LICENZIAMENTI INDIVIDUALI. Casistica ed effetti. a cura di Manuela Lupi FEDERAZIONE LAVORATORI AZIENDE ELETTRICHE ITALIANE

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1 LICENZIAMENTI INDIVIDUALI Casistica ed effetti 2015 a cura di Manuela Lupi FEDERAZIONE LAVORATORI AZIENDE ELETTRICHE ITALIANE

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3 SOMMARIO Premessa pag. 2 Licenziamento ad nutum pag. 5 Licenziamento discriminatorio, nullo e orale pag. 7 Licenziamento disciplinare pag. 11 Licenziamento per giustificato motivo oggettivo pag. 17 Vizi formali e procedurali del licenziamento pag. 22 Licenziamento per superamento del comporto pag. 24 Licenziamento per disabilità e inidoneità pag. 27 Impugnazione del licenziamento pag. 30 1

4 PREMESSA Nel rapporto di lavoro subordinato (ex art c.c.) il potere di licenziamento di licenziamento operava ad nutum, senza che il della disciplina protettiva e inderogabile posta a tutela dei lavoratori subordinati (es. Statuto dei Lavoratori) sono state introdotte delle importanti limitazioni a tale potere. Nello specifico, la L. n. 604/1966 e le successive modificazioni contenute nella nto individuale debba essere espressamente motivato, a pena di nullità, e debba essere comunicato con un certo preavviso al lavoratore. la giusta causa, il giustificato motivo soggettivo e oggettivo. Infatti, qualora il lavoratore dovesse ritenere di essere stato illegittimamente licenziato può presentare ricorso; si apre così il processo del lavoro che, dopo un eventuale tentativo di conciliazione facoltativa (ex art. 31 della L. 183/2010) non risolutivo, si svolge davanti al giudice del lavoro (tribunale monocratico). Se alla conclusione di tale procedimento il giudice del lavoro dovesse accertare licenziamento, allora può applicare nei confronti del lavoratore (ricorrente) due regimi di tutela: la tutela obbligatoria e la tutela reale. La tutela obbligatoria che in caso di licenziamento adottato in difetto di una giusta causa o un giustificato motivo, il datore di lavoro deve decidere se riassumere il lavoratore o minimo di 2,5 ad un massimo di 6 mensilità de (se il lavoratore ha prestato servizio per oltre dieci anni, avrà diritto a 10 mensilità); 2

5 obbligatoria è, a livello aziendale, un numero di dipendenti non superiore a 15. La tutela reale art. 18, L. n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), stabiliva originariamente che, in caso di licenziamento adottato in difetto di giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro dovesse procedere alla reintegrazione del lavoratore e contestualmente corrispondergli tutte le retribuzioni spettanti dalla data del licenziam reintegrazione (con un minimo di 5 mensilità). Il requisito dimensionale generale il seguente: 1) un numero di dipendenti superiore a 15 (più di 5 in caso di imprese agricole); 2) un numero di dipendenti che, nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti (più di cinque in caso di imprese agricole), anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti; 3) che hanno alle loro dipendenze più di sessanta (quindi almeno sessantuno) prestatori di lavoro. della L. n. 92/2012 (L : Licenziamento discriminatorio: in caso di licenziamento illegittimo per comportamento discriminatorio del datore di lavoro (es. ragioni di credo tutela reale originaria, ossia la reintegrazione del lavoratore e il risarcimento data del licenziamento a quella. Licenziamento disciplinare: è il licenziamento motivato da un comportamento del lavoratore tale da configurare una giusta causa, quando si verifica una circostanza così grave da non consentire la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto di lavoro e un giustificato motivo soggettivo, in caso di notevole inadempimento degli obblighi contrattuali. Il o se il fatto può essere punito con una sanzione di diverso tipo; con sentenza 3

6 può quindi decidere se applicare come sanzione la reintegrazione con risarcimento limitato ad un massimo di 12 mensilità, oppure il pagamento di Licenziamento economico: è il licenziamento motivato da un giustificato del lavoro. licenziamento, in quanto non ricorrono gli estremi per il giustificato motivo nifestatamente infondato, allora applicherà la stessa sanzione della reintegrazione prevista per il licenziamento disciplinare. La disciplina dei licenziamenti è stata ulteriormente modificata dal D.Lgs. 4 marzo 2015 n. 23 (decreto attuativo del Jobs Act) per: 1) i lavoratori a tempo indeterminato assunti dal 7 marzo 2015; 2) i lavoratori anche assunti antecedentemente, nei casi di conversione, successiva all'entrata in vigore del presente decreto, di contratto a tempo determinato o di apprendistato in contratto a tempo indeterminato; 3) i lavoratori, anche se assunti precedentemente al 7 marzo 2015 nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all'entrata in vigore del presente decreto, integri il requisito occupazionale di cui all'articolo 18, commi 8 e 9 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (più di 15 dipendenti). 4

7 LICENZIAMENTO AD NUTUM NOZIONE Nella generalità dei casi la legge impone che il licenziamento sia motivato - giusta causa o giustificato motivo anche se residuano alcune ipotesi per le quali è possibile il recesso ad nutum, vale a dire il datare di lavoro nulla è tenuto ad asserire o dimostrare. L'art del codice civile prevede, infatti, che il datore di lavoro o il lavoratore possano recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti dagli usi o secondo equità. In mancanza di preavviso il recedente è che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. CAMPO DI APPLICAZIONE La possibilità di recedere ad nutum (ossia senza motivazione) è limitata alle seguenti tipologie di contratti di lavoro: rapporti di lavoro domestico (art. 4, comma 1, della legge 11 maggio 1990, n. 108) personale inquadrato con qualifica di dirigente lavoratori assunti in prova durante il suddetto periodo (art. 10, legge 15 luglio 1966, n. 604) apprendisti una volta terminato il periodo di formazione obbligatoria (D.lgs: 14 settembre 2011, n. 167) atleti professionisti (legge 23 marzo 1981, n. 91; D.M. 13 marzo 1985) 5

8 lavoratori in possesso dei requisiti pensionistici di vecchiaia (per le donne a condizione che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto sino al limite di età previsti per gli uomini) Nessuna modifica è intervenuta con la legge 92/2012 e con il D.Lgs 23/

9 LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO, NULLO ED ORALE NOZIONE Il licenziamento determinato da una delle seguenti ragioni è nullo, a prescindere dalla motivazione adottata (art. 18, L , n. 300): a) LICENZIAMENTO PER RAGIONI DISCRIMINATORIE: 1) credo politico o fede religiosa; 2) appartenenza a sindacato e attività sindacali (art. 4 L , n. 604); 3) discriminazione sindacale, politica, razziale, religiosa, lingua o sesso, handicap, età, orientamento sessuale o convinzioni personali {art. 3 L. 108/1990; art. 15 L. 300/1970) b) LICENZIAMENTO NEI : 1) motivo illecito ex art del codice civile (ritorsione e rappresaglia); 2) matrimonio (dalla richiesta di pubblicazioni fino ad 1 anno dalla celebrazione); 3) gravidanza (da inizio della gestazione fino ad 1 anno di età del bambino); 4) congedo parentale e malattia del bambino. In particolare MOTIVO ILLECITO EX ART DEL CODICE CIVILE (RITORSIONE E RAPPRESAGLIA) La distinzione tra licenziamento discriminatorio e ritorsivo non è semplice: la nozione di discriminazione ha riguardo non a qualsiasi comportamento arbitrario ed ingiusto, bensì a disparità di trattamento fondate su fattori di rilevanza collettiva, che attengono alla appartenenza del singolo ad un certo gruppo sociale (Cass /2011). Sotto il profilo della prova, il legislatore ha previsto un alleggerimento a carico del soggetto passivo della discriminazione: se il lavoratore fornisca elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, da cui si possa one. Nel caso del licenziamento ritorsivo, che non può limitarsi a provare il solo fatto della insussistenza dei motivi di a di oggettive ragioni del licenziamento può rappresentare un elemento idoneo a rafforzare il quadro 7

10 indiziario circa la natura discriminatoria o ritorsiva, ma non è di per sé sufficiente, in assenza di altri elementi probatori, a dimostrare tale natura. MATRIMONIO Sono nulli i licenziamenti intimati a causa di matrimonio. Si presume che il licenziamento della dipendente nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio - in quanto segua la celebrazione fino ad un anno dopo la celebrazione stessa, sia stato disposto per causa di matrimonio. Sono consentite nel periodo protetto, se provate dal datore di lavoro, le seguenti causali di licenziamento: a) colpa grave della lavoratrice costituente giusta causa b} cessazione dell'attività dell'azienda cui la lavoratrice è addetta c) ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o risoluzione del rapporto per la scadenza del termine Con il provvedimento che dichiara la nullità del licenziamento il giudice dispone la corresponsione, a favore della lavoratrice, della retribuzione globale di fatto sino al giorno della riammissione in servizio. La lavoratrice che, invitata a riassumere servizio, dichiari di recedere dal contratto, ha diritto al trattamento previsto per le dimissioni per giusta causa, ferma restando la corresponsione della retribuzione fino alla data del recesso. A tale scopo il recesso deve essere esercitato entro il termine di dieci giorni dal ricevimento dell'invito (art. 35 del D.Lgs 198/2006). MATERNITÀ E PATERNITÀ Le lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio della gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro, nonché fino al compimento di 1 anno di età del bambino. II divieto opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza; la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo in cui opera il divieto, deve presentare idonea certificazione da cui risulti l'esistenza delle condizioni che vietavano il licenziamento. Il divieto di licenziamento non si applica nei casi di: 8

11 1) colpa grave della lavoratrice, costituente giusta causa. La giusta causa, nel caso della lavoratrice madre, deve essere valutata con particolare rigore (Cass , n ) 2) cessazione dell'attività aziendale 3) ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o risoluzione per scadenza del termine 4) esito negativo della prova CONGEDO PARENTALE E MALATTIA DEL BAMBINO licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore. In caso di fruizione del congedo di paternità, il divieto di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino. Le norme valgono anche in caso di adozione. In caso di adozione internazionale, il divieto di licenziamento opera dal momento della comunicazione della proposta di incontro con il minore adottando, ai sensi dell'art. 31, comma 3, lett. D della L. 184/1983, ovvero della comunicazione dell'invito a recarsi all'estero per ricevere la proposta di abbinamento (art. 54 comma 9 del D.Lgs. 151/2001). Il divieto di licenziamento si applica fino a un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare, in caso di fruizione del congedo di maternità e di paternità {art. 54 D.Lgs.151/2001). c) LICENZIAMENTO INTIMATO ORALMENTE Il datore di lavoro deve comunicare in forma scritta il licenziamento al lavoratore inefficacia dello stesso (art. 2, comma 1 della comunicazione del recesso in forma scritta riguarda tutti i datori di lavoro, a prescindere dall'elemento dimensionale e riguarda tutti I lavoratori, inclusi i dirigenti (articolo 2, comma 4 della L. 15 luglio 1966, n. 604), con la sola eccezione dei collaboratori familiari, dei lavoratori in possesso del requisiti pensionistici e dei dipendenti in prova. CONSEGUENZE La tutela che la legge assicura in caso di licenziamento riconosciuto come discriminatorio è identica nei confronti di tutti i datori di 9

12 lavoro, a prescindere quindi dal numero di dipendenti impiegati (art. 3 L , n. 108) e consiste sempre e soltanto nella reintegrazione. La tutela contro i licenziamenti discriminatori si applica nei confronti di tutti i lavoratori subordinati, ivi inclusi i dirigenti (art. 18 della L n. 300). Qualora riconosca la natura discriminatoria del licenziamento intimato al lavoratore, il giudice: 1) ordina al datore di lavoro la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro; 2) condanna, altresì, il datore di lavoro al risarcimento del danno subìto dal lavoratore per il licenziamento dì cui sia stata accertata la nullità, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Inoltre, il datore di lavoro è condannato al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali (art. 18, commi 1 e 2 della L , n. 300). INDENNITA' SOSTITUTIVA DELLA REINTEGRAZIONE Il lavoratore ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a 15 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro. Tale indennità non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennità deve essere effettuata entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione (art. 18, comma 3 della L n. 300). Per i lavoratori a cui si applica la normativa del D.lgs 23/2015 è stato retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. 10

13 LICENZIAMENTO DISCIPLINARE (GIUSTA CAUSA E GIUSTIFICATO MOTIVO SOGGETTIVO) NOZIONE Il licenziamento del datore di lavoro nell'ambito di un contratto di lavoro a tempo indeterminato può aver luogo solamente in presenza della giusta causa (ex articolo 2119 codice civile) ovvero di un giustificato motivo soggettivo (articoli 1 e 3 legge 15 luglio 1966 n. 604). Detto licenziamento ha natura disciplinare, essendo comminato a seguito di gravi (giustificato motivo soggettivo) ovvero gravissime e irreparabili mancanze commesse dal lavoratore (giusta causa). GIUSTA CAUSA Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro (art cc). Ne consegue che la giusta causa sussiste in presenza di condotte gravissime del lavoratore. che minano in maniera definitiva il rapporto fiduciario con il datore di lavoro. CASISTICA GIURISPRUDENZIALE In base alla più recente giurisprudenza, costituisce giusta causa di licenziamento il comportamento del lavoratore che: presenti una denuncia penale, poi rivelatasi del tutto infondata e calunniosa. nei confronti del datore di lavoro utilizzi per ragioni esclusivamente personali un telefono cellulare, dopo averlo ricevuto espressamente "solo per ragioni di servizio a prescindere dall'esistenza di un danno per il datore di lavoro si assenti per il godimento di un periodo di ferie non autorizzate dal datore di lavoro timbri il cartellino marcatempo di un collega già uscito dal luogo di lavoro, poiché tale condotta evidenzia il deliberato e volontario tentativo di trarre in inganno il datore di lavoro 11

14 venga sorpreso, tramite gli addetti di un'agenzia investigativa privata, nei giorni di fruizione del permesso per l'assistenza ai disabili ex lege n. 104/1992, a non occuparsi del disabile si rechi ripetutamente e per lunghi periodi di ferie in Paesi dalle sfavorevoli condizioni ambientali e, a seguito di ciò, subisca ripetuti attacchi di malaria, comportanti assenze dal lavoro per malattia di lungo periodo aggredisca un superiore gerarchico, posto in condizione di non potersi difendere dai colpi inferti venga arrestato in flagranza di reato mentre era assente dal lavoro, a seguito della richiesta di fruizione di un congedo per motivi familiari pretenda da parte di un fornitore, che debba incassare un importo regolarmente fatturato, il pagamento di una somma di denaro per "sbloccare la pratica" metta in atto un ingiustificato abbandono del posto di lavoro, simulando un malore e venendo poi sorpreso in un luogo pubblico venga trovato ine, in possesso di una rilevante quantità di droghe leggere chieda e riesca a ottenere il pagamento di rimborsi spese per trasferte mai effettuate venga revocata (non il semplice ritiro o la sospensione), in quanto conducente, la patente di guida, a causa della guida in stato di ubriachezza o dopo aver assunto droghe sottragga illecitamente beni aziendali rifiuti aprioristicamente di eseguire le mansioni ritenute non pertinenti al proprio inquadramento, messo in atto senza l'avallo del giudice falsifichi rimborsi spese collegati a una serie di trasferte, volti a ottenere rimborsi maggiori delle spese effettivamente sostenute 12

15 in modo gravemente e sistematicamente scorretto metta a repentaglio l'immagine della società e sia poco collaborativo e offensivo nei confronti dei colleghi e, pertanto, deteriori il clima aziendale non si presenti sul luogo di lavoro senza nulla comunicare al datore di lavoro e senza addurre alcuna giustificazione rifiuti di adeguarsi, pur dopo reiterati richiami da parte del datore di lavoro, a procedure e modalità standard di lavorazione, sostituite con metodi di lavoro e moduli di propria elaborazione svolga altra attività durante la malattia senza che il dipendente dimostri che questa non impedisca o ritardi il pieno recupero delle energie psicofisiche usi violenza nei confronti del datore di lavoro, di colleghi e/o di superiori (ad esempio insubordinazione, ingiurie, percosse, minacce) rifiuti il trasferimento in altra sede o di essere adibito ad altre mansioni, purché queste siano equivalenti e non dequalificanti GIUSTIFICATO MOTIVO SOGGETTIVO Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, con preavviso, è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore (art. 3 della L n. 604). CASISTICA GIURISPRUDENZIALE In base alla più recente giurisprudenza, costituisce giustificato motivo soggettivo (che è meno grave della giusta causa) di licenziamento, il comportamento del lavoratore che: viola la diligente collaborazione, a lui solo imputabile, che comporti una notevole sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione e quanto effettivamente realizzato, con riferimento ai risultati globali di una media dell'attività dei vari dipendenti. si renda notevolmente inadempiente agli obblighi contrattuali si presenti sul posto di lavoro con ritardi sistematici CONSEGUENZE a) Per i datori di lavoro che, in ragione della consistenza del loro organico, ricadono nel regime regolato dalla tutela reale di cui all'art. 18 della legge 13

16 n. 300, il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro: 1) per insussistenza del fatto contestato ovvero 2) perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall'illegittimo licenziamento e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative. In quest'ultimo caso, qualora i contributi afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d'ufficio alla gestione corrispondente all'attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al datore di lavoro. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro. Nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e 14

17 condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo. b) Per i datori di lavoro che, in ragione della consistenza del loro organico, ricadono nel regime regolato dalla n. 604/1966, gli stessi sono tenuti, quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso fra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro. c) Per i D. Lgs. 4 marzo 2015 n. 23 comma 2, ha previsto che, in caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il 15

18 lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria relativa al periodo antecedente alla pronuncia di reintegrazione non può essere superiore a dodici mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, senza applicazione di sanzioni per omissione contributiva. Al lavoratore è attribuita la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione. 16

19 LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO (MOTIVO ECONOMICO) NOZIONE Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, con preavviso, è determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa (art. 3 della Legge 404/1966). L'art. 41 della Costituzione garantisce la libertà dell'iniziativa economica e, quindi, il datore di lavoro è libero di organizzare la propria attività nel modo più opportuno, compiendo le conseguenti scelte organizzative e produttive, salvo il rispetto dei principi di correttezza e buona fede. CASISTICA GIURISPRUDENZIALE In base alla più recente giurisprudenza, configura il giustificato motivo oggettivo di licenziamento: la riduzione del personale conseguente a crisi del settore in cui opera il datore di lavoro il riassetto organizzativo per gestione più economica dell'attività aziendale lo scopo di conseguire una più corretta gestione dell'impresa dal punto di vista economico e organizzativo la diminuzione del fatturato senza possibilità di valutare se abbia natura transitoria o permanente la riorganizzazione dell'azienda per la sua più economica gestione la soppressione del posto di lavoro, inteso come ridistribuzione delle mansioni prima svolte dal lavoratore licenziato agli altri dipendenti rimasti in servizio la soppressione del settore lavorativo, del reparto o del posto cui era addetto Il dipendente attuata per la più economica gestione dell'impresa nel caso in cui il lavoratore licenziato non possa essere riutilizzato in altro settore aziendale (repechage) 17

20 il fallimento o la liquidazione anche nel caso in cui l'azienda rimanga nella qualora rimangano in forza solo pochi dipendenti per il disbrigo delle pratiche relative alla cessazione. ONERE DELLA PROVA A CARICO DEL DATORE DI LAVORO Il datore di lavoro che intenda validamente recedere per GMO da un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato deve provare in giudizio quanto segue: 1) la sussistenza delle ragioni addotte; 2) il nesso di causalità con il recesso; 3) l'impossibilità di adibire utilmente il lavoratore a mansioni diverse con riguardo del recesso (cd. onere di repechage). In caso contrario, il datore deve fornire la prova di aver offerto al lavoratore, senza ottenerne il consenso, il reimpiego in mansioni equivalenti o inferiori rientranti nel suo bagaglio professionale. PROCEDURA PREVENTIVA a) Per i datori di lavoro che, in ragione della consistenza del loro organico, ricadono nel regime regolato dalla "cd. tutela reale" di cui all'art. 18 della legge n. 300, la Legge 92/2012, 604/1966, ha previsto una obbligatoria procedura preventiva al licenziamento per giustificato motivo oggettivo che deve essere, infatti, preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore. Nella comunicazione, il datore di lavoro deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo, nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La Direzione territoriale del lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta: l'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione di cui all'articolo 410 del codice di procedura civile. Le parti possono essere assistite dalle 18

21 organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro. Se la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni in materia di ammortizzatori sociali e può essere previsto l'affidamento del lavoratore ad un'agenzia al fine di favorirne la ricollocazione professionale. b) Per i datori di lavoro che, in ragione della consistenza del loro organico, ricadono nel regime regolato dalla n. 604/1966, gli stessi non sono tenuti a detta procedura preventiva. c) Per i D. Lgs. 4 marzo 2015 n. 23 CONSEGUENZE a) Per i datori di lavoro che, in ragione della consistenza del loro organico, ricadono nel regime regolato dalla tutela reale di cui all'art. 18 della legge n. 300, il giudice, nelle ipotesi in cui accerta la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, può (e non deve) ordinare la reintegrazione e condannare il datore di lavoro al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata 19

22 maturata nel rapporto di lavoro risolto dall'illegittimo licenziamento e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative. In quest'ultimo caso, qualora i contributi afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d'ufficio alla gestione corrispondente all'attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al datore di lavoro. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro. Nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo oggettivo addotto dal datore di lavoro, il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo. Il giudice, ai fini della determinazione dell'indennità tra il minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri sopraddetti, delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele corrispondenti. b) Per i datori di lavoro che, in ragione della consistenza del loro organico, ricadono nel regime regolato dalla n. 604/1966, gli stessi sono tenuti, quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, a riassumere il 20

23 prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso fra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro. c) Per i D. Lgs. 4 marzo 2015 n. 23 comma 1, ha previsto che, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità. 21

24 VIZI FORMALI E PROCEDURALI DEL LICENZIAMENTO NOZIONE la comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno (art. 2 comma 2 della L n. 604). Anche la violazione della procedura di cui all'articolo 7 della Legge 300/1970 (licenziamento disciplinare) e quella avanti la DTL di cui all'articolo 7 della legge 604/1966 (licenziamento economico), determinano le seguenti conseguenze. CONSEGUENZE a) Per i datori di lavoro che, in ragione della consistenza del loro organico, ricadono nel regime regolato dalla tutela reale di cui all'art. 18 della legge n. 300, qualora il giudice ritenga legittimo il recesso, ma la procedura prevista non sia stata rispettata, condanna il datore di lavoro a pagare solamente un'indennità di importo compreso tra un minimo di 6 e un massimo di 12 mensilità, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale. Nel caso in cui il recesso sia illegittimo, pur in presenza della violazione della procedura, il giudice ordina la reintegra e condanna alla sola indennità risarcitoria in base alla tipologia effettiva del licenziamento (art. 18, co. 6, L , n. 300). b) Per i datori di lavoro che, in ragione della consistenza del consistenza del loro organico, ricadono nel regime regolato dalla della L. n. 604/1966, gli stessi sono tenuti, quando risulti accertata la presenza di vizi formali e procedurali, a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso fra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per 22

25 il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro. c) P D. Lgs. 4 marzo 2015 n. 23 prevede che il giudice dichiari estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanni il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a una mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a dodici mensilità, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle tutele in base alla tipologia effettiva di licenziamento. 23

26 LICENZIAMENTO PER SUPERAMENTO DEL PERIODO DI COMPORTO NOZIONE Il licenziamento, in caso di malattia del lavoratore, è possibile, previa osservanza del preavviso, solamente dopo che sia stato superato il periodo di conservazione del posto di lavoro (comporto secco o per sommatoria) normalmente previsto dal contratto collettivo (art cc). Il datore di lavoro non ha l'onere di indicare le singole giornate di assenza, potendo bastare l'indicazione del numero complessivo delle assenze, fermo restando I' obbligo della prova in giudizio circa le singole assenze. CONSEGUENZE a) Per i datori di lavoro che, in ragione della consistenza del loro organico, ricadono nel regime regolato dalla tutela reale di cui all'art. 18 della legge n. 300, il giudice, nelle ipotesi in cui accerta 2110, secondo comma del codice civile, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall'illegittimo licenziamento e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative. In quest'ultimo caso, qualora i 24

27 contributi afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d'ufficio alla gestione corrispondente all'attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al datore di lavoro. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le corrispondenti tutele previste. b) Per i datori di lavoro che, in ragione della consistenza del loro organico, ricadono nel regime regolato dalla n. 604/1966, gli stessi sono tenuti, quando risulti accertato che non ricorrano gli estremi del superamento del comporto, a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso fra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le corrispondenti tutele previste. c) Per i D. Lgs. 4 marzo 2015 n. 23, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di 25

28 riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le corrispondenti tutele previste. 26

29 LICENZIAMENTO NOZIONE Si tratta del licenziamento intimato nei confronti dei lavoratori disabili, in assenza di giustificazione, in violazione degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68 e precisamente: 1) lavoratori divenuti inabili allo svolgimento delle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia se hanno subìto una riduzione della capacità lavorativa inferiore al 60 per cento o, comunque, se sono divenuti inabili a causa dell'inadempimento da parte del datore di lavoro, accertato in sede giurisdizionale, delle norme in materia di sicurezza del lavoro. In questi casi, l'infortunio o la malattia non costituiscono giustificato motivo di licenziamento nel caso in cui essi possano essere adibiti a mansioni equivalenti ovvero, in mancanza, a mansioni inferiori (comma 4 dell'articolo 4; 2) aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell'organizzazione del lavoro, con violazione del diritto del disabile alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l'incompatibilità persista (comma 3 dell'articolo 10). Diversa l'ipotesi in cui difetti di giustificazione il licenziamento intimato per motivo oggettivo consistente nell'inidoneità fisica o psichica del lavoratore - conseguente alla sopravvenuta incapacità del lavoratore (in genere malattia) a svolgere la mansioni assegnate - considerata dalla giurisprudenza alla stregua di un giustificato motivo oggettivo di recesso se bbia carattere definitivo e manchi un apprezzabile interesse del datore di lavoro alle prestazioni residue. CONSEGUENZE a) Per i datori di lavoro che, in ragione della consistenza del loro organico, ricadono nel regime regolato dalla tutela reale di cui all'art. 18 della legge n. 300, il giudice, nelle ipotesi in cui accerta la violazione sia nei confronti dei lavoratori disabili, sia di quelli divenuti inidonei alla mansione, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima 27

30 retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall'illegittimo licenziamento e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative. In quest'ultimo caso, qualora i contributi afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d'ufficio alla gestione corrispondente all'attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al datore di lavoro. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le corrispondenti tutele previste. b) Per i datori di lavoro che, in ragione della consistenza del loro organico, ricadono nel regime regolato dalla n. 604/1966, gli stessi sono tenuti, quando risulti accertata la violazione, a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso fra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni 28

31 dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le corrispondenti tutele previste. c) Per i D. Lgs. 4 marzo 2015 n. 23, comma 4 prevede che la tutela per il licenziamento discriminatorio, nullo e orale trovi applicazione anche nelle ipotesi in cui il giudice accerti il difetto di giustificazione solo per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore, ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le corrispondenti tutele previste. 29

32 IMPUGNAZIONE DEL LICENZIAMENTO NOZIONE Il licenziamento deve essere impugnato, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del art.6 legge 604/1966). Resta escluso il licenziamento intimato oralmente in quanto inesistente. CONSEGUENZE L impugnazione del licenziamento, ancorché tempestiva, diventa inefficace se non è seguita entro il successivo termine di 180 giorni dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato ( art. 6 L. 604/1966). REVOCA DEL LICENZIAMENTO Nel caso in cui il lavoratore abbia impugnato il recesso, il datore di lavoro può, entro 15 giorni da quando ha ricevuto la comunicazione di impugnazione da parte del suo ex dipendente, revocare il licenziamento. In questo caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata per tutto il periodo precedente alla revoca. Non si applicano invece le altre sanzioni previste, in particolare le mensilità di risarcimento (art. 18, comma 10 della legge 300/1970 e art. 5 del D. Lgs. 23/2015).. OFFERTA DI CONCILIAZIONE Solo per i D. Lgs. 4 marzo 2015 n. 23,, al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore di lavoro possa offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del 30

33 licenziamento, in una delle sedi di cui all'articolo 2113, quarto comma, del codice civile un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettato a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. L'accettazione dell'assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l'abbia già proposta. Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono soggette al regime fiscale ordinario. 31

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