GIURISPRUDENZA CIVILE

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N. 1 GENNAIO 2011 Anno XXVII RIVISTA MENSILE de Le Nuove Leggi Civili Commentate ISSN 1593-7305 LA NUOVA GIURISPRUDENZA CIVILE COMMENTATA Estratto: Marisa Meli Il divieto di fecondazione eterologa e il problema delle antinomie tra diritto interno e Convenzione europea dei diritti dell uomo

IL DIVIETO DI FECONDAZIONE ETEROLOGA E IL PROBLEMA DELLE ANTINOMIE TRA DIRITTO INTERNO E CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL UOMO di Marisa Meli Sommario: 1. Il divieto di fecondazione eterologa e la violazione degli artt. 8e14CEDU. 2. La rilevanza per l ordinamento interno dell accertamento della violazione. 3. La questione di legittimità costituzionale dell art. 4, comma 3 o,l.n. 40/2004 per contrasto con l art. 117, comma 1 o, Cost. e con altre disposizioni costituzionali. 4. La disapplicazione come strumento alternativo per comporre l antinomia. 5. L art. 6, commi 2 o e3 o, Trattato UE e la cosiddetta comunitarizzazione della CEDU. 6. La CEDU come diritto pattizio nelle materie che esulano dalle competenze dell Unione. 1. Il divieto di fecondazione eterologa e la violazione degli artt. 8 e 14 CE- DU. Anche il Tribunale di Catania, dopo quello di Firenze, ha sollevato questione di legittimità costituzionale della normativa in materia di procreazione medicalmente assistita di cui alla l. 19.2.2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), puntando il dito contro l art. 4, comma 3 o (in combinato disposto con gli artt. 9, commi 1 o e2 o, e 12, comma 1 o ), che vieta «il ricorso a tecniche di procreazione assistita di tipo eterologo» ( 1 ). Le due ordinanze fanno seguito alla ormai storica pronuncia della Corte Europea dei diritti dell uomo, che ha accolto il ricorso di due coppie di cittadini alle quali era stato precluso l accesso alle tecniche di procreazione assistita, condannando l Austria per i divieti posti dalla disciplina nazionale ( 2 ). La normativa austriaca non consente, infatti, di fare ricorso alla fecondazione eterologa, se non nell ipotesi di donazione del seme di un terzo, da utilizzare esclusivamente per l inseminazione in vivo (e non in vitro). Secondo la Corte di Strasburgo, la decisione delle coppie di concepire un figlio e far uso delle tecniche di procreazione medicalmente assistita rientra nell ambito del diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 CEDU). Inoltre, i limiti all accesso a tali pratiche che non siano giustificati da finalità obiettive e ragionevoli creano ingiustificate disparità di trattamento e ricadono, pertanto, nel divieto di discriminazione (art. 14 CEDU). Vero è, infatti, che lo Stato ha un certo margine di valutazione nella regolazione della materia; ma ciò non toglie che debba operare secondo canoni di ragionevolezza, tali da giustificare il trattamento differenziato delle diverse situazioni di infertilità. Nella specie, la Corte ha ritenuto non sufficientemente ragionevoli gli argomenti addotti a sostegno del duplice divieto, in quanto basati su generiche considerazioni morali e sociali o sul pericolo di rischi concretamente infondati. È comprensibile come, in Italia, l eco della pronuncia abbia acceso le speranze di quelle coppie affette da problemi di infertilità tali da poter fare ricorso soltanto a tecniche di fecondazione eterologa. Numerose, infatti, sono state le richieste di tutela in via d urgenza, per imporre al medico specialista di procedere alla tecnica della procreazione medicalmente assi- ( 1 ) Trib. Catania, ord. 21.10.2010, e Trib. Firenze, ord. 13.9.2010, pubblicate entrambe supra, Parte prima, p.42ep.55. ( 2 ) Corte eur. dir. uomo, 1 o.4.2010, n. 57813/ 00, in questa Rivista, con nota di Liberali, La sentenza della Corte europea dei diritti dell uomo in tema di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo; v. inoltre il commento di Salanitro, Il divieto di fecondazione eterologa alla luce della Convenzione Europea dei diritti dell uomo: l intervento della Corte di Strasburgo, infam. e dir., 2010, 981. La pronuncia è stata impugnata dal governo austriaco, per cui si attende l intervento della Grand Chamber. 14 NGCC 2011 - Parte seconda

Divieto di fecondazione eterologa stita, attraverso il ricorso alla donazione di gameti di soggetti esterni alla coppia. Ed è in questo quadro che si collocano le ordinanze di rimessione in oggetto, entrambe fondate sul presupposto che le obiezioni mosse dalla Corte di Strasburgo al legislatore austriaco debbano a maggior ragione valere rispetto alla normativa italiana, in cui il divieto di fecondazione eterologa è assoluto e dunque ancora più ampio. ( 3 ) Tale obiezione, la cui infondatezza potrà apparire scontata agli addetti ai lavori, è stata invece più volte avanzata, data la risonanza che la pronuncia ha avuto anche nelle riviste non specialistiche. ( 4 ) Esistono già, infatti, giudizi di legittimità costituzionale che muovono da tale premessa. Cfr. Corte cost., 26.5.2010, n. 187 e 196. ( 5 )L incontro, che può esser considerato uno dei primi passi in vista dell adesione dell UE alla CE- DU, ha visto riunite tutte le Parti aderenti ed ha prodotto un Piano d azione per riformare la Corte 2. La rilevanza per l ordinamento interno dell accertamento della violazione. Riassunta nelle sue linee essenziali la vicenda in oggetto, appare evidente come essa finisca per riguardare un tema più generale, relativo alla rilevanza che assumono nell ordinamento interno le pronunce della Corte europea che accertino la violazione di norme convenzionali. Nell affrontarlo, ritengo sia innanzitutto necessario sgomberare il campo da due, possibili, false partenze. La prima è relativa alla considerazione per cui, nel caso di specie, la pronuncia della Corte europea riguarderebbe l Austria e non l Italia; la seconda è relativa all affermazione per cui la Corte europea (che trova la sua fonte di legittimazione in una convenzione internazionale la cui ratifica si colloca, a livello ordinamentale, tra le leggi ordinarie) non potrebbe spingersi fino a sindacare il contenuto di una legge regolarmente emanata dal Parlamento ( 3 ). In relazione al primo profilo, premesso che non si è mai dubitato che possano assumere rilevanza nell ordinamento interno anche decisioni rese dalla Corte nei confronti di altre Parti aderenti ( 4 ), il passaggio diviene d obbligo alla luce del documento elaborato dal Consiglio d Europa nella Conferenza di Interlaken ( 5 ). Esso, infatti, contiene l espresso invito, rivolto agli Stati, a «tenere conto degli sviluppi della giurisprudenza della Corte, allo scopo di considerare le conseguenze che si impongono a seguito di una sentenza che accerti una violazione convenzionale da parte di un diverso Stato, allorché il loro ordinamento giuridico sollevi il medesimo problema». In relazione al secondo profilo, è bene ricordare come a partire dall ultimo conflitto mondiale abbia preso avvio una fase di internazionalizzazione dei diritti, inaugurata dalle Nazioni Unite con la Dichiarazione universale dei diritti dell uomo (1948). La persona ed i diritti umani sono così divenuti parte dell ordine giuridico internazionale in modo nuovo, con strumenti volti a riconoscere diritti in senso sostanziale ma anche procedurale, con la possibilità di presentare ricorsi, in caso di violazione, anche contro il proprio Stato. Tra questi meccanismi, un ruolo particolarmente significativo ha sempre svolto la Corte Europea dei diritti dell uomo, giudicata una delle forme di tutela più evolute e considerata, per il rilievo assunto nella comunità internazionale, «strumento costituzionale dell ordine pubblico europeo» ( 6 ). Lo Stato, dunque, nel sistema di tutela predisposto dalla CEDU, è il soggetto convenuto in giudizio per tutti quei comportamenti, considerati lesivi dei diritti dei consociati, che costituiscono espressione dei suoi poteri, anche normativi (e sempre che, da parte degli interessati, siano stati previamente esperiti tutti i possibili rimedi previsti dall ordinamento di appartenenza). La nostra Costituzione ha tenuto conto di tali esigenze di apertura, accogliendo l idea che ogni ordinamento realizza pienamente se stesso solo nel momento in cui riconosce tutti i valori che stanno alla base di un sistema democratico, inclusi quelli derivanti dall apertura all ordinamento internazionale. Tuttavia, alle norme predisposte per la ricezione di tali valori (artt. 10 e 11) si è rimprove- EDU. È documentato nel sito: http://www.eda.admin.ch/etc/medialib/downloads/edazen/topics/europa/euroc. ( 6 )Nascimbene, L individuo e la tutela internazionale dei diritti umani, inistituzioni di Diritto Internazionale, Giappichelli, 2002, 269 ss. NGCC 2011 - Parte seconda 15

Studi e Opinioni rato, in seguito, di non aver tenuto nel debito conto il diritto internazionale pattizio, come invece è accaduto nelle Costituzioni europee più recenti (quali le Costituzioni dell Europa centro orientale ma, ancor prima, la Costituzione spagnola che, all art. 10, impone di interpretare le disposizioni relative ai diritti fondamentali e alle libertà degli individui in conformità con i trattati e gli accordi internazionali) ( 7 ). Quanto detto spiega perché, fino a un decennio fa, la CEDU non ha goduto di grande riconoscimento sul piano nazionale. Numerose, nel tempo, sono state le ordinanze di rimessione alla Corte costituzionale per contrasto tra norme interne e norme della Convenzione. È evidente, dunque, come la giurisprudenza abbia sempre operato un tentativo di «costituzionalizzazione» delle norme convenzionali; ma la Corte costituzionale ha sempre respinto questa impostazione, sia pure riconoscendo, progressivamente in maniera sempre più marcata, il ruolo «speciale» della CEDU all interno del sistema delle leggi ordinarie ( 8 ). Oggi, possiamo senz altro affermare di essere entrati in una nuova epoca, in tema di tutela dei diritti umani. Un epoca caratterizzata, innanzitutto, dall importanza che il tema ha assunto anche a livello europeo (con la Carta di Nizza, oggi richiamata dall art. 6.1 Trattato UE). Ma segnata, altresì, da alcune novità significative che hanno riguardato la CEDU. Tra queste ultime, le più importanti sono rappresentate dalla nuova formulazione dell art.117, comma 1 o, Cost., ai sensi del quale «la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dai vincoli derivanti dall ordinamento comunitario e dagli obblighi ( 7 ) Per una panoramica: Ferrari, I diritti tra costituzionalismi statali e discipline transnazionali, ini diritti fondamentali dopo la Carta di Nizza, a cura di Ferrari, Giuffrè, 2001, 1; Montanari, I diritti dell uomo nell area europea tra fonti internazionali e fonti interne, Giappichelli, 2002, 86 ss. ( 8 )Pellegrini, La Corte europea dei diritti dell uomo nella giurisprudenza italiana,inl Italiaeidiritti umani, a cura di Marchisio-Raspadori, Cedam, 1995, 105. internazionali»; e dall art. 6.2 Trattato UE, che prevede per la prima volta che «l Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali». Si tratta, come la prassi ha già dimostrato, di novità di un certo rilievo, destinate ad incidere su temi importanti che vanno dal rapporto tra Costituzione e CEDU al parallelismo col percorso di affermazione del diritto comunitario che assume, appunto, una nuova connotazione alla luce delle novità introdotte nel trattato di Lisbona. Il problema, dunque, non è se possa ammettersi un controllo della Corte europea su un atto del Parlamento, quanto piuttosto quello di verificare quali conseguenze si producono, tutte le volte in cui sia stata accertata l esistenza di un contrasto tra norme interne e norme della Convenzione. 3. La questione di legittimità costituzionale dell art. 4, comma 3 o, l. n. 40/2004 per contrasto con l art. 117, comma 1 o, Cost. e con altre disposizioni costituzionali. Nel caso di specie, la strada seguita al fine di porre rimedio all antinomia tra diritto nazionale e diritto convenzionale, è stata quella indicata dalla Corte costituzionale, con le due (ben note) pronunce in materia di espropriazione ed occupazione acquisitiva, che hanno fatto da apristrada a molte altre ( 9 ). ( 9 ) Corte cost., 24.10.2007, n. 348 e 349, in Foro it., 2008, I, 39, con note di Cappuccio e Ghera. Tra i tanti commenti: Angelini, L incidenza della CEDU nell ordinamento italiano alla luce di due recenti pronunce della Corte Costituzionale, in Dir. un. eur., 2008, 487; Ruggeri, La tutela «multilivello» dei diritti fondamentali, tra esperienze di normazione e teorie costituzionali, inpol. dir., 2007, 317; Ferraro, Recenti sviluppi in tema di tutela dei diritti fondamentali, tra illegittima espropriazione della funzione propria della CEDU ed irragionevole durata di uno scontro giudiziario, inriv. it. dir. pubbl. com., 2008, 651. La strada indicata dalla Corte è stata poi seguita da molte altre pronunce: Corte cost., 25.2.2008, n. 39, in Foro it., 2008, 1037; Corte cost., 16.11.2009, n. 311, in Riv. dir. int., 2010, 163; Corte cost., 30.11.2009, n. 317, ibidem, 180; Corte cost., 8.3.2010, n. 93, ibidem, 2, 583. Sul tema, Savino, Il cammino internazionale 16 NGCC 2011 - Parte seconda

Divieto di fecondazione eterologa In tali pronunce, la Corte costituzionale ha affermato per la prima volta che le disposizioni della CEDU, così come interpretate dalla Corte europea, costituiscono fonte integratrice del parametro di costituzionalità introdotto dall art. 117, comma 1 o, Cost. Più precisamente, la Corte costituzionale ha ritenuto che l art. 117, comma 1 o, Cost., non vale ad attribuire rango costituzionale alle norme contenute in accordi internazionali (che rimangono, dunque, oggetto di una legge ordinaria di adattamento). La medesima disposizione, tuttavia, comporta l obbligo per il legislatore di adeguarsi alle previsioni contenute nei trattati, con la conseguenza che ogni norma nazionale incompatibile viola per ciò stesso il nuovo parametro costituzionale. Consequenziale a tale impostazione è il ruolo attribuito al giudice: «al giudice comune spetta interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale, entro i limiti nei quali ciò sia permesso dai testi delle norme. Qualora ciò sia impossibile, ovvero dubiti della compatibilità della norma interna con la disposizione convenzionale interposta egli deve investire questa corte della relativa questione di legittimità costituzionale rispetto al parametro dell art. 117, comma 1 o, Cost.» ( 10 ). Giudizio, si aggiunge, che potrà risolversi nella dichiarazione di incostituzionalità della disposizione denunciata sempre che la stessa si ponga in contrasto con una norma della CE- DU, così come interpretata dalla Corte europea, a sua volta in linea con i principi costituzionali ( 11 ). Nella vicenda in oggetto i Tribunali hanno fatto una corretta applicazione dei criteri indicati. Infatti, esclusa ogni possibilità di interpretazione adeguatrice stante l esplicito divieto di fare ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo posto dall art. 4, comma 3 o, ribadito in altre disposizioni 4. La disapplicazione come strumento alternativo per comporre l antinomia. Concordano i due giudici remittenti anche sul fatto che non possa darsi seguito alla richiesta, avanzata dalle parti, di disapplicare le disposizioni che sanciscono il divieto di fecondazione eterologa, come strumento per superare l antinomia con le norme convenzionali. È, quello della disapplicazione, un argomento di grande attualità, che presenta ricadute di non poco conto sullo stesso esercizio della funzione giurisdizionale. I giudici, infatti, che hanno svolto un ruolo di primo piano nel processo di affermazione del primato del diritto comunitario, si trovano oggi di fronte a nuove complessità. Sono infatti chiamati a districarsi tra le diverse fonti che compongono il sistema e a rispondere del proprio operato al proprio ordinamento giuridico e in primo luogo alla Costituzione, ma non sendella Corte Costituzionale dopo le sentenze n. 348 e 349 del 2007, inriv. it. dir. pubbl. comp., 2008, 747. ( 10 ) Punto 6, sentenza n. 349. ( 11 ) Punto 8, sentenza n. 349; punto 4.7, sentenza n. 348. (art. 9, commi 1 o e3 o ) e corredato di apposite sanzioni (art. 12, comma 1 o ) èstata sollevata questione di legittimità costituzionale. Il divieto posto dal nostro legislatore è stato ritenuto in contrasto, in via immediata e diretta, con l art. 117, comma 1 o, Cost. per violazione degli artt. 8 e 14 CEDU, nella interpretazione datane dalla pronuncia della Corte europea. Ma il medesimo divieto, sempre alla luce delle argomentazioni fornite dalla Corte europea, è stato ritenuto in contrasto anche con altre disposizioni della carta costituzionale. Qui, le due ordinanze differiscono in parte. Dal Tribunale di Catania, la questione è posta con riferimento agli artt. 3 Cost., da cui discende il principio di non discriminazione e di ragionevolezza; 31 Cost., che tutela il diritto alla maternità/paternità; 2 Cost., da cui discende il diritto alla vita privata e familiare; 32 Cost., giacché il divieto di fecondazione eterologa compromette l integrità psico-fisica delle coppie infertili o sterili. Secondo il Tribunale di Firenze, viene invece in esclusivo rilievo l art. 3 Cost. Comune, in ogni caso, è l intento di fornire alla Corte costituzionale una base per dichiarare la normativa italiana in contrasto, oltre che con gli obblighi internazionali, anche con i principi derivanti dal nostro sistema. NGCC 2011 - Parte seconda 17

Studi e Opinioni za tenere conto di quegli ordinamenti (comunitario e internazionale) rispetto ai quali la stessa Costituzione si è vincolata ( 12 ). Il sistema di tutela dei diritti, quale risultante dalle novità introdotte dal Trattato di Lisbona, diviene sempre più sofisticato. Esso viene abitualmente raffigurato in termini di tutela multilevel, ma ritengo sia ancora più efficace se lo si rappresenti come un sistema ad incastro: alla CEDU aderisce l Unione Europea, composta da una pluralità di Stati membri, ciascuno dei quali, a sua volta, è già a titolo individuale parte aderente alla Convenzione. In questo rinnovato scenario, che ruolo hanno i giudici, quali garanti naturali dei diritti? Possono essere considerati destinatari diretti delle violazioni accertate dalla Corte europea e dunque operare un controllo diffuso sulla normativa interna, disapplicandola volta per volta e in relazione alla singola controversia, o persiste un controllo accentrato, che conduca all eventuale abrogazione della norma incriminata? Indubbiamente, il meccanismo della disapplicazione è quello più efficace, dal punto di vista dei destinatari della tutela. Lo dimostra la vicenda in oggetto in cui, nonostante l importante decisum della Corte europea, le parti non possono fare immediato ricorso alle tecniche di fecondazione eterologa vietate dalla legge, dovendo attendere l esito dell intervento della Consulta. Sembrerebbe, dunque, trattarsi di un meccanismo in linea col principio costituzionale per cui tutti possono agire in giudizio per far valere i propri diritti (art. 24 Cost.). Se questo è vero, va però considerato come il ( 12 ) Sul tema: De Salvia-Zagrebelsky, Diritti dell uomo e libertà fondamentali, Giuffrè, 2006; Guazzarotti, La CEDU e l ordinamento nazionale: tendenze giurisprudenziali e nuove esigenze teoriche, inquad. cost., 2006, 491; Randazzo, Nuovi sviluppi in tema di esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell uomo, indir. dell uomo, 2006, 11; Daniele, Carta europea dei diritti fondamentali dell Unione europea e trattato di Lisbona, indir. un. eur., 2008, 655; Panunzio, I diritti fondamentali e le Corti in Europa, Jovene, 2005, 3 s.; Bilancia, Le nuove frontiere della tutela multilivello dei diritti in www.associazionedeicostituzionalisti.it/materiali. medesimo meccanismo rischi di travolgere lo stesso sistema costituzionale, consentendo un controllo diffuso di costituzionalità delle leggi, totalmente estraneo alla nostra tradizione giuridica, per lo meno nelle sue origini. Com è noto, infatti, il sistema di judicial review ha finito col trovare ingresso nel nostro ordinamento (e, più in generale, in tutti gli ordinamenti di civil law che a questa esperienza erano estranei) per ciò che concerne il diritto comunitario laddove, al termine di un lungo e articolato processo ormai da tempo concluso, si è giunti a ritenere che la legge nazionale che contrasta con la norma comunitaria dotata di effetto diretto non pone un problema di costituzionalità epuò essere disapplicata ( 13 ). Il problema è quello di verificare se tale punto di approdo debba valere, oggi, per la CEDU e per le statuizioni della sua Corte, sulla base della considerazione per cui, per effetto delle novità contenute nel Trattato di Lisbona, la materia sarebbe stata comunitarizzata. Il tema si inquadra in un più generale trend evolutivo che ha riguardato la CEDU. Fino a qualche anno addietro era dato riscontrare uno scarso interesse della nostra giurisprudenza rispetto alle pronunce della Corte europea. Oggi, è dato registrare un deciso mutamento di rotta ( 14 ), con importanti arresti che ne valoriz- ( 13 ) Lo stesso dicasi per le sentenze della Corte di Giustizia, che al pari delle norme comunitarie cui si riferiscono hanno operatività immediata negli ordinamenti interni. ( 14 ) Per cogliere le progressive tappe di questa evoluzione è sufficiente rinviare a: Pirrone, L obbligo di conformarsi alle sentenze della Corte europea dei diritti dell uomo, Giuffrè, 2004, e, con più specifico riferimento alla giurisprudenza in materia di riparazione del danno per irragionevole durata dei processi, Id., Il valore della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell uomo nell interpretazione del diritto interno, indir. pubbl. comp. eur., 2005, 1971; altre importanti pronunce si sono avute in materia di sospensione degli effetti del giudicato, in relazione alle quali mi sia consentito rinviare al mio Giudicato interno, ruolo del giudice nazionale ed esecuzione delle sentenze della Corte EDU nei paesi aderenti alla Convenzione, in corso di pubblicazione su Riv. trim. dir. e proc. civ. Un debole riferimento ai poteri di disapplicazione del giudice è contenuto in Cass., 19.7.2002, n. 10542, in Corr. giur., 2003, 769, 18 NGCC 2011 - Parte seconda

Divieto di fecondazione eterologa zano l apporto ermeneutico e, in taluni casi, con qualche debole riferimento ai poteri di disapplicazione della normativa interna in contrasto. I due giudici remittenti escludono che si possa giungere a tale conclusione. Sostanzialmente, sulla base del comune rilievo per cui il processo di adesione della UE alla CEDU è ancora in itinere (anzi, per la precisione è appena avviato) ( 15 ). Il che equivale a dire che il problema è in qualche modo presente, ma non ancora attuale. Al di là delle conclusioni raggiunte, a me pare che gli argomenti utilizzati meritino un approfondimento. Innanzitutto, perché se è pur vero che il processo di adesione è ancora incompleto, gli operatori giuridici devono giungere attrezzati al suo compimento. In secondo luogo perché, indipendentemente dal completamento della procedura, esiste già una giurisprudenza di segno contrario che propende per la disapplicazione ( 16 ). O, addirittura, si assiste ad anomali ed incerti scenari in cui una medesima disposizione ritenuta in contrasto con la giurisprudenza della Corte europea viene ad essere da taluni giudici disapplicata e da altri rinviata alla Corte costituzionale ( 17 ). Ci troviamo, dunque, di fronte ad un tema con nota di Conti. Ma la stessa Cassazione ha poi escluso ogni potere disapplicativo del giudice nell ordinanza di rimessione alla Corte in materia di espropriazione ed occupazione acquisitiva, Cass., ord., 20.5.2006, n. 11887, in Mass. Giust. civ., 2006: «al giudice nazionale che rilevi un contrasto tra una norma interna e la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell uomo è impedito di disapplicare la disposizione nazionale, non tollerando l ordinamento interno una funzione di revisione legislativa da parte del potere giudiziario che appare estranea al nostro sistema costituzionale». ( 15 )L art. 6, comma 2 o, Trattato UE, certamente costituisce la base legale per l adesione della UE alla CEDU, ma essa non è ancora avvenuta. Le modalità di tale adesione sono specificate nel protocollo 8 annesso al Trattato. ( 16 ) Se ne farà cenno nel paragrafo successivo. ( 17 ) Così l art. 80, comma 19 o, l. 23.12.2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), disapplicato da alcune corti di merito (se ne tratterà nel paragrafo successivo) e dichiarato costituzionalmente illegittimo complesso e ingarbugliato che, nonostante coinvolga prevalentemente aspetti di diritto pubblico, non può non suscitare l interesse dei privatisti, dal momento che la CEDU viene ad incidere su molti ambiti del diritto privato. 5. L art. 6, commi 2 o e 3 o, Trattato UE e la cosiddetta comunitarizzazione della CEDU. Secondo un interpretazione diversa da quella seguita dalle ordinanze di rimessione, il riconoscimento della CEDU da parte dell UE comporta che le norme convenzionali diventino immediatamente applicabili negli ordinamenti degli Stati membri dell Unione, venendo a partecipare di quella limitazione della sovranità nazionale che, in Italia, trova fondamento costituzionale nell art. 11 Cost. Le disposizioni nazionali in contrasto, pertanto, potranno essere disapplicate, senza dover passare per il vaglio della loro costituzionalità sul piano interno, aprendosi così la strada a nuovi orizzonti in materia di tutela dei diritti fondamentali ( 18 ). Duplice è il fondamento dell interpretazione proposta. Da un lato, viene in considerazione la più volte richiamata previsione dell art. 6, comma 2 o, Trattato UE, secondo cui «l Unione aderisce alla Convenzione europea dei diritti dell uomo...»; dall altro, il comma successivo (art. 6, comma 3 o, Trattato UE), secondo cui «i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri fanno parte del diritto dell Unione in quanto principi generali». A tale ricostruzione può obiettarsi (e qualche cenno alle obiezioni che seguono è contenuta in entrambe le ordinanze) che: a) l adesione dell UE alla CEDU non implica affatto che quest ultima venga a mutare la sua natura. Al contrario, significa soltanto che un nuovo soggetto internazionale, l UE, dotato di personalità giuridica (art. 47, Trattato UE), in seguito alla questione sollevata dalla Corte di appello di Torino, da Corte cost., 26.5.2010, n. 187, cit. ( 18 ) Così Cons. Stato, IV sez., 2.3.2010, n. 1220, in Guida al dir., 2010, n. 14, 88, e T.A.R. Lazio, 18.5.2010, in Redazione Giuffrè, 2010. NGCC 2011 - Parte seconda 19

Studi e Opinioni ( 19 ) In questi termini, a commento delle pronunce citate nella nota precedente, Celotto, Il Trattato di Lisbona ha reso la CEDU direttamente applicabile nell ordinamento italiano?; D angelo, Comunitarizzazione dei vincoli internazionali CEDU in virtù del Trattato di Lisbona? No senza una expressio causae, in www.personaedanno.it. ( 20 ) È noto come la giurisprudenza della Corte di Giustizia abbia attinto proprio a quelle fonti per delineare progressivamente un sistema di riconoscimento dei diritti fondamentali che ha condotto all elaborazione della carta di Nizza. Sul punto, è sufficiente rinviare a Aa.Vv., Riscrivere i diritti in Europa, Il Mulino, 2001. aderisce alla Convenzione, acconsentendo così che i suoi atti vengano sottoposti a un ulteriore controllo (rispetto alle vie di ricorso interne), quanto al rispetto dei diritti umani. Si tratterebbe, tuttavia, di un fatto interno all Unione, la quale infatti nemmeno precisa (come invece fa per la carta dei diritti, art. 6, comma 1 o, Trattato UE) che la CEDU ha lo stesso valore giuridico dei trattati ( 19 ); b) la disposizione relativa al riconoscimento dei diritti fondamentali quali principi generali dell Unione non vale ad attribuire un nuovo e diverso significato alla CEDU, ma a precisare che, così come accaduto nel passato, anch essa contribuirà a delineare il contenuto di quei principi ( 20 ). Per contro, va evidenziato come entrambe le obiezioni, di per sé ineccepibili, colgono solo una parte del fenomeno limitandosi, per così dire, al suo aspetto formale. Vero è, infatti, che adesione dell UE alla CE- DU significa ingresso di un nuovo soggetto, ma la particolare natura di quel soggetto non può non avere ripercussioni sugli ordinamenti dei singoli Stati. Allo stesso modo, se i diritti fondamentali fanno parte dei principi generali dell Unione e il loro contenuto è stato e continuerà ad essere delineato anche grazie al contributo della Corte europea, è chiaro che le relative decisioni avranno delle ricadute dirette sui singoli Stati. Tutto sta ad individuare la misura di tale coinvolgimento o per meglio dire, adoperando un espressione ormai comune, tutto sta a chiarire se in che misura possa ritenersi che la CEDU sia stata comunitarizzata. A me pare, infatti, che non bisogni sottovalutare le novità introdotte dal trattato di Lisbona, ma nemmeno sopravvalutarle al punto da ritenere che finiscano addirittura col mutare la natura della Convenzione e ciò che essa rappresenta per le sue parti aderenti. Le statuizioni della Corte europea, infatti, potranno avere un nuovo e diverso impatto negli ordinamenti dei singoli Stati, in quanto elementi costitutivi del nuovo soggetto che aderisce alla CEDU e in quanto destinatari di quelle interpretazioni delle norme sui diritti fondamentali che concorrono a formare i principi generali dell Unione. Ma la diversità dell impatto è determinata, e nello stesso tempo delimitata, dallo specifico ambito in cui quelle statuizioni vengono ad incidere, che non potrà che essere quello delle materie rientranti tra le competenze comunitarie. Non v è dubbio, infatti, che l adesione dell UE alla CEDU si tiri dietro quella limitazione di sovranità degli Stati che dello stesso sorgere dell Unione rappresenta legittimazione e fondamento. Ma non mi pare si possa da ciò desumere una nuova configurazione di quei rapporti tra Stati aderenti e CEDU che prescindono dalla mediazione dell Unione e che esulano, pertanto, dal controllo sugli atti comunitari. Lo stesso dicasi per la rilevanza che le norme convenzionali assumono quali principi generali dell Unione che (come peraltro evidenziato nell ordinanza di rimessione del Tribunale di Firenze) non possono che svolgere la loro funzione limitatamente alle materie di competenza comunitaria. Un esempio concreto varrà a chiarire quanto sopra affermato. Alcune Corti di merito hanno disapplicato la previsione contenuta nell art. 80, comma 19 o,l. n. 388/2000, che condiziona il diritto dello straniero legalmente soggiornante nel territorio alla fruizione dell assegno di invalidità ed altre prestazioni sociali al requisito della carta di soggiorno, e quindi alla presenza nel territorio italiano da almeno 5 anni ( 21 ). Tale previsione è stata considerata in contrasto con il principio di non discriminazione (art. 14 CEDU), così come ( 21 ) App. Firenze, 9.6.2007, in Redazione Giuffrè, 2008; Trib. Ravenna, 16.1.2008, in Il merito, 2008, nn. 7-8, 13; Trib. Pistoia, 23.3.2007, in Riv. giur. lav., 2008, II, 479. 20 NGCC 2011 - Parte seconda

Divieto di fecondazione eterologa affermato dalla Corte europea in numerosi analoghi procedimenti. I giudici, tuttavia, hanno ritenuto che non fosse necessario invocare l intervento della Corte costituzionale, procedendo alla disapplicazione della norma sulla base dell avvenuta comunitarizzazione della CEDU. Alla luce delle precedenti considerazioni, si può ritenere che essi abbiano operato correttamente. A ben guardare, infatti, nel caso di specie non si pone soltanto un problema di antinomia tra normativa interna e CEDU. Le disposizioni interne sono in contrasto, oltre che con le norme convenzionali, con le disposizioni del Trattato. Il diritto sociale alle prestazioni assistenziali, infatti, è espressamente riconosciuto dalla carta di Nizza ad ogni persona che si trovi all interno dell Unione (art. 34.2) e, sotto molteplici profili anche diversi da quello indicato, rappresenta sicuro acquis comunitario. In tale contesto, le pronunce della Corte europea valgono a chiarire e a specificare il modo in cui quei vincoli comunitari debbano essere intesi. Nel far questo, vengono ad incidere su un diritto (quello comunitario) che è già direttamente applicabile e che non necessita che una norma interna con esso in contrasto passi attraverso il vaglio della Corte costituzionale. Non si può, tuttavia, a partire da questo affermare che «gli obblighi internazionali vanno rispettati e che dunque diviene consequenziale riconoscere che anche le indicazioni interpretative della Corte di Strasburgo sono idonee a vincolare il giudice interno, a prescindere dalla necessità di sollecitare l intervento della Consulta». O, ancora, che «il potere di disapplicazione è talmente poco contrastante con il nostro ordinamento da essere attribuito al giudice, in presenza di regole interne contrastanti con quelle comunitarie» ( 22 ). Poiché si rischia di generalizzare all intero sistema CEDU un meccanismo di funzionamento che è peculiare (e limitato) allo specifico ambito in cui viene ad incidere. ( 22 ) Così nella motivazione di Trib. Pistoia, 23.3.2007, cit. 6. La CEDU come diritto pattizio nelle materie che esulano dalle competenze dell Unione. Alla luce delle considerazione svolte appare ragionevole ritenere che, nella vicenda in oggetto, l antinomia tra diritto interno e norme convenzionali non possa essere risolta attraverso lo strumento della disapplicazione. La materia della procreazione medicalmente assistita, infatti, non rientra nell ambito delle competenze comunitarie. Qui, come in tutti gli altri analoghi settori di esclusiva competenza dei singoli Stati, la CEDU mantiene il suo carattere di diritto pattizio, che risente delle importanti innovazioni contenute nel testo costituzionale (art. 117, comma 1 o, Cost.), ma non delle novità introdotte nel Trattato di Lisbona, indipendentemente dal fatto che la procedura di adesione sia o meno compiuta. Né può ritenersi che il nuovo volto che la CEDU è destinata ad assumere, come ulteriore parametro di controllo e di interpretazione degli atti comunitari, possa avere un effetto di trascinamento rispetto ad ogni tipo di violazione perpetrata dai singoli Stati. Alla luce delle considerazioni svolte, infatti, dovrebbe apparire evidente che non è la CE- DU a mutare natura; piuttosto, è il particolare ambito in cui viene ad incidere a conferire alle statuizioni della sua Corte quell effetto diretto che è (già) proprio del diritto comunitario. Peraltro, il primato del diritto comunitario (e il potere di disapplicazione del diritto interno con esso in contrasto) si basa su meccanismi di equilibrio e di bilanciamento interni (primo fra tutti la possibilità di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia) che non trovano riscontro, né sono estensibili, al diverso ambito del diritto internazionale pattizio. In conclusione, è da ritenere che bene abbiano fatto i giudici remittenti ad invocare l intervento della Corte costituzionale, così come accade, del resto, in giurisprudenza, in tutte le situazioni in cui non entra in gioco il diritto comunitario ( 23 ). Fuori da tale ambito, il sistema ( 23 ) Così ad esempio in materia di attribuzione del cognome materno al figlio legittimo, laddove la Cass., 19.3.2008, n. 23934, in Giust. civ., 2009, 2178, ha chiesto il vaglio delle sezioni unite, proprio al fine di verificare fino a che punto potesse spingersi con una interpretazione adeguatrice del dato normativo. La materia non rientra nell ambito delle competenze comunitarie, essendosi la Corte di giustizia occupata di attribuzione del cognome solo per ciò che attiene la libera circolazione degli individui e NGCC 2011 - Parte seconda 21

Studi e Opinioni di judicial review rimane estraneo alla nostra esperienza giuridica, almeno fin quando il sistema delle fonti del diritto e di giustizia costituzionale rimarrà quello che la stessa Costituzione ci indica ( 24 ). Spetterà dunque alla Corte costituzionale vagliare il divieto di fecondazione eterologa alla luce delle valutazioni condotte dalla Corte di Strasburgo. Ed è questo, a me pare, il senso del dialogo tra Corti, in una prospettiva di tutela dei diritti fondamentali della persona che non sia limitata ai confini di un singolo Stato. Nella specie, a sostegno dell irragionevolezza del divieto posto dal legislatore austriaco, la Corte di Strasburgo ha adoperato argomenti differenti per la donazione di seme o di ovociti. Nel primo caso, la disciplina è stata considerata discriminatoria in quanto volta ad ammettere la fecondazione in vivo ma non in vitro. Si tratta, dunque, di considerazioni che non possono, per sé sole, essere estese alla normativa interna in cui il ricorso alla donazione di seme è vietato tout court. All opposto, gli argomenti adoperati a sostegno dell irragionevolezza del divieto di donazione di gameti fondati su considerazioni di tipo morale o sociale e sui paventati rischi di utilizzazione degli embrioni a fini eugenetici o sul pericolo di sfruttamento delle donne difficilmente potranno esser considerati non riferibili anche alla normativa interna ( 25 ). L unico problema, semmai, soprattutto conoscendo la tradizionale ritrosia della Corte costituzionale ad invadere il compito del legislatore, potrebbe essere rappresentato dal rischio di un vuoto normativo che la pronuncia di incostituzionalità del divieto potrebbe venire a determinare. alla conseguente libera circolazione degli status (dunque con esclusivo riferimento ai figli nati da matrimoni misti). A livello comunitario, si segnalano Corte giust. CE, 2.10.2003, causa 148/02, in Eur. e dir. priv., 2004, 217, e Corte giust. CE, 14.10.2008, causa 353/06, in Riv. dir. int., 2009, 1, 233, cui hanno fatto seguito una pluralità di provvedimenti giurisdizionali volti a disapplicare la disciplina interna in tema di trascrizione di un atto di nascita. Così ad esempio App. Palermo, 14.11.2008, in Corr. giur., 2009, 495. Si tratta di una vicenda di estremo interesse, anche se qui riferita solo per cenni, e che vale ulteriormente a testimoniare la diversa operatività dei vincoli nascenti dal diritto comunitario e dal diritto pattizio. Sul tema, tra gli altri, Conti, Il diritto comunitario del doppio cognome: un primato in espansione?, op. loc. citt. ( 24 ) Conformemente Cartabia, Le sentenze «gemelle»: diritti fondamentali, fonti, giudici, ingiur. cost., 2007, 3564. Sul punto si rinvia anche alle interessanti considerazioni di Scoditti, Il dialogo fra le corti e i diritti fondamentali di fonte sopranazionale: il punto di vista del giudice comune, inriv. dir. civ., 2010, 123. Riguardo ancora alla estraneità al sistema del modello di judicial review, non credo possa venire in considerazione il fatto che, nel nostro ordinamento, esiste un potere diffuso di disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi, poiché si tratta di un controllo (di legittimità) di atti sotto-ordinati alla legge ordinaria e non di controllo in merito al rispetto, da parte del legislatore, dei principi sovra-ordinati. ( 25 ) Ma per maggiori approfondimenti sul punto cfr. Salanitro, Fecondazione eterologa: la parola alla Consulta, di prossima pubblicazione su Fam. e dir. 22 NGCC 2011 - Parte seconda