Corso di Calcolo Numerico

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1 Corso di Calcolo Numerico Dott.ssa M.C. De Bonis Università degli Studi della Basilicata, Potenza Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica

2 Approssimazione di funzioni In molti problemi matematici emerge l esigenza di dover approssimare una funzione f C k ([a, b]), [a, b] R, k 0, (C k ([a, b]) spazio delle funzioni derivabili k volte in [a, b] con derivata k esima continua in [a, b]) definita mediante una sua rappresentazione analitica con un altra funzione φ n Φ n C k ([a, b]) di forma più semplice (Φ n sottospazio di C k ([a, b]) di dimensione finita n). La funzione φ n si dice approssimazione della funzione f e naturalmente occorre valutare lo scostamento di φ n da f. Più precisamente si sceglie una successione di sottospazi {Φ n } n di C k ([a, b]) (ciascuno di dimensione finita n) a cui si vuole che le funzioni approssimanti {φ n } n appartengano. Le funzioni approssimanti φ n vengono espresse come combinazione lineare di una base prescelta in tali sottospazi.

3 Per misurare la bontà di φ n, (ovvero la distanza di φ n da f) si valuta la norma f φ n := max x [a,b] f(x) φ n(x). Se si verifica che lim f φ n = 0 n si dice che la successione {φ n } n converge ad f in C k ([a, b]) con la norma uniforme. Naturalmente richiediamo che l ordine di convergenza sia il più grande possibile. Noi prenderemo in considerazione i seguenti sottospazi: P n polinomi algebrici di grado al più n, si parlerà di approssimazione polinomiale algebrica; S n funzioni spline di ordine n, si parlerà di approssimazione polinomiale a tratti.

4 Approssimazione Polinomiale Algebrica Nello studio dell approssimazione polinomiale algebrica ci si chiede se è sempre possibile costruire una successione di polinomi {P n } n che converga uniformemente in [a, b] ad una funzione continua f ivi definita ed arbitrariamente fissata. La risposta ci è fornita dal seguente teorema Teorema 1 (Weierstrass) Per ogni funzione f C 0 ([a, b]), esiste almeno una successione di polinomi {P n } n tale che lim n f P n = 0. La quantità E n (f) = inf P P n f P è chiamato errore di miglior approssimazione della funzione f mediante polinomi algebrici di grado al più n. Se f C 0 ([a, b], esiste uno ed un solo polinomio P P n tale che E n (f) = min P P n f P = f P, ed è detto polinomio di miglior approssimazione della funzione f in P n.

5 Assegnata una funzione f C 0 ([a, b]) non è facile individuare il suo polinomio di miglior approssimazione in un dato sottospazio P n. Tuttavia l errore di miglior approssimazione è un utile strumento perchè ci permette di stabilire qual è la miglior approssimazione che ci si può aspettare per quella funzione mediante polinomi algebrici appartenenti a P n. L errore di miglior approssimazione dipende dalla regolarità della funzione che si vuole approssimare. Vale il seguente teorema Teorema 2 Se f C k ([a, b]) vale la seguente stima per l errore di miglior approssimazione E n (f) C n k dove C è una costante positiva che non dipende da m e k.

6 Polinomio di Taylor Sia f C (n+1) ([a, b]) e sia x 0 [a, b], per ogni punto x [a, b] esiste un punto ξ, interno all intervallo di estremi x 0 e x, tale che f(x) = f(x 0 ) + f (x 0 )(x x 0 ) f (n) (x 0 ) (x x 0 ) n n! + f (n+1) (ξ) (n + 1)! (x x 0) n+1 = T n (x) + R n+1 (f, x), dove T n è il Polinomio di Taylor di grado n della funzione f di punto iniziale x 0 e R n+1 (f) è il Resto di Lagrange. Se x 0 = 0, T n viene detto Polinomio di Mac-Laurin.

7 Se le derivate di f sono equilimitate, cioè l > 0 tale che si ha f (k) (x) l, x [a, b] e k = 0, 1,..., n + 1, R n+1 (f, x) = f(x) T n (x) l x x 0 n+1, x [a, b]\{x 0 } (n + 1)! e dunque lim R n+1(f, x) = 0, x [a, b] \ {x 0 }. n +

8 Esempio 1 f(x) = e x. Si ha f (k) (x) = e x, k N. Inoltre, essendo e x una funzione crescente su R, f (k) (x) < e b, x [a, b] e k N Sia x 0 [a, b], x [a, b] ξ [x 0, x] tale che e x = e x 0 + e x 0 (x x 0 ) e x 0 (x x 0) n n! + e ξ (x x 0) n+1 (n + 1)!. In particolare se x 0 = 0 [a, b] si ha e x = 1 + x xn n! + eξ x n+1 (n + 1)!

9 Supponiamo di voler calcolare il valore approssimato del numero di Nepero e con 6 cifre decimali esatte. Per 0 < ξ < 1 si ha R n+1 (f, 1) = e ξ 1 (n + 1)! < e (n + 1)! < 3 (n + 1)! e poichè per n = 10 si ha otteniamo R n+1 (f, 1) 3 (11)! < e = ! ! = il valore esatto fino alla 6 a cifra decimale.

10 Esempio 2 f(x) = cos x. Si ha f (k) (x) = ± sin x k dispari ± cos x k pari, k N Inoltre f (k) (x) 1, x R e k N In particolare se x 0 = 0 [a, b], x [a, b] ξ [x 0, x] tale che cos x = 1 x2 2 +x4 x2n +...+( 1)n 4! (2n)! +( 1)n+1 sin ξ x2n+1 (2n + 1)! e R 2n+1 (f, x) sin ξ x2n+1 (2n + 1)! x2n+1 (2n + 1)!

11 Problemi Per approssimare una funzione f in [a, b] con il suo polinomio di Taylor T n di punto iniziale x 0 [a, b] è necessario calcolare tutte le n + 1 derivate di f nel punto x 0. Ciò è semplice se f è una funzione elementare. Come si fa se, ad esempio, vogliamo approssimare in [ 1, 1] la funzione f(x) = (x2 + 2) 3 cos x 1 + e x? Come si fa ad approssimare una funzione f solo continua come ad esempio f(x) = 1 x? Inoltre, dal punto di vista implementativo, è necessario scrivere una function per ogni funzione f. Dunque il Polinomio di Taylor è uno strumento di approssimazione molto buono da un punto di vista teorico ma praticamente inutilizzabile da un punto di vista numerico.

12 Interpolazione Polinomiale Algebrica Sia f C 0 ([a, b]), [a, b] R. Supponiamo di conoscere i valori f(x 1 ),..., f(x n ) assunti da f rispettivamente nei punti x 1,..., x n tutti distinti. Lo scopo dell interpolazione polinomiale è quello di cercare un polinomio di grado minimo (eventualmente unico) che coincida con la funzione f nei punti assegnati, cioè tale che P (x i ) = f(x i ), i = 1,..., n.

13 Poichè i punti sono n, è sufficiente considerare il generico polinomio di grado n 1 che ha n coefficienti P n 1 (x) = a 0 + a 1 x + + a n 1 x n 1 ed imporre le condizioni a 0 + a 1 x a n 1 x1 n 1 = f(x 1 ) a 0 + a 1 x a n 1 x2 n 1 = f(x 2 )... a 0 + a 1 x n + + a n 1 xn n 1 = f(x n ). I parametri incogniti a 0, a 1,..., a n 1 sono soluzione del seguente sistema quadrato di ordine n 1 x 1 x n 1 1 a 0 f(x 1 ) 1 x 2 x n 1 2 a 1 f(x 2 ).... = x n x n 1 n a n 1 f(x n ) (1)

14 La matrice del sistema è quella di Vandermonde, il cui determinante 1 x 1 x n x 2 x n 1 n 1 2 n det... = (x i x j )... j=1 i=j+1 1 x n x n 1 n è diverso da zero, avendo assunto i punti x i, i = 1,..., n, tutti distinti. Dunque vale il seguente teorema Teorema 3 Siano x 1,..., x n n punti a due a due distinti. Esiste uno ed un solo polinomio di grado n 1 tale che P n 1 (x i ) = f(x i ), i = 1,..., n. Tale polinomio viene detto polinomio interpolante e i punti x i, i = 1,..., n, vengono detti punti o nodi di interpolazione.

15 Per la costruzione del polinomio interpolante, si potrebbe procedere alla risoluzione del sistema (1). Ma questo approccio non è consigliato sia perché le matrici di Vandermonde sono malcondizionate sia perché necessita di un elevato numero di operazioni aritmetiche. Dunque, una volta stabilita l esistenza e l unicità del polinomio interpolante, per l effettiva costruzione si utilizzano tecniche alternative ben condizionate e, possibilmente, meno costose in termini di operazioni aritmetiche.

16 Espressioni del polinomio interpolante La prima formula interpolatoria fu scoperta da Isaac Newton nel Definendo ricorsivamente le differenze divise di una funzione f nel seguente modo [x; f] = f(x), [x, x 1 ; f] = f(x) f(x 1) x x 1, [x, x 1,..., x i ; f] = [x 1,..., x i ; f] [x, x 1,..., x i 1 ; f] x x i, la formula interpolatoria di Newton può essere scritta nella seguente forma N n (f, x) = f(x 1 ) + n 1 i [x 1,..., x i+1 ; f] (x x k ) i=1 k=1 e viene detta Polinomio di Newton di grado n 1.

17 Quando due argomenti coincidono si ha [x 0, x 0 ; f] = lim x x 0 [x 0, x; f] = lim x x 0 f(x) f(x 0 ) x x 0 = f (x 0 ). Più in generale vale e, così, otteniamo lim [x 0,..., x n ; f] = f (n) (x 0 ), x i x 0 n! lim N n (f, x) = f(x 1 ) + x i x 1 n 1 i=1 (x x 1 ) i f (i) (x 1 ) i! cioè il polinomio di Taylor di ordine n 1 della funzione f relativo al punto x 1. Dunque il polinomio di Taylor è un caso particolare del polinomio di Newton. Esso non è altro che un polinomio che interpola la funzione nel solo punto x 1.,

18 Nel 1795 Joseph Louis Lagrange scoprì la base di polinomi {l n,k } k=1,...,n dove, k = 1,..., n, l n,k (x) = n i=1 i k (x x i ) (x k x i ) è un polinomio di grado n 1 tale che 0 se k i l n,k (x i ) = 1 se k = i, cioè l n,k (x) ha per zeri tutti i punti di interpolazione tranne il k esimo. Utilizzando tale base, detta base dei polinomi fondamentali di Lagrange, diede la seguente espressione del polinomio interpolante L n (f, x) = n l n,k (x)f(x k ) k=1 che viene detta polinomio interpolante di Lagrange.

19 Il polinomio di Lagrange può intendersi come un operatore lineare che ad una funzione continua in [a, b] associa un polinomio di grado n 1 : L n : C 0 ([a, b]) P n 1. Dunque e L n (f + g) = L n (f) + L n (g) L n (λf) = λl n (f), λ R. Si tratta, però, di un operatore non biunivoco, infatti date due funzioni assumenti gli stessi valori nei punti x 1,..., x n, ad esse viene associato lo stesso polinomio interpolante di Lagrange. Inoltre è un proiettore L n (P i, x) = P i (x), i n 1, cioè conserva i polinomi al più di grado n 1. In seguito, chiameremo il polinomio interpolante sempre Polinomio di Lagrange e lo denoteremo con L n (f)

20 Algoritmi per il calcolo del Polinomio di Lagrange Per calcolare il polinomio di Lagrange mediante la formula n L n (f, x) = l n,k (x)f(x k ) (2) i=1 i k k=1 è necessario calcolare i polinomi fondamentali di Lagrange n (x x i ) l n,k (x) =, k = 1,..., n. (x k x i ) Lag=0; for k=1:n l=1; for i=1:n, if i = k, l=l (x x i )/(x k x i ); n-1 operazioni end end Lag=Lag+l*f(x k ); 1 operazione end Il costo computazionale è dell ordine di n 2

21 Per calcolare il polinomio di Lagrange con la formula L n (f, x) = f(x 1 ) + n 1 [x 1,..., x i+1 ; f] i=1 i (x x k ) (3) k=1 dovuta a Newton il costo computazionale è anche dell ordine di n 2. Dunque da un punto di vista computazionale le formule di Lagrange e Newton sono equivalenti ma, mentre l algoritmo per il calcolo del polinomio di Lagrange con la formula (2) è in generale stabile, l algoritmo per il calcolo del polinomio di Lagrange con la formula (3) non lo è. Più precisamente la stabilità dell algoritmo per il calcolo della formula di Newton dipende dalla distribuzione dei punti di interpolazione e diminuisce all aumentare della vicinanza dei punti di interpolazione.

22 Approssimazione uniforme di funzioni mediante il Polinomio di Lagrange Senza perdere la generalità, consideriamo l interpolazione sull intervallo [ 1, 1]. Supponiamo di avere una funzione reale f continua nell intervallo [ 1, 1] e una successione di polinomi algebrici {q n } n tali che per ogni n 1, il polinomio q n ha grado esattamente n e ha n zeri distinti appartenenti all intervallo [ 1, 1] : 1 x n,1 < x n,2 < < x n,n 1. Sia X la matrice tridiagonale infinita corrispondente a questi zeri X = x 1,1 x 2,1 x 2, x n,1 x n,2 x n,n...., cioè l n-esima riga della matrice X consiste degli zeri di q n.

23 Associamo alla matrice X la sequenza di polinomi di Lagrange {L n (X, f)} n dove L n (X, f; x n,k ) = f(x n,k ), k = 1,..., n. La matrice X è chiamata matrice di interpolazione o sistema di nodi di interpolazione. La successione {L n (X, f)} n definisce un processo interpolatorio. Noi siamo interessati ad un processo interpolatorio {L n (X, f)} n per il quale L n (X, f) f per n + e quindi vogliamo individuare la matrice X che verifica tale convergenza. La differenza R n (X, f; x) = f(x) L n (X, f; x) viene detta resto o errore di Lagrange.

24 Osservazione Nel calcolo automatico del polinomio di Lagrange, a causa di errori che si possono commettere nella valutazione della funzione nei punti di interpolazione, calcoliamo L n (X, f + ε) anzichè L n (X, f), cioè calcoliamo f(x n,k ) + ε(x n,k ) al posto di f(x n,k ). Dunque, per la linearità dell operatore di Lagrange, si ha Ma f L n (X, f + ε) R n (X, f) + L n (X, ε) L n (X, ε) = max x 1 dove ε n = n l n,k (X, x)ε(x n,k ) ε nλ n (X) k=1 max ε(x n,k) e k=1,...,n Λ n (X) := max x 1 Λ n(x, x) := max x 1 n l n,k (X, x). k=1 Dunque l errore totale di interpolazione è dato dall errore teorico R n (X, f) più l errore numerico ε n Λ n (X) La funzione Λ n (X, x) è detta funzione di Lebesgue e le quantità Λ n (X) vengono dette costanti di Lebesgue.

25 Le costanti di Lebesgue non dipendono dalla funzione f ma soltanto dalla matrice X di interpolazione e rappresentano il coefficiente di amplificazione dell errore numerico di interpolazione. Questo significa che, per matrici di interpolazione per le quali le costanti di Lebesgue hanno un andamento fortemente crescente, l errore totale del polinomio di Lagrange diverge anche se l errore teorico si mantiene limitato. Quindi la scelta delle costanti di Lebesgue è importante ai fini della convergenza del processo interpolatorio {L n (X, f)} n. Ci chiediamo se esistono matrici di interpolazione per le quali le costanti di Lebesgue sono limitate. La risposta è negativa, infatti vale il seguente Teorema 4 Per ogni matrice di interpolazione X si ha Λ n (X) > 1 12 log n.

26 L individuazione di una matrice di nodi per la quale le costanti di Lebesgue hanno ordine di divergenza più basso è stato per lungo tempo un problema aperto. Successivamente è stato dimostrato che l ordine ottimale delle costanti di Lebesgue è proprio log n. Esempi di matrici di interpolazione le cui corrispondenti costanti di Lebesgue hanno ordine log n sono le matrici degli zeri dei polinomi di Jacobi {p α,β n } n, 1 < α, β 1 2. Tra queste ha particolare rilevanza la matrice degli zeri dei polinomi di Chebyshev di prima specie (α = β = 1 2 ).

27 Diamo ora una stima dell errore teorico di approssimazioni per funzioni analitiche. Vale il seguente Teorema 5 Sia f C n ([ 1, 1]) e sia p n il polinomio monico che ha per zeri gli n punti di interpolazione. Allora per ogni x [ 1, 1] esiste un punto 1 < ξ < 1, tale che Poichè R n (X, f; x) = f (n) (ξ) p n (x). n! p n (x) 2 n, x [ 1, 1], nell ipotesi in cui la funzione f abbia tutte le derivate equilimitate, cioè si ha M := sup n max f (n) (x) < +, x 1 R n (X, f) M2n n! e, quindi, l errore teorico di interpolazione tende a zero per n + qualunque sia la matrice di interpolazione X. Bisogna però osservare che tale convergenza, indipendentemente dalla matrice dei nodi di interpolazione, è soltanto teorica.

28 Se prendiamo come matrice di nodi la matrice T degli zeri dei polinomi di Chebyshev di prima specie, poiché p n (x) = p 1 2, 1 2 n (x) 1, x [ 1, 1], 2n 1 otteniamo la seguente stima dell errore teorico di Lagrange per funzioni f C n ([ 1, 1]) con tutte le derivate equilimitate R n (T, f) M 2 n 1 n!. Dunque, la scelta della matrice T dei nodi di Chebyshev di prima specie, oltre a garantire un errore numerico dell ordine di log n, ci permette di ottenere una migliore stima dell errore teorico.

29 Vediamo ora che, se la funzione è solo continua, la scelta di matrici di interpolazione le cui costanti di Lebesgue hanno ordine ottimale è essenziale anche per la convergenza dell errore teorico di interpolazione. Sia P il polinomio di miglior approssimazione della funzione f in P n 1. Si ha R n (X, f) f P + L n (X, f P ). Poichè L n (X, f P ) max x 1 otteniamo n l n,k (X, x) f(x k ) P (x k ) k=1 f P Λ n (X), R n (X, f) (1 + Λ n (X)) f P = (1 + Λ n (X))E n 1 (f) dove E n 1 (f) denota l errore di miglior approssimazione.

30 Se X è una matrice di interpolazione tale che si ha convergenza se Λ n (X) log n, n 1, lim n E n 1 (f) log n = 0. E questo non è, in generale, vero se la funzione f è solo continua. Ma se f C 1 ([ 1, 1]), poichè per il Teorema 2 si ha E n 1 (f) C n, R n (X, f) C n log n 0 per n In generale, se f C k ([ 1, 1]), poichè per il Teorema 2 si ha E n 1 (f) C n k, R n (X, f) C n k log n 0 per n

31 Costanti di Lebesgue e Matrici di interpolazione Per il Teorema 4, per ogni matrice di interpolazione X si ha Λ n (X) > 1 12 log n. Dunque non esiste alcuna matrice di interpolazione X per la quale le corrispondenti costanti di Lebesgue sono limitate. Successivamente è stato provato che Λ n = Λ n (X ) = min X Λ n(x) 2 π log n, cioè l ordine ottimale delle costanti di Lebesgue è log n e una matrice di interpolazione X per la quale le corrispondenti costanti di Lebesgue hanno ordine ottimale viene detta matrice ottimale di interpolazione.

32 Denotiamo con E la matrice dei nodi equispaziati su [ 1, 1] x n,k = k 1 n 1, k = 1,..., n È stato dimostrato che Λ n (E) 2 n e n log n dunque la matrice E non è una matrice di interpolazione ottimale Figure 1: Grafico della funzione di Lebesgue Λ 5 (E, x)

33 Denotiamo con T la matrice degli zeri dei polinomi di Chebyshev di prima specie ( ) (2k 1)π x n,k = cos, k = 1,..., n 2n È stato dimostrato che Λ n (T ) 2 π log n dunque la matrice T è una matrice di interpolazione ottimale Figure 2: Grafico della funzione di Lebesgue Λ 5 (T, x)

34 Denotiamo con U la matrice degli zeri dei polinomi di Chebyshev di seconda specie con i punti addizionali ±1 ( ) kπ x n,k+1 = cos, k = 0,..., n + 1 n + 1 È stato dimostrato che Λ n (U) log n dunque la matrice U è una matrice di interpolazione ottimale Figure 3: Grafico della funzione di Lebesgue Λ 5 (U, x)

35 I polinomi di Chebyshev di prima specie e di seconda specie sono dei particolari polinomi di Jacobi {p α,β n } n, α, β > 1 Più precisamente, i polinomi di Chebyshev di prima specie sono dei polinomi di Jacobi con α = β = 1 2 mentre i polinomi di Chebyshev di seconda specie sono dei polinomi di Jacobi con α = β = 1 2. In generale, denotata con J la matrice degli zeri dei polinomi di Jacobi, è stato dimostrato che log n 1 < α, β 1 2 Λ n (J ) n 1 2 +max{α,β} α, β > 1 2 Dunque J è una matrice di interpolazione ottimale soltanto se 1 < α, β 1 2. Osservazione La matrice di interpolazione formata dai soli zeri di Chebyshev di seconda specie (α = β = 1 2 ) non è una matrice di interpolazione ottimale ma, se ad ogni riga aggiungiamo i punti addizionali ±1, la matrice risultante U lo è.

36 Osservazione L espressione analitica degli zeri dei polinomi di Jacobi non è in generale nota (tranne in alcuni casi particolari come ad esempio α = β = 1 2 e α = β = 1 2 ). Essi vengono calcolati in maniera approssimata, con un errore dell ordine dell epsilon di macchina, attraverso un opportuno algoritmo Vediamo, ora, attraverso alcuni esempi, come le costanti di Lebesgue influenzano l errore di approssimazione del polinomio di Lagrange

37 Esempio 1 Consideriamo la funzione f(x) = x 3 2 C 1 ([ 1, 1]) L errore teorico di approssimazione soddisfa la seguente stima R n (X, f) C n log n dunque tende a 0 per n + per ogni x [ 1, 1]. Vediamo cosa succede, da un punto di vista numerico, approssimando la funzione f con L n (E, f) e L n (T, f)

38 Figure 4: Grafico della funzione x 3 2

39 Figure 5: Grafico di L 14 (E, f; x) Se n è pari il punto 0 non è incluso tra i punti di interpolazione. Dal grafico si evince che l errore di approssimazione è abbastanza elevato intorno ai punti ±1 e 0

40 Figure 6: Grafico di L 15 (E, f; x) Se n è dispari il punto 0 è incluso tra i punti di interpolazione. Dal grafico si evince che l errore di approssimazione è molto elevato intorno ai punti ±1

41 Figure 7: Grafico di L 14 (T, f : x)

42 Figure 8: Grafico di L 15 (T, f; x) Utilizzando la matrice di interpolazione ottimale T, sia per n pari che per n dispari, l errore di approssimazione è dello stesso ordine in tutti i punti dell intervallo [ 1, 1].

43 Esempio 2 Consideriamo la funzione f(x) = e x C ([ 1, 1]) Utilizzando il Teorema 5, l errore teorico di approssimazione R n (X, f) tende a 0 molto velocemente per n + per ogni x [ 1, 1]. Vediamo cosa succede, da un punto di vista numerico, approssimando la funzione f con L n (E, f) e L n (T, f) n Λ n (E) R n (E, f) e e e e e e e e e e e e e e e e e e+11

44 n Λ n (T ) R n (T, f) e e e e e e e e e-15

45 Interpolazione con funzioni polinomiali a tratti Abbiamo visto che, data una funzione f C k ([a, b]), k 1, di cui si conosce l espressione analitica, e un matrice di nodi X, le cui costanti di Lebesgue hanno ordine ottimale log n, è possibile costruire un processo interpolatorio {L n (X, f)} n tale che L n (X, f) f per n +, x [a, b]. La scelta della matrice di nodi X, le cui costanti di Lebesgue hanno ordine ottimale log n, è fondamentale affinchè tale processo interpolatorio sia stabile e convergente. Se, però, non conosciamo l espressione analitica di f ma conosciamo soltanto i valori che essa assume in alcuni punti x 0, x 1..., x n dell intervallo [a, b], dunque non possiamo scegliere opportunamente i punti di interpolazione, non è consigliabile utilizzare il polinomio interpolante di Lagrange per approssimare la funzione f. Questo è il caso in cui, ad esempio, la funzione f da approssimare descrive l andamento di alcuni dati sperimentali.

46 In questi casi si preferisce utilizzare l interpolazione con funzioni polinomiali a tratti. Definizione 1 Suddividiamo l intervallo [a, b] in n sottointervalli con n + 1 nodi x i, i = 0,..., n, tali che a = x 0 < x 1 <... < x n = b. Una funzione S n si dice polinomiale a tratti su [a, b] se sull i-esimo sottointervallo [x i, x i+1 ] coincide con un polinomio di grado k i. Di solito k i = k i = 0,..., n 1, cioè i polinomi usati nei diversi sottointervalli hanno tutti lo stesso grado k.

47 L esempio più semplice di funzione polinomiale a tratti è la polinomiale lineare. Nell i esimo sottointervallo la funzione S n coincide con il polinomio interpolante della funzione f nei nodi x i e x i+1, cioè per x i x x i+1 si ha S n (f, x) = L 2 (f, x) = (x i+1 x)f(x i ) + (x x i )f(x i+1 ) x i+1 x i. Se f C 2 ([a, b]) e max x 1 f (x) < M usando la stima R 2 (f) M 2! p 2 M 2 h2, dove h := max i h i = max i x i+1 x i, si ha f S n (f) = O(h 2 ). Per la sua semplicità questo metodo è usato spesso nella pratica, ma esso non è adatto per una buona rappresentazione grafica della funzione. Infatti, poichè non stabilisce nessuna condizione sulle derivate dei polinomi nei punti x i, i = 1,..., n 1, il raccordo fra due diversi polinomi presenta in generale un punto spigoloso.

48 Esistono tanti altri esempi di funzioni polinomiali a tratti, ma fra di esse, quelle più usate sono le funzioni spline. Funzioni spline Le funzioni spline sono polinomiali che si ottengono imponendo condizioni di continuità delle derivate, senza utilizzare i valori, in generale non disponibili, delle derivate della funzione nei nodi dell intervallo. Esse sono molto utilizzate nella pratica perché consentono di ottenere ottimi risultati dal punto di vista grafico. Definizione 2 Fissato un intero d 1, S d (f, x) è una funzione spline di ordine d associata alla suddivisione dell intervallo [a, b] se: a = x 0 < x 1 <... < x n = b 1. S d (f, x) è un polinomio di grado d in ogni intervallo [x i 1, x i ], i = 1,..., n; 2. S (k) d (f) è una funzione continua su [a, b] per ogni k = 0,..., d 1. Le funzioni spline più usate sono quelle cubiche, cioè d = 3.

49 Spline cubiche Assegnati n + 1 punti nell intervallo [a, b] tali che a = x 0 < x 1 <... < x n = b, la spline cubica S 3 (f, x) interpola la funzione y = f(x) in tali punti, cioè S 3 (f, x i ) = f(x i ), i = 0,..., n. (4) Inoltre, dalla Definizione 2 risulta S 3 (f, x) = a i + b i x + c i x 2 + d i x 3, x [x i 1, x i ], (5) i = 1,..., n, S (k) 3 (f, x+ i ) = S(k) 3 (f, x i ), i = 1,..., n 1, (6) k = 0, 1, 2. Le condizioni (4) e (6) conducono ad un sistema lineare di 4n 2 equazioni (n + 1 dalla (4) e 3(n 1) dalla (6)) nelle 4n incognite a i, b i, c i, d i definite in (5). Per ottenere un sistema quadrato di ordine 4n, dobbiamo imporre due ulteriori condizioni.

50 Tuttavia, invece di risolvere un sistema di ordine 4n, imponendo due condizioni aggiuntive opportune, possiamo costruire univocamente S 3 (f, x) risolvendo un sistema lineare di ordine al più n + 1, con struttura particolarmente semplice. A tal fine introduciamo le nuove incognite M i = S 3 (f, x i ), i = 0, 1,..., n. Poichè S 3 (f, x) è in ogni intervallo [x i 1, x i ] un polinomio di grado 3, la derivata seconda S 3 (f, x) è in tali intervalli una funzione lineare della seguente forma S 3 (f, x) = (x i x)m i 1 + (x x i 1 )M i h i, i = 1,..., n, dove h i = x i x i 1. Osserviamo che la S 3 (f, x) così definita è continua su tutto [a, b]. Per individuare S 3 (f, x) dobbiamo per prima cosa integrare due volte S 3 (f, x). (7)

51 Integrando la (7) otteniamo S 3(f, x) = (x i x) 2 M i 1 + (x x i 1 ) 2 M i 2h i +C i, i = 1,..., n, e, integrando la (8), abbiamo S 3 (f, x) = (x i x) 3 M i 1 + (x x i 1 ) 3 M i 6h i +C i (x x i 1 )+D i, dove C i, D i, i = 1,..., n, sono costanti arbitrarie. i = 1,..., n, Tuttavia dovendo S 3 (f, x) soddisfare le condizioni (4), cioé (8) (9) S 3 (f, x i 1 ) = f(x i 1 ) e S 3 (f, x i ) = f(x i ), (10) possiamo assegnare alle C i, D i, i = 1,..., n, i seguenti valori e D i = f(x i 1 ) h2 i 6 M i 1 C i = f(x i) f(x i 1 ) h i(m i M i 1 ) h i 6

52 Conseguentemente, le (8) e (9) diventano e S 3(f, x) = (x i x) 2 M i 1 + (x x i 1 ) 2 M i 2h i + f(x i) f(x i 1 ) h i(m i M i 1 ) h i 6 S 3 (f, x) = (x i x) 3 M i 1 + (x x i 1 ) 3 M i (11) 6h i [ f(xi ) f(x i 1 ) + h ] i(m i M i 1 ) (x x i 1 ) h i 6 + f(x i 1 ) h2 i 6 M i 1, per x [x i 1, x i ] e i = 1,..., n.

53 Osservazione Se S 3 (f) soddisfa le condizioni (10) è anche continua nei punti x i 1 e x i. Finora abbiamo imposto la continuità solo a S 3 (f, x) e S 3 (f, x). Affinché S 3 (f, x) sia una spline cubica è sufficiente determinare le quantità {M i } i in modo che le condizioni lim x x i S 3(f, x) = lim x x + i S 3(f, x), i = 1,..., n 1, (12) siano soddisfatte, cosicché anche S 3(f, x) risulti continua in [a, b].

54 Dalla S 3(f, x) = (x i x) 2 M i 1 + (x x i 1 ) 2 M i 2h i + f(x i) f(x i 1 ) h i(m i M i 1 ) h i 6 deduciamo che nell intervallo [x i, x i+1 ] la S 3(f, x) ha la seguente espressione (13) S 3(f, x) = (x i+1 x) 2 M i + (x x i ) 2 M i+1 2h i+1 (14) + f(x i+1) f(x i ) h i+1(m i+1 M i ). h i+1 6 Sostituendo le (13) e (14) in (12) otteniamo il seguente sistema lineare h i M i 1 + 2(h i + h i+1 )M i + h i+1 M i+1 = = 6 h i+1 (f(x i+1 ) f(x i )) 6 h i (f(x i ) f(x i 1 )), (15) i = 1,..., n 1, di (n 1) equazioni nelle (n + 1) incognite M 0, M 1,..., M n. Dobbiamo infine imporre altre due condizioni.

55 Vari criteri possono essere seguiti per individuare queste due condizioni. Le tre possibili scelte più note sono le seguenti: 1. imponiamo le condizioni S 3(f, x 0 ) = f (x 0 ) e S 3(f, x n ) = f (x n ) (16) che si trasformano nelle seguenti equazioni aggiuntive [ ] f(x1 ) f(x 0 ) 2h 1 M 0 + h 1 M 1 = 6 f (x 0 ) h 1 (17) [ h n M n 1 + 2h n M n = 6 f (x n ) f(x ] n) f(x n 1 ). h n Le funzioni spline che si ottengono con le condizioni aggiuntive (16) si dicono spline complete. L unione delle (15) e (17) produce il seguente sistema tridiagonale simmetrico a diagonale dominante

56 2h 1 h 1 h 1 2(h 1 + h 2 ) h 2... = 6... h n 1 2(h n 1 + h n ) h n h n 2. Imponiamo le condizioni 2h n M 0 M 1. M n 1 M n f(x 1 ) f(x 0 ) f (x 0 ) h 1 f(x 2 ) f(x 1 ) f(x 1) f(x 0 ) h 2 h 1 =. f(x n ) f(x n 1 ) f(x n 1) f(x n 2 ) h n h n 1 f (x n ) f(x n) f(x n 1 ) h n (18) M 0 = f (x 0 ) e M n = f (x n ). (19)

57 Combinando le (15) con le (19), anche in questo caso perveniamo ad un sistema tridiagonale simmetrico a diagonale dominante, ma il suo ordine è n 1 2(h 1 + h 2 ) h 2 h 2 2(h 2 + h 3 ) h h n 2 2(h n 2 + h n 1 ) h n 1 = 6 h n 1 2(h n 1 + h n ) M 1 M 2. M n 2 M n 1 (20) f(x 2 ) f(x 1 ) f(x 1) f(x 0 ) h 1 h 2 h 1 6 f (x 0 ) f(x 3 ) f(x 2 ) f(x 2) f(x 1 ) h 3 h 2. f(x n 1 ) f(x n 2 ) f(x n 2) f(x n 3 ) h n 1 h n 2 f(x n ) f(x n 1 ) f(x n 1) f(x n 2 ) h n h n h n 1 6 f (x n )

58 Se poniamo M 0 = M n = 0, indipendentemente dai valori f (x 0 ) e f (x n ), le spline cubiche corrispondenti vengono denominate spline naturali. 3. Se f è periodica di periodo b a, cioè f(a) = f(b) imponiamo le seguenti condizioni di periodicità alla spline: S 3(f, x 0 ) = S 3(f, x n ) (21) S 3 (f, x 0 ) = S 3 (f, x n ). (22) La funzione spline risultante si dice spline periodica. La condizione (21) produce l equazione 2h 1 M 0 + h 1 M 1 + 2h n M n + h n M n 1 = [ f(x1 ) f(x 0 ) = 6 f(x ] n) f(x n 1 ). (23) h 1 h n Poichè f(x 0 ) = f(x n ) e la condizione (22) produce l equazione M 0 = M n, la (23) diventa h 1 M 1 + h n M n 1 + 2M n (h 1 + h n ) = [ f(x1 ) f(x n ) = 6 f(x ] n) f(x n 1 ). (24) h 1 h n

59 L unione delle (15) con la (24) produce il seguente sistema 2(h 1 + h 2 ) h 2 h 1 h 2 2(h 2 + h 3 ) h h n 1 2(h n 1 + h n ) h n h 1 h n 2(h 1 + h n ) = 6 f(x 2 ) f(x 1 ) f(x 1) f(x n ) h 2 h 1 f(x 3 ) f(x 2 ) f(x 2) f(x 1 ) h 3 h 2. f(x n ) f(x n 1 ) f(x n 1) f(x n 2 ) h n h n 1 f(x 1 ) f(x n ) f(x n) f(x n 1 ) h 1 h n M 1 M 2. M n 1 M n (25) Il sistema (25) non è più esattamente tridiagonale, ma è ancora simmetrico e a diagonale dominante.

60 In tutti e tre i casi illustrati i sistemi sono non singolari, dunque la spline cubica cercata esiste ed è unica. Poichè tutte e tre le matrici sono a diagonale dominante, tali sistemi possono essere risolti con il metodo di Gauss senza pivoting. Una volta determinato il vettore M 0, M 1,..., M n, per calcolare la spline cubica cercata in un punto x [a, b], si individua il sottointervallo [x i 1, x i ] di [a, b] a cui x appartiene e si utilizza la formula S 3 (f, x) = (x i x) 3 M i 1 + (x x i 1 ) 3 M i 6h [ i f(xi ) f(x i 1 ) + h ] i(m i M i 1 ) (x x i 1 ) h i 6 + f(x i 1 ) h2 i 6 M i 1. Le spline cubiche sono molto usate nella grafica perché, fra le funzioni con derivata seconda continua che interpolano la funzione f nei nodi x 0,..., x n, sono quelle che hanno minima curvatura, cioè oscillano meno. Il minimo assoluto è raggiunto dalle spline naturali.

61 Per quanto riguarda la convergenza vale il seguente Teorema Sia S 3 (f, x) la spline cubica con condizioni agli estremi di tipo (16) o (19) o (21) e (22) se f è periodica. Definiamo con h = max 1 i n h i. Se f C 2 ([a, b]) allora lim h 0 f (p) S (p) 3 (f) h 2 p = 0, p = 0, 1, 2. Se, invece, f C k ([a, b]), k = 3, 4, ed, inoltre, esiste una costante C tale che h h i C <, allora f (p) S (p) 3 lim (f) h 0 h 3 p = 0, k = 3 p = 0, 1, 2, 3 f (p) S (p) 3 lim (f) h 0 h 4 p < +, k = 4. È stato tuttavia dimostrato che h 4 è il massimo ordine di convergenza che possiamo avere con le spline cubiche considerate, ovvero lim h 0 f S 3 (f) h 4 < + anche quando f C k ([a, b]) con k > 4.

62 Il precedente teorema non solo ci assicura la convergenza uniforme in [a, b] di S 3 (f, x) a f(x), ma ci suggerisce che le spline cubiche sono uno strumento efficace per l approssimazione uniforme in tutto [a, b] anche delle derivate di f.

63 Esempio 1 Sia f(x) = x sin 2 (x) (3 + x 3 ) 2, x [ 1, 1] Vogliamo approssimare la funzione f con 8 cifre decimali esatte utilizzando 1. il polinomio di Lagrange L n (T, f) che la interpola sugli zeri del polinomio di Chebyshev di prima specie p 1 2, 1 2 n ; 2. la spline cubica S 3 (f) che la interpola sui punti equispaziati nell intervallo [ 1, 1] di passo h = 2 n. Poichè f C 4 ([ 1, 1]), da un punto di vista teorico si ha e R n (T, f) C n 4 log n < circa per n > 150 f S 3 (f) C ( ) 4 2 < 1 n 10 9 circa per n > 210

64 Dato il vettore di 41 punti equispaziati x = [ 1 : : 1] Valutiamo sia L n (T, f) che S 3 (f) in tali punti e calcoliamo E 1 = max f(x i) L n (T, f; x i ) i=1,...,41 E 2 = max f(x i) S 3 (f, x i ) i=1,...,41 n E 1 E e e e e e e e e e e e e e e e e e e-9

65 I risultati numerici sono migliori rispetto alle aspettative teoriche, anche perchè, non essendo nota la costante C, il valore di n calcolato teoricamente non è preciso (abbiamo assunto C = 1). I risultati che si ottengono utilizzando il polinomio di Lagrange sono migliori.

66 Esempio 2 Sia f(x) = (x2 + 2) 3 cos x 1 + e x, x [ 1, 1] Vogliamo approssimiamo la funzione f con 10 cifre decimali esatte utilizzando 1. il polinomio di Lagrange L n (T, f) che la interpola sugli zeri del polinomio di Chebyshev di prima specie p 1 2, 1 2 n ; 2. la spline cubica S 3 (f) che la interpola sui punti equispaziati nell intervallo [ 1, 1] di passo h = 2 n. Poichè f C ([ 1, 1]), da un punto di vista teorico si ha e R n (T, f) C 2 n 1 n! < circa per n > 10 f S 3 (f) C ( ) 4 2 < 1 n circa per n > 1000

67 Dato il vettore di 41 punti equispaziati x = [ 1 : : 1] Valutiamo sia L n (T, f) che S 3 (f) in tali punti e calcoliamo E 1 = max f(x i) L n (T, f; x i ) i=1,...,41 E 2 = max f(x i) S 3 (f, x i ) i=1,...,41 n E 1 E e e e e e e e e e e e e e e-10

68 Come da previsioni teoriche i risultati numerici ottenuti con il polinomio di Lagrange sono molto migliori rispetto a quelli ottenuti con la spline cubica. Anche se la funzione è analitica l errore della spline cubica è dello stesso ordine del caso in cui la funzione ha solo 4 derivate continue.

69 Esempio 3 In un giorno del mese di luglio, ad intervalli di 1 ora, per tutte le 24 ore, sono state registrate le seguenti temperature ora temperatura Utilizzare la spline cubica S 3 (f) per stimare le temperature delle ore 12, 30 e delle ore 19, 30.

70 Confrontare i risultati ottenuti con i valori reali riportati nella seguente tabella ora temperatura 12, ,30 26 Denotato con x il vettore avente per componenti le ore e con y il vettore avente per componenti le corrispondenti temperature, con il comando Matlab si ottiene yy = spline(x, y, [ ]) ora temperatura errore 12, ,

71 Valutare, inoltre, la spline S 3 (f) nei punti e disegnarne il grafico. xx = [1.5 : 24.5] Figure 9: Grafico della spline S 3 (f)

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