LA LOGICA DEL WORKFARE IN EUROPA E NEGLI STATI UNITI: I LIMITI DELLE ANALISI GLOBALI * Jean-Claude Barbier



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Assistenza Sociale n. 3-4 luglio-dicembre 2003 LA LOGICA DEL WORKFARE IN EUROPA E NEGLI STATI UNITI: I LIMITI DELLE ANALISI GLOBALI * Jean-Claude Barbier A nostro avviso, coloro che scoprono un po dappertutto l impronta del modello del workfare 1 nelle politiche sociali sono accecati dai loro riferimenti teorici globalistici, e sottostimano l influenza determinante delle coerenze degli assetti sociali (Maurice, Sellier, Sylvestre, 1982 e Maurice, 1989) quanto alle forme concrete assunte dai sistemi di protezione sociale. Evidentemente, a un certo livello di astrazione, alcuni concetti universali sono utili, come quello di «mercato del lavoro», di «politiche dell impiego» o di «politiche del mercato del lavoro». Workfare è un termine lessicale più recente utilizzato da queste analisi sempre più astratte, che ignorano gli attori e le specificità nazionali, e ha occupato un posto tra le «politiche attive del mercato del lavoro» nell accezione, anch essa globalistica, dell Ocde (Ocde, 1994). A questo livello, le dimostrazioni empiriche più raffinate diventano i- nutili: è come se, in tutti i paesi, costruire degli «equivalenti funzionali» non ponesse alcun problema. Si può allora popolare il mondo di «forme» disincarnate, universali, relegando sullo sfondo i processi inquadrati (dal punto di vista sociale e storico) nella costruzione delle politiche nazionali, i loro attori, l analisi dei loro valori, la genesi e le forme istituzionali della legittimità in materia di politica sociale all interno di ciascuna comunità politica. Noi pensiamo al contrario che, per comprendere gli sviluppi della protezione sociale, sia necessario rompere con questo globalismo e dare piena legittimità alle specificità nazionali. Ciò richiede la costruzione di un quadro comparativo, senza limitarsi a postulare degli equivalenti funzionali 2. In questo periodo di crisi prolun- * Pubblicato nel n. 1/1998 de «L Assistenza Sociale». 1 La parola è stata ottenuta congiungendo work e welfare. Essa definisce i programmi sociali americani che condizionano gli aiuti sociali all obbligo di lavorare per coloro che ne beneficiano. Sembra che il primo programma qualificato come workfare sia il Community Work Experience Program, previsto dal Family Support Act del 1988, anche se altri programmi del genere erano già apparsi dopo gli anni 70. 2 Si può sempre tornare alla generalità per trovare delle forme universali, a prezzo però di una perdita radicale di sostanza dei fenomeni analizzati. Così, se per definire l inserimento si parla di «workfare alla francese», evidentemente si può anche parlare di workfare come «in- 209

La logica del workfare in Europa e negli Stati Uniti: i limiti delle analisi globali gata dello stato sociale in Europa è ancora più necessario comprendere come i sistemi nazionali reagiscano in modo diversificato, e dunque è ancora più pertinente soffermarsi sulle differenze. Dopo aver illustrato qualche esempio per mettere a fuoco il problema in Europa, torneremo più avanti al confronto fra Stati Uniti, Francia e Regno Unito. 1. Processi in atto ovunque? In Danimarca il servizio pubblico per l impiego mette in atto un programma per i disoccupati chiamato «piano di azione individuale» (individuel handlingsplan) (Ocde, 1995), avviato con la riforma del mercato del lavoro nel 1994. Dopo sei mesi di disoccupazione i disoccupati possono chiedere di beneficiare di un piano che li indirizza verso un impiego sovvenzionato o la formazione. Ma, dopo 20 mesi di disoccupazione indennizzata, la definizione di tale piano diventa per loro obbligatoria; se la rifiutano, il che sembra avvenire assai di rado, essi diventano disoccupati volontari e perdono il diritto all indennità. Nel 1995 il 40% dei disoccupati indennizzati hanno sottoscritto dei piani d azione. Ricordiamo che in Danimarca la durata massima dei versamenti delle prestazioni di disoccupazione, pari a cinque anni, è la più lunga di tutta l Unione europea. La riforma del sistema di welfare 3 negli Stati Uniti è stata approvata dal presidente Clinton nell estate 1996 e poi messa in opera nei diversi Stati. Ciò ha riportato sulla scena i programmi che, dopo gli anni 80, vengono fatti rientrare nella definizione di workfare. La nozione 4, nata negli Stati Uniti, indicava quei programmi che legavano la corresponsione di un indennità di aiuto sociale (principalmente l Aid to families with dependent children, Afdc, i cui beneficiari erano per lo più madri di famiglia rimaste sole), all obbligo di accettare un attività o un lavoro di interesse generale 5. Nel recente passato tale obbligo è rimasto in gran parte teorico, poiché esso è stato imposto solo a una minoranza 6 dei beneficiari delle prestazioni, in misura peraltro diffeserimento all americana». È un po come se in campo culinario si definisse la pizza una quiche (una specie di crostata salata) all italiana, o la quiche una pizza alla francese. 3 In genere la nozione di welfare è utilizzata diversamente negli Stati Uniti e in Gran Bretagna; quando si parla di «welfare state» per i paesi europei in generale, la confusione è ancora maggiore. 4 Si veda la nota 1. 5 Così, nel programma chiamato Jobs avviato nel 1990, il legame con l obbligo di lavorare consisteva sia in attività di aiuto alla ricerca di impiego formazione in azienda, impiego sovvenzionato tramite il versamento delle indennità al datore di lavoro sia in un lavoro di interesse generale (community work) (King, 1996, p. 174). 6 Morel (1996a) parla del 15% con riferimento a un rapporto del Congresso. King 210

Jean-Claude Barbier renziata a seconda degli Stati (Rodgers, 1981; King, 1996; Morel, 1996b). Ma la riforma del 1996 appare ben più severa: la Temporary assistance for needy families (Tanf) ha sostituito l Afdc, e le modalità di finanziamento sono diventate molto più restrittive per gli Stati e il bilancio federale; è stato introdotto il limite massimo di 5 anni per la durata del beneficio; sono stati fissati degli obiettivi progressivi, a partire dal 25% dei beneficiari, in modo da stabilire il numero di coloro che sono vincolati all obbligo di lavoro o di formazione per non perdere il diritto alle prestazioni (Sauviat, 1997; Morel, 1998, in corso di pubblicazione). Nel Regno Unito il dibattito su quello che anche qui è stato definito workfare è in atto già da diversi anni. I successivi governi conservatori hanno resistito all instaurazione di dispositivi di workfare, soprattutto perché la logica che li sottende avrebbe comportato costi notevoli, e lo Stato non doveva trasformarsi in «datore di lavoro da ultima spiaggia» 7. La lunga resistenza dei Conservatori è terminata nell estate del 1996, quando essi hanno avviato, in quattro regioni, alcune sperimentazioni che facevano parte del Project Work (Barbier, 1997c). L obiettivo era di estendere questi programmi a diverse decine di migliaia di persone prima delle elezioni del 1997. Il tutto si inquadrava nella logica dell ultima riforma delle indennità di disoccupazione, risalente all ottobre 1996. Uno dei principali cambiamenti introdotti all epoca (per nulla messi in discussione dal Labour dopo la sua ascesa al potere) è stata la riduzione a sei mesi (in luogo di un anno) dell indennità di disoccupazione, ora battezzata Job Seeker s Allowance (Jsa), e la fusione (per uno stesso montante forfettario 8 ) delle indennità di assicurazione e di assistenza. Questa indennità si sostituisce, per i disoccupati, ai vecchi unemployment benefits (indennizzi di tipo «assicurativo», non sottoposti a condizioni di reddito) e all income (1996, p. 196) spiega che la messa in opera dei programmi a livello dei singoli Stati prevedeva, nel 1995, un carico pari al 20% dei beneficiari. 7 Come ricordava ad esempio «The Economis»t (29-3-1997) prima delle elezioni di maggio, «Quello dei frodatori dell assistenza è uno dei temi prediletti dai Conservatori [ ]. Il workfare è stato escluso in base al suo costo potenziale: sarebbe ben dispendioso fornire un impiego a tutti i disoccupati di lunga durata». Lo stesso settimanale, che non è certo conosciuto come difensore dello stato sociale, ricordava (3-1996) che i Conservatori denunciavano il workfare in quanto «nazionalizzazione degli impieghi» fino alla loro conversione nel luglio 1996, dopo «aver sperimentato tutto, salvo il workfare, per escludere dall assistenza i reticenti all impiego». 8 Negli anni 80 il montante era già forfettario (flat rate), ma gli Unemployment benefits (indennità di disoccupazione) erano superiori all Income support (sostegno al reddito). Stando alle disposizioni del servizio pubblico per l impiego, nei primi sei mesi la Jsa non è vincolata alle risorse (flat rate di 49,15 sterline settimanali nell aprile 1998 per una persona di oltre 25 anni). 211

La logica del workfare in Europa e negli Stati Uniti: i limiti delle analisi globali support (indennità di assistenza). Peraltro il Labour Party, quando era all opposizione, aveva già annunciato una delle sue principali innovazioni, cioè l introduzione di programmi per i giovani dai 18 a 24 anni. Il termine workfare non era ancora utilizzato, e il Labour ha preferito quello di welfare to work (wel-fare per il lavoro), prima di battezzare New Deal l insieme delle misure. Come vedremo, si tratta di un principio fondamentale della riforma avviata da Tony Blair. Un principio che orienta sia le politiche dell impiego che la riforma britannica del welfare state. In Germania, nell agosto 1996, è stata avviata una riforma che rendesse più rigorosi i criteri di «accettabilità» 9 degli impieghi e delle attività proposti ai beneficiari del reddito minimo di aiuto sociale, ma anche ai disoccupati (Actualités sociales, 1996). Il servizio pubblico per l occupazione e i Comuni sono diventati più esigenti. Allo stesso tempo le «politiche attive per l impiego», ma anche «l attivazione delle spese» per l assistenza o per l assicurazione, vengono discusse o messe in atto un po ovunque, come testimoniano i documenti dell Ocde (Ocde, 1996). In generale, il buon senso suggerisce che le politiche attive e l attivazione della spesa siano migliori, in via di principio, delle «politiche passive». Se infatti ci si limita al valore relativo dei due aggettivi, il rigetto della passività è fuori discussione. Ma nel contesto europeo si tende a far rientrare tra le «politiche attive» i dispositivi più disparati: cosa c è in comune, ad esempio, tra l hand-lingsplan danese, in cui lo Stato è impegnato a trovare una soluzione per la persona che ha sottoscritto il suo contratto, e un Restart (piano di ripresa), imposto, sotto minaccia di sanzioni, a milioni di persone dall ufficio per l occupazione britannico? O ancora, tra un «percorso di inserimento» di quattro anni realizzato da un progetto tedesco 10 a favore di giovani poco qualificati e il pathway (percorso) britannico del New Deal, che inizia con un gateway (ingresso) di 4 mesi con ricerca intensiva di impiego? Per orientarsi in questo groviglio di dibattiti, idee, progetti di legge, iniziative e sperimentazioni di programmi pubblici, non ci si può limitare ad analogie apparenti e a confronti tra convinzioni diverse. Il lavoro di critica sulle categorie universali su cui si ha la consuetudine di ragionare è appena iniziato 11. A nostro avviso esso diventa sempre più necessario nel momento in cui, a livello europeo, si sviluppa un «coordinamento delle politiche nazionali» in materia di impiego e, in questo ambito, si diffonde il ricorso al solo strumento redistributivo 212 9 È la nozione di Zumutbarkeit. 10 È il caso ad esempio del modello Koglin nel Land di Amburgo. 11 Si vedano su questo punto Gazier, 1996 e Schmid e al., 1996.

Jean-Claude Barbier disponibile: i fondi strutturali europei. Devono ancora essere precisate numerose caratteristiche dei processi. È necessario ad esempio definire coloro che ne sono oggetto: i beneficiari dell aiuto sociale, i disoccupati, gli assicurati? Bisogna tenere in conto la definizione, diversa in ciascun Paese, dei diversi segmenti delle politiche sociali, e in particolare il rapporto tra le politiche specifiche per l impiego 12 e le altre politiche sociali; ma anche le logiche fondamentali e le tecniche di finanziamento della protezione sociale, i tipi di diritti individuali ecc. Se si parla di «politiche attive del mercato del lavoro», nel significato dell Ocde 13, si può classificare sotto questa voce una grande varietà di programmi; in effetti si tratta di un «contenitore» comodo per tutti i confronti di primo livello nel quale si possono raggruppare con la stessa facilità il lavoro obbligatorio dei programmi di workfare, gli stage di formazione, gli impieghi pubblici temporanei sovvenzionati, l attività di intermediazione dei servizi pubblici per l impiego, ecc. ma che non illumina granché sulle differenze strutturali delle politiche nei diversi paesi. «L attivazione» della spesa è ancora un altra questione, da non confondere con le «politiche attive» in generale e che, d altronde, può avere accezioni assai differenti (Dayan, 1996). L utilizzo di nozioni approssimative è del tutto incompatibile con l approccio del confronto internazionale. Quando si attraversano le frontiere, il rischio di equivoci si fa piuttosto evidente. Si sa che la «sicurezza sociale» ha significati assai diversi negli Stati Uniti, in Francia e nel Regno Unito. La nozione di «welfare state», tradotta in francese con molta disinvoltura come «état-providence» (Stato-provvidenza), è ingannevole; ed è meglio abbandonarla, a meno che non ci si limiti a parlare, in via universale, di un insieme di servizi sociali che si trovano ovunque in Europa (Barbier e Nadel, 1996) 14. È necessario comunque costruire categorie appropriate per il confronto internazionale dei sistemi nazionali di protezione sociale 15. 12 Secondo l espressione utilizzata da Join Lambert e al. (1994), queste politiche, al plurale, sono l «insieme degli strumenti specifici di cui si sono dotati i poteri pubblici per migliorare la situazione dell impiego o per attenuare alcune conseguenze del sottoimpiego». Esse vanno distinte dalla politica macro-economica di pieno impiego. 13 Si veda la tipologia delle spese per l impiego messa a punto da questa organizzazione. La categoria delle politiche attive comprende ad esempio la formazione professionale dei giovani, dei disoccupati adulti, i programmi di inserimento professionale dei portatori di handicap, ecc. 14 La nozione di stato sociale, ripresa da Castel (1995), è più neutra e più precisa, se non altro perché segnala che lo Stato non è il solo attore della protezione sociale. 15 Ho tentato di farlo a proposito delle politiche familiari (Barbier, 1995; si vedano anche Barbier e Nadel, 1996 e Théret, 1995) e a proposito delle politiche per l impiego (Barbier, 1997a e 1997b). 213

La logica del workfare in Europa e negli Stati Uniti: i limiti delle analisi globali Per quanto riguarda il confronto tra l «inserimento» in Francia e le due forme di workfare, negli Stati Uniti e nel Regno Unito, questo testo suggerisce la necessità di riferirsi a una problematica che prenda in considerazione la «coerenza societale» (Maurice, 1989). Se non si tiene conto della coerenza infatti e delle interazioni interne dei sistemi nazionali di protezione sociale, del loro rapporto con i mercati del lavoro e con le istituzioni familiari, non si fa altro che isolare nozioni, che si suppone funzionalmente equivalenti, nei diversi paesi. Da questo punto di vista, lo sviluppo delle attività comunitarie europee favorisce la nascita di quello che si può considerare un nuovo volapük 16. Ad esempio, la nozione di inserimento, già difficile da definire rigorosamente in francese, non conosce un equivalente inglese o tedesco, tantomeno italiano; tuttavia gli amministratori la utilizzano nella forma inglese integration, che non è esattamente un termine equivalente. A livello comunitario circola anche una nozione come «percorso di inserimento» 17, che fa riferimento a tematiche ben poco comparabili. Problemi dello stesso ordine pone la nozione di workfare. A prima vista i «problemi sociali» oggetto dei nostri confronti sono simili, così come le risposte. Ma è proprio vero? Rosanvallon (1995, p. 177) scrive che è «stupefacente constatare che il Rmi francese (revenu minimum d insertion, reddito minimo di inserimento) e i progetti americani che si rifanno all idea di workfare conducono a uno stesso tipo di ridefinizione del sociale». Secondo il suo punto di vista, si possono individuare «tre punti comuni». In primo luogo la questione del lavoro e quella dell état-providence sono destinati a sovrapporsi, il che costringerà a porre all ordine del giorno la nozione di «terzo settore»; in secondo luogo i diritti sociali, nei due casi, sarebbero «reinterpretati in una prospettiva contrattualista in cui si intrecciano diritti e obblighi». Infine l état-providence si troverebbe di fronte a una «vera e propria rivoluzione delle rappresentanze», in cui esso sarà costretto ad amministrare non più popolazioni ma singoli individui. Di questi «punti comuni» non resta tuttavia granché se si pensa che lo stato sociale americano e quello francese sono radicalmente diversi, che il rapporto delle persone con il mercato del lavoro è altrettanto diverso nei due paesi, e se si considera che la prospettiva contrat- 16 Il volapük è una lingua che ha preceduto l esperanto. Questa lingua internazionale (combinazione di vol, derivato da world, e di pük, derivato da speak), fu inventata nei pressi di Costanza dal curato tedesco J.M. Schleyer, a partire da una base prevalentemente inglese con richiami al latino. La lingua ha conosciuto il suo apogeo nel 1889 e, in seguito, è stata spodestata dall esperanto (su questo argomento si veda Eco, 1994). 17 Path to integration (percorso di inserimento) non rende conto della diversità delle nozioni di «percorso» e di «inserimento». Su questo punto confronta Barbier e Geslot, 1998. 214

Jean-Claude Barbier tuale si inserisce in contesti a loro volta totalmente diversi. Da parte sua Morel (1996a, p. 48), partendo dall ipotesi che «l inserimento è per la Francia ciò che il workfare è per gli Stati Uniti», giunge alla conclusione che «la revisione dell azione dei poteri pubblici nei confronti dei beneficiari dell assistenza sociale» richiede «strade diverse», e sottolinea in particolare l accento contrastante posto sulla «dimensione individuale» o sulla «dimensione collettiva degli obblighi» nei due paesi. È proprio questo il dibattito che occorre completare. Il testo presente si pone l obiettivo di contribuire a rendere più chiari alcuni interrogativi, senza rispondere del tutto alle domande poste e insistendo sulle condizioni preliminari da mettere assieme per un confronto produttivo. 2. I tipi di stato sociale, le politiche per l impiego e i mercati del lavoro: il caso degli Stati Uniti, del Regno Unito e della Francia Il confronto tra l inserimento e le differenti forme di workfare deve essere ricollocato in ciascun contesto nazionale. Ovviamente occorrerebbe inserirlo in uno studio genealogico delle rappresentanze sociali e delle concezioni filosofiche e politiche proprie di ciascuna area nazionale, cosa che non abbiamo tempo di fare in questa sede. Ci limiteremo piuttosto a sottolineare, ad esempio, la presenza nei programmi anglo-americani di quella che King (1995, p. 167) indica come «un ipotesi di base», cioè che i beneficiari delle indennità di disoccupazione o di assistenza «hanno una consapevolezza insufficiente dei loro obblighi di fronte al resto della società». Tale ipotesi illustra in modo chiaro l orientamento della riforma della protezione sociale in corso nel Regno Unito, così come spiega l insistenza sulla nozione di self-help (auto-sostegno) del recente Green paper pubblicato all inizio del 1998. Al contrario, questa ipotesi di base non sembra presente nella attuale politica francese di protezione sociale. Essa lo è senza dubbio in alcuni attori, ma non fa parte degli orientamenti generali. Come sottolinea Morel (1998, in corso di pubblicazione), negli Stati Uniti e in Francia si confrontano due diversi costumi, quello del «merito» e quello della «solidarietà»; da una parte i doveri del beneficiario dell aiuto sociale, dall altra il diritto all inserimento e all integrazione rappresentano il cuore di due concezioni fortemente contrapposte. Allo stesso tempo si può notare l immensa distanza tra questa concezione punitiva e, ad esempio, quella danese (o più in generale scan- 215

La logica del workfare in Europa e negli Stati Uniti: i limiti delle analisi globali dinava) dell «equilibrio», che il servizio pubblico per l impiego deve trovare tra i bisogni degli individui e le esigenze e i bisogni della società. Non abbiamo il tempo di approfondire in questa sede tali differenze fondamentali, che annullano la pertinenza delle analisi globali funzionali. 3. Workfare e welfare negli Stati Uniti Negli Stati Uniti i programmi di assistenza ai poveri (al di fuori di quelli per anziani e quelli sanitari) occupano un posto relativamente debole nel bilancio federale e nei bilanci dei singoli Stati (meno del 4% del bilancio federale, Anspach, 1996). Ugualmente debole, secondo gli standard europei, è la parte del Pil consacrata alle spese per l impiego nel significato dell Ocde (Ocde, 1996): 0,55% contro, ad e- sempio, oltre il 3% in Francia e il 5,5% in Svezia. Le politiche per l impiego in questo Paese corrispondono piuttosto a programmi particolari che hanno a che fare con l assistenza. Questo debole intervento pubblico è coerente con l esistenza di un sistema di assunzione dei bisogni sociali relativamente marginale (residuale), che lascia agli individui e alle famiglie (e alle comunità) la cura di provvedervi. I mercati del lavoro sono caratterizzati da una forte capacità di creare impieghi e da un debole tasso medio di disoccupazione (attualmente inferiore al 5%), il che li distingue radicalmente dal funzionamento dei mercati del lavoro europei, compreso quello del Regno U- nito. Allo stesso tempo la categoria dei working poor occupa un posto molto importante, in termini relativi, in rapporto alla maggioranza dei paesi europei (13% dei salariati sotto la soglia di povertà, Lizé, 1996). Il salario minimo americano (recentemente innalzato a 5,15 dollari l ora) riguarda solo il 4% della popolazione attiva 18. In queste condizioni il numero di coloro che ricevono l Afdc (o il nuovo Tanf) e che, come abbiamo visto, saranno (o erano) sottoposti all obbligo di accettare i programmi di workfare, è relativamente basso. I programmi in questione sono «mirati» quanto a caratteristiche dei beneficiari delle indennità (molte donne sole, che appartengono alla comunità nera). Tuttavia, pur essendo di importanza modesta quando li si paragona al peso delle indennità di assistenza, di aiuto sociale e di reddito minimo nei paesi del Nord Europa, questi programmi hanno una notevole visibilità. Se ne deduce, con un po di semplificazione, che i problemi di povertà (che peraltro continuano a essere ben presenti negli Stati Uniti, 216 18 «The Economist», 28-9-96.

Jean-Claude Barbier malgrado le controversie 19 ), fanno in qualche misura da stimolo alla creazione di impieghi in mercati del lavoro che sono in grado di produrne in quantità, dove vi è un alta mobilità, dove i salari sono molto flessibili e dove le regolamentazioni protettive dei lavoratori sono assai limitate, almeno in confronto allo standard tedesco o francese. Il ruolo centrale del mercato del lavoro in questo paese è, del resto, confermato dall estensione dell imposta negativa, la cui crescita è stata assai rapida negli ultimi anni. Si tratta dell Earned Income Tax Credit (Eitc, credito d imposta sui redditi da lavoro). Oggi questa imposta negativa riguarda quasi 20 milioni di famiglie americane (contro i 6 milioni del 1975, quando fu creata). Il massimo credito di imposta per una famiglia con un bambino è di 2.040 dollari annuali (3.033 dollari per una famiglia con due o più bambini). Esiste così una redistribuzione fiscale verso gli attivi con bassi salari, che costituisce anche una sovvenzione indiretta al costo salariale per un importo non trascurabile 20. In queste condizioni, i programmi di workfare sono concepiti per rispondere a quella che gli ideologi della destra americana hanno definito come «cultura della dipendenza» di un gruppo limitato di beneficiari dell assistenza, argomento poi ripreso dal partito democratico. «Dipendenza», d altra parte, ben lontana dall essere accertata (Anspach, 1996), ma che concerne una parte relativamente marginale in rapporto all intera popolazione americana (dipendono dall assistenza, dal welfare, 4 milioni di donne e 500.000 uomini) 21. 4. Un altro welfare state e il New Deal nel Regno Unito La più importante prestazione assistenziale del Regno Unito, l income support (sostegno al reddito), è rivolta a un pubblico molto ampio (ne beneficiano circa sei milioni di famiglie, cioè circa una famiglia su quattro 22, che hanno problemi di handicap o di disoccupazione, con parenti non autosufficienti, pensionati, ecc.). Allo stesso tempo le disposizioni familiari della protezione sociale sono molto diverse da quelle del sistema francese (Barbier e Letablier, 1995). Il cuore della protezione sociale resta il National health service (Servizio sanitario nazionale), che non ha un equivalente negli Stati Uniti e ha continuato a esistere anche dopo una profonda trasformazione, con l introduzione 19 Si veda F.X. Merrien, Pauvres d Amérique, une autre vérité, «Le Monde», 5-7-96. 20 Se si prende una famiglia tipo con 2 bambini, che ha redditi corrispondenti all incirca al salario minimo (10.300 dollari annuali), l Eitc percepito è di 2.528 dollari, il che equivale a una sovvenzione salariale oraria di 1.26 dollari (Bewick, Theodore e Ni-mo, 1998). 21 Attualmente 10 milioni di bambini sono abilitati a usufruire delle prestazioni del welfare. Un bambino su cinque, cioè due volte più che in Germania e nel Regno Unito («The Economist», 25-5-96), vive in povertà. 22 Statistiche pubblicate dal Department of social security, relative al 1992-93 («The Independent», 19-8-95). 217

La logica del workfare in Europa e negli Stati Uniti: i limiti delle analisi globali al suo interno di meccanismi di tipo concorrenziale. Quanto alle politiche specifiche dell impiego e dell inserimento professionale, esse riguardano un numero di beneficiari molto più ridotto che in Francia. Fino a pochissimo tempo fa, prima del varo del New Deal, si limitavano essenzialmente a due dispositivi, definiti «di formazione», che prevedevano sovvenzioni ai datori di lavoro, il programma youth training (formazione dei giovani) e quello training for work 23 (formazione per il lavoro). Per il resto, e conformemente all ipotesi di base prima richiamata, la «politica del mercato del lavoro» ha come obiettivo quello di spingere in tutti i modi le persone capaci di lavorare a cercare e accettare un impiego, di qualunque tipo esso sia. Ciò è reso ancor più evidente dallo sforzo crescente per cancellare e «mobilizzare» i disoccupati e dalla notevole espansione quantitativa dei colloqui per la ricerca di impiego negli ultimi anni (Finn, 1997). L obiettivo della politica dell impiego è interamente centrato sulle persone (l offerta di lavoro), che vanno stimolate ad accettare qualsiasi tipo di lavoro, anche se le condizioni di lavoro e di salario sono degradate. In totale la spesa britannica (eccettuato il servizio pubblico per l impiego e il sostegno al reddito) è molto più bassa di quella francese (0,32% contro l 1,01% del Pil) e, a fortiori, di quelle per l impiego tedesca, svedese e danese. Da qualche anno il mercato del lavoro britannico è caratterizzato da un tasso di disoccupazione molto inferiore a quello francese. Mentre nel 1991 i due tassi si equivalevano ancora in termini globali, nel 1997 divergono di circa 5 punti (attorno al 7% contro più del 12%). Questi dati però vanno considerati con prudenza (Barbier, 1997c): da una parte essi mascherano la crescita dell inattività delle persone in età di lavoro e, in particolare, l aumento della popolazione classificata come inabile, ma anche l espansione degli orari a tempo parziale e il numero crescente di lavoratori «scoraggiati». Dall altra, contrariamente al caso degli Stati Uniti, la diminuzione della disoccupazione britannica non è dovuta alla creazione di impieghi (Lefresne, 1996). Inoltre il numero assoluto di disoccupati di lunga durata in Francia e nel Regno Unito presenta un divario meno accentuato, 23 Lo Yt era aperto ai giovani dai 16 ai 18 anni che uscivano dalla scuola (ultimamente ne erano interessati 200.000 giovani dai 16 ai 17 anni); se non erano più scolarizzati e rifiutavano di iscriversi perdevano il diritto ai benefici sociali. Il Tfw riguardava gli ultradiciottenni, in particolare i disoccupati di lunga durata. Il Tfw e lo YT consistevano in stage di formazione in alternanza (lo stagista passa gran parte del tempo in azienda). I datori di lavoro percepiscono sovvenzioni, in termini di riduzione del costo salariale. Nel 1997 questi due programmi riguardavano circa 250.000 persone (un numero che può essere confrontato, pur senza essere del tutto equivalente, ai 2,5 milioni di persone che beneficiano annualmente delle misure francesi). Ovviamente Yt e Tfw sono superati dal nuovo programma New Deal. 218

Jean-Claude Barbier mentre la disoccupazione delle persone non qualificate è, relativamente al tasso medio, più alta nel Regno Unito che in Francia e negli Stati Uniti. In Gran Bretagna non esiste (ancora) un salario minimo 24 e il 19,5% della popolazione attiva, cioè 5 milioni di persone (di cui 2 milioni di donne che lavorano a tempo parziale), guadagnano meno di 4 sterline l ora 25. Sono sempre di più, dunque, gli working poor del Regno Unito dove, come dimostra il confronto dell Ocde pubblicato nell estate 1996, le ineguaglianze aumentano più che in altri Paesi europei (Ocde, 1996). Si stima che i programmi di workfare sperimentati alla fine del 1996 riguardassero diverse decine di migliaia di disoccupati di lunga durata. Il loro obiettivo era quello di evitare l iscrizione alle liste di persone sospettate di percepire indebitamente le indennità. Le sperimentazioni, in numero limitato, avevano dimostrato uno spostamento significativo dei beneficiari verso l inattività (Barbier, 1997c). Questi dispositivi prevedevano che i disoccupati da più di due anni percepissero, oltre all indennità di assistenza, una somma aggiuntiva di 10 sterline la settimana. Somma che tuttavia non può essere paragonata in alcun modo al salario minimo, dal momento che quest ultimo non esisteva. Le persone interessate da questi programmi erano in prevalenza disoccupati di lunga durata, che a tutt oggi percepiscono il loro income support. Se l importo della loro indennità non è cambiato in modo significativo nel 1996, con la riforma della job seeker s allowance (Jsa, indennità per i disoccupati in cerca di lavoro), sono invece diventate ancora più rigorose le condizioni per conservare, sospendere, ridurre ed eventualmente sopprimere tale indennità (così come erano già rigorose le condizioni francesi dopo le riforme degli anni 80 e 90) (Finn, 1996). È stata inoltre eliminata la differenza tra assicurazione e assistenza, che era già teorica se si considera il carattere forfettario dell indennità nel caso degli unemployment benefits. Allo stesso tempo alcune indennità familiari sono espressamente utilizzate come sovvenzioni all impiego, essendo concepite (a differenza delle indennità familiari francesi) per facilitare l inserimento in lavori poco qualificati e poco pagati (oltre 600.000 famiglie percepiscono il family cre- 24 La sua introduzione è prevista per il 1998-99. Oggi vi sono grandi dibattiti a propo-sito del suo ammontare e, soprattutto, della sua applicazione nei confronti dei giovani (fra i quali la proporzione di bassi salari è molto alta): è possibile che sarà introdotto un doppio salario minimo, uno per gli «adulti» e l altro per i giovani. 25 «The Independent», 12-9-96: il 7% di questa popolazione, pari a circa 1,8 milioni di persone, guadagna meno di 3 sterline. Il partito Labour ha rifiutato di fissare in anticipo l importo del salario minimo. Si calcola che a percepire il salario minimo orario di 4,26 sterline sarebbe una quota della popolazione salariata pari al 25% («The Independent», 28-9-96). A queste misure è interessata una parte importante dei giovani. 219

La logica del workfare in Europa e negli Stati Uniti: i limiti delle analisi globali dit) (Finn, 1996). Il Labour al potere non ha contraddetto questa logica inaugurata dai Conservatori. Malgrado la rappresentazione simbolica molto diversa della politica, che esalta l interesse di ciascuno di potersi conquistare la benevolenza dello Stato il che è contrario alla retorica dei Conservatori, si può ritenere che vi sia una continuità sostanziale. Quali sono state le principali decisioni prese nel 1997 e registrate nel bilancio 1998-99? La politica attuale consiste essenzialmente nel «rendere il lavoro redditizio» (making work pay) e nel far sì che «ciascuno badi a se stesso» (self-help): questi princìpi ispirano gli ultimi due bilanci ( 97-98 e 98-99), così come i progetti di riforma del welfare state, al di là del New Deal, che si può considerare come il primo stadio di una politica molto più ambiziosa. Il New Deal inizia con il programma Welfare to work rivolto a 250.000 giovani dai 18 ai 24 anni e attualmente operativo. Mentre il Project work era destinato unicamente ai disoccupati da più di due anni, oggi il pubblico interessato è quello dei giovani disoccupati da più di sei mesi. Questi, nel 1998-99, potranno scegliere tra le seguenti quattro opzioni: una formazione, nel caso si tratti di giovani poco qualificati, un impiego sovvenzionato in un azienda (il datore di lavoro percepisce una sovvenzione di 60 sterline la settimana), l impiego in un progetto per il miglioramento dell ambiente o in un associazione (questi ultimi due casi prevedono il finanziamento di una formazione, e il giovane beneficiario percepisce un indennità di 15 sterline settimanali in aggiunta all income support, o Jsa). I programmi di impiego riguardano anche le madri sole (sono già stati avviati programmi sperimentali e sono previste deduzioni fiscali per la cura dei figli). La logica del welfare to work sarà inoltre estesa a coloro che già percepiscono l indennità di handicap (incapacity benefit), il cui numero è triplicato negli ultimi 15 anni (Barbier, 1997c). È in atto infine una riforma ambiziosa che, ispirandosi all imposta negativa americana (Eitc) 26, si propone di ampliare il ricorso a questo sistema fiscale di sovvenzione dei salari più bassi. Il family credit si trasformerà in working families tax credit. Non si tratterà più di una prestazione sociale ma di un imposta negativa che, verosimilmente, riguarderà un numero crescente di famiglie a basso reddito. L impostazione punitiva del workfare è dunque «suscettibile» di coinvolgere un gran numero di persone che oggi beneficiano di diverse prestazioni del welfare state, a differenza del workfare americano che interessa un numero relativamente limitato di gruppi. La logica vincolante è ben presente nel programma per i giovani, a proposito del 220 26 Si vedano sopra le specificazioni relative agli Stati Uniti.

Jean-Claude Barbier quale il governo sostiene che esso non prevede la «quinta opzione», cioè quella di continuare a dipendere dalle prestazioni: se i giovani rifiutano le opzioni proposte dal servizio per l impiego, le loro prestazioni saranno sospese, ridotte, e infine soppresse (Finn, 1997). È certamente prematuro giudicare una riforma che è appena agli i- nizi e, soprattutto, è impossibile sapere se questi programmi riusciranno o meno a ridurre il numero di beneficiari delle diverse prestazioni 27, come i datori di lavoro reagiranno alle sovvenzioni, quale sarà la natura dei corsi di formazione e quale sarà la condotta dei potenziali beneficiari delle azioni. Cionondimeno si può dire che siamo in presenza di una seconda logica di workfare. Una logica che, inserita nel contesto nazionale britannico, non è certo equivalente a quella americana, anche se entrambe ed è ciò che evidentemente colpisce a prima vista ricorrono al vincolo e al sospetto di «pigrizia» o di inciviltà dei beneficiari delle prestazioni. 5. Stato sociale, politiche sociali e politiche dell impiego in Francia In Francia la situazione è molto diversa dai due esempi precedenti. Ci limiteremo a segnalarne i tratti principali. Per ragioni più volte discusse (che non c è tempo di approfondire in questa sede), il revenu minimum d insertion (Rmi, reddito minimo di inserimento) 28 non dovrebbe essere considerato un indennità di aiuto sociale in senso stretto e, ancor meno, una forma di assistenza nel significato anglosassone. Al suo fianco, del resto, sono presenti alcuni segmenti di protezione sociale decisamente più complessi ed estesi di quelli esistenti negli Stati Uniti. A differenza del Regno Unito, molti «minimi» sociali coesistono tuttora e ciascuno ha le sue giustificazioni particolari, anche se le loro specificità sono messe in discussione 29. La differenza tra l assurance chômage (indennità di disoccupazione) e le 27 Con particolare riguardo agli effetti di sostituzione e alla capacità dell economia britannica di generare nuovi impieghi. La stessa incertezza permane sul buon esito dei programmi di workfare rilanciati dalla riforma Clinton del 1996. 28 Il Rmi è un indennità differenziale, che consente di versare a tutte le persone con più di 25 anni l integrazione a un reddito mensile di 2.400 franchi, nel caso di una persona sola, e di 3.644 franchi, nel caso di due persone. Nel 1997 è stato percepito da circa un milione di persone. 29 Così il dibattito recente, stimolato in particolare dal movimento dei disoccupati, ha fatto sì che spesso si ragioni addizionando i beneficiari di queste diverse prestazioni, trascurando le loro particolari giustificazioni che sono ereditate dalla storia della protezione sociale. 221

La logica del workfare in Europa e negli Stati Uniti: i limiti delle analisi globali prestazioni di solidarietà o di aiuto sociale è relativamente chiara e legittimata 30. Le politiche familiari giocano un ruolo molto importante e questo, tra l altro, può spiegare perché la povertà dei bambini non abbia la stessa importanza che ha negli Stati Uniti. Il Rmi, contrariamente al vecchio unemployment benefit e all income support, non comporta per i beneficiari l obbligo di iscriversi all Agence nationale pour l em-ploi (Anpe, Agenzia nazionale per l occupazione) e di cercare lavoro. L inserimento del Rmi non consiste affatto in un puro e semplice confronto dei beneficiari con il mercato del lavoro 31. Importa piuttosto sottolineare il fatto che in Francia le politiche specifiche per l impiego hanno progressivamente esteso la loro interazione con le altre politiche sociali, al punto che oggi i loro confini si confondono 32. Le «politiche specifiche dell impiego» hanno obiettivi di politica sociale, poiché esse non si limitano a intervenire nella condizione di impiego dei loro destinatari. Ciò si verifica anche all interno del pacchetto di misure che mirano alla diminuzione dei costi salariali: è il caso dei contrats initiative emploi (Cie, contratti iniziativa per l impiego) e di una parte dell emploi marchand aidé (impiego commerciale sovvenzionato). Queste politiche hanno una fortissima interazione con le politiche concepite specificamente per l inserimento. Se ne può trarre la conclusione che in Francia si va delineando progressivamente un continuum di azioni e di programmi pubblici sociali, difficilmente scindibile, un insieme di politiche sociali 33, anche se ciascun settore conserva senz altro dei tratti specifici. In effetti gli obiettivi che i poteri pubblici si prefiggono con tali politiche sono in parte comuni: si tratta di contribuire all integrazione sociale delle persone, soprattutto con l inserimento nella formazione e nell impiego, e di assicurare loro un reddito sostitutivo. Il pubblico interessato è u- 30 Anche se talvolta messa in discussione: ad esempio nel 1994 l ex direttore generale dell Anpe, Bon, sollevò la questione delle «contropartite» da chiedere ai disoccupati beneficiari dell indennità. 31 Come prevede esplicitamente la circolare del 27 marzo 1993. 32 È importante sottolinearlo, indipendentemente dal fatto che lo si deplori o lo si esalti. In particolare si possono osservare queste strette interazioni negli interventi a favore dell inserimento economico previsti dai programmes départementaux d insertion (Pdi, programmi dipartimentali di inserimento), nei plans locaux d insertion économique (Plie, piani locali di inserimento economico), ma anche in molti altri dispositivi. 33 Riprendiamo qui la definizione di Join Lambert e al., 1994: «questo campo corrisponde, nel loro ordine di apparizione, alle politiche del lavoro (condizioni di lavoro e relazioni collettive fra datori di lavoro e salariati), alla protezione sociale (aiuto sociale, politiche assicurative e politiche per la sicurezza sociale, per la vecchiaia, la salute, la famiglia, indennità di disoccupazione), alle politiche della formazione professionale e dell impiego, nonché alle più recenti politiche dette trasversali : reddito minimo e politiche locali di inserimento ad esso legate, integrazione degli immigrati, politica della città» (p. 22-23). 222

Jean-Claude Barbier gualmente difficile da classificare in categorie «distinte» tra loro. L intervento pubblico in materia di inserimento ne costituisce un valido esempio: contrats emploi-solidarité (Ces, contratti di impiego-solidarietà), contrats consolidés (Cec, contratti consolidati), impieghi nelle varie strutture di inserimento, molteplici azioni di inserimento professionale del Rmi, plans locaux d insertion (Plie, piani locali di inserimento), programmes départementaux d insertion (Pdi, programmi dipartimentali di inserimento), misure nazionali, regionali o locali di aiuto ai disoccupati che creano imprese, lotta contro l analfabetismo ecc. In tale contesto la nozione di «trattamento sociale della disoccupazione», sovente impiegata per dare un giudizio critico alle politiche dell impiego, perde almeno in parte il suo significato. In effetti essa può far intendere che esista un opposizione netta (e semplice da stabilire) tra dispositivi a vocazione «sociale» e dispositivi a vocazione «economica» nell ambito delle politiche pubbliche per l impiego. Il che non è affatto evidente nella realtà, tant è vero che la spesa francese per l impiego, secondo le categorie dell Ocde che permettono un raffronto internazionale, rappresenta solo una parte delle spese sociali destinate all impiego ed è dunque superiore al 3% del Pil (Ocde, 1996). L esistenza di tale continuum di programmi distingue nettamente la situazione francese da quella del Regno Unito e degli Stati Uniti, dove le politiche continuano a essere, in senso più classico, politiche del mercato del lavoro (Regno Unito) centrate sull offerta di lavoro delle persone, oppure politiche di assistenza (Stati Uniti) centrate su una minoranza di beneficiari. Quanto al mercato del lavoro la Francia, in rapporto agli altri due paesi, è caratterizzata da un alto tasso medio di disoccupazione. Lo Smic francese gioca un ruolo originale, diverso da quello del salario minimo americano. La quota di salariati che percepivano lo Smic nel 1995 era di circa l 11% 34. Anche il funzionamento generale del mercato del lavoro è caratterizzato dall importanza dei Contrats aidés (Contratti assistiti) 35, nei settori commerciali e non. Il che, per una parte ragguardevole di questi contratti, si traduce in un flusso di assunzioni. In confronto agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna la quota del lavoro a tempo parziale è assai più limitata, in particolare per le donne. In termini globali è difficile identificare, in Francia, il gruppo di persone che si possono considerare «impegnate nel percorso di inse- 34 Cfr. «Premières informations», n. 96-06-25-1, Dares, Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali. 35 Sono contratti temporanei pubblici (l esempio più importante è il Ces) o contratti privati sovvenzionati per categorie particolari di disoccupati, in base a una logica di discriminazione positiva (l esempio più importante oggi è il Cie). 223

La logica del workfare in Europa e negli Stati Uniti: i limiti delle analisi globali rimento» e che, nel confronto internazionale, sarebbero comparabili alla popolazione dei beneficiari potenzialmente interessati dai programmi americani di workfare, o a quella dei beneficiari britannici. Il gruppo francese comprende beneficiari dell aiuto sociale, disoccupati, beneficiari dei diversi tipi di indennità (Rmi, indennità di assicurazione, assegno di solidarietà), persone impegnate nelle varie strutture di inserimento (società per l inserimento, associazioni intermediarie e di inserimento), ma anche persone con contratto emploi solidarité (Ces) o contratto emploi consolidé (Cec), senza lavoro che seguono corsi di formazione per disoccupati di lunga durata, ecc. Ragionando all estremo, un tale pubblico, man mano che si accentua la penuria di impieghi in Francia, è sempre meno coinvolto sul versante dell aiuto sociale (assistenza) e, dunque, su quello del welfare anglo-americano. 6. Differenze e coerenze degli assetti sociali I tre scenari schematici descritti in precedenza sollecitano, in modo empirico, la necessità di collocare il confronto tra «inserimento» e workfare in un quadro più ampio di interazioni tra mercato del lavoro, protezione sociale, importanza quantitativa e caratteristiche del pubblico coinvolto dalle politiche in questione. Due punti acquistano particolare evidenza. Nei tre paesi il ruolo della creazione di impiego che deriva dalla crescita (ed eventualmente dalle politiche economiche) è assai differente. Da un lato gli Stati Uniti hanno una disoccupazione debole e numerosi tipi di creazione di impiego. Non potendo disporre né di protezione sociale allargata, né di una forte indennizzazione (assicurazione o assistenza), i disoccupati (tra i quali vi sono quelli di lunga durata, contrariamente al caso europeo) possono contare solo sul mercato del lavoro per procurarsi quei redditi che i trasferimenti sociali non sono in grado di assicurare loro. Dall altro lato la Francia e il Regno Unito, al di là delle differenze notevoli dei loro tassi di disoccupazione 36 (Barbier, 1997) e malgrado 36 Va anche notato che, secondo le statistiche standardizzate, la quota dei disoccupati di lunga durata è più alta nel Regno Unito che in Francia, così come è relativamente più alta l uscita dall attività degli uomini adulti (45-55 anni). Inoltre il Regno Unito non fa ricorso ai dispositivi di pre-pensionamento. Un altra differenza importante sta nel fatto che la partecipazione in ore di lavoro delle donne salariate è inferiore a quella delle donne francesi, anche se i tassi di attività sono comparabili (cfr. Husson, 1994). 224

Jean-Claude Barbier le grandissime differenze nel diritto del lavoro, nella flessibilità salariale e nelle condizioni di impiego, sono in grado di creare un numero «relativamente basso», e comunque insufficiente, di impieghi. Da ciò derivano, nei due paesi, il ricorso alla protezione sociale e le a- spettative ad essa legate. Nei tre paesi la realizzazione delle politiche sociali (nel significato ampio che intendiamo in questa sede) è molto contrastata. Senza tornare sulle differenze strutturali, se le politiche specifiche dell impiego si considerano parte di queste politiche sociali, il contrasto riguarda la Francia da un lato e gli Stati Uniti e il Regno Unito dall altro. Da una parte abbiamo la ricerca di un azione pubblica complessa, una logica di servizi diversificati offerti ai disoccupati esclusi dal mercato del lavoro che è centrata sulla nozione, ambigua e difficilmente definibile, di inserimento. Una logica, in tutti i casi, non riassumibile nella condizione in cui le persone sono messe in rapporto diretto con il mercato del lavoro 37. Dall altra parte l azione pubblica si fonda soprattutto su una rappresentazione molto semplice del mercato del lavoro, in cui la flessibilità, l immediatezza e la fluidità dei movimenti nel mercato del lavoro sono considerate obiettivi prioritari; in questo contesto le attività di avviamento al lavoro, attraverso il filtro delle attività di interesse generale, sono concepite in modo esclusivamente residuale, per una popolazione che, a sua volta, è considerata incapace di collocarsi nel mercato «ordinario» del lavoro. Inoltre si parte dall idea che questa popolazione debba impegnarsi in tali attività dietro la spinta di obblighi rigorosi, fondati a loro volta sulla minaccia di sanzioni finanziarie. Si può pensare che l ipotesi attuale di workfare nel Regno Unito appaia come il coronamento del maggiore rigore dei controlli nella ricerca di impiego dopo una dozzina d anni. Ma la scommessa del Labour deve ancora realizzarsi in termini di accesso reale all impiego e di passaggio concreto dal welfare al lavoro; allo stesso tempo il mercato del lavoro americano è stato capace di creare un numero importante di impieghi, compresi naturalmente quelli occupati da persone non qualificate che vengono retribuite in misura modesta (in particolare i working poor, percettori dell imposta negativa). 7. Estendere il confronto ad altre dimensioni 37 Pur senza pronunciarci sui risultati di questa politica, possiamo affermare che la politica francese, in base all affermazione del «dovere di inserimento» che incombe sullo Stato, la fa avvicinare più alle politiche scandinave che al workfare di tipo anglo-americano. 225

La logica del workfare in Europa e negli Stati Uniti: i limiti delle analisi globali Prima di tornare al confronto tra le caratteristiche dei dispositivi, si può completare l esame della coerenza fra i tre sistemi. Cogliendo il senso delle logiche tratteggiate, porremo alcune questioni relative a tre argomenti: i diritti delle persone, il modo in cui sono definiti i destinatari delle misure, i rispettivi ruoli della società e dello Stato nel funzionamento e nella messa in opera dei dispositivi. 7.1 I diritti e l autonomia delle persone Al centro del confronto vi è, naturalmente, la libertà di scelta delle persone. Dietro l apparente conformità della nozione di «contratto», sembra che vi siano concezioni notevolmente diverse. Nel workfare il contratto è necessario perché si suppone che i beneficiari dell aiuto sociale non si comportino spontaneamente in maniera civile. I difensori americani e inglesi del workfare e del welfare to work giustificano l obbligo per le persone di accettare i lavori o le attività dei programmi pubblici con il fatto che tali persone sono in debito con la società, in ragione dell indennità ricevuta. L obbligo individuale cui sono tenute costituirebbe il riscontro degli obblighi che la società ha verso di loro. Si potrebbero citare numerosi esempi di questo principio di giustificazione. Così dichiarava nel 1989 un ex ministro inglese della Sicurezza sociale: «Lo Stato accetta a giusto titolo l obbligo di fornire prestazioni per i disoccupati assicurati; se la loro disoccupazione dura più a lungo del loro diritto all assicurazio-ne, lo Stato accetta anche di versare loro le indennità dell income support [ ] Al momento in cui accetta la responsabilità, [ ] lo Stato ha diritto, in cambio, di aspettarsi che le persone cerchino attivamente un lavoro» 38. Nel principio del workfare (quale che sia l estensione della sua applicazione concreta) sembra che si sia compiuto un passo avanti: non è più solo la rinuncia alla ricerca attiva, ma anche il rifiuto di un lavoro o di un attività «imposti» dalle autorità pubbliche a comportare una sanzione finanziaria (sospensione o anche soppressione totale o parziale delle prestazioni). Da questo punto di vista nel Regno Unito il servizio pubblico dell impiego (Spe) già da molti anni, ancor prima dell introduzione dei progetti di welfare to work in senso stretto, impiega le persone che cercano lavoro in attività «obbligatorie» di ricerca di impiego e di mobilità 39 (Finn, 1996). La riforma dell ottobre 1996 ha generalizzato e accresciuto le sanzioni finanziarie per coloro che 38 Citazione da King, 1995, p. 175. 39 È il caso ad esempio del programma denominato Restart, dopo 2 anni di disoccupazione. 226

Jean-Claude Barbier non si conformano alle azioni stabilite dallo Spe. Quanto al workfare nel significato che ha oggi negli Stati Uniti, abbiamo visto che esso era diventato più severo per i beneficiari dell assistenza: non si dispone di sufficiente riscontro per conoscerne l efficacia. Lo stesso vale per la variante inglese del workfare (in particolare non si sa come i datori di lavoro utilizzeranno le sovvenzioni per l impiego dei giovani). Nel caso francese dell inserimento la situazione è molto diversa. In primo luogo il dispositivo Rmi, contrariamente alla pratica inglese, resta distinto dall indennità di disoccupazione (obbedendo in ogni caso a una logica molto diversa nei due paesi). Non viene dunque messa in discussione la legittimità dell assicurazione, che si distingue chiaramente dal reddito minimo (Rmi). Quest ultimo, d altronde, coesiste con altri minimi sociali (l indennità per parente non autosufficiente, l indennità di solidarietà specifica) 40. La questione dell inserimento non è limitata al terreno proprio del Rmi. Tuttavia, limitandosi all inserimento nel Rmi, si noterà che la legge del 1993 non contraddice lo spirito di quella del 1988, poiché riguarda l esistenza di un diritto all indennità differenziale per tutte le persone interessate, diritto separato da quello all inserimento. La circolare di applicazione delle disposizioni di inserimento 41 precisa che «l impegno del beneficiario nelle azioni di inserimento non è la contropartita dell indennità; ne è solo una condizione, che il legislatore ha dotato di garanzie reali per le persone interessate. Dunque il carattere contrattuale del contratto di inserimento si basa solo sugli impegni reciproci relativi alle azioni di inserimento». J.M. Belorgey (1996, p. 297) ha recentemente ricordato, durante un dibattito dedicato al tema della prestazione universale, che la legge del 1993 non prevede disposizioni che permettono di escludere automaticamente dal beneficio del Rmi le persone che rifiutano le azioni di inserimento. Ha richiamato inoltre quella che egli definisce «ambiguità congenita del diritto all inserimento derivato dalla legge del 1988»; la prestazione, secondo lui, è chiaramente «intermedia», al momento in cui mira «esplicitamente a proteggere i beneficiari e, nello stesso tempo, a metterli sotto tutela o a riportarli all ordine, a chiuderli in trappola, a bloccarli senza speranza di tornare indietro, in una forma semi-umanizzata di esclusione». 40 Nell ottobre 1996 il governo francese aveva presentato una bozza di progetto di legge di orientamento relativo al rafforzamento della coesione sociale, in cui si prevedeva l «attivazione» di alcune di queste indennità e la creazione di impieghi locali di inserimento. Il progetto è stato ritirato in vista delle elezioni del 1997: al momento in cui scriviamo questo articolo è in preparazione una nuova legge contro l esclusione. 41 Circolare Dirmi n. 93-04 del 27 marzo 1993. 227

La logica del workfare in Europa e negli Stati Uniti: i limiti delle analisi globali I termini del «contratto» sembrano dunque differenziarsi radicalmente da quelli illustrati in precedenza, con riferimento agli obiettivi del ministro britannico, o da quelli evocati nel contesto americano della cultura della «dipendenza». Ciò non significa che concezioni simili a quelle che esistono nel Regno Unito e negli Stati Uniti siano assenti nel contesto francese. Tuttavia le azioni di inserimento proposte ai beneficiari del Rmi non sono solo delle azioni orientate verso il mercato del lavoro, a differenza di quelle messe in opera dai servizi pubblici per l impiego britannico o americano. La questione dell inserimento è considerata in termini globali e comporta numerose dimensioni 42. La circolare citata ha cura di precisare che «l inserimento professionale non rappresenta il solo obiettivo della legge e neppure un obiettivo valido per tutti i beneficiari». Da parte sua, la circolare di applicazione del Rmi relativa all indennità 43 prevede esplicitamente, in una sezione del capitolo 1, che i beneficiari non devono essere obbligatoriamente iscritti all Anpe 44 e che coloro che chiedono l indennità «non possono rifiutarsi di accedere ai diritti», pena la perdita del loro diritto alle prestazioni di disoccupazione in ragione della rinuncia alla ricerca effettiva di impiego. In questo caso, dunque, siamo lontani dallo spirito del workfare, almeno per come esso è inteso nel contesto americano o britannico. Tenuto conto dell «ambiguità» segnalata da J.M. Belorgey, si potrebbe pensare che tutto dipende infine dalle condizioni pratiche in cui vengono applicate queste disposizioni. A tale riguardo si sa che poco meno della metà dei beneficiari hanno un contratto di inserimento; che essi sono gli unici a essere soggetti a sospensione delle indennità per motivi legati alla mancanza di collaborazione con i servizi incaricati di applicare il contratto di inserimento; che le sospensioni oscillano tra il 5 e il 6% dei contratti presi in esame 45. Mentre i programmi sociali inglese e americano assegnano un ruolo centrale all incentivazione al lavoro, in base alla concezione secondo cui coloro che chiedono aiuto o prestazioni non sono sufficientemente attivi 42 Si veda l articolo 42-5 della legge, che precisa le seguenti categorie: azioni di valutazione, di orientamento e di rimobilizzazione; attività d interesse generale o di impiego; azioni intese a favorire l autonomia sociale, l accesso alla casa, ad attività e corsi di formazione capaci di offrire o di migliorare le competenze professionali e la capacità di inserimento; azioni intese a facilitare l accesso all assistenza. 43 Circolare Dss/Dirmi del 26 marzo 1993. 44 Nel 1994 dichiaravano di essere iscritti all Anpe il 57% dei firmatari dei contratti di inserimento (in media nazionale il tasso di sottoscrizione dei contratti di inserimento è situato attorno al 47%); l 11% si dichiaravano disoccupati senza essere iscritti (cfr. Profils des signataires et nature des contrats d insertion du Rmi», «Documents statistiques», n. 242, novembre 1995, Sesi, Ministero degli Affari Sociali). 45 Fonte: Delegazione sul Rmi. 228