verifiche, congettura, dimostrazione un'applicazione del calcolo alle differenze finite

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CANTO XXXIII del Paradiso, verso la fine (calcolo di ; irrazionalità di ) Qual è 'l geomètra che tutto s'affige per misurar lo cerchio, e non ritrova, pensando, quel principio ond'elli indige, tal era io a quella vista nova: Canto XIII del Paradiso (Salomone) [...] quando fu detto "Chiedi", a dimandare. Non ho parlato sì [...] o se del mezzo cerchio far si puote trïangol sì ch'un retto non avesse.

verifiche, congettura, dimostrazione un'applicazione del calcolo alle differenze finite Problema. Consideriamo n rette nel piano. In quante parti al massimo le rette scompongono il piano? Se n = 0, abbiamo una sola parte (il piano). Se n = 1, abbiamo due parti. Se n = 2, abbiamo al massimo... parti. Se n = 3, abbiamo al massimo... parti. Se n = 4,... parti. Calcolo alle differenze finite. Scriviamo la successione ottenuta e poi la successione delle differenze fra numeri consecutivi nella prima successione: 1 2 4 7 11 1 2 3 4

Iterando il calcolo delle differenze si ottiene: 1 1 1 Ci fermiamo, perché la differenza fra ogni numero e il precedente è costante. Ovviamente non siamo sicuri, ma, assumendo che ciò sia vero, applichiamo il Teorema. Se con n passaggi (differenze) si ottiene una successione costante, allora la successione originaria si può esprimere con un polinomio di grado n. Nel nostro caso avremmo dunque a che fare con un polinomio di secondo grado, ovvero del tipo an 2 + bn + c. Determiniamo a, b, c mediante i valori già noti. Per n = 0, si trova c = 1. Per n = 1, si ottiene a + b + c = 2. Per n = 2, si ottiene 4a + 2b + c = 4.

La soluzione del sistema è: c = 1 e a = b = 1/2. Quindi il polinomio è (n 2 + n)/2 +1. Dimostriamo questa formula con il principio di induzione. Per n = 0, il polinomio assume il valore 1, che va bene. Supposto che il polinomio fornisca il valore corretto per n, dimostriamo che il valore è corretto anche per n+1. La (n+1)-esima retta incontra le n rette precedenti in n punti distinti (altrimenti non si ha il massimo numero di parti). Tali n punti dividono la retta in n+1 parti; ciascuna di queste divide in due una delle parti precedenti; ci sono così n+1 parti nuove in cui il piano viene scomposto. In definitiva, con n+1 rette abbiamo (n 2 +n)/2+1+(n+1) parti, che corrisponde al valore del polinomio per n+1.

definizioni con una definizione matematica si introduce una parola nuova per indicare gli oggetti che godono di determinate proprietà definire una parola (nuova) significa spiegarne il significato mediante una frase costituita da parole di significato noto esempio: «un numero naturale si chiama primo quando è maggiore di 1 e ammette come divisori solo sé stesso e 1» specie in un contesto filosofico la nuova parola si dice definiendum (ciò che si deve definire), mentre le proprietà specificate costituiscono il definiens (ciò che definisce)

una definizione matematica ha carattere convenzionale quindi, una definizione matematica è sempre corretta (purché contenga una sola parola nuova): una definizione potrà discostarsi dalla terminologia usuale, o essere inopportuna sul piano didattico, ma non sarà mai sbagliata differenza fra il vocabolario e le definizioni matematiche in matematica sono proibiti circoli viziosi: in ogni definizione deve comparire una e una sola parola nuova, quella che si sta definendo; invece, un vocabolario deve riportare tutte le parole che usa: è inevitabile la presenza di circoli viziosi (in matematica il problema è superato con la presenza dei concetti primitivi)

Un utile esercizio per studenti dei primi anni delle Superiori consiste nel confrontare le definizioni di termini matematici riportate nei dizionari con le definizioni che si trovano in matematica. La diversità di significati è una possibile fonte di fraintendimenti (es.: volume, somma, ecc.). Mentre un teorema fornisce informazioni, una definizione serve solo per sostituire una nuova parola al posto di una frase più lunga: una definizione è una abbreviazione. Eliminando una definizione, gli enunciati perdono in concisione e in chiarezza, ma non nel loro contenuto. Per esempio, invece di enunciare il teorema «le diagonali di un rettangolo sono uguali», potremmo esprimerci così:

«se ciascun angolo di un quadrilatero è uguale al suo adiacente, allora i segmenti che congiungono vertici non consecutivi del quadrilatero sono uguali». La sostanza non cambia. Però il primo enunciato è semplice, mentre serve una certa attenzione per capire il secondo. Giuseppe Peano (1911) «Le definizioni sono utili ma non necessarie, perché al posto del definito si può sempre sostituire il definiente. Se la nuova definizione non è più lunga e più complicata, quella definizione era poco utile. Se si incontrano difficoltà, la definizione non fu ben data» di fronte a un enunciato, è importante distinguere con chiarezza se l'enunciato è un teorema o una definizione

nella definizione non dire: «un numero è primo se...», ma: «un numero è detto primo se...», «chiamiamo primo un numero tale che...», «si definisce primo un numero se...» è frequente in matematica che un oggetto (es.: una figura) sia caratterizzato da una proprietà, nel senso che quella proprietà esprime una condizione necessaria e sufficiente. Per es., si definisce parallelogramma un quadrilatero con i lati opposti paralleli; poi si dimostra che un quadrilatero è un parallelogramma se e solo se ha un centro di simmetria, oppure se e solo se ha gli angoli opposti uguali, ecc. In questi casi abbiamo definizioni alternative: ciascuna delle proprietà può essere assunta come definizione.

Le prime definizioni si incontrano nella Scuola Primaria, dove definire significa descrivere. All'inizio vanno accettate definizioni sovrabbondanti, del tipo «un triangolo si chiama equilatero quando i suoi tre lati sono uguali e suoi tre angoli sono uguali». Anche alle Superiori, un rettangolo si definisce come quadrilatero con i 4 angoli retti, senza preoccuparsi del fatto che bastano 3 angoli retti per caratterizzare i rettangoli. evitare definizioni inutili o fini a sé stesse, cioè che poi non si riprendono; per esempio, non vale la pena di introdurre la parola romboide, perché sarà raro che se ne parli

evitare distinzioni troppo sottili, come la distinzione fra polinomio e funzione polinomiale; o come la distinzione fra campo di definizione e dominio di una funzione In qualche caso è utile cercare una definizione. Esempio: perpendicolarità fra retta e piano nello spazio. un'asta è piantata perpendicolarmente al terreno il significato è chiaro, ma è difficile tradurre l'idea in una definizione geometrica («una retta r e un piano, incidenti in un punto P, si dicono perpendicolari se la retta r è perpendicolare a ogni retta di passante per P»)

può essere interessante chiedere a studenti di 15-16 anni di definire un cubo o una piramide, per poi discutere con loro le varie proposte (sono carenti? sono sovrabbondanti?) - «Un equazione è un'uguaglianza soddisfatta solo da particolari valori attribuiti alle incognite.» La definizione precedente è diffusa, ma... che cosa significa "particolari"? Si parla di equazioni indeterminate (tutti i valori soddisfano l'uguaglianza) e di equazioni impossibili: (nessun valore la soddisfa). L'aggettivo "particolari" è più che altro un avviso: sta attento, perché, nelle equazioni non sai a priori quali valori rendono vera l'uguaglianza.

Una definizione rigorosa di equazione è anche più semplice: «Un equazione è un'uguaglianza fra due espressioni contenenti incognite»; e poi bisogna aggiungere un'altra definizione: «risolvere un equazione significa trovare tutti e soli i valori che, sostituiti alle incognite, soddisfano l'uguaglianza» - Euclide inizia il Libro I degli Elementi con un elenco di termini, che corrispondono a definizioni. n. 20: «E delle figure trilatere triangolo equilatero è quello che ha i tre lati uguali, isoscele è quello che ha due soli lati uguali, scaleno quello che ha i tre lati disuguali.»

Si tratta di una tipica classificazione per partizione: l'insieme dei triangoli è diviso in tre sottoinsiemi, e ogni triangolo appartiene a uno e uno solo di questi sottoinsiemi (in particolare, un triangolo equilatero non è isoscele). Oggi, si preferisce una classificazione per inclusione: «si chiama triangolo isoscele un triangolo con due lati uguali», senza porre condizioni sul terzo lato. Un triangolo equilatero è un caso particolare di triangolo isoscele (e scaleno equivale a non isoscele); il vantaggio è che un teorema sui triangoli isosceli vale per gli equilateri analogamente, un quadrato è un particolare rettangolo e un particolare rombo

- «si dice trapezio ogni quadrilatero che ha una coppia di lati opposti paralleli... e gli altri due lati non paralleli» è necessaria la precisazione in corsivo? in altre parole, un parallelogramma è un trapezio oppure no? C'è un problema con i trapezi isosceli: se diciamo che un trapezio è un quadrilatero con due lati opposti paralleli (senza condizioni sugli altri due), allora un quadrilatero con due lati paralleli e gli altri due uguali è un trapezio isoscele. Quindi, un parallelogramma è un trapezio isoscele. Ma i parallelogrammi (salvo i rettangoli) non soddisfano le usuali proprietà dei trapezi isosceli, come avere le diagonali uguali e ammettere un asse di simmetria.