Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. La variazione linguistica nell'arabo moderno: il caso della lingua parlata a San'a (Yemen)

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1 Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano Facoltà di Lingue e Letterature Straniere La variazione linguistica nell'arabo moderno: il caso della lingua parlata a San'a (Yemen) di Barbara Zagaria Relatore: Luigi Paolo Branca A. A

2 Prefazione All inizio della mia ricerca, il mio intento era quello di scrivere una tesi riguardante i dialetti dello Yemen. Però serviva un introduzione all argomento, doveva esserci un riferimento storico alle origini della lingua e alle motivazioni che hanno portato alla differenziazione delle parlate, per poi concentrarmi sullo Yemen. Durante la lettura di studi precedenti sulla storia della lingua araba, mi sono talmente appassionata all argomento che alla fine il mio lavoro si è incentrato quasi per metà su questo tema. Se si fosse trattato dell evoluzione di una lingua europea, una ricerca in questo campo sarebbe stata sicuramente interessante da un punto di vista linguistico; in questa tesi però ho parlato dell arabo, e uno studio sulla sua evoluzione non è interessante solo linguisticamente, ma anche e soprattutto dal punto di vista culturale. Come verrà detto più volte, la lingua va sempre a spasso con la cultura e viceversa, non è mai possibile scindere le due cose, quindi anche dallo studio diacronico del francese, per esempio, si possono dedurre anche gli aspetti dell evoluzione culturale. L arabo però ha un privilegio che rende questa lingua assolutamente unica: è la lingua del Corano. Ora, questa non è un osservazione da poco perché implica delle ripercussioni notevoli. Secondo la religione islamica, nel 601 l Arcangelo Gabriele iniziò a rivelare a Muhammad il Libro Sacro in lingua araba chiara, cioè Dio aveva parlato al Profeta in Arabo per mezzo dell Arcangelo. Ma se Dio ha parlato in Arabo, significa che questa è una lingua sacra, intoccabile, e quindi modificarla vorrebbe dire intaccare la parola di Dio. Da qui il problema della traducibilità del Corano... Ormai l evoluzione linguistica è un dato di fatto, è un processo inevitabile come l invecchiamento organico. Ma pensiamo a chi in passato doveva decidere se e come introdurre un nuovo vocabolo. Vedremo tutti i problemi creati dall introduzione di nuovi concetti, propri dell età moderna, che ovviamente non esistevano ai tempi della rivelazione. Che fare? Cercare nella derivazione un termine improbabile e poco efficace pur di mantenere la purezza della lingua sacra, oppure ricorrere alla scorciatoia del prestito straniero, comprensibile a tutti, col rischio di inquinare la lingua coranica? È stato il caso di tram, telefono, televisione e molti altri vocaboli ormai di uso comune. In ambito europeo sappiamo che esistono lingue più aperte ai prestiti stranieri, come l italiano, e altre molto più conservatrici come il francese e lo spagnolo, che si ostina a chiamare ratón il mouse del computer, l ordenador. Ma nell arabo non è una questione di essere più o meno aperto agli scambi, è proprio una questione religiosa, direi mistica, che merita molta attenzione. 1

3 Nella seconda parte della tesi ho trattato il dialetto di San. Perché non tutti i dialetti yemeniti come mi ero proposta? Innanzitutto i dialetti dello Yemen sono innumerevoli, ogni villaggio ne ha uno; è un po come se volessimo fare uno studio su tutti i dialetti italiani: potremmo fare una breve panoramica che risulterebbe alquanto sterile, oppure studiare approfonditamente una sola parlata locale. In secondo luogo, i miei soggiorni in Yemen li ho trascorsi quasi interamente a San, salvo brevi escursioni. Quindi ho preferito dare rilievo alla mia esperienza sul campo, più che a ricavare informazioni da studi precedenti, per altro numericamente scarsi. Il dialetto di San è quello che più si avvicina al classico, nonostante qualunque arabo sia convinto di parlare la lingua più pura... È l unico dialetto in cui tutte le lettere (comprese le enfatiche) vengono pronunciate come nel classico, salvo poche eccezioni come la ق che si pronuncia come /g/ sorda. Anche dal punto di vista lessicale, difficilmente un vocabolo si discosta nettamente dal classico o, se lo fa, spesso richiama delle sue forme arcaiche. Lo Yemen è il più conservatore tra i Paesi arabi, sia dal punto di vista linguistico che da quello culturale. Per questo visitandolo e studiandone la lingua si ha l impressione di tornare alle origini della civiltà araba (l Arabia Felix era proprio lo Yemen) e di toccare con mano l essenza di questo mondo così contraddittorio e, forse per questo, così irresistibile. 2

4 Parte Prima Premesse di sociolinguistica Peter Breugel, La torre di Babele,

5 Capitolo I Sociolinguistica. Definizione Anche se esiste una lunga tradizione nello studio dei dialetti e in generale il rapporto tra significato delle parole e cultura, la sociolinguistica ha conosciuto il suo maggiore sviluppo solo tra la fine degli anni Sessanta e l inizio degli anni Settanta. Possiamo senza dubbio affermare che sociolinguistica e linguistica sono due concetti diversi, benché molti sociolinguisti si ritengano prima di tutto dei linguisti. Secondo Hudson, infatti, la linguistica tiene conto solo della struttura del linguaggio, ignorando i contesti sociali in cui essa viene appresa e studiata. Tuttavia non si può dare per scontata la nozione di una lingua X dal momento che tale lingua X è definita in termini di gruppo di individui che la parlano. Inoltre il linguaggio ha una funzione sociale, sia come mezzo di comunicazione, sia come modo di identificazione dei gruppi sociali. La linguistica dunque ignora la società 1. Come vediamo da questa citazione, nel definire la sociolinguistica gli elementi in gioco sono sempre due, il linguaggio da un lato e la società dall altro, due elementi inscindibili. Le definizioni di sociolinguistica sono tuttavia molto difformi. Tra le definizioni più ampie per quantità di soggetti di analisi e campi d azione troviamo quella di Fishman, che parla di sociologia del linguaggio, la quale concentra la sua attenzione sull intera gamma degli argomenti connessi all organizzazione sociale del comportamento linguistico. Secondo Hudson la sociolinguistica è lo studio della lingua in rapporto con la società, ben diversa dalla sociologia del linguaggio che definisce lo studio della società in rapporto con la lingua. La differenza tra queste due scienze dipende dal maggiore o minore interesse che il ricercatore attribuisce alla lingua o alla società. Ciò che comprende la sociolinguistica è stato ed è oggetto di interpretazioni assai varie. Per Hymes la sociolinguistica è un campo pluridisciplinare che tiene conto, in una misura variamente dosata ma essenziale per capire la complessità dei fenomeni, di linguistica, sociologia, antropologia sociale, etnografia, folklore, poetica, psicologia 2. Anche per Trudgill (1978) the difficulty with sociolinguistics [...] is that it is a term which means many different things to many different people 3. È nota la posizione assolutista di Labov (1972), secondo il quale solo lo study of language in its social context 4 è vera linguistica, e lo studio della variabilità linguistica è l aspetto centrale della linguistica in generale. La sociolinguistica è quindi la vera linguistica, posizione ampiamente condivisa e sostenuta da Hymes, per il quale, più precisamente, una sociolinguistica a fondamento antropologico-etnografico ingloba come sua sottoparte la linguistica. Trudgill ha un opinione simile, anche se non è d accordo sul carattere assolutistico della sociolinguistica, che è invece that part of linguistics which is concerned with languages as a social and cultural phenomenon (1974) e inoltre cerca di definire meglio gli obiettivi della sociolinguistica che possono essere esclusivamente sociologici, sia sociologici che linguistici o completamente linguistici. A conclusione di questa rassegna di posizioni, Berruto (1995) presenta dei postulati indiscutibili per capire cosa sia effettivamente la sociolinguistica (SL): a) la SL è un settore degli studi linguistici, appartiene alle scienze del linguaggio e non a quelle della società; b) i sociolinguisti si considerano di solito, e sono prima di tutto, linguisti; c) l oggetto di studio della SL comprende fenomeni linguistici visti sotto l angolatura della dimensione sociale (assunta per lo più come variabile 1 Hudson R., Sociolinguistica, Il Mulino, Bologna, Hymes D., Fondamenti di sociolinguistica. Un approccio etnografico, Zanichelli, Bologna, Trudgill P., Introduction: sociolinguistics and sociolinguistics, London, Labov W., Sociolinguistic Patterns, Philadelphia,

6 indipendente). La SL è quindi un settore delle scienze del linguaggio che studia le dimensioni sociali della lingua e del comportamento linguistico, vale a dire i fatti e i fenomeni linguistici che hanno rilevanza o significato sociale, una sorta di linguistica dei parlanti. Sempre Berruto elenca tutti i fenomeni che possono rientrare nel concetto di SL. Parla di un nucleo duro che è la SL in senso stretto e che ha come ambiti di applicazione lo studio della natura e delle manifestazioni della variabilità linguistica, del rapporto fra lingua e stratificazione sociale e poi la SL in senso lato, cioè la sociologia del linguaggio, vale a dire lo studio della distribuzione, della collocazione, della vita e dello status dei sistemi linguistici nelle società ; solo alla periferia si trovano discipline come la dialettologia, che personalmente ritengo più rilevante di quanto non lo ritenga Berruto, in quanto si tratta dello studio delle manifestazioni del comportamento linguistico delle comunità linguistiche in base alla loro distribuzione geografica, lo studio quindi della vera e propria linguistica dei parlanti. 5

7 Capitolo II Concetti sociolinguistici fondamentali 1. Comunità Linguistica Questo è uno dei concetti più importanti perché innovativi. Illustra molto bene il cambiamento di prospettiva rispetto alla lingua teorica, poiché ciò su cui viene posta l attenzione non è più la lingua astratta, bensì la lingua in rapporto ai parlanti. Inoltre, mentre nella linguistica teorica si prende come punto di riferimento una comunità di parlanti ideale, astratta, l interesse della sociolinguistica è focalizzato sulle comunità linguistiche reali, concrete. Anche in questo caso, le definizioni fornite dai ricercatori non sono uniformi e si basano di volta in volta su criteri diversi. Un primo criterio è basato semplicemente sulla lingua, per cui una comunità linguistica è l insieme di tutte le persone che usano una determinata lingua. Gli studiosi che basano su questo criterio le loro definizioni sono per esempio Hockett per il quale la comunità linguistica è the whole set of people who comunicate with each other, either directly or indirectly, via the common language 5. John Lyons definisce la comunità linguistica come tutte le persone che usano una data lingua (o un dialetto) 6. Secondo lui quindi le diverse comunità si possono accavallare l una sull altra dove esistono parlanti bilingui, quindi non hanno necessariamente un unità sociale o culturale. Per Kloss la comunità è il complesso delle persone che hanno in comune come lingua materna un determinato sistema linguistico nelle sue diverse varietà dialettali, sociolettali, ecc. 7, mettendo l accento sulla necessità che i parlanti siano nativi, mentre il già citato Fishman presuppone una condivisione non solo di una lingua con le sue varietà, ma anche delle consuetudini che ne regolano l impiego adeguato alle situazioni; a differenza di Kloss, i membri della comunità linguistica non devono necessariamente essere parlanti nativi della lingua in questione: una comunità linguistica è quella comunità i cui membri hanno tutti in comune almeno una varietà di lingua e le norme per il suo uso appropriato 8. Altri ricercatori si basano invece su altri criteri, come quello della base socio-geografica che implica sia una comunanza di lingua che una condivisione del luogo di stanziamento. Per Ferguson (1959) la comunità linguistica è un gruppo di persone che appartengono a una determinata entità geografico-politica e condividono la stessa lingua. Più complessa la definizone di Gumperz (1973) per cui comunità linguistica è ogni aggregato umano caratterizzato da un interazione regolare e frequente per mezzo di un insieme condiviso di segni verbali e distinto da altri aggregati simili a causa di differenze significative nell uso del linguaggio 9. Un altro criterio, sviluppato soprattutto da Labov, secondo il quale gli atteggiamenti sociali nei 5 Hockett, C.F. A Course in Modern Linguistics, New York, Lyons, J. Natural language and universal grammar, Cambridge, Berruto, G. Fondamenti di Sociolinguistica, Ibid. 9 Gumperz, J. La comunità linguistica,

8 confronti della lingua sono estremamente uniformi in una comunità linguistica, è costituito appunto agli atteggiamenti. Per comunità linguistica bisogna intendere un gruppo di parlanti che condivide un insieme di atteggiamenti sociali nei confronti di una lingua. Labov accenna anche alla presenza di norme condivise: La comunità linguistica è definita non tanto da un accordo ben definito nell uso degli elementi della lingua, quanto piuttosto dal coinvolgimento in un insieme di norme comuni; si possono cogliere tali norme in tipi evidenti di comportamenti valutativi e nell uniformità di schemi astratti di variazione, invarianti rispetto a livelli particolari di uso 10. Questo è un ulteriore criterio, su cui pone l accento anche Hymes, secondo il quale una comunità linguistica è una comunità che condivide la conoscenza di regole per produrre e interpretare il parlare, cioè che condivide sia norme linguistiche che risorse verbali. Hymes afferma inoltre che la cosa più utile da fare è riservare la nozione di comunità per un unità locale, caratterizzata per i suoi membri da una comune collocazione spaziale e da interazione primaria. Ognuna di queste definizioni è giusta, poiché tutte definiscono un insieme di persone che hanno linguisticamente qualcosa in comune: una lingua o un dialetto, l interazione per mezzo della parola, una certa gamma di varietà e di regole per l uso di queste varietà, una certa gamma di atteggiamenti nei confronti delle varietà e degli items. Sviluppando i criteri degli atteggiamenti e delle regole condivise possono venire in primo piano i sentimenti di appartenenza e l autoidentificazione, con la conseguenza che il concetto stesso di comunità linguistica perde il suo carattere unitario, dato che ciascun parlante può sentirsi contemporaneamente partecipe, se non membro, di più comunità che si intersecano tra loro. In questa prospettiva, quindi, i confini tra le comunità tendono a sfaldarsi. Entrando nel campo sociologico, possiamo quindi distinguere fra Gesellschaft (società), basata su rapporti sociali convenzionali, fissati contrattualmente secondo divisioni ben definite, e Gemeinschaft (comunità), basata su rapporti sociali fondati sulla solidarietà, con divisioni non ben definite e informali. È soprattutto su quest ultima che si basa il concetto di comunità linguistica (Berruto, op. cit.). Più si va avanti nell analisi, più diventa difficile definire la comunità linguistica, perché entrano in gioco, come abbiamo visto, diversi fattori che concorrono alla sua definizione, e soprattutto perché la definizione cambia a seconda che ci basiamo su criteri oggettivi (spazio geo-politico, lingua) o su criteri poco osservabili (atteggiamenti, condivisione di norme e valori..). Per far fronte a questa difficoltà, Berruto propone una definizione riassuntiva di comunità linguistica: Un insieme di persone, di estensione indeterminata, che condividano l accesso a un insieme di varietà di lingua e che siano unite da una qualche forma di aggregazione socio-politica. L insieme di varietà di lingua e l estensione dell aggregazione possono essere stabiliti di volta in volta. Una nozione del genere si può applicare sia a comunità ridotte, sia a comunità ampie o molto ampie. 2. Repertorio linguistico L insieme delle varietà di una lingua (varietà di una stesa lingua e/o varietà di lingue diverse) presenti in una comunità parlante costituisce il repertorio linguistico. In prima ipotesi, si può definire il concetto di repertorio linguistico come l insieme delle risorse linguistiche possedute dai membri di una comunità linguistica, vale a dire la somma di varietà di una lingua o di più lingue 10 Berruto, op. cit. 7

9 impiegate presso una certa comunità sociale (Berruto). Si mette l accento quindi sul fatto anche le comunità che a prima vista possono sembrare monolingui presentano in realtà una situazione più articolata. Sempre citando Berruto, diciamo che la presenza di più lingue non disturba la nozione di repertorio: possiamo avere repertori monolingui, bilingui, multilingui, ciò che conta non sono le singole lingue diverse, bensì l aggregato di varietà a disposizione della comunità parlante. Il concetto di repertorio linguistico è stato teorizzato in particolare da Gumperz, secondo il quale questo concetto non va inteso semplicemente come una somma lineare di varietà di lingua, ma comprende anche i rapporti fra di esse, la loro gerarchia e i modi d uso. Il repertorio è dato da all varieties, dialects or styles used in a particular socially defined population, and the constraints which govern the choice among them 11. Quindi per esempio il repertorio linguistico della comunità italiana è costituito dalla soma dell italiano in tutte le sue varietà, dei vari dialetti e le loro rispettive varietà, delle lingue minoritarie e delle loro varietà, dei rapporti secondo i quali tutte queste varietà di lingua si collocano in una certa gerarchia e dei loro modi d uso nelle singole situazioni. Per alcuni autori come Cardona, la nozione di repertorio linguistico è indipendente dalla comunità linguistica e può essere riferito a un singolo individuo parlante (anzi dovrebbe riferirsi soprattutto a quest ultimo). Secondo l autore, il repertorio è la gamma dei mezzi linguistici disponibili al singolo o alla comunità 12 (Cardona, 1976) 3. Varietà di lingua Ogni membro riconoscibile di un repertorio linguistico costituisce una varietà di lingua. Berruto definisce la varietà di lingua in sociolinguistica come un concetto molto generale e neutro. Intanto bisogna ricordare che, parlando di sociolinguistica, dobbiamo sempre fare riferimento al versante linguistico e a quello sociale allo stesso tempo. Ciò che individua una varietà di lingua è il cooccorrere, il presentarsi insieme, di certi elementi, forme e tratti di un sistema linguistico e di certe proprietà del contesto d uso: dal punto di vista del parlante comune una varietà di lingua è designabile come il modo cui parla un gruppo di persone o il modo in cui si parla in determinate situazioni. Hudson definisce una varietà linguistica come un insieme di item linguistici con distribuzione sociale simile 13. Per Downes a variety is a clustering together of linguistic features within a continuum which is explicable in terms of some dimension of social space 14. In questa definizione in particolare notare come le varietà siano inserite in un continuum e che il raggruppamento di tratti che le caratterizza sia spiegabile in termini sociali. Berruto fonde le possibili definizioni di varietà di lingua, ricavandone una nuova: una varietà di lingua è un insieme di tratti congruenti di un sistema linguistico che co-occorrono con un certo insieme di tratti sociali, caratterizzanti i parlanti o le situazioni d uso. 11 Gumperz, Sociocultural knowledge in conversational inference, Washington, Cardona, G.R. Introduzione all etnolinguistica, Il Mulino, Bologna, Hudson, op. cit. 14 In Berruto, op. cit. 8

10 Per quanto riguarda questi tratti linguistici che caratterizzano una varietà, la loro quantità non è predeterminata. Varietà diverse possono essere contrassegnate da un numero alto di differenze linguistiche, ma anche da un numero basso. Non è facile riconoscere e delimitare una varietà di lingua. Berruto spiega brevemente il procedimento per isolarla e quindi riconoscerla: in un primo momento si riscontra una lista di tratti linguistici che si presentano assieme; si verifica poi se questo insieme di tratti tende a co-occorrere con parlanti aventi certe caratteristiche sociali in comune oppure con situazioni d uso della lingua aventi proprietà in comune. Se è così, abbiamo presumibilmente individuato una varietà di lingua. Ciò non toglie comunque che non è sempre facile stabilire quando si tratti di varietà delle stessa lingua o di varietà di lingue diverse: due varietà con un certo grado di distanza strutturale possono essre alternativamente ritenute varietà della stessa lingua o varietà di due lingue diverse sulla base di fatti non linguistici (sentimento dei parlanti, convenzioni socio-culturali, importanza sociale..), e non esiste una soglia al di qua o al di là della quale due varietà diverse vadano considerate varietà della stessa lingua o due lingue diverse. La designazione di lingua dipende sostanzialmente da criteri e proprietà extralinguistici (Berruto). Se per esempio consideriamo il tedesco e il neerlandese, queste sono riconosciute come lingue autonome, nonostante abbiano una divergenza strutturale non molto rilevante e un certo grado di intercomprensibilità, mentre l italiano e i dialetti italiani vengono considerati due varietà della stessa lingua, nonostante siano due varietà con un grado di distanza strutturale maggiore e un minor grado di intercomprensibilità. La minima entità sociale a cui può corrispondere una determinata varietà è rappresentata dal singolo individuo, si parla in questo caso di idioletto. Anche a proposito di questo concetto, sono state elaborate diverse definizioni. Una di queste è quella di Bloch, secondo cui l idioletto è la vera e propria varietà linguistica minima e vale l insieme delle possibili realizzazioni linguistiche di un parlante nel servirsi in un determinato lasso temporale di una lingua per interagire con un altro parlante. È vero però che, in base a questa definizione, un individuo può avere più idioletti, ciascuno riferito alle lingue che il parlante conosce. Possiamo intendere allora l idioletto come l intero complesso delle particolarità linguistiche di un parlante, venendo così a coincidere più o meno con il concetto di repertorio linguistico individuale. Secondo entrambe queste definizioni, l idioletto non coincide però con un unica entità minima di lingua, poiché nell idioletto vi possono essere più varietà connesse alle situazioni comunicative. Berruto dà quindi una terza definizione: idioletto è il modo di realizzare la lingua tipico di un parlante in un certo insieme omogeneo di situazioni ; anche in questo caso, però, un parlante, indipendentemente dal fatto che conosca o meno altre lingue, avrebbe più idioletti, che coinciderebbero con le nozioni di registro e stile. Ecco perché questo concetto di idioletto non viene preso in considerazione dalla sociolinguistica e utilizzato solo come nozione teorica: nel concetto di idioletto possono diventare pertinenti tratti esclusivamente individuali e paralinguistici come la modulazione della voce e manifestazioni foniche varie che dipendono da molteplici fattori (biologici, emotivi..), che non hanno nulla a che fare con il carattere sociale della materia. 4. Le dimensioni della variazione Su un fatto i sociolinguisti sono concordi, cioè sulle tre fondamentali dimensioni o assi di variazione: -1- la variazione diatopica, relativa alla diversa origine e distribuzione geografica dei parlanti -2- la variazione diastratica, relativa ai diversi strati socio-culturali 9

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