La Casa del popolo di Faenza. Presentazione del libro di Salvatore Banzola. Vera Zamagni



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La Casa del popolo di Faenza Presentazione del libro di Salvatore Banzola Vera Zamagni ripercorrere: Ci sono tre registri di lettura nel libro di Banzola che vorrei qui brevemente 1) I luoghi. I 35 cattolici (fra cui il vescovo e 10 sacerdoti) che fondarono nel 1905 la Società cooperativa a responsabilità illimitata 1 Casa del popolo ebbero il coraggio già l anno dopo nel 1906 di osare l acquisto di questo grande palazzo, detto dei Celestini perché insiste sul luogo di un antico monastero dei Celestini del Trecento (la storia del palazzo si trova in appendice). Ma non solo; pochi anni dopo (1907-10) lo dotarono di un teatro, la cui gestione fu sempre fonte di difficoltà, fino a quando nel 2000 è stato ceduto al Comune, ma che ospitò 1 Ricordo che questa forma societaria veniva usata per compattare i soci e renderli solidali nella gestione della cooperativa. Nel caso della Casa del popolo, tale forma fu convertita in responsabilità limitata solo nel 1950. 1

generazioni di faentini per attività culturali e di aggregazione. Nel 1919 venne aggiunta una sala, nel 1928 una cappella e poi iniziarono le innumerevoli ristrutturazioni, dovute ai mutamenti degli inquilini del palazzo, ma anche, naturalmente, all aggiornamento delle strutture edilizie. Da questa panoramica sui luoghi scaturiscono due riflessioni: a) i soci di questa cooperativa hanno creduto nell importanza di spendere tempo e denaro (le quote sociali) per scopi collettivi; b) si tratta di una iniziativa di laici, ma è a lungo esistita una forte collaborazione tra clero cattolico e laici, che ha reso l iniziativa più forte e condivisa. 2) Le persone. I protagonisti di questa storia sono molti: il conte Zucchini e la sua famiglia; Lucia Spada e la famiglia Spada, particolarmente Antonio; Domenico Beltrami; Antonio Bucci; Domenico Burnaccini; Giuseppe Attanasio e i tanti che ben conoscete. Si trattava di una classe medio-alta, che sola poteva farsi carico di conferire capitale e dispiegare una sufficiente capacità amministrativa per tenere in piedi con continuità una simile cooperativa, la quale però era rivolta ad una grande varietà di associazioni e realtà economiche, come vedremo nel punto successivo. Anche qui nasce una riflessione: si tratta dunque di una classe che sentiva la sua responsabilità sociale e non lavorava solo per produrre un benessere individuale o familiare. In questo modo, riusciva ad essere aggregante (si vedano tutte le fotografie collettive che illustrano il volume, dove l importante è la rappresentazione dell aggregazione, più che dei singoli individui) e quindi serviva a contrastare ideologie di lotta di classe e di odio di classe. 3) Le associazioni e le realtà economiche ospitate, meglio, i soggetti istituzionali. Chi venne ospitato dalla Casa del Popolo? Cooperative cattoliche, società cattoliche (anche banche, come il Credito Romagnolo, fino al 1926), società culturali (teatro, biblioteca, giornale), società ricreative (Riunione Cattolica Torricelli), società sportive (CSI), associazioni cattoliche di base, partiti cattolici 2

(Unione elettorale, PPI, DC, poi trasferitasi). Si tratta di una totale commistione tra religioso/ politico/ economico/ culturale/ ricreativo, che solo in tempi recenti ha visto qualche distinzione: fuori il politico, poi l associazionismo cattolico di base, infine il teatro; il resto c è ancora. Non fu certamente facile tenere insieme un aggregato così composito e talvolta persino eterogeneo, anche per via delle frequenti ristrutturazioni rese necessarie dai cambi di inquilini. Ci furono crisi economiche: la più grave fu quella denunciata da Antonio Bucci nel 1932, propiziata anche dagli effetti della grande crisi internazionale del 1929, che portò ad un grosso aumento di capitale (l intera storia si trova in appendice al volume 2 ). Ci fu anche qualche crisi diplomatica, come l uscita della GIAC alla metà degli anni 30, che venne sanata solo nel dopoguerra. Ci furono attacchi politici: il primo nel 1907 da parte di estremisti di sinistra; poi gli attacchi fascisti del 1923 e 1926; quindi la questione del mancato acquisto del gagliardetto dell ENFC nel 1936. Ma su tutto prevalse il mantenimento della casa comune. Dopo aver passato in rassegna che cosa è stata la Casa del Popolo, è giunto il momento di chiederci: è valsa la pena di fare questo secolare sforzo economico ed organizzativo? Il radicamento del movimento cattolico a Faenza sarebbe stato lo stesso senza la Casa del popolo? Ho riflettuto a lungo sulla risposta da dare e penso che no, tale radicamento non sarebbe stato lo stesso e ciò per un motivo in sé semplice, che però non sempre i cattolici comprendono e che è stato più spesso sfruttato (in passato, non oggi!) dai movimenti di sinistra: l unione fa la forza! Proviamo a domandarci: in che senso l unione fa la forza? Almeno quattro sono i motivi: a) le persone non vivono di una sola dimensione, ma di tante. Se solo una di queste dimensioni viene declinata all interno dell ispirazione cattolica, la personalità resta debole e contraddittoria. La Casa del popolo ha offerto 2 Noto qui che sarebbe stato utile avere la serie dei totali di bilancio della cooperativa con l indicazione di avanzi e disavanzi, perché si sarebbero potuto seguire più da vicino le crisi e gli interventi di ripianamento e anche trarre qualche conclusione sulla sostenibilità economica della cooperativa. 3

spazi per coltivare tutte le dimensioni dell umano con un ispirazione cattolica ed ha così creato personalità forti; b) la circolazione delle persone e la consocenza reciproca portava ad una successione di cariche e ad una valorizzazione di personalità emergenti, evitando vuoti di leadership; c) si formava una massa critica, più capace di fronteggiare le crisi e i momenti avversi e di prestarsi sostegno reciproco; d) le risorse economiche anche piccole di ciascuno, messe insieme, hanno permesso iniziative di maggiore dimensione e dunque hanno prodotto più frutti. Vi siete mai chiesti perché Faenza sia un enclave bianca in una regione rossa? Io sì, ed ho finalmente trovato una risposta: credo che il motivo sia proprio la Casa del popolo, che è stata capace di creare personalità forti e attive in molti campi, di fornire la massa critica per poter essere presenti in più ambiti e il sostegno economico, politico e morale per dare continuità alle comuni iniziative. Oggi siamo, dopo tanti anni di diaspora dei cattolici, in una congiuntura forse più favorevole, perché ci si è resi conto dei guasti delle divisioni e del frammentarismo. Abbiamo portato a casa due importanti risultati: il referendum sulla procreazione assistita e il family day, in cui si è verificata quella congiunzione tra laici e clero e tra associazioni di cui la Casa del popolo è stata esempio fin dalle origini. Sarebbe però importante, a fronte dell ondata montante dell individualismo più estremo soprattutto in economia e del laicismo più miope in politica non produrre solo azioni coordinate di carattere difensivo. Bisognerebbe anche tornare a pensare in grande in modo imprenditoriale, come fecero i 35 soci fondatori della Casa del popolo nel 1905, evitando di amministrare semplicemente il patrimonio che abbiamo ereditato, come dei redditieri. E questo, credo, il messaggio più pressante che deriva da una storia come quella raccontata da Salvatore Banzola in questo libro: abbiamo ancora più bisogno oggi di luoghi di aggregazione creativa dei cattolici e di tutti coloro che condividono con i 4

cattolici i valori del vivere civile. Auguro dunque alla Casa del popolo di Faenza un altro secolo di realizzazioni all altezza di quelle del primo secolo. Vera Zamagni, Università di Bologna Faenza, 25 maggio 2007 5