Le prime ricerche ed elaborazioni teoriche relative alla rappresentazione psichica del proprio corpo nascono a partire dalla metà del secolo XIX nel

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1 4 Le prime ricerche ed elaborazioni teoriche relative alla rappresentazione psichica del proprio corpo nascono a partire dalla metà del secolo XIX nel campo della fisiologia e della patologia neurologica. Distaccandosi dalle concezioni filosofiche (meccanicismo, vitalismo) che l avevano dominata nel secolo XVIII, la fisiologia rifiuta la dottrina degli spiriti vitali e si va invece sempre più accostando allo studio del sistema nervoso e del cervello, riconosciuto ormai definitivamente come sede della mente. Proprio nell ambito delle tesi elaborate dai fisiologi, che tentano di spiegare le modificazioni simboliche del proprio corpo in base alle distorsioni delle afferenze sensitivo-sensoriali, si trovano i primi concetti inerenti alla percezione e alla conoscenza corporea. Il concetto di cenestesia, definito all inizio del secolo XIX dal fisiologo Reil come il caos indifferenziato delle sensazioni che da ogni parte del corpo vengono continuamente trasmesse al sensorium, cioè al centro nervoso delle afferenze sensoriali e successivamente da Peisse (1844) come il sentimento attraverso il quale il corpo appare continuamente all Io come suo e il soggetto spirituale si percepisce e si sente esistere nell estensione limitata dell organismo, era ancora usato alla fine del secolo, e particolarmente nel campo della patologia. Con esso si alludeva indifferenziatamente a tutte le sensazioni organiche di origine interna il cui carattere era però prevalentemente definito dalle sensazioni viscerali passive. A proposito dei casi psichiatrici Krishaber parlò di perturbazione della personalità fisica negli psicoastenici (1873) e di deficienza della cenestesia (1874), mentre Deny e Camus (1905) di cenestesiopatia. In seguito, Taine e Ribot (citati da Hécaen, 1972) misero in evidenza il ruolo di queste perturbazioni del senso del corpo nella patologia della personalità. Tuttavia, a causa soprattutto delle ambiguità del sottostante

2 5 modello di riferimento ora organico ora psichico (secondo il quale nel primo caso la cenestesia verrebbe a definire una somma di sensazioni indifferenziate o addirittura un apparato sensoriale specifico, e nel secondo una rappresentazione mentale) non riuscì agevole precisare la natura e la funzione di tale concetto. Il concetto di cenestesia, inoltre, condusse a una semplicistica scissione tra gli apparati sensoriali (sensibilità interna e esterna) e fra gli oggetti stessi della conoscenza (corpo proprio e mondo esterno), scissione che tuttavia subì un primo tentativo di unificazione in seno alla scuola Tedesca attraverso il concetto di somatopsiche proposto dallo psichiatra Werniche (1894). Con questa interpretazione si fece strada il tentativo di fondare la coscienza del corpo sulla motricità, ovvero su una funzione attiva dell organismo. Ogni percezione sensoriale si compone così di due elementi: un elemento sensoriale specifico (visivo, tattile ), riferito al mondo esterno, a cui si sovrappone un elemento muscolare o miopsichico che esprime la sensazione del movimento eseguito dall organismo necessario all adattamento del recettore sensoriale finalizzato alla realizzazione di migliori condizioni di percezione. Attraverso le vie di associazione transcorticali tali sensazioni organiche di origine esterna e le loro immagini mnestiche sono intimamente unite alle immagini delle sensazioni organiche di origine interna, soprattutto viscerale, e il cui insieme costituisce ciò che viene chiamato cenestesia o senso dell esistenza corporea. Ne deriva dunque che, attraverso le connessioni associative, ogni percezione sensoriale può evocare nella coscienza immagini delle diverse regioni del corpo per mezzo delle quali abbiamo la nozione del nostro organismo. Nell interpretazione di Werniche era presente dunque l illusione che la percezione del proprio corpo potesse equivalere alla puntuale descrizione anatomica dei propri organi interni.

3 6 La concezione di Werniche fu ampliata dal suo allievo Förster (1903) che parlò di afunzione del somatopsiche e dai già citati Deny e Camus (1905) che descrissero un caso di ipocondria aberrante dovuta alla perdita della coscienza del corpo o cenestesia e sostenuta dalla non utilizzazione delle sensazioni organiche normalmente associate alle percezioni sensoriali. Con l introduzione del termine di schema corporeo e di aschematia intesa come anestesia limitata alla nozione topografica, l otologo francese Bonnier (1905) distinse abbastanza chiaramente il senso dell esistenza del senso dello spazio (sens d espace) o dell orientamento soggettivo in rapporto al mondo esterno. Tale orientamento era determinato dal duplice carattere proprio di ogni percezione, ovvero un immagine sensoriale dovuta alla stimolazione dello specifico recettore sensoriale e un aspetto dovuto alla definizione del luogo di stimolazione, sia esso alla periferia dell organismo, lontano da esso o all interno dell organismo stesso. L assoluta originalità del lavoro di Bonnier è dunque l introduzione del criterio topografico, indicato come essenziale e che gli studiosi del suo tempo non avevano preso in considerazione. Noi sappiamo di occupare un certo nostro luogo, ed è grazie a questo schema - scrive Bonnier - che ci orientiamo oggettivamente nel mondo e soggettivamente sulla localizzazione delle diverse parti del nostro proprio corpo. Tuttavia pur riconoscendo a Bonnier il ruolo di precursore del concetto di schema corporeo, furono soprattutto Pick e Head che contribuirono maggiormente alla sua diffusione. In una serie di lavori (1908, 1915, 1922) studiando lo schema corporeo in relazione a un disturbo che chiamò autotopoagnosia (difficoltà di localizzazione delle sensazioni e di designazione delle parti

4 7 del corpo), Pick riconfermò il criterio topognostico proposto da Bonnier ipotizzando il possesso da parte dell individuo di una funzione conoscitiva che gli garantisce un sapere continuo, una vaga consapevolezza topografica del corpo, tale da informarlo continuamente della situazione in cui si trova. Tale schema è funzione delle immagini mentali provenienti dalla percezione tattile, cinestesica, ma soprattutto visiva, tanto da parlare di un Immagine Spaziale del Corpo che si costruisce durante lo sviluppo e rappresenta una sorta di incastellatura essenziale a cui si riporta la coscienza della nostra corporeità. Circa negli stessi anni, l anglosassone Head adottando un criterio estesiologico formulò una delle teorie di maggior successo in questo settore. Gli impulsi centripeti, cioè le informazioni sensoriali, tattili, visive e soprattutto posturali che dalla periferia convergono ai centri cerebrali, risultano consci soltanto dopo essere stati valutati da un dispositivo cerebrale che li relaziona, li decodifica, li ricodifica e li integra ai precedenti e già integrati apporti in un costante processo evolutivo che risulta puramente fisiologico e del tutto estraneo alla partecipazione della coscienza, la quale può solo prendere atto dei suoi risultati. Questo dispositivo è chiamato modello o standard (Head e Holmes 1911, Head 1920), ed è un automatismo cerebrale del tutto simile - secondo la celeberrima analogia dell autore - al meccanismo di un tassametro: il processo di comparazione e di integrazione degli apporti sensitivi allo standard avviene nella stessa maniera in cui la distanza viene direttamente presentata sotto forma di denaro. Inoltre, tenendo conto della molteplicità e della diversità qualitativa delle sollecitazioni che raggiungono i centri cerebrali, Head parlò non solo di schema (o modello), ma di schemi, al plurale (posturale, tattile, cinetico, visivo ecc.), il cui integrato fornisce una sorta di somatogramma sempre in fieri.

5 8 Tali caratteristiche di duttilità e di persistenza del modello posturale rendono possibile non soltanto l adattamento dell individuo all ambiente (riconoscimento delle localizzazioni sensoriali e realizzazione dell attività motoria), ma la conoscenza e l esistenza stessa del corpo. La distruzione degli schemi in seguito a una lesione cerebrale, infatti, parcellizzerebbe in innumerevoli stati il corpo rendendo impossibile il riconoscimento della postura o della localizzazione di un punto stimolato situato nella parte del corpo interessata dalla lesione. Così Head, partito dalle modificazioni patologiche della coscienza del corpo, giunse a spiegare i vari fenomeni di agnosia (non riconoscimento del corpo e delle sue parti) con la dissoluzione di questa struttura intermediaria. L originalità maggiore dello studio di Head sta nel valorizzare il contributo delle afferenze propriocettive nella formazione dello schema corporeo e nel distinguerlo dall immagine motoria di Munk (1890) statica e definita (Denes 1990 b). Nel 1914 Babinski presentò l osservazione di due malati che ignoravano la loro emiplegia nonostante uno stato intellettivo sufficiente. Fatti simili erano già stati riportati da Anton (1893, 1899), tuttavia Babinski non affermò soltanto che le turbe sensitive non potevano spiegare questa agnosia, ma, anzi, li considerò come il risultato di una lesione limitata della corteccia. Schilder (1923, 1935), combinando l immagine motoria degli Autori tedeschi con la nozione di schema corporeo intesa da Head, formulò la dottrina per cui lo schema corporeo viene spiegato come l immagine spaziale tridimensionale che ognuno di noi ha, prodotta dalla sintesi delle diverse esperienze sensoriali combinate con un meccanismo corticale specifico, la cui lesione provoca un disturbo nell orientamento del proprio corpo.

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