II Tribunale di Catania composto dai magistrati: 1 dott. A. Maiorana Presidente dott.ssa D. Bonifacio Giudice dott.ssa G. Parisi Giudice relatore esaminati gli atti, sciogliendo la riserva di cui all'udienza del 12.8.2005, premesso che: R.S. ha impugnato il licenziamento intimatogli con decorrenza 1.4.2004 lamentandone, per un verso, l'illegittimità con riguardo alla asserita violazione delle procedure di cui alla legge n.223 91 ed all'inosservanza dei criteri di scelta del personale coinvolto dal procedimento di riduzione del personale e, per altro verso, l'inefficacia poiché intimato in costanza di malattia, la cui certificazione è stata comunicata alla Banca Intesa S.p.a. in data 15.3.2004; la Banca Intesa S.p.a. ha resistito eccependo l'infondatezza sotto tutti i profili dedotti e rilevando, in particolare, che il ricorrente avrebbe prestato acquiescenza al recesso chiedendo di accedere ai Fondo di Solidarietà ed al contempo manifestando la volontà di rinunziare al preavviso ed alla relativa indennità sostitutiva; il ricorrente, in sede di prima udienza, ha avanzato istanza di emissione di un provvedimento ex art. 423 comma 2 c.p.c. ovvero ex art. 700 c.p.c. lamentando di essere privo di redditi ma al contempo di non potere accedere al trattamento pensionistico per il mancato accredito dei contributi previdenziali a decorrere dall'1.4.2004 e chiedendo, nelle more della definizione del giudizio, ordinarsi alla Banca Intesa s.p.a. il pagamento dell'indennità di malattia a decorrere dall'1.4.2004 con il versamento dei relativi contributi previdenziali mentre la società resistente ha chiesto disattendersi tale istanza siccome infondata; Con ordinanza del 27.6.2005 il Giudice del Lavoro ha accolto l'istanza ex art. 700 c.p.c, ordinando a parte resistente di provvedere all'immediata erogazione in favore del ricorrente del trattamento economico di malattia contrattualmente spettante e maturato a decorrere dall'1.4.2004 sino al 31.5.2005, con il versamento dei relativi contributi previdenziali ed assistenziali. Con ricorso depositato in data 18.7.2005 la società ha proposto reclamo, la cui fondatezza è stata contestata dal reclamato. OSSERVA:
la società reclamante fonda la propria tesi sulla richiesta avanzata dal dipendente di beneficiare dell'assegno straordinario a carico del fondo con decorrenza dall'1.4.2004, accompagnata dalla necessaria rinuncia al preavviso e alla relativa indennità sostituiva (vedi dichiarazione del ricorrente del 2.4.2004 in atti). Secondo la reclamante la rinuncia al preavviso e alla relativa indennità sostitutiva varrebbe comunque ad interrompere il rapporto di lavoro alla data indicata nella lettera di licenziamento. Sottolineando che la deduzione in questione non è stata prospettata in primo grado, va osservato che la stessa è irrilevante: la sentenze della Corte di Cassazione citata (n. 13580 del 2001), così come altra più recente (Cass. Civ. sez. lav. N. 8797/2004), dalla reclamante afferma soltanto che dal comportamento delle parti si può desumere un accordo avente ad oggetto l'immediata risoluzione del rapporto e che un tale accordo potrebbe evincersi dall'accettazione senza riserve dell'indennità sostituiva del preavviso. Le fattispecie esaminate dalla Suprema Corte in entrambe le sentenze su citate non avevano ad oggetto il licenziamento e il conseguente diritto di impugnativa dello stesso, bensì delle pretese che presupponevano la prosecuzione del rapporto di lavoro per il periodo di preavviso. Ne consegue che l'affermazione contenuta nelle motivazione della Corte riguardo alla possibilità di un accordo tra le parti avente ad oggetto l'interruzione del rapporto, risulta da un lato irrilevante e dall'altro ripropone l'atro profilo dell'acquiescenza del diritto ad impugnare il licenziamento. Passando a tale secondo profilo, va richiamata, in primo luogo, la Giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale, ribadendo che il diritto di impugnare il licenziamento è disponibile, con conseguente inapplicabilità della previsione dell'art. 2113 c.c. ("Il lavoratore può liberamente disporre del diritto di impugnare il licenziamento, facendone oggetto di rinunce o transazioni, che sono sottratte alla disciplina dell'art. 2113 cc., che considera invalidi e perciò impugnabili i soli atti abdicativi di diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge o dei contratti o accordi collettivi; e, infatti, l'interesse del lavoratore alla prosecuzione del rapporto di lavoro rientra nell'area della libera disponibilità, come è desumibile dalla facoltà di recesso "ad nutum" di cui il medesimo dispone, dall'ammissibilità di risoluzioni consensuali del contratto di lavoro e dalla possibilità di consolidamento degli effetti di un licenziamento illegittimo per mancanza di una tempestiva impugnazione. Cassazione civile, sez. lav. 3 ottobre 2000, n. 13134"), in materia di rinuncia all'impugnativa richiede una valutazione complessiva del
comportamento delle parti, escludendo che la stessa possa desumersi semplicemente, per esempio, dalla sottoscrizione di quietanze liberatorie o a saldo aventi quale presupposto la risoluzione del rapporto e ad oggetto le competenze di fine rapporto: "Le quietanze a saldo o liberatorie che il lavoratore sottoscriva a seguito della risoluzione del rapporto, accettando senza esprimere riserve la liquidazione e le altre somme dovutegli, non implicano di per sè l'accettazione del recesso datoriale e la rinuncia ad impugnarlo; tuttavia, i predetti comportamenti possono assumere tale significato negoziale, in presenza di altre circostanze precise, concordanti e obiettivamente concludenti, che dimostrino l'intenzione del lavoratore di accettare l'atto risolutivo, in base ad un adeguato accertamento da parte del giudice di merito. (Nella specie, relativa alla domanda di alcuni lavoratori intesa alla qualificazione della avvenuta cessione dell'azienda come licenziamento e al conseguente annullamento di questo, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito, che aveva escluso l'accettazione tacita del licenziamento, omettendo di prendere in considerazione il complessivo comportamento dei lavoratori, anche in relazione alla accertata prosecuzione dell'attività lavorativa presso l'azienda cessionaria e all'assenza di contestazioni, protrattasi per lungo periodo di tempo, riguardo l'avvenuta risoluzione del rapporto con l'impresa cedente)" (Cassazione civile, sez. lav., 12 luglio 2002 n. 10193); "Le quietanze a saldo o liberatorie che il lavoratore sottoscriva a seguito della risoluzione del rapporto, accettando senza esprimere riserve la liquidazione e le altre somme dovutegli alla cessazione del rapporto, non implicano di per sé, anche se contenenti la menzione del licenziamento, l'accettazione del medesimo e la rinuncia ad impugnarlo o all'impugnazione già proposta; tuttavia, possono assumere tale significato negoziale, in presenza di altre circostanze precise, concordanti e obiettivamente concludenti che dimostrino l'intenzione del lavoratore di accettare l'atto risolutivo" (Cassazione civile, sez. lav., 3 febbraio 2000, n. 1194); "La riscossione da parte del prestatore di lavoro dell'indennità di fine rapporto ed il rilascio da parte dello stesso della quietanza liberatoria a saldo può costituire acquiescenza al licenziamento, pur illegittimamente intimato, ove si accerti in concreto, con valutazione di fatto non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata, l'intenzione del prestatore di lavoro di accettare l'atto risolutivo del rapporto" (Cassazione civile, sez. lav., 14 gennaio 1998, n. 304) "La tutela del lavoratore contro il licenziamento illegittimo si attua durante lo svolgimento del rapporto secondo la sua specifica disciplina, mentre, manifestata dal datore di lavoro la volontà di recedere, il prestatore può ben transigere in
ordine al diritto ad impugnare il licenziamento, e al relativo atto non si applica la disciplina di cui all'art. 2113 cc." (Cassazione civile, sez. lav. 18 novembre 1997, n. 11471); "La mera accettazione della liquidazione ancorché non accompagnata da alcuna riserva non può essere interpretata, per assoluto difetto di concludenza, come tacita dichiarazione di rinunzia ai diritti derivanti dall'illegittimità del licenziamento, non sussistendo alcuna incompatibilità logica e giuridica tra l'accettazione della liquidazione e la volontà di ottenere la dichiarazione di illegittimità del licenziamento, al fine di conseguire l'ulteriore diritto alla riassunzione o al risarcimento del danno" (Cassazione civile, sez. lav., 2 giugno 1995, n. 6189). Orbene, nel caso in esame l'unico dato utile è costituito dalla rinuncia al preavviso e all'indennità sostituiva costituente il presupposto per l'accesso al Fondo di Solidarietà. Sul punto si legge nell'ordinanza reclamata: "ritenuto che l'istanza in questione non contiene alcun esplicita formulazione della rinunzia ad impugnare il recesso né appare univoca espressione di un comportamento dell'interessato incompatibile con la volontà di una futura impugnazione stragiudiziale e quindi come tacita manifestazione di acquiescenza ma piuttosto attiene - a ben vedere - alla mera disciplina di una parte degli effetti economici del recesso, ossia quelli riguardanti il decorso del periodo di preavviso e l'erogazione della relativa indennità sostitutiva (non essendosi invece perfezionato il procedimento di erogazione dell'assegno straordinario di sostegno del reddito, prestazione, propria del Fondo di Solidarietà, mai richiesta all'inps dal ricorrente, come è pacifico), e quindi appare, in via di prima sommaria delibazione, priva del carattere di univocità e concludenza richiesto dalla giurisprudenza sopra menzionata". A conferma della correttezza di tale motivazione, va rilevato che anche il comportamento successivo del ricorrente, che ha continuato ad inviare i certificati medici riguardanti lo stato di malattia (la circostanza non è contestata dalla società), ed ha impugnato il licenziamento già il 28.4.2004, esclude nella fattispecie la sussistenza di un complessivo comportamento interpretabile come tacita rinuncia all'impugnativa di licenziamento. Si tenga anche presente che la rinuncia al preavviso e all'indennità sostituiva è inserita in una richiesta volta ad ottenere un beneficio avente natura di sostegno del reddito e non di incentivo all'esodo e che la dichiarazione in questione contiene il riferimento al
licenziamento, ma esclusivamente quale presupposto di fatto per avanzare l'istanza di accesso al fondo. Infine, non si può non attribuire, anche sotto altro profilo, rilevanza alla natura della provvidenza richiesta con l'accesso al fondo di solidarietà finalizzata sicuramente a soddisfare bisogni insopprimibili ed indifferibili: "In tema di rinuncia ad impugnare il licenziamento, ovvero a rivendicare comunque la persistenza di un rapporto di lavoro e dei relativi diritti ed obblighi, perché sia configurabile acquiescenza, è necessario: a) la disponibilità del diritto, non potendo rinunciarsi a diritti dei quali non si può disporre; b) la piena conoscenza dell'atto o degli atti lesivi della situazione giuridica soggettiva; c) un comportamento di adesione alle altrui determinazioni e proposte che non sia equivoco; d) la spontaneità, che deve escludersi in presenza non soltanto di un atto esecutorio, ma anche della necessità di soddisfare bisogni insopprimibili ed indifferibili, ovvero di evitare pregiudizi" Cassazione civile, sez. lav, 20 gennaio 2005, n. 1123. Anche l'ulteriore requisito della tutela cautelare invocata ricorre nel caso in esame, atteso che la retribuzione costituisce la fonte di sostentamento del ricorrente e del suo nucleo familiare e che il tfr, versato nella misura di euro 30.000,00 (vedi libero interrogatorio del ricorrente), è stato utilizzato dallo stesso quale mezzo di sostentamento nel periodo intercorrente dal licenziamento (31.3.2004) ad oggi. Il reclamo va, pertanto, rigettato. p.q.m. rigetta il reclamo. Manda alla cancelleria per le comunicazioni. Così deciso in Catania nella camera di consiglio del 12.8.2005 Il Presidente «w. 4&J&+* *- CAWCEL <- Giovani