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Giustizia & Sentenze Il commento alle principali sentenze N. 18 13.03.2014 Omessa Iva. Forza maggiore esclude il reato Il Tribunale di Roma manda assolto un imprenditore Categoria: Contenzioso Sottocategoria: Reati Tributari Con la sentenza n. 105/2014, il Tribunale di Roma Sezione VI penale ha prosciolto il legale rappresentante di una società di capitali dall ipotizzato reato di omesso versamento di Iva, ex art. 10 ter D.Lgs. n. 74/2000, perché il delitto è stato commesso per causa di forza maggiore. Ad avviso del Tribunale, in costanza della concreta predisposizione, da parte dell imprenditore, di misure astrattamente idonee a superare la crisi, il sopraggiungere di eventi e circostanze che abbiano concretamente inficiato e precluso il superamento della stessa, realizza l ipotesi della forza maggiore impeditiva della condotta penalmente lecita. Premessa Con sentenza n. 105/2014 (depositata il 10 gennaio), il Tribunale di Roma Sezione VI penale ha prosciolto il legale rappresentante di una società di capitali dall ipotizzato reato di omesso versamento di Iva, ex art. 10 ter D.Lgs. n. 74/2000, perché il delitto è stato commesso per causa di forza maggiore. Ad avviso del Tribunale, in costanza della concreta predisposizione, da parte dell imprenditore, di misure astrattamente idonee a superare la crisi, il sopraggiungere di eventi e circostanze che abbiano concretamente inficiato e precluso il superamento della stessa nella specie, il diniego sia della concessione di un fido sia della tempestiva rateizzazione del debito tributario - realizza l ipotesi della forza maggiore impeditiva della condotta penalmente lecita. 1

Il caso Al rappresentante legale di una società di capitali è stato contestato il reato, di cui all'art. 10 - ter del D.Lgs. n. 74/2000, per non aver provveduto, nei termini previsti per il versamento dell acconto inerente al periodo d imposta successivo, al pagamento dell Iva dovuta in base alla dichiarazione annuale (Unico 2010), per un ammontare di molto superiore alla soglia di punibilità. La difesa dell imprenditore Motivi dell assoluzione Nel corso del processo la difesa ha evidenziato che, all epoca dei fatti, la società versava in forte crisi di liquidità, vantando crediti verso terzi, per circa 3 milioni di euro. Pertanto, data priorità alla corresponsione degli stipendi ai lavoratori, il debito Iva, pur formalmente contabilizzato e comunicato alle Entrate, non era stato assolto, mancando la liquidità effettiva nelle casse della società. Non solo. Per garantire la prosecuzione dell'attività, trattandosi di crisi temporanea, l imputato aveva chiesto alle banche alcuni mutui, ponendo a garanzia i propri beni personali. Ciò aveva permesso alla società di tornare in bonis (con raddoppio di fatturato e aumento dei dipendenti), a dimostrazione che la condotta contestata era stata circostanza occasionale e meramente temporanea, unicamente dovuta agli omessi e ritardati pagamenti dei crediti, vantati dalla società. Ebbene, l imputato è riuscito a dimostrare l inevitabilità della condotta omissiva, tanto da essere mandato assolto dal Tribunale capitolino con la formula perché il fatto non costituisce reato. Il delitto, infatti, è stato commesso per causa di forza maggiore. Il Tribunale osserva, in particolare, che la crisi economica non è di per sé idonea a escludere l'elemento soggettivo del reato. Può, tuttavia, qualificarsi come forza maggiore vale a dire assurgere a elemento esterno idoneo a determinare una forza irresistibile sull agire umano quando è accertata la presenza di due condizioni: 1. la crisi economica non è imputabile al contribuente, venendo altrimenti meno l imprevedibilità della stessa; 2. la crisi economica non può essere adeguatamente fronteggiata tramite il ricorso, da parte dell imprenditore, a idonee misure da valutarsi in concreto. Di conseguenza, sussiste la necessità, da parte del giudice, di verificare gli strumenti che il contribuente ha eventualmente adottato per fronteggiare la crisi economica, in vista della reperibilità delle risorse necessarie a consentire il corretto e tempestivo adempimento dell obbligazione tributaria, così da evitare la violazione del precetto penale, contemperando, ove possibile, come nel caso di specie, la prosecuzione dell attività d impresa, laddove la crisi di liquidità presenta carattere di provvisorietà. 2

L imputato, essendogli stati negati i fidi dalle banche e la rateizzazione del debito da parte delle Entrate, ha fronteggiato la crisi di liquidità attraverso la richiesta di mutui garantiti dall ipoteca iscritta su beni personali, ciò che - scrive il Tribunale -, seppure non tempestivamente ai fini del dovuto pagamento Iva per l anno d imposta 2009, ebbe a consentirgli il superamento della citata temporanea crisi ed il versamento, pur ritardato e mediante successiva rateizzazione, degli importi dovuti. Alla luce di tale condotta, si legge in fondo alle motivazioni, appare possibile ritenere che in costanza della concreta predisposizione, da parte del [ ], di misure astrattamente idonee a superare la crisi, il sopraggiungere di eventi e circostanze che abbiano concretamente inficiato e precluso il superamento della stessa (il diniego della concessione del fido e della tempestiva rateizzazione del debito tributario), configuri il ricorrere dell ipotesi di causa maggiore impeditiva della condotta penalmente lecita. Da qui la pronuncia di assoluzione. Le aperture della Cassazione A ben vedere, la sentenza in esame si muove nel solco della più recente giurisprudenza di legittimità, in tema di reati tributari omissivi. La Suprema Corte nega, in linea generale, valore di esimente alla crisi di liquidità, ma ammette in astratto la non punibilità ove sia provata la reale ed effettiva impossibilità all'adempimento. La prova dell impossibilità incolpevole all adempimento, può essere raggiunta attraverso una dimostrazione puntuale delle cause di tale impossibilità, della loro imprevedibilità e tendenziale inevitabilità non lasciata ad affermazioni generiche e indimostrate. In concreto, quindi, l imputato deve dimostrare che non sia stato altrimenti possibile rintracciare le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo compiuto tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una IMPROVVISA crisi di liquidità, le somme necessarie ad assolvere il debito erariale. Le allegazioni della difesa, ove valutate con motivazione adeguata dal giudice del merito, sono insindacabili in sede di legittimità. SEZIONI UNITE PENALI Sentenza n. 37424/2013 - Omesso versamento di Iva Sentenza n. 37245/2013 - Omesso versamento di ritenute certificate Non può essere invocata l'assenza di liquidità solo al momento della scadenza penalmente rilevante ove non si dimostri che essa non sia dipesa dalla scelta di non far debitamente fronte all'adempimento. 3

Sentenza n. 2614/2014 Omesso versamento di Iva Il reato di omesso versamento di Iva può essere escluso quando sussiste la prova della reale impossibilità incolpevole all adempimento. La deduzione riguardante la crisi economica non deve essere generica, ma sorretta da indicazioni specifiche e concrete atte a ravvisare una reale impossibilità incolpevole all adempimento. Sentenza n. 5477/2014 Omesso versamento di ritenute certificate Nei casi di delitti di omesso versamento non si può escludere in astratto l'assenza di dolo o l'assoluta impossibilità di assolvere l'obbligazione tributaria per la crisi di liquidità. Occorre, tuttavia, che siano stati assolti gli oneri di allegazioni che, per quanto attiene la crisi di liquidità, si risolvono nella dimostrazione della non imputabilità all imprenditore della crisi economica e che la crisi stessa non ha potuto essere fronteggiata adeguatamente tramite il ricorso a idonee misure da valutarsi in concreto. Occorre cioè dimostrare, che non sia stato possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo poste in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili (cfr. Cass. 5477/14). Sentenza n. 5905/2014 Omesse ritenute certificate Il giudice di merito non può limitarsi a escludere l'assenza del dolo senza valutare le prove offerte dall'imprenditore, imputato del reato di omesso versamento delle ritenute certificate. L imprenditore può dimostrare l assenza dell elemento soggettivo del reato, allegando una causa di forza maggiore che gli abbia impedito di compiere l azione prescritta dall art. 10 bis del D.Lgs. n. 74 del 2000. L esimente della forza maggiore (ex art. 45 c.p.), chiariscono dal Palazzaccio, configura un ipotesi generale in cui la causa della condotta criminosa non è attribuibile a chi materialmente espleta la condotta stessa. Anche nel reato di cui all articolo 10 bis d.lgs. 74/2000, pertanto, non può escludersi in assoluto che la omissione possa derivare in toto da una causa di forza di maggiore, la quale, tenuto conto della conformazione del reato, ragionevolmente può anche configurarsi, a seconda dei casi concreti, in una imprevista e imprevedibile indisponibilità del necessario denaro non 4

correlata in alcun modo alla condotta della gestione dell imprenditore. La colpevolezza può quindi essere esclusa laddove si dimostri che la crisi di liquidità è intervenuta al momento della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d imposta e che essa non è stata causata dalla scelta del datore di lavoro (sostituto d imposta) di non far debitamente fronte al suo obbligo organizzativo. Sentenza n. 9264/2014 Omesso versamento di ritenuto certificate Non è punibile per il reato, di cui all art. 10 bis del D.Lgs. n. 74/2000, il liquidatore di società che non ha versato le ritenute per la mancanza delle risorse necessarie, frutto della cattiva gestione degli amministratori. Nel caso di specie, è stato accertato che, al momento della nomina, l imputato aveva ereditato una perdita di esercizio molto elevata. La società, inoltre, era priva di risorse finanziarie liquide, fonte di molti debiti. Come se non bastasse, i crediti vantati erano per la maggior parte inesigibili. Stando così le cose, il liquidatore aveva tentato di ricavare denaro liquido dalla cessione del marchio e dalla vendita dell unico immobile della società. Queste operazioni, tuttavia, non avevano dato i risultati sperati, sicché si era imposta la scelta di rispondere solo a taluni debiti, tra i quali quelli assunti verso i dipendenti licenziati, poiché tutti in gravi difficoltà economiche. Ebbene, nonostante l esistenza dell'elemento soggettivo del reato contestato, consistente nella coscienza e volontà di omettere i versamenti, la Suprema Corte ha escluso la punibilità del liquidatore, perché è mancato il collegamento tra la sua condotta e il reato, in quanto la violazione è stata determinata da comportamenti pregressi (dei precedenti amministratori) che hanno reso impossibile osservare i previsti adempimenti fiscali. - Riproduzione riservata - 5