REATI TRIBUTARI E CONFISCA PER EQUIVALENTE: La Sentenza Cass. Pen. Sez. III, 19.09.2012 (dep. 10.01.2013), n 1256. (Avv.



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REATI TRIBUTARI E CONFISCA PER EQUIVALENTE: La Sentenza Cass. Pen. Sez. III, 19.09.2012 (dep. 10.01.2013), n 1256 (Avv. Andrea Milani) La sentenza Cass. Pen. Sez. III, 19.09.2012 (dep. 10.01.2013), n 1256 1, esprime rilevanti principi nell ambito dell istituto della confisca per equivalente, nel caso di specie relativa all art. 322 ter c.p. in combinato disposto con l art. 1 co. 143 l. n 244/07, in relazione all art. 3 dlgs. 74/2000. Le difficoltà che da tempo affliggono l interpretazione e l applicazione pratica dell istituto della confisca discendono in primis dalla natura decisamente proteiforme di tale istituto. La confisca tout court era prevista già nel Codice Zanardelli del 1889, laddove essa era un effetto penale della condanna, pur essendo già contemplata in ipotesi svincolate da tale provvedimento. Nel Codice Rocco del 1930, essa è stata annoverata tra le misure di sicurezza patrimoniali e normata all art. 240 c.p.: l inserimento sistematico di tal fatta, fondava l istituto sulla pericolosità derivante dalla res servita o destinata a commettere un reato ovvero costituentene il prodotto o il profitto, pur prescindendo dalla pericolosità soggettiva. Tale approccio ha quindi subito una evoluzione, dettata dalla necessità di perseguire l obiettivo di privare l autore del reato soprattutto del profitto derivante dall atto penalmente illecito, neutralizzandone i vantaggi economici. In questo ambito, è stata teorizzata la confisca così detta per equivalente, che ha provocato una traslazione dell istituto dall alveo delle misure di sicurezza a quello delle sanzioni. La prima apparizione della confisca per equivalente si è avuta con la legge 7.3.96, n 108, che novellando l art. 644 c.p. (usura) ha stabilito l obbligatorietà della confisca del prezzo e del profitto del reato di usura, stabilendo altresì che la stessa potesse estendersi a somme di denaro, beni o utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta 1 con la quale la Corte di Cassazione ha avuto agio di pronunciarsi relativamente all impugnazione della Procura, avverso l ordinanza del Tribunale del Riesame nel noto caso ove il Tribunale aveva annullato il decreto di sequestro preventivo della somma di euro 245.056.118,49 emesso dal GIP di Milano quale profitto del delitto di cui all art. 3 dlgs. 74/2000. andrea.milani@studiolegalemilani.net davidepapuzzi@yahoo.it

persona, per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari. La confisca per equivalente è stata poi estesa sempre come eccezione alla regola generale di cui all art. 240 c.p., ad una serie di fattispecie: ricordiamo l art. 322ter c.p. (in relazione ai reati di peculato, malversazione, indebita percezione di erogazioni in danno dello stato, corruzione e concussione), l art. 640quater (in relazione al 640 co. 2 n. 1, 640bis e 640 ter) e l art. 1 comma 143 della l. 244/07 finanziaria 2008 (in relazione ai reati fiscali dlgs 74/2000, come da caso che qui ci occupa). La misura ablatoria per equivalente, tuttavia, non è mai stata elevata a regola generale nel nostro ordinamento penale; ciononostante, essa è stata più volte oggetto di interesse da parte della giurisprudenza di legittimità, che nel tempo ha avuto modo di delinearne le caratteristiche fondamentali, precisando come la confisca per equivalente: - presupponga l impossibilità di confiscare il prezzo o profitto del reato; - esima dallo stabilire il rapporto pertinenziale tra reato e misura, ch era tipico dell ipotesi di cui al 240 c.p.; - assuma carattere sanzionatorio in quanto costituisce una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti; - nel caso di concorso di persone nel reato, possa essere eseguita per intero sui beni di uno solo dei concorrenti, anche se questi non abbia direttamente beneficiato del profitto o prodotto del reato, fatta salva la possibilità dell eseguito di rivalersi sui correi, considerati responsabili solidali; - per contro, non sia consentito applicare per intero la confisca su ciascun concorrente, dovendo ciascuno concorrere pro quota e non essendo consentito un indebito arricchimento per lo stato (Cass. Pen. sez. VI, 25.7.2006). L excursus storico, poi, culmina nel vistoso salto compiuto dal legislatore nel momento in cui è andato a disciplinare l istituto della confisca in ambito di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, con le conseguenti problematiche la cui trattazione pare più opportuna in altra sede, per non sviare dal nostro argomento 2. 2 Nel dlgs. 231/01 la confisca viene anzitutto presentata all art. 9 co. 1 lett. c) quale sanzione principale, obbligatoria ed autonoma rispetto alle altre pure previste. E interessante notare come nello stesso decreto la confisca sia atteggi a strumento con fini diversificati. Così, all art. 6 co. 5, viene stabilito come la confisca sia comunque disposta anche per equivalente in relazione al profitto tratto dall ente dalla commissione del fatto di reato commesso dai soggetti in posizione apicale, anche nel caso in cui l ente stesso debba andare esente da responsabilità per avere validamente adottato ed attuato il modello organizzativo previsto dalla norma. Nel caso specifico, la confisca è 2

Il complesso quadro normativo così brevemente delineato, porta necessariamente ad una rilevante difficoltà applicativa, a fronte della quale occorre ammetterlo la Giurisprudenza, soprattutto di recente, si pone con atteggiamenti (giustamente) garantisti. In questo senso non può che essere letta la sentenza oggetto di commento. Nel caso di specie, in fatti, il GIP di Milano aveva emesso decreto di sequestro preventivo nei confronti della persona giuridica Istituto di Credito s.p.a. della somma di euro 245.056.118,49 quale profitto del delitto di cui all art. 3 dlgs. 74/2000 in applicazione dell art. 322 ter c.p. in combinato disposto con l art. 1 co. 143 l. n 244/07. Tale ordinanza, opportunamente impugnata avanti al Tribunale del Riesame, era stata annullata: il Giudice del Riesame riteneva infatti, per un verso, che non potesse applicarsi l istituto del sequestro preventivo previsto dal dlgs. 231/01 a carico della persona giuridica, essendo il reato contestato avulso dal novero dei reati c.d. presupposto 3 ; dall altro, palesemente uno strumento volto a ristabilire l equilibrio economico alterato dal reato presupposto. Diversamente, all art. 15 comma 4, laddove viene previsto il commissariamento dell ente allorquando l applicazione della misura interdittiva possa provocare un grave pregiudizio per la collettività nel caso di svolgimento da parte dell ente di un pubblico servizio o di un servizio di pubblica necessità ovvero possa provocare rilevanti ripercussioni sull occupazione, viene stabilita la confisca del profitto derivante dalla prosecuzione dell attività sotto l egida del commissario. In tale caso, la confisca assume natura di sanzione sostitutiva, come peraltro enfatizzato dalla Relazione Ministeriale allo schema del decreto legislativo, nel quale è espresso come la prosecuzione dell attività è pur sempre legata alla sostituzione di una sanzione (quella interdittiva), sì che l ente non deve essere messo nelle condizioni di ricavare un profitto dalla mancata interruzione delle attività. La confisca riassume poi la sua dimensione sanzionatoria all art. 23 co. 2, laddove si prevede che nel caso di violazione degli obblighi interdittivi conseguenti all applicazione di tale sanzione sia applicata tanto la sanzione pecuniaria quanto la confisca del profitto così maturato. Venendo finalmente alla laconica disciplina specifica dell istituto della confisca, l art. 19 prevede al primo comma la confisca del prezzo e del profitto del reato, quale misura ablativa obbligatoria, fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede e salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato. Al secondo comma, poi, viene elevata a regola generale quella della confisca per equivalente su somme di denaro beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato: questo costituisce un deciso scostamento dal sistema penale generale, ove come abbiamo ricordato la confisca per equivalente si è sempre e solo atteggiata ad eccezione. 3 Iure condendo, deve far pensare il disegno di legge S.19 presentato dall attuale Presidente del Senato, on. Grasso, il giorno prima di assumere l attuale carica: in esso, infatti, tra il resto, viene appunto proposto l inserimento quali reati presupposto ex dlgs. 231/01 di quelli previsti e puniti proprio dal dlgs. 74/2000; contra, v. l articolo 3

che nemmeno poteva ritenersi sussistente il presupposto di disponibilità dei beni sociali in capo agli indagati persone fisiche, né che la persona giuridica potesse ritenersi società schermo utilizzata dagli indagati per ottenere l illecito arricchimento. Avverso tale provvedimento impugnava la Procura, stimolando la decisione della Cass. Pen. Sez. III, 19.09.2012, n 1256 che, nel rigettare il ricorso, si esprimeva sui temi della nozione di profitto da reato tributario e della applicabilità alle persone giuridiche del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ex art. 322 ter c.p. (in combinato disposto con l art. 1 co. 143 l. n 244/07, in relazione all art. 3 dlgs. 74/00). Sulla nozione di profitto da reato tributario La difesa Dell Istituto di Credito, in pendenza di giudizio di Cassazione, presentava memoria difensiva chiedendo l inammissibilità del ricorso del PM per sopravvenuta carenza di interesse, essendo intervenuto accertamento per adesione con conseguente soddisfazione della pretesa tributaria. Reiettando la tesi sostenuta dalla difesa, la Corte ha ribadito anzitutto l ormai consolidato principio del doppio binario tra procedimento tributario e procedimento penale per reato tributario, sottolineando la piena autonomia del procedimento penale per l accertamento dei reati tributari, rispetto al processo tributario ed all accertamento tributario, richiamando altresì il principio già consolidato (Cass. Pen. sez. III, n 5640 del 2.12.11) pel quale ai fini della prova del reato di dichiarazione infedele il giudice non è vincolato, nella determinazione dell imposta evasa, all imposta risultante a seguito dell accertamento con adesione o del concordato fiscale tra l Amministrazione Finanziaria ed il contribuente. Pertanto, non necessariamente esiste coincidenza tra debito/pretesa tributaria e profitto del reato tributario. Riprova ne sia il fatto, continua la Cassazione, che il pagamento (post delictum) del debito tributario è previsto dall art. 13 dlgs. 74/2000 quale circostanza attenuante e non quale causa di estinzione del reato; col che, il pagamento del debito tributario non riassorberebbe il disvalore sociale del reato né ne eliderebbe completamente le conseguenze tale impostazione, a livello esegetico, pare astrattamente condivisibile. pubblicato su Il Sole 24 Ore in data 15.10.2012 dal titolo E giusto escludere i reati tributari a firma del Prof. Avv. Ivo Caraccioli. 4

Tuttavia, a livello pratico e di ripercussioni concrete, solleva alcune perplessità: quali i criteri per individuare il delta di profitto residuo derivante dal reato, rispetto al pagamento effettuato in sede tributaria? Quale l Autorità concretamente in grado di accertare tale delta, soprattutto in considerazione del principio del doppio binario, che rende sostanzialmente inconfrontabili i meccanismi di matrice tributaria rispetto a quelli di matrice (processual)penalistica? E ancora, quale l interesse del contribuente nell addivenire ad un accertamento con adesione, laddove comunque rimarrebbe esposto al rischio di ulteriori esborsi coattivi in sede penale? Interrogativi in relazione ai quali allo stato pare arduo rispondere. Del resto, la stessa Cassazione riconosce la difficoltà di delineare una nozione di profitto negli illeciti penali tributari : evidente la lacerazione giurisprudenziale in riferimento alla sentenza Cass. Pen. (sempre) sez. III, n 10120 del 1.12.2010, che aveva rilevato che la restituzione all erario del profitto del reato fa venir meno lo scopo principale perseguito con la confisca (con ciò negando l assenza di duplicazione sanzionatoria e ritenendo la questione di legittimità costituzionale sollevata in quella sede in riferimento all art. 322 ter c.p. e all art. 1 co. 143 l. 244/07 per contrasto con gli artt. 23 e 25 Cost. manifestamente infondata!). Lacerazione sostenibile unicamente argomentando sulla differenza semantica ed ontologica tra restituzione all Erario del profitto e pagamento dell imposta risultante a seguito dell accertamento con adesione o del concordato fiscale tra l Amministrazione finanziaria ed il contribuente : nel primo caso, intendendosi l integrale restituzione effettuata nell'ambito fiscale, ma sulla base di concetto penalistico di profitto; nel secondo caso, intendendosi il pagamento dell imposta concordato nell ambito e sulla base del criterio fiscale, inidoneo ad assorbire il concetto penalistico di profitto. A prescindere dal sottile distinguo, tanto sottile da essere di difficile quantificazione, preme qui rilevare come, perlomeno, la Corte rimarchi ancora una volte il concetto per cui il sequestro preventivo per equivalente, in relazione al reato di frode fiscale finalizzata all evasione delle imposte sui redditi, non può avere ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto del reato (conformemente a Cass. Pen., sez. III, n 30140 del 16.5.2012). E, ancora, giova sottolineare come il profitto confiscabile in ambito di reati fiscali sia costituito da qualsiasi vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione dell illecito e come lo stesso possa consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento degli interessi e delle sanzioni dovute in seguito 5

all accertamento del debito tributario (così Cass. Pen., sez. V, n 1843 del 10.11.2011). Sulla applicabilità alle persone giuridiche del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ex art. 322 ter c.p. (in combinato disposto con l art. 1 co. 143 l. n 244/07, in relazione all art. 3 dlgs. 74/00) Il nodo gordiano della sentenza in commento, concerne l applicabilità alla persona giuridica dell istituto menzionato, nei limiti sopra espressi. Nel sentenziare come non [sia] invece assolutamente condivisibile l'affermazione del pubblico ministero ricorrente circa la possibilità di sottoporre a confisca per equivalente beni appartenenti a persone giuridiche alle quali sono imputati i fatti costituenti reati tributari posti in essere dai, e ascrivibili ai suoi rappresentanti, ossia a coloro che agiscono nell'ambito dei poteri e con le facoltà conferite loro dall'ente stesso, possibilità che, secondo quanto ritenuto dalla pubblica accusa, discenderebbe in via diretta dal disposto di cui alla L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, la Corte ha ripercorso un iter logico-argomentativo assolutamente garantista, tanto conforme costituzionalmente da apparire scontato; ciò, tuttavia, solo in apparenza, appunto, atteso che precedentemente, la medesima Sezione III aveva avuto l ardire di ritenere possibile che il sequestro preventivo in relazione a reati tributari potesse attingere i beni riferibili ad una persona giuridica, non solo quando l'entità giuridica fosse stata creata strumentalmente dall'indagato stesso per farvi rifluire i profitti degli illeciti fiscali, dando luogo al fenomeno della c.d. società schermo (ad es. società cartiere), ma in ogni altro caso (Cass. Pen. Sez. III, n. 26389 del 9/6/2011, e Cass. Pen. Sez. III, n. 28731 del 7/6/2011)! La tesi, fortunatamente oggi superata grazie alla pronuncia in commento, muoveva dal rapporto organico esistente tra persona fisica indagata e persona giuridica contribuente, atto secondo l impostazione non condivisa a fondare e legittimare un vincolo cautelare. La recente sentenza alla quale si ritiene di attingere a piene mani e fedelmente, attesa la portata delle parole scritte sposa il filone (sempre della medesima sezione) pel quale il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, previsto dal D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, art. 19, comma 2, nei confronti delle persone giuridiche, non può essere disposto sui beni di qualsiasi natura appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, sulla base della L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, atteso che gli artt. 24 e ss. del citato D.Lgs. non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l'adozione del 6

provvedimento, salva sempre l'ipotesi in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio, utilizzato dal reo per commettere gli illeciti: in tal caso infatti il reato non risulta commesso nell'interesse o a vantaggio di una persona giuridica, ma a diretto vantaggio del reo attraverso lo schermo dell'ente, (cfr. Sez. 3, n. 25774 del 14/6/2012, dep. 4/7/2012, PM. in proc. Amoddio e altro Rv. 253062; Sez.3, n. 33371 del 4/7/2012, dep. 29/8/2012, Falli, che ha precisato l'irrilevanza del rapporto organico tra persona fisica ed ente ed ha confermato la possibilità di operare il sequestro per equivalente quando la persona giuridica rappresenti un "apparato fittizio, utilizzato dai reo proprio per porre in essere i reati di frode fiscale o altri illeciti, sicchè ogni cosa fittizia mente intestata alla società sia immediatamente riconducibile alla disponibilità dell'autore del reato"; conforme anche Sez.6, n.42703 del 12/10/2010, dep. 1/12/2010, Giani). Con ciò respingendo la tesi del rapporto organico tra persona fisica e persona giuridica quale elemento legittimante il vincolo cautelare, in necessaria ed ineludibile (ri)affermazione del principio di legalità di cui all art. 25 Cost., inopinatamente dimenticato dalle precedenti pronunce citate. Interessante notare che la Corte amaramente dà atto di come risulti evidente che la mancanza di una previsione che consenta di poter ritenere la persona giuridica responsabile per gli illeciti penali tributari posti in essere nel suo interesse ed a suo vantaggio non può essere ritenuta mera conseguenza di una ragionata scelta discrezionale del legislatore, constatando infine che l'attuale sistema punitivo, e soprattutto quello volto al recupero dei proventi del reato attraverso la confisca di valore, nella materia dei reati tributari sia inefficace ed evidenzi una disparità di trattamento in riferimento alla previsione della confisca non solo tra le persone fisiche e le persone giuridiche, ma tra le stesse persone giuridiche, a seconda che le stesse rappresentino una emanazione meramente strumentale degli autori del reato - persone fisiche, ossia un comodo e artificioso schermo al cui riparo agire indisturbati, ovvero siano persone giuridiche di dimensione non modesta, rispetto alle quali il contributo delle persone fisiche non può mutarne a tal punto la natura, sicchè per quest'ultime può ben parlarsi di una vera e propria "impunità fiscale" rispetto alle prime. Ciò che conforta l operatore di diritto, e non solo, è che a fronte di tale lacuna la Corte (in questo caso e dopo una serie di pronunce ricordate davvero poco condivisibili) espressamente afferma che tuttavia non è possibile percorrere un'interpretazione estensiva creativa, per di più in malam partem, in palese violazione del principio di legalità, in quanto solo un intervento legislativo che preveda espressamente la responsabilità della persona giuridica per i reati tributari commessi a vantaggio e nell'interesse dell'ente può rendere possibile la confisca di valore, rinunciando finalmente all incostituzionale ruolo di legislatore aggiunto, ed anzi invocando l intervento di quello istituzionale. 7

Quali le riflessioni finali? Anzitutto si riapre il tema dell introduzione dei reati tributari nel novero dei reati sensibili ex dlgs. 231/01: intervento che sarebbe certamente logico e coerente (nell ambito della specifica normativa troppo illogica ed incoerente a livello genetico!), attesa la pregnanza dell interesse e vantaggio che il reato fiscale procura alla persona giuridica, ma che tuttavia genererebbe una (ulteriore) moltiplicazione sanzionatoria. Infatti, appare già poco conforme a Costituzione il sistema che vede la persona fisica (indagata) onerata della sanzione penale principale e di quella accessoria della confisca, con azione sul patrimonio personale che salvo nei casi di azienda padronale non è stato previamente arricchito dall illecito commesso. Col che, la misura ablatoria che già di per sé assume una portata a modesto parere di chi scrive eccessiva rispetto all illecito, e soprattutto sostanzialmente inconferente rispetto al beneficiario della condotta criminosa, subirebbe una inaccettabile duplicazione qualora potesse contestarsi il reato alla persona giuridica, in forza dei principi di cui al dlgs. 231/01, soprattutto se si considera che al binario penale occorre sommare quello tributario, in seno al quale si assiste alla parallela azione riscossiva. A quest ultimo riguardo, si invita a riflettere: - sulla compatibilità di tale inusitata duplicazione con i principi costituzionali riaffermati (anche) nella sentenza in commento; - sulla legittimità della irrilevanza in sede penale della rateizzazione del debito tributario non integralmente adempiuta in apertura di dibattimento, cui segue l inapplicabilità dell attenuante di cui all art. 13 dlgs. 74/2000. Pare che il sistema del doppio binario, alla luce dell introduzione della confisca per equivalente nell ambito dei reati fiscali, accusi davvero segni di cedimento. Se a tale stratificazione normativa si aggiungesse il peso dell applicabilità del dlgs. 231/01 ai reati fiscali, la repressione assumerebbe davvero connotati abnormi. Tutto ciò a dire che il sistema di legiferazione a interventi parziali e stratificati che ci affligge, necessita davvero di una revisione organica, tanto in ambito di reati fiscali, che in ambito di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche; solo da una revisione congiunta delle materie, potrebbe scaturire una normativa penale fiscale atta a punire tanto gli autori del fatto di reato, quanto le persone giuridiche beneficiarie dello stesso, in misura però proporzionata e ragionevole. 8

Le affermazioni di chiusura della sentenza Cass. Pen. Sez. III, 19.09.2012 (dep. 10.01.2013), n 1256, invocano un intervento legislativo organico e ragionato. E vanno oltre: solo all occhio miope potrebbe sfuggire la silente denuncia di incostituzionalità delle norme esaminate, minimizzata formalmente con la laconica affermazione per la quale questi profili di violazione al principio di uguaglianza e parità di trattamento sono del tutto privi di conseguenza nella presente sede. Ombra di incostituzionalità che in una visione più ampia e non ostante le note pronunce in materia forse dovrebbe investire, a cascata, l inquadramento della responsabilità delle persone giuridiche nel macro sistema amministrativo, invece che in quello penale. Le necessarie ed ammirevoli idee della responsabilità delle persone giuridiche e dell inseguimento del profitto del reato (rectius: illecito amministrativo!), tradotte (come è stato) maldestramente, generano sempre maggiori frizioni che oramai non possono essere taciute nemmeno dalla Corte di Cassazione. 9