Capitolo Settimo. Il matrimonio



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Capitolo Settimo Il matrimonio 1. Promessa di matrimonio L art. 26, L. 218/1995 stabilisce che la promessa di matrimonio e le conseguenze della sua violazione sono regolate dalla legge nazionale comune dei nubendi. In mancanza di una legge comune, non essendo più consentito stabilire la prevalenza di quella del marito, troverà applicazione la lex fori ovvero la legge italiana (concorso successivo di criteri di collegamento). La scelta della lex fori quale criterio di collegamento risponde all esigenza di trovare un collegamento neutro quando i nubendi siano di nazionalità diverse. La precedente disciplina non prevedeva alcuna norma specifica e la dottrina riteneva applicabile la lex personae. 2. Requisiti per contrarre matrimonio In linea generale i requisiti necessari per contrarre matrimonio (età, capacità naturale, assenza di precedenti vincoli matrimoniali validi etc.) sono disciplinati dalla legge nazionale di ciascuno dei nubendi (art. 27 L. 218/1995) rispetto ai quali, dunque, dovrà essere fatta una valutazione separata alla luce delle rispettive leggi nazionali di appartenenza. Naturalmente ciascun coniuge potrà far valere soltanto la mancanza dei requisiti richiesti dalla propria legge nazionale. Così, ad es., in caso di matrimonio tra un cittadino italiano ed uno svedese, l azione diretta a far accertare l invalidità del matrimonio per grave malattia di uno dei coniugi potrà essere esercitata soltanto dal coniuge svedese; nell ordinamento italiano, infatti, una simile evenienza non ha rilievo ai fini della validità del matrimonio. Anche i vizi della volontà e le eventuali altre cause di nullità collegate allo stato ed alla capacità dei nubendi (ad es. mancanza del consenso dei genitori o dell autorizzazione del Tribunale nei casi previsti dalla legge) sono regolati dalla legge nazionale di ciascun coniuge. L art. 27 non ha inciso sulla disciplina stabilita dall art. 115 c.c. per l italiano che contrae matrimonio all estero e dall art. 116 c.c. per lo straniero che contrae matrimonio in Italia poiché sono norme di applicazione necessaria. L art. 116 c.c. stabilisce infatti che anche il cittadino straniero, che intenda contrarre matrimonio in Italia (oltre a dover presentare una dichiarazione dell autorità competente del proprio paese attestante che, secondo la sua legge, nulla osta al matrimonio) deve rispettare alcune delle condizioni relative alla capacità di contrarre matrimonio dei cittadini italiani (libertà di stato, assenza di provvedimenti di interdizione per infermità di mente etc.).

60 Capitolo Settimo Trattandosi di una tipica norma di applicazione necessaria è una norma dotata, anche in deroga ai criteri fissati dalle norme di d.i.p., di efficacia assoluta nel territorio dello Stato. Quando è lesa la libertà della persona nella sua autodeterminazione al matrimonio devono essere applicati i principi dell ordine pubblico internazionale che consentono allo straniero di poter contrarre valido matrimonio se è nell impossibilità di produrre il suddetto nulla osta: è il caso della donna musulmana che decide di contrarre matrimonio con un non-islamico e per questa ragione si vede negato il nulla osta. Ne consegue che lo straniero che contrae matrimonio in Italia deve presentare un duplice ordine di requisiti: da un lato, secondo il principio generale fissato dall art. 27 L. 218/1995, quelli fissati dalla propria legge nazionale, dall altro quelli inderogabilmente richiesti dall art. 116 c.c. Ai sensi del 2 comma dell art. 27 resta salvo lo stato libero che uno dei nubendi ha acquistato per effetto di un giudicato italiano o riconosciuto in Italia. Quale status è riconosciuto a colui che ha contratto all estero un matrimonio poligamico o un matrimonio omosessuale? Se la regolamentazione è sulla base della lex personae l Italia dovrebbe considerare valido lo status coniugale. Ma sono altri i principi che intervengo nelle questioni di cui si tratta. In particolare: alcuno status coniugale può essere riconosciuto alle parti di un matrimonio omosessuale, data l impossibilità di ammettere il riconoscimento di tale tipo di unione nel nostro ordinamento per i limiti dell ordine pubblico: è ancora tra i principi fondanti la diversità dei sessi nel matrimonio. Il nostro ordinamento non lo riconosce neppure ai soli fini della trascrizione (Mosconi). La Cassazione, però, con sent. 15-11-2012, n. 4184 ha stabilito che le persone omosessuali conviventi in stabili relazioni di fatto possono agire in giudizio in specifiche situazioni per reclamare un trattamento omogeneo rispetto ai conviventi matrimoniali (v. infra La trascrizione del matrimonio estero). in punto ai matrimoni poligamici, stante la certezza che appare impossibile costituire in Italia una simile unione tra più persone, appare differente operare il riconoscimento di qualcosa che già è esistente, se ciò è strumento necessario per una più ampia tutela della persona. Così sarà possibile riconoscere lo status coniugale di una donna islamica al fine di ammetterla alla successione ereditaria. Non vi è accordo, invece, in ordine alla qualificazione, ai fini dell individuazione della norma di d.i.p. applicabile, delle cd. pubblicazioni matrimoniali come requisiti formali o sostanziali del matrimonio. Sembra preferibile, peraltro, la tesi che attribuisce alle stesse carattere di requisito sostanziale (con conseguente applicazione della legge nazionale) sulla base del rilievo che la funzione delle pubblicazioni è quella di facilitare la conoscenza, attraverso la divulgazione della notizia del matrimonio, di eventuali impedimenti. Quale che sia la soluzione teoricamente più corretta, il sistema italiano di d.i.p. ha risolto in maniera espressa il problema dell individuazione della legge applicabile alle pubblicazioni stabilendo, con norme di applicazione necessaria, che debbono essere osservate le norme italiane in tema di pubblicazione tanto da parte del cittadino che contrae matrimonio all estero quanto da

Il matrimonio 61 parte dello straniero che, residente o domiciliato in Italia, intenda contrarre matrimonio nel territorio dello Stato (artt. 115, 116 c.c., D.P.R. 396/2000). 3. La celebrazione del matrimonio La forma di celebrazione del matrimonio è regolata, ex art. 28 L. 218/1995, dalla legge del luogo di celebrazione del matrimonio, o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione o da quella dello Stato di comune residenza dei coniugi nello stesso momento. In base a tale principio la Cassazione ha ritenuto valido il matrimonio celebrato all estero indipendentemente dalla trascrizione poiché questa ha natura certificativa e non costitutiva (Cass., 18-7-2013, n. 17620). Quanto al criterio in base al quale effettuare la scelta tra l uno e l altro criterio di collegamento, esso, in ossequio ad un generale principio di conservazione dell atto, si individua nella prevalenza della legge che assicura, meglio delle altre la piena validità ed efficacia dell atto. In molti ordinamenti esistono, in ordine alla forma di celebrazione del matrimonio, norme di applicazione necessaria che impongono il rispetto della legge nazionale, per tutti i matrimoni celebrati nel territorio dello Stato, anche tra cittadini stranieri. Nel nostro sistema di d.i.p. manca una norma espressa in tal senso; tuttavia autorevole dottrina ritiene che si debba implicitamente riconoscerne l esistenza (BALLARINO). Si osserva, infatti, che l art. 116 c.c. nel prevedere un intervento dell ufficiale di stato civile, cui deve essere esibita l attestazione dell autorità straniera competente, produce un effetto analogo a quello delle norme di applicazione necessaria di cui sopra. A meno, infatti, di non voler ritenere che tale disposizione si riferisca solo all ipotesi in cui i nubendi abbiano essi stessi scelta come forma matrimoniale quella che si celebra dinanzi all ufficiale di stato civile la norma presuppone, postulando la presenza dell ufficiale di stato civile, che la celebrazione del matrimonio nelle forme previste dalla legge italiana è obbligatoria per tutti coloro che si sposano nel territorio dello Stato. 4. Il matrimonio concordatario Questione discussa è se tra le forme matrimoniali previste dalla legge italiana possa essere adottata, da parte di cittadini stranieri che intendono contrarre matrimonio in Italia ovvero da cittadini italiani che vogliono sposarsi all estero, anche quella c.d. concordataria. Quanto all utilizzabilità del matrimonio concordatario da parte di cittadini italiani all estero, va preliminarmente chiarito che il problema non riguarda le ipotesi di matrimoni religiosi riconosciuti dallo Stato estero in cui vengono celebrati. In tal caso, infatti, i nubendi non fanno altro che utilizzare la legge del luogo in cui viene celebrato il matrimonio; facoltà che è loro senza dubbio concessa ai sensi dell art. 28 L. 218/1995.

62 Capitolo Settimo Il problema si pone, invece, nell ipotesi in cui i cittadini italiani intendono fare uso della disciplina sul matrimonio concordatario italiano come propria legge nazionale. La prevalente dottrina internazional-privatistica è orientata in senso negativo sulla base del rilievo che le norme concordatarie (ed anche le leggi italiane che ad esse hanno dato attuazione) avrebbero efficacia esclusivamente nell ambito dello Stato italiano (VITTA, MORELLI, BALLADORE, PALLIERI). Ciò si desume sia dal fatto che alcune formalità del matrimonio concordatario, quale, ad es., l immediata trasmissione dell atto di matrimonio all ufficiale di stato civile del comune in cui il matrimonio è stato celebrato, hanno senso e si giustificano solo se il matrimonio viene celebrato in Italia, sia dalla considerazione che le norme del concordato, per il loro carattere di deroga alla legislazione matrimoniale generale, non possono essere considerate, a fini internazional-privatistici, come legge matrimoniale nazionale dei cittadini italiani e, dunque, non sono suscettibili, ex art. 26 disp. prel., di essere applicate all estero. Altra parte della dottrina e, soprattutto, la giurisprudenza hanno, al contrario, riconosciuto la possibilità di far uso, da parte dei cittadini italiani che contraggono matrimonio all estero, della forma canonico-concordataria con conseguente dichiarazione di validità ed efficacia, anche in Italia, di matrimoni concordatari celebrati tra cittadini italiani in Stati in cui (ad es. Francia o Germania) i matrimoni religiosi non sono riconosciuti agli effetti civili. Il Concordato, in quanto concluso tra enti paraordinati, avrebbe efficacia extraterritoriale. A sostegno di tale tesi si evidenzia che le presunte difficoltà di ordine pratico che si incontrano nell applicazione all estero della disciplina concordataria potrebbero agevolmente essere superate con opportuni accorgimenti. Così, ad es., il problema della trasmissione dell originale dell atto di matrimonio all ufficiale di stato civile per la trascrizione potrebbe agevolmente essere risolto con la collaborazione degli uffici consolari italiani all estero. In secondo luogo si sottolinea (BALLARINO) la mancanza di una norma nel sistema della legislazione matrimoniale italiana, dalla quale far discendere l idea dell efficacia territorialmente limitata all Italia delle disposizioni concordatarie. Anche in ordine al secondo problema, quello, cioè, della facoltà dei cittadini stranieri di celebrare in Italia un matrimonio in forme concordatarie, prevale, in dottrina, un atteggiamento negativo fondato su un duplice ordine di motivi. Innanzitutto si fa osservare che la disciplina del matrimonio canonico o concordatario non investe soltanto questioni di forma dell atto ma anche aspetti sostanziali (ad es. in tema di condizioni di capacità e requisiti del consenso) che non possono essere sottratti, ex art. 27 L. 218/1995, alla legge nazionale degli stranieri che intendono celebrare il matrimonio in Italia. Va, inoltre, tenuto presente che l art. 116 c.c., laddove impone anche allo straniero che contrae matrimonio in Italia, il rispetto di alcuni dei divieti sanciti dal codice civile di fatto esclude la possibilità che il matrimonio dello straniero venga celebrato in forma autenticamente concordataria visto che per il matrimonio concordatario dovrebbero valere soltanto gli impedimenti previsti dal diritto canonico. La giurisprudenza, peraltro, considerando il matrimonio concordatario come una delle forme matrimoniali previste dal diritto italiano ha accordato

Il matrimonio 63 anche ai cittadini stranieri la facoltà di farne uso come legge del luogo di celebrazione del matrimonio (art. 28 L. 218/1995). Nessuna perplessità sorge, invece, in ordine alla possibilità che cittadini stranieri celebrino in Italia matrimoni acattolici, essendo il matrimonio acattolico una sottospecie del matrimonio civile. La trascrizione del matrimonio estero Ai sensi dell art. 65 della legge 218/95 i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone nonché all esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalità, purché pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge risulta, secondo norme di conflitto italiane, applicabile alla fattispecie concreta, hanno effetto diretto nel nostro Paese, senza che sia necessaria alcuna ulteriore procedura di riconoscimento. La norma dell art. 27 della stessa legge prevede, come abbiamo visto, che, in linea generale, i requisiti necessari per contrarre matrimonio e la forma stessa del matrimonio vengono disciplinati dalla legge nazionale dei nubendi. Ne consegue che, di regola, il matrimonio contratto all estero può essere senz altro direttamente trascritto nei registri dello stato civile italiano e che, in capo all ufficiale di stato civile, il Sindaco o un suo delegato, sussiste un preciso obbligo di procedere a tale attività. Dopo un iniziale periodo di incertezza tale dato è stato recepito anche formalmente dall autorità amministrativa che, con il nuovo Regolamento dello Stato Civile (D.P.R. 3-11-2000, n. 396) ha stabilito, all art. 63, comma 2, lett. c) che l ufficiale deve procedere alla trascrizione nei registri dello stato civile anche dei matrimoni celebrati all estero sia tra cittadini italiani che tra stranieri. Vi è però il limite dell ordine pubblico. L art. 18 dello stesso ordinamento di stato civile precisa, infatti, che gli atti formati all estero non possono essere trascritti se contrari all ordine pubblico. Relativamente alla trascrizione in Italia di un matrimonio omosessuale celebrato all estero tra cittadini stranieri, il giudice di merito (Trib. Latina, decreto 10-6-2005, n. 3) ha affermato che, allo stato attuale dell evoluzione della società italiana, il matrimonio tra persone dello stesso sesso risulta in contrasto insanabile con quel patrimonio di tradizioni, valori e principi che costituiscono il fondamento, in ciascun periodo storico, dell atteggiamento etico giuridico caratterizzante dell ordinamento nazionale e, dunque, del già richiamato limite del cd. ordine pubblico internazionale (v. supra). Il principio è stato ribadito, più di recente, dalla Corte d Appello di Firenze (decreto 30-6-2008) che ha ritenuto legittimo, allo stato attuale della normativa, il rifiuto dell ufficiale di stato civile ad effettuare le pubblicazioni matrimoniali richieste da due persone dello stesso sesso. La Corte di Cassazione con sent. 15-3-2012, n. 4184 ha ribadito, la non trascrivibilità del matrimonio omosessuale celebrato all estero; ha tuttavia aperto uno spiraglio affermando, sulla scorta della giurisprudenza costituzionale ed europea, che il matrimonio non è tuttavia inesistente per l ordinamento interno e, inoltre, che le persone omosessuali conviventi in stabile relazione di fatto sono titolari del diritto alla vita familiare e possono agire in giudizio in specifiche situazioni per reclamare un trattamento omogeneo rispetto ai conviventi matrimoniali. Di diverso avviso il Tribunale di Grosseto che con ordinanza del 3 aprile 2014 ha, invece, ammesso la trascrizione nei registri di stato civile dell atto di matrimonio celebrato a New York da una coppia omosessuale di cittadini italiani. Secondo il Tribunale non vi è nessun ostacolo e nessun motivo di ordine pubblico che impedisca la trascrizione: gli articoli da 84 a 88 del codice civile (condizioni necessarie per contrarre matrimonio) non fanno riferimento al sesso tra le condizioni per contrarre matrimonio. Inoltre l art. 12 della CEDU (Convenzione europea dei diritti dell uomo) va inteso in senso ampio, inclusivo anche del matrimonio tra due persone dello stesso sesso. Altro argomento utilizzato dal Tribunale di Grosseto riguarda la natura solo certificativa e non costitutiva della trascrizione. Sempre a proposito della trascrizione del matrimonio estero in una circolare (Circ. 25/2011 del 13-10-2011) il Ministero dell Interno ha precisato che il consenso di entrambi i coniugi

64 Capitolo Settimo costituisce sempre un requisito essenziale, di ordine sostanziale, alla sussistenza di un valido vincolo matrimoniale, in mancanza del quale non è possibile riconoscere il matrimonio per chiara contrarietà all ordine pubblico. Ne consegue che, sussistendo anche Stati (come ad esempio il Marocco), in cui l atto di riconoscimento del matrimonio ai fini civili, ivi effettuato dall autorità competente successivamente alla celebrazione del matrimonio, non contiene l espresso accertamento della volontà degli sposi di unirsi in matrimonio, ma si configura come atto di accertamento della sussistenza del vincolo matrimoniale, ai fini della trascrivibilità del matrimonio in Italia, resta necessario verificare che, nella sostanza, il matrimonio sia stato contratto volontariamente da entrambi gli sposi, quale requisito per la configurabilità giuridica del matrimonio medesimo. 5. I rapporti coniugali derivanti dal matrimonio A) Generalità A seguito della celebrazione del matrimonio si costituisce in capo ai coniugi un articolata serie di diritti ed obblighi reciproci che si raccoglie nella categoria dei cd. rapporti coniugali, nell ambito dei quali è ulteriormente possibile distinguere tra i rapporti patrimoniali, ovvero i rapporti afferenti ai diritti dei coniugi sui propri beni nonché agli obblighi di prestazioni patrimoniali in favore dell altro coniuge, e rapporti personali ovvero tutti quelli non aventi contenuto patrimoniale (obbligo di vita comune, di collaborazione all andamento della vita familiare, di fedeltà etc.). La distinzione ha una notevole rilevanza dal punto di vista internazionalprivatistico: mentre infatti, i rapporti coniugali patrimoniali sono disciplinati in maniera specifica dall art. 30 L. 218/1995, quelli personali ricadono nell ambito d applicazione dell art. 29 della legge. B) Rapporti non patrimoniali Il legislatore del 1995 ha risolto i problemi posti dalla disciplina previgente facendo ricorso ad un criterio di collegamento del tutto inedito. Ai sensi dell art. 29, comma 2, della L. 218/1995 se i coniugi hanno nazionalità diversa (o più cittadinanze comuni) troverà applicazione la legge dello Stato in cui la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata. Si tratta di un criterio che, pur essendo già accolto in molti ordinamenti anglosassoni, rappresenta, per il diritto italiano, una assoluta novità. Sembra preferibile la tesi secondo la quale tale localizzazione costituisce un «quid facti» da accertare, caso per caso, nella sua effettività a prescindere dal dato formale (che potrebbe anche non corrispondere più a realtà) della residenza anagrafica familiare. C) Rapporti patrimoniali Ai sensi dell art. 30 L. 218/1995 i rapporti patrimoniali tra coniugi sono, in linea generale, regolati dalla stessa legge individuata come applicabile (v. sopra) ai loro rapporti personali. Tuttavia, accanto a questo sistema legale, la stessa disposizione prevede la possibilità di dare vita ad un regime patrimoniale convenzionale.

Il matrimonio 65 La legge stabilisce, infatti, che i coniugi possono convenire che i loro rapporti patrimoniali siano regolati dalla legge nazionale di uno di loro ovvero da quella dello Stato in cui almeno uno di loro risiede. La scelta deve avvenire in forma scritta. Occorre, inoltre, che l accordo tra i coniugi sia considerato valido dalla legge scelta o da quella del luogo in cui l accordo coniugale patrimoniale è concluso. Secondo parte della dottrina le condizioni di validità richieste dalla legge scelta o da quella del luogo in cui l accordo è stato stipulato riguarderebbe anche i requisiti di validità generale del patto. Per effetto di tale complesso di norme può accadere che una coppia di coniugi agisca, con negozi patrimoniali, in uno Stato (ad es. l Italia) mentre i loro rapporti patrimoniali restano regolati dalla legge di un altro paese (ad es. la Francia). In tal caso, allo scopo di tutelare l affidamento dei terzi di buona fede, l art. 30, comma 3, L. 218/1995 precisa che il regime dei rapporti patrimoniali coniugali regolato da una legge straniera è opponibile ai terzi nel caso di beni mobili soltanto se: questi ne hanno avuto conoscenza; ovvero ne hanno ignorato il contenuto per loro colpa. Tale affidamento risulta scarsamente tutelato soprattutto nell ipotesi di beni mobili di notevole valore. Non è chiaro, infatti, con quale modalità il terzo potrebbe reperire tutte queste informazioni. Nel caso di convenzioni patrimoniali coniugali su beni immobili l opponibilità a terzi presuppone il rispetto delle forme di pubblicità immobiliare previste dalla legge dello Stato in cui si trovano i beni. La tutela del terzo risulta fortemente compromessa dalla opportunità, in capo ai coniugi, di modificare o revocare l accordo sulla legge regolatrice, con effetto retroattivo. È stato escluso che, ai fini della disciplina di d.i.p. sia riconducibile all alveo dei rapporti di famiglia l istituto della cd. impresa familiare di cui all art. 230bis c.c. Essa, infatti, non si costituisce automaticamente per il solo fatto dell esistenza di rapporti di parentela ma richiede una manifestazione di volontà della parte ancorché desumibile da comportamenti concludenti (Cass. sez. Lavoro sent. 1917 del 6-3-99). Effetti internazionalprivatistici potrebbe avere la pronuncia Corte di Cassazione ( Cass. Sez. 1, 21 dicembre 2012 n. 23713 ) che ha riconosciuto, nel nostro ordinamento, la validità dei cd. accordi prematrimoniali ovvero quei patti stipulati tra i nubendi destinati a regolare i rapporti patrimoniali reciproci per il caso di crisi o scioglimento del matrimonio. In passato, infatti, la Cassazione era orientata in prevalenza nel senso di escludere la legittimità di tali accordi sulla base di un principio di indisponibilità dello status personale di coniuge e dei diritti patrimoniali da esso scaturiti. Ne consegue che nessun ostacolo dovrebbe più essere frapposto all applicazione di norme straniere, richiamate dalle norme italiane di d.i.p., che dessero riconoscimento e tutela ad analoghe forme di pattuizione prematrimoniale. Le obbligazioni alimentari sono espressamente regolate dall art. 45 (v. Obbligazioni alimentari in Appendice).

66 Capitolo Settimo 6. Separazione La patologia della vita matrimoniale può originare due vicende giuridicamente diverse: la separazione personale tra i coniugi ed il divorzio. La separazione si distingue rispetto al divorzio perché non determina lo scioglimento del vincolo matrimoniale anche se comporta significative trasformazioni del contenuto dei rapporti personali e patrimoniali tra i coniugi. L art. 31, comma1, L. 218/1995, stabilisce infatti che la separazione personale è regolata dalla legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda di separazione ovvero, in mancanza di legge comune, da quella dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata. Benché i criteri siano gli stessi già utilizzati per la legge applicabile ai rapporti personali, in questa sede il legislatore ha preferito eliminare ogni variabilità, cristallizzando il criterio al momento della proposizione della domanda. Tale legge (secondo la dottrina più autorevole) regolerà anche le modifiche delle condizioni di separazione. Rilevante risulta la previsione del secondo comma dell art. 31 in base al quale, qualora la separazione e il divorzio non siano previsti dalla legge straniera applicabile, prevale la legge italiana. Questa propensione per la lex fori è giustificata dall esigenza di assicurare ai propri cittadini la possibilità di separarsi (o divorziare) indipendentemente dalle disposizioni delle leggi straniere (Ballarino). Si tratta, come è evidente degli stessi criteri di collegamento individuati, per tutti i rapporti coniugali personali, dall art. 29 L. 218/1995. I mezzi e le forme attraverso le quali giungere alla dichiarazione della separazione personale saranno regolati, ex art. 12 L. 218/1995, dalla legge del luogo in cui la domanda viene promossa. Il principio della legge nazionale è espressamente recepito, in materia di separazione personale, anche dalla Convenzione dell Aja del 1902 cui l Italia ha aderito nel 1905. Tale convenzione detta anche norme specifiche per il caso del mutamento di cittadinanza escludendo che la separazione possa essere pronunciata sulla base di circostanze che, irrilevanti per la legge nazionale del coniuge all epoca in cui si sono verificate, sono rilevanti per la nuova legge nazionale divenuta competente a seguito del mutamento di cittadinanza. Giurisprudenza In tema di separazione personale dei coniugi non aventi la medesima nazionalità (e di scioglimento del matrimonio), l art. 31, primo comma, della L. 31-5-1995, n. 218, prevede il criterio di collegamento, ai fini dell accertamento della legge applicabile, del luogo della «vita matrimoniale», che va inteso in senso dinamico, come centro principale degli interessi e degli affetti dei coniugi, il quale spesso, ma non necessariamente, coincide con la residenza familiare, potendo i componenti della famiglia anche avere residenze diverse; pertanto, ancorché per lungo tempo la vita matrimoniale sia stata localizzata in uno Stato, qualora successivamente, ed anche se da un breve lasso di tempo, si verifichi un mutamento, è alla nuova localizzazione che il giudice deve fare riferimento, rilevando il concreto atteggiarsi dei rapporti familiari al momento della presentazione della domanda (Cass. Sez. I, 4-4-2011, n. 7599). Lo scioglimento del matrimonio fra coniugi di diversa cittadinanza è regolato dalla legge del paese di prevalente localizzazione della vita matrimoniale.

Il matrimonio 67 Non contrasta con l ordine pubblico la legge spagnola che consente di pronunciare lo scioglimento del matrimonio sulla base della dichiarazione di volontà in tal senso di uno dei coniugi (Trib. Firenze, 13-5-2009). Nell ambito di un procedimento di separazione giudiziale incardinato dinanzi ad un autorità giudiziaria italiana ad opera di una cittadina straniera (indiana) in danno del coniuge avente pari nazionalità al fine di ottenere una pronuncia sul vincolo, sull addebito della separazione nonché sulla determinazione di un contributo di mantenimento in suo favore, il primo quesito da risolvere riguarda la scelta della normativa da applicare al caso concreto. Ciò in quanto compito del Giudice, a stregua del combinato disposto di cui agli artt. 14 e 31 della legge n. 218/1995, è di accertare d ufficio la legge straniera eventualmente applicabile al rapporto in forza delle disposizioni di diritto internazionale privato (nella fattispecie, il tribunale respinge la domanda di separazione personale tra i coniugi avanzata dalla ricorrente stante la mancanza del requisito richiesto dalla legge nazionale comune dei coniugi e, precisamente, dall Hindu Marriage Act del 1955 per il mancato decorso di un biennio dell abbandono del coniuge immediatamente precedente alla data di presentazione del ricorso) (Trib. Reggio Emilia, 1-2-2013). 7. Il divorzio A) Generalità L art. 31 della L. 218/1995 ha esteso anche all istituto del divorzio l operatività dei criteri di collegamento fissati per tutti i rapporti coniugali personali e per la separazione. Il secondo comma della stessa disposizione prevede che nel caso in cui la separazione o il divorzio non siano per nulla previsti e regolati dalla legge straniera individuata come applicabile, troverà applicazione la legge italiana. Il presupposto per l applicazione della legge italiana è l assenza dell uno o dell altro istituto nell ordinamento straniero e non l impossibilità per la parte di avvalersene nel caso concreto, né la difficoltà delle condizioni per la sua concessione. La norma riproduce, trasformandola in regola internazional-privatistica generale, il contenuto di una norma di applicazione necessaria introdotta dalla legge istitutiva del divorzio (art. 12quinquies introdotto con L. 6-3-1987, n. 74). B) Le condizioni Si discute se il divorzio possa essere pronunciato per motivi e a condizioni che, ancorché previsti dalla legge nazionale dei coniugi, non lo siano dalla legge italiana. Una parte della dottrina (BALLARINO) si è pronunciata in senso negativo argomentando che tale ulteriore limitazione si desume, nel sistema italiano di d.i.p., dall art. 2 della Convenzione dell Aja del 1902. Altri (MORELLI), invece, ritengono che tale ulteriore condizione non sia richiesta, atteso che l art. 3 della stessa Convenzione precisa che deve osservarsi la sola legge nazionale se ciò è previsto dalle norme di d.i.p. dello Stato in cui si chiede la pronuncia del divorzio e tale è, per l appunto, quanto previsto dall ordinamento italiano. In tal senso sembra orientata anche la giurisprudenza che ad esempio ha ritenuto applicabile la legge spagnola che prevede la possibilità di sciogliere il vincolo matrimoniale dopo solo tre mesi sen-

68 Capitolo Settimo za passare dalla separazione (Trib. Firenze, 18-5-2009, n. 1723). Resta fermo, naturalmente, il limite dell ordine pubblico, in base al quale nessun giudice italiano potrà pronunciare una sentenza di divorzio avente a motivo il ripudio islamico. 8. Il Regolamento (UE) 1259/2010 In tema di legge applicabile alla separazione e al divorzio va segnalato il Reg. UE 1259/2010 (in vigore dal 21 giugno 2012). Il Regolamento indica una disciplina comune ed uniforme tra i Paesi CE in materia di separazione e divorzio, in modo da evitare le «migrazioni» negli Stati che offrono delle condizioni giuridiche migliori per divorziare, rispetto al Paese di origine. Difatti, nelle premesse del Regolamento si legge: «Il presente regolamento dovrebbe istituire un quadro giuridico chiaro e completo in materia di legge applicabile al divorzio e alla separazione personale negli Stati membri partecipanti e garantire ai cittadini soluzioni adeguate per quanto concerne la certezza del diritto, la prevedibilità e la flessibilità, e impedire le situazioni in cui un coniuge domanda il divorzio prima dell altro per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che ritiene più favorevole alla tutela dei suoi interessi». A tal fine, il Regolamento (art. 5) consente ai coniugi di scegliere la legge applicabile, a condizione che si tratti di: legge dello Stato della residenza abituale dei coniugi al momento della conclusione dell accordo; o legge dello Stato dell ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora al momento della conclusione dell accordo; o legge dello Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza al momento della conclusione dell accordo; o legge del foro. Si ricorda che il regolamento è stato approvato in seguito alla decisione di avvalersi della cooperazione rafforzata che consente agli Stati membri che intendono perseguire determinate politiche comuni di procedere anche in assenza di una volontà comune di tutti i membri; di conseguenza il testo si applica solo negli Stati che vi hanno aderito e cioè: Belgio, Bulgaria, Germania, Spagna, Francia, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Austria, Portogallo, Romania e Slovenia e successivamente la Lituania e la Grecia (rispettivamente dal 22 maggio 2014 e dal 29 maggio 2015). Giurisprudenza Il Regolamento n. 1259/2010 del 20 dicembre 2010, all art. 5, comma 1, prevede la possibilità per i coniugi di «designare per comune accordo la legge applicabile al divorzio e alla separazione personale», individuando nella volontà dei coniugi il criterio privilegiato per la scelta della legge applicabile nelle procedure di scioglimento del vincolo matrimoniale. Tale accordo può essere concluso o modificato nel momento in cui è adita l autorità giudiziaria, ma, ove previsto dalla legge del foro adito, i coniugi possono designare la legge applicabile anche nel corso del procedimento innanzi all autorità giudiziaria adita (Trib. Milano, 11-12-2012).

Il matrimonio 69 9. La giurisdizione L art. 32 L. 218/1995 detta le norme relative alla giurisdizione stabilendo che in materia di nullità e di annullamento del matrimonio, di separazione personale e di scioglimento del matrimonio, la giurisdizione italiana sussiste, oltre che nei casi previsti dall art. 3, anche quando uno dei coniugi è cittadino italiano o il matrimonio è stato celebrato in Italia. Va però ricordato che l Unione europea ha adottato in materia il reg. 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale. Il regolamento utilizza come criteri di giurisdizione la residenza e la giurisdizione (v. infra). Riconoscimento delle sentenze straniere di divorzio Quanto al riconoscimento delle sentenze straniere di divorzio, va precisato che anche prima del 1970, quando cioè si riteneva che il principio di ordine pubblico dell indissolubilità del matrimonio impedisse l applicazione in Italia di norme straniere richiamate in tale materia, la giurisprudenza ammetteva il riconoscimento di sentenze straniere di divorzio pronunciate nei confronti di cittadini stranieri (e, in qualche raro caso, anche nei confronti di uno straniero ed un italiano che avevano contratto matrimonio all estero). Ciò avveniva in base a quel singolare fenomeno per cui il limite dell ordine pubblico internazionale funziona con intensità minore quando non si tratta di applicare direttamente norme straniere ma di riconoscere sentenze già emanate all estero sulla base di tali norme. Con l entrata in vigore della legge sul divorzio (L. 898/1970) la situazione si era già modificata. Infatti è venuto meno l ostacolo al riconoscimento di sentenze straniere di divorzio pronunciate nei confronti di cittadini italiani anche se hanno contratto matrimonio in Italia. Ciò vale anche nel caso di matrimoni celebrati in forma concordataria atteso che l art. 2 della legge sul divorzio ha esplicitamente riconosciuto al giudice italiano la facoltà di far cessare gli effetti civili dei matrimoni concordatari facendo cessare la c.d. riserva di giurisdizione precedentemente riconosciuta, rispetto a tali matrimoni, in favore dei tribunali ecclesiastici. La legge di riforma del 1995 ha sancito il riconoscimento automatico delle sentenze straniere di separazione e divorzio attraverso il procedimento semplificato ex art. 65. Un accertamento giudiziale resta necessario quando il riconoscimento della sentenza straniera viene contestato (art. 67). Ostacolo al riconoscimento degli atti stranieri di divorzio resta l ordine pubblico. Pertanto non possono essere riconosciute sentenze di divorzio fondate ad es. su norme straniere che ammettono il ripudio unilaterale del marito o escludono l obbligo alimentare tra i coniugi successivamente al divorzio. Non è considerata, invece, applicazione di un principio di ordine pubblico, la diversa valutazione tra ordinamento statale e straniero degli elementi accidentali del negozio quali termine e condizione (Cass. 11-6-1997, n. 5243). Così pure non è considerata contraria all ordine pubblico la circostanza che il diritto straniero preveda che il divorzio possa essere pronunciato senza passare attraverso la separazione personale e il decorso. Nei rapporti tra Stati membri anche in tema di riconoscimento il Reg. 2201/2003 prevale sull art. 65: il riconoscimento è automatico (anche per le sentenze emesse dai tribunali ecclesiastici di Spagna e Portogallo) a condizione che non ci sia stata violazione del contraddittorio e dei principi essenziali di difesa. Un caso differente è rappresentato dalle sentenze di nullità matrimoniale pronunciate in Italia da un tribunale ecclesiastico. Per gli accordi tra Stato e S. Sede, che hanno operato un rinvio materiale agli artt. 796 e ss. c.p.c., questi devono considerarsi ancora applicabili, in luogo di quanto stabilito nella legge di riforma del d.i.p.