GRUPPO VII. Alessio Federico Bracco Luca Franco Andrea Midolo Leonardo Pedrazzo Francesco

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTA DI SCIENZE M.F.N. Corso di Laurea Specialistica in Fisica delle Tecnologie Avanzate Laboratorio di Tecnologie Avanzate Anno Accademico GRUPPO VII Alessio Federico Bracco Luca Franco Andrea Midolo Leonardo Pedrazzo Francesco

2 ii

3 Capitolo 1 AFM: microscopio a forza atomica AFM è l acronimo di Atomic Force Microscopy e identifica una classe di strumenti in grado di misurare l interazione tra un campione e una punta, posta su un braccio oscillante, detto cantilever. La forza misurata tra punta e campione può essere di natura diversa: forze attrattive o repulsive, elettrostatiche, magnetiche..., in relazione al tipo di punta montata sullo strumento. La misura dell interazione avviene valutando lo spostamento dell apice del cantilever, sul quale viene focalizzato un fascio laser, il quale si riflette, con un angolo variabile, su un rivelatore a semiconduttore a quattro quadranti in grado di determinare la posizione del fascio e quindi la deflessione del cantilever. In base al tipo di misura, la punta viene posizionata a distanze comprese tra qualche Angstrom e qualche centinaio dalla superficie del campione. A piccole distanze vengono misurate soprattutto le forze repulsive: un contributo dominante è dato dalla repulsione tra nuvole elettroniche di punta e campione. A grandi distanze dominano le forze attrattive di tipo capillare (fortemente dipendenti dal tipo e della forma della punta utilizzata) o forze di Van der Waals. L interazione è legata al potenziale di Lennard-Jones presente tra atomi della punta e del campione: ne segue che esiste un punto di minimo che separa la zona di lavoro contatto (piccole distanze punta-campione) dalla zona di non contatto (grandi distanze). Lo strumento fornisce una mappa del campione eseguendo una scansione punto a punto, movimentando il campione mediante uno scanner piezoelettrico, in grado di muovere l oggetto nelle tre direzioni spaziali. Questo sistema, sebbene sia in grado di movimentare il campione con spostamenti nanometrici o anche più fini, non si comporta per costruzione in modo lineare: occorre quindi prevedere alcuni accorgimenti per ridurre gli artefatti e le non linearità dello spostamento. 1

4 2 AFM Figura 1.1: Schema di funzionamento di un AFM 1.1 Modalità di lavoro In base alla morfologia del campione e alle caratteristiche della superficie che si vogliono studiare occorre definire una distanza di lavoro tra punta e campione. Come già accennato in precedenza, a distanze diverse i contributi predominanti delle forze agenti dipendono da meccanismi diversi e quindi occorre avere un idea di massima sul materiale in esame e sulle proprietà chimico-fisiche Modalità contact Nella modalità di lavoro contatto la punta lavora a distanze dell ordine dell Angstrom dalla superficie del campione. Vengono impiegati cantilever morbidi (con costante elastica piccola) al fine di evitare possibili danni al campione. Le forze agenti sono in prevalenza di tipo repulsivo e si può descrivere la dinamica della punta considerando i contributi delle forze di repulsione Coulombiana, dell attrazione capillare e dalla forza elastica del cantilever, assimilabile ad una molla. Generalmente è possibile impostare lo strumento in modo tale che durante la scansione segua il profilo del campione mantenendo costante la deflessione del cantilever (acquisizione a forza costante) o la posizione del campione lungo l asse verticale (acquisizione a distanza costante). Nel caso si lavori a distanza costante, il campione si muove unicamente sul piano xy: occorre pertanto essere sicuri che la morfologia del campione non preveda grandi differenze di quota, per evitare di danneggiare la punta o il campione stesso.

5 1.2 Altre tecniche sperimentali 3 Nel caso di acquisizione a forza costante la posizione del campione lungo l asse z viene modificata in modo tale da mantenere costante l interazione tra punta e campione. Tale compito è assolto da un opportuno circuito di feeback. Data la dipendenza della forza dalla distanza, questo comportamento, nel caso di campioni omogenei, equivale a mantenere costante la distanza tra punta e campione. Nei limiti dello spostamento permesso dal movimento piezoelettrico, questa modalità fornisce maggiori garanzie circa la conservazione dell integrità della punta che viene mantenuta sempre distante dal campione (pur lavorando in modalità contatto), anche qualora lo stesso presenti morfologie distribuite lungo l asse verticale Modalità non contact Lavorando in modalità non contact si posiziona la punta a distanze dell ordine del centinaio di Angstrom dalla superficie del campione. Data la minore intensità delle forze agenti a queste distanze, occorre sfruttare fenomeni di oscillazione risonante del cantilever. In questa modalità occorre disporre di cantilever più rigidi, tuttavia si minimizzano i rischi di danneggiamento della punta o del campione e il rischio di artefatti dovuti ad adesione tra punta e campione. Nota la geometria del cantilever e la sua composizione, è possibile valutare la costante di elasticità dello stesso k e la massa m e quindi calcolare la frequenza di oscillazione naturale, ω n = k m (1.1) La misura può essere eseguita mantenendo costante la frequenza di oscillazione alla frequenza propria del cantilever. Si dimostra infatti una dipendenza della frequenza di oscillazione dal gradiente della forza agente sulla punta. Il circuito di feedback apporta le necessarie correzioni alla posizione in z del campione in modo tale che la frequenza di oscillazione del cantilever sia costante. Una misura alternativa prevede invece di eccitare il cantilever ad una frequenza di oscillazione prossima alla frequenza naturale e di valutare l ampiezza delle oscillazioni, funzione della forza agente sulla punta e quindi della distanza punta-campione. Per mantenere costante l ampiezza occorre traslare lungo l asse z il campione e si definisce così la geometria della superficie. 1.2 Altre tecniche sperimentali È possibile, utilizzando strumenti analoghi all AFM, valutare altri tipo di interazione tra punta e campione, quali correnti di Tunnel, effetti magnetici, elettrostatici, di attrito, variazioni della capacità... Tali strumenti sono utili per creare mappe dell oggetto secondo diversi criteri e valutare particolari proprietà

6 4 AFM chimico-fisiche. Lo schema di funzionamento è simile a quello dell AFM, anche se occorre sostituire la punta in base all interazione oggetto di studio e le grandezze misurate sono diverse. In particolare il metodo di mappatura raster del campione con l impiego di scanner piezoelettrici è comune a tutte queste tecniche. È inoltre da notare come questi strumenti possano essere impiegati per nanolitografia, ovvero per modificare intenzionalmente la superficie del campione con precisione atomica. Occorre inoltre segnalare che tutti questi strumenti sono estremamente sensibili alle perturbazioni meccaniche esterne che potrebbero anche danneggiare il sensore o il campione. Occorre quindi disporre di opportuni banchi isolanti e prestare attenzione alla collocazione dello stesso. Occorre inoltre evitare urti contro il tavolo durante la misura o la fase di avvicinamento (approaching) della punta al campione, anche per evitare alterazioni nei risultati.

7 Capitolo 2 Procedura sperimentale Qualora non fosse già presente nello strumento, occorre procedere con l apposita pinzetta all inserimento della punta. La punta è già montata sul cantilever e sul porta cantilever che si inserisce nell apposito fissaggio sullo strumento. Il bloccaggio meccanico avviene tramite magneti permaneneti. Prima di iniziare la scansione è necessario introdurre il campione da analizzare nel microscopio a forza atomica. Facendo attenzione a non danneggiare lo strumento, ad esempio urtando la punta o il cantilever, si può alloggiare con un apposita pinzetta il campione sul supporto. Anche in questo caso il portacampione viene fissato magneticamente allo strumento. Durante l esperimento abbiamo fatto uso di vari campioni. Le misure sono poi state effettuate su dei particolari retini di taratura di cui erano note le misure. Subito dopo aver posizionato il campione si procede all allineamento del laser sul dorso del cantilever. Lavorando con apposite viti esterne al microscopio e possibile ruotare uno specchio per posizionare lo spot del laser e metterlo a fuoco esattamente sul dorso del cantilever. L intera operazione può essere seguita mediante un microscopio ottico facente parte dello strumento stesso oppure, con una telecamera posta internamente al microscopio. Infine il software in dotazione permette di regolare in maniera fine la posizione dello specchio facendo sì che lo spot del laser centri perfettamente il sensore (fotodiodo) a quattro quadranti del microscopio. I procedimenti per l avvicinamento della punta al campione sono diversi se si fa uso del microscopio Burleigh (usato per esperienza preliminare) o PSIA (usato per le misure). Il primo fa uso di un pannello di controllo elettronico che permette di eseguire l avvicinamento mediante due switch (Approach e Retract). Il secondo si serve di una telecamera interna e di un controllo software e avviene nel modo seguente: si imposta la modalitá focus follow che fa sì che il fuoco si sposti con la punta. Poi si mette a fuoco il campione con la telecamera sfruttando alcune imperfezioni sulla superficie. Si procede quindi all abbassamento del cantilever fino a quando non si vedono punta e campione a fuoco. Questo 5

8 6 Procedura sperimentale Figura 2.1: Mappa 3D del retino 1 abbassamento può essere eseguito a mano (sempre facendo uso del software) o in modo automatico. A questo punto è terminata la procedura di avvicinamento e puó iniziare la scansione. In entrambi i microscopi questa si effettua mediante comandi da software impostando la direzione di scansione, il numero di punti dell immagine, il range (in Angstrom) nelle due direzioni di scansione. Il software provvederá a pilotare correttamente il microscopio e ad estrarre i risultati della scansione per produrre immagini tridimensionali del campione. I dati in output sono stati poi processati con il software in dotazione che permette di eseguire diverse operazioni tra cui l eliminazione dei piani inclinati e l esportazione in formato ASCII per l elaborazione numerica. 2.1 Alcune mappe acquisite In questa sezione riportiamo alcune delle mappe acquisite a titolo di esempio.

9 2.1 Alcune mappe acquisite 7 Figura 2.2: Mappa 3D del retino 2: si possono vedere irregolarità nell acquisizione, probabilmente a causa di perturbazioni meccaniche esterne Figura 2.3: Mappa 3D del retino 2

10 8 Procedura sperimentale Figura 2.4: Mappa di ampiezza retino 1

11 2.1 Alcune mappe acquisite 9 Figura 2.5: Mappa di ampiezza retino 2

12 10 Procedura sperimentale Figura 2.6: Mappa di fase retino 1

13 2.1 Alcune mappe acquisite 11 Figura 2.7: Mappa di fase retino 2

14 12 Procedura sperimentale

15 Capitolo 3 Analisi dati Dopo aver acquisito alcune mappe di oggetti campione è stata svolta un analisi dei dati, al fine determinare una correlazione tra i parametri geometrici del campione e i dati forniti dallo strumento. Essendo il campione un retino di prova, il produttore fornisce le dimensioni geometriche e le garantisce entro un certo errore. Nel caso specifico del retino misurato il produttore certifica i seguenti dati: H = 142 ± 7nm (altezza parallelepipedi) l = 3000 ± 5nm (lato base dei parallelepipedi) In particolare si vuole determinare un coefficiente di taratura che permetta una conversione tra le altezze lette dallo strumento e le altezze reali e fornire una stima dell angolo di semiapertura della punta che determina la comparsa di linee oblique, anziché verticali, in corrispondenza delle discontinuità del reticolo. Occorre ricordare che questi parametri sono determinati dalle condizioni di misura e in particolar modo dalla punta scelta, occorre pertanto procedere ad una taratura con un reticolo prima di eseguire una misura con una punta non nota. I calcoli sono stati svolti utilizzando il software di analisi fornito con lo strumento, dotato di algoritmi per la rimozione dei piani, e con Mathematica, utilizzato come foglio di calcolo. I calcoli svolti con Mathematic sono riportati in appendice. 3.1 Condizionamento I dati forniti dallo strumento si presentano come un file ASCII contenente un header indicante le condizioni di misura e una matrice a tre colonne contenente i dati raw in formato (x, y, z). Occorre sottolineare che le dimensioni in xe y sono espresse in µmetri, mentre le dimensioni in z (altezze del profilo) sono espresse 13

16 14 Analisi dati Figura 3.1: Rappresentazione della topografia del retino di prova in nanometri. Un primo condizionamento dei dati prevede l eliminazione di eventuali piani dell immagine derivanti da un orientazione del campione non parallela al piano di movimentazione della punta. Questo viene svolto dal software di analisi dati fornito con lo strumento e si è scelto di utilizzare unicamente la rimozione di un piano, in quanto la rimozione di una funzione quadratica avrebbe portato a risultati poco prevedibili, senza migliorare la fruibilità dell informazione contenuta nel data-set. Rimosso il piano i dati vengono salvati sottoforma di file ASCII e importati all interno del notebook di Mathematica per l analisi successiva. Il programma permette inoltre di visualizzare i dati sottoforma di grafici di ampiezza, fase o rappresentazioni tridimensionali della topografia del campione, esportabili come file di grafica visibili nelle figure 3.1, 3.2 e 3.3. Un ulteriore analisi possibile è la trasformata di Fourier del reticolo che permette di valutare, seppur in modo qualitativo, se non si eseguono calcoli specifici, il grado di periodicità del reticolo, ovvero quanto la nostra acquisizione rappresenta un reticolo perfetto con periodicità costante. La non periodicità del reticolo può essere determinata da imperfezioni del reticolo o da non linearità della misura. La trasformata di Fourier fornisce una mappa di intensità delle frequenze spaziali dell immagine. In un immagine di un reticolo perfetto, orientato secondo gli assi x e y, è possibile vedere solo le frequenze pari al reciproco della periodicità e i multipli interi di queste ultime. Se invece vi sono delle irregolarità della superficie o della periodicità del reticolo, compaiono, nell immagine trasformata, allargamenti delle frequenze caratteristiche (ovvero l intensità di ciascuna di esse è distribuita su una superficie più ampia nell intorno e quindi diminuisce l ampiezza assoluta di ogni singola frequenza) o frequenze meno intense che inducono a pensare alla presenza di rumore distribuito in modo non

17 3.2 Misura del coefficiente di taratura 15 Figura 3.2: Rappresentazione della ampiezza della perturbazione del retino di prova uniforme. L analisi dello spettro di Fourier permette inoltre di filtrare in modo ideale alte o basse frequenze, in modo tale da evidenziare (antitrasformando) i contorni delle figure presenti nel reticolo o, viceversa, le zone di altezza costante. Questo tipo di elaborazione non è stata tuttavia presa in considerazione in questa analisi. 3.2 Misura del coefficiente di taratura Una volta eliminati eventuali piani di base, è possibile importare i dati in un software di analisi e procedere con l elaborazione. Si vuole determinare il valore medio del piano top del reticolo e il valore medio del piano di base, al fine di determinare lo spessore medio del campione come differenza tra le zone alte e basse dello stesso. Il rapporto tra il valore teorico, fornito dal costruttore del retino e il valore misurato sperimentalmente fornisce il coefficiente di taratura da stimare. Occorre notare che il coefficiente di taratura è, coerentemente con la definizione, un numero puro. α = z teorico z misurato (3.1) È stato scelto di importare i dati come matrice di secondo ordine, contenente al suo interno i dati espressi in nm. Per questa ragione i grafici rappresentano sugli assi x e y valori progressivi da 1 a 256 e sull asse z le altezze in nm. Occorre considerare che ogni unità sugli assi x e y corrisponde a 0, 0391µm.

18 16 Analisi dati Figura 3.3: Rappresentazione della fase della perturbazione del retino di prova Sono state eseguite diverse misure dello stesso reticolo, isolandone diverse porzioni. Le figure 3.4, 3.5, 3.6, 3.7 riportano i reticoli acquisiti. Per ciascuna acquisizione è stato calcolato il gradiente al fine di isolare le zone aventi altezza costante, quindi, mediando su tutto il reticolo ne è stato calcolato il valore medio. Come criterio di soglia di eliminazione delle zone di bordo del reticolo è stato scelto il 1% del valore del gradiente: Zone con gradiente superiore al 1% del gradiente massimo, in valore assoluto, vengono considerate zone di interfaccia tra il piano alto e il piano basso e vengono quindi scartate. Sono quindi state disegnate le mappe dei valori ad altezza costante del piano alto e basso del reticolo, riportati nelle figure 3.8 e 3.9, relativi al primo reticolo. In queste figure le zone scure rappresentano zone non considerate nel calcolo del piano relativo: contengono punti appartenenti all altro piano o a zone di bordo. Si può notare che le zone del piano alto sono più omogenee rispetto alle zone del piano di base: questo fatto può essere spiegato con il fatto che la punta risente dell interazione con il campione quando penetra all interno di concavità della superficie, inoltre alcune asperità sono dovute a fenomeni di under-shoot.

19 3.3 Calcolo dell angolo di semiapertura Figura 3.4: Reticolo 1 Per ciascuna zona e stata calcolata la media e la corrispondente deviazione standard, al fine di determinarne la differenza, indice dell altezza media del campione in esame, da confrontare con quanto dichiarato dal costruttore. I valori ottenuti nelle varie prove sono riportati in tabella 3.1. Campione Reticolo 1 Reticolo 2 Reticolo 3 Reticolo 4 Altezza media (nm) 128 ± ± ± ± 42 α 1, 1 ± 0, 2 1, 1 ± 0, 2 1, 1 ± 0, 4 1, 1 ± 0, 4 Tabella 3.1: Altezze medie del campione I coefficienti di taratura sono stati quindi mediati ottenendo un coefficiente medio: α = 1, 09 ± 0, Calcolo dell angolo di semiapertura Per il calcolo della semiapertura della punta e stata scelta la terza acquisizione in quanto appare piu regolare e contiene meno irregolarita e artefatti rispetto

20 18 Analisi dati Figura 3.5: Reticolo 2 alle altre prese in considerazione. Se si analizza una riga o una colonna, selezionando i dati a x costante o a y costante, si nota che i bordi degli scalini del campione non sono effettivamente ben definiti e presentano una discesa con un certo angolo, sicuramente non perfettamente verticali come appaiono invece nell immagine SEM inclusa nel data-sheet del provino fornito dal costruttore del retino. Tali irregolarita sono da attribuirsi in parte al fatto che la punta presenta un angolo di apertura non nullo e in parte ad artefatti tipo over o under-shoot dovuti al fatto che il cantilever impiega un certo tempo a stabilizzarsi sul nuovo punto in caso di brusche variazioni di ampiezza del campione, come accade nel caso del reticolo. In particolare gli over-shoot sono riconoscibili come i picchi che compaiono all inizio delle zone ad elevato spessore, mentre gli under-shoot sono riconducibili agli avvallamenti all inizio delle zone a basso spessore. Inizio di un settore ha il significato di primi punti di una zona, nel senso di percorrenza della punta. Analizzando un grafico bidimensionale, ad esempio la figura 3.10 emerge nuovamente il fatto che le zone piu sottili del campione contengono un numero maggiore di irregolarita, come illustrato in precedenza. Sono state analizzate 4 righe e per ciascuna di esse 3 gradini. Isolata la zona di gradino ascendente (nel verso di percorrenza della punta) e stato eseguito

21 3.3 Calcolo dell angolo di semiapertura Figura 3.6: Reticolo 3 un fit con linee spezzate, al fine di isolare il coefficiente angolare della retta nel tratto di limite del gradino. Nel caso di zona ad altezza costante ci si attende un coefficiente angolare nullo, nel limite degli errori sperimentali della misura. Mediando i vari coefficienti e applicando le opportune correzioni derivanti dal coefficiente di taratura e dalle diverse scale utilizzate per gli assi x e z e stato calcolato un valore pari a β = 0.44 ± 0.03 Geometricamente β corrisponde alla derivata (media) del bordo del gradino, quindi alla tangente dell angolo θ calcolato tra il bordo e la l asse delle ascisse. La semiapertura della punta e determinata come l angolo complementare a θ (tutti gli angoli sono espressi in radianti): θ = 0.42 ± 0.03 φ = 1.15 ± 0.03 Se ne deduce che la punta ha un angolo di apertura pari a circa 66 ± 2 gradi sessagesimali.

22 20 Analisi dati Figura 3.7: Reticolo 4 Osservando che i bordi sul lato discendente sono pressoche verticali si puo considerare che, in base al posizionamento del cantilever utilizzato nelle misure, la punta e disposta in modo tale che lo spigolo posteriore corrisponda all asse verticale.

23 3.3 Calcolo dell angolo di semiapertura Figura 3.8: Reticolo 1: zone del piano alto

24 22 Analisi dati Figura 3.9: Reticolo 1: zone del piano di base Figura 3.10: Reticolo 1: profilo della riga 1

25 3.3 Calcolo dell angolo di semiapertura Figura 3.11: Fit di un gradino mediante poli linea

26 24 Analisi dati

27 Indice 1 AFM Modalità di lavoro Modalità contact Modalità non contact Altre tecniche sperimentali Procedura sperimentale Alcune mappe acquisite Analisi dati Condizionamento Misura del coefficiente di taratura Calcolo dell angolo di semiapertura

28 26 INDICE

29 Elenco delle figure 1.1 Schema di funzionamento di un AFM Mappa 3D del retino Mappa 3D del retino 2: si possono vedere irregolarità nell acquisizione, probabilmente a causa di perturbazioni meccaniche esterne Mappa 3D del retino Mappa di ampiezza retino Mappa di ampiezza retino Mappa di fase retino Mappa di fase retino Rappresentazione della topografia del retino di prova Rappresentazione della ampiezza della perturbazione del retino di prova Rappresentazione della fase della perturbazione del retino di prova Reticolo Reticolo Reticolo Reticolo Reticolo 1: zone del piano alto Reticolo 1: zone del piano di base Reticolo 1: profilo della riga Fit di un gradino mediante poli linea

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