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I mulini ad acqua erano dei manufatti a carattere produttivo che sfruttavano la forza motrice dell acqua per muovere l apparato molitorio necessario a macinare la farina. L elemento fondamentale del sistema mulino era dunque l acqua. Essa veniva deviata dal fiume, incanalata, accumulata, utilizzata e restituita al suo percorso naturale al termine del ciclo lavorativo. L invio dell acqua al mulino avveniva attraverso un canale costruito dal proprietario con lavori di sbarramento sul fiume attuati con grossi massi o gabbionate. L ingresso era regolato da una chiusa ( portellone ) in legno di quercia, che si alzava ed abbassava Colli al Volturno Mulino RADDI dentro guide di dura pietra azionata a mano da un addetto tramite un manubrio a vite. Lungo il canale erano presenti altri portelloni che servivano, all occorrenza, a svuotare il condotto nel caso si dovesse effettuare la pulizia o la normale manutenzione del mulino. Colli al Volturno Mulino RADDI Stipiti della chiusa del canale di adduzione dell acqua. Sono ancora visibili le sca nalature nella pietra entro cui scorreva il portellone in legno di quercia. Le dimensioni del canale erano assai variabili e dipendevano dalle dimensioni del mulino e dalla portata del fiume; se la portata del fiume era abbondante, il canale alimentava direttamente i rotori del mulino senza opere aggiuntive (come nel caso del mulino Raddi a Colli al Volturno); dove, viceversa, il carico del fiume o del vallone era limitato, il canale, in prossimità del mulino, si allargava fino a formare una vasca di accumulo ( refota ), la quale, una volta riempita, doveva contenere una quantità di acqua sufficiente a far girare il mulino (come nel caso del mulino Di Iorio di Macchia Valfortore). Alternando cicli di riempimento della refota a cicli di macinatura, il mulino poteva quindi funzionare anche quando il vallone aveva poca acqua. Nell uno e nell altro caso, l acqua confluiva dentro le caditoie ( docce ): condotti in muratura o in legno che scendono fin dentro il fondaco del mulino, dove erano collocate le ruote orizzontali ( retrecine o ritrecine ). La conformazione delle docce ad imbuto rovesciato imprimeva all acqua, durante il salto, velocità e forza necessaria a far girare la retrecina. Sulle bocche delle caditoie, dentro fori praticati nella pietra, erano sistemate delle grate di ferro per trattenere i detriti trasportati dall acqua, i quali, impattando la retrecina, avrebbero potuto danneggiarla. Baranello Mulino Corona La refota. 69

Macchia Valfortore Mulino DI IORIO La refota, sullo sfondo l imboccatura della caditoia ( docce ). Macchia Valfortore Mulino DI IORIO Particolare della bocca della caditoia. Nei fori scavati nella pietra venivano sistemate le grate per impedire l accesso di detriti trasportati dall acqua. Nel fondaco del mulino, nel punto più basso, troviamo il vano della retrecina. Il numero di questi vani varia a seconda della grandezza del mulino: ci sono tanti vani retrecina per quante erano le macine. Il vano retrecina è solitamente di una ventina di metri quadrati, alto quanto basta per permettere comodamente il passaggio di un uomo in piedi; nella volta a botte ci sono almeno tre fori che comunicano col vano sovrastante dove erano piazzate le macine: in uno di questi fori passava l albero del sistema rotore; dagli altri due passavano la catena e la vite che consentivano al mugnaio, dalla stanza delle macine, alcune manovre che vedremo nel dettaglio più avanti. Macchia Valfortore Mulino DI IORIO Vano della retrecina. La ruota sta per essere ripulita dai detriti accumulati nel tempo. Macchia Valfortore Mulino DI IORIO Foro passante dell albero rotore praticato nella volta del vano retrecina. Il vano della retrecina è quindi il luogo fisico dove era piazzato il motore del mulino composto da un blocco rotore solidale: la ruota orizzontale, l albero rotore e la macina mobile. La retrecina era costituita da tante pale a forma di cucchiaio che si incastravano nel ciocco alla base dell albero rotore ( fuso ). Il ciocco era la parte più grossa del fuso, un cilindro in legno di quercia dal diametro di 50 60 cm su cui erano ricavati degli incastri dove venivano alloggiate le code delle pale a cucchiaio in legno di quercia saldamente fermate al ciocco con le zeppe. L impatto dell acqua sulle pale della retrecina metteva in movimento l apparato motorio del mulino, un corpo in solido composto dalla retrecina, dal fuso e dalla macina. 70

Il fuso, sotto la retrecina, terminava con un punteruolo di ferro ( puntiglio ) che a sua volta era inserito nell incavo della ranocchia ( rannela ). La rannela era una sorta di cuscinetto rudimentale, una piastra di ferro di cm 20 x 10 con un foro centrale dove veniva inserito il puntiglio e serviva a ridurre al minimo l attrito prodotto dalla rotazione del fuso. La rannela era incastrata su una grossa trave di legno ( banchina ), la quale si alzava ed abbassava secondo le necessità del mugnaio. Il movimento basculante della banchina era reso possibile perché, da una parte, la trave era vincolata al muro tramite un perno di ferro a formare una rudimentale cerniera, dall altra, era saldamente Colli al Volturno Mulino RADDI Particolare del agganciata ad una robusta vite che si azionava dalla sala bilanciere naticchia inserito nella parte inferiore della macine ed era in grado di abbassare ed alzare tutto il sistema macina mobile. rotore (retrecina fuso macina). Il fuso, al di sopra della retrecina, dopo aver attraversato il foro della volta a botte e quello della macina fissa, terminava con un asta metallica quadrangolare dove veniva inserito il bilanciere ( naticchia ). La naticchia era una farfalla di ferro con due ali che, una volta agganciata all asta metallica quadrangolare del fuso, si andava ad inserire dentro una sede scavata nella parte inferiore della macina mobile. Vano della retrecina Colli al Volturno Mulino RADDI Particolare di una pala a cucchiaio. La naticchia aveva una duplice funzione; la prima, quella di rendere solidale la macina mobile al fuso e, quindi, di rendere possibile con la sua rotazione la molitura del cereale; la seconda, quella di bilanciare la macina mobile, agendo con degli spessori di carta simili a quelle da gioco per avere nel suo moto rotatorio sempre lo stesso spessore rispetto alla macina fissa. Il bilanciamento della macina mobile rispetto a quella fissa era un operazione molto importante e richiedeva molta esperienza e destrezza da parte del mugnaio; da un buon bilanciamento della macina mobile dipendeva una buona ed uniforme macinatura della farina. Dalla parte opposta alla sede della naticchia nel centro della macina mobile, era ricavato un foro di una quindicina di centimetri di diametro detto occhio dove veniva fatto cadere, da una tramoggia di legno, il grano da macinare. 71

Le macine erano formate da una serie di conci in pietra tenuti insieme da una cerchiatura metallica oppure da un blocco monolitico e potevano essere in pietra locale oppure in pietra lavica chiamate in gergo le capuane. Le macine quindi erano due: la prima (quella inferiore) era fissa, aveva una superficie leggermente convessa; la seconda (quella superiore), come abbiamo visto, era mobile, aveva una superficie leggermente concava. Colli al Volturno Mulino RADDI Occhio della macina. Pettoranello del Molise Particolare delle macine. Le macine erano segnate sulla superficie di contatto da una quindicina di scanalature a raggiera, dei solchi sulla pietra simili a raggi di bicicletta. Quando questi solchi, per usura, si riducevano di spessore, il mugnaio procedeva alla loro ribattitura con un attrezzo chiamato la martellina e riguardava, oltre ai solchi a raggiera, anche gli spicchi di macina tra un solco e l altro. Sia le superfici inclinate che i solchi a raggiera delle macine favorivano la fuoriuscita della farina nel farinaio. Il farinaio era una grossa cassa in legno di quercia posta davanti alla macina per raccogliere la farina e poteva contenere oltre due quintali di prodotto. Per riempire il farinaio ci volevano almeno un paio d ore di molitura. Conseguentemente per macinare un quintale di farina il mulino doveva girare per circa un ora. La farina, dal farinaio, veniva riversata dal mugnaio dentro i sacchi con l aiuto di una pala di legno. I sacchi utilizzati per contenere la farina potevano essere sia di canapa che di lino; rispetto ai sacchi normali questi avevano una trama più stretta in modo da non lasciare uscire la farina durante la fase di stoccaggio e di trasporto del prezioso carico. Periodicamente la macina del mulino doveva essere rimossa dalla sua sede di lavoro per le normali operazioni di manutenzione. Per effettuare questa manovra il mugnaio si aiutava con una rudimentale gru di legno: il verricello (posizionato in corrispondenza di ogni macina) dal quale pendevano due grosse pinze di ferro con due fori alle estremità; facendo passare due perni di metallo nei fori della pinza ed in quelli della macina mobile questa veniva agganciata e sollevata girando un manubrio con vite. Adagiata la macina su una tavola al lato del farinaio il mugnaio Colli al Volturno Mulino RADDI - Il farinaio 72 procedeva alla riparazione o ribattitura o ripulitura.

Una volta eseguita la riparazione della macina il mugnaio, con l operazione inversa, la ricollocava nella sua sede di lavoro e procedeva, prima di riavviare il mulino, al bilanciamento della stessa. Colli al Volturno Mulino RADDI Operazione di ancoraggio della macina al verricello. Colli al Volturno Mulino RADDI Verricello utilizzato per spostare la macina dalla sede di lavoro. Il mugnaio era addetto al funzionamento del mulino, quindi molto importante era la sua postazione di lavoro che era accanto alle macine. Da questa postazione poteva eseguire una serie di manovre senza doversi spostare necessariamente nella sala sottostante dove girava il mulino. Infatti, tirando una leva, una catena spostava nel piano sottostante una grossa tavola che si andava ad interporre tra il getto d acqua e la retrecina; in questo modo si poteva fermare e riavviare il mulino perché l azione motrice impressa dall acqua alla ruota veniva neutralizzata dalla tavola. Azionando un manubrio a vite ( alzatura ), il mugnaio poteva altresì regolare a suo piacimento lo spessore tra le macine e quindi la finezza della farina. La vite, come abbiamo visto in precedenza, alzava ed abbassava, nel piano di sotto, la trave basculante su cui poggiava tutto il sistema rotore e di conseguenza anche la macina mobile. Il lavoro del mugnaio era duro; iniziava alle quattro del mattino e terminava la sera tardi. La durata della molitura dipendeva da vari fattori: dalla portata d acqua, dalla dimen sione della ruota, dall umidità del grano (la macinatura del grano asciutto richiedeva meno tempo di quello umido). Il mugnaio poteva essere pagato in moneta o in granaglie che venivano misurate con contenitori di capacità (da uno a cinque chilogrammi) bollati dall ufficio metrico dello stato. Il mugnaio prendeva il cinque per cento di prodotto della quantità macinata. Pettoranello del Molise Mulino ad acqua. 73

Montelongo Mulino ad acqua. Baranello Mulino Corona. Mulino RADDI Colli al Volturno Mulino RADDI Il mulino Raddi di Colli al Volturno è posto al centro di un paesaggio suggestivo: la vegetazione, il fiume, la terra ed il cielo sono ancora i protagonisti assoluti, la cornice più degna di questo gioiello di architettura produttiva messa a riposo quarant anni fa da un capriccio del fiume. Il mulino infatti smise di funzionare nel 1966 dopo 140 anni di onorato lavoro, a seguito di una forte inondazione del fiume Volturno che lo devastò, rendendolo inutilizzabile, distruggendo la copertura piana, le attrezzature, le tramogge. Il mulino aveva tre macine: per il frumento, per il granone e per le granaglie. Nel fondaco troviamo tre ambienti che ospitavano le retrecina per le rispettive macine. Al piano terreno, sopra gli ambienti appena descritti, si trova la sala della molitura con ciò che resta delle tre macine; un grosso locale un tempo coperto con un tetto piano realizzato con putrelle di ferro e voltine di laterizio. Questo locale ospitava una gualchiera ( valicaturo ), una macchina idraulica costituita da magli a forma di grossi martelli per la battitura della lana e della canapa, per rendere questi filati più compatti e più soffici. Il valicaturo fu sostituito successivamente nel 1934 da una lava grano semi automatica, ultimo ritrovato della tecnologia nel settore della molitura. 74

Il tetto piano aveva una funzione specifica: era riservato ai contadini per il lavaggio e l asciugatura del grano fai da te, qualora, per ragioni economiche, non si fosse potuto adoperare quello semi automatico in dotazione del mulino. Sulla copertura c'era una stanza adibita alla pulizia del grano per la semina. La pulizia dei semi infestanti avveniva per mezzo di un attrezzo chiamato svecciatore. La varietà di frumento che maggiormente veniva portato a macinare al mulino Raddi era la sulina, un grano tenero facile da molire, adatto alla panificazione. Salutiamo con affetto Antonino Raddi, proprietario dell omonimo mulino, mugnaio per oltre sessant anni, con l augurio che presto possa restituire alla collettività il suo mulino. Proverbio: la sulina chi non vuole perdere la via del mulino deve sementare la sulina. Mulino Di IORIO I l c o m p l e s s o d i M a c c h i a Va l f o r t o r e è un architettura composta da due mulini posti a quote differenti per sfruttare la stessa acqua: un esempio di razionalizzazione della forza motrice non sempre disponibile in questi luoghi in tutti i periodi dell anno. Macchia Valfortore Mulino DI IORIO Interno. Macchia Valfortore Mulino DI IORIO Profilo longitudinale del mulino. Sono in evidenza i volumi dei due mulini. Il mulino posto alla quota superiore veniva approvvigionato dell acqua di una prima refota che metteva in funzione la macina per il frumento o il granone ad uso umano. L acqua così utilizzata non veniva riversata nel vallone ma incanalata e raccolta, per mezzo di cunicoli in muratura, in una seconda refota per far girare il mulino situato alla quota più bassa, riservato alla molitura delle granaglie per uso zootecnico. Macchia Valfortore Mulino DI IORIO Interno della probabile gualchiera. 75

Nel fondaco del primo mulino a livello della seconda refota si apre un locale con volta a botte dotato di caditoia ma priva di ruota orizzontale. Con molta probabilità, nel passato, questo vano era stato adibito ad una attività artigianale complementare al mulino: la gualchiera o valicaturo; macchina idraulica per eseguire la follatura dei tessuti. Macchia Valfortore Mulino DI IORIO Galleria di collegamento tra il mulino superiore e quello inferiore. I due mulini sono resi comunicanti tra loro da una galleria coperta con volta a botte che è l anello di congiunzione tra i due corpi di fabbrica e nel contempo l elemento architettonico caratterizzante tutto il complesso. La galleria Macchia Valfortore Mulino DI IORIO La seconda a gradoni disegna un percorso suggestivo unico nel suo refota. Si nota sulla destra il cunicolo di adduzione che genere e molto probabilmente serviva per il transito degli recupera l acqua utilizzata dal primo mulino. asini adibiti al trasporto dei cereali e della farina tra il mulino di sopra e quello di sotto. Il mulino, una volta restaurato (questa è l intenzione del proprietario Andrea Di Iorio), dovrà diventare un museo da vivere. Chi decide di recarsi al mulino deve fare un salto nel passato, ritrovare la vita di un tempo: come si macinava la farina, come si impastava e cuoceva il pane. Per questo scopo sono stati ripristinati la fornacella ed il forno a paglia tipico di queste zone. Macchia Valfortore Mulino DI IORIO Forno a paglia Macchia Valfortore Mulino DI IORIO Fornacella 76