Innovare nell agroalimentare Il Parco Tecnologico Padano



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Innovare nell agroalimentare Il Parco Tecnologico Padano Viviamo in un mondo globalizzato, e questa è una informazione acquisita, ma vi è ancora poca consapevolezza su ciò che in realtà globalizzazione significa. Spesso la percezione del fenomeno è limitata a pochi elementi: internet come rete globale, l invasione dei prodotti cinesi, le multinazionali. In realtà, il globale entra nella nostra vita in modo ben più capillare e pervasivo, soprattutto per quanto riguarda il mercato agroalimentare. L interdipendenza La realizzazione di un mercato globale del cibo e della produzione primaria ha permesso in primo luogo di rimuovere il freno allo sviluppo dato dalla scarsità delle risorse locali e le economie, per i propri fabbisogni interni, oggi possono attingere direttamente ai mercati internazionali. Questo ha permesso in vaste aree del pianeta tassi di crescita, sviluppo e benessere superiori a quelli immaginabili per singole economie chiuse. Emblematico è, in tal senso, il caso dell Italia che produce per esempio il 1200% del suo fabbisogno in vino e importa il 50% di carne, il 45% di latte, il 40% di formaggio, il 50% del frumento da pane e il 90% della soia. Non bisogna inoltre dimenticare che nella patria di Benetton e dell alta moda non si produce nemmeno una fibra di cotone. Un altro aspetto caratteristico del nuovo assetto alimentare globale è costituito dall effetto clessidra. Tradotto in pratica: le componenti di un mercato globale non sono necessariamente a loro volta globali. Questo concetto è stato efficacemente rappresentato da Willem Grievink (v. Figura 1.) sottolineando come, pur esistendo una significativa porzione della popolazione dedita all agricoltura, il rapporto con i consumatori non sia diretto e lineare, ma mediato da pochi operatori che fungono da anello di congiunzione tra produzione alimentare e consumo. Ciò significa che chi detiene le rotte per far incontrare la domanda e l offerta agroalimentare detiene oggi il potere sull intera filiera produttiva.

Figura 1. Struttura della filiera agroalimentare in Europa. Grievink considera in particolare Olanda, Belgio, Germania, Austria, Francia e UK. Fonte: rielaborazione da Grievink, 2003 Scenario complesso Chiarito questo aspetto, ovvero che pochi attori internazionali detengono le redini dell intero sistema agroalimentare mondiale, resta da chiedersi dove stia andando l agricoltura che sta alla base di questo sistema globale del cibo. La risposta è complessa. Sono tuttavia identificabili alcuni elementi che possono aiutare a una prima analisi. Innanzitutto si osserva una sempre maggiore 1) specializzazione ed efficienza delle produzioni: sta scomparendo l idea di un sistema agro zootecnico capace di rispondere per intero ai bisogni locali. Oggi ciascuno lavora e investe unicamente nelle proprie eccellenze produttive. Un secondo elemento è costituito da 2) l ingresso della finanza: con la nascita di un interesse dei grandi operatori finanziari, guidati dalla necessità di differenziare i propri investimenti, per il mercato del cibo, si è aperta anche la strada alla speculazione. Pratica decisamente pericolosa in quanto legata a produzioni che, non si dovrebbe mai dimenticare, servono a nutrire gli abitanti di questo pianeta. Se a questo si aggiunge la crescente domanda, da parte del mondo sviluppato e di Cina e India, di commodity agricole con finalità non solo alimentari, ma anche mangimistiche, energetiche e tessili, emerge fortemente 3) il tema ambientale: la delocalizzazione delle produzioni, e quindi l esternalizzazione delle criticità ambientali legate alle proprie scelte alimentari, rende meno evidenti gli impatti che l incremento dei consumi hanno sugli habitat e sulla biodiversità del pianeta. Si veda ad esempio il forte legame esistente tra l aumento dei consumi di carne in Cina e la messa a coltura di nuove terre in Brasile.

Da questa criticità sta nascendo un sempre maggior interesse per 4) lo sviluppo di sistemi agricoli sostenibili: su questo fronte giocherà un ruolo fondamentale l innovazione e la capacità di sfruttare i risultati della ricerca. Molti Paesi, anche emergenti, stanno oggi investendo significativamente nelle nuove tecnologie agricole riconoscendo che, se si vogliono vincere le sfide del futuro e garantire la sostenibilità e la sicurezza alimentare è indispensabile innovare. Secondo la FAO, entro il 2015 la domanda di cibo richiederà un aumento della produzione di cereali del 41%, di carne del 63% e di tuberi del 40%. Questa domanda addizionale di cibo proviene principalmente dai Paesi in via di sviluppo dove i sistemi agricoli sono più fragili e gli approcci classici risulterebbero distruttivi e in molti casi inefficaci. Il sistema Italia L Italia, come si è visto, non è estranea al sistema: si affaccia per molte delle sue necessità sui mercati internazionali e presenta un settore agroalimentare a clessidra tipico dei sistemi globalizzati. Questo non significa che non presenti però alcune peculiarità che meritino di essere valorizzate. In particolare, all interno del settore agroalimentare italiano, che oggi vale, secondo i dati di Federalimentare, circa 120 miliardi di euro, troviamo un paniere con oltre 170 prodotti Dop (Denominazione d'origine protetta) e Igp (Indicazione geografica protetta) che, sebbene non rappresentino l ossatura dei nostri consumi alimentari e, in termini economici, non vadano oltre il 4% del comparto (Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma e San Daniele, da soli, rappresentano inoltre il 65% dell intero valore delle Dop e Igp), caratterizzano a livello di immagine e di cultura alimentare l intero settore. Non mancano comunque criticità legate sia al bisogno di valorizzazione di queste produzioni d eccellenza sia all elevata dipendenza del Paese dalle importazioni di beni primari, alla frammentazione della proprietà agraria e all impatto ambientale delle pratiche di agricoltura e allevamento intensivi, soprattutto in pianura padana dove si concentra la gran parte della produzione agro-alimentare nazionale. La Lombardia Se dunque l Italia del food and beverages è un grande mosaico, esiste l eccezione padana dove Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte, producono da sole il 61% dell agroalimentare nazionale, rappresentando la food valley più importante d Europa. Questo posizionamento ha richiesto alla struttura del sistema agricolo padano, all interno del quale senza dubbio la Lombardia si presenta come una delle regioni più significative, di ripensarsi e di sapersi confrontare con quanto avviene nei sistemi agrari più avanzati del mondo. Ciò spiega come un territorio con il 7,7% della superficie agricola nazionale, attraverso un profondo processo di riorganizzazione della sua agroindustria, sia arrivato a rappresentare da solo più del 15% del sistema agro alimentare nazionale. Questa capacità produttiva ha permesso alla Lombardia di diventare un punto di riferimento per l agro alimentare nel nostro Paese, ma allo stesso tempo un territorio su cui si stanno sperimentando anche le criticità di natura ambientale legate a questo tipo di agricoltura. A ciò va aggiunto quanto già evidenziato in premessa, ovvero che non esistono più sfide locali, ma solo globali. Ciò porta come conseguenza diretta la necessità di utilizzare al meglio le proprie risorse per salvaguardare l agro ambiente e allo stesso tempo rafforzare la propria capacità competitiva. E in questo scenario che il sistema agro alimentare nazionale e lombardo deve ritrovare la sua competitività e capacità di traino, anche in vista dell appuntamento di EXPO 2015. Questo sarà possibile solo se saprà ripartire dallo sfruttamento di una delle risorse più importanti di cui dispone: i molteplici istituti, le università e i centri di eccellenza del

territorio che operano nel settore e hanno dimostrato competenze e capacità di livello internazionale. Il Cluster di Lodi Questa consapevolezza, a livello regionale, esiste da tempo. Dal 2000, è in corso di realizzazione sul territorio lodigiano, a due passi da Milano, un cluster agro biotecnologico dedicato allo sviluppo dell agro alimentare. Disegnato su quanto già realizzato dai Genopole francesi, le Bioregio tedesche e i grandi cluster americani, il cluster di Lodi ha saputo in questi anni costuire una importante massa critica di competenze che vede in qualità di protagonisti le Facoltà di Medicina Veterinaria e Agraria dell Università di Milano, due Istituti del CNR, svariati Istituti del CRA, l Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell Emilia Romagna e la giovane Fondazione Parco Tecnologico Padano che rappresenta il motore dell iniziativa. Fondato nel 2000, oggi dispone di un centro ricerche che conta 65 ricercatori, il 20% dei quali internazionali. Nella sua struttura ospita altri centri di ricerca e l incubatore d impresa Alimenta, sostenuto dal Comune di Milano. Tra i suoi soci, accanto alle istituzioni lodigiane e l Università, trovano spazio anche il Comune, la Provincia e la Camera di Commercio di Milano. A completare l opera 15 nuove imprese agro biotecnologiche ospitate internamente ad Alimenta e di un business park pronto ad accogliere imprese che vogliono insediarsi accanto ad un polo ad alta intensità di ricerca. L iniziativa, voluta da Regione Lombardia, Provincia, Comune e Camera di Commercio di Lodi e ha avuto tra i suoi primi sostenitori la Fondazione Cariplo, vede già oggi più di 500 ricercatori attivi nell area. Questo numero è destinato a salire rapidamente e a superare le 3.000 unità nel 2015. All interno del cluster trovano spazio sia le attività di ricerca di base che di ricerca applicata, con un focus particolare per lo studio dei genomi. La nota rivista Science, ad esempio, ha pubblicato nel mese di aprile 2009 i risultati del progetto di sequenziamento del genoma del bovino. Progetto che ha visto il coinvolgimento anche del Parco Tecnologico Padano. Il Parco ha inoltre contribuito al genoma della vite e sta lavorando, con altri istituti, su quello del melo, del pesco, del bufalo e del frumento. Le informazioni genetiche acquisite saranno fondamentali sia per mettere a punto piani di selezione capaci di migliorare le caratteristiche e la resistenza alle patologie di queste specie, ma anche per sviluppare sistemi di diagnostica molecolare per controllare i parametri di sicurezza alimentare delle nostre produzioni. L ambizioso obiettivo è di far rinascere, attraverso la ricerca, un industria nazionale dei mezzi tecnici per l agricoltura che sappia, nel medio lungo termine, fare dell innovazione le sue armi principali per affrontare in modo mirato le problematiche e le sfide di un territorio a forte vocazione agro alimentare.

Figura 3. Il Parco Tecnologico Padano di Lodi, centro di Eccellenza Lombardo per le biotecnologie in agricoltura, è stato costruito sul modello dei principali distretti tecnologici europei. Accanto a una forte presenza universitaria e di centri di ricerca ha sviluppato un incubatore d impresa e una ampia piattaforma di servizi per l agroalimentare.