La modifica e la rettifica delle tabelle millesimali (art. 69 disp. att. c.c.) modificato Art. 69 disp. att. c.c. I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all articolo 68 possono essere rettificati o modificati all unanimità. Tali valori possono essere rettificati o modificati, anche nell interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall articolo 1136, secondo comma, del codice, nei seguenti casi: 1) quando risulta che sono conseguenza di un errore; 2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione. Ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio ai sensi dell articolo 68, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia all assemblea dei condomini. L amministratore che non adempie a quest obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni. Le norme di cui al presente articolo si applicano per la
rettifica o la revisione delle tabelle per la ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali. VERSIONE PRECEDENTE: Art. 69 disp. att. c.c. I valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano possono essere riveduti o modificati, anche nell interesse di un solo condominio, nei seguenti casi: 1) quando risulta che sono conseguenza di un errore; 2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell edificio, in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di vasta portata, è notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano. Il tema delle tabelle millesimali viene affrontato dall art. 69 disp. att. c.c. sotto il profilo della loro approvazione e della possibile revisione o modifica. La deliberazione delle tabelle millesimali deve essere assunta all unanimità e non semplicemente a maggioranza. Con questa nuova norma, le tabelle millesimali possono essere rettificate o modificate solo all unanimità. Il principio generale è il consenso da parte di tutti i condomini per il loro aggiornamento o per la loro eventuale correzione, quale rettifica di quelle esistenti. L art. 69 disp. att. c.c. non dispone come obbligatoria la sede assembleare, prevedendo semplicemente che la modifica e/o la rettifica deve essere unanime. Nulla esclude che questi aggiornamenti possano essere eseguiti, oltre che nella riunione condominiale, anche in un incontro più informale, con la presenza della totalità dei condomini. Le nuove tabelle così elaborate possono essere incorporate non in un verbale di assemblea ma in un vero e proprio contratto, debitamente sottoscritto da tutti gli aventi diritto. Esso dovrà essere allegato al regolamento dell edificio, secondo il disposto dell art. 68 disp. att. c.c. Elemento imprescindibile è solo il consenso unanime. La
norma prosegue indicando specifici casi in cui le tabelle possono essere oggetto di revisione: a) nel caso di un errore; b) quando per le mutate condizioni di una parte dell edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell unità immobiliare. La nuova norma esclude le fattispecie in precedenza previste, quali l espropriazione parziale e di innovazione di vasta portata. Nei casi contemplati dalla disposizione in esame, le tabelle devono essere modificate in sede di assemblea condominiale. La maggioranza necessaria ai fini della valida assunzione della deliberazione è quella prevista dall art. 1136, c. 2, c.c., cioè la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell edificio. Per quanto concerne i quorum costitutivi nulla è disposto in merito. Occorre quindi attenersi alle maggioranze prescritte in termini generali dall art. 1136 c.c. per la prima e seconda convocazione, tenendo conto che la costituzione della seconda assemblea deve avere come minimo la presenza del quorum deliberativo, altrimenti non può decidere a riguardo delle tabelle. Se non si raggiungono le maggioranze costitutive (compresa quella della seconda convocazione) o quelle deliberative, anche un solo condomino, che ha interesse a far modificare i millesimi, può ricorrere al giudice. Si tratta dei c.d. verbali negativi, che legittimano l azione giudiziale atta a sopperire all impossibilità di gestione condominiale. Questa possibilità è in ragione dell applicazione degli artt. 1105 e 1106 c.c., in tema di comunione, alle fattispecie condominiali, giusto il rimando alla normativa della comunione disposto dall art. 1139 c.c., norma di chiusura della disciplina del condominio. La norma prosegue disponendo che i valori millesimali possono essere rettificati anche nell interesse di un solo condomino. Non viene detto chi deve convocare la riunione del palazzo, se
possa provvedervi direttamente il condomino interessato o se sia onere dell amministratore. Stante il silenzio della legge e il principio generale che la convocazione dell assemblea è specifica attribuzione del mandatario, si ritiene che sia quest ultimo a dovervi provvedere. Dubbi sorgono sull obbligo di quest ultimo di chiamare l assemblea per il caso in cui sia richiesto da un solo condomino. Si potrebbe concludere in questo senso tenendo conto che la norma dispone che le tabelle possono essere modificate anche solo sulla base dell interesse del singolo. Come affermato dalla Suprema Corte a Sezioni Unite, n. 18477/2010, intervenuta di recente, le tabelle non accertano il diritto dei singoli condomini sulle unità immobiliari di proprietà esclusiva, ma soltanto il valore di tali unità rispetto all intero edificio, ai soli fini della gestione del condominio. Esse valgono quale negozio di accertamento di un dato che già esiste nella realtà, quale la proporzione dei singoli alloggi rispetto al complesso dell edificio. Il loro scopo è eliminare l eventuale incertezza del valore degli uni e dell altro. Giurisprudenza di riferimento Cass. civ., S.U., 9 agosto 2010, n. 18477. L intento legislativo tuttavia non pare rispettare le motivazioni dei nostri giudici. Non viene seguito il corretto confine tra le tabelle millesimali assembleari e quelle contrattuali. Le ultime decisioni, in primis la richiamata Cassazione a Sezioni Unite, hanno affermato che se le tabelle hanno contenuto assembleare, possono essere modificate in assemblea, con le relative maggioranze, anche se sono nate con l approvazione all unanimità. Non così nel caso in cui l oggetto sia contrattuale, in quanto solo il consenso unanime ne permette la modifica. Le tabelle sono lo specchio in termini matematici del contenuto del regolamento, contrattuale o assembleare. La giurisprudenza si è premurata di evidenziare
che è l oggetto delle clausole a dettare i criteri delle modifiche: se la disposizione attiene a un diritto reale, è solo il consenso unanime a comportare la modifica della clausola e della tabella. Così si legge nel prosieguo della decisione della Suprema Corte a Sezioni Unite n. 18477/2010: «Una volta chiarito che a favore della tesi della natura negoziale dell atto di approvazione delle tabelle millesimali non viene addotto alcun argomento convincente, se si tiene presente che tali tabelle, in base all art. 68 disp. att. c.c., e, in base all art. 1138 C.C., viene approvato dall assemblea a maggioranza, e che esse non accertano il diritto dei singoli condomini sulle unità immobiliari di proprietà esclusiva, ma soltanto il valore di tali unità rispetto all intero edificio, ai soli fini della gestione del condominio, dovrebbe essere logico concludere che tali tabelle vanno approvate con la stessa maggioranza richiesta per il regolamento di condominio Occorre distinguere tra disposizioni tipicamente regolamentari e disposizioni contrattuali e che solo per le seconde è necessario, ai fini della loro modifica, l accordo di tutti i partecipanti, mentre le prime sono modificabili con le maggioranze previste dalla legge, precisando ulteriormente che: a) sulla diversa natura dei due gruppi di disposizioni e sul diverso loro regime di modificabilità non può incidere la loro comune inclusione nel regolamento (sent. 14 novembre 1991 n. 12173); b) hanno natura contrattuale solo le clausole limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni attributive ad alcuni condomini di maggiori diritti rispetti ad altri (sent. 30 dicembre 1999 n. 943); sulla base di tali premesse non sembra, in linea di principio, non sembra poter riconoscere natura contrattuale alle tabelle millesimali per il solo fatto che, ai sensi dell art. 68 disp. att. cod. civ., siano allegate ad un regolamento di origine c.d. contrattuale, ove non risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese, Se sia inteso approvare que1la diversa convenzione di cui all art. 1123 coma 1, cod. civ. (in senso conforme cfr.
implicitamente la sentenza 2 giugno 1999 n. 5399, la quale, con riferimento ad una ipotesi in cui le tabelle allegate al c.d. regolamento contrattuale non avevano rispettato il principio della proporzionalità di cui all art. 68 disp. att. cod. civ., ha affermato che le tabelle millesimali allegate a regolamento contrattuale non possono essere modificate se non con il consenso unanime di tutti i condomini o per atto dell autorità giudiziaria. Alla luce di quanto esposto deve, quindi, affermarsi che le tabelle millesimali non devono essere approvate con il consenso unanime dei condomini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all art. 1136, secondo comma» (Cass. civ., S.U., 9 agosto 2010, n. 18477). Giurisprudenza di riferimento Cass. civ., S.U., 9 agosto 2010, n. 18477. La norma pare utilizzare i termini «revisione» e «modifica» in ragione delle fattispecie dalla stessa indicate: la revisione è in relazione alla tabella redatta per errore, mentre la modifica si ha nel caso in cui è variata la consistenza anche di un solo alloggio sito nel condominio. La versione precedente all approvazione finale della novella prevedeva che l errore avesse natura prettamente tecnica, qualificandosi come «errore di calcolo materiale». L esclusione di questa indicazione può far ritenere applicabile l istituto dell errore causa dell annullamento del contratto ex artt. 1427 c.c., quindi quale vizio del consenso. L art. 1430 c.c. specifica che l errore è di calcolo e non comporta l annullamento del contratto ma solo la rettifica del medesimo, tranne quando si concreta sulla quantità, se è stato determinante del consenso. La mancata esplicita natura dell errore non si ritiene comunque determinante. La tabella millesimale non è un contratto ma un semplice negozio di accertamento, come evidenziato dalla giurisprudenza. Si veda la menzionata decisione a Sezioni Unite della Suprema Corte n.
18477/2010. L errore che viene pertanto in considerazione può essere solo l errore di calcolo o comunque l errore materiale. La norma in esame dispone che i valori proporzionali delle singole unità immobiliari possono essere sempre riveduti all unanimità ovvero riveduti o modificati in sede assembleare con la maggioranza sancita dal c. 2 dell art. 1136 c.c., cioè con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti alla riunione e almeno la metà del valore dell edificio. L indicazione normativa non entra nel merito della tipologia di clausole che si intendono modificare, se di natura contrattuale o assembleare. Non pare si possa intravedere, stante il tenore della norma, una distinzione dei casi in cui è lecita la modifica a maggioranza o è necessario il consenso unanime delle clausole del regolamento. Si richiamano a questi fini i principi affermati dalla Cassazione a Sezione Unite n. 18477/2010 appena riportati, decisione che si sofferma sulla distinzione tra le clausole del regolamento e le tabelle a esso allegate. La revisione o modifica può essere attuata anche nell interesse di un singolo condomino solo con riferimento alle fattispecie espressamente contemplate, cioè nel caso di errore ovvero di mutate condizioni di una parte dell edificio. I casi menzionati dall art. 69 disp. att. c.c. sono portati non a titolo esemplificativo, ma sono le concrete fattispecie che possono comportare la modifica della tabella nell interesse del singolo. L errore, come sopra detto, è il vizio attinente al calcolo del valore di una o più unità immobiliari rispetto alla totalità dell edificio. Le modificate condizioni possono derivare dalla sopraelevazione, dall aumento o diminuzione delle unità immobiliari, dall incremento di superfici, qualora comportino l alterazione di più di un quinto del valore dell immobile anche di un solo condomino. Quindi la richiesta di revisione può essere presentata da un condomino nel caso di variazione dell alloggio di altro condomino, ove questa modifica supera
il limite di riferimento. Essa può essere altresì domandata dal condomino che è titolare dell alloggio. In questo caso l interesse concreto sotteso alla domanda di modifica è quando la sua unità immobiliare è stata ridotta di un quinto rispetto al valore che aveva in precedenza. I costi conseguenti alla revisione o alla modifica delle tabelle del condominio devono essere sopportati da chi ha attuato la variazione della consistenza del proprio alloggio, essendo suo interesse (e conseguente onere, nel caso di aumento della superficie dell unità immobiliare) la presa d atto della diversa proporzione da esprimere nella nuova tabella millesimale. Le mutate condizioni dell edificio e delle proporzioni degli alloggi, secondo la giurisprudenza anteriore alla novella, dovevano essere intese in senso ampio. Giurisprudenza di riferimento Cass. civ., S.U., 30 luglio 2007, n. 16794. In tutti questi casi, il condomino può chiedere la convocazione dell assemblea affinché venga deliberata la variazione tabellare. Non è tuttavia precisato se è l amministratore, una volta ricevuta la comunicazione dal condomino interessato, a dover convocare la riunione o se vi possa procedere direttamente quest ultimo. Se non vi è l amministratore, si tratta di procedimento a cui è obbligato il singolo interessato. Non così nel caso in cui vi sia il mandatario dell edificio. La singola richiesta non è in contrasto con la disposizione di cui all art. 65 disp. att. c.c., laddove dispone che l amministratore è tenuto a chiamare l assemblea se viene domandata la convocazione da due condomini rappresentanti il valore di almeno un sesto dell edificio. Il caso in esame rientra nella fattispecie in cui si rende opportuno e/o necessario procedere a indire l assemblea, come disposto dalla prima parte dell art. 65 disp. att. c.c. Il prosieguo della norma non è chiaro. Innanzitutto viene
introdotto il termine «revisione» a fronte delle locuzioni in precedenza utilizzate dal legislatore, quali «rettifica» e «modifica». La «revisione» fa pensare a un aggiornamento delle tabelle reso necessario da intervenute modifiche della consistenza delle singole unità immobiliari dell edificio. Se così è, non si comprende il motivo per cui sia stato indicato un termine diverso rispetto a quello utilizzato nei precedenti commi. Sembra coincidere con le fattispecie di variazione delle tabelle decise dall assemblea a maggioranza, nell interesse anche di un solo condomino. Anche il richiamo all art. 68 disp. att. c.c. non è chiaro, potendo semplicemente significare che si tratta delle tabelle che come è di norma sono allegate al regolamento o che l applicazione della norma entra nel merito della disposizione di cui all art. 68 disp. att. c.c., per il riparto delle spese di cui agli articoli da questa richiamati. Se così fosse, la sola ripartizione delle spese menzionate dall art. 68 disp. att. c.c., nello specifico dettate dagli artt. 1123, 1124, 1126 c.c. può costituire oggetto di procedimento di revisione davanti all autorità giudiziaria. Si ritiene più corretto propendere per il ricorso giudiziario nelle varie ipotesi contemplate in precedenza dalla norma nell interesse anche di un singolo condomino «[ ] 1) quando risulta che sono conseguenza di un errore; 2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell unità immobiliare anche di un solo condomino [ ]», sia per parità di trattamento di situazioni identiche, sia per la terminologia utilizzata dal legislatore, con l indicazione della revisione. L intervento del Tribunale è possibile solo in queste specifiche ipotesi. La disposizione ha il pregio di aver evidenziato che il soggetto passivo dell azione è l amministratore, in rappresentanza del condominio. Anche se l edificio non ha personalità giuridica, questa precisazione è un corretto
escamotage alla necessità, precedentemente sentita da parte della giurisprudenza, di citare in giudizio tutti i condomini, onde avere un corretto contraddittorio e quindi una sentenza valida per la collettività. Questa puntualizzazione è opportuna anche in ragione del contenimento dei costi del processo. Giurisprudenza di riferimento Cass. civ., Sez. II, 9 luglio 2004, n. 12743. Il procedimento giudiziario di revisione delle tabelle del condominio, come da sempre affermato dalla giurisprudenza, ha efficacia costitutiva e quindi non ha effetto retroattivo. Giurisprudenza di riferimento Cass. civ., Sez. III, 10 marzo 2011, n. 5690. L amministratore citato in giudizio deve dare notizia senza indugio all assemblea. Una volta ricevuta la notifica dell atto, non ha l obbligo di convocare una riunione del condominio ad hoc,ma deve eseguire l apposita comunicazione. Per poter rendere edotto il condominio deve inserire questo argomento come ordine del giorno tra i temi da trattare nella prima assemblea che indice per altre questioni. La convocazione dell assemblea può anche non esplicitare questo argomento: trattandosi di semplice comunicazione, può esporre la questione quando si sta affrontando il tema delle «Varie ed eventuali» di cui all avviso di convocazione. L onere dell amministratore attiene alla semplice informativa sulla cui base i condomini prendono atto dell instaurazione del procedimento giudiziale. Si tratta comunque di un preciso obbligo del mandatario dell edificio. Potendo inserire questo argomento nella voce «Varie e eventuali» dell avviso di convocazione, ciò a cui deve adempiere non è l indicazione del procedimento di modifica delle tabelle del condominio nella chiamata dell assemblea, bensì è la comunicazione da eseguire
ai condomini in sede di prima assemblea. Ove non vi provvede, si espone al rischio di essere revocato e di vedersi domandare il risarcimento danni. Mentre è comprensibile l azione di revoca, trattandosi di obbligo relativo al suo mandato, è difficile ipotizzare che la mancata comunicazione dell azione promossa dal condomino per la revisione tabellare espone l amministratore a eventuali danni. Trattandosi di semplice comunicazione, difficoltà concrete paiono sussistere anche in termini di quantificazione economica della relativa richiesta. Inoltre, poiché la nuova norma prescrive la costituzione in giudizio del condominio per il tramite del proprio amministratore, non si riesce a comprendere quale possa essere il danno che viene a crearsi nei confronti dei singoli condomini, quando questi sono rappresentanti collettivamente dal proprio mandatario. L indicazione dell obbligo di rendere edotta l assemblea discende dall art. 1131 c.c., trattandosi di argomento non rientrante nelle dirette attribuzioni dell amministratore. Ci si domanda se l amministratore deve ottenere uno specifico mandato a costituirsi nel relativo giudizio, con debita autorizzazione assembleare, o se la sua legittimazione processuale discende dalla norma in esame, in ragione della sua indicazione quale soggetto chiamato a ricevere l atto processuale di instaurazione del giudizio. La recente decisione della Suprema Corte a Sezioni Unite n. 18332/2010 ritiene che la legittimazione passiva dell amministratore è di derivazione assembleare e non autonoma. Sulla scorta di questa sentenza, occorre sempre l autorizzazione del condominio. Ragioni di opportunità e di diligenza professionale a oggi fanno propendere per quest ultima soluzione, salvo che la giurisprudenza, che verrà chiamata a esaminare questo tema, non ritenga che si tratti di legittimazione autonoma e non derivata. Giurisprudenza di riferimento Cass. civ., S.U., 6 agosto 2010, n. 18332.
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