Carcione A., Nicolò G., Procacci M. (a cura di), Manuale di terapia cognitiva delle psicosi, Milano, FrancoAngeli,

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RECENSIONI Carcione A., Nicolò G., Procacci M. (a cura di), Manuale di terapia cognitiva delle psicosi, Milano, FrancoAngeli, 2012 1 Il Manuale di terapia cognitiva della psicosi a cura di Carcione A., Nicolò G. e Procacci M., edizioni Franco Angeli, è una raccolta di contributi di autori italiani e stranieri che si occupano dell inquadramento e della cura delle psicosi, dai prodromi alla remissione. Il testo si occupa di fornire una visione completa delle psicosi, dalla prospettiva storica, al processo di valutazione, fino ad arrivare agli interventi, affrontando quelli empiricamente validati e forniti di prove d efficacia, il tutto in ottica cognitivista, ma tenendo altresì conto di altri modelli psicologici, ed affrontando sia i malfunzionamenti cognitivi che quelli metacognitivi, ponendo grande attenzione ai dati della recente letteratura. Approcciando la psicosi secondo un punto di vista stadiale, vengono illustrate specifiche tecniche di miglioramento delle abilità sociali (social skill training) e delle funzioni cognitive, tenendo in considerazione l importanza della formulazione di piani terapeutici individualizzati, adatti e adattati sia alla persona che allo stadio della malattia. La prospettiva stadiale permette di vedere la psicosi, non più come un blocco monolitico di sintomi, ma come una malattia eterogenea, che ha sottesi dei meccanismi fisiopatologici distinti tendenti a variare nello stesso soggetto durante il suo decorso longitudinale, nel quale le dimensioni psicopatologiche variano, la classificazione basata su stadi, corrispondenti a diversi livelli evolutivi del disturbo, permette di individuare procedure diagnostiche e interventi diversi. Ogni capitolo è organizzato in maniera estremamente chiara, con una precisa formulazione degli obiettivi, delle conclusioni puntuali, nonché delle letture consigliate per l approfondimento dell argomento, strutturazione che rende l esposizione completa ma anche completabile e che la fa assomigliare ad una interessante lezione accademica in cui venga affrontata una review degli studi più interessanti e validi. Lo stile manualistico permette dunque, oltre che di apprendere, anche di farsi un idea propria del mondo della psicosi, che viene affrontata attraverso diversi punti di vista. Il manuale fornisce, in prima battuta, un inquadramento storico sia del disturbo che di come è stato rappresentato e affrontato attraverso le classificazioni diagnostiche che si sono avvicendate nel tempo, con una chiara descrizione dei limiti e 1 Quaderni di Psicoterapia Cognitiva, n. 32/2013 163

delle potenzialità di ogni sistema nosografico, fino ad arrivare alla presentazione del lavoro della task force del DSM V, che tiene presente la complessità della schizofrenia come sindrome e non come disturbo, proponendo un approccio stadiale, che permette di identificare i livelli evolutivi dei disturbi, ai quali sono sottesi probabilmente dei processi fisiopatologici diversi. Viene più volte sottolineata nel manuale l importanza di affrontare l assessment e la valutazione in maniera accurata, dalla definizione del funzionamento premorboso a quello attuale, passando attraverso l identificazione dei prodromi, l esordio, fino all esame dei sintomi positivi e negativi, ponendo attenzione al senso che hanno nel profilo del disturbo, senza trascurare l andamento del funzionamento cognitivo. Troviamo di particolare rilevanza teorico-clinica l apporto fornito nell illustrare e descrivere gli strumenti maggiormente validi per l assessment e la diagnosi, le tecniche di conduzione del colloquio clinico, la formulazione del caso e la pianificazione dell intervento, frutto sia della ricerca in psicoterapia che dell esperienza clinica. Il lettore viene messo in grado di conoscere le modalità di approccio al paziente psicotico, di regolazione della relazione terapeutica, di esplorazione della sintomatologia e di pianificazione degli scopi della terapia, il tutto sostenuto dall esemplificazione fornita attraverso casi clinici. Viene sottolineato come durante l intervista clinica sia importante esplorare gli eventi critici della storia di vita (Read et al., 2005), non focalizzandosi tanto sui fatti, quanto su come si sono formati gli schemi personali e interpersonali del soggetto (Birchwood et al., 2004), procedimento che permette di comprendere come si struttura il sintomo psicotico. Di particolare interesse dal punto di vista teorico e clinico è la definizione degli approcci per la diagnosi precoce delle psicosi (sviluppati con campioni di soli adulti): l ultra hight risk (Philips et al., 2000) e quello basato sui sintomi di base (Scultze-Lutter et al., 2007), che gettano una luce sul concetto di prodromo, inteso come sintomo precoce che precede la manifestazione caratteristica della patologia, un concetto retrospettivo diagnosticabile in genere dopo lo sviluppo della sintomatologia. Ormai da diversi anni l attenzione, in ambito psichiatrico, si sta spostando dalla gestione del quadro clinico conclamato alla presa in carico del paziente all esordio, per cui gli sforzi diagnostici e terapeutici si direzionano verso quella categorie di soggetti considerati a rischio (Cannon et al., 2008; Kessler et al., 2001; McGorry et al.; 2003, 2008; Patel et al., 2007). Elementi fondamentali di questo modello riguardano l individuazione di condizioni cliniche definite negli anni 90 stati prodromici, oggi detti stati mentali a rischio (ultra hight risk sopra citato), o sindrome di rischio psicotico (psychosis risk syndrome, PRS). Viene sottolineata l importanza del passaggio dalla visione ex-post del concetto di prodromo, di scarsa utilità clinica, ai modelli su citati, più vicini al concetto di prevenzione primaria e di applicazione clinica. Studi rct evidenziano come la sintomatologia prodromica possa essere attenuata e l esordio ritardato o prevenuto grazie ad interventi mirati (McGorry et al., 2009; Amminger et al., 2010). Interessante è l introduzione del concetto di metacognizione nella schizofrenia, al fine di motivare le difficoltà di adattamento che si riscontrano nelle persone affette da psicosi, difficoltà non spiegabili soltanto dal deficit cognitivo. È noto infatti che questi pazienti non riescono a distinguere le proprie rappresentazioni mentali 164

dalla realtà (disfunzione della differenziazione), non riconoscono l intenzionalità e autonomia delle proprie funzioni mentali e percepiscono un influenza diretta dell esterno sul proprio funzionamento. La terapia centrata sulla metacognizione, inizialmente sviluppata per il trattamento dei disturbi di personalità (Dimaggio, Semerari, Carcione, Nicolò, Procacci, 2007), comincia ad essere applicata nella schizofrenia solo recentemente da Lysaker (2011a), benché non si abbiano ancora studi di efficacia al riguardo, ma con la chiara finalità di aiutare il paziente a riconoscere e padroneggiare gli stati mentali problematici, nonché migliorare le relazioni interpersonali. Particolarmente utile dal punto di vista clinico, nonché completa sotto l aspetto teorico, è la sezione che si occupa della descrizione delle forme di intervento nella psicosi: questo contributo fornisce al lettore una descrizione dei principali disegni sperimentali usati per valutare l efficacia della psicoterapia, delle linee guida ad oggi utilizzate per il trattamento delle psicosi, che rappresentano lo strumento fondamentale per trasferire le conoscenze elaborate dalla ricerca scientifica nella pratica clinica quotidiana, nonché una rassegna delle psicoterapie maggiormente usate e fornite di prove d efficacia. Per quanto si affermi l imprescindibilità della terapia farmacologica nel trattamento della psicosi, argomento ampiamente affrontato nell ultima sezione del testo, la psicoterapia cognitivo-comportamentale e gli interventi psicosociali sono lo standard approvato dall American Psichiatric Association (Practice Guideline 2004). L assunto di base della CBT alle psicosi è che le credenze ed esperienze psicotiche possano derivare da processi cognitivi che sono un continuum dell esperienza normale, quindi le credenze deliranti vengono inquadrate come tentativi di fornire di senso il mondo del paziente, e l obiettivo dell intervento è quello di sostituire le esperienze maladattive con credenze più accurate (Perris, McGorry, 2000). A tale proposito vengono illustrati i contributi di Meaden sul trattamento dei deliri e delle allucinazioni, e quello di Turkington sul trattamento dei sintomi negativi attraverso la CBT. Anche in questo caso i contributi teorici sono validamente supportati da esemplificazioni cliniche, che mettono il lettore nelle condizione di apprendere come far familiarizzare il paziente con il modello ABC e come utilizzare il trattamento CBT-based per i sintomi negativi chiamato Motivation and Engagement (MOVE). Una serie di studi e meta-analisi suggeriscono che la CBT apporti miglioramenti nei sintomi negativi, oltre che in quelli positivi (Rathod, Turkington, 2005; Sesky et al., 2000), anche fino a 5 anni dopo il trattamento. Dai trial clinici non è però possibile distinguere i progressi negli uni e negli altri: anche se questi progressi sono considerati un miglioramento nei sintomi negativi (Beck, 2009) è più probabile che siano i sintomi positivi a rispondere al trattamento, e che la riduzione dei sintomi negativi ne sia una conseguenza. Dagli studi sulla CBT che si rivolgono in particolare sulla sintomatologia negativa, emerge che approcci combinati come il MOVE costituiscano la strategia più proficua. Non viene trascurato naturalmente il dominio della qualità della vita del paziente psicotico. Se la terapia cognitiva è focalizzata sui sintomi della psicosi, migliorando indirettamente il funzionamento sociale, la cognitive remediation ha come bersaglio i deficit cognitivi, con il conseguente miglioramento dell efficienza lavo- 165

rativa e sociale. L intervento psicosociale ha come strumento di riabilitazione il Social Skills Training, che ha come finalità quella di rendere la persona capace di padroneggiare gli aspetti disabilitanti della patologia, costituendo il completamento naturale del trattamento integrato. Nel manuale c è spazio per tutto ciò che sia necessario sapere al fine di farsi un idea della dimensione psicotica; di questo mondo tanto lontano dalla normalità, che nel pensiero comune contiene l idea dell impossibilità del cambiamento, viene fornita, all interno del volume, una mappa molto chiara, che rende possibile orientarsi e trovare degli strumenti operativi e delle chiavi per aprire la mente sia di chi pensa che la psicosi sia inguaribile, sia di chi su questo problema ci è seduto esattamente sopra. È possibile trovare nel volume la possibilità, per gli addetti ai lavori, di illuminare le zone più oscure di un argomento, quale il trattamento della psicosi, che ha in sé molte criticità, come di dare la possibilità agli studenti in formazione, di costruire un punto di vista ricco ed eterogeneo su come approcciarvisi, fatto di strumenti pratici, di teorie e di riferimenti bibliografici che orientano ad una ricerca più accurata sull argomento. Il vantaggio in entrambi i casi, è che ci troviamo di fronte ad un testo fruibile poiché chiaramente strutturato e organizzato, ricco di aggiornamenti sulle ultime elaborazioni teoriche in argomento, che lo rendono un ottimo sussidio didattico così come uno strumento fondamentale per gli operatori della salute mentale. BIBLIOGRAFIA Amminger G.P. et al. (2010). Early onset of symptoms predicts convertion to non affective psychosis in ultra hight risk individuals. Schizophrenia Research, 84: 67-76; doi: 10.1016/j.schres.2006.02.018 Birchwood M. et al. (2004). Interpersonal and role related schema influence the relationship with the dominant voice in schizophrenia: a comparison of three models. Psychological Medicine, 34 (8): 1571-80. Cannon M. et al. (2008). Prediction of psychosis in youth at high clinical risk. Archives of general Psychiatry, 65: 28-37; doi: 10.1001/archgenpsychiatry.2007.3 Kessler R.C. et al. (2001). The prevalence and correlates of untreated serious mental illness. Health Services Research, 36: 987-1007. Lysaker P. et al. (2011). Addressing metacognitive capacity for self reflection in the psychotherapy of schizophrenia, London: Routledge, pp. 217-232. McGorry P. (1998). Cognitive psychotherapy of psychotic and personality disorders: handbook of theory and practice, New York: John Wiley & Sons (trad. it. Psicoterapia cognitiva dei disturbi psicotici e di personalità. Milano: Masson, 2006). McGorry P. et al. (2003). RANZCP Clinical practice Guideline team for the treatment of Schizophrenia Summary Australian and New Zealand clinical practice guideline for the treatment of schizophrenia. Australian Psychiatry, 11 (2): 136-147. McGorry P. et al. (2008). Back to the future: predicting and reshaping the course of psychotic disorder, Archives of General Psychiatry, 65 (1): 25-27; doi: 10.1001/archgenpsychiatry.2007.9. McGorry P. et al. (2009). Intervention in individuala at ultra risk for psychosys: a review and future directions. Journal of Clinical Psychiatry, 70 (9): 1206-1212; doi: 10.4088/JCP.08r04472 166

Philips L.L. et al. (2000). Identification of young people at risk of psychosis: validation of personal assessment and Crisis Evaluation clinic intake criteria. Australian New Zealand Journal Psychiatry, 34: 249-255. Suppl: S164-S169. Rathod S., Turkington D. (2005). Cognitive-behaviour therapy for schizophrenia. A review. Current Opinion in Psychiatry, 18(2): 159-163. Read J. et al. (2005). Childwood trauma, psychosis and schizophrenia: a literature rewiew. Acta Psichiatrica Scandinavica, Nov, 112(5): 330-350. doi: 10.1111/j.1600-0447.2005.00634.x Scultze-Lutter F. et al. (2007). Basic symptoms in early psychotic and depressive disorders. British Journal Psychiatry, Suppl. 51, s31-7. doi: 10.1192/bjp.191.51.s31. Sensky T. et al. (2000). A randomized controlled trial of cognitive-behavioural therapy for persistent syntoms in schizophrenia resistent to medication. Archives of General Psychiatry, 57(2): 165-172. doi:10.1001/archpsyc.57.2.165 Sabina Marianelli *