PRINCIPI GENERALI DELL EMODIALISI INTRODUZIONE ALLA TERAPIA SOSTITUTIVA

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1 CAPITOLO I PRINCIPI GENERALI DELL EMODIALISI INTRODUZIONE ALLA TERAPIA SOSTITUTIVA La terapia sostitutiva della funzione renale si basa sui seguenti trattamenti: Trapianto renale; Dialisi peritoneale; Emodialisi. Il trapianto renale, descritto nel capitolo X, è la modalità terapeutica di scelta nel paziente con insuffi cienza renale cronica (IRC) in termini di costi, qualità di vita ed aspettativa di vita. In particolare, il trapianto renale da donatore vivente offre i risultati migliori per quanto concerne la sopravvivenza dell organo trapiantato. La dialisi peritoneale (PD), descritta nel capitolo II, è il trattamento di scelta in alcune aree del mondo come il Messico, la Nuova Zelanda, l Australia, il Canada, nelle quali la metodica di dialisi intracorporea si è imposta non solo per i costi più contenuti, ma soprattutto per la grande autonomia del paziente da strutture sanitarie di riferimento non facilmente raggiungibili. L emodialisi (HD) è attualmente il trattamento sostitutivo più diffuso al mondo, oggetto di continua evoluzione tecnologica per quanto Sandro De Angelis concerne le apparecchiature, il materiale d uso e la terapia di supporto (eritropoietina, chelanti del fosforo, vitamina D, etc.). È la metodica che risponde alle necessità cliniche sia del paziente acuto che del paziente cronico, ma a costi superiori alle altre metodiche e destinati a crescere in misura direttamente proporzionale all incremento del numero dei pazienti in trattamento. In linea generale, la scelta del tipo di trattamento del singolo paziente può essere la risultante di vari fattori che infl uiscono nel processo decisionale: Aspetti economici ed organizzativi; Aspetti clinici del paziente; Aspetti legati all esperienza ed alla preferenza dei nefrologi. L eterogeneità delle situazioni è dunque talmente ampia da rendere diffi cile la semplifi cazione di criteri di indirizzo utilizzabili nella scelta della metodica; tuttavia sono stati proposti algoritmi che possono aiutare a risolvere almeno in parte il problema decisionale. Cap_01.indd 1 01/10/2007 12.03.36

2 La dialisi: tecnica e clinica Fig. I.1 Algoritmo raffi gurante le modalità di scelta della metodica terapeutica più idonea al singolo paziente ( da Principles and practice of dialysis, 3 rd edition, W.L.Henrich 2004 by LIPPINCOTT WILLIAMS & WILKINS, modifi cata). PRINCIPI FISICO-CHIMICI DELL EMODIALISI Stefano Condò Storia della Dialisi Thomas Graham (1805-1869), Professore di Chimica dell Università di Londra, coniò per primo il termine dialisi per descrivere il movimento dei colloidi sospesi in un fl uido attraverso una membrana vegetale essiccata e rivestita da albumina (Fig. I.2). Nel 1913 Abel, Roundtree e Turner, presso la Johns Hopkins Medical School di Baltimora, realizzarono con successo la rimozione di soluti dal sangue di animali nefrectomizzati mediante la circolazione extracorporea del sangue all interno di tubi di collodio semipermeabile, della lunghezza di 40 cm e del diametro di 8 mm, immersi in un bagno di dialisi. Cap_01.indd 2 01/10/2007 12.03.39

3 Fig. I.2 Thomas Graham (1805-1869) ed il dispositivo utilizzato per studiare il movimento dei colloidi attraverso una membrana vegetale rivestita da albumina. Nel 1926 Georg Haas (1886-1971) utilizzò per la prima volta nell uomo la medesima tecnica, con tubi di collodio della lunghezza di 120 cm in grado di assicurare una grande superfi - cie di scambio per la diffusione dei soluti (Fig. I.4). Infine nel 1940 Johan Kolff, sperimentò una membrana di cellophane, derivato dalla cellulosa rigenerata ed utilizzato per avvolgere le salsicce, gettando le basi allo sviluppo delle attuali membrane artificiali per la dialisi nel paziente acuto (Fig. I.5). Le tappe successive che hanno effettivamente contribuito alla diffusione della dialisi nei pazienti cronici sono però rappresentate dallo shunt di Quinton e Scribner, che realizzavano nel 1960 il primo duraturo accesso vascolare, nonché l utilizzo, negli stessi anni, dell eparina che consentiva il blocco del sistema di emocoagulazione del paziente nel corso della circolazione extracorporea (Fig. I.6). Fig. I.3 John Abel ed il dispositivo di tubi di collodio realizzato per la ricerca sperimentale sulla depurazione di animali uremici (nefrectomizzati). Cap_01.indd 3 01/10/2007 12.03.39

4 La dialisi: tecnica e clinica Fig. I.4 Georg Haas nel 1926 utilizza il medesimo dispositivo realizzato con tubi di collodio nell uomo, aumentando però notevolmente la superfi cie di scambio. Fig. I.5 Johan Kolff nel 1940 sperimenta una membrana di cuprophan in un paziente con insuffi cienza renale acuta, gettando le basi della terapia dialitica attuale. Cap_01.indd 4 01/10/2007 12.03.40

5 Principi fisico-chimici Fig. I.6 Belding Scribner nel 1960 realizza il primo shunt, dispositivo che costituisce l accesso vascolare al paziente uremico. Con i trattamenti sostitutivi della funzionalità renale si è cercato di imitare quello che avviene fi siologicamente nell organismo umano. Le membrane cellulari si comportano come membrane semipermeabili, caratterizzate cioè da una completa permeabilità all acqua ed una limitata permeabilità ai soluti in essa disciolti. Gli spostamenti dell acqua da un compartimento all altro avvengono pertanto sotto la spinta di una pressione idraulica esercitata su uno dei compartimenti, oppure della pressione osmotica esercitata tra i due versanti della membrana dalla differente composizione delle soluzioni. Infatti, in due compartimenti chiusi contenenti acqua pura e separati da una membrana semipermeabile, l agitazione termica delle molecole d acqua è responsabile di un movimento continuo bidirezionale delle stesse attraverso la membrana, denominato movimento diffusivo. Se si applica una pressione idraulica su un versante dei due compartimenti si osserverà un fl usso di acqua dal compartimento a pressione maggiore verso il compartimento a pressione minore fi no al ripristino dell equilibrio pressorio. Il fl usso di acqua sarà direttamente proporzionale alla permeabilità idraulica della membrana. Se invece aggiungiamo in uno dei due compartimenti un soluto non in grado di attraversare la membrana semipermeabile, si osserverà un passaggio di acqua dal compartimento senza soluto a quello con il soluto introdotto, sino all equilibrio della concentrazione tra le due soluzioni. Questo fenomeno viene defi nito osmosi e la differenza di pressione idraulica che si realizza tra i due compartimenti viene denominata pressione osmotica. La pressione osmotica viene espressa pertanto dalla concentrazione molare (numero di moli per litro di soluzione) dal momento che dipende dal numero di particelle disciolte nella soluzione. A parità di peso molecolare del soluto, i soluti più piccoli eserciteranno una maggiore pressione osmotica. La pressione osmotica esercitata dalle proteine nel sangue viene detta pressione oncotica ed è pari a 21 mmhg. Tale pressione, durante la dialisi, si oppone alla pressione idraulica negativa applicata al versante del liquido di dialisi. Cap_01.indd 5 01/10/2007 12.03.40

6 La dialisi: tecnica e clinica La dialisi ha due obiettivi principali: il primo è il passaggio di sostanze tossiche dal sangue del paziente al dialisato (soluzione con la quale si confronta il sangue), come ad esempio il potassio e l urea, o l aggiunta di soluti al sangue del paziente, come ad esempio il bicarbonato ed il calcio; il secondo è la sottrazione di volume (ultrafi ltrazione), questi due processi possono avvenire simultaneamente o indipendentemente uno dall altro. I due meccanismi principali su cui si basa il primo obiettivo della dialisi sono la diffusione e la convezione a cui si oppone la pressione oncotica delle proteine ematiche. La diffusione come abbiamo visto è il passaggio di soluti dal compartimento ad alta concentrazione verso quello a più bassa concentrazione, tale fenomeno è dipendente dal peso molecolare del soluto. La convezione invece è il passaggio di soluti da un compartimento ad un altro secondo un gradiente di pressione idrostatica. Il secondo obiettivo della dialisi è la sottrazione di volume che avviene mediante l ultrafi l- trazione che per defi nizione è il passaggio del solvente da un compartimento ad un altro grazie ad una differenza di pressione idrostatica. Poiché esiste una relazione tra l entità dell eliminazione dell urea con la dialisi e la morbilità del paziente dializzato si è potuto stabilire che l urea è un indice perfettamente adatto alla valutazione dell efficacia del trattamento dialitico. Qui di seguito verranno riportate alcune formule matematiche che forniscono una valida base ai fi ni dell ottimizzazione della terapia dialitica. Vi è un tasso di formazione di urea dipendente dal tempo e dal metabolismo = tasso di generazione dell urea: G. A causa della neoformazione cambia, in rapporto al tempo, la concentrazione dell urea: C(t) nel suo costante spazio di distribuzione. La clearance totale è data, quindi, da: (clearance totale = clearance dell urea residua + clearance dell urea del dializzatore). La variazione della concentrazione dell urea è data dalla differenza tra il tasso di generazione G e l escrezione (clearance totale x concentrazione). La concentrazione dell urea C(t) in rapporto al tempo si calcola con la formula: dove: C(t): Concentrazione dell urea in rapporto al tempo. C o : Concentrazione iniziale dell urea, per esempio azotemia predialisi. G: Tasso di generazione dell urea. K T : Clearance totale dell urea. V: Volume di distribuzione dell urea. t: Durata della dialisi Nel modello dell urea del National Cooperative Dialysis Study (N.C.D.S.) la clearance residua renale viene posta ora con un valore uguale a zero; ciò è assolutamente ammissibile, poiché la clearance residua renale dell urea è pressochè trascurabile se paragonata alla clearance dell urea attraverso il dializzatore. Il volume di distribuzione per l urea viene ottenuto calcolando il 58% del peso corporeo. Per semplifi care si può assumere che la formazione dell urea durante il tempo di dialisi t D può essere considerata trascurabile; (ciò è ammissibile quando si compara l alta clearance dell urea di un dializzatore con il ridotto tasso di formazione nel breve tempo di dialisi). Si delinea pertanto questa relazione: Il paziente dializzato ha due possibilità di ridurre di nuovo la concentrazione dell urea: attraverso la diuresi residua renale = clearance residua dell urea = K R che può essere determinata attraverso la raccolta dell urina tra due dialisi e dosando la concentrazione urinaria e sierica dell urea; attraverso il dializzatore la cui clearance dell urea K D è nota; dove: C (t) : Concentrazione dell urea in rapporto al tempo. C o : Concentrazione iniziale dell urea. K D : Clearance dell urea del dializzatore. t: Durata della dialisi. V: Volume di distribuzione dell urea. Cap_01.indd 6 01/10/2007 12.03.41

7 Dopo la dialisi (t=t D ) il valore fi nale dell urea C T è : dove: C T : Valore fi nale dell urea. C o : Concentrazione iniziale dell urea (azotemia predialisi). K D : Clearance dell urea del dializzatore. t D : Durata della dialisi. V: Volume di distribuzione dell urea. L esponente viene indicato come indice di trattamento standardizzato e determina l effi cacia della dialisi. Il tasso del catabolismo proteico PCR si calcola nel modo seguente: dove: G: Tasso di generazione dell urea-azoto ureico. V: Volume di distribuzione dell urea-azoto ureico. La composizione del dialisato in emodialisi ed in dialisi peritoneale ha lo scopo di assicurare il bilancio idro-elettrolitico del paziente con insufficienza renale cronica terminale. Il dialisato per l emodialisi viene ottenuto dalla miscelazione dell acqua deionizzata con le taniche di concentrato (acida e basica) la cui composizione chimica viene scelta sulla base delle conoscenze e dell esperienza del responsabile del trattamento dialitico. Nella pratica clinica la medesima soluzione dialitica è di regola ben tollerata dalla maggior parte dei pazienti, mentre in alcuni pazienti la medesima soluzione può provocare instabilità emodinamica e sintomi da disequilibrio dialitico. G: Esprime l aumento della concentrazione sierica di urea-azoto ureico interdialitico, per cui l azotemia deve essere determinata al termine di una dialisi e prima della dialisi successiva; nella pratica si userà il valore ottenuto dalla media di diverse misurazioni. Per impiegare valori non falsati viene raccomandato di effettuare i dosaggi su campioni di sangue prelevati durante il periodo lungo interdialitico (per esempio il venerdì al termine della dialisi e il lunedì prima dell inizio della dialisi). Poiché la clearance totale dell urea tra due sedute dialitiche può essere considerata uguale a zero, il tasso di generazione G dell ureaazoto ureico sarà dato da: dove: ΔC: Differenza di concentrazione di ureaazoto ureico tra due dialisi. V: Volume di distribuzione dell urea-azoto ureico. t : Il DIALISATO Sandro De Angelis Durata della dialisi. In questi casi è necessario variare la composizione del dialisato in rapporto alle caratteristiche cliniche del paziente, personalizzando in pratica il trattamento dialitico. Composizione del dialisato per l emodialisi Il Sodio La composizione del dialisato utilizzato in emodialisi ha subìto un evoluzione dettata dalla necessità di migliorare la tolleranza della procedura dialitica. Cap_01.indd 7 01/10/2007 12.03.41

8 La dialisi: tecnica e clinica All inizio della dialisi, fi no ai primi anni 70, veniva utilizzato un dialisato con basso contenuto di sodio (130-135 meq/l) allo scopo di ridurre le complicanze del sovraccarico idrico, l ipertensione volume-dipendente e lo scompenso cardiaco. Con la successiva riduzione della durata del trattamento e la maggiore effi cienza delle tecniche dialitiche, il basso contenuto di sodio appariva inadeguato contribuendo a sua volta all instabilità intradialitica ed aggravando la sindrome da disequilibrio per la riduzione rapida dell osmolalità plasmatica e del volume intravascolare. Il contenuto del sodio nel dialisato veniva dunque aumentato sino a 139-144 meq/l, livello tuttora utilizzato nella maggioranza delle procedure dialitiche. Il timore che l aumento del contenuto di sodio nel dialisato avesse un effetto dipsogeno, causando quindi un aumento ponderale del paziente ed uno scarso controllo dei valori pressori è stato smentito dalla pratica clinica. Infatti l aumento del sodio nel bagno di dialisi ha consentito una migliore tolleranza all ultrafi ltrazione e quindi un controllo ottimale dell incremento ponderale interdialitico del paziente. Di recente è stato introdotto un dispositivo che consente di variare la concentrazione di sodio del dialisato nel corso del trattamento dialitico, delineando un profi lo a campana del sodio, elevato all inizio della dialisi, quindi isotonico ed infi ne ipotonico al termine del trattamento. Questa variazione programmata consente sia di limitare il rapido declino dell osmolalità plasmatica indotta all inizio del trattamento dalla diffusione dell urea e degli altri soluti di piccolo peso molecolare, sia di contenere lo sviluppo dell ipertonicità plasmatica, della sete e quindi dell incremento ponderale nell intervallo interdialitico. Altri sintomi effi cacemente corretti dal sodio variabile sono l emicrania intradialitica, i crampi e l ipotensione arteriosa alla fi ne del trattamento. Per quanto concerne la sindrome da disequilibrio in pazienti iperazotemici che iniziano il primo trattamento dialitico, la migliore strategia terapeutica consiste nel ridurre una quantità di urea relativamente minore rispetto ai trattamenti cronici standard, programmando cioè nell arco di alcuni giorni la discesa graduale e lenta della concentrazione ematica dell urea. Inoltre, l utilizzo del sodio variabile nel dialisato consente in questi pazienti di limitare il passaggio di liquidi all interno del compartimento intracellulare, limitando così le complicanze neurologiche. Il Potassio La rimozione del potassio ematico in eccesso viene ottenuta dall utilizzo di un dialisato con bassa concentrazione di potassio (nell ordine di 2-3 meq/l), che crea un gradiente favorevole alla diffusione del potassio dal sangue al liquido di dialisi. Tuttavia tale rimozione presenta una notevole variabilità da paziente a paziente legata alla diversa distribuzione dello ione potassio (prevalentemente intracellulare) rispetto allo ione sodio (prevalentemente extracellulare). Infatti il passaggio del potassio dall interno all esterno della cellula e quindi dal liquido extracellulare al dialisato è condizionato dai seguenti fattori: equilibrio acido-base; concentrazione di glucosio ed insulina; attività delle catecolamine; osmolalità plasmatica. Il movimento del potassio dallo spazio intracellulare all extracellulare è infl uenzato dalle modifi cazioni dell equilibrio indotte dal trattamento dialitico. Un alcalosi extracellulare favorisce il passaggio del potassio all interno della cellula mentre l acidosi ne favorisce il passaggio inverso. Pertanto nel corso della dialisi la correzione dell equilibrio acido-base del paziente, prodotta dall aggiunta di basi del dialisato, tende a ridurre progressivamente la rimozione del potassio. Redaelli ha dimostrato che un dialisato privo di potassio favoriva un minor assorbimento di basi al paziente rispetto all uso di un dialisato con 2 meq/l. Ne consegue l ipotesi che un elevato gradiente plasma/dialisato della concentrazione di potassio possa ridurre lo spostamento degli ioni idrogeno dal compartimento intracellulare determinando una minore diffusione di bicarbonati dal dialisato al compartimento extracellulare. Nel trattamento dialitico di pazienti con acidosi metabolica severa deve essere attentamente valutata tale condizione. Cap_01.indd 8 01/10/2007 12.03.41

9 È noto che l insulina determina l incorporazione del potassio da parte delle cellule pertanto può infl uenzare la rimozione del potassio durante il trattamento dialitico. L uso di dialisati privi di glucosio ha determinato la rimozione di quantità maggiori di potassio rispetto all uso di dialisati contenenti glucosio in riferimento ad una minore presenza di insulina prodotta dal paziente. Le variazioni dell osmolalità plasmatica si rifl ettono sulla distribuzione del potassio tra i due compartimenti, intra ed extracellulare. La somministrazione di soluzioni saline ipertoniche o di mannitolo, utilizzati nella pratica clinica per correggere l ipotensione arteriosa durante dialisi, favoriscono lo spostamento del potassio dalle cellule verso spazio interstiziale, una maggiore rimozione del potassio col liquido di dialisi, quindi una riduzione della kaliemia del paziente. L ipokaliemia aumenta le resistenze periferiche tuttavia Pogglitsch ha osservato una riduzione degli episodi ipotensivi in seguito alla somministrazione aggiuntiva di potassio eseguita nei 30 minuti finali del trattamento dialitico. La spiegazione di questo apparente paradosso è insita nella nota interazione esistente tra l ipokaliemia ed il sistema nervoso autonomo. Infatti, nei pazienti con insufficienza renale terminale può essere presente una disfunzione del sistema autonomo provocata dall uremia, pertanto riduzioni della kaliemia indotte dalla dialisi possono provocare una riduzione della concentrazione plasmatica delle catecolamine quindi un alterata risposta vasoattiva. Nei pazienti emodializzati con cardiopatie, in trattamento con digossina, l ipokaliemia può provocare aritmie di gravità variabile sino alla fi brillazione ventricolare, in particolare all inizio del trattamento dialitico quando la discesa del potassio è più repentina. Redaelli e collaboratori hanno studiato gli effetti di un modello di potassio variabile allo scopo di minimizzare gli effetti della riduzione del potassio nella prima fase del trattamento dialitico. In pazienti soggetti a frequenti aritmie intradialitiche, è stato mantenuto costante un gradiente sangue/dialisato di 1,5 meq/l per tutta la durata del trattamento, col risultato di un evidente riduzione dei complessi prematuri ventricolari. Il Tampone Bicarbonato Il tampone bicarbonato ha sostituito completamente l acetato da circa 20 anni a causa dei problemi di instabilità emodinamica provocati dall effetto vasodilatatore dell acetato. La produzione del dialisato con bicarbonato avviene ad opera del monitor che provvede alla miscelazione del concentrato acido e del concentrato basico con l acqua deionizzata. L esclusione dell acido lattico, del calcio e del magnesio dal concentrato di bicarbonato impedisce la precipitazione di questi cationi (come magnesio e calcio carbonato) che potrebbe altrimenti verifi carsi nella soluzione ad alto tenore di bicarbonato. Nella pratica clinica la concentrazione fi nale del bicarbonato è generalmente compresa tra 33 e 38 mmol/l. L utilizzo del tampone bicarbonato nel dialisato non è esente da complicazioni: contaminazione microbica resa possibile dal fatto che la soluzione di bicarbonato è un ottimo terreno di cultura dei batteri; ipossiemia conseguente all aumento del ph alcalosi metabolica, responsabile di confusione mentale, letargia, debolezza e crampi muscolari. Queste complicanze sono state per lo più risolte dalla sostituzione del concentrato liquido con quello in polvere, disponibile in cartuccia, diluito on-line dal monitor. La concentrazione ottimale di bicarbonato nel dialisato è dunque quella minima atta a prevenire l alcalosi postdialitica e quella massima atta a controllare l incremento dell acidosi nell intervallo interdialitico. Recentemente Ahmad ha proposto la sostituzione nel concentrato acido dell acetato con l acido citrico, migliorando l effi cienza del trattamento dialitico, probabilmente per l effetto anticoagulante dell acido citrico sulla superfi cie della membrana. Il Calcio La concentrazione del calcio nel dialisato prevalentemente utilizzata è di 3,5 meq/l, quantità che può risultare eccessiva determi- Cap_01.indd 9 01/10/2007 12.03.41

10 La dialisi: tecnica e clinica nando ipercalcemia nei pazienti che assumono contemporaneamente il calcio per os quale chelante del fosforo e sono in terapia con vitamina D. Infatti Slatopolsky in questi pazienti suggerisce di ridurre il calcio del dialisato a 2,5 meq/ L lasciando inalterato il dosaggio del calcio utilizzato come chelante del fosforo e somministrando la vitamina D per evitare la stimolazione del Paratormone da parte del dialisato con basso contenuto di calcio. Tuttavia, in aggiunta agli effetti sul metabolismo minerale, la variazione della concentrazione del calcio nel dialisato può infl uire sulla stabilità emodinamica del paziente nel corso della dialisi. In uno studio condotto su pazienti con riduzione della frazione di eiezione inferiore al 40% è stata infatti rilevata una minore incidenza di episodi ipotensivi con 3,5 meq/l di calcio nel dialisato rispetto ai pazienti dializzati con concentrazioni di 2,5 meq/l. Questo dato è stato posto in relazione all infl uenza della concentrazione sierica del calcio sia sulle resistenze periferiche sia sull output cardiaco. Pertanto, la scelta di una concentrazione di calcio nel dialisato inferiore a 3,0 meq/l impone un monitoraggio del calcio sierico e del PTH onde evitare gli effetti sul circolo e sul metabolismo minerale di un bilancio negativo del calcio, in particolare nei pazienti che assumono Sevelamer come chelante del fosforo. Il Magnesio La concentrazione usuale del magnesio nel dialisato è di 0,5 1,0 meq/l ed ha lo scopo di mantenere costante la magnesiemia del paziente a livelli di 1,58-2,55 mg/dl. Una riduzione della concentrazione di magnesio nel dialisato può essere necessaria nei pazienti che assumono idrossido di magnesio come chelante del fosforo. Il Fosforo Normalmente il dialisato è privo di fosforo, tuttavia esistono in clinica alcune condizioni che possono richiedere l aggiunta di fosforo alla soluzione di dialisi: ipofosfatemia da malnutrizione severa; ipofosfatemia da intossicazioni o da overdose; ipofosfatemia nei pazienti in dialisi notturna prolungata. La comparsa di ipofosfatemia nei pazienti in dialisi notturna condotta oltre le 6 ore di trattamento comporta una riduzione del fosforo non adeguatamente compensata dall apporto alimentare, come segnalato da Pierratos e collaboratori, facilmente correggibile con l aggiunta del fosforo nel dialisato. MONITORAGGIO DELLA QUALITÀ DEI LIQUIDI PER DIALISI Enzo Ancarani Dall inizio della terapia dialitica è stato affrontato il problema della depurazione dell acqua necessaria per il trattamento dialitico e contenuta nelle soluzioni dai contaminanti chimici e batteriologici. Furono individuate le patologie di accumulo dei contaminanti chimici e fu messa in evidenza l importanza dei contaminanti batterici, delle loro eso ed endotossine. Fu reso obbligatorio il trattamento dell acqua di rete mediante deionizzazione ed infi ne per mezzo di osmosi inversa. Contaminanti chimici La qualità dei liquidi per dialisi può essere infl uenzata da vari fattori relativi ai singoli costituenti del sistema dialitico, così rappresentati: acqua di diluizione; soluzioni concentrate; soluzioni di reinfusione; biomateriali artifi ciali di dialisi; membrane; tipo di sterilizzazione. Cap_01.indd 10 01/10/2007 12.03.41

11 Di particolare importanza è conoscere la qualità dell acqua proveniente dall acquedotto cittadino: il possibile inquinamento delle falde acquifere dipende dalla provenienza delle acque, se superfi ciali,profonde o di bacino, dalla presenza nei terreni di rifi uti industriali, dall uso e dal tipo di fertilizzanti, dalla presenza di sostanze radioattive. Le patologie da accumulo dei contaminanti chimici sono rappresentate nella Tabella I.1. Particolare attenzione va rivolta alla possibile contaminazione chimica legata ai contenitori delle soluzioni concentrate e dei liquidi di sostituzione. È stato descritto infatti il rilascio di monomeri liberi (CVM) e di plastifi canti (ftalati), i cui possibili effetti sono rappresentati, dato il notevole volume delle reinfusioni, soprattutto legato alle tecniche convettive, a un interazione con le strutture cellulari dell organismo con induzione di reazioni allergiche, aumento dell incidenza dei tumori e intolleranza dialitica. La conoscenza di tali problematiche deve indirizzare i responsabili a forniture di soluzioni con contenitori privi di ftalati. Effetto del tipo di sterilizzazione dei biomateriali Il tipo di sterilizzazione può determinare di per sé una contaminazione diretta o indiretta dell acqua per dialisi e un alterazione chimica delle membrane costituenti i fi ltri per dialisi. La sterilizzazione mediante ETO può determinare abbondante residuo di ossido di etilene nei materiali, produzione di anticorpi anti-eto e reazioni allergiche determinanti intolleranza dialitica. La sterilizzazione mediante raggi gamma, con particolare riguardo al poliacrilonitrile, al policarbonato, all acetato di cellulosa ed al propilene, pur non alterando la biocompatibilità dei materiali, ne può alterare la stabilità con modifi ca delle proprietà meccaniche (maggiore fragilità) e alterazione delle caratteristiche estetiche (odore, colore). La sterilizzazione con vapore offre a differenza degli altri metodi i seguenti vantaggi: non altera la stabilità dei biomateriali, mantiene inalterata la biocompatibilità e non sembra rilasciare carcinogeni. Sistemi di depurazione dell acqua Deionizzazione Tabella I.1 Effetti tossici e sintomi provocati dai possibili contaminanti chimici dell acqua. Determina lo scambio ionico di anioni e cationi, raggiungendo un notevole grado di purezza dell acqua. Le problematiche presentate da questo sistema sono rappresentate da: possibile contaminazione batterica; rilascio monomeri; alterazione ph dell acqua; impurità da HCl e soda caustica; problemi ecologici di scarico. Contaminante Alluminio Calcio-magnesio Cloramine Rame Fluoro Solfati Zinco Nitrati ph Effetti tossici Sintomi Encefalopatia, danno osseo Nausea, vomito,dolori muscol. Emolisi, anemia,metaemoglobinemia Nausea, cefalea, senso di freddo,danno epatico,emolisi Osteomalacia,osteoporosi Nausea, vomito, acidosi Anemia, nausea, febbre,vomito Metaemoglobinemia con cianosi, ipotensione, nausea Inattivazione eparina, prurito, nausea, vomito,acidosi Cap_01.indd 11 01/10/2007 12.03.42

12 La dialisi: tecnica e clinica Osmosi inversa È caratterizzata dalla seguente sequenza di procedimenti, aventi ciascuno una determinata fi nalità: clorazione disinfezione prefi ltrazione eliminazione delle impurità grossolane addolcimento trattamento acqua dura declorazione salvaguardia moduli osmotici microfi ltrazione eliminazione impurità più fi ni osmosi inversa dissalazione. Tabella I.2 Risultati a confronto della depurazione ottenuta rispettivamente mediante deionizzazione ed osmosi inversa dell acqua di rete. Demineralizzatore Osmosi inversa Ca Mg +++ +++ inorganici +++ ++ organici 0 ++ particelle 0 +++ batteri 0 +++ pirogeni 0 +++ colloidi 0 +++ cloro 0 + cloramine 0 + fl uoro +++ + nitrati +++ + metalli pesanti + +++ Permette l eliminazione del 90-95% dei sali, il 100% delle sostanze organiche, il 99% dei batteri e dei pirogeni con il vantaggio dal punto di vista ecologico di totale mancanza di scarichi aggressivi. Possibili problemi sono rappresentati dal danneggiamento e rottura delle membrane con possibile contaminazione batterica e dalla non perfetta depurazione di coramine,fl uoruri e nitrati. A questo si può rimediare raddoppiando i moduli e instaurando una procedura di biosmosi, che consiste in un doppio passaggio consequenziale dell acqua, consentendone la massima depurazione. Un quadro riassuntivo viene offerto dalla Tabella I.2, che mette a confronto i risultati della depurazione dell acqua mediante deionizzazione ed osmosi inversa. Per quel che riguarda la carica microbica nei vari passaggi dell acqua attraverso i diversi sistemi di depurazione, la Figura I.7 mostra come la possibile contaminazione batterica sia rappresentata nella massima misura nell ambito delle colonne di carbone attivo della deionizzazione, viene azzerata dalla osmosi inversa, ma diviene sensibile, e quindi oggetto di particolare cautela, a carico dell impianto di distribuzione nei suoi diversi tratti, azzerandosi di nuovo se si ha l accortezza di dotare di ultrafi ltro ciascuna attrezzatura per emodialisi. Sistema di distribuzione Il sistema di distribuzione dell acqua costituisce un elemento di fondamentale importanza da tenere costantemente sotto osservazio- Fig. I.7 Possibili sedi di contaminazione batterica nei diversi tratti dell impianto di distribuzione. Cap_01.indd 12 01/10/2007 12.03.42

13 ne: esso deve garantire la conservazione delle caratteristiche chimiche, fi siche e batteriologice dell acqua osmotizzata; deve mantenere l acqua in circolazione continua senza punti di ristagno e deve garantire l alimentazione dei punti di prelievo in costanza di portata e di pressione. In passato esso veniva costruito utilizzando il PVC, che secondo l esperienza maturata negli anni ha dimostrato di essere passibile di corrosione col passare del tempo o con l uso dei disinfettanti chimici, portando alla formazione di porosità che permettono l annidamento batterico. Inoltre le giunzioni tra le parti del circuito costituivano una rugosità che favoriva la contaminazione batterica. Queste irregolarità comportavano la costituzione di un biofi lm batterico e incrostazioni, dai quali avveniva il rilascio di endotossine. Il materiale ideale per l impianto di distribuzione è rappresentato attualmente dall acciaio inossidabile (molto costoso) e dal PVDF con saldature interne che non devono permettere la formazione di gradini >0,4 micron. L impianto di distribuzione va sottoposto a un programma di disinfezione o sanitizzazione. I disinfettanti più comunemente utilizzati sono il cloro e l acido peracetico che hanno ottime capacità di rimozione anche del biofi lm dalla superfi cie dei materiali. La sanitizzazione va compiuta almeno ogni due mesi, ma il suo ritmo dipende essenzialmente dalle caratteristiche messe in rilievo dagli esami di laboratorio Occorre ricordare che nel costruire l impianto di distribuzione è necessario inserire nei punti strategici punti di prelievo in acciaio inossidabile (che può essere fl ambato ) e precisamente: 1) all uscita dall osmosi; 2) nel punto medio del loop o all ingresso di ciascuna unità dialitica; 3) alla chiusura del loop. Conosciuta la qualità dell acqua di rete di una certa zona ed essendo disponibile un impianto di osmosi inversa, le caratteristiche fi sico-chimiche dell acqua di dialisi possono considerarsi stabili ed essere controllate ogni tre-sei mesi. Contaminanti batterici Il monitoraggio batteriologico ed endotossinico (Tab.I.3) assume invece un importanza prioritaria, poiché da esso dipendono qualità di vita, tolleranza dialitica, condizioni cliniche del paziente in dialisi. Tale monitoraggio, compiuto mediante determinazione della carica microbica a 22 C con incubazione per settegiorni e a 37 C e utilizzando per le endotossine il LAL test con metodo semiquantitativo, va effettuato ogni tre mesi: l impianto di distribuzione non garantisce infatti la persistenza delle caratteristiche di purezza batteriologica ed endotossinica dell acqua, quale esse sono all uscita dall impianto di osmosi. Tabella I.3 Principali contaminanti batterici dell acqua. Lal test CONTAMINANTI BATTERICI MICRORGANISMI - coliformi - Pseudomonas - Gram negativi ENDOTOSSINE ESOTOSSINE - lipopolisaccaride complesso LPS 10.000-1.000.000 Daltons LAL + - frammenti di LPS 1000-20.000 Daltons LAL + - muramilpeptidi 400-1.000 Daltons LAL - LAL - Mi sembra utile dare alcune notizie relative a questo test che si è rivelato di particolare importanza per determinare la biocompatibilità del sistema dialisi. Esso è utile per la determinazione semiquantitativa delle endotossine da batteri Gram negativi. È un acronimo di Limulus Amebocyte Lysate che rappresenta l estratto acquoso di cellule del sangue (amebociti) del Limulus Poliphemus, artropode acquatico, che vive lungo le coste orientali degli Stati Uniti, in Papuasia e in Malesia; si trova a basse profondità in acque melmose e si nutre di anellidi. La coagulazione del sangue del Limulus fu scoperta nel 1885 da Howell, ma fu Bang negli anni 50 a scoprire che i batteri Gram-negativi causavano la coagulazione del sangue del Limulus. Cap_01.indd 13 01/10/2007 12.03.42

14 La dialisi: tecnica e clinica Levin e Bang successivamente scoprirono che la reazione era enzimatica e che l enzima si trovava nei granuli degli amebociti. Essi inoltre dimostrarono che la coagulazione ha inizio da un componente della parete cellulare dei batteri chiamata endotossina o lipopolisaccaride. La reazione che porta alla formazione del gel è una reazione enzimatica a cascata. I reagenti disponibili sono divisi in lotti con differenti sensibilità a partire da 0,03 sino a 0,25 UE/ml, che rappresenta la massima concentrazione endotossinica consentita. Monitoraggio Tenendo conto delle caratteristiche dell acqua greggia, dell impianto di osmosi e di distribuzione, del ritmo di sanitizzazione, un monitoraggio effi cace può essere proposto secondo le modalità descritte nella Tabella I.4. Dialisato ultrapuro e tecniche on line Negli ultimi anni sono state sviluppate tecniche dialitiche ad elevata effi cienza con reinfusione di quantità elevate di liquidi proprio per migliorare la depurazione delle piccole e delle medie molecole. Le tecniche on line permettono reinfusioni di molte decine di litri a differenza della emodiafi ltrazione ed emofi ltrazione standard permettono anche un risparmio economico, non dovendo utilizzare soluzioni confezionate. La necessità di reinfondere on line elevate quantità di liquidi, utilizzando l acqua osmotizzata pone il problema di una ancora maggiore sorveglianza sulla sua qualità. D altra parte Tabella I.4 Modalità del monitoraggio sia nei tempi (frequenza) che nelle sedi del prelievo. Parametro Frequenza Prelievo Calcio Tre-sei mesi Inizio loop Magnesio Potassio Sodio Bario Arsenico Cadmio Cromo Piombo Mercurio Selenio Argento Zinco Alluminio Tre mesi Inizio,medio,fi ne loop Rame Tre-sei mesi Inizio loop Composti organoalogen Cloramine Tre mesi Inizio,medio,fi ne loop Cloro libero Tre-sei mesi Inizio loop Fluoruri Cloruri Nitrati Tre mesi Inizio,medio,fi ne loop Fosfati Tre-sei mesi Inizio loop Solfati Carica microb. 22 C Tre mesi Inizio,medio,fi ne loop Carica microb. 37 C LAL test Cap_01.indd 14 01/10/2007 12.03.42

15 sono comparsi recentemente studi sul benefi co effetto del dialisato ultrapuro sulla sopravvivenza e la qualità della vita del paziente in dialisi. Schiffl e collaboratori hanno compiuto uno studio sul rallentamento della perdita della funzione renale residua, utilizzando dialisato ultrapuro e dimostrando livelli inferiori di PCR e di Il-6 e che la qualità microbiologica del dialisato è un determinante indipendente della perdita della funzione renale residua. Sempre più è stato posto l accento sul meccanismo mediante il quale la contaminazione batterica del dialisato e la presenza di endotossine attiverebbero una cascata di eventi infi ammatori con produzione di citochine IL-1, IL-6, TNFα che portano all aumento della PCR e alla produzione di beta2microglobulina e di amiloide. Inoltre Schiffl aveva dimostrato gli effetti del dialisato ultrapuro sullo stato nutrizionale dei pazienti in dialisi con aumento del peso corporeo, aumento dell albumina sierica, dell IGF-1, della concentrazione della leptina, del protein catabolic rate e miglioramento delle misure antropometriche. Il ruolo della qualità del dialisato è stato focalizzato anche da Gerdemann, che ha dimostrato, nell ambito di una policentrica tedesca, livelli più bassi di AGE s nei pazienti sottoposti a trattamenti convettivi, utilizzando reinfusioni ultrapure. La qualità del dialisato è inoltre importante nel determinare la risposta alla terapia con eritropoietina, come dimostrato da Fluck in uno studio in cui viene riportata l emolisi indotta da contaminazione di cloramine, che maschera- va una resistenza alla terapia con EPO; così come l assenza di endotossine può a lungo migliorare la risposta all EPO. Fatte queste premesse appare evidente che l evoluzione della ricerca scientifi ca e le strategie dialitiche più avanzate richiedono una maggiore attenzione per la qualità dei liquidi destinati al procedimento dialitico con particolare riferimento ai contaminanti batterici e ai loro prodotti. Il valore massimo stabilito per le endotossine, mediante LAL test, di 0,25 EU/ml viene considerato ancora molto elevato per permettere reinfusioni on line di diverse decine di litri di acqua osmotizzata. Il concetto di dialisato ultrapuro, secondo gli studi cui si è accennato in premessa, non lo consente. Il meccanismo di base con il quale nelle tecniche on line si consegue un dialisato ultrapuro è rappresentato dagli ultrafi ltri mediante i quali, a livello di ciascuna unità dialitica, i contaminanti sono non solo ultrafi ltrati, ma anche adsorbiti dalla membrana dell ultrafi ltro; anche i frammenti di endotossine sono trattenuti fi no a raggiungere valori < 0,125 EU/ml. I principali sistemi attualmente disponibili per le terapie on line sono rappresentati da sistemi che utilizzano o due ultrafi ltri: uno subito dopo la diluizione proporzionale del concentrato e l altro, che serve come riserva in caso di non funzionamento del primo, subito prima dell uscita del liquido di sostituzione; prima di ogni trattamento essi vengono testati per valutarne l integrità, oppure vengono usati tre ultrafi ltri: il primo per l acqua in arrivo alla macchina, il secondo subito dopo il sistema proporzionante e il terzo prima dell infusione al paziente: il terzo ultrafi ltro viene sostituito dopo ogni trattamento. Data l impressionante capacità adsorbente degli ultrafi ltri qualunque residua contaminazione dell acqua viene annullata, purchè gli ultrafi ltri vengano assemblati e sostituiti secondo le istruzioni della Ditta produttrice. Questo comporterebbe una minore responsabilità medico legale, se si tiene conto che i liquidi di sostituzione, in alcuni Paesi, sono considerati prodotto farmaceutico. Normativa A fronte delle ricerche e dell evoluzione tecnologica non vi è stato un adeguamento legislativo recente a livello mondiale, europeo e nazionale per fi ssare i limiti massimi dei contaminanti chimici e batterici dei liquidi di dialisi (Tab. I.5). Le indicazioni AAMI del 1982 e della Farmacopea Europea costituiscono il riferimento al quale si sono adeguate anche alcune Regioni Italiane, come la Regione Lazio che le ha recepite mediante una circolare inviata ai Centri Dialisi nel 1999 (Tab.I.6). Cap_01.indd 15 01/10/2007 12.03.42

16 La dialisi: tecnica e clinica Tabella I.5 Successione temporale delle normative sia nazionali che internazionali relative ai limiti massimi dei contaminanti chimici e batterici del liquido di dialisi. AAMI F.U.IX.Ediz. Risoluzione CEE F.U.IX Ediz. 1 agg. 1981 standards americani acqua per dialisi 1985 soluz. perfus. e per dialisi 1986 A1 < 10 micro gr./l. 1987 avvertenze generali DPR n 236 F.U.IX Ed. 1 suppl. Ministero Sanità nota Ministero Sanità circ. F.U.IX Ed. 2 aggiorn Pro Pharmacopea Pro Pharmacopea Pro Pharmacopea AAMI Farmac. Europea Conclusioni Tabella I.6 Massima concentrazione di contaminanti mg/l permessa dall AAMI e dalla Farmacopea Europea per il liquido di dialisi. Contaminante AAMI 92 Farmac.EU Contaminante AAMI 92 Farmac.EU Calcio 2,0 2,0 zinco 0,1 magnesio 4,0 2,0 arsenico 0,005 sodio 70,0 50,0 cromo 0,014 potassio 8,0 2,0 piombo 0,005 fl uoruri 0,2 argento 0,005 cloro 0,5 alluminio 0,01 cloramine 0,1 cadmio 0,001 nitrati 2,0 2,0 selenio 0,009 solfati 100,0 50,0 mercurio 0,0002 0,0001 rame 0,1 carica microbica 200 ufc/ml 100 ufc/ml bario 0,1 endotossine 0,25 EU7ml 0,25 EU/ml L utilizzo dell acqua per il trattamento dialitico viene considerato come facente parte di un sistema che deve avere insieme alla membrana dialitica complessivamente caratteristiche di biocompatibilità. La qualità del dialisato garantisce non solo la sopravvivenza del paziente, ma anche la sua qualità di vita. Essa viene assicurata da una continua sorveglianza delle varie componenti del sistema acqua mediante: 1) adeguamento agli standard fi sico-chimici AAMI e Farmacopea europea dell acqua di rete; 1988 caratteristiche acqua potabile 1988 acqua di diluiz per soluz. concentrate A1 1988 cleramine - uso fi ltri carbone 1988 composti organo alogenati 1989 soluz. concentrate dialisi 1989 cloramine 1990 preparazioni infusionali 1991 controllo particelle nelle soluz. parenterali 1992 revisione standards americani 1983 acqua di diluiz. soluzioni concentr, per dialisi 2) ottimizzazione di un sistema di depurazione mediante osmosi inversa; 3) ottimizzazione di un impianto di distribuzione costruito con materiali adatti; 4) sanitizzazione mensile o bimestrale; 5) adeguata manutenzione degli impianti; 6) controllo microbiologico trimestrale con culture testate a 22 C e 37 C per sette giorni nei punti strategici del loop di distribuzione 7) LAL test (possibilmente con metodo quantitativo) effettuato nei punti strategici del loop ogni tre mesi; 8) nelle tecniche on line utilizzo degli ultrafi ltri con scrupolosa attenzione alle direttive delle Ditte produttrici. Cap_01.indd 16 01/10/2007 12.03.42

17 SCELTA DELLA TECNICA E DELLA MEMBRANA Sandro De Angelis La scelta di una tecnica di dialisi, sia essa extracorporea (Emodialisi) o intracorporea (Dialisi Peritoneale), è fi nalizzata a garantire la migliore sopravvivenza e qualità di vita del paziente ed è oggi prevalentemente condizionata dagli aspetti clinici, organizzativi ed economici. I dati della letteratura internazionale sulla sopravvivenza dei pazienti in emodialisi (HD) ed in dialisi peritoneale (PD) sono ancora controversi, tuttavia i dati dei registri pubblicati in Italia, adeguatamente corretti per fattori di comorbidità come il sesso, l età anagrafi ca e la razza, indicano una sopravvivenza equivalente in HD e PD. Emodialisi Finalità del trattamento dialitico Gli obiettivi primari dell emodialisi nel lungo periodo sono: mantenere la stabilità dello stato nutrizionale, ridurre la morbilità e mortalità dei pazienti uremici. Tali obiettivi sono resi possibili dagli effetti dell emodialisi sull organismo, essenzialmente costituiti da: trattamento dei sintomi uremici; correzione dell acidosi metabolica; correzione degli squilibri elettrolitici; ricostituzione del bilancio dei soluti ematici; ricostituzione del bilancio idrico. Tuttavia, le problematiche determinate dall emodialisi sono costituite sia dalla risposta infi ammatoria del paziente alla biocompatibilità della membrana del dializzatore e delle linee ematiche utilizzate, sia dalle sequele indotte dal trattamento cronico. Lo sviluppo delle varie tecniche dialitiche, della tecnologia degli accessi vascolari, dei dializzatori a fi bre cave e delle membrane biocompatibili, l introduzione dell eritropoietina ricombinante e dei farmaci in grado di controllare il bilancio calcio-fosforo, hanno consentito il prolungamento della sopravvivenza dei pazienti con insuffi cienza renale cronica terminale negli ultimi 20 anni. Nonostante ciò la mortalità dei pazienti in terapia sostitutiva rimane ancora elevata rispetto alla popolazione generale. Tecnica dell emodialisi La tecnica dell emodialisi si basa sull assemblaggio di 2 circuiti : il circuito ematico extracorporeo ed il circuito del dialisato. Il circuito ematico extracorporeo: comprende l accesso vascolare del paziente, la linea ematica arteriosa che trasporta il sangue all apparecchiatura di dialisi (Monitor), il fi ltro di dialisi o dializzatore, la linea ematica venosa che consente il rientro del sangue depurato al paziente. L accesso vascolare del paziente può essere realizzato sia da una fi stola artero-venosa (FAV) confezionata chirurgicamente nei vasi dell arto superiore, sia dal posizionamento di un catetere venoso centrale (CVC) nella vena femorale, nella vena giugulare interna o nella vena succlavia. Dalla FAV il sangue viene prelevato mediante venopuntura con appositi aghi delle dimensioni variabili da 17 a 14 Gauge, mentre dal CVC mediante la connessione diretta ai rispettivi terminali arterioso e venoso del catetere. La quantità di sangue prelevato dal paziente (Qb) è di solito compresa tra 200 e 400 ml/ minuto, con variazioni dettate dalle condizioni cliniche del paziente o dalle necessità peculiari della metodica dialitica utilizzata. Il sangue procede all interno della linea ematica arteriosa grazie ad una pompa peristaltica, regolabile anch essa in base alle necessità del trattamento, che realizza una pressione negativa che aspira il sangue sino al dializzatore. Questo è costituito da una matassa di migliaia di capillari cavi, assemblati all interno di un contenitore cilindrico. Cap_01.indd 17 01/10/2007 12.03.43

18 La dialisi: tecnica e clinica Linee ematiche Monitor di dialisi Il sangue percorre il lume del capillare mentre la parete del capillare costituisce la membrana semipermeabile tramite la quale avviene il passaggio dell acqua plasmatica e dei soluti in essa presenti, condizionato dalle dimensioni dei pori della membrana medesima (cut-off di membrana). Il circuito a valle del fi ltro è costituito dalla linea venosa di rientro del sangue al paziente, dotata di appositi pozzetti per il controllo emodinamico della circolazione extracorporea. Nella linea venosa è presente una pressione positiva determinata ovviamente dalle resistenze periferiche create dal rientro del sangue nell ago venoso posizionato nell accesso vascolare del paziente. Il circuito del dialisato: è costituito da una linea esterna (Fig. I.8) che raggiunge il monitor fornendo acqua demonizzata, da una seconda linea interna al monitor e dal collegamento di quest ultima con lo scarico a parete o a terra. All interno del monitor avviene la miscelazione dell acqua deionizzata con la soluzione concentrata, contenuta in sacche o taniche, sino al raggiungimento della composizione elettrolitica prestabilita della soluzione di dialisi, denominata per l appunto dialisato. Il dialisato fl uisce all interno del dializzatore (Fig. I.9) con direzione controcorrente al sangue presente all interno dei capillari grazie ad Tanica del concentrato Fig. I.8 Monitor di dialisi, cui vengono collegate le linee ematiche (arteriosa e venosa) e la tanica di concentrato per realizzare l assemblaggio dei due circuiti: ematico e del dialisato. una pressione negativa realizzata da un apposita pompa del monitor. Scorrendo all esterno dei capillari, la soluzione di dialisi riceve tutti i soluti che attraversano la membrana dei capillari e li trasporta all uscita del dializzatore nella linea di drenaggio verso lo scarico con l esterno. Il fl usso del dialisato (Qd) varia di solito da 500 a 800 ml/minuto. Il trattamento dell acqua di rete per ottenere l acqua deionizzata, e possibilmente ultrapura, Fig. I.9 Filtro capillare costituito da una matassa di oltre 10.000 fi bre capillari cave all interno. Cap_01.indd 18 01/10/2007 12.03.43

19 viene realizzato da un apposito impianto che prevede il passaggio dell acqua di rete in una serie di fi ltri ed infine in un apparecchiatura ad osmosi inversa. Il trattamento di demineralizzazione rimuove dall acqua tutte le sostanze ed i metalli in essa presenti, in particolare l alluminio, responsabile nel passato di gravi patologie nei pazienti emodializzati cronici. Diffusione ed ultrafiltrazione La diffusione dei soluti attraverso la membrana del dializzatore è condizionata dalle dimensioni del soluto, dal suo peso molecolare e dal gradiente di concentrazione nell interfaccia sangue-dialisato. Il processo di diffusione è caratterizzato inoltre dalla rimozione dei soluti di dimensione compatibile con il cut-off della membrana utilizzata. Pertanto, questo tipo di trasporto consente la rimozione dal sangue di sostanze di piccolo peso molecolare, arrestandosi alle dimensioni di circa 11.800 Daltons (come la β2-microglobulina), cioè al limite inferiore del range delle medie molecole. È stato infatti proposto (HEMO study) di utilizzare la clearance della β2-microglobulina quale mezzo per defi - nire le caratteristiche di permeabilità dei dializzatori. Così, una clearance <10 ml/min identifi ca dializzatori a bassa permeabilità (Low-Flux ) mentre la clearance > 20 ml/min identifi ca dializzatori ad alta permeabilità (High-Flux ). La quantità del soluto trasferita (Qd) dipende dal gradiente di concentrazione, dalla superfi cie della membrana utilizzata (S) e dal suo coeffi ciente di permeabilità (K) per cui: Il volume di acqua plasmatica rimossa dal sangue sotto la spinta della pressione idrostatica del circuito ematico viene defi nito ultrafiltrato, ed è destinato ad essere rimosso dal dialisato, assicurando così la sottrazione di acqua del paziente programmata all inizio del trattamento. Durante il processo di ultrafi ltrazione vengono rimossi i soluti e gli elettroliti contenuti nel volume di acqua plasmatici ultrafi ltrata e tale tipo di trasporto viene defi nito convettivo. I soluti vengono trasferiti insieme al solvente per cui l equazione che descrive questo trasferimento è la seguente: dove: Q uf = quantità del soluto trasferito K = coefficiente di permeabilità della membrana S = superficie della membrana P tm = pressione trans-membrana Il trasporto convettivo da solo non comporta variazioni signifi cative della concentrazione dei soluti plasmatici mentre questa viene notevolmente modifi cata dal trasporto diffusivo. Infatti il termine Alta Effi cienza contraddistingue i dializzatori in grado di rimuovere notevoli quantità di urea, sostanza di piccolo peso molecolare rimossa facilmente dal trasporto diffusivo per l elevato gradiente tra il sangue iperazotemico ed il dialisato totalmente privo di urea. La pressione transmembrana, che si viene a realizzare tra i due lati della membrana dialitica all interno del dializzatore infl uisce inoltre su entrambi i meccanismi di trasporto descritti, pertanto con l aumentare della pressione transmembrana aumenta proporzionalmente il trasporto di acqua e soluti dal sangue al dialisato. dove: Q d = quantità del soluto trasferita K = coeffi ciente di permeabilità della membrana C i = concentrazione del soluto all ingresso nel dializzatore C 0 = concentrazione del soluto all uscita dal dializzatore C uf = concentrazione del soluto nel dialisato Caratteristiche fisico-chimiche della membrana Le membrane di cellophane originate dalla cellulosa sono costituite da unità polisaccaridiche contigue, a somiglianza della struttura della parete di una cellula batterica, e da gruppi idrossilici. Cap_01.indd 19 01/10/2007 12.03.43