Profilo critico dei nuovi farmaci ipoglicemizzanti orali nella terapia del DM2



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Profilo critico dei nuovi farmaci ipoglicemizzanti orali nella terapia del DM2 SIDS Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014

Introduzione In questo modulo verranno trattati i nuovi farmaci "ipoglicemizzanti", intendendosi con questa espressione i farmaci diversi dall'insulina e dalle sulfaniluree e dalle biguanidi, che per molti anni hanno rappresentato gli unici farmaci disponibili per la terapia del diabete mellito (DM). Negli ultimi vent'anni la ricerca farmacologica ha prodotto farmaci ipoglicemizzanti caratterizzati da meccanismi d'azione diversi, che consentono una maggiore personalizzazione della terapia del DM2, innovazioni che sono andate di pari passo con l'immissione in commercio delle "nuove insuline", trattate in un precedente modulo a cui si rimanda per tante parti comuni. In questo modo, si completa il quadro dei farmaci antidiabetici, offrendo al farmacista un panorama aggiornato su questi farmaci, alcuni dei quali assenti finora dal canale "farmacia" in quanto posti in distribuzione diretta da parte delle ASL, e pertanto poco noti a molti farmacisti. Il modulo si propone inoltre di fornire al farmacista indicazioni sugli spazi sui quali può utilmente intervenire a beneficio del paziente diabetico, sottolineando in particolare le informazioni da offrire al paziente per migliorarne l'aderenza alla terapia. Inquadramento della patologia Il DM2 è una malattia tipica, anche se non esclusiva dell'età adulta, caratterizzata da iperglicemia cronica a seguito di una progressiva riduzione della secrezione di insulina e da una ridotta sensibilità dei tessuti periferici all'azione dell'ormone (insulino-resistenza). All'esordio della malattia l'iperglicemia si manifesta soprattutto dopo il pasto, mentre nelle fasi successive compare anche a digiuno e durante la notte. La causa della malattia può essere ricercata in anomalie dei glucorecettori delle cellule ß, che risponderebbero solo a concentrazioni più elevate di glucosio, oppure alla ridotta sensibilità all'insulina dei tessuti periferici, per una riduzione del numero di recettori all'ormone o per una loro minore sensibilità. Oltre all'iperglicemia, nei soggetti affetti da DM2 è frequente il riscontro di ipertensione, dislipidemia, obesità addominale. Questo complesso di disfunzioni viene spesso indicato anche come "sindrome metabolica" o "sindrome X" o, ancora, come "sindrome da insulino-resistenza": Oltre ai sintomi correlati all'iperglicemia, quali sete intensa, poliuria e perdita di peso, il DM2 è gravato da pesanti complicazioni, come: malattie cardiovascolari (angina, infarto), cecità, insufficienza renale, amputazioni e ictus, una causa importante di mortalità prematura. Le principali caratteristiche distintive del DM1 e del DM2 sono riassunte nella tabella 1, mentre la tabella 2 sintetizza le principali complicanze delle due forme di diabete. 2

Tabella 1 - Caratteristiche distintive del DM1 e del DM2 Caratteristica Diabete mellito di tipo 1 Diabete mellito di tipo 2 Età di insorgenza In genere < 30 anni In genere > 30 anni Frequenza sul totale dei casi 10% 90% Modalità dell'esordio Improvviso Lento Sintomi e segni correlati Iperglicemia con glicosuria, poliuria e disidratazione, sete intensa (polidipsia), perdita di peso nonostante la polifagia. Stanchezza, pelle secca, vista offuscata e aumentata sensibilità alle infezioni. Gli stessi del DM1 ma più sfumati e tardivi, tanto che l'iperglicemia viene rilevata spesso quando già si sono manifestate complicanze del diabete. Tendenza alla chetoacidosi Si No Obesità associativa No Si Secrezione di insulina endogena Assente o molto bassa Presente, ma variabile e associata a insulino resistenza. Concordanza tra gemelli <50% >90% Presenza di anticorpi per le cellule beta del pancreas Si No Rischio associato di retinopatia, nefropatia, neuropatia, malattia coronarica e malattia vascolare periferica Si Si Risposta agli ipoglicemizzanti orali No Si 3

Fattori di rischio predisponenti per il DM2 Tra i fattori di rischio per la malattia diabetica di tipo 2 vanno ricordati: familiarità: circa il 40% dei diabetici di tipo 2 ha parenti di primo grado (genitori, fratelli) affetti dalla stessa malattia. Nei gemelli monozigoti, nel 90% dei casi il DM2 è presente in entrambi i soggetti obesità (indice di massa corporea > 25 kg/m 2 ) ipertensione arteriosa valori elevati di colesterolo e trigliceridi nel sangue precedente diabete insorto in gravidanza (diabete gravidico) sedentarietà età: l'attività delle cellule beta del pancreas si riduce con l'età etnia: particolarmente a rischio di DM2 sono le popolazioni del sud est asiatico, gli afro caraibici e gli ispanici. Diagnosi I criteri per la diagnosi di diabete sono: sintomi di diabete (poliuria, polidipsia, perdita di peso inspiegabile) associati a un valore di glicemia casuale, cioè indipendentemente dal momento della giornata, 200 mg/dl oppure glicemia a digiuno 126 mg/dl. Il digiuno è definito come mancata assunzione di cibo da almeno 8 ore oppure un livello di emoglobina glicata (HbA1c) 6,5% Esistono, inoltre, situazioni cliniche in cui la glicemia non supera i livelli stabiliti per la definizione di diabete, ma che comunque non costituiscono una condizione di normalità. In questi casi si parla di Alterata Glicemia a Digiuno (IFG) quando i valori di glicemia a digiuno sono compresi tra 100 e 125 mg/dl. Si tratta di situazioni cosiddette di "pre-diabete", che indicano un elevato rischio di sviluppare la malattia diabetica anche se non rappresentano una situazione di malattia. Spesso sono associati a sovrappeso, dislipidemia e/o ipertensione e si accompagnano a un maggior rischio di eventi cardiovascolari (Spesso i valori della glicemia sono espressi in mmol/l. Una mmol corrisponde a 18 mg di glucosio. Il range dei valori normali della glicemia variano tra i 70 e i 125 mg/l, pari a 3,9-7 mmol/l). 4

Principali complicanze del diabete SIDS Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014 Tabella 2 - Principali comlicanze del diabete Complicanze acute Chetoacidosi diabetica Coma iperglicemicoiperosmolare non chetosico E' causata soprattutto dalla interruzione del trattamento insulinico in pazienti con DM1, da traumi, infarto o infezioni acute. Si manifesta con poliuria, nausea, vomito e, soprattutto nei bambini, dolori addominali. Successivamente possono comparire sonnolenza, letargia e coma. E' una complicazione del DM2 e si manifesta con alterazione dello stato di coscienza, talora con convulsioni, grave disidratazione e grave iperglicemia non accompagnata da chetoacidosi. Può essere precipitata da una infezione acuta o da farmaci che riducono la tolleranza al glucosio (es. corticosteroidi) o che aumentano l'eliminazione di acqua (diuretici). Complicanze tardive Malattie cardiovascolari(angina e/o infarto cardiaco, claudicatio intermittens e gangrena) Retinopatia diabetica Nefropatia diabetica Neuropatia diabetica Sono la principale causa di morte prematura nei pazienti diabetici. Il 70% dei pazienti con diabete sono ipertesi e la maggior parte di quelli con DM2 sono obesi, hanno una ipercolesterolemia (con bassi livelli di HDL), ipertrigliceridemia, tutti fattori di rischio per le malattie CV. Si manifesta con visione offuscata, difficoltà nella lettura, percezione di aloni luminosi o macchie scure a seguito dei danni al microcircolo indotti dall'iperglicemia e dall'ipertensione. Può portare a cecità per danni permanenti alla retina (edema maculare, retinopatia proliferativa con distacco della retina, emorragia). I pazienti diabetici sono anche più soggetti a cataratta e glaucoma. La prevenzione si basa su regolari visite oftalmiche e, se necessario, a fotocoagulazione con laser. I danni renali sono più frequenti nel DM1 e possono portare a insufficienza renale con necessità di dialisi o trapianto d'organo. La nefropatia si sviluppa lentamente e in modo insidioso. Le infezioni delle vie urinarie sono frequenti nei pazienti diabetici, con eliminazione di urina torbida, dolore o bruciore alla minzione, urgenza minzionale, dolore lombare, brivido e febbre. I pazienti diabetici devono effettuare controlli annuali per la presenza di albumina nell'urina (microalbuminuria), indicatore precoce di danno renale. Fino al 50% dei diabetici manifestano una qualche forma di neuropatia, 5

ma non sempre sono presenti sintomi. L'iperglicemia protratta è la causa dei danni alle terminazioni nervose con intorpidimento, formicolii, parestesie, dolore e debolezza agli arti e alle estremità, con maggior frequenza per piedi e gambe. I danni possono interessare anche altri organi, con ritardo nello svuotamento dello stomaco (gastroparesi) e sintomi correlati (bruciore di stomaco, nausea, vomito, senso di gonfiore dopo il pranzo, disfunzioni esofagee), alterazioni della risposta della frequenza cardiaca all'ortostatismo, ridotta funzionalità della vescica, impotenza ed eiaculazione retrograda nell'uomo, stipsi o diarrea. I danni neurologici possono portare a deformazione dei piedi e nei punti di maggior pressione si possono formare bolle, piaghe o ulcere infette. Nei casi più gravi questi processi portano ad amputazioni più o meno estese. Spesso le infezioni si sviluppano a seguito di microtraumi (taglio scorretto delle unghie, calli, scarpe strette, fessurazioni della cute e scottature). A causa della neuropatia il paziente non avverte dolore e le infezioni possono progredire sino ad interessare i tessuti molli profondi. Infezioni Il diabete riduce le difese immunitarie e i pazienti possono essere più esposti a infezioni comuni come l'influenza. In caso di infezione, aumenta l'iperglicemia e i pazienti devono continuare l'assunzione dell'insulina, regolandone la dose in base all'automonitoraggio, o quella degli ipoglicemizzanti orali. I pazienti diabetici di qualsiasi età devono sottoporsi alla vaccinazione annuale contro l'influenza. La presenza di glucosio nella saliva favorisce la crescita della placca batterica che se non rimossa regolarmente espone i pazienti diabetici ad un maggior rischio di gengiviti e periodontiti. Inoltre, sono più probabili le infezioni fungine. Nelle donne è frequente la candidosi vaginale. Epidemiologia La diffusione del DM2 ha raggiunto livelli estremamente preoccupanti nei paesi occidentali. Si ritiene che le cause risiedano soprattutto nell'aumentata razione calorica e nella ridotta attività fisica delle popolazioni. Secondo i dati ISTAT 2012 soffrono di diabete oltre 3.000.000 di persone (circa il 5,5% degli italiani). Di questi, circa il 90% è affetto da DM2. La prevalenza del diabete aumenta con l'età fino a raggiungere il 20,3% nelle persone con età uguale o superiore ai 75 anni, e maggiore fra gli uomini e tra le persone con un basso livello d'istruzione e con difficoltà economiche. La prevalenza indica la frazione di popolazione che manifesta una particolare condizione (o caratteristica) in un determinato momento (prevalenza puntuale) o durante un certo periodo di tempo (prevalenza periodale). Sempre secondo l'istat, sono oltre 20 mila i decessi registrati nel 2009 in cui il diabete è stata la principale causa di morte, mentre sono oltre 71 mila i casi in cui il diabete è stato segnalato come 6

causa multipla di morte. Tra le cause di morte più frequenti riscontrate nei soggetti con diabete vi sono le malattie cardiache, cerebro-vascolari (incluse le malattie ipertensive e le malattie ischemiche del cuore) e i tumori del pancreas. Prevenzione e trattamento Un test di screening per il diabete è raccomandato dopo i 45 anni di età, da ripetere almeno ogni 3 anni, in tutte le persone asintomatiche e prive di fattori di rischio. Le persone con fattori di rischio per lo sviluppo della malattia diabetica dovrebbero sottoporsi a test di screening più frequentemente e indipendentemente dall'età. Alcuni studi di ampie dimensioni hanno dimostrato che nei soggetti con diagnosi di pre-diabete è possibile ridurre del 58% il rischio di sviluppare il diabete nell'arco di in un periodo di 3 anni intervenendo in modo attivo sulle abitudini di vita (es. 30 minuti al giorno di esercizi aerobici e una restrizione calorica della dieta con riduzione del peso del 7%) [1]. Terapia: gli obiettivi Quando la sola modifica degli stili di vita non è più sufficiente a mantenere un adeguato controllo metabolico, il ricorso ai farmaci ha come primo obiettivo il controllo glicemico. Secondo le principali linee guida internazionali la terapia dovrebbe consentire il raggiungimento di livelli di HbA 1c < 7% o anche più bassi in caso di soggetti con malattia di recente diagnosi, di pazienti più giovani, esenti da altre patologie concomitanti, a basso rischio di episodi ipoglicemici e altamente motivati [2]. Il secondo obiettivo è quello di evitare pericolosi episodi di ipoglicemia. Il terzo è quello di controllare i fattori di rischio cardiovascolare. Il quarto obiettivo è la prevenzione delle complicanze del diabete, in modo da assicurare al paziente una normale qualità e aspettativa di vita. Il raggiungimento di questi obiettivi va ricercato attraverso complessi interventi che vanno dalle modifiche alle abitudini di vita (sedentarietà, obesità, fumo), che devono comunque essere abbastanza flessibili da soddisfare le esigenze del paziente, agli interventi informativi, all'automonitoraggio della glicemia e infine agli interventi farmacologici che prevedono, molto spesso, oltre ai farmaci antidiabetici, anche altri farmaci, quali antipertensivi e ipolipemizzanti. Un po' di ripasso Per molti anni la terapia del DM2 si è basata su due sole classi di ipoglicemizzanti orali, le sulfaniluree e le biguanidi. 7

Sulfaniluree sufficienti. I primi farmaci impiegati come ipoglicemizzanti sono stati sintetizzati verso la metà degli anni '50. Della prima generazione di sulfaniluree resta in commercio in Italia la sola clorpropamide. A partire dagli anni '70 sono arrivati molti altri composti tutt'ora molto utilizzati (tabella 3), che hanno come indicazione approvata il trattamento del DM2, quando la dieta, l'esercizio fisico e la riduzione di peso corporeo da soli non sono Le sulfaniluree agiscono aumentando il rilascio di insulina dalle cellule β del pancreas, ed agiscono pertanto come secretagoghi. Le sulfaniluree si legano alla sub-unità SUR1 dei recettori presenti sulle cellule β, bloccando in questo modo i canali del potassio ATP-dipendenti. L'aumento della concentrazione intracellulare di ioni K+ depolarizza la cellula e provoca l'ingresso nella cellula di ioni Ca++ che a loro volta liberano, per esocitosi, l'insulina. Nelle cellule β del pancreas la proinsulina viene scissa in due frammenti, insulina e peptide C in quantità equimolecolari. La misura del peptide C rappresenta pertanto un modo per valutare la capacità delle cellule β di secernere insulina 8

Tabella 3 - Sulfaniluree: caratteristiche farmacocinetiche e preparazioni in commercio Farmaco Durata d'azione (h) Legami proteico (%) Emivita (h) Dose minima e massima Eliminazione Preparazioni Clorpropamide 20-60 88-96 24-42 125-500 mg/die in dose unica Glibenclamide 10-15 99 10-16 All'inizio: 2,5-mg/die, aumentabile a 5-10 mg/die in base alla risposta, che possono essere somministrati in dose unica al mattino con la colazione. Se necessario, si possono somministrare fino a 15mg/die aggiungendo 1 cpr da 5 mg alla sera. Gliclazide 12 94 12 40-240 mg/die in 1-2 somministrazioni. Per le forme a rilascio modificato 30-40 mg in unica somministrazione mattutina con la colazione Glimepiride 24 90 5-8 1-4 mg/die, raramente 6 mg, in unica somministrazione, subito prima o durante la prima colazione. Metabolismo epatico, con metaboliti attivi, ed escrezione renale in forma immodificata Metabolismo epatico con escrezione biliare Metabolismo epatico Metabolismo epatico ed eliminazione di metaboliti con le feci (40%) e renale in forma immodificata (60%) cpr 250 mg cpr 5 mg cpr 60 mg e cpr 30 mg a rilascio modificato cpr 2-3-4 mg Gliquidone Breve 99% 3-4 30-120 mg/die Metaboliti inattivi escreti con la bile ed eliminati per via fecale (95%) e per via renale (5%) cpr 30 mg Glipizide 6-12 92-99 3-7 2,5-20 mg/die in due somministrazioni da assumere 30' prima dei pasti. Metabolismo epatico cpr 5 mg 9 * Le dosi inferiori sono in genere utilizzate all'inizio della terapia e vengono progressivamente incrementate fino ad ottenere l'effetto terapeutico ottimale.

Sulfaniluree: effetti indesiderati e ruolo in terapia Effetti indesiderati Ipoglicemia, solitamente di grado lieve, ma è più probabile e di maggiore gravità e durata con sulfaniluree a lunga durata d'azione, come clorpropamide e glibenclamide, e in persone anziane con insufficienza epatica o renale. Disturbi gastrointestinali: nausea, vomito, bruciore di stomaco, anoressia, diarrea, sapore metallico (effetti in genere lievi e dose dipendenti). Aumento di peso Eruzioni cutanee, prurito e fotosensibilizzazione. Reazioni di ipersensibilità gravi: epatite e ittero colestatico, alterazioni della crasi ematica, eritema multiforme o sindrome di Stevens Johnson, dermatite esfoliativa e eritema nodoso Reazioni disulfiram-simile (soprattutto con clopropamide) per ingestione di bevande alcoliche. Consigli per il paziente Il farmacista dovrebbe accertarsi che il paziente sia a conoscenza della possibilità di ipoglicemia e che sappia come riconoscerne i sintomi, che comprendono: fame, perdita dell'equilibrio e vertigini, confusione mentale, difficoltà a parlare, sensazione di ansia o debolezza. L'ipoglicemia può essere pericolosa quando si deve guidare un veicolo o utilizzare macchinari. Può essere di aiuto mangiare o bere qualcosa contenente zuccheri. Per ridurre i disturbi GI, le sulfaniluree vanno assunte durante la colazione o i pasti principali, salvo glipizide, che va assunta circa 30 minuti prima di mangiare. Rispettare strettamente le indicazioni dietetiche concordate con il proprio medico curante. Contattare il medico in caso di sintomi non diversamente spiegabili quali febbre, mal di gola, eruzioni cutanee, sanguinamenti. Evitare intense esposizioni al sole. Evitare le bevande alcoliche (oltre alla reazione disulfiram-simile aumentano l'effetto ipoglicemizzante). 10

Vantaggi e svantaggi delle sulfaniluree - Ruolo in terapia Sono farmaci molto ben studiati e poco costosi. Riducono l'hba 1c e la glicemia nei pazienti sintomatici, ma tendono a perdere in parte la loro efficacia nel tempo. Le sulfaniluree sono generalmente ben tollerate, ma possono provocare aumento di peso per cui vanno evitate in molti pazienti obesi con DM2. Soprattutto clorpropamide e glibenclamide possono causare episodi di ipoglicemia, ma raramente gravi. Una revisione sistematica di 72 studi clinici condotti su un totale di 22.589 pazienti ha concluso che attualmente non ci sono prove sufficienti per sostenere la scelta di una sulfanilurea come monoterapia del DM2 [3]. Vanno considerate invece come farmaci alternativi alla metformina, quando questa è controindicata o non è tollerata o aggiuntivi alla dieta, all'esercizio fisico e alla metformina o a metformina + insulina, quando con questi provvedimenti non si riesca ad ottenere un controllo glicemico soddisfacente. Biguanidi La prima biguanide sintetizzata fu la fenformina, introdotta in terapia nel 1957 ma ritirata dal commercio in molti Paesi, verso la fine degli anni '70 per i molti casi segnalati di acidosi lattica. In Italia, il farmaco, in associazione, è rimasto in commercio fino ad ottobre 2013. Per contro, la metformina, anch'essa entrata in terapia in Europa nel 1957, è stata autorizzata negli Stati Uniti solo nel 1995, dopo che i risultati di un importante studio ne avevano dimostrato la maggior sicurezza e la grande utilità nella terapia del DM2. La metformina è autorizzata nel trattamento del DM2, in particolare nei pazienti in sovrappeso, quando il regime alimentare e l'esercizio fisico da soli non bastano ad un controllo adeguato della glicemia, in monoterapia o in associazione con altri farmaci antidiabetici orali o con insulina. A differenza delle sulfaniluree, la metformina non stimola il rilascio di insulina dal pancreas ma agisce riducendo i livelli elevati di glucosio riducendone la produzione da parte del fegato, probabilmente interferendo con la neoglucogenesi, ritardando l'assorbimento intestinale del glucosio e aumentando l'azione dell'insulina sui muscoli e il tessuto adiposo (azione insulino sensibilizzante). Non inducendo la liberazione di insulina, non provoca ipoglicemia anche quando somministrata a dosi elevate. Dopo anni di trattamento con metformina, le cellule-ß pancreatiche riducono la loro capacità secretagoga tanto da rendere necessario associare altri farmaci per migliorare il controllo glicemico. Le associazioni precostituite di metformina e una sulfanilurea consentono di sfruttare il loro diverso meccanismo d'azione in modo sinergico. Ovviamente vanno tenuti presenti i possibili effetti indesiderati di entrambi i farmaci, ed in particolar modo il rischio di ipoglicemia dovuto alla sulfanilurea. 11

Farmaco Durata d'azione(h) Eliminazione Posologia e modalità di somministrazione Metformina 6-8 In forma immodificata con le urine Di norma la dose iniziale è 500-850 mg 2 o 3 volte al giorno durante o dopo i pasti. Dopo 10-15 giorni la dose deve essere adeguata sulla base dei valori di glucosio ematico. La dose massima raccomandata è 3 g al giorno in 3 somministrazioni separate. Biguanidi: effetti indesiderati e ruolo in terapia Effetti indesiderati Compaiono in circa il 20% dei pazienti e comprendono diarrea, dolori addominali, nausea, sapore metallico e anoressia L' acidosi lattica è una complicanza metabolica rara (0,03 casi/1000 anni paziente) ma grave (mortalità >50%), che può insorgere in seguito ad un accumulo di metformina in caso di grave insufficienza renale o di condizioni associate come chetoacidosi, eccessivo consumo di alcool, digiuno prolungato. Consigli per il paziente I disturbi GI possono essere ridotti aumentando gradualmente il dosaggio e assumendo il farmaco con il cibo. Il paziente deve essere informato del rischio di acidosi lattica e essere messo a conoscenza dei sintomi e delle condizioni predisponenti al suo manifestarsi. Interrompere immediatamente l'assunzione e contattare il medico in caso di iperventilazione inspiegabile, dolori muscolari, malessere, sonnolenza inusuale, dolori addominali. Consigliare al paziente di evitare eccessive quantità di bevande alcoliche. Ricordare al paziente che deve segnalare l'assunzione del farmaco in occasione di interventi chirurgici che comportino restrizioni dietetiche e qualora debba sottoporsi ad esami radiologici con mezzi di contrasto iodati somministrati e.v. che possono alterare la funzionalità renale. Vantaggi e svantaggi della metformina - Ruolo in terapia La metformina riduce i valori dell' HbA 1c di circa il 2%. Non provoca ipoglicemia né aumento di peso, caratteristica molto favorevole nei pazienti obesi. Riduce i trigliceridi plasmatici del 15-20%. Sino ad ora è il solo farmaco che abbia dimostrato di ridurre l'incidenza di eventi macrovascolari nel DM2. Essendo un "vecchio" farmaco, il suo costo è decisamente basso. 12

Secondo le più recenti linee guida ([4], [5]) è il farmaco di prima scelta nella persona con DM2 neo-diagnosticato. La metformina è stata studiata per molti anni su migliaia di persone con DM2, incluse in numerosi studi clinici i cui risultati hanno mostrano un rapporto beneficio/rischio nettamente positivo. In monoterapia ha mostrato di ridurre il rischio di complicanze microvascolari, è associata a un basso rischio di ipoglicemie, e non provoca incrementi del peso corporeo [6]. L'aggiunta di metformina in soggetti già trattati con insulina consente di diminuirne il dosaggio e quindi di ridurre i tipici effetti indesiderati della terapia insulinica, quali l'incremento di peso e l'ipoglicemia. Tra gli svantaggi va ricordata la frequente comparsa di disturbi gastrointestinali, come diarrea e meteorismo, che possono essere minimizzati iniziando la somministrazione del farmaco a basso dosaggio, e la grave, seppur rara, acidosi lattica che impone l'esclusione del suo impiego nelle persone con funzione renale compromessa. Attualmente rappresenta il farmaco di prima scelta nel trattamento del DM2, in aggiunta alle modifiche agli stili di vita. Acarbosio Prima novità terapeutica dopo tantissimi anni, l'acarbosio è un inibitore dell'alfaglucosidasi, unico farmaco attualmente in commercio in Italia che agisce con questo meccanismo. Commercializzato nel 1995, è approvato sia nei pazienti con DM2 sottoposti a trattamento mediante la sola dieta o con l'associazione di dieta e ipoglicemizzanti orali, sia in pazienti con DM1 sottoposti a terapia insulinica e dietetica. L'alfa-glucosidasi è l'enzima presente sull'orletto a spazzola degli enterociti che rivestono i villi intestinali. Questo enzima scinde i disaccaridi e gli oligosaccaridi in monosaccaridi assorbibili. La sua inibizione porta ad un rallentamento della digestione degli amidi, delle destrine e dei disaccaridi, come il saccarosio, a livello intestinale e all'attenuazione dei picchi glicemici postprandiali e dei livelli di emoglobina glicata [7]. Il farmaco è assorbito in minima misura in forma immodificata (<2%), mentre la parte non assorbita esplica la propria attività farmacologica per essere poi metabolizzata esclusivamente dagli enzimi intestinali e dalla flora microbica. 13

Farmaco Durata d'azione Posologia e modalità di somministrazione Eliminazione Acarbosio 3h 50-100 mg x 3 die. Le compresse vanno assunte intere assieme ad una piccola quantità di liquido, oppure masticate e ingerite con i primi bocconi di cibo, in entrambi i casi all'inizio del pasto. La dose massima giornaliera è di 600 mg. Via fecale per il farmaco non assorbito o metabolizzato a livello intestinale. I metaboliti assorbiti sono eliminati con le urine. L'acarbosio è indicato: a) per il trattamento del DM2 in pazienti sottoposti a trattamento mediante la sola dieta o con l'associazione di dieta e ipoglicemizzanti orali; b) per il trattamento del DM1 in pazienti sottoposti a terapia insulinica e dietetica. Acarbosio: effetti indesiderati e ruolo in terapia Effetti indesiderati Gli effetti indesiderati sono frequenti soprattutto nelle prime settimane di terapia e consistono in disturbi gastrointestinali, soprattutto flatulenza, dolori addominali e diarrea, a causa dell'azione dei batteri sul farmaco non assorbito a livello del colon. Aumenti asintomatici degli enzimi epatici. Consigli per il paziente I disturbi GI possono essere ridotti con l'incremento graduale della dose, riducendo il consumo di zucchero e di cibi contenenti zucchero. Valutare col medico l'opportunità di controlli periodici delle transaminasi. L'acarbosio non provoca ipoglicemia. Lo sviluppo di ipoglicemia nei pazienti trattati contemporaneamente con acarbosio e sulfaniluree, metformina o insulina, tuttavia, non può essere corretta con saccarosio o carboidrati complessi per l'inibizione dell'alfa-glucosidasi. E' importante avvertire il paziente che deve avere a disposizione del glucosio. Vantaggi e svantaggi dell'acarbosio - Ruolo in terapia L'acarbosio riduce la glicemia post-prandiale e non provoca ipoglicemia, per cui può essere utilizzato in monoterapia nei pazienti anziani o nei pazienti con iperglicemia prevalentemente post-prandiale, non adeguatamente controllati con gli interventi sugli stili di vita. La riduzione dei livelli di HbA 1c tuttavia è solo dello 0,5-1% rispetto al placebo, inferiore a quella ottenibile con metformina e 14

sulfaniluree. In genere perciò è utilizzato in associazione ad altri antidiabetici orali o all'insulina. Non ha effetti sul peso corporeo né sui lipidi plasmatici. Provoca frequentemente effetti indesiderati a livello gastro-intestinale per cui è necessaria un'attenta titolazione del dosaggio e non va utilizzato in caso di problemi che possono essere aggravati da un aumento della produzione di gas a livello intestinale, grosse ernie, ostruzioni o ulcerazioni intestinali o di enteropatie croniche (malattia infiammatoria intestinale, ulcerazione del colon, ostruzione intestinale parziale o predisposizione all'ostruzione intestinale) associate o meno a disturbi della digestione e dell'assorbimento. Va somministrato frequentemente e questo può ridurre l'aderenza alla terapia. Una rassegna sistematica degli studi clinici non ha trovato effetti significativi degli inibitori dell'alfa-glucosidasi sulla mortalità, morbilità e qualità della vita in pazienti con DM2 [8]. Ha un costo modesto. Tiazolidindioni (glitazoni) Il troglitazone, il primo esponente di questa classe di farmaci, venne immesso in commercio nel 1997 ma fu presto ritirato a causa della sua epatotossicità. Due anni dopo vennero approvati ilrosiglitazone e il pioglitazone. Il rosiglitazone è stato anch'esso ritirato dal commercio nel 2010, per l'aumentato rischio di insufficienza cardiaca, cosicché il pioglitazone è oggi il solo principio attivo disponibile di questa classe. Formulazione e dosaggi Classe di concedibilità SSN Pioglitazone cpr 15 mg; cpr 30 mg; cpr 45 mg A Il pioglitazone è autorizzato nel trattamento orale del DM2 sia in monoterapia che in associazione con metformina o con una sulfonilurea o con entrambe. Il pioglitazone è anche indicato in combinazione con insulina nei pazienti adulti con DM2 che non raggiungono un sufficiente controllo glicemico con insulina, per i quali l'uso di metformina è inappropriato a causa di controindicazioni o intolleranza. Agisce come agonista su un recettore nucleare chiamato PPAR gamma (recettore gamma attivato di proliferazione dei perossisomi) che viene espresso soprattutto negli adipociti, nel fegato e nei muscoli scheletrici. Questa azione stimola la trascrizione dei geni che sono sensibili all'insulina e che regolano il metabolismo glucidico e lipidico [9]. L'azione del pioglitazone perciò si esplica principalmente aumentando la sensibilità all'insulina dei tessuti periferici ed è perciò attivo solo se è presente l'insulina stessa. Riduce inoltre la produzione di glucosio nel fegato e aumenta il trasporto del glucosio all'interno degli adipociti e nel muscolo. Occorrono circa 2 settimane di terapia perché gli effetti del farmaco sulla glicemia si manifestino ed occorrono 3-6 mesi per osservare una riduzione dell'hba 1c. 15

Farmaco Durata d'azione (h) Eliminazione Posologia e modalità di somministrazione Pioglitazone 24 Urine (15-30%) e feci, sotto forma di metaboliti attivi Il farmaco va assunto in dose di 15-30 mg in un'unica somministrazione, indipendentemente dai pasti. La dose massima è di 45 mg. Tiazolidindioni: effetti indesiderati e ruolo in terapia Effetti indesiderati e avvertenze Il pioglitazone è stato raramente associato a casi di epatotossicità, ma la funzionalità epatica va monitorata durante la terapia, in quanto i segni di tossicità possono presentarsi anche dopo parecchi mesi. Il farmaco è controindicato in persone con insufficienza epatica. Il pioglitazone può causare ritenzione idrica ed edemi agli arti inferiori (5% circa dei pazienti). Lo sviluppo di edema è più probabile se viene associato a insulina: l'associazione dei due farmaci va evitata in pazienti con insufficienza cardiaca. Nel corso di studi clinici con pioglitazone è stata osservata nelle donne una riduzione della densità minerale ossea e aumentata frequenza di fratture, che interessano soprattutto mani, piede e arti superiori. Questo effetto non è stato osservato negli uomini. Si sono manifestati casi non comuni di carcinoma della vescica (tumore della vescica) (da 1 a 10 pazienti su 1000). Aumentando la sensibilità nei confronti dell'insulina, nelle donne che non ovulano a causa della resistenza all'insulina (per esempio, quelle affette dalla sindrome dell'ovaio Informazioni per il paziente in terapia con pioglitazone Informare i pazienti di contattare il proprio medico in caso di dolore addominale o mal di stomaco, urine scure, perdita di appetito, nausea o vomito, stanchezza o debolezza insolite, o ittero. Informare i pazienti di contattare il proprio medico se si avverte dolore al petto, mancanza di respiro; eccessivo gonfiore delle mani, polsi, caviglie o dei piedi, o se il peso corporeo sta aumentando rapidamente. Informare le pazienti che se hanno fattori di rischio per osteoporosi (es. fumatrici, storia familiare, menopausa precoce) dovrebbero informarne il medico che eventualmente sia intenzionato a prescrivere pioglitazone. Il paziente deve essere informato di riferire immediatamente al medico segni e sintomi come: sangue nell urina, dolore durante la minzione o l improvvisa necessità di urinare. Le donne che hanno o hanno avuto problemi di irregolarità del ciclo mestruale possono andare incontro ad una gravidanza durante terapia con pioglitazone. Se in età fertile, dovrebbero 16

policistico), il pioglitazone potrebbe favorire la ripresa dell'ovulazione; queste pazienti devono essere informate che l'assunzione dei due farmaci può aumentare le probabilità di gravidanza. Sono stati descritti casi di edema maculare diabetico con riduzione della acuità visiva durante trattamento con pioglitazone. Il pioglitazone induce frequentemente aumento di peso (di circa il 5% o di 3,5 kg nell'arco di 6 mesi). Sono stati riportati anche cefalea, giramenti di testa e affaticamento e una modesta anemia. Segnalati inoltre artralgia, flatulenza, impotenza, sudorazione. esserne informate di valutare l'opportunità o meno di una adeguata contraccezione. Il paziente deve essere informato di riferire immediatamente al medico la comparsa di disturbi alla vista, come offuscamento o riduzione, durante terapia con pioglitazone, per un eventuale controllo da parte di un oculista. Dare al paziente diabetico informazioni su un regime alimentare corretto è importante anche al di là dell'influenza del pioglitazone sul peso. Vantaggi e svantaggi del pioglitazone - Ruolo in terapia Il pioglitazone ha un'efficacia comparabile a quella degli altri ipoglicemizzanti orali in termini di controllo glicemico. Raramente provoca ipoglicemia quando impiegato in monoterapia, ma questa è possibile quando è impiegato in terapia combinata con sulfaniluree o insulina. Si possono invece elencare tra gli svantaggi l'effetto ipoglicemizzante ritardato (10-14 settimane), la necessità di monitorare la funzionalità epatica, l'incremento di peso, l'edema e l'aumentato rischio di scompenso cardiaco. Una revisione degli studi clinici di durata di almeno 24 mesi pubblicata nel 2006 non ha fornito prove convincenti che il pioglitazone riduca la mortalità, la morbilità e la qualità della vita dei pazienti con DM2, a fronte invece di un aumento dei casi di edema e di insufficienza cardiaca [10]. Successivamente sono stati pubblicati i risultati della studio PERISCOPE (Pioglitazone Effect on Regression of Intravascular Sonographic Coronary Obstruction Prospective Evaluation) che hanno messo in evidenza un effetto di rallentamento dell'aterosclerosi coronarica con pioglitazone rispetto alla glimepiride e la possibilità quindi che anche per il pioglitazone possano esserci benefici macrovascolari, da confermare in ulteriori studi [11]. I nuovi ipoglicemizzanti: Repaglinide La repaglinide, introdotta in commercio in Italia nel 2001, è un ipoglicemizzante appartenente ad una nuova classe di ipoglicemizzanti, le meglitinidi, caratterizzata da una durata d'azione particolarmente breve. 17

Formulazione e dosaggi Classe di concedibilità SSN Repaglinide cpr 1 mg; cpr 2 mg A La repaglinide è indicata per gli adulti con DM2 la cui iperglicemia non può essere controllata in maniera soddisfacente tramite dieta ed esercizio fisico. La repaglinide è indicata anche in combinazione con metformina negli adulti con DM2 che non sono controllati in maniera soddisfacente con la sola metformina. Il farmaco, pur essendo strutturalmente diverso dalle sulfaniluree, presenta lo stesso meccanismo d'azione: abbassa il livello di glucosio nel sangue stimolando il rilascio di insulina dal pancreas. La sua attività dipende perciò dalla presenza di cellule β pancreatiche funzionanti. Sia la repaglinide che le sulfaniluree si legano ad un recettore di membrana a livello della cellula β situato in prossimità dei canali del potassio. Tale interazione determina un arresto del flusso di ioni potassio verso l'esterno della cellula con conseguente depolarizzazione della cellula β con attivazione e apertura dei canali del calcio voltaggio-dipendenti. L'aumentato afflusso degli ioni calcio nel citosol induce la liberazione di insulina. La differente lipofilia dei due tipi di farmaci, con una conseguente diversa affinità per il sito recettoriale, potrebbe rendere conto della più rapida azione ipoglicemizzante della repaglinide [12]. Farmaco Eliminazione Posologia e modalità di somministrazione Repaglinide Metabolizzazione epatica a composti privi di attività ipoglicemizzante; metaboliti eliminati per via biliare (92%) e nelle urine (8%). 0,5-16 mg/die La repaglinide deve essere assunta subito prima dei pasti principali (da immediatamente prima fino a 30 minuti prima). I pazienti che saltano un pasto (o fanno un pasto in più) devono essere istruiti a saltare (o aggiungere) una dose in relazione a quel pasto. Repaglinide: effetti indesiderati e ruolo in terapia Effetti indesiderati Gli effetti indesiderati più comuni della repaglinide consistono in ipoglicemia, dolori addominali e diarrea. Altri disturbi meno frequenti o rari sono nausea, vomito, disturbi della vista, reazioni da ipersensibilità quali prurito e rash, mal di schiena, artralgie, mal di testa, parestesie. Come con le sulfaniluree, i pazienti trattati con repaglinide possono andare incontro ad aumento di peso e a ipoglicemia. 18

Vantaggi e svantaggi della repaglinide - Ruolo in terapia Ha meccanismo d'azione (stimolazione della secrezione di insulina), efficacia e profilo di effetti indesiderati simili alle sulfaniluree ma la struttura diversa rende possibile la sua somministrazione anche a pazienti allergici alle sulfaniluree. L'incidenza di ipoglicemia sembra essere lievemente inferiore rispetto alle sulfaniluree. La rapidità d'azione e la breve emivita del farmaco simulano in maniera più precisa il controllo fisiologico della glicemia e ne giustificano la somministrazione immediatamente prima dei pasti. La maggior frequenza delle somministrazioni può essere causa di minor adesione alla terapia. La repaglinide può essere un'alternativa ad altri ipoglicemizzanti orali, con potenza simile a quella della metformina. Può essere utilizzato al posto di questa quando gli effetti indesiderati non sono tollerati dal paziente o quando la metformina è controindicata [13]. Non va utilizzata in pazienti con gravi disfunzioni epatiche e nei pazienti in trattamento con gemfibrozil. Non ci sono prove che indichino effetti significativi sulla mortalità a lungo termine. Il sistema delle incretine L'osservazione che la somministrazione per via orale di glucosio a soggetti non diabetici stimola il rilascio di insulina in misura maggiore rispetto alla somministrazione endovena ha portato alla scoperta delle incretine, cosi chiamate dalla contrazione dell'espressione intestinal secretion of insulin. Attualmente si conoscono due ormoni, prodotti in particolari cellule dell'intestino, che stimolano la secrezione di insulina e riducono quella del glucagone, provocando anche un rallentamento dello svuotamento gastrico, e quindi della velocità di assorbimento delle sostanze contenute nei cibi: il polipeptide insulinotropico glucosio dipendente (GIP o Gastric Inhibitory Polypeptide) e il peptide-1 glucagone-simile (GLP-1 o Glucagon-like Peptide-1). Nei soggetti con DM2 la secrezione di GLP-1 stimolata dal pasto è sensibilmente ridotta. Una volta secreti, sia il GIP che il GLP-1 vengono rapidamente degradati da un enzima, la dipeptidilpeptidasi- 4 (DPP-4), e non possono pertanto essere utilizzati direttamente in terapia. La ricerca si è perciò orientata in primo luogo verso la messa a punto di farmaci in grado di agire come agonisti sul recettore del GLP-1, portando alla scoperta dell'exenatide e della liraglutide (vedi paragfrafi corrispondenti). Un altro filone di ricerca si è orientato verso la messa a punto di inibitori del DPP-4 (vedi paragrafo corrispondente) in modo da rallentare la degradazione di GLP-1 e al GIP e di consentire loro di svolgere la loro azione fisiologica. Per comprendere pienamente l'azione delle incretine vanno ricordati alcuni altri effetti fisiologici del GLP-1, in ragione dell'ampia distribuzione dei suoi recettori. Nel pancreas il GLP-1 aumenta la secrezione di insulina dalle cellule β, quella della somatostatina dalle cellule δ e riduce la secrezione di glucagone dalle cellule α, in risposta all'iperglicemia, mentre viene preservato il rilascio di glucagone in risposta all'ipoglicemia. Promuove inoltre la crescita e la rigenerazione delle cellule β, mentre aumenta la resistenza all'apoptosi, cioè la morte cellulare programmata. A livello del sistema nervoso centrale, azioni potenzialmente utili per la terapia del diabete sono la 19

soppressione dell'appetito e l'aumento del senso di sazietà con la conseguente riduzione dell'assunzione di cibo. Nel fegato, nel muscolo e nel tessuto adiposo, aumenta la captazione del glucosio e la sintesi del glicogeno. Rallenta inoltre lo svuotamento dello stomaco e riduce la secrezione acida [14]. Fig. 5 - Le molteplici azioni del GIP e del GLP-1 (da ref.[15]) Agonisti del GLP-1: exenatide L'exenatide è la forma sintetica di un peptide composto di 39 aminoacidi originariamente isolato dal veleno di una lucertola ( Heloderma suspectum). Il GLP-1 e l'exenatide condividono al 50% circa la stessa sequenza aminoacidica. Una importante differenza risiede nella presenza dell'aminoacido glicina anziché alanina nella posizione 2 della catena aminoacidica, il che rende l'exenatide molto più resistente all'inibizione enzimatica da parte della DDP-4. 20

Fig.6 - Struttura del GLP-1, exenatide e liraglutide In virtù della somiglianza strutturale della catena aminoacidica col GLP-1 umano, l'exenatide si lega al recettore del GLP-1 attivandolo; in tal modo aumenta la secrezione di insulina dalle cellule β del pancreas, viene soppressa la secrezione di glucagone e viene rallentato lo svuotamento gastrico. In pazienti diabetici, il farmaco induce una modesta diminuzione della glicemia a digiuno e riduce marcatamente i livelli di glicemia postprandiale. 21

Formulazione e dosaggi Exenatide penne pre-riempite contenenti 60 dosi da 5 mcg o da 10 mcg. Il paziente deve essere avvisato che le preparazioni commerciali non contengono gli aghi necessari (uno per ogni iniezione) Classe di concedibilità SSN A Vendibile al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti (RRL). La prescrizione di exenatide è soggetta a piano terapeutico webbased. Exenatide a rilascio prolungato Kit per sospensione iniettabile da 2 mg A Vendibile al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti (RRL). La prescrizione di exenatide a rilascio prolungato è soggetta a piano terapeutico web-based. L'exenatide è indicata nel trattamento del DM2 in associazione (metformina, sulfaniluree, tiazolidindioni, metformina e una sulfonilurea, metformina e un tiazolidindione) in adulti che non hanno raggiunto un adeguato controllo glicemico con la dose massima tollerata di queste terapie orali. E' inoltre indicata anche come terapia aggiuntiva a insulina basale con o senza metformina e/o pioglitazone in adulti che non hanno raggiunto un adeguato controllo glicemico con questi agenti. 22

Posologia e modalità di somministrazione Essendo un peptide, l'exenatide non è somministrabile per via orale. La dose iniziale è di 5 mcg di exenatide per iniezione s.c due volte al giorno per 4 settimane, incrementabile a 10 mcg due volte al giorno. Non sono raccomandate dosi superiori a 20 mcg al dì. La formulazione longacting di exenatide consente la somministrazione sottocute del farmaco una sola volta alla settimana. In uno studio di confronto con exenatide somministrata 2 volte al giorno la formulazione ad azione prolungata ha offerto un miglior controllo glicemico [16]. Il paziente deve essere informato che: a) l'exenatide può essere somministrata in qualsiasi momento nei 60 minuti precedenti il pasto della mattina e della sera (o i due principali pasti del giorno, distanti l'uno dall'altro circa 6 ore o più), ma che non deve essere somministrata dopo i pasti; b) l'exenatide va somministrata per via sottocutanea nella coscia, nell'addome o nella parte alta delle braccia, utilizzando l'apposita penna pre-riempita; c) ad ogni iniezione è necessario cambiare il punto di iniezione, utilizzando però la stessa area (es. la coscia). Dopo aver utilizzato tutti i siti di una stessa area si deve passare ad una nuova area (es. la parte alta di un braccio). Non utilizzare lo stesso sito di iniezione più spesso di una volta al mese; d) il farmaco non va somministrato intramuscolo o endovena; e) se oltre all'exenatide il paziente deve iniettare anche insulina, i due farmaci vanno somministrati con iniezioni separate; f) la formulazione long-acting va somministrata una volta a settimana, lo stesso giorno di ogni settimana, in qualsiasi momento del giorno, indipendentemente dai pasti. L'allestimento della fiala può risultare complicato per i pazienti anziani. La prima somministrazione va sempre effettuata sotto supervisione medica; g) le formulazioni iniettabili di exenatide vanno conservate in frigorifero alla temperatura di 2 C-8 C e non devono essere congelati. Le preparazioni in uso vanno conservate a temperatura < 25 C. La penna non deve essere conservata con l'ago inserito. Riposizionare il cappuccio sulla penna per proteggerla dalla luce. Exenatide: effetti indesiderati e interazioni farmacologiche Effetti indesiderati I principali effetti indesiderati dell'exenatide sono a carico del tratto gastrointestinale (nausea, più raramente vomito e diarrea). La nausea è un effetto dose-dipendente, ma tende a ridursi con il proseguimento della terapia. Episodi di ipoglicemia sono stati riportati quando l'exenatide è associata ad una sulfanilurea, ma non quando associata a metformina. Altri effetti indesiderati comparsi nel corso del trattamento sono stati vertigini, cefalea, dispepsia, 23

iperidrosi, astenia, nervosismo, reazioni nella sede di iniezione. Sono stati segnalati rari casi di pancreatite emorragica o necrotizzante, anche fatale, rischio su cui l'ema ed FDA statunitense hanno condotto approfondimenti indipendenti. Per entrambe le agenzie i dati disponibili non dimostrano una associazione causale tra l'utilizzo di farmaci incretinici e pancreatite o cancro al pancreas [17]. I pazienti devono comunque essere informati del sintomo che caratterizza la pancreatite acuta: forte e persistente dolore addominale con o senza vomito. Il rischio di pancreatite è maggiore nelle persone che hanno una storia di pancreatite, calcoli biliari, alcolismo o livelli molto alti di trigliceridi. L'exenatide può indurre la formazione di anticorpi anti-exenatide che possono talora ridurre l'effetto ipoglicemizzante del farmaco. La presenza di anticorpi aumenta la frequenza di reazioni nel sito di iniezione. Interazioni farmacologiche L'exenatide rallenta il tempo di svuotamento gastrico e può ridurre la biodisponibilità di farmaci assunti per via orale; in particolare gli antibiotici e i contraccettivi orali dovrebbero essere assunti almeno un'ora prima di iniettare l'exenatide. Agonisti del GLP-1: liraglutide La liraglutide è il secondo agonista del recettore del GLP-1 autorizzato per il controllo del DM2. La sua commercializzazione in Italia è iniziata nel 2009. Prodotta con tecnologia DNA-ricombinante, la liraglutide ha una struttura aminoacidica uguale a quella del GLP-1, fatta eccezione per la sostituzione di una molecola di lisina con una di arginina nella posizione 34. La modifica più significativa è l'aggiunta di un acido grasso a 16 atomi di carbonio legato a una molecola di acido glutammico, a sua volta legato alla lisina in posizione 26 (fig.6). Solo l'1-2% della liraglutide risulta libero nel plasma perché la molecola forma un legame non covalente con l'albumina plasmatica: questo è un primo meccanismo che le conferisce un'azione prolungata. Le modifiche introdotte inoltre determinano l'associazione del farmaco in eptameri, il che contribuisce a ritardarne l'assorbimento dopo somministrazione sottocutanea, oltre a conferire la resistenza nei confronti del DPP-4. A differenza quindi dell'exenatide, che ha una breve durata d'azione e richiede 2 iniezioni sottocutanee ai pasti (limite che ha portato allo sviluppo della formulazione di exenatide ad azione prolungata), la liraglutide ha un profilo farmacocinetico che consente un'unica somministrazione sottocutanea giornaliera, indipendentemente dai pasti. Raggiunge il picco delle concentrazioni plasmatiche in 8-12 ore e ha una emivita media di eliminazione di circa 12 ore [18]. 24

Liraglutide Formulazione e dosaggi Penne pre-riempite contenenti 6 mg di liraglutide in 3 ml, corrispondenti a 30 dosi da 0,6 mg, 15 dosi da 1,2 mg o 10 dosi da 1,8 mg. Il paziente deve essere avvisato che le preparazioni commerciali non contengono gli aghi necessari (uno per ogni iniezione) lunghi fino a 8 mm e sottili fino a 32G. Classe di concedibilità SSN A Vendibile al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti (RRL). La prescrizione di liraglutide è soggetta a piano terapeutico webbased. La liraglutide è indicata per il trattamento di adulti affetti da DM2 per raggiungere il controllo glicemico in associazione a: - metformina o una sulfanilurea, in pazienti con controllo glicemico insufficiente nonostante la dose massima tollerata di metformina o sulfanilurea in monoterapia; - metformina e una sulfanilurea o metformina e un tiazolidindione in pazienti con controllo glicemico insufficiente nonostante la terapia combinata con due farmaci. L'aggiunta di liraglutide in pazienti già trattati con insulina non è stata valutata e pertanto non è raccomandata. 25