Istruzione, legalità, sviluppo economico



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Transcript:

LUMSA Università Istruzione, legalità, sviluppo economico Lectio magistralis di Salvatore Rossi Direttore Generale della Banca d Italia In occasione del lancio del Corso di Laurea in Economia e Commercio Sede di Palermo, 29 aprile 2015

L espressione sviluppo economico è ricorrente nelle occasioni pubbliche di dibattito sul nostro paese; è anche nel titolo di questo convegno e del mio intervento. Lo si invoca per il presente e per il futuro. Sviluppo non vuol dire semplicemente crescita. Indica tutti i fattori, economici e non, che incidono sulla dinamica di un economia ed è tornato al centro del dibattito fra gli studiosi dopo anni di sostanziale oblio. Eccede a maggior ragione il concetto di ripresa. Riprendersi dalla lunga, quasi ininterrotta recessione dei passati sette anni è certo molto importante e dobbiamo rallegrarci del fatto che stia finalmente accadendo. Ma sviluppo vuol dire che si dispone di un motore robusto ed elastico, che può far marciare il veicolo a velocità alta, non di un motore capace solo di riavviarsi e riprendere la marcia a passo d uomo. Dove e come si produce lo sviluppo economico? In quale fabbrica, in quale laboratorio, in quale alambicco? Con quali ingredienti? Su queste domande schiere di donne e uomini illuminati si sono arrovellati per almeno due secoli: economisti, storici, sociologi, scienziati della politica e politici, imprenditori. Ho dato qualche cenno degli sviluppi del pensiero economico in un mio intervento alla Fondazione Einaudi di Torino agli inizi di quest anno 1. Non dobbiamo stancarci di riproporre i termini della questione dello sviluppo economico in Italia oggi, per quanto ripetitivo possa sembrarci l esercizio. Repetita juvant. Anzi, la riflessione deve intensificarsi, proprio in ragione della fase ciclica migliorata in cui ci troviamo. Perché la ripresa è figlia anche di circostanze favorevoli che non sappiamo quanto potranno durare: una politica monetaria straordinariamente 1 S. Rossi (2015), Costruire il domani dell economia italiana, intervento in occasione della inaugurazione dell anno accademico 2014-2015 dell Università di Udine (http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-direttorio/int-dir-2015/rossi_19012015.pdf). 2

accomodante, un mercato delle fonti di energia e delle materie prime che si è volto a beneficio dei compratori. Bisogna avere le idee chiare e fare presto. È un compito che ci impegna tutti, cittadini, operatori di cultura, imprese, rappresentanti politici. Va riconosciuto, lo stanno facendo anche i partner europei e gli organismi internazionali, che in Italia il livello di consapevolezza intorno ai guasti strutturali del sistema si è innalzato, che l'azione politica e amministrativa si è fatta più intensa. Rallentare o fermarsi nella fatica riformatrice non si può, bisogna piuttosto accelerare. Non solo per gettare le basi di un futuro stabilmente migliore, ma per consolidare la stessa ripresa in corso, dissipando i residui di pessimismo qualunquistico all'interno, di scetticismo all'esterno 2. Avere in mente le giuste priorità è essenziale. In cima alla lista vi sono pochi grandi ambiti dell'azione pubblica nella società e nell'economia, fra cui spicca il sistema di istruzione, in particolare l'università. In una mia "lezione" recente all'almo Collegio Borromeo di Pavia ho ricordato le ragioni, teoriche e storiche, per le quali possiamo ritenere l'istruzione ingrediente essenziale dello sviluppo economico. In quell'intervento mi concentravo sul principale ingranaggio attraverso cui una buona istruzione, specie universitaria, si traduce in sviluppo economico: la capacità innovativa. L'innovazione incessante - notavo - è il tratto distintivo del tempo moderno: i consumatori attendono di essere continuamente sorpresi da prodotti nuovi, impensabili e impensati, o almeno da varianti vistose nella loro presentazione e commercializzazione; ne discende altrettanta esigenza di innovazione nei processi produttivi e negli stessi beni capitali necessari alla produzione. Per "prodotti" dobbiamo ormai intendere prevalentemente servizi immateriali, che danno valore e 2 Riprendo qui un concetto contenuto in un bell'editoriale di Stefano Lepri su La Stampa del 12 aprile 2015. 3

senso anche ai manufatti più tradizionali, al punto da far quasi venire meno la storica distinzione fra industria e settore terziario (l'agricoltura è già da tempo sostanzialmente divenuta un comparto dell'industria). Ma insegnare a sviluppare capacità innovativa non è l'unico canale attraverso il quale un sistema educativo trasmette l'enzima dello sviluppo economico. Vi è un altro canale, un altro ingranaggio: l'innalzamento delle difese immunitarie di legalità; l'inaridimento della malapianta criminale, della corruttibilità di chi ha responsabilità pubbliche; in breve, l'accumulo di capitale sociale. È su questo passaggio che vorrei concentrare l'attenzione oggi, passando in rassegna alcuni risultati dell'analisi economica. Dividerò la mia esposizione in tre parti: una prima dedicata al nesso che va dall'istruzione alla legalità per via diretta; una seconda sul nesso indiretto fra i due termini, via accumulazione di capitale sociale; una terza sul passaggio finale, e decisivo, dalla legalità allo sviluppo economico. 1. Istruzione e legalità Una vasta letteratura basata su dati americani e inglesi ha provato come l aumento del livello di istruzione abbia un effetto generale di riduzione della propensione degli individui a commettere crimini nell età adulta. Si stima che un incremento medio del 10 per cento degli anni di istruzione determini una riduzione di oltre il 2 per cento dei crimini contro la proprietà commessi dagli adulti tra 18 e 40 anni di età 3. 3 R. Hjalmarsson e L. Lochner (2012), The impact of education on crime: international evidence, CEsifo DICE Report 2/2012. S. Machin, O. Marie e S. Vujic (2011), The Crime Reducing Effect of Education, The Economic Journal, 121. L. Lochner e E. Moretti (2004), The Effect of Education on Crime: Evidence from Prison Inmates, Arrests, and Self-Reports, American Economic Review, 94(1), 155-189. 4

Più dibattuta è la questione se offrire più istruzione agli adolescenti (ad esempio estendendo la durata della scuola dell obbligo) ne riduca il tasso di criminalità. Sono state indagate tre possibili modalità; due virtuose, la terza dubbia: l'accumulazione di capitale umano è la prima modalità; essa causerebbe un aumento del costo-opportunità di commettere crimini e un abbassamento dell'inclinazione al rischio degli individui. Un tale effetto, all'opera certamente fra gli adulti, può agire anche sugli adolescenti se si riesce a far acquisire loro consapevolezza del fatto che l'investimento in istruzione li premierà nella vita adulta in termini di maggiori guadagni e opportunità di affermazione professionale; l'"incapacitazione" è la seconda modalità, cioè l effetto meccanico secondo cui costringendo i ragazzi a stare a scuola li si sottrae alla strada, scuola di criminalità 4 ; le interazioni sociali all interno della scuola (peer effects) e all esterno (criminal networks) costituiscono la terza modalità e giocano un ruolo ambiguo: anche alcune scuole possono essere accademia di criminalità 5. Si è stimato che quando le scuole americane chiudono per scioperi i minori commettono, è vero, più crimini contro la proprietà, ma anche meno violenze 6. 4 M. D. Anderson (2014), In school and out of trouble? The minimum drop out age and juvenile crime, The Review of Economics and Statistics, 96(2), 318 331. M. E. Bertheleon e D. I. Kruger (2011), Risky behavior among youth: Incapacitation effects of school on adolescent motherhood and crime in Chile, Journal of Public Economics, 95. 5 P.Bayer, R. Pintoff e D. E. Pozen (2009), Building Criminal Capital Behind Bars: Social Learning in Juvenile Corrections, The Quarterly Journal of Economics. 6 B. A. Jacob e L. Lefgren (2003), Are Idle Hands the Devil's Workshop? Incapacitation, Concentration, and Juvenile Crime, American Economic Review, 93(5), 1560-1577. J. Luallen 5

Poiché stiamo parlando di fenomeni sociali, fortemente influenzati da storia e costumi delle diverse collettività, è importante capire se vi siano evidenze empiriche specifiche per l'italia. La risposta è sì, e vi hanno recentemente contribuito anche economisti della Banca d'italia. L'entrata in vigore nel 1999 della "riforma Berlinguer", che innalzò di un anno l'obbligo di frequenza scolastica, ha offerto l'occasione di un esperimento naturale: confrontare i tassi di criminalità minorile delle coorti di ragazzi coinvolti dalla riforma con quelli delle coorti precedenti. Si è allora stimato che se il tasso di scolarizzazione aumenta, ad esempio, di 10 punti percentuali, a parità di ogni altra condizione si ottengono effetti divaricati al Centro-Nord e al Sud: nella prima area del Paese la criminalità minorile scema del 13 per cento; al Sud sale quasi del 40 per cento. Al Centro-Nord sembrano attivarsi positivamente fenomeni di incapacitazione, mentre al Sud prevale l effetto di accumulazione di capitale criminale, per le influenze dei cattivi compagni, già legati alla criminalità organizzata, con cui si trascorre più tempo a scuola 7. Questi risultati sollevano una questione rilevante di politica scolastica. Essi suggeriscono che nelle aree più infiltrate dalla criminalità può non bastare allungare il tempo dell obbligo scolastico: ciò che è importante è la qualità dell'insegnamento che si impartisce, al cui centro vanno messi i valori civili di buon comportamento nella società. Il compito non è facile, perché è la stessa diffusione della criminalità a far (2006), School's out... forever: a study of juvenile crime, at risk youths and teachers strikes, Journal of Urban Economics, 59. 7 Y. Brilli e M. Tonello (2015), Rethinking the crime reducing effect of education? Mechanisms and evidence from regional divides, Banca d Italia, Temi di Discussione, 1008 (http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/temi-discussione/2015/2015-1008/index.html?com.dotmarketing.htmlpage.language=1). 6

apparire poco redditizio studiare e a stimolare l'emigrazione degli studenti più capaci, con effetti di impoverimento del capitale umano e sociale 8. 2. Istruzione e legalità via capitale sociale L istruzione di norma favorisce l accumulazione di capitale sociale, cioè lo sviluppo di attitudini pro-sociali, quali la fiducia nel prossimo, la reciprocità, l abitudine a cooperare. Ricerche condotte negli Stati Uniti indicano come gli individui meno istruiti tendano a mostrare minore fiducia nel prossimo 9. Ricerche condotte in Italia con tecniche simili, utilizzando i dati dell indagine sui bilanci delle famiglie condotta dalla Banca d Italia, attribuiscono agli individui più istruiti una più alta propensione media a cooperare con gli altri, a nutrire più interesse per la politica, per il volontariato e per forme associative religiose e culturali 10. A sua volta il capitale sociale argina la diffusione della criminalità. Buone norme sociali fanno percepire agli individui un più alto costo psicologico della loro violazione e creano l attesa di comportamenti conformi anche negli altri membri della collettività. Più ambiguo è il ruolo delle reti sociali: in ultima istanza, anche le reti criminali sono reti sociali. Un plausibile punto di discrimine sta nel loro grado di apertura e di universalismo, come posto in luce da una recente 8 N. D. Coniglio, G. Celi e C. Scagliusi (2010), Organized crime, migration and human capital formation: Evidence from the South of Italy, WP No. 28, Dipartimento di Scienze Economiche e Metodi Matematici, Bari. 9 A. Alesina e E. La Ferrara (2002), Who trusts others?, Journal of Public Economics, 85, 207 234. 10 G. de Blasio e G. Nuzzo (2010), Individual determinants of social behavior, The Journal of Socio-Economics, 39, 4, August, 466-473. 7

ampia ricerca sul capitale sociale svolta in Banca d Italia 11 : reti sociali chiuse, di tipo particolaristico e familistico, si associano con elevati livelli di criminalità e bassi livelli di sviluppo. Studiare empiricamente gli effetti del capitale sociale sui tassi di criminalità è metodologicamente arduo: vi sono formidabili problemi di misurazione e non è agevole distinguere due variabili che tendono a essere l'una componente dell'altra (per chi ha familiarità con l'econometria, si pongono problemi di endogeneità e di variabili omesse). Adoperando metodiche adatte (cioè ricorrendo alle variabili strumentali), si può tuttavia osservare, con dati italiani, una significativa, positiva influenza di buone norme sociali e diffuse reti associative nel ridurre la propensione a commettere crimini contro la proprietà 12. Un canale che solo recentemente inizia a essere esplorato è quello degli effetti positivi che una maggiore presenza femminile nei ruoli decisionali, in particolare pubblici, può avere sul tasso di corruzione; lo spiegherebbe il fatto che le donne risultano, da indagini empiriche, tendenzialmente meno soggette al rischio di corruzione 13. 11 Una sintesi dei diversi lavori è nel volume Capitale sociale, Economia e Politica Economica (2014), Banca d Italia (http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/collana-seminari-convegni/2014-0017/capitale-sociale-n-17.pdf). 12 P. Buonanno, D. Montolio e P. Vanin (2009), Does social capital reduce crime?, Journal of Law and Economics, 52(1), 145-170. 13 M.Bianco (2012), Onestà di genere, La rivista AREL n. 2. 8

3. Legalità e sviluppo economico Sulla importanza a fini di sviluppo economico della legalità, cioè di un ambiente socio-giuridico che limiti la diffusione della criminalità, disponiamo di una vastissima letteratura. Da ultimo si è soffermato sul tema il Governatore della Banca d'italia nel corso di un'audizione parlamentare 14. In quella occasione egli ha detto, fra l'altro: L'impatto economico più significativo della criminalità non consiste tanto nel valore di quanto prodotto attraverso attività criminali, ma, con effetti di ben più lungo periodo, nel valore di quanto non (enfasi aggiunta) prodotto a causa delle distorsioni generate dalla diffusione della criminalità. Per rilevare empiricamente la presenza di tali distorsioni si può far ricorso a sondaggi, pur restando consapevoli delle limitazioni dello strumento quando si tratta di porre a degli intervistati volontari domande su temi delicati 15. Alcune indagini hanno invece rilevato le esperienze dirette degli imprenditori. Qualche anno fa il CENSIS ha intervistato un campione di 800 imprenditori operanti nelle regioni Obiettivo 1 16 : di questi, il 60 per cento dichiarava di subire 14 Ignazio Visco (2015), Prevenzione e contrasto della criminalità organizzata, Audizione presso la Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, 14 gennaio (http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventigovernatore/integov2015/visco_14012015.pdf). 15 Ad esempio, le risposte a domande sulla diffusione della corruzione e sulla fiducia nelle misure di contrasto appaiono fortemente influenzate dal numero di notizie relative a eventi di corruzione apparse sui giornali il giorno dell intervista: ogni notizia determina un incremento della percezione della diffusione del fenomeno di circa l uno per cento e una diminuzione della fiducia nell attività di pari entità (L. Rizzica e M. Tonello, 2015, Exposure to media and corruption perceptions, in corso di pubblicazione nella collana Temi di Discussione della Banca d Italia). 16 CENSIS (2009), Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno 2000-2006, Indagine sulle Imprese. Nel 2000-2006 le regioni italiane beneficiarie dei fondi strutturali europei secondo 9

condizionamenti da parte della criminalità organizzata, spesso con ripercussioni sul fatturato. Secondo l'indagine sulla vittimizzazione delle imprese 2007/2008, frutto di un progetto pilota svolto da Transcrime (centro di ricerca sulla criminalità organizzata presso l Università Cattolica e l Università di Trento) in collaborazione con il Ministero degli Interni, su un campione rappresentativo di oltre 11.000 imprese italiane quattro intervistati su dieci dichiaravano di aver subito almeno un reato nei 12 mesi precedenti l intervista, con una forte divaricazione fra Centro-Nord e Sud, a sfavore naturalmente di quest'ultima area, nei reati di rapina, intimidazioni e minacce, concussione, estorsione 17. Stimare i costi per le imprese indotti da tali distorsioni del libero mercato è faccenda complessa. Una ricerca recente 18 ha tentato di farlo usando per i territori italiani una distinzione, usuale in letteratura, tra fonti di costo, diretto o indiretto, per le imprese derivanti dalla presenza nel territorio di organizzazioni criminali intrusive: costi di prevenzione (ad esempio per assicurazioni e sicurezza), costi diretti (come il "pizzo") e partecipazione ai costi sostenuti da tutta la collettività in relazione alle indagini giudiziarie e alla esecuzione delle pene. Il complesso di tali costi al Sud sarebbe pari a due volte e mezzo quelli sostenuti dalle imprese centro-settentrionali, con una molto maggiore incidenza dei costi diretti (pizzo). l Obiettivo 1 erano: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia; il Molise in sostegno transitorio. Tali regioni si caratterizzavano per un livello di PIL pro-capite inferiore al 75% della media comunitaria (Regolamento CE n. 1260 del 1999). 17 G. Mugellini (2011), Le imprese vittime della criminalità in Italia, Transcrime Report N. 16. 18 A. Asmundo (2011), Indicatori e costi di criminalità mafiosa. Analisi ed evidenze empiriche (2004-2007), in AA.VV., Alleanze nell ombra. Mafie ed economie locali in Sicilia e nel Mezzogiorno, Donzelli, 2011. 10

Stimare i costi imputabili alla criminalità organizzata per l'economia nel suo complesso, quindi in termini di PIL perduto, è ancora più complesso. La difficoltà analitica sta nell'isolare empiricamente gli effetti depressivi della presenza criminale da quelli dovuti a ogni altra causa. Una ricerca molto recente 19 ci ha provato usando una scorciatoia concettuale equivalente a un esperimento naturale: anziché concentrarsi sulle regioni italiane che sono storicamente afflitte dal fenomeno mafioso, la ricerca si è volta a due regioni (Puglia e Basilicata) in cui l'affacciarsi della criminalità organizzata su vasta scala è relativamente più recente, risalendo alla fine degli anni '70. Confrontando la performance economica delle due regioni in esame, prima e dopo il "contagio", con quella di regioni italiane del Centro-Nord dalle caratteristiche socio-economiche simili ma immuni dal contagio, si ricava come l'arrivo della grande criminalità abbia abbassato il sentiero di crescita delle due regioni di 16 punti percentuali in trent'anni, essenzialmente scoraggiando gli investimenti privati. È di speciale interesse investigare i danni inflitti all'economia da quel particolare canale criminale che è la corruzione di decisori pubblici. Mettere a confronto quanto è successo negli anni successivi ai due disastrosi terremoti in Friuli e in Irpinia ne offre un'evidenza assai chiara, secondo una ricerca dello scorso anno 20 : l'afflusso di trasferimenti finanziari pubblici avrebbe sortito effetti opposti, di crescita in Friuli (oltre 20 punti percentuali in più rispetto al potenziale nell arco di un ventennio) e di decrescita in Irpinia (oltre 10 punti in meno), attribuiti al ruolo svolto in Irpinia dalla criminalità organizzata, che avrebbe 19 Paolo Pinotti (2014), The economic costs of organized crime: evidence from southern Italy, Banca d Italia, Temi di Discussione, 868 (in corso di pubblicazione su: The Economic Journal) (http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/temi-discussione/2012/2012-0868/en_tema_868.pdf?language_id=1). 20 G. Barone e S. Mocetti (2014), Natural disasters, growth and institutions: A tale of two earthquakes, Journal of Urban Economics, Elsevier, vol. 84(C), 52-66. 11

distratto i fondi pubblici corrompendo i gestori locali, e più in generale dalla minore qualità delle istituzioni. Un altro studio 21 si è dedicato a investigare l'influenza della criminalità organizzata, sempre per via corruttiva, sulla allocazione degli incentivi pubblici alle imprese offerti dalla Legge 488/92. Classificando i vari comuni italiani per presenza criminale, rilevando i reati ex articolo 416-bis del Codice Penale (associazione a delinquere di stampo mafioso) e i casi di scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazione della criminalità organizzata (ex art. 143 e ss. D. Lgs. 267/2000), si trova che, a parità di altre condizioni, più criminalità è presente e più incentivi pubblici arrivano: non per maggior merito delle imprese riceventi, ma per cattive decisioni pubbliche, presumibilmente orientate da fenomeni corruttivi. Ulteriori ricerche hanno misurato i deleteri effetti della criminalità organizzata su specifici aspetti della vita economica: dal credito (più alti tassi di interesse 22 ), agli investimenti esteri (ovviamente scoraggiati da criminalità alta e scarsa qualità delle istituzioni pubbliche 23 ), al mercato del lavoro (maggiore disoccupazione 24 ). 21 G. Barone e G. Narciso (2013), The effect of organized crime on public funds, Banca d Italia, Temi di Discussione, 916, (in corso di pubblicazione su: Journal of Urban Economics) (http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/temi-discussione/2013/2013-0916/index.html?com.dotmarketing.htmlpage.language=1). 22 E. Bonaccorsi di Patti (2009), Weak institutions and credit availability: the impact of crime on bank loans, Banca d'italia, Occasional Papers, 52 (http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2009-0052/index.html?com.dotmarketing.htmlpage.language=1). 23 V. Daniele e U. Marani (2011), Organized crime, the quality of local institutions and FDI in Italy: a panel data analysis, European Journal of Political Economy, 27, 132-142. 24 P. Buonanno (2006), Crime and labour market opportunities in Italy (1993-2002), LABOUR 20(4), 601-624. 12

Conclusioni Al termine di questa carrellata di analisi e di evidenze non c'è davvero bisogno di molte altre parole. È evidente la concatenazione di fatti che porterebbero da un buon sistema educativo a una buona società, a un clima di legalità che confini criminalità e corruzione in occasionale patologia, infine allo sviluppo economico. Vorrei spendere una riflessione conclusiva sulla lotta alla corruzione negli ambiti delle decisioni e delle gestioni pubbliche. Lo farò innanzitutto con le parole che Papa Francesco ha dedicato al tema solo un mese fa, nella Bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia: Questa piaga putrefatta della società... mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale. La corruzione impedisce di guardare al futuro con speranza, perché con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri. E un male che si annida nei gesti quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici... Per debellarla dalla vita personale e sociale sono necessarie prudenza, vigilanza, lealtà, trasparenza, unite al coraggio della denuncia. Se non la si combatte apertamente, presto o tardi rende complici e distrugge l esistenza. Gli ha fatto eco il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, commemorando pochi giorni fa a Milano la ricorrenza del 25 aprile: Per noi democrazia oggi vuol dire anche battaglia per la legalità. Vuol dire lotta severa contro la corruzione. Vuol dire contrasto aperto contro le mafie e tutte le organizzazioni criminali. Sono una piaga aperta nel corpo del Paese. Le istituzioni devono tenere alta la guardia e chiamare a sostegno i tanti cittadini e le associazioni che costituiscono un antidoto di civismo e di solidarietà. Più modestamente, da analisti della società e dell'economia quali noi siamo, possiamo aggiungere a questi alti richiami la constatazione di quanta ricchezza, di 13

quanto benessere potremmo riappropriarci diffondendo la conoscenza, l'istruzione, il civismo, la legalità. 14