazione a breve, ed accessibili, dati i costi, solo alle imprese di maggiori dimensioni. 4. Un approccio strettamente operativo è anche alla base della richiesta di prestare particolare attenzione alla eventuale introduzione di misure compensative, anche aventi natura di deduzioni o detrazioni di imposta, a favore dei soggetti economicamente più deboli cui fa riferimento la lettera c) della delega. Il ricorso a meccanismi di franchigia parametrati al livello complessivo di redditi 5

6 posseduti dal contribuente non è facilmente attuabile senza il ricorso a segnalazioni nominative all Amministrazione finanziaria, che potrebbero rivelarsi sgradite alla clientela più di quanto non sia gradito il vantaggio che si vuole in tal modo attribuire. Per questo aspetto, il sistema bancario non può che condividere la posizione manifestata sul punto della commissione ministeriale (c.d. Commissione Guerra) secondo cui È sconsigliata l adozione di misure volte a compensare gli effetti dell unificazione delle aliquote per finalità equitative. In primo luogo, perché tale unificazione ha in sè una valenza equitativa, poiché riduce l onere di imposta sull attività (i depositi) in cui è investita la quota più rilevante del portafoglio dei soggetti a più basso reddito. In secondo luogo, per problemi applicativi, dal momento che il prelievo sui redditi finanziari avviene nel nostro paese in forma anonima, mentre le agevolazioni dovrebbero, per forza di cose, richiedere l identificazione del percettore o la rilevazione del suo patrimonio finanziario. (cfr. Sintesi della relazione finale). 5. Per quanto si è detto sinora non si è, tuttavia, fatto ancora cenno alla scelta del criterio cui deve ispirarsi la tassazione dei redditi di natura finanziaria. Il riferimento è alla nota questione della tassazione per maturazione ovvero per cassa, che è stata ampiamente sviluppata dalla Relazione della Commissione Guerra. Abbiamo preferito lasciare tale aspetto in chiusura, in modo da poter illustrare il punto di vista del sistema bancario, senza dover poi riprendere la trattazione degli aspetti da carattere generale sopra affrontati. Gli esperti della Commissione hanno indicato diverse soluzioni, peraltro delineate in un momento antecedente alla stesura del disegno di legge delega. Abbiamo, pertanto, ritenuto opportuno rileggere dette proposte sia alla luce dei criteri e principi direttivi posti dal disegno di legge delega successivamente intervenuto, sia in un ottica prettamente operativa, ipotizzando di calare le stesse nella realtà delle transazioni su titoli effettuate dalla clientela bancaria. L esercizio effettuato ci ha portato alla formulazione di una quarta formula, intermedia, che intende conciliare gli obiettivi di fondo (affermazione del principio della tassazione per maturazione; rimozione della soggettività fiscale dei fondi comuni) con esigenze di ordine più pragmatico, quale, in particolare, quella di offrire al risparmiatore un prodotto accessibile sul piano della fiscalità. In tale prospettiva, intendiamo sottoporre all attenzione del legislatore una impostazione basata sui criteri di seguito sintetizzati: 6

7 1. conservazione degli attuali sistemi del risparmio amministrato e del risparmio gestito individuale. Si desidera, in questo modo, prendere atto della opportunità di evitare alla maggior parte dei clienti/contribuenti i disagi connessi alla obbligatorietà della tassazione per maturazione. Per molti risparmiatori, infatti, la difficoltà di comprendere argomenti di livello accademico si accompagnerebbe con lo scarso gradimento per un regime che comporta il pagamento di imposte a fronte di redditi per i quali non vi è né la disponibilità né la certezza del realizzo; 2. applicazione di formule dirette alla tendenziale equiparazione, sul piano temporale, dei redditi tassati per cassa rispetto a quelli che seguono il principio di maturazione. In tale scenario, il ricorso a meccanismi di riequilibrio (secondo criteri di semplicità) consente di raggiungere lo stesso obiettivo (eliminare gli effetti del differimento temporale della tassazione), ma con uno strumento più facile da comprendere e da accettare da parte del contribuente, per il quale l imposta continuerebbe ad essere applicata solo al momento del realizzo, e non anche a valere su redditi non ancora percepiti. A differenza di quanto previsto con la soluzione c.d. minimale delineata dalla relazione della Commissione, tale aggiustamento non dovrebbe, comunque, essere applicato solo ai proventi dei fondi o dei titoli senza cedola, ma dovrebbe per coerenza essere esteso anche ai redditi del risparmio amministrato, come pure ai redditi delle polizze assicurative di tipo finanziario nonché a quelli tassati in sede di dichiarazione dei redditi; 3. compensazione delle minusvalenze con i redditi di capitale e deducibilità dei costi anche nel risparmio amministrato (e nel dichiarativo), e non soltanto nell ambito delle gestioni di patrimoni individuali. Ciò appare indispensabile per garantire l equivalenza di trattamento tra i diversi redditi e strumenti di natura finanziaria nonché tra gli intermediari finanziari non essendo, a tal fine, sufficiente il solo ricorso a formule correttive temporali di tassazione. La proposta del settore bancario prevede, quindi, di dare attuazione alla necessaria neutralità fiscale prevedendo, per i redditi che seguono il regime della cassa, l introduzione di un correttivo temporale accompagnata dalla possibilità di compensare le minusvalenze con i redditi di capitale e dal riconoscimento in 7

8 deduzione delle commissioni e degli altri oneri sostenuti per la produzione dei redditi di natura finanziaria. Una costruzione così delineata che si pone quale ponte tra la varie ipotesi prospettate dalla relazione della Commissione permetterebbe, a nostro avviso, un dosato bilanciamento tra l esigenza di eliminare le attuali disomogeneità di trattamento nei diversi regimi impositivi ed il rispetto del diritto del contribuente ad una fiscalità comprensibile e non penalizzante. 8

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