Una mano tesa per la salute

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1 Una mano tesa per la salute A TUTELA DELLA SALUTE DEL CITTADINO: LA SINERGIA PER IL FUTURO! Non riesco proprio a farmi prendere sul serio quando dico che non ho niente contro i counselor. Avrò le mie personali responsabilità rispetto alle mie modalità comunicative e farò sicuramente profonde autoanalisi e autocritiche ad esempio su quell eccesso di ironia e autoironia che talvolta mi coglie. Ma io davvero non so più come dire che non voglio che i counselor spariscano e che non penso affatto che facciano gli psicologi abusivi e/o di seconda mano. Non mi importa nemmeno più capire cosa faccia un counselor, mi basta sapere che non fa lo psicologo e io ci credo fortissimamente! Penso,però, che abbiano un problema interno alla categoria rispetto al quale noi psicologi non possiamo restare indifferenti. Il problema sono quei counselor che asseriscono di poter fare diagnosi o trattare problemi d ansia, di attacchi di panico, persino di depressione e di tossicodipendenza, come mi è ahimè capitato di leggere su una locandina di uno studio proprio qualche giorno va. Un caso purtroppo non isolato I counselor non fanno niente di tutto questo. Lo sappiamo bene: non si occupano di questo perché occuparsene sarebbe abuso di professione. Si occupano di altro. Non ho capito bene di cosa, ma questo è un mio limite E mia ferma convinzione, allora, che sia proprio sul tema dell abuso della professione che counselor e psicologi debbano unirsi!

2 Cari counselor, il corpo didattico dei vostri corsi e dei vostri master è costituito nella larga maggioranza proprio da psicologi! Siamo in larghissima parte presenti pure nelle vostre associazioni! Allora se c è qualche counselor scorretto che fa terapia, che fa sostegno psicologico, è molto probabile che sia proprio uno psicologo e/o uno psicoterapeuta ad avergli insegnato alcuni degli strumenti necessari! E quando questo counselor scorretto va in giro e commette abuso della professione, fa del danno (oltre al cliente/paziente ) anche alla vostra categoria! A voi, che non siete professionisti né abusivi né di seconda mano! Ma chi ha erroneamente insegnato ad agire in questo modo, è colpevole tanto quanto chi ha poi effettivamente agito. Finalmente, però, si è aperta una speranza: noi psicologi, infatti, abbiamo fatto un passo avanti. Abbiamo votato a maggioranza praticamente bulgara la modifica all Art.21 del nostro codice di condotta e d ora in avanti chi farà credere a non psicologi (e quindi anche a chi frequenta un corso di counseling) che possono fare gli psicologi commetterà violazione deontologica grave. Alleluja! E spero davvero che voi abbiate esultato con me quando avete saputo i risultati, perché finalmente abbiamo uno strumento che permette, a noi e a voi, di tutelare le persone e le rispettive professioni! Propongo allora un azione sinergica, che fa del bene proprio a tutti, counselor, psicologi, cittadini! Insieme, che si sa che quattr occhi sono meglio di due, vigiliamo sui counselor furbacchioni che vogliono fare gli psicologi abusivamente e sugli psicologi che vi formano in maniera scorretta, facendovi credere di fare cose che non potete fare, che magari vi costringono pure a stare

3 nelle stesse aule degli specializzandi in psicoterapia a fare lezione, che a voi della psicoterapia, si sa, non frega proprio niente! Autore: Ada Moscarella Sin da subito, già durante il mio percorso universitario, ho fatto di tutto per fare esperienza diretta in diversi contesti. Questo mi ha aiutato a scegliere con più consapevolezza il mio percorso, che si è concentrato sulla clinica, sulla psicodiagnosi e sulla formazione. Negli anni da studente fuorisede all Aquila ho imparato quanto la condivisione e il lavoro di gruppo siano le principali fonti di speranza e creatività per il professionista. Ho portato questa ferma convinzione anche nella mia vita professionale: sono Tesoriere dell Associazione Psicologi Campani e Socio Fondatore e VicePresidente dell Associazione LeGaMi. Gestisco inoltre un blog molto seguito dove racconto la vita dello psicologo libero professionista (#senzacamice). Amo i sistemi, le connessioni: sono costantemente e tenacemente alla ricerca di possibilità. Dalla mia adolescenza un po nerd, ho conservato la passione per la matematica, la tecnologia e soprattutto la narrazione. Credo nell autenticità come base di ogni relazione e nelle relazioni come generatrici di speranza. Psicologi campani e DSA: cosa

4 aspettiamo? E l 8 Ottobre 2010 quando viene emanata la Legge 170 Nuove norme in materia di disturbi specifici dell apprendimento in ambito scolastico. E un momento fondamentale per il riconoscimento del diritto allo studio e al benessere scolastico degli allievi con DSA! L Art.2 della Legge 170, elencando le finalità della stessa, parla di: garantire il diritto all istruzione; favorire il successo scolastico, anche attraverso didattiche di supporto e l adozione di modalità di valutazione adeguate alle necessità degli studenti; ridurre i disagi emotivi e relazionali; sensibilizzare insegnanti e genitori su tutti gli aspetti legati ai DSA; favorire la diagnosi precoce e gli interventi riabilitativi. Balzano immediatamente all occhio le possibilità di intervento per gli psicologi! Ma ecco il fatidico ma Per attivare tutti gli interventi elencati dalla legge, infatti, è necessario avere una diagnosi di DSA: e chi può effettuarla? L Art.3 della Legge 170 afferma che i soggetti titolati a porre diagnosi di DSA sono: il Servizio Sanitario Nazionale o specialisti e strutture accreditate

5 Ecco allora l intoppo! Quali specialisti? Quali strutture? E soprattutto: accreditate con quali criteri? La Legge 170 non chiarisce nulla in merito e lascia alle singole regioni il potere di decidere sulla materia. Un problema nient affatto trascurabile! Il SSN, sempre più oberato di lavoro e sempre più a corto di organico, può impiegare dai 6 ai 12 mesi per l espletamento di tutto l iter diagnostico. Per un bambino con DSA significa, in sostanza, non poter usufruire per interi semestri, se non per l intero anno scolastico, di tutti gli interventi necessari a tutelare la sua salute e il suo diritto allo studio! Ossia tutto ciò che la Legge 170 si proponeva di tutelare! Per avere indicazioni circa i criteri di accreditamento, occorre attendere Luglio 2012, quando viene pubblicato lo schema di accordo tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano su Indicazioni per la diagnosi e la certificazione dei disturbi specifici dell apprendimento, dove all Art.2 sono indicati i Criteri qualitativi per l individuazione dei soggetti per il rilascio della diagnosi. Come si sono regolate, allora, le varie regioni? La Lombardia, con uno scatto degno di Usain Bolt, grazie anche all impegno dell Ordine degli Psicologi (a maggioranza AltraPsicologia), già a Settembre 2012 avvia le procedure per l accreditamento di strutture

6 e liberi professionisti, a patto che questi dichiarino di effettuare la diagnosi in collaborazione con neuropsichiatra e logopedista, non necessariamente operante nella stessa struttura o studio. Inoltre, è ritenuta sufficiente la firma di un solo professionista (psicologo o neuropsichiatra), responsabile del caso. Una procedura snella, che innanzitutto velocizza i tempi per gli studenti e le famiglie,che agevola il lavoro all interno delle strutture pubbliche e abbatte i costi per tutti. Altre regioni in cui esistono meccanismi simili sono Liguria e Lazio, cui recentemente, grazie anche all opera dell Ordine degli Psicologi, si è aggiunta la regione Marche. In altre regioni, come il Veneto e il Piemonte, la diagnosi rilasciata dal professionista privato necessita comunque di una convalida dal SSN, che ne controlla la regolarità. Nelle altre regioni, Campania compresa, la questione resta sospesa Riteniamo che l Ordine, così come accaduto in Lombardia o nelle Marche, debba attivarsi al più presto, affinché lo psicologo esperto in DSA possa essere messo in condizione di potersi accreditare e rilasciare certificazioni valide, a tutela della salute e del benessere dei bambini con difficoltà di apprendimento, delle loro famiglie e dei docenti! [Aggiornamento: Arrivano finalmente le indicazioni anche per la Campania per l accreditamento di professionisti privati in materia di DSA. Burc n.23 dell Aprile 2014] Autore: Ada Moscarella

7 Sin da subito, già durante il mio percorso universitario, ho fatto di tutto per fare esperienza diretta in diversi contesti. Questo mi ha aiutato a scegliere con più consapevolezza il mio percorso, che si è concentrato sulla clinica, sulla psicodiagnosi e sulla formazione. Negli anni da studente fuorisede all Aquila ho imparato quanto la condivisione e il lavoro di gruppo siano le principali fonti di speranza e creatività per il professionista. Ho portato questa ferma convinzione anche nella mia vita professionale: sono Tesoriere dell Associazione Psicologi Campani e Socio Fondatore e VicePresidente dell Associazione LeGaMi. Gestisco inoltre un blog molto seguito dove racconto la vita dello psicologo libero professionista (#senzacamice). Amo i sistemi, le connessioni: sono costantemente e tenacemente alla ricerca di possibilità. Dalla mia adolescenza un po nerd, ho conservato la passione per la matematica, la tecnologia e soprattutto la narrazione. Credo nell autenticità come base di ogni relazione e nelle relazioni come generatrici di speranza. Ordine e comunicazione PRIMO ASSIOMA DELL ORDINE DEGLI PSICOLOGI: NON SI PUO NON COMUNICARE Tirocini a pagamento nelle ASL campane. Alessandra Bianco ce l ha raccontato QUI, delibere alla mano, per i più increduli. Abbiamo iniziato raccogliendo le voci su internet, poi siamo andati alla ricerca di informazioni, conferme, esperienze dirette.

8 Poi abbiamo fatto qualche telefonata e infine siamo riusciti a mettere mano sui nuovi regolamenti dei tirocini delle ASL di Caserta e Salerno. E stato difficile da digerire; leggere la nonchalance con cui si richiede agli psicologi o alle loro scuole di specializzazione (e quindi sempre agli psicologi alla fine ) di sborsare soldi, soldi e ancora soldi! La voce si è sparsa e dal resto d Italia ci hanno chiesto più o meno increduli e sconcertati: «Ma come è possibile? E L ORDINE CHE FA?» Ho girato la domanda a chi ci aveva segnalato la vicenda. Ho chiesto: «Ma avete segnalato all Ordine?». Solo una collega, due anni fa, telefonò e lasciò il numero della delibera dell ASL di Salerno in cui si chiedevano 5 euro per ogni ora di tirocinio. Dopo di lei, nessuno o quasi. Tutti quelli a cui ho chiesto mi hanno risposto di non aver segnalato. Qualcuno si è addirittura stupito della domanda! Allora la questione non è se l Ordine conosce o meno certe situazioni, che di certo non mi aspetto che sappia tutto quello che succede sul globo terracqueo! La questione, urgente, è riavvicinare gli psicologi iscritti all istituzione che li rappresenta e che è preposta alla tutela della professione e dei professionisti: l Ordine. I 155 euro annui di iscrizione danno il diritto a ciascuno di noi di chiedere a chi ci rappresenta di prendere posizione di fronte a un

9 disagio o a un sopruso e contemporaneamente impone a questi il dovere di intervenire. Su questa relazione c è molto da lavorare. La comunicazione chiara, costante e trasparente è un tema da sempre caro ad AltraPsicologia, che 365 giorni l anno, da sempre, aggiorna e stimola i colleghi sui principali temi della professione. Un impegno talvolta faticoso, ma di certo gratificante, perché serve a ricordarci due cose. La prima è che senza il dialogo costante tra iscritti e istituzione non si può costruire colleganza, responsabilità e tutela della professione. La seconda è che la politica professionale è fatta da ciascuno di noi e da nessun altro. Autore: Ada Moscarella Sin da subito, già durante il mio percorso universitario, ho fatto di tutto per fare esperienza diretta in diversi contesti. Questo mi ha aiutato a scegliere con più consapevolezza il mio percorso, che si è concentrato sulla clinica, sulla psicodiagnosi e sulla formazione. Negli anni da studente fuorisede all Aquila ho imparato quanto la condivisione e il lavoro di gruppo siano le principali fonti di speranza e creatività per il professionista. Ho portato questa ferma convinzione anche nella mia vita professionale: sono Tesoriere dell Associazione Psicologi Campani e Socio Fondatore e VicePresidente dell Associazione LeGaMi. Gestisco inoltre un blog molto seguito dove racconto la vita dello psicologo libero professionista (#senzacamice). Amo i sistemi, le connessioni: sono costantemente e tenacemente alla ricerca di possibilità. Dalla mia adolescenza un po nerd, ho conservato la passione per la matematica, la tecnologia e soprattutto la narrazione. Credo

10 nell autenticità come base di ogni relazione e nelle relazioni come generatrici di speranza. La psicologia italiana raccontata da una figlia Pochi giorni fa, finalmente, dopo tanto fermento e numerosi annunci di svariate proiezioni nelle diverse province campane, ho potuto assistere alla proiezione del film La psicologia italiana raccontata a mia figlia. Un progetto fortemente voluto dal Presidente dell Ordine degli Psicologi Campania, Dott. Raffaele Felaco, e prodotto dal Consiglio Nazionale dell Ordine degli Psicologi (CNOP), per lasciare alla figlia, ossia, come ci ha spiegato lo stesso autore del film, alla società futura, un testamento delle radici della psicologia in Italia e del percorso coronato dalla nota Legge Ossicini, che nel 1989 ha regolamentato la professione di psicologo in Italia. Durante i 60 minuti di proiezione riuscivo a pensare a una sola cosa : Perché raccontare alla società psicologica futura qualcosa che è accaduto nel passato e non interrogare invece la società attuale su come se la passa ultimamente? Un dilemma che mi attanaglia mattina e sera, e credo che possa preoccupare chi come me è assolutamente figlia/o della società presente! Sono figlia dell oggi e come tale posso interrogarmi ma ancora di più, mi chiedo: posso fare qualcosa per quel che sarà domani? Sono figlia di una generazione che ha contribuito a costruire la psicologia in Italia con le proprie mani per poi, però, lasciarsi

11 scappare da sotto al naso momenti fondamentali per coltivare e rendere fertile questo terreno. Allora sono forse una figlia ostinata o ribelle, se sono convinta di dover agire in prima persona, con la mia competenza ed il mio impegno, per coltivare quanto di fertile ancora c è, senza restare impantanata in eterne e spesso cannibaliche formazioni! Ma sento anche di essere figlia in un presente che non riesce a guardare più in là del tra poco, perché il futuro è ancora troppo un incognita senza argini né orizzonti. Sono figlia e appartengo ad un popolo di figli che chiedono di poter partire da ciò che è stato per potersi spiegare il presente ma soprattutto cambiarlo! Se è vero che senza storia non c è futuro, è pur vero che non c è domani senza oggi! AltraPsicologia in Campania, allora, vuole raccogliere la voce degli psicologi del presente, per raccontare la psicologia com è oggi! Partecipa al progetto fotografico Cara psicologia vorrei! Lascia il tuo messaggio in una foto, inviacela all indirizzo campania@altrapsicologia.com e condividila sui social network con l hashtag #carapsicologiavorrei Raccontiamoci la nostra psicologia e costruiamo insieme la nostra realtà! Autore: Alessandra Bianco

12 Sono una psicologa che da sempre ha avuto a cuore la professione e che ha creduto che questo bastasse per poter fare un buon lavoro ; l esperienza sul campo mi ha invece insegnato a guardare anche oltre, accorgendomi che il contenuto è nullo senza un contenitore in grado di proteggerlo. Ho conseguito la laurea in psicologia a Napoli, alla Facoltà Federico II e subito dopo ho deciso che fosse necessario continuare il mio percorso formativo in strutture dove la clinica fosse in primo piano, così ho svolto attività di tirocinio presso diversi centri di salute mentale, a stretto contatto con le patologie psichiatriche e i disturbi psicologici. L esperienza più importante per me è rappresentata dall incontro con il mondo degli adolescenti, un occasione unica per poter mettere in gioco me stessa e capire che bisogna immergersi con mani e piedi per poter dire di esserci davvero. Dopo un periodo piuttosto intenso nell ambito delle risorse umane, dove mi sono occupata di ricerca e selezione, nonché di valutazione e formazione del personale presso aziende multinazionali, senza mai abbandonare l ambito clinico, sono tornata ad occuparmi di clinica a 360 con un bagaglio esperienziale e motivazionale arricchito e con le idee decisamente più chiare. Alice attraverso lo Specchio: perché agli psicologi scappa il lavoro? Molti psicologi constatano ogni giorno che il mercato del lavoro è difficile. Alcuni attribuiscono la mancanza di lavoro ai committenti che non capiscono quello che uno psicologo potrebbe fare.

13 Vero, purtroppo: la gente non sempre capisce a cosa servano gli psicologi. Ma è altrettanto vero che spesso la nostra professione non sa porsi sul mercato del lavoro, non ne comprende le logiche e le esigenze. In questo articolo proverò ad evidenziare con alcuni esempi gli errori che vedo più comuni. Alzi la mano chi non ha mai sentito una di queste frasi Sono andata a fare il colloquio per quel posto di selezione nelle Risorse Umane, ma non mi hanno presa ed hanno preferito un laureato in scienze politiche, ti rendi conto? E poi mi hanno fatto tutte quelle domande sul diritto del lavoro e l organizzazione aziendale, ma io che ne so? Mica è qualcosa che ho studiato, io faccio selezione Al posto mio hanno scelto un Consulente del Lavoro. Pensa te, un consulente del lavoro per gestire le risorse umane, ma che ci fa un Consulente del Lavoro in un azienda? Ho mandato il mio curriculum ad almeno 100 tra Comunità e Cooperative, nel CV ho scritto che ero disposta a fare davvero qualunque cosa, e mi hanno risposto solo in due, per dire che non hanno bisogno vabbè, ora ne preparo altri 100 Ho partecipato alla selezione per quel posto nelle ricerche di mercato, ma alla fine a fare i colloqui qualitativi mandano un laureato in statistica, ti rendi conto? Cosa ne sa lui di colloqui? Probabilmente quanto ne so io di psicometria Ho girato almeno cinque farmacie, mi hanno detto che negli ultimi tempi sono già andati un sacco di psicologi a portargli il curriculum, e a chiedere se gli facevano fare qualcosa che delusione, ero disposta ad accettare anche di dargli una percentuale e di fare io tutta la promozione

14 In quella Scuola mi hanno chiesto di mandargli un progettino, per spiegare cosa intendevo fare; gli ho scritto una pagina in cui gli ho detto chiaramente che l obbiettivo del lavoro era migliorare il benessere, e gli ho inserito anche tutti i riferimenti bibliografici delle teorie biopsicosociali. Mi sa che non l hanno letto Quale è il problema strutturale, in ciascuna di queste situazioni? Dove è che sbagliano i colleghi che attuano queste strategie? Quali carenze e aspettative irrealistiche hanno? Alzi la mano chi, invece, ha mai sentito una di queste: Sono stato alla Fiera dell Educazione; con la mia collega ho affittato uno stand che ci è costato un po, ma ho portato con me tutte le schede di lavoro educativo che ho sviluppato in questi mesi, ed ho girato per ore a far giocare con le mie attività di stimolazione cognitiva tutti i responsabili di Cooperative che erano negli altri stand. Ad alcuni sono piaciuti tanto, ci siamo scambiati i recapiti, e mi hanno richiamata già in tre, per vedere se possiamo avviare qualcosa insieme Ho smesso di pubblicizzarmi come CTP nei gruppi Facebook di psicologi in fondo, perché dovrei pubblicizzare iniziative psicologiche ad altri psicologi? Adesso vado nei gruppi di avvocati, medici legali, etc., ed ho riscontri migliori Invece di mandare a caso un CV uguale per tutti, adesso

15 prima di tutto faccio una breve ricerca sulle attività che propone una data Cooperativa, e propongo loro un progetto di consulenza tecnica sulle aree che interessano loro di più certo, ci metto un pomeriggio intero invece che cinque minuti come prima; ma appena capiscono che so bene di cosa parlo, so in dettaglio che cosa fanno, e non mi sto limitando a spedire curriculum a caso sperando che qualcuno mi chiami, il loro atteggiamento cambia. Quando vado in una Scuola a proporre un progetto, prima verifico l esistenza e accessibilità di fondi del Fondo Sociale Europeo con cui la Scuola potrebbe cofinanziare l eventuale progetto, e nei casi più interessanti preparo già io una prima bozza di documentazione per facilitare l eventuale lavoro di richiesta al FSE da quando faccio così, i Dirigenti mi ascoltano molto più volentieri. Prima di proporre un progetto faccio sempre una definizione degli obbiettivi specifici, una sintetica analisi di budget anche per evidenziarne l efficienza e il ROI atteso, una semplice SWOT ed un Gantt, per riuscire a organizzarmi meglio, aiutare il committente a comprendere esattamente come intendo procedere, e come impatterà sulla sua organizzazione. Il tutto scritto in italiano, e non in psicologhese. Da quando faccio così, i committenti capiscono che sono un professionista e che parliamo la stessa lingua Riconoscete le differenze? Quali sono i punti di forza di questo atteggiamento professionale? Nella prima casistica, lo psicologo mantiene al centro della

16 sua attenzione solo sé stesso, crede che basti la psicologia per lavorare come psicologo, e concretizza una visione per cui deve andare a chiedere agli altri di farlo lavorare, per favore. Nella seconda casistica, il punto di vista adottato è quello del committente. La realtà viene rovesciata, e finalmente viene letta secondo le lenti, i linguaggi e le prospettive reali del mondo del lavoro, con il professionista che si propone come un creatore di servizi, usando linguaggi e competenze economico-normative. Il cambio di logica è profondo: richiede un impegno attivo e l uso di competenze tecniche extrapsicologiche, che troppo spesso i giovani psicologi ritengono erroneamente secondarie. AltraPsicologia crede fermamente nella qualità professionale. Questa è la vera promozione. Solo passando come categoria verso una logica proattiva, imprenditoriale, fortemente arricchita di competenze extrapsicologiche di diritto, economia, project management, la situazione professionale dei giovani colleghi potrà iniziare a migliorare. Su questo gli Ordini possono e devono fare tanto: fornire competenze trasversali e una forma mentis che trasformi il neoabilitato Psicologo in un Professionista della Psicologia è un sfida primaria. Per questo obbiettivo non basta fare un incontro o una conferenza occasionale, occorre immergersi pienamente nell esperienza professionale e una formazione che solo gli ordini possono organizzare senza dissanguare gli

17 psicologi. La proposta di AltraPsicologia è quindi forte: L istituzione di un vero e proprio boot camp intensivo per lo startup professionale, tenuto più volte nel corso dell anno, cui partecipino regolarmente tutti i neoiscritti all Ordine Veneto; in cui acquisire, esperienzialmente e gratuitamente, le competenze necessarie per muoversi in maniera molto attiva e consapevole nel mercato del lavoro. 4 giorni di formazione intensiva, dedicati proprio a sviluppare le competenze extrapsicologiche che non sono mai state viste all Università, e che rappresentano il cuore dell attività professionale di un giovane psicologo. 4 giorni in cui l Ordine si presenta ai neoiscritti, li accoglie, si fa conoscere; e a sua volta li conosce e integra attivamente nella Comunità Professionale, inserendoli in reti di professionisti. 4 giorni a contatto con colleghi senior, per socializzarne le esperienze, e che vogliano ripensare e ampliare le proprie prospettive professionali, arricchendole non solo dell ennesimo contenuto psicologico, ma prima di tutto di ciò che serve davvero per poter lavorare facendo psicologia. 4 giorni di argomenti trasversali ed extrapsicologici da sperimentare con esercitazioni di gruppo, lavori personali, seminari tecnici, e bene integrati in un percorso concettuale coerente: Introduzione al mercato professionale ed alla demografia degli psicologi italiani; Ordine, ENPAP e istituzioni della professione; Aspetti fiscali e assicurativi della professione; Aspetti operativi della Deontologia; Marketing dei servizi psicologici; Modelli di business professionale

18 nei diversi contesti psicologici; Tecniche di progettazione professionale; Project financing, europrogettazione, project management. Ti può interessare? Cambiare la psicologia si può: a partire dagli psicologi. Vota AltraPsicologia all Ordine degli Psicologi del Veneto. Confesso: ho lavorato gratis! Ai colleghi che si apprestano ad intraprendere la professione dico e ridico, magari con un iperbole, che non c è cosa che faccia più male alla categoria del LAVORO GRATUITO. E allora per onestà intellettuale verso questi neocolleghi e verso voi lettori che devo assolutamente fare una confessione. IO HO LAVORATO GRATIS. Ho creduto nella sciocchezza che fosse un investimento, qualcosa da cui avrei avuto un non meglio precisato ritorno.

19 E stato tremendo. Squalificante. E umiliante. Non sono passati molti anni (in fondo non sono poi così anziana!), ma se ripenso a quei giorni in fondo allo stomaco si agitano la stessa frustrazione e la stessa rabbia. Ricordo che il momento peggiore era dal benzinaio. Quando dovevo fare il pieno, con i miei soldi (quelli risparmiati stringendo la cinghia sulla vita sociale, quelli racimolati con ore di traduzioni dall inglese, quelli messi da parte coi regali dei parenti ), per andare a fare un lavoro che nessuno pensava valesse la pena retribuire. Ricordo l umiliazione e soprattutto lo squallore di certi discorsi, spesso ammantati pure di filantropia, generosità, amore e rispetto per la professione. Per non parlare dell impegno per i giovani! Frasi come Mi sento di dover dare un occasione ai giovani! oppure Io mi sforzo di fare il meglio per la professione! E bada eh! Che potrei guadagnarci molto di più, ma non lo faccio!

20 Quando me ne andai, con l eco delle accuse di ingratitudine che ancora viaggiavano nell aria, e che pure mi era toccato sorbirmi, mi sentii quasi un anarchica! Che avevo fatto?!? Se mi guardavo intorno vedevo colleghi che facevano volontariato da almeno due anni. Colleghi che lavorano nelle cooperative da 12 mesi e ancora non sentivano nemmeno l odore di uno stipendio. Colleghi che facevano sportelli d ascolto gratuiti nelle scuole. Persino l Ordine continuava a propormi di offrire le mie competenze gratuitamente per qualcuno! Fu un momento di forte crisi personale (mi sentivo una specie di alieno sovversivo) e professionale. Più di una volta, nei mesi successivi, mi sono sentita dire che mi ero lasciata scappare un occasione, che ero stata impaziente, testarda e pure un poco arrogante. Testarda e un po arrogante lo sono in verità, per cui decisi di testare quell affermazione numeri alla mano. E stato così che ho iniziato a interessarmi di marketing e promozione professionale. Scoprii così quell acqua calda che praticamente tutti i professionisti conoscono, tranne gli psicologi: che se la prestazione gratuita E la tua strategia di promozione professionale o la tua strategia per avere un lavoro retribuito, farai poca strada. L illusione che si vuole spacciare per verità, infatti, è che il lavoro che si svolge gratis in realtà non è tale.

21 E una specie di lavoro a credito, un investimento che al momento giusto darà il diritto di bussare alla porta giusta per avere il lavoro giusto. Foss anche così (e non lo è), ormai ci sono così tanti creditori che non c è di certo liquidità per tutti. Si alimenta allora un sistema clientelare al cubo. Prima devi ungere col tuo lavoro gratuito, poi devi ungere per riscuotere. E un sistema umiliante moralmente e professionalmente, per non parlare di quanto sia assolutamente ANTIECONOMICO, per sé e per la categoria! Non si capisce infatti perché bisognerebbe essere pagati quando si è ampiamente dimostrato di essere disposti a dare le proprie competenze gratuitamente. E non si capisce nemmeno perché bisognerebbe pagare per un servizio per coprire il quale c è un così grande bacino di professionisti disposti a lavorare gratis. Quando io e la mia arroganza siamo andati via, sull uscio c era già chi era pronto a sostituirmi. Il livello occupazionale degli psicologi, soprattutto giovani è drammatico, così come lo sono le statistiche sul reddito medio degli psicologi italiani. C è la crisi economica, ci sono tante responsabilità della politica istituzionale e professionale: certamente l attuale situazione degli psicologi in Italia è figlia di un articolato coacervo di condizioni e scelte. Ma la drammaticità della situazione non può essere risolta aggrappandosi alle illusioni, alle promesse, alle scatole vuote. Deve anzi essere un lavoro estremamente concreto, con azioni concrete, che partono dalla vita professionale di ciascuno di noi (rifiutarsi di lavorare a credito mi sembra

22 un buon primo passo!) e dalla pretesa di una politica che non spacci per promozione iniziative che altro non fanno che svilire la nostra professione! Un mistero ingarbugliato: chi forma i counselor? Per ogni counselor che è convinto di poter avere a che fare con il disagio psicologico, c è ahimè uno psicologo che l ha convinto di ciò. E quindi ora di prenderci le nostre responsabilità. Sebbene io nella mia vita non abbia convinto nessuno a fare alcunché, figuriamoci ad avere a che fare col disagio psicologico senza averne competenze e strumenti, voglio iniziare e dare il buon esempio! Molto si dibatte su cosa faccia un couselor e soprattutto su cosa faccia di diverso da uno psicologo; una questione di certo importante, soprattutto se si considera quante scuole di

23 specializzazione in psicoterapia offrono anche corsi di counseling. Immagino che ad interessarsi a questo tipo di offerta formativa siano tante persone di buona volontà e di buone intenzioni, tanto motivate da affrontare percorsi personali e formativi lunghi e costosi. Ma poi? Che fine fanno? Qual è, ad esempio, il tasso di occupazione dei counselor? E quale il loro reddito? So che mi tirerò addosso tante critiche, ma non posso fare a meno di esprimere nei confronti di queste persone un moto di solidarietà! Innanzitutto si imbattono in proposte formative che a volte è davvero difficile classificare In questo articolo di Mauro Grimoldi, Presidente dell Ordine degli Psicologi della Lombardia (Franchising del counseling: nessuna competenza tecnica richiesta) l ultima e sicuramente più ardita di tutte Dopo aver speso fior fiori di quattrini, dopo aver fatto pure una terapia personale, dopo aver investito economicamente e personalmente, quante concrete speranze ha un counselor di rientrare di quanto investito? E di guadagnarci? Non rientrano nei piani sanitari né sociali. Se cerco su google, non si trovano concorsi per loro. Per quanto riguarda la libera professione devono pure combattere con 90mila psicologi che cercano disperatamente di intercettare un utenza del tutto simile alla loro (poi si farà certamente un lavoro diverso, anche se non mi è ancora chiaro

24 quale ), spesso con offerte economiche ridicole (dobbiamo parlare degli psicologi che offrono fino a sei colloqui gratuiti?) che sballano qualsiasi equilibrio all interno del mercato. E per di più questi stessi psicologi occupano tutti i posti nei loro corsi di formazione, per cui ai counselor non rimane nemmeno la speranza di poter spendere la propria professionalità nella didattica! Scorriamo a caso i nomi dei docenti di uno qualsiasi tra i corsi di counseling proposti nelle scuole di specializzazione. Sono praticamente tutti psicologi, medici, psicoterapeuti! Se si vede qualche counselor, è roba ben al di sotto della soglia di significatività! I counselor avrebbero dovuti essere i primi a tifare per la modifica dell Art.21 del nostro Codice Deontologico! Basta con questi psicologi che ci formano! Noi ci siamo, siamo validi, siamo formati e abbiamo esperienza, siamo pronti a formare altri come noi! Questo si sarebbe dovuto sentire. E avrei voluto sentire moti di esultanza al risultato del referendum, con la modifica dell Art.21 votata con percentuali bulgare. Finalmente questi psicologi si tolgono dalle scatole! Se io voglio imparare a fare un mestiere, vado da uno che quel mestiere lo fa, non da un altro! I counselor devono combattere affinché ci siano 9 counselor e 1 psicologo tra i loro didatti, non quello che accade attualmente, ossia che medici, psicologi, psicoterapeuti lasciano, EVENTUALMENTE, le briciole a qualche counselor. In alcuni corsi li ho visti relegati a ricoprire il ruolo di tutor. Io lo troverei un grave affronto!

25 Psicologi, psicoterapeuti, medici, magari anche di nome, a fare tutta la didattica, a spartirsi tutti i guadagni, e i counselor a spicciarsi tutte le rogne del tutoraggio. Io ci sono passata, ho fatto la tutor. So che significa. Vi capisco Persino nell associazione di cui parla Grimoldi nell articolo, se visitate il sito, troverete che cercano psicologi e psicoterapeuti disposti a mettersi a disposizione per la didattica! Non counselor! Psicologi e psicoterapeuti! Qualcuno mi dirà che in questo modo voglio il male dei colleghi psicologi. Ricordo bene la strategia del terrore intorno alla modifica dell Art.21. Tanti messaggi per un unico senso: la formazione è l unica cosa che ci fa guadagnare! Non toglietecela! Ma siamo cinici fino in fondo e diciamoci la verità: fa guadagnare chi? Io conosco tantissimi colleghi giovani. Giovani trentenniquarantenni, specializzati, aggiornatissimi, bravissimi. Non uno che insegni in un corso di counseling. Allora c è davvero qualcosa di misterioso qui! Non ci insegnano i counselor

26 Non ci insegna la nuova generazione di psicologi ma chi insegna in questi corsi di counseling? E proprio un mistero degno di Jessica Fletcher, un caso talmente ingarbugliato la cui soluzione richiede necessariamente l impegno delle menti più acute! Io purtroppo devo arrendermi il mio intuito non vede oltre questa coltre di incognite misteriose Gli psicologi sono spacciati? Non mi auguro buona fortuna: sono io la mia buona fortuna. Questo verso di Walt Whitman mi ha fatto luce su un problema. Ci stavo girando attorno da qualche giorno, sollecitato dal dibattito in corso in Piemonte sulle normative regionali che potrebbero causare il licenziamento di un numero imprecisato di psicologi dalle strutture di assistenza, perché assunti come educatori. Il problema assume poi altre connotazioni: sembra che la figura dello psicologo non sia prevista in certe tipologie di servizi, e questo è un discorso ancora diverso. Ma al di là del problema piemontese di regolamentare il

27 settore del privato sociale socio-sanitario, che in altre regioni è già regolato in modo simile, resta un altro nodo più vicino a noi psicologi. C è un aria pesante, nella nostra professione. Ci sono colleghi che si danno per spacciati solo perché arriva una nuova legge regionale. Come se fosse una novità. Come se i passaggi storico-normativi europei, nazionali e regionali incombessero sulla professione per stritolarla. Come se il mondo ce l avesse con gli psicologi. Lavoro nel privato sociale veneto dal 2000, ormai 13 anni. Prima come operatore, poi come psicologo, ora con ruolo dirigenziale. In questi 13 anni gli eventi storici e politici che hanno condizionato il mio lavoro si sprecano, e alla storia che incombe sul mio destino professionale ci ho fatto il callo: tutti i giorni, incombe. La Storia è una specie di corvaccia nera che mi sta appollaiata sulla spalla da quando inizio a quando finisco il lavoro, perché ogni giorno c è una novità che mette potenzialmente in pericolo la mia stabilità lavorativa: oggi sono i tagli al sociale, ma prima c era la crisi, e prima ancora le elezioni regionali, e poi gli amministratori regionali alla sanità che si intendono più di cacciaviti o semafori che di persone, e poi la concorrenza delle altre strutture, e il costo del personale, e le continue modifiche normative. Tutto rende il lavoro una corsa ad ostacoli. Dovremmo lamentarci con qualcuno? forse. Ma poi avremmo perso tempo senza risolvere nulla. Cito il mio collega Francesco Ferrarese dicendo che l atteggiamento del (pur legittimo, e giustificatissimo) lamentarsi e quello dell aggressione al mondo del lavoro non possano coesistere: il tempo che dedichiamo al primo è rubato al secondo. Whitman ci augura di non dover aspettare la fortuna. Che è

28 attesa terribile, a pensarci: c è qualcosa di soffocante in quel dolore che tutti noi abbiamo attraversato, prima o poi, quando ci siamo sentiti dire: non possiamo rinnovarle il contratto, quando abbiamo provato la sensazione di restare senza reddito, senza qualcosa da fare, senza un ruolo. Quando abbiamo dovuto aspettare qualcosa. Ma non c è nulla da fare: nessuno potrà risparmiarci questi battesimi di fuoco. E allora si possono prendere due strade: la prima è rivendicare il diritto al lavoro, mettendo di fatto in mani altrui il nostro destino, affidando al nostro rabbioso messaggio di protesta la speranza di essere visti. La seconda è governare la situazione, affidando alle proprie forze ogni responsabilità, anticipando la vita piuttosto che rimanere in sit-in ad aspettare che ci investa. Siamo noi i protagonisti storici del privato sociale in molte regioni. Siamo noi psicologi ad essere chiamati a ruoli di responsabilità, e invece finiamo per aspirare ad altro. Non stiamo forse dimenticando che un professionista deve porsi in ottica attiva? che può e deve aspirare a dirigere, piuttosto che ad essere diretto? che deve assumere la posizione e le responsabilità del padre? Se questo passaggio generativo non viene compiuto, è difficile che dentro di noi possa crescere l identità del professionista. E ritorna poi la domanda che mi feci un anno fa con Luigi D Elia in questo articolo: i giovani psicologi sono clientelari? anche questo nido, apparentemente sicuro ma in realtà intossicante, va abbandonato. Nessuno nega il problema strutturale della disoccupazione e dei troppi laureati in psicologia, che incide sia sul lavoro che sulla qualità dei professionisti. Ma di questo siamo tutti egualmente responsabili: la moltiplicazione delle sedi universitarie risponde anche ad una domanda, che tutti noi abbiamo contribuito a comporre e sostenere scegliendo la psicologia.

29 Sappiamo che non tutti lavoreranno. Eppure ci rifiutiamo di pensare che quel qualcuno potremmo essere noi. Reagire con la lotta sindacale in stile anni 70 non farà moltiplicare il lavoro per gli psicologi. Piuttosto, sottrarrà tempo all assunzione del ruolo di professionisti e mostrerà alla società una professione molto più debole di quel che è davvero. Il tirocinante, dal punto di vista dell impresa Il tirocinio professionalizzante è uno dei temi di discussione da sempre caldi nel mondo degli psicologi: mi inserisco nella discussione perché l argomento mi sta a cuore, ma premetto che sono cosciente di avere un punto di vista estremamente particolare. Mi sono laureato a Padova in psicologia del lavoro, sono uscito dalla facoltà, ho guardato a destra e a sinistra come quando si attraversa la strada: non ho visto niente di interessante, e ho ricominciato da zero. Oggi ho un asilo nido accreditato dalla Regione Veneto, un servizio di doposcuola specializzato nei DSA (in collaborazione con una splendida cooperativa di Padova) e sto lavorando per realizzare un agenzia che si occupa di assistenza domiciliare a malati e anziani. Come psicologo e imprenditore ho accolto una decina di tirocinanti, sia al nido che nel doposcuola: alcuni casi sono stati esemplari, tant è che poi hanno iniziato a lavorare con

30 me. Altri tirocinanti hanno avuto serie difficoltà nell inserimento lavorativo. Mi spiego con semplicità: questi ragazzi erano presenti fisicamente ma, come in classe durante una lezione pallosa ma obbligatoria, non c erano con la testa. Aspettavano che passasse il tempo e ad ogni richiesta da parte dei colleghi diventavano stuporosi. Questa è sinteticamente la difficoltà, poi chiaramente ogni persona e ogni episodio sono storia a sé. Mi preme mettere in luce qualcosa che spesso viene negato: una parte non esigua degli studenti e aspiranti professionisti sembra del tutto incapace di entrare nel mondo del lavoro, a prescindere dall ambito. La mia impressione è che non sia un problema innato ma acquisito: alcuni semplicemente stanno percorrendo una strada che non è la loro, ma è talmente facile laurearsi che intanto lo si fa, e poi si vedrà (questo è il mio caso, ad esempio). Alcuni tirocinanti sono da tempo abituati all idea che tutto è un diritto, tutto è dovuto, e hanno vissuto l università come una via di Pamplona, stretta e senza via di fuga: tu stai in mezzo agli altri e quando gli altri corrono corri anche tu. Non serve pensare, capire, decidere. Poi arrivano nell impresa e io mi aspetto di avere davanti un uomo o una donna propriamente detti: con la sua cultura, certo, ma anche le sue idee, le sue esperienze, i suoi gusti. E invece ho anzi, abbiamo, perché ne ho parlato a lungo con diverse persone e spessissimo concordavamo una placida mucca indiana, uno che mi guarda e si aspetta che io lo metta in una situazione di lavoro facile e simpatica almeno quanto un viaggio in treno con gli amici, o un quarto d ora su facebook. Chiaramente non è così: qui nell impresa ci si fa il culo tutti, tutti i giorni. Probabilmente sono uscito dal seminato, e rileggendo gli esempi e le esperienze portate da altri psicologi, capisco che

31 i tirocini fatti in un asilo o in un servizio per DSA non sono paragonabili a quelli fatti ad esempio- all ASL. Ma non possiamo dimenticare che sono esperienze di vita volontarie, fatte per imparare sul campo, nessuno obbliga un tirocinante a fare un tirocinio. Eppure mi dispiace: c è un filone d oro in ogni tirocinio: è un periodo irripetibile, in cui puoi metterti alla prova da adulto senza sentirti uno scemo. Puoi chiedere aiuto, farti spiegare e rispiegare, senza che questo intacchi la tua autostima. E in ogni persona che fa un lavoro con competenza e piacere di solito c è una gran voglia di condividere la propria esperienza e trasferirla agli altri, è un modo accettabile di dare sfogo alla soddisfazione per quello che si è riusciti a fare. Un tirocinante intelligente può imparare tantissimo. Si tratta di far incontrare domanda e offerta. Vittoria! 65 li abbiamo sistemati, ne mancano altri 8600 Non sia mai che Altrapsicologia ci passi sopra, ai progressi della professione. E così diamola, questa buona notizia: da un ricorso dell Ordine Psicologi Veneto contro la Regione Veneto esce un risultato storico beh, non proprio storico. Un risultato, ecco.

32 I fatti: la Regione Veneto delibera nel 2010 il suo Progetto Obiettivo per la Salute Mentale. Si tratta del famoso POSM (Delibera Giunta Regionale n.651 del 9 marzo 2010), un documento importante, perché definisce la programmazione per il triennio successivo delle iniziative socio-sanitarie per la salute mentale. Alla costruzione di questo progetto partecipano tutti: dalla politica alle parti sociali agli operatori del settore, il modello veneto prevede la compartecipazione. E qui entra in scena il nostro Ordine: per iniziativa di un gruppo di consiglieri riuniti nella Commissione Sanità, si apre seppure tardivamente e a lavori quasi conclusi uno spiraglio per dire la nostra come categoria. Questo genera non pochi malumori fra chi è presente da anni ed ha partecipato con assiduità ai tavoli preparatori, e si trova all improvviso a fare i conti con nuove richieste di modifica e integrazione. Ma alla fine l Ordine Psicologi insiste per far recepire le proprie istanze. Un punto particolarmente dolente resta però insoddisfacente: alla possibilità di accedere ai ruoli dirigenziali pubblici più elevati sono ammessi solo i medici psichiatri. Si tratta dei ruoli di direzione delle unità operative complesse e dei Dipartimenti di Salute Mentale, nella versione finale del POSM viene limitata ai soli medici psichiatri. Attenzione: stiamo parlando sempre di strutture pubbliche, delle ASL, e di ruoli dirigenziali, quindi dipendenti pubblici che operano con ruoli di responsabilità nei servizi. Una situazione che va contro ogni ragionevole considerazione di prassi, perché nella realtà concreta gli psicologi e gli psichiatri gestiscono in ruoli dirigenziali moltissimi servizi pubblici e unità operative in Veneto. Per farla breve, l Ordine Psicologi Veneto decide di

33 promuovere un ricorso. Competente è in questo caso il Presidente della Repubblica. Il ricorso attraversa le varie fasi procedurali ed alla fine ha esito positivo: il 12 Giugno 2013 viene emesso un Decreto del presidente della Repubblica ( Decreto ricorso POSM) che impone l annullamento di questo dibattuto provvedimento della Regione Veneto. La motivazione è interessante: il DPR dice che l annullamento deve operare perché la Regione Veneto non ha sostenuto con adeguate motivazioni la limitazione ai soli medici psichiatri dei posti di dirigente di struttura complessa, a fronte di una prassi di organizzazione dei servizi in cui la psicologia clinica e la psicoterapia sono parte integrante del sistema della salute mentale. Ma dice anche un altra cosa: la Regione Veneto avrebbe comunque titolo, volendo, ad intervenire in materia limitando l accesso al ruolo a determinati profili. Ma dovrebbe farlo con adeguata istruttoria. Una vittoria con una faccia oscura, dunque: il DPR sancisce nero su bianco che le Regioni hanno l autonomia per decidere limitazioni dei profili professionali che possono avere accesso a ruoli dirigenziali. Quale peso generale per la professione può avere una sentenza del genere? Se ne sentono di tutti i colori, su questo punto. Posto che non se ne può fare una valutazione oggettiva, perché il peso politico delle sentenze non è cosa direttamente misurabile, possiamo dire che si è affermato il principio per cui anche gli psicologi, nell ambito della salute mentale in Veneto, possono accedere a dirigere unità operative complesse e Dipartimenti di Salute Mentale. Il che significa che gli psicologi possono accedere a ruoli altamente strategici per l organizzazione della salute mentale. Che possono definire delle direzioni. Che possono

34 infestare ed arricchire di psicologia i servizi e i territori sui cui insistono. Ma occorre anche un minimo senso della misura. Non siamo di fronte ad una rivoluzione. Non è l affare del secolo. Non avrà ricadute miracolose sull intera categoria. Non è una vittoria con la V maiuscola. Si tratta di un provvedimento che riguarda circa 65 psicologi in tutto il Veneto, stando ai dati del Report per la Salute mentale del Veneto 2010, edito dalla regione Veneto. 65 psicologi dirigenti che potrebbero forse, un giorno aspirare a diventare dirigenti di unità operativa complessa. Magari pure di Dipartimento di Salute Mentale. Ma le strutture per la salute mentale in Veneto sono 354 afferenti ai vari Dipartimenti di Salute Mentale e dentro ci lavorano moltissimi psicologi con eterni contratti in convenzione, il libera professione, o schiavi di progetti rinnovati di sei mesi in sei mesi, o ancora assunti tramite cooperative in modo del tutto strumentale al prestito di personale. Psicologi a cui questa porticina lasciata socchiusa non cambierà quasi nulla. Quanto alle strutture del privato sociale che lavorano in convenzione offrendo una presa in carico completa del paziente (comunità residenziali, centri diurni e altri servizi affini), la ricaduta in termini occupazionali per gli psicologi dipende da ben altri fattori che dalla possibilità che dei dirigenti possano o meno accedere a ruoli di ulteriore responsabilità. Fortunatamente lo dico dalla posizione di chi ha un ruolo di responsabilità in una cooperativa privata convenzionata il privato sociale vive di logiche del tutto diverse da quelle delle strutture pubbliche, sebbene alcuni colleghi dirigenti pubblici non se ne siano ancora fatti una ragione e siano convinti che quel che succede a loro, magicamente influenzi il

35 mercato professionale intero. Ecco, quindi: 65 psicologi li abbiamo sistemati con l ipotesi eventuale e tutta da dimostrare che qualcuno potrebbe anche riconoscergli una dirigenza di struttura complessa. Adesso ce ne mancano solo altri Il più è fatto! Il tirocinante, dal punto di vista dell impresa Il tirocinio professionalizzante è uno dei temi di discussione da sempre caldi nel mondo degli psicologi: mi inserisco nella discussione perché l argomento mi sta a cuore, ma premetto che sono cosciente di avere un punto di vista estremamente particolare. Mi sono laureato a Padova in psicologia del lavoro, sono uscito dalla facoltà, ho guardato a destra e a sinistra come quando si attraversa la strada: non ho visto niente di interessante, e ho ricominciato da zero. Oggi ho un asilo nido accreditato dalla Regione Veneto, un servizio di doposcuola specializzato nei DSA (in collaborazione con una splendida cooperativa di Padova) e sto lavorando per realizzare un agenzia che si occupa di assistenza domiciliare a malati e anziani. Come psicologo e imprenditore ho accolto una decina di tirocinanti, sia al nido che nel doposcuola: alcuni casi sono stati esemplari, tant è che poi hanno iniziato a lavorare con me. Altri tirocinanti hanno avuto serie difficoltà

36 nell inserimento lavorativo. Mi spiego con semplicità: questi ragazzi erano presenti fisicamente ma, come in classe durante una lezione pallosa ma obbligatoria, non c erano con la testa. Aspettavano che passasse il tempo e ad ogni richiesta da parte dei colleghi diventavano stuporosi. Questa è sinteticamente la difficoltà, poi chiaramente ogni persona e ogni episodio sono storia a sé. Mi preme mettere in luce qualcosa che spesso viene negato: una parte non esigua degli studenti e aspiranti professionisti sembra del tutto incapace di entrare nel mondo del lavoro, a prescindere dall ambito. La mia impressione è che non sia un problema innato ma acquisito: alcuni semplicemente stanno percorrendo una strada che non è la loro, ma è talmente facile laurearsi che intanto lo si fa, e poi si vedrà (questo è il mio caso, ad esempio). Alcuni tirocinanti sono da tempo abituati all idea che tutto è un diritto, tutto è dovuto, e hanno vissuto l università come una via di Pamplona, stretta e senza via di fuga: tu stai in mezzo agli altri e quando gli altri corrono corri anche tu. Non serve pensare, capire, decidere. Poi arrivano nell impresa e io mi aspetto di avere davanti un uomo o una donna propriamente detti: con la sua cultura, certo, ma anche le sue idee, le sue esperienze, i suoi gusti. E invece ho anzi, abbiamo, perché ne ho parlato a lungo con diverse persone e spessissimo concordavamo una placida mucca indiana, uno che mi guarda e si aspetta che io lo metta in una situazione di lavoro facile e simpatica almeno quanto un viaggio in treno con gli amici, o un quarto d ora su facebook. Chiaramente non è così: qui nell impresa ci si fa il culo tutti, tutti i giorni. Probabilmente sono uscito dal seminato, e rileggendo gli esempi e le esperienze portate da altri psicologi, capisco che i tirocini fatti in un asilo o in un servizio per DSA non sono

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